Conclusione: Violazione di P1-1; Violazione dell'arte. 6-1; danno materiale - risarcimento pecuniario; Danno morale - risarcimento pecuniario; Rimborso fresco e spese - procedimento della Convenzione
Nella causa Scollo c. Italia (1),
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, costituita,
conformemente all'articolo 43 (art. 43) della Convenzione di salvaguardia
dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione")
ed alle clausole pertinenti del suo regolamento A2 (2), in una camera
composta dei giudici di cui il nome segue:
SIGG.. R. Ryssdal, presidente,
F. Matscher,
L. - E. Pettiti,
B. Walsh,
C. Russo,
S.K. Martens,
A.N. Loizou,
L. Wildhaber,
G. Mifsud Bonnici,
così come del Sig. H. Petzold, cancelliere,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 marzo e
1 settembre 1995,
Rende la sentenza ecco adottata a questa ultima data:
_______________
Note del cancelliere
1. La causa porta il n° 24/1994/471/552. Le prime due cifre
ne indicano il posto nell'anno di introduzione, lei due ultime il
posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su
quella delle richieste iniziali, alla Commissione, corrispondenti.
2. Il regolamento A si applica a tutte le cause deferite alla Corte
prima dell'entrata in vigore del Protocollo n° 9 (P9) e, da questa,
alle sole cause concernente gli Stati non legate da suddetto Protocollo
(P9). Corrisponde al regolamento entrato in vigore il 1 gennaio 1983
ed emendato a più riprese da allora.
_______________
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte per la Commissione europea
dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 7 luglio 1994, nel,
termine di tre mesi che aprono gli articoli32 paragrafo 1 e 47 (art. 32-1
art. 47) della Convenzione. Alla sua origine si trova una richiesta
(n° 19133/91) diretta contro la Repubblica italiana e in cui uno
cittadino residente all'estero di questo Stato, il Sig. F.S. S., aveva investito
la Commissione il 19 novembre 1991 in virtù dell'articolo 25 (art. 25).
La domanda della Commissione rinvia agli articoli 44 e 48
(art. 44, art. 48) così come alla dichiarazione italiana che riconosce
la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Ha
per oggetto di ottenere una decisione sul punto di sapere se i fatti
della causa rivelano una trasgressione dello stato convenuto alle esigenze
degli articoli 1 del Protocollo n° 1( P1-1) e 6 paragrafo 1( art. 6-1) della
Convenzione.
2. In risposta all'invito contemplato all'articolo 33 paragrafo 3 d) del
regolamento A, il richiedente ha manifestato il desiderio di partecipare a
l'istanza e designato il suo consulente (articolo 30).
3. Il 22 agosto 1994, il presidente della Corte ha stimato che c'era
luogo, nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia, di
affidare l'esame della presente causa alla camera costituita il
18 luglio 1994 per conoscere dela causa Spadea e Scalabrino
c. Italia (1) (articolo 21 paragrafo 6 del regolamento A). Questa camera
comprendeva di pieno dritto Sig. C. Russo, giudice eletto di nazionalità
italiana (articolo 43 della Convenzione) (art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal,
presidente della Corte (articolo 21 paragrafo 3 b) del regolamento A) e sette
altri membri, tirati a sorte in presenza del cancelliere, essendo,i
SIGG.. F. Matscher, L. - E. Pettiti, B. Walsh, S.K. Martens, A.N. Loizou,
L. Wildhaber e G. Mifsud Bonnici (articoli 43 in fine della Convenzione
e 21 paragrafo 4 del regolamento A (art. 43).
_______________
1. Causa n° 23/1994/470/551.
_______________
4. Nella sua qualità di presidente della camera (articolo 21 paragrafo 5 del
regolamento A) il Sig. Ryssdal ha consultato, tramite il cancelliere,
l'agente del governo italiano ("il Governo"), l'avvocato del
richiedente ed il delegato della Commissione a proposito dell'organizzazione
del procedimento (articoli 37 paragrafo 1 e 38). Conformemente all'ordinanza
resa perciò, il cancelliere ha ricevuto l'esposto del Governo
il 18 gennaio 1995 e quello del richiedente il 31. Il delegato del
Commissione non ha formulato osservazioni scritte.
5. Il 20 marzo 1995, la Commissione ha prodotto la pratica del
procedimento seguito dinnanzi a lei; il cancelliere l'aveva sollecitato su
istruzioni del presidente.
6. Così come ne aveva deciso questo ultimo - che aveva autorizzato il
richiedente ed il suo consulente ad adoperare la lingua italiana (articolo 27
paragrafo 3 del regolamento A) -, i dibattimenti si sono svolti in pubblico il
21 marzo 1995, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo. La Corte
aveva tenuto prima una riunione preparatoria.
Sono comparsi:
- per il Governo
SIGG.. G. Raimondi, magistrato staccato al servizio
del contenzioso diplomatico del ministero
delle Cause estere, coagente,
V. Esposito,
G. Colla, magistrati staccati al gabinetto
legislativo del ministero della Giustizia, consiglieri,;
- per la Commissione
Il Sig. B. Conforti, delegato,;
- per il richiedente
Il Sig E. S., avvocato, consigliere,
Sig. di S., avvocato, consigliere.
La Corte ha ascoltato nelle loro dichiarazioni il Sig. Conforti,
il Sig. S., il Sig. di S., Sigg. Raimondi e M. Colla.
IN EFFETTI
I. Le circostanze dello specifico
7. Il Sig. F.o S. S. abita a Roma.
8. Il 14 giugno 1982, acquistò un appartamento, affittato dal 1962 per
Il Sig. V. Il prezzo della locazione di questo alloggio si trovava sottoposto al
controllo dei poteri pubblici. L'affitto in corso era stato tacitamente
rinnovato fino all'entrata in vigore della legge n° 392 del
27 luglio 1978 che proroga il contratto fino al 31 dicembre 1983.
9. Per una lettera raccomandata giunta all'inquilino il
20 gennaio 1983, il richiedente l'informò della sua volontà di rescindere
l’affitto alla sua scadenza, o al 31 dicembre 1983, e gli chiese di
liberare l'appartamento a questa data.
10. Per un atto del 24 febbraio 1983, notificato il 4 marzo 1983,
Il Sig. Scollo citò al Sig. V. l'ordine di lasciare l'appartamento e lo citò
a comparire il 22 marzo 1983 dinnanzi al giudice di istanza (pretore) di
Roma.
Il 22 aprile 1983, questo ultimo omologò suddetta ingiunzione e
stabilisce la data dell'espulsione al 30 giugno 1984. La decisione fu resa
esecutiva il giorno stesso e notificata all'inquilino all'inizio del mese
di ottobre 1983.
11. In seguito, investito dal Sig. V., suddetto giudice rinviò l'esecuzione
al 31 ottobre 1984, in applicazione della legge n° 94 del 25 marzo 1982 che
aveva prorogato la scadenza degli affitti in corso per una durata di due anni.
L'inquilino restò tuttavia nei luoghi anche dopo questa data.
12. Il richiedente impegnò allora, per un atto del 24 novembre 1984,
notificato al Sig. V. il 5 dicembre 1984, il procedimento di esecuzione forzata.
L'intimò di liberare l'immobile nei dieci giorni del ricevimento
dell'atto, nel quale gli precisa che in mancanza di partenza volontaria, sarebbe
proceduto all'esecuzione forzata dell'espulsione.
13. Per un atto notificato il 19 dicembre 1984, l'ufficiale giudiziario di giustizia
informa il Sig. V. che l'esecuzione avrebbe luogo il 23 gennaio 1985.
Tuttavia, a questa data, il primo cozzò contro il rifiuto dell'inquilino di
lasciare l'appartamento.
Mentre l'ufficiale giudiziario aveva fissato al 13 marzo 1985 la sua prossima
visita, si entrò in vigore una legislazione di emergenza - il decreto-legge
n° 12 del 7 febbraio 1985, convertito nella legge n° 118 del 5 aprile 1985 -
decretata per fare fronte all'eccezionale penuria di alloggi in
certe città tra cui Roma. L'esecuzione delle misure di espulsione fu
rinviata al 30 giugno 1985. Nello specifico, il richiedente avendo ottenuto uno
titolo esecutivo prima del 30 giugno 1983, la legge n° 118 permetteva di
procedere all'esecuzione a contare del 1 luglio 1985.
14. Tra questo momento ed il 29 ottobre 1986, data di entrata in vigore
della decreto-legge n° 708 dallo stesso giorno che sospendeva le misure di espulsione
costretta fino al 31 marzo 1987, l'ufficiale giudiziario di giustizia si urtò nove volte
al rifiuto del Sig. V. di lasciare l'appartamento. Questa ultimo decreto-legge
, convertito nella legge n° 899 del 23 dicembre 1986, assegnava al prefetto
(prefetto) il potere di accordare nei casi contemplati l'assistenza
della forza pubblica per l'esecuzione delle espulsioni.
15. Tra il 1 aprile 1987 ed l’ 8 febbraio 1988, l'ufficiale giudiziario tentò
per otto volte, ma in vano, di compiere la sua missione. Tramite un atto
autentico del 3 novembre 1987, il Sig. Scollo dichiarò solennemente, al
senso degli articoli 2 e 3 della legge n° 899 del 23 dicembre 1986, essere,
nella necessità di ricuperare il suo appartamento per abitare con
la sua famiglia. Il suo caso doveva essere trattato con precedenza dunque.
16. L’8 febbraio 1988, entrò in vigore una nuova serie di leggi
di sospensione delle misure di espulsione che rinviò al 30 aprile 1989 le
esecuzioni forzate.
17. Dal 1 maggio 1989 al 15 ottobre 1991, l'ufficiale giudiziario di giustizia
subì diciotto rifiuti dell'inquilino. Nel frattempo, l'avvocato del richiedente
aveva scritto a due riprese, il 1 e 24 settembre 1989, alla
commissione prefettizia, messa in posto dalla legge n° 61 del
21 febbraio 1989 e competente per la concessione dell'assistenza della forza
pubblica, per chiamare la sua attenzione sul carattere prioritario del
caso del suo cliente. Faceva valere che l'inquilino non pagava più
l'interezza dell'affitto ed indicava che il suo cliente aveva bisogno
dell’alloggio. Sottolineava che il Sig. Scollo era diabetico, invalido al
71% ed in stato di disoccupazione.
La commissione prefettizia non diede di risposta, nonostante
il fatto che una nuova dichiarazione di necessità raffigurasse acclusa alla
prima corrispondenza ricevuta. Questa seconda dichiarazione era motivata per
l'impossibilità, vista l'ampiezza dei lavori di ristrutturazione
necessari, di occupare immediatamente un altro appartamento che il Sig. Scollo
aveva dovuto acquistare nel 1989.
18. Il 1 dicembre 1989, il richiedente investe il giudice di istanza
per contestare l'applicabilità al suo caso della sospensione del
procedimento di esecuzione forzata dell'espulsione, l'inquilino che trascura
di pagare una parte dell'affitto da novembre 1987. Il 12 dicembre il
magistrato fissò al 7 febbraio 1990 l'udienza di comparizione. A questa
data, il Sig. V. regolò le somme dovute e la causa fu cancellata dal ruolo.
19. Il 31 gennaio 1995, il Sig. S. informò la Corte che aveva
ricuperato il suo appartamento il 15 gennaio in seguito ad un nuovo
intervento dell’ ufficiale giudiziario il 5 gennaio 1995.
II. Il diritto interno pertinente
20. Sulla base del rapporto della Commissione, la legislazione
italiana in materia di affitti di abitazione può riepilogare così:
Da 1947, la legislazione in questione è stata segnata per
differenti interventi dei poteri pubblici, mirando il controllo degli
affitti per mezzo del blocco di questi, mitigati dagli aumenti,
legali decretati ogni tanto dal Governo, così come la
proroga legale di tutti gli affitti in corso e la proroga, la
sospensione o lo scaglionamento dell'esecuzione costretta delle espulsioni.
1. In materia di proroga legale
L'ultima proroga legale che riguarda tutti gli affitti in
corso, salvo in certi casi limitatamente previsti dalla legge, è
quell'invalsa per la legge n° 392 del 27 luglio 1978 fino al 31 dicembre
1982, 30 giugno 1983 o 31 dicembre 1983 secondo le date di conclusione
dei contratti di affitto.
C'è luogo di notare mentre, in ciò che riguarda gli
immobili destinati ad un uso altro che l'abitazione, la proroga,
legale degli affitti in corso previsti dall'articolo 1 paragrafo 9 bis della legge
n° 118 del 5 aprile 1985 è stata dichiarata incostituzionale per una sentenza
della Corte costituzionale (n° 108) del 23 aprile 1986: i limiti
legali al diritto di proprietà, prevista dall'articolo 42 della
Costituzione per garantire le finalità sociali di questa,
permettevano di considerare legittimo la regolamentazione che impone delle
restrizioni, purché questa regolamentazione abbia un carattere
straordinario e temporaneo, ma il fatto di perpetuare tali
limitazioni erano incompatibili con la protezione del diritto di proprietà
consacrata all'articolo 42 della Costituzione.
Nella sua decisione, la Corte costituzionale ha ricordato anche
che la proroga legale degli affitti per una durata di sei mesi, invalsa,
per la legge n° 118, non poteva essere considerata isolatamente ma nel
contesto della regolamentazione di insieme degli affitti. Si è riferita
in particolare al fatto che questa proroga prendeva il relè da altre
proroghe legali e poteva essere un punto di partenza a nuove
limitazioni all'autonomia contrattuale in materia. Per di più,
la misura perpetuava dei contratti per i quali l'affitto, nonostante
gli aumenti applicabili conformemente all'indice dei prezzi al
consumo, non era anche approssimativamente in rapporto col
nuova realtà socioeconomica. Di più, questa legislazione,
non accordava al locatore la possibilità di ritornare in possesso di
l'immobile che in caso di estrema necessità.
La Corte ha stimato anche che la legge n° 118, nella misura,
dove contemplava una proroga generalizzata degli affitti in corso, senza
tenere conto delle differenti condizioni economiche dei locatori e
inquilini - ciò che sarebbe stato tuttavia necessario ai fini della
giustizia sociale -, contravveniva al principio dell'uguaglianza dei cittadini
dinnanzi alla legge, riconosciuto dall'articolo 3 della Costituzione.
2. In materia di esecuzione forzata
Delle numerose disposizioni hanno regolamentato la proroga, la
sospensione o lo scaglionamento dell'esecuzione forzata delle decisioni
giudiziali ordinando agli inquilini di liberare i luoghi (ordinanze)
di sfratto.
Una prima sospensione è stata messa a posto dal decreto-legge
n° 795 del 1 dicembre 1984. Le sue disposizioni sono state riprese dal
decreto-legge n° 12 del 7 febbraio 1985, convertito nella legge n° 118 del
5 aprile 1985. Riguarda il periodo del 1 dicembre 1984 al
30 giugno 1985. Peraltro, questi testi contemplavano lo scaglionamento
dell'esecuzione costretta delle misure di espulsione, al 1 luglio 1985,
30 settembre 1985, 30 novembre 1985 o 31 gennaio 1986, seguendo la data
alla quale il giudizio che constata la fine dell'affitto era diventato
esecutivo.
L'articolo 1 paragrafo 3 della legge n° 118 contemplava che una tale
sospensione non si applicava quando la liberazione dei luoghi era
stata ordinata a causa di ritardi nel pagamento degli affitti. E
anche, nessuna sospensione poteva essere decisa nei seguenti casi:
a) quando il locatore, dopo la conclusione del contratto di affitto,
si trovava nel bisogno di destinare l'immobile al suo uso proprio o
a quello del suo coniuge o dei suoi discendenti in fila diretti fino al
secondo grado, o a titolo di abitazione, o a titolo commerciale o
professionale, o quando il locatore che aveva l'intenzione
di utilizzare i locali come previsto sopra offriva, da una parte, al suo
inquilino un immobile similare di cui l'affitto che non supera del 20%
quello pagato era compatibile con le sue possibilità e, d’altra parte,
si impegnava a pagare gli oneri di trasloco del suo inquilino
( articolo 59 primo capoverso, numeri 1, 2, 7, 8, della legge n° 392 del
27 luglio 1978 ("la legge n° 392"));
b) nell'ipotesi in particolare dove il locatore aveva un bisogno
urgente di ricuperare il suo appartamento per abitarvi o ivi ospitare
i suoi bambini o i suoi ascendenti (articolo 3, primo capoverso, numeri 1, 2,
4, 5, della decreto-legge n° 629 del 15 dicembre 1979, convertito nella legge
n° 25 del 15 febbraio 1980 ("la legge n° 25")).
Una seconda sospensione è stata messa a posto dal decreto-legge
n° 708 del 29 ottobre 1986, convertito nella legge n° 899 del
23 dicembre 1986.
Riguardava il periodo dal 29 ottobre 1986 al 31 marzo 1987
e contemplava 2 e 3 agli articoli le stesse eccezioni che i
disposizioni precedenti.
Questa legge ha stabilito anche che apparteneva al prefetto di
determinare i criteri da seguire per accordare il concorso della forza
pubblica in vista di procedere all'esecuzione forzata nel caso di
inquilini ricalcitranti, su avviso di una commissione che comprende i
rappresentanti degli inquilini e proprietari.
Il paragrafo 5 bis dell'articolo 3 della legge n° 899 del
23 dicembre 1986 contemplava anche che l'esecuzione forzata delle espulsioni
era sospesa in ogni caso fino al 31 dicembre 1987 al riguardo dei
inquilini che hanno diritto all'attribuzione di una casa popolare.
Una terza sospensione è stata messa a posto per il decreto-legge
n° 26 del 8 febbraio 1988, convertito nella legge n° 108 del 8 aprile 1988.
Riguarda il periodo dall’ 8 febbraio 1988 al 30 settembre 1988 innanzitutto
poi da questa ultima data al 31 dicembre 1988.
Una quarta sospensione è stata messa a posto dal decreto-legge
n° 551 del 30 dicembre 1988, convertito nella legge n° 61 del
21 febbraio 1989, fino al 30 aprile 1989. Nelle regioni toccate da
delle calamità naturali la sospensione andava fino al
31 dicembre 1989.
Questa legge contemplava anche, salvo in caso di necessità,
lo scaglionamento della concessione del concorso della forza pubblica per
l'esecuzione delle espulsioni su un periodo di quarantotto mesi, a
contare del 1 gennaio 1990, e creava una commissione prefettizia
incaricata di fissare le precedenze nella concessione del concorso della forza
pubblica.
L'insieme di queste leggi e decreti contenevano per di più delle
disposizioni concernenti il finanziamento di case popolari ed gli
aiuti all'alloggio.
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
21. Il Sig. S.ha investito la Commissione il 19 novembre 1991. Egli si
lamentava di un attentato al diritto al rispetto dei suoi beni, garantito
dall'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1). Invocando l'articolo 6 paragrafo 1
( art. 6-1) della Convenzione, adduceva non avere beneficiato tanto
di un esame della sua causa in un termine ragionevole, a causa
dell'applicazione delle misure legislative di sospensione all'esecuzione delle
espulsioni, congiunta all'impossibilità di procedere all'esecuzione
forzata dell'espulsione quando questa era considerabile.
22. La Commissione ha dichiarato la richiesta (n° 19133/91) accettabile il
5 aprile 1993. Nel suo rapporto del 9 maggio 1994 (articolo 31) (art. 31)
conclude (per ventuno voce contro due) alla violazione
dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) e (per ventidue voci contro
una) alla mancanza di necessità di esaminare la lagnanza derivata dell'articolo 6
paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione. Il testo integrale del suo avviso e
delle due opinioni dissidenti di cui si accompagna figura qui acclusa alla
presente sentenza (1).
_______________
1. Nota del cancelliere: per le ragioni di ordine pratico non vi figurerà
che nell'edizione stampata (volume 315-C della serie A
pubblicazioni della Corte) ma ciascuno può procurarselo presso la cancelleria
_______________
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE DAL GOVERNO
23. Nel suo esposto, il Governo chiede alla Corte di giudicare
che non si è auto violazione né dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) né
dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione.
IN DIRITTO
I. SULL'OGGETTO DELLA CONTROVERSIA
24. Il richiedente invoca dinnanzi alla Corte, oltre gli articoli 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1) e 6 paragrafo 1( art. 6-1) della Convenzione sotto
l'angolo del diritto ad un processo in un termine ragionevole, l'articolo 14,
della Convenzione, composto con la prima disposizione (art. 14+P1-1)
così come l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) per quanto garantisce il
diritto di accesso ad un tribunale.
Secondo la Corte, queste due ultime lagnanze escono tuttavia dalla
cornice della causa come l'ha delimitato la decisione della Commissione
sull'ammissibilità (vedere in particolare, mutatis mutandis, la sentenza Brincat
c. Italia del 26 novembre 1992, serie a n° 249-ha, p. 10, paragrafo 16).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1
(P1-1)
25. Secondo il richiedente, l'impossibilità prolungata di ricuperare,
il suo appartamento, risultante dell'applicazione delle disposizioni
legislative di emergenza in materia di affitti di abitazione, ha portato attentato
al suo diritto al rispetto dei suoi beni, consacrati dall'articolo 1,
del Protocollo n° 1 (P1-1), così formulato:
"Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto di suoi
beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che per causa
di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge
ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti (P1-1) non portano attentato
al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi
che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni
conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento
delle imposte o di altri contributi o delle multe."
A. la regola applicabile
26. L'articolo 1 (P1-1) garantisce in sostanza il diritto di proprietà.
Contiene tre norme distinte: la prima che si esprime
nella prima frase del primo capoverso (P1-1) e riveste un carattere
generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda,
figurando nella seconda frase dello stesso capoverso (P1-1), mira alla
privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto al
terzo, registrato nel secondo capoverso (P1-1), riconosce agli
Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l'uso dei
beni conformemente all'interesse generale e mettendo in vigore le
leggi che giudicano necessari a questo fine. Non si tratta per
tanto di regole prive di rapporto tra esse: la seconda ed la
terza hanno munto agli esempi particolari di attentati al diritto
di proprietà; da allora, devono interpretarsi alla luce del
principio consacrato dalla prima (vedere in particolare il sentenza Mellacher e
altri c. Austria del 19 dicembre 1989, serie a n° 169, pp. 24-25,
paragrafo 42).
27. La Corte nota con la Commissione che non si è avuto, nello specifico,
né trasferimento di proprietà né, contrariamente a ciò che afferma il Sig. Scollo,
espropriazione di fatto. Questo ultimo conservava sempre la possibilità
di alienare il suo bene e percepiva un affitto - l'interezza dell'importo
fino in ottobre 1987 ed una parte solamente da novembre 1987 a
febbraio 1990 (paragrafi 17 e 18 sopra).
L'applicazione delle misure controverse avendo provocato il
mantenimento dell'inquilino nell'appartamento, si analizza, senza
dubitare, in una regolamentazione dell'uso dei beni. Da allora, il
secondo capoverso dell'articolo 1 (P1-1) gioca nell'occorrenza.
B. Il rispetto delle condizioni del secondo capoverso (P1-1)
28. Il secondo capoverso (P1-1) lascia agli Stati il diritto di adottare le
leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni
conformemente all'interesse generale.
Simili leggi sono particolarmente frequenti nel campo
dell'alloggio che occupa un posto centrale nelle politiche sociali
ed economiche della nostra società moderna.
Nella messa in opera di tali politiche, il legislatore
deve godere di una grande latitudine per pronunciarsi tanto sull'esistenza
di un problema di interesse pubblico che richiamano una regolamentazione che sulla
scelta delle modalità di applicazione di questa ultima. La Corte rispetta
il modo di cui concepisce gli imperativi dell'interesse generale, salvo
se il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole
(sentenza Mellacher ed altri precitati, pp. 25-26, paragrafo 45).
1. Scopo dell'ingerenza
29. Il richiedente contesta la legittimità dello scopo delle leggi in causa;
in sostanza, la mancanza di una politica efficace dello stato convenuto
in materia di alloggio l'avrebbe privato del suo diritto di disporre del suo
appartamento privilegiando esclusivamente l'interesse dell'inquilino. Il
Governo sarebbe non avente diritto a giustificare le misure legislative
di emergenza facendo appello all'interesse generale.
30. Con la Commissione, la Corte osserva che le misure
legislative che hanno sospeso le espulsioni durante il periodo
1984-1988 ubbidivano alla necessità di fare fronte al numero alzato di
affitti venuti a scadenza in 1982 e 1983, così come per la preoccupazione di
permettere agli inquilini riguardati di rialloggiarsi nelle condizioni
adeguate o di ottenere delle case popolari.
Procedere simultaneamente a tutte le espulsioni avrebbe senza alcun
dubbio provocato delle importanti tensioni sociali e messo in pericolo l'ordine
pubblico.
31. In conclusione, la legislazione contestata perseguiva uno scopo
legittimo conforme all'interesse generale, siccome lo vuole il secondo capoverso
dell'articolo 1 (P1-1).
2. Proporzionalità dell'ingerenza
32. Come la Corte l'ha sottolineato nel sentenza Mellacher ed altri
precitato (p. 27, paragrafo 48) il secondo capoverso dell'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1) si deve leggere alla luce del principio consacrato
dalla prima frase dell'articolo (P1-1). Di conseguenza, una misura
di ingerenza deve predisporre un giusto equilibro tra le esigenze
dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia
dei diritti fondamentali dell'individuo (vedere, tra altri, la sentenza,
Sporrong e Lönnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie a n° 52,
p. 26, paragrafo 69). La ricerca di simile equilibrio si riflette nella
struttura dell'articolo 1( P1-1) tutto intero (ibidem) dunque anche
nel secondo capoverso. Deve esistere un rapporto ragionevole di
proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato (sentenza James,
ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie a n° 98, p. 34,
paragrafo 50).
33. Il Sig. S. trova sproporzionato l'ingerenza in questione. Egli
sottolinea la sua qualità di "piccolo proprietario" desideroso di occupare suo
proprio appartamento per ospitare la sua famiglia e denuncia l'inerzia
dello stato italiano che, ignorando le sue due "dichiarazioni di necessità",
l'avrebbe obbligato ad indebitarsi per acquistare un altro alloggio.
34. Secondo il Governo, quando nel febbraio 1983 il Sig. S. iniziò
il procedimento in questione, il solo motivo addotto per giustificare
l'espulsione dell'inquilino era la fine dell'affitto in corso. Non dichiarò
trovarsi nella necessità assoluta di ricuperare il suo bene per ospitare
la sua famiglia che a partire dal 3 novembre 1987. Inoltre, questa situazione
non sarebbe durata fino al 15 gennaio 1995, quando M. V. lasciò i
luoghi, ma si sarebbe conclusa prima del 6 giugno 1994, data nella quale
l'interessato si rivolse al prefetto di Roma indicando che non aveva più
bisogno del suo appartamento perché ne occupava un altro, acquistato nel 1989.
Ne deriverebbe dunque che, tenuto conto dell'eccezionale
crisi dell'alloggio alla quale dovette fare fronte, lo stato italiano non ha
superato il margine di valutazione predisposta dall'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1).
35. La Corte nota che la crisi dell'alloggio costituisce un fenomeno
quasi generale per le società moderne.
Per ovviare a questo problema, il governo italiano ha adottato
una serie di misure di emergenza destinate, da una parte, a controllare gli
aumenti di affitto per mezzo di blocchi temperati dai rialzi
puntuali, e, d’altra parte, a prorogare la validità degli affitti in
corso. La situazione italiana si è complicata quando
l'industrializzazione delle grandi città del Nord del paese esercitò una forte
attrazione sulla popolazione delle regioni più sfavorite e delle
campagne in generale.
36. Negli anni 1982 e 1983, quando l'ultima proroga
legale, introdotta dalla legge n° 118, venne a scadenza, lo stato italiano,
considera necessario di ricorrere alle disposizioni di emergenza che mirano la
proroga, la sospensione o lo scaglionamento dell'esecuzione forzata delle
decisioni giudiziali che ordinano la liberazione degli immobili da parte degli
inquilini. Queste misure predisponevano tuttavia delle eccezioni in virtù
delle quali in particolare, i proprietari che avevano un bisogno urgente
di ricuperare i loro immobili o che non percepivano gli affitti
scaduti potevano ottenere l'esecuzione delle espulsioni con l'assistenza
della forza pubblica.
37. Per determinare se suddette disposizioni erano proporzionate
allo scopo perseguito - proteggere gli interessi degli inquilini a deboli
rendite ed evitare ogni rischio di agitazione dell'ordine pubblico -, la Corte
stima, con la Commissione, che c'è luogo di ricercare se, nello
specifico, il trattamento riservato all'inquilino del Sig. Scollo ha permesso il
mantenimento dell'equilibrio tra gli interessi in causa.
38. La Corte sottoscrive alla tesi del Governo secondo la quale
Il Sig. Scollo non ebbe durante tutto il periodo riguardato un bisogno urgente
di ricuperare il suo immobile, ma non ne accetta per tanto la
conclusione.
Nonostante la dichiarazione "solenne" di questo, del,
3 novembre 1987 che avrebbe dovuto giustificare la concessione in precedenza
dell'assistenza della forza pubblica per l'esecuzione dell'espulsione, il
prefetto non intervenne mai in questo senso ed i tentativi dell'ufficiale giudiziario
di giustizia, agendo sempre su richiesta dell'interessato, non ebbero
punto di successo. Di più, l'avvocato del Sig. Scollo scrisse due volte,
il 1 e 24 settembre 1990, alla commissione prefettizia
sottolineando che il suo cliente doveva vedere velocemente il suo caso trattato perché egli
aveva bisogno dell'appartamento, era in stato di disoccupazione ed invalido al 71%
e, di più, dal 30 novembre 1987, il Sig. V. non gli versava più il
totalità degli affitti.
Le autorità competenti non diedero nessuno seguito a questi due
richieste mentre una nuova "dichiarazione di necessità" figurava in
allegato alla prima corrispondenza (paragrafo 17 sopra).
39. Sebbene nell'occorrenza le condizioni legali che possono
permettere l'esecuzione dell'espulsione durante il periodo di sospensione
di questo procedimento si trovassero assolte, il Sig. S. non ricuperò il suo
immobile che il 15 gennaio 1995 e ciò grazie alla partenza spontanea
dell’inquilino. Aveva dovuto acquistare prima non solo un altro
appartamento, ma anche iniziare un processo che mira a regolare il problema
degli affitti parzialmente insoluti (paragrafi 17 e 18 sopra).
3. Conclusione
40. La Corte conclude che adottando delle misure di emergenza ed
contemplando certe eccezioni alla loro applicazione (paragrafo 20
sopra) il legislatore italiano poteva stimare ragionevolmente,
tenuto conto della necessità di predisporre un giusto equilibrio tra gli
interessi della comunità ed il diritto dei proprietari e del richiedente
in particolare, che i mezzi scelti convenivano per raggiungere lo
scopo legittimo. Tuttavia, la restrizione subita dal Sig. S. all'uso
del suo appartamento, a causa del mancata applicazione di suddette
disposizioni da parte delle autorità competenti, era contrario alle
esigenze del secondo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1).
C'è stata dunque violazione di questo (P1-1).
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL'ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1, ART. 6-1, DELLACONVENZIONE
41. Il richiedente denuncia anche la lunghezza eccessiva del
procedimento di esecuzione. Invoca l'articolo 6 paragrafo 1( art. 6-1) della
Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia sentita
in un termine ragionevole, per un tribunale, che deciderà
(...) delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di
carattere civile"
42. Dinnanzi alla Commissione, il Governo ha contestato
l'applicabilità di questa disposizione (art. 6-1). Secondo lui, conto
tenuto della mancanza di un vero procedimento, si trattava piuttosto di una
questione di garanzia di messa in opera dei diritti riconosciuti da una
decisione giudiziale, campo coperto nell'occorrenza dall'articolo 1
del Protocollo n° 1 (P1-1).
All'udienza dinnanzi alla Corte, non è ritornato sul punto
e ha sostenuto la tesi, nuova, secondo la quale questa situazione potrebbe,
iscriversi nel contesto dell'accesso alla giustizia.
43. Secondo il delegato della Commissione, si può dubitare
dell'esistenza nello specifico di un procedimento di esecuzione comparabile a quella
che la Corte e la Commissione hanno esaminato, da ultimo, nella
causa Silva Puntatori c. Portogallo (sentenza del 23 marzo 1994, serie a
n° 286-a).
44. Anche se, nello specifico, non si saprebbe parlare di procedimento
di esecuzione stricto sensu, la Corte stima che l'articolo 6 paragrafo 1
(art. 6-1) trova ad applicarsi avuto riguardo all'oggetto del procedimento che
era di svuotare la contestazione che oppone il richiedente al suo inquilino.
L'inizio del periodo controverso coincide con la notificazione
al Sig. V., il 4 marzo 1983, dell'assegnazione a comparire dinnanzi al giudice
di istanza (paragrafo 10 sopra). Ha preso fine il
15 gennaio 1995, quando l'inquilino lasciò spontaneamente l'immobile
( paragrafo 19 sopra). È durata un poco più di undici anni dunque
e dieci mesi.
L'esecuzione delle espulsioni che dipendono dall'impulso della
parte interessata, il Sig. S. non predispose i suoi sforzi per ottenere
soddisfazione rivolgendosi a più riprese all'ufficiale giudiziario di giustizia,
che chiedeva del resto sistematicamente l'assistenza della forza
pubblica come lo provano tutti i verbali relativi alle visite
al domicilio del Sig. V. Tuttavia, la commissione prefettizia ed il
prefetto non diede mai seguito a questi passi.
Senza ignorare le difficoltà pratiche sollevate
dall'esecuzione di un numero molto elevato di espulsioni, la Corte considera che
l'inerzia dell'amministrazione competente impegna la responsabilità
dello stato italiano sul terreno dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1).
45. Pertanto, c'è stata violazione di questa disposizione (art. 6-1).
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 50, ART. 50, DELLA CONVENZIONE,
46. Ai termini dell'articolo 50 (art. 50) della Convenzione,
"Se la decisione della Corte dichiara che una decisione presa o
una misura ordinata da un'autorità giudiziale o tutt’ altra
autorità di una Parte Contraente si trova interamente o
parzialmente in opposizione con gli obblighi che derivano
dalla Convenzione, e se il diritto interno di suddetti Parti
permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze di questo
decisione o di questa misura, la decisione della Corte accorda,
se c'è luogo, alla parte lesa una soddisfazione equa".
A. Danno
47. Il Sig. Scollo richiede da prima 13 634 280 lire italiane per un
danno materiale corrispondente agli oneri di ufficiale giudiziario ed alla parcella
dell’ avvocato relativo al procedimento di esecuzione. Chiede anche
30 000 000 lire per danno morale: avrebbe sofferto dell'impossibilità
prolungata di ricuperare il suo appartamento ed avrebbe vissuto, durante il
periodo dove fu obbligato ad abitare con la sua famiglia da sua madre, in
condizioni di vita molto pesanti.
48. Il Governo sostiene che in ciò che riguarda il
preteso danno materiale l'importo sollecitato non avrebbe nessuno legame con
le violazioni addotte perché un procedimento di esecuzione di un'espulsione
genera necessariamente degli oneri. Cita inoltre una recente
giurisprudenza della Corte di cassazione secondo la quale sarebbe
oramai possibile di ricuperare presso l'inquilino gli oneri
dell’ ufficiale giudiziario così come la parcella dell’ avvocato. A proposito del danno morale,
considera che l'eventuale constatazione di violazione costituirebbe in sé
una soddisfazione equa sufficiente e, sussidiariamente, che la somma
rivendicata è eccessiva.
49. In quanto al delegato della Commissione, stima che il richiedente
ha diritto ad una soddisfazione equa ma lascia alla Corte la cura di
valutarlo.
50. La Corte non condivide la tesi del Governo. Visto le
circostanze, non si saprebbe aspettarsi dal richiedente che impegna una
azione contro il suo inquilino che ha dato già prova di negligenza
nel pagamento degli affitti. Riconosce inoltre che l'interessato
ha subito anche un danno morale. Decide di accordargli per intero
la somma sollecitata per danno materiale e morale.
B. Oneri e spese
51. Il richiedente chiede infine il rimborso degli oneri e la
parcella esposta dinnanzi agli organi della Convenzione, che valuta
a 14 280 000 lire.
52. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte che sulla
base degli elementi in suo possesso e della sua giurisprudenza in
materia, stima ragionevole questo importo e l'assegna per intero.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dice che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo n° 1
(P1-1);
2. Dice che c'è stata violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1)
della Convenzione;
3. Dice che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei
tre mesi, 13 634 280, tredici milioni sei cento trentaquattro,
mila due cento ottanta lire italiane per danno
materiale, 30 000 000, trenta milioni, lire per danno morale
e 14 280 000, quattordici milioni due cento ottantamila,
lire per oneri e spese.
Fatta in francese ed in inglese, poi pronunciata in udienza,
pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a Strasburgo, il
28 settembre 1995.
Firmato: Rolv RYSSDAL
Presidente
Firmato: Herbert PETZOLD
Cancelliere