SECONDA SEZIONE
CAUSA SHAW C. ITALIA
( Richiesta no 981/04)
SENTENZA
STRASBURGO
10 marzo 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Shaw c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 febbraio 2009,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 981/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, Sigg. R.E. S. e R.C. S. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte il 28 agosto 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati da Sig. d. S., avvocato a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e la Sig.ra E. Spatafora, ed i suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come col suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 15 novembre 2005, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull'ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1947 e 1952 e hanno risieduto a Todi (Perugia).
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 23 settembre 1993, il tribunale di Perugia dichiarò il fallimento dei richiedenti in quanto soci della società L.F. Dopo l'asta pubblica di certi beni, ivi compresa la vendita di uno dei beni dei richiedenti, che ha avuto luogo nella cornice di un procedimento di esecuzione differente dal procedimento di fallimento in oggetto, l'importo risultante da queste vendite fu acquisito all'attivo del fallimento.
6. Con una decisione del 7 marzo 2001, il tribunale di Perugia fece diritto alla domanda del curatore di restringere il procedimento. Questa decisione fu affissa presso il municipio il 14 giugno 2001.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
7. Il 24 settembre 2001, i richiedenti introdussero un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Perugia conformemente alla legge Pinto lamentandosi della durata del procedimento così come delle incapacità derivanti dal loro collocamento in fallimento. Il 12 aprile 2002, la corte di appello osservò che in seguito alla vendita di certi beni facenti parte del fallimento, tra il 1999 e il 2002 nessuna attività aveva avuto luogo. Respingendo l’istanza dei richiedenti in quanto al risarcimento materiale, condannò il ministero di Giustizia al pagamento di 1 875 euro ad ogni richiedente per il danno morale che avevano subito.
8. Questa decisione acquisì forza di cosa giudicata il 27 maggio 2003, cioè un anno e quarantacinque giorni dopo il suo deposito.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
9. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006) Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO ALLA DURATA DEL PROCEDIMENTO,
10. I richiedenti si lamentano della durata del procedimento di fallimento di cui sono stati oggetto. Il Governo contesta questa tesi, sollevando tra l’altro la quesione dell'esaurimento delle vie di ricorso in cassazione per il procedimento "Pinto."
11. La Corte ricorda la sua giurisprudenza a questo motivo (Di Sante c. Italia, no 56079/00, decisione del 24 giugno 2004) e considera che i richiedenti non avrebbero potuto ricorrere efficacemente in cassazione contro la decisione della corte di appello di Perugia all'epoca dei fatti (paragrafo 7 sopra). Conviene dunque dichiarare questo motivo di appello ammissibile.
12. In quanto al merito, la Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento è cominciato il 23 settembre 1993 e si è concluso il 7 marzo 2001. È durato dunque più di sette anni e cinque mesi per un'istanza.
13. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del presente caso e ha constatato la violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molti altri, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Considera che il Governo non ha esposto nessun fatto né argomento convincente che possano condurla ad una conclusione differente nel presente caso. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso sia eccessiva e non risponda all'esigenza del "termine ragionevole" (vedere Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 19-35; Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007; Bertolini c. Italia, no 14448/03, §§ 23-33, 18 dicembre 2007).
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
14. Invocando gli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, i richiedenti si lamentano rispettivamente della violazione del loro diritto al rispetto della corrispondenza, rimessa e controllata dal curatore durante il procedimento di fallimento, al rispetto dei loro beni e della loro libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Il Governo si oppone a queste tesi.
15. Tuttavia, la Corte constata che questi motivi di appello sono ammissibili.
16. In quanto al merito, la Corte osserva di avere già trattato cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato la violazione delle disposizioni precitate (vedere Luordo c. Italia, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX; De Blasi c. Italia, precitata, §§ 36-51; Gallucci c. Italia, precitata, §§ 31-40). La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessun fatto né argomento convincente che possano condurre ad una conclusione differente nel presente caso. Stima dunque che c'è stata violazione degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA,
17. I richiedenti si lamentano poi del fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la loro riabilitazione civile può essere chiesta solo dopo cinque anni dalla chiusura del procedimento di fallimento. Il Governo stima che questo motivo di appello non rivela nessuna violazione della Convenzione.
18. La Corte considera che il motivo di appello si deve analizzare sotto l'angolo dell'articolo 8 della Convenzione, in quanto al diritto al rispetto della vita privata dei richiedenti, e che conviene dichiararlo ammissibile.
19. Per ciò che riguarda il merito, alla luce della sua giurisprudenza (vedere, tra moltee altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66; Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66; Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62) e la mancanza di argomenti convincenti del governo che possano condurre ad una conclusione differente nel presente caso, la Corte stima che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO D’ ACCESSO AL TRIBUNALE, E 13 DELLA CONVENZIONE
20. Invocando l'articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano infine di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali che li riguardano in seguito al loro collocamento in fallimento. Il Governo contesta questa tesi.
21. La Corte nota al primo colpo che questo motivo di appello deve essere esaminato sotto l'angolo dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46) e che conviene dichiararlo ammissibile.
22. Per ciò che riguarda il merito, alla luce della sua giurisprudenza (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46; Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77) e la mancanza di argomenti convincenti del governo che possano condurre ad una conclusione differente nel presente caso, la Corte stima ci sia stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
23. Per ciò che riguarda l'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione, il Sig. R.E. S. ed il Sig. R.C. S. richiedono rispettivamente 99 000 euro (EUR) e 72 000 EUR a titolo di danno materiale e 33 125 EUR e 29 125 EUR a titolo di danno morale che avrebbero subito. I richiedenti chiedono anche 5 000 EUR per gli oneri e spese impegnati dinnanzi alla Corte. Il Governo si oppone a queste pretese.
24. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In quanto al danno morale, stima che i richiedenti hanno subito un torto giuridico certo. Deliberando in equità , accorda dunque ad ogni richiedente 9 000 EUR a questo titolo.
25. Per ciò che riguarda gli oneri e spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si trovino stabiliti la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e conto tenuto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri , la Corte stima ragionevole la somma di 4 000 EUR e l'accorda, congiuntamente, ai richiedenti.
26. La Corte giudica appropriato abbinare le suddette somme di interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione degli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e l'articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione;
4. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i) 9 000 EUR (novemila euro) ad ogni richiedente, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,
(ii) 4 000 EUR (quattromila euro) ai richiedenti congiuntamente, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 10 marzo 2009, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa