Conclusione Violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l'art. 6-1; soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA PREZIOSI C. ITALIA
( Richiesta no 67125/01)
SENTENZA
STRASBURGO
5 ottobre 2006
DEFINITIVO
05/01/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Preziosi c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e della Sig.ra F. Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 67125/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui tre cittadini di questo Stato, il Sig.re E. e G. P. ed il Sig. D.. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte il 15 febbraio 2001 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. A. B., avvocato ad Avellino. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 24 giugno 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze derivate dagli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione, equità del procedimento, al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione del suo sezioni 'articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1930, 1909 e 1928 e risiedono a Roma.
6. I richiedenti erano proprietari di un terreno di 4 875 metri quadrati, ubicato ad Avellino.
7. Con un'ordinanza dell’ 8 novembre 1979, la municipalità di Avellino autorizzò l'occupazione di emergenza di suddetto terreno per un periodo massimale di cinque anni in vista della sua espropriazione, per procedere alla costruzione di alloggi HLM.
8. Il 7 gennaio 1980, l'IACP (Istituto autonomo di gestione dei HLM), occupò materialmente il terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
9. Con un atto del 30 luglio 1985, il richiedente citò la municipalità di Avellino e l'IACP a comparire dinnanzi al tribunale di Avellino. Fecero valere che l'occupazione proseguiva al di là del periodo autorizzato senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un'indennità. Chiesero un risarcimento per l'occupazione abusiva e rivendicarono un'indennità per il periodo di occupazione lecita.
10. La municipalità e l'IACP si costituirono nel procedimento. Fecero valere che l'occupazione del terreno rimaneva legittima, non essendo ancora scaduto il periodo autorizzato. La municipalità, in quanto a lei, eccepì che non aveva requisito per essere citata come parte convenuta nella causa, legittimazione passiva.
11. Ad una data non precisata, il tribunale ordinò una perizia. Questa fu depositata alla cancelleria il 31 marzo 1987.
12. Con un giudizio del 6 novembre 1991, il tribunale di Avellino accolse le domande dei richiedenti. Respingendo l'eccezione sollevata dalla municipalità, il tribunale dichiarò al primo colpo la responsabilità reciproca delle due parti convenute. In quanto al merito, sostenne la natura edificabile del terreno dei richiedenti ed affermò che il termine di occupazione autorizzata si era concluso il 7 gennaio 1985 e che a contare da questa data i richiedenti dovevano essere considerati come privati del loro terreno per effetto della costruzione del lavoro pubblico, in virtù del principio dell'espropriazione indiretta.
Infine, il tribunale rilevò che la superficie realmente interessata dai lavori era di 4 536 metri quadrati.
13. Il tribunale condannò la municipalità e l'IACP a pagare ai richiedenti la somma di 394 109 450 ITL a titolo di risarcimento, ovvero il valore commerciale rivalutato del terreno al momento dell'occupazione. Inoltre, fissò l'importo dell'indennità per l'occupazione lecita da concedere ai richiedenti a 68 040 000 ITL, aumentato di interessi legali.
14. Con atti notificati il 26 marzo 1992, la municipalità di Avellino ed i richiedenti attaccarono il giudizio del tribunale dinnanzi alla corte di appello di Napoli. L'amministrazione fece valere di nuovo che non avrebbe dovuto essere considerata come parte interessata al procedimento. Inoltre, sostenne che la domanda dei richiedenti era comunque inammissibile, perché presentata prima che il termine autorizzato per l'espropriazione fosse scaduto. Peraltro, contestò le somme che erano state accordate loro. I richiedenti in quanto ad essi contestarono le somme concesse dal tribunale.
15. Il 15 marzo 1995, la corte di appello di Napoli riformò parzialmente il giudizio del tribunale. Dichiarò la responsabilità dell'IACP in quanto al risarcimento per l'occupazione abusiva, mentre la municipalità di Avellino doveva essere considerata unica responsabile per la domanda di indennità.
16. In quanto alle somme da concedere ai richiedenti, la corte di appello confermò la valutazione fatta dal perito nominato dal tribunale. Tuttavia, l'importo da accordare ai richiedenti a titolo di risarcimento doveva essere attualizzato. Di conseguenza, l'importo dei danno-interessi fu fissato a 308 193 980 ITL.
17. Il 6 maggio 1996, l'IACP ricorse in cassazione. L'istituto chiese in particolare l'applicazione della legge no 359 del 8 agosto 1992, nel frattempo entrata in vigore, che prevedeva al suo articolo 5bis dei nuovi criteri di indennizzo per l'espropriazione di terreni edificabili.
Tuttavia, con una sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò questa disposizione incostituzionale. In seguito, il 1 gennaio 1997, entrò in vigore la legge di bilancio no 662 del 1996, che modificava la disposizione dichiarata incostituzionale, e disponeva che l'indennizzo integrale non potesse essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996.
18. Con una sentenza del 19 settembre 1997, la Corte di cassazione annullò la sentenza della corte di appello di Napoli e rinviò la causa dinnanzi ad un'altra sezione di questa per permettere l'applicazione delle nuove disposizioni legislative.
19. I richiedenti investirono la sezione competente della corte di appello di Napoli il 29 maggio 1998. Con un'ordinanza del 6 ottobre 2000, questa ordinò una nuova stima tecnica.
20. Risulta dalla pratica che il procedimento è tuttora pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
20. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. I richiedenti adducono essere stato privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
22. Il Governo solleva un'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che il procedimento è sempre pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli a seguito al rinvio deciso dalla Corte di cassazione.
23. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
24. La Corte stima, alla luce dell'insieme degli argomenti delle parti, che questa eccezione è legata strettamente in fondo alla lagnanza e decide di unirla al merito. Constata che la lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
25. Il Governo fa osservare che, nel caso di specifico, si tratta di un'occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuna ordinanza di espropriazione è stata adottata. Ad ogni modo, i richiedenti sono stati privati del loro bene per effetto della realizzazione dei lavori pubblici, e della trasformazione irreversibile del terreno che questi hanno provocato. Questa privazione di bene è solamente la conseguenza del principio dell'espropriazione indiretta, applicata, nello specifico, dalle giurisdizioni nazionali.
26. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1.
27. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali.
28. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall'espropriazione indiretta sarebbe "contemplata dalla legge." Secondo il Governo, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e con la legge di bilancio no 662 del 1996.
29. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell'espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
30. Il Governo definisce l'espropriazione indiretta come il risultato di un'interpretazione sistematica di principi esistenti, che tende a garantire che l'interesse generale prevalga sull'interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all'utilità pubblica.
31. Per ciò che riguarda l'indennizzo, il Governo osserva che secondo la giurisprudenza del 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, in compenso delle irregolarità commesse dalla municipalità, questa è tenuto di indennizzare integralmente l'individuo. Però, il Governo sostiene che l'indennizzo da accordare può essere inferiore al danno subito dall'interessato, visto che l'espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l'illegalità commessa dalla municipalità riguarda solamente la forma, ovvero una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
32. Tuttavia, visto che l'espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo, il Governo sostiene che l'importo dell'indennità in causa rientra nel margine di valutazione lasciata agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. A questo riguardo, il Governo sostiene che l'indennità come plafonata dalla legge in causa che è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stato accordato se l'espropriazione fosse stata regolare, l'espropriazione indiretta è in ogni caso vantaggiosa per gli interessati.
33. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato.
b) I richiedenti,
34. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
35. Fanno osservare che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità.
36. I richiedenti denunciano una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al suo caso al motivo che un principio giurisprudenziale, come quello dell'espropriazione indiretta, non basta a soddisfare al principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
37. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito l'eccezione del Governo derivata della non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
38. Per i richiedenti, c'è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione né indennizzo, così che in sostanza vi sarebbe stata un'espropriazione di fatto.
39. Per il Governo, i richiedenti sono stati privati del loro bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente o, in ogni caso, a partire dal momento considerato dalle giurisdizioni nazionali come momento del trasferimento di proprietà.
40. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivalga ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
41. Ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie Ha no 102, p. 47, § 110).
42. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità al motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione di fatto che deriva dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
43. La Corte rileva che nello specifico, i richiedenti hanno perso la disponibilità terreno a contare dalla sua occupazione nel 1980, e che questo terreno è stato trasformato in modo irreversibile in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico in seguito. Le giurisdizioni interne hanno stimato che l'occupazione è diventata senza titolo a contare dal 7 gennaio 1985 ed in questa stessa data i richiedenti sono stati privati del loro bene. Il procedimento è ancora pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
44. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà suscettibile di esporre i suoi effetti ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che un tale trasferimento deve essere considerato come realizzato ( Carbonara e Ventura, precitato, § 80) e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in questione, combinata con l'impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata, ha generato delle conseguenze abbastanza gravi in quanto i richiedenti hanno subito un'espropriazione di fatto, incompatibile col loro diritto al rispetto dei loro beni (Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45) e non conforme al principio di preminenza del diritto.
45. Quindi, l'eccezione derivata della non-esaurimento delle vie di ricorso interne non potrebbe essere considerata e vi è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
46. I richiedenti adducono che l'adozione e l'applicazione della legge no 662 del 23 dicembre 1996 al loro procedimento costituisce un'ingerenza legislativa contraria al loro diritto ad un processo equo come garantito dall'articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
47. Riferendosi alle sentenze Forrer-Niedenthal c. Germania (no 47316/99, 20 febbraio 2003,) OGIS-istituto Stanislas, OGEC Santo-gazza X e Minima di Castiglia ed altri c. Franci,( numero 42219/98 e 54563/00, 27 maggio 2004) il Governo contesta questa tesi e fa valere che la legge controversa non è stata adottata per influenzare la conclusione del procedimento intentato dai richiedenti.
48. La Corte rileva che questa lagnanza è legata a quella esaminata sopra e deve essere dichiarata dunque allo stesso modo ammissibile.
49. La Corte ha appena constatato, sotto l'angolo dell'articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dai richiedenti non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo dei motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione, paragrafi 37 a 39 sopra, la Corte stima che non c'è luogo di esaminare se c'è stato, nello specifico, violazione dell'articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132-133, CEDH 2006).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
51. I richiedenti chiedono la somma di 222 554,71 EUR a titolo di danno materiale, o il valore dei terreni controversi al momento dell'occupazione materiale, aumentata di interessi legali.
52. Il Governo fa valere che la Corte dovrebbe fondare la sua valutazione sulla differenza tra i valori commerciali della stima dal perito incaricato d’ufficio dal giudice nazionale, calcolata rispetto al momento del trasferimento di proprietà, e la somma derivante dell'applicazione dei criteri fissati dalla legge no 662 del 1996.
53. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare la lagnanza tratta dall'articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 5 ottobre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Fatos Araci Boštjan il Sig. Zupancic
Cancelliera collaboratrice Presidente