Conclusione Soddisfazione equa - restituzione dei beni; Danno materiale - risarcimento pecuniario; Danno morale - risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese - procedimento della Convenzione; Rimborso parziale oneri di perizia
CORTE (CAMERA)
CAUSA PAPAMICHALOPOULOS ED ALTRI C. Grecia (Articolo 50)
( Richiesta no14556/89)
SENTENZA
STRASBURGO
31 ottobre 1995
Nella causa Papamichalopoulos ed altri c. Grecia ,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, costituita, conformemente all'articolo 43 (art. 4) della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione") ed alle clausole pertinenti del suo ordinamento Ha , in una camera composta dai giudici di cui segue il nome:
SIGG.. R. Bernhardt, presidente,
F. Gölcüklü,
A. Spielmann,
N. Valticos,
R. Pekkanen,
J.M. Morenilla,
F. Bigi,
L. Wildhaber,
J. Makarczyk,
così come del Sig. H. Petzold, cancelliere,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 novembre 1993 e 25 agosto 1994 così come il 22 marzo, 27 giugno e 25 ottobre 1995,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte dalla Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 25 maggio 1992, nel termine di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47, (art. 32-1, art. 47) della Convenzione. Alla sua origine si trova una richiesta (no 14556/89) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui quattordici cittadini di questo Stato, Sigg.. I. e P. P., il Sig. P. K., la Sig.ra A. K., il Sig. P. Z., il Sig. N. K., il Sig. C. T., la Sig.ra I. P., la Sig.ra Sig. H., la Sig.ra I. K., la Sig.ra C. K., il Sig. A. K., il Sig. E. Z. e la Sig.ra C. T., avevano investito la Commissione il 7 novembre 1988 in virtù dell'articolo 25 (art. 25).
2. Con una sentenza del 24 giugno 1993 ("la sentenza al principale"), la Corte ha rilevato un'infrazione all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1): la perdita di ogni disponibilità dei terreni dei richiedenti, combinati al fallimento dei tentativi condotti fino ad allora per ovviare alla situazione incriminata, aveva generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali gli interessati avevano subito un'espropriazione di fatto incompatibile col loro diritto al rispetto dei loro beni (serie A no 260-B ,pp. 68-70, paragrafi 35-46, e punti 1-2 del dispositivo).
3. Non trovandosi in stato la questione dell'applicazione dell'articolo 50 (art. 50), la sentenza al principale l'ha riservata. La Corte ha invitato il Governo ed i richiedenti a comunicarle, nei due mesi, i nomi e requisiti di periti scelti di comune accordo per valutare i terreni controversi ed a darle all'occorrenza cognizione, negli otto mesi seguenti la scadenza di questo termine, ogni ordinamento amichevole che avrebbero concluso a seguito di simile valutazione (ibidem, pp. 70-71, paragrafi 47-49, e punto 3 del dispositivo).
4. Con le lettere del 13 e 22 settembre 1993, i richiedenti ed il Governo hanno rispettivamente informato la Corte che avevano designato come periti Sig. C. L., presidente della Camera tecnica di Grecia (Tekhniko Epimelitirio Ellados) il Sig. C. V., ingegnere civile, membro del Corpo degli estimatori giurato (Soma Orkoton Ektimiton) ed il Sig. G. K., ingegnere topografo, membro dello stesso corpo.
5. Riunita il 24 novembre 1993, la Corte ha stimato utile di raccomandare al Governo ed ai richiedenti di prendere, di comune accordo, le misure necessarie affinché i periti nominati da essi potessero cominciare il loro lavoro il 15 gennaio 1994. Ha deciso anche che il compito di questi consisterebbe in determinare, da una parte, il valore che i terreni controversi avevano nel 1967, e, dall’altra parte, il loro valore reale, non impedendo la formula del dispositivo della sentenza al principale per niente lo svolgimento parallelo della perizia e della ricerca di una soluzione amichevole. Tuttavia, in ragione di certe preoccupazioni espresse dal Governo il 6 dicembre 1993, il presidente ha informato le parti della controversia che la data del 15 gennaio 1994 non era più mantenuta.
6. Il 9 febbraio 1994, su istruzioni della Corte, il cancelliere ha indirizzato ai periti il seguente lettera:
"Come già sapete, il governo ellenico ed il Sig. S. vi hanno scelto come perito per valutare certi terreni che appartengono ai richiedenti e la cui l'occupazione da parte della marina nazionale greca è stata giudicata, dalla Corte, contraria all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) (...)
Non trovandosi in statola questione dell'indennizzo dei richiedenti alla data della sentenza così resa il 24 giugno 1993, la Corte ha deciso di riservarla tenendo conto dell'eventualità di un consenso tra lo stato convenuto ed i richiedenti. Sebbene il termine accordato a questa fine scada il 24 aprile 1994, le probabilità di successo di simile tentativi sembrano molto deboli e la Corte sarà con ogni probabilità chiamata a troncare. Vi invita a cominciare il vostro lavoro fin da questa data dunque, o anche più presto col consenso delle parti della controversia.
La perizia dovrà ricadere tanto sul valore dei terreni controversi alla data di essi [occupazione] da parte della marina nazionale, nel 1967 che al momento, nel 1994,; il vostro rapporto dovrebbe essere depositato al più tardi il 31 luglio 1994.
La Corte desidererebbe ricevere anche prima della fine di aprile 1994 una stima, da parte vostra, degli oneri della perizia e dell'importo della vostra parcella; il presidente della Corte potrà tassarli all'occorrenza (articolo 42 paragrafo 1 in fine dell'ordinamento). Il loro pagamento in definitiva incomberà sul governo ellenico.
(...)
Lo stesso giorno, ha comunicato all'agente del Governo una copia di questa lettera, nella quale gli precisa per di più,:
Riferendomi "alla vostra lettera del 6 dicembre 1993 così come alla mia risposta del 9 dicembre, ho l'onore di informarvi che il carico finale degli oneri della perizia e della parcella dei periti peserà sullo stato greco. Difatti, con la sua sentenza del 24 giugno 1993, la Corte ha deciso che l'occupazione illegale dei terreni controversi da parte di Fondi della marina nazionale dal 1967 ha infranto il diritto di proprietà dei richiedenti. Segue che gli oneri assunti da questi per fare constatare e correggere questa violazione, da una parte, così come gli oneri della perizia necessaria nello specifico per l'applicazione dell'articolo 50 (art. 50) dall’altra parte, incomberanno in definitiva sullo stato convenuto. Tale è l'opinione del presidente Bernhardt, ma la decisione formale figurerà nella sentenza della Corte."
7. Il 11 febbraio 1994, il consiglio dei richiedenti ha informato il cancelliere che ogni speranza di regolare la causa amichevolmente era sparita. In una lettera del 7 aprile 1994, l'agente del Governo ha dichiarato giungere alla stessa conclusione e ha chiesto il consenso della Corte per nominare due consiglieri tecnici per assistere i periti.
8. Il 19 luglio 1994, l'agente del Governo ha sollecitato un prolungamento del termine - fino alla fine del 1994 - per il deposito del rapporto di perizia. Precisava che il ministro della Difesa aveva negato ai periti l'autorizzazione di penetrare nella base navale "per le ragioni di servizio imperioso che non possono essere annunciate" e "per i motivi di sicurezza nazionale."
9. Con una lettera giunta alla cancelleria l’ 11 agosto 1994, i richiedenti hanno contestato la realtà dei motivi di suddetto rifiuto avanzato dal ministro e dall'agente del Governo. Qualificavano l'atteggiamento di questo ultimo un "inganno provocatore" ed aggiungevano:
"4. Ci dispiace di dovere informare la Corte che non esisteva assolutamente nessuna ` ragione di servizio ' per vietare l'entrata dei periti nel villaggio di vacanza controverso. Si ritiene semplicemente che non fosse opportuno fare coincidere la visita dei periti con il periodo estivo durante il quale il villaggio fornisce l'immagine di un litorale da sogno di cui la bellezza naturale è unica. E si ritiene che se la visita fosse rinviata ad un periodo in cui i vacanzieri non avessero frequentato il villaggio, l'immagine di questo non avrebbe impressionato probabilmente i periti.
5. Bene evidentemente, siccome non esisteva né ` ragioni di servizio ' né ` motivi di sicurezza nazionale supremo ', i periti hanno visitato il villaggio il 17 luglio 1994, giorno della Santa-Marina, e hanno avuto l'occasione di fare le loro investigazioni, poiché l'entrata era libera per tutti i visitatori.
Abbiamo il dovere di rivelare alla Corte e di denunciare le affermazioni inesatte avanzate dallo stato greco d’ incomprensione dell'obbligo delle parti al processo di comportarsi con rettitudine e buona fede e di facilitare il compito della Corte. Devo del resto rilevare che la tattica manifestamente antideontologica con la quale lo stato è riuscito a ritardare la realizzazione della perizia prolunga l'istanza dinnanzi alla Corte ed aggrava il danno dei miei mandanti. Appartiene alla Corte di giudicare in quale misura questo comportamento delle autorità della Repubblica ellenica deve provocare delle sanzioni ed essere preso in considerazione per la concessione soddisfazione equa ' conformemente all'articolo 50 (art. 50,9della Convenzione".
10. Dal loro lato, i periti avevano comunicato alla Corte, il 10 agosto 1994, la copia di una lettera che avevano mandato al Governo così formulata:
"Con la lettera che vi ha indirizzato e ci ha anche notificato, la Direzione E2 del Quartiere generale della Marina nazionale ci ha vietato fino al 15 ottobre 1994 l'accesso al villaggio di villeggiatura degli ufficiali della Marina nazionale (base navale del golfo di Eubée del sud), dove si trova situato l'immobile controverso, per ragioni che non poteva precisarci, ma che pensiamo si riferiscano alla fine delle vacanze estiva degli ufficiali della Marina.
Tuttavia, abbiamo potuto visitare l'immobile controverso con le centinaia di fedeli, il 17 luglio 1994, giorno della Santa-Marina, per fare un pellegrinaggio alla chiesa che porta questo nome.
(...)
Tenuto conto di tutto ciò che precede e per completare gli elementi di cui disponiamo già per l'instaurazione precisa ed obiettivo della nostra perizia,
Vi preghiamo di prendere le misure necessarie affinché ci giungano al più tardi il 5 settembre 1994 i seguenti elementi:
(...)
11. Il 25 agosto 1994, la Corte si è riunita per esaminare - alla luce delle osservazioni delle parti della controversia e dei periti - lo svolgimento del procedimento e di decidere del seguito da dare a questa. Il 29 agosto, il cancelliere ha comunicato loro una lettera il cui il passaggio pertinente si leggeva così:
"La Corte ha constatato con dispiacere che il termine fissato per il deposito della perizia non è stato rispettato. Ha espresso sua viva preoccupazione in quanto alla reticenza del governo greco a collaborare efficacemente coi periti
Ha deciso che:
1. gli oneri della perizia incomberanno sul governo greco; saranno determinati secondo la legislazione greca in vigore in materia, ma la Corte li valuterà secondo i criteri che si liberano dalla sua giurisprudenza;
2. il governo greco dovrebbe accordare immediatamente ai periti la sua assistenza affinché questi possano disporre di tutti gli elementi necessari all'elaborazione della perizia. Questa dovrà ricadere sul valore dei terreni controversi alla data di essi [occupazione] da parte della marina nazionale, nel 1967, ed al momento, nel 1994, questo valore non potendo includere il danno eventuale subito dai richiedenti a causa della perdita dell'uso della loro proprietà durante il periodo 1967-1994;
3. il termine per il deposito della perizia scadrà il 31 ottobre 1994".
12. Il 14 novembre 1994, alla domanda dei periti, il presidente ha consentito a prolungare di nuovo il termine per il deposito del loro rapporto, fino al 15 dicembre 1994.
13. I periti hanno depositato il loro rapporto il 19 dicembre 1994 e le loro domande relative ai loro oneri e parcelle il 20 gennaio 1995.
14. Il 15 febbraio 1995, il Governo ha pregato la Corte di tenere un'udienza: contestava la validità della perizia nella sua interezza a causa della non-partecipazione di uno dei tre periti, il Sig. L., alla sua redazione e per il fatto che i periti avrebbero superato il loro incarico prendendo in considerazione degli elementi che non erano stati chiesti dalla Corte.
La Corte ha invitato allora il Sig. L. - che non aveva rinunciato mai all'incarico che gli aveva affidato - a confermare per iscritto che sottoscriveva le constatazioni dei suoi colleghi; non ha ricevuto però nessuna risposta da parte sua.
15. Governo e richiesti hanno presentato le loro osservazioni sulla perizia il 17 e 21 febbraio 1995; il 3 gennaio 1995, il cancelliere aveva ricevuto già dai consiglieri tecnici del Governo (paragrafo 7 sopra) un rapporto che contiene la loro propria valutazione dei terreni controversi.
Il delegato della Commissione non ha formulato osservazioni scritte.
16. Il 22 marzo 1995, la Corte ha accolto la domanda del Governo di tenere un'udienza.
Così come aveva deciso il presidente, questa si è svolta in pubblico il 22 giugno 1995, al vecchio Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo. La Corte aveva tenuto prima una riunione preparatoria.
Sono comparsi:
- per il Governo
Il Sig. V. Kondolaimos, assessore,
delegato presso del Consulente legale dello stato, agente,
La Sig.ra Sig. Basdeki, revisore,
al Consulente legale dello stato,
Il Sig. V. Roukhotas, ingegnere civile,
vicedirettore alla direzione dei lavori allo Stato Maggiore della marina nazionale, consiglieri,;
- per la Commissione
Il Sig. L. Loucaides, delegato,;
- per i richiedenti
Sig. I. S., avvocato e prefetto eletto
del dipartimento di Béotie,
Sig. G. V., avvocato, consigliere.
La Corte li ha sentitii nelle loro dichiarazioni, così come nelle loro risposte alle sue domandei. Il delegato dell'agente ha prodotto certi documenti in occasione dell'udienza.
IN DIRITTO
17. Ai termini dell'articolo 50 (art. 50) della Convenzione,
"Se la decisione della Corte dichiara che una decisione preso o una misura ordinata da un'autorità giudiziale o tutta altra autorità di una Parte Contraente si trovano interamente o parzialmente in opposizione con gli obblighi che derivano del Convenzione, e se il diritto interno di suddetta Parte permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze di questa decisione o di questa misura, la decisione della Corte accorda, se c'è luogo, alla parte lesa una soddisfazione equa".
I. VALIDITA’ DELLA PERIZIA
18. In primo luogo, il Governo contesta la validità della perizia al motivo che soli due dei tre periti inizialmente nominati l'hanno realizzata: la non-partecipazione del Sig. L., presidente della Camera tecnica della Grecia, all'elaborazione del rapporto di perizia - senza informarne ufficialmente né la Corte né il Governo il quale contava sull'esperienza ed il giudizio di questo - renderebbe suddetto rapporto nullo, arbitrario e "scandalosamente favorevole" agli interessi dei richiedenti. Invita la Corte a non prenderlo in considerazione ed ad ordinare una nuova stima per stabilire questa volta con tutti i periti.
19. I richiedenti sottolineano che in esecuzione del dispositivo della sentenza della Corte del 24 giugno 1993, le parti della controversia erano all'epoca convenute per scegliere tre periti: uno per designare con la Camera tecnica della Grecia, glia altri due col Corpo degli estimatori giurati. Il primo, il Sig. L., ha la qualità di consigliare tecnico del Governo; Sigg.. V. e K., essi, sono dei funzionari non rimunerati dallo stato. Presente all'epoca delle prime tappe della perizia, il Sig. L. non ha partecipato in seguito alle visite sui luoghi, anche se avvertito in tempo ogni volta, e non è comparso per firmare il rapporto di perizia, come era stato invitato. Ora questi fatti si trovano registrati debitamente dai Sigg.. V. e K. nel loro rapporto, ciò che basta, secondo il codice di procedimento civile (articolo 383 paragrafo 3) ed il diritto internazionale privato greco, a rendere la perizia valida.
20. La Corte ricorda che con la sua sentenza del 24 giugno 1993, invitava il Governo ed i richiedenti a comunicarle i nomi e requisiti di periti scelti di comune accordo per valutare i terreni controversi, ma senza precisarne il numero. Ha preso atto nel settembre 1993 della designazione dei tre periti di cui si tratta. Con una lettera del cancelliere del 9 febbraio 1994, ha attirato l'attenzione di questi sul fatto che il termine accordato alle parti della controversia per giungere ad un consenso amichevole scadeva il 24 aprile 1994 e li ha invitati a cominciare il loro lavoro fin da questa data o anche più presto col consenso degli interessati (paragrafo 6 sopra). Non fu informata dei fatti di cui si lamentano il Governo che col rapporto di perizia depositata il 19 dicembre 1994, con una lettera dell'agente del Governo del 12 febbraio 1995 e con le osservazioni di questo sulla perizia giunte alla cancelleria il 17 febbraio 1995.
Ora risulta da suddetto rapporto che dopo il 17 ottobre 1994 Sig. L. non partecipò a nessuna altra visita sui luoghi né alla redazione del rapporto – benché fosse convocato dieci giorni in anticipo -, e non si presentò neanche per controfirmare questo ultimo il 15 dicembre 1994. La Corte nota per di più che M. L. che non aveva rinunciato mai al suo incarico, non rispose alla lettera della Corte con la quale questa gli chiedeva se avrebbe sottoscritto le constatazioni dei suoi colleghi (paragrafo 14 sopra). In quanto al Governo secondo il quale il concorso del Sig. L. gli sarebbe stato prezioso, non protestò prima della redazione del rapporto contro la cessazione di ogni attività di questo ultimo. In queste condizioni, la Corte stima che il Governo non può avvalersi della non-partecipazione inspiegata del terzo perito per contestare la validità della perizia.
21. In secondo luogo, il Governo adduce che i periti hanno superato il loro incarico valutando gli edifici ed altre installazioni che si trovano sui terreni controversi; sottolinea che questi sarebbero spettato alle assicurazioni che avrebbero concesso ai richiedenti di rimunerarli loro stesse nel caso in cui la Corte avesse negato di tenere conto di questi edifici ed installazioni.
22. I richiedenti trovano normali che la perizia includa anche le costruzioni; la Corte sarebbe così più in grado di deliberare sul valore reale dei terreni controversi e disporrebbe di una base più affidabile per la determinazione del danno subito dagli interessati.
23. La Corte ricorda che rivolgendosi il 9 febbraio 1994 ai periti, precisava loro che la perizia doveva ricadere tanto sul valore dei terreni controversi alla data della loro occupazione da parte della marina nazionale, nel 1967, che nel 1994. Constata a questo riguardo che il rapporto di perizia contiene tutti gli elementi necessari che gli permettono di deliberare sull'applicazione dell'articolo 50 (art. 50) nello specifico. La questione di sapere se il valore delle costruzioni deve o no essere presa in considerazione rileva dalla valutazione del danno materiale subito dai richiedenti, ed il suo calcolo da parte dei periti non colpisce per niente la validità del loro rapporto.
24. In conclusione, la Corte tiene per valido il rapporto dei periti e lo prende in considerazione per rendere la sua decisione.
II. DANNO
A. Danno materiale
1. Riassunto della perizia e delle conclusioni dei periti
25. Lungo sessantacinque pagine e comprendente parecchi allegati, il rapporto di perizia contiene una stima del valore dei terreni controversi nel 1967 e nel 1994, così come di quella degli edifici ed altre installazioni costruite dalla marina nazionale dal 1967. I periti giustificano al primo colpo la loro scelta di tenere conto di questi ultimi per l'influenza determinante che avrebbero queste costruzioni sul plusvalore dei terreni e per il fatto che la decisione della Corte in quanto al merito della causa potrebbe provocare un indennizzo che li include.
26. Secondo i periti, la regione nella quale si trova i terreni controversi non era messa in valore nel 1967; le diverse proprietà che esistevano all'epoca - degli sfruttamenti agricoli o dei campi incolti - non erano affatto ristrette. Nel 1994, suddetti terreni, i terreni adiacenti a questi ed i boschi limitrofi sono messi interamente in valore dalla costruzione degli edifici e la piantagione di alberi e di arbusti. Tuttavia, l'interezza della superficie occupata dalla marina nazionale dimora all'infuori del piano di urbanistica. La superficie controversa si costituisce di sette lottizzazioni edificabili. Ogni progetto di costruzione resta sottoposto all'approvazione dell'Ispezione delle foreste, ciò che costituisce la sola limitazione dopo la rimozione, il 3 marzo 1994, di queste dovuta alla qualifica di sito archeologico. La morfologia e la situazione dei terreni ma anche la bellezza della regione fa di essi il luogo ideale per l'insediamento di un complesso alberghiero; si tratta di una delle rare regioni calme e vergini di Attica e che ha un valore commerciale eccezionale in ragione della mancanza reale di regioni similari. Ora queste considerazioni sono state determinanti per la valutazione dei terreni controversi. Sembrerebbe infine che tutta la regione è stata classificata come piazzaforte navale, ma i periti affermano che lo stato greco non ha comunicato loro nessuno documento ufficiale di natura tale da supportare questa affermazione.
Per redigere il loro rapporto, i periti si sono basati su dei documenti forniti dai servizi fiscali concernenti gli appezzamenti di terre agricole o altri analoghi ai terreni controversi, su degli elementi portati dal Governo ed ida richiedenti, così come su delle informazioni che provengono dal mercato immobiliare. Hanno tenuto inoltre conto dell'evoluzione del tasso dell'inflazione e del rialzo dei prezzi dell'immobiliare nella regione.
La stima ricade su una superficie di 104 018 m2 come riconosciuta anche dalla decisione no 17/1983 della seconda commissione di espropriazione di Atene, del 19 settembre 1983. Si aggiunge quella della zona litorale di 7 180 m2 che sarebbe fissata da un decreto del 10 dicembre 1965 e dipenderebbe da campo pubblico; i periti lo valutano tuttavia come superficie privata che può essere oggetto di una transazione, ma precisando che il suo regime di proprietà dovrà essere determinato dai tribunali competenti.
27. Dopo un esame approfondito degli elementi in loro possesso, i periti giungono alle seguente conclusioni:
Valore dei terreni
Nel 1967: 104 018 m2: 27 500 000 dracme 7 180 m2: 2 300 000 dracme
Nel 1994: a) senza plusvalore 104 018 m2: 3 500 000 000 dracme 7 180 m2: 300 000 000 dracme
b) con plusvalore 104 018 m2: 4 200 000 000 dracme 7 180 m2: 360 000 000 dracme
Valore dei terreni e degli edifici
Nel 1994
a) valore totale dei terreni senza plusvalore (3 800 000 000 dracme) + costo degli edifici (1 351 000 000 dracme): 5 151 000 000 dracme
b) valore totale dei terreni con plusvalore (4 560 000 000 dracme) + costo e valore degli edifici (1 713 490 000 dracme): 6 273 490 000 dracme
2. Tesi rispettive delle parti a confronto
a) Governo
28. Il Governo contesta anche sia la pertinenza degli elementi sui quali si sono basati i periti che gli importi ai quali hanno concluso.
In primo luogo, adduce che i periti hanno preso in considerazione, ai fini della loro valutazione, altri terreni diversi da quelli in controversia, così come la zona litorale di 7 180 m2 che dipenderebbe dal campo pubblico. Più particolarmente, sottolinea che all'epoca della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, il 10 dicembre 1965, del decreto che definisce le linee base del mare, i richiedenti non sollevarono nessuna obiezione; dunque sarebbe loro precluso invocare oggi un diritto di proprietà su questa zona.
In secondo luogo, il Governo rimprovera ai periti di avere considerato come elemento di paragone dei terreni che non presenterebbero nessuna analogia coi terreni controversi; ora questi si troverebbero in una regione rocciosa, dirupata, paludosa ed inaccessibile che si presta così alla creazione di una base navale. Questo stato della regione non sarebbe stato modificato per niente dall'installazione della base nel 1968 e le sole attività economiche consistono nello sfruttamento delle cave ed una cultura agricola sporadica.
In quanto alla rimozione della qualifica di sito archeologico, avrebbe avuto luogo solamente nel 1994 e solamente per la superficie vincolata dal muro di cinta della base navale; il restante della superficie si troverebbe ancora sottomesso alle limitazioni afferenti a questa qualifica. Comunque sia, delle limitazioni alla costruzione esisterebbero per tutta la regione attigua in virtù della legislazione del 1936 relativa ai posti fortificati.
29. Il Governo effettua come segue la sua propria stima dei terreni controversi:
Valore dei terreni
Nel 1967: 104 018 m2: 520 000 dracme Nel 1994: 104 018 m2: 312 000 000 dracme
Costo degli edifici
All'epoca della loro costruzione: 82 900 000 dracme Attualmente: 1 525 500 000 dracme
b) Richiedenti
30. I richiedenti denunciano al primo colpo l'atteggiamento del Governo dalla decisione della sentenza della Corte del 24 giugno 1993: questo avrebbe negato non solo di regolare la causa amichevolmente, come desiderava la Corte, ma avrebbe tentato in seguito di ritardare la realizzazione della perizia e di rendere difficile la ricerca dei periti.
31. Nelle loro osservazioni sulla perizia, i richiedenti sottolineano la bellezza unica e la situazione geografica ideale della regione nella quale si trovano le loro proprietà che giustificherebbero la volontà della marina nazionale di trasformarli in luogo di villeggiatura per gli ufficiali e le loro famiglie. La qualifica di sito archeologico tradurrebbe la preoccupazione della marina di proteggere questo luogo dagli interventi della giustizia in favore dei richiedenti e da minacce di costruzione vicino a questo; avrebbe mirato inoltre a sminuire il valore dei terreni degli interessati prima della loro stima - per conto dello stato – tramite una commissione di funzionari (paragrafo 16 della sentenza al principale). In più, il tempio di Nemesi che sarebbe servito come pretesto a simile qualifica sarebbe stato situato ad una distanza di cinque chilometri e non sarebbe esistito più oggi. In quanto all'affermazione secondo la quale si tratterebbe di una fortezza navale, le fotografie aeree prodotte alla pratica la smentirebbero facilmente.
Per ciò che riguarda il rapporto di perizia stesso, i richiedenti gli rimproverano di basarsi su degli elementi di paragone che non converrebbero nello specifico e di ignorare quelli stabiliti dalla commissione di funzionari che sarebbe più favorevole agli interessati. In compenso, affermano che i periti hanno a buono diritto valutato la zona litorale di 7 180 m2, perché la seconda commissione di espropriazione di Atene avrebbe riconosciuto nel 1983 il loro diritto di proprietà su questa zona. Effettuando il loro proprio calcolo, avanzano che il valore reale delle loro proprietà ammonta a 14 455 740 000 dracme.
I richiedenti rivendicano anche un diritto di proprietà sugli edifici costruiti dalla marina nazionale sui loro terreni. Pretendono che secondo la legislazione greca (articoli 3 e 13 del decreto no 797/1971) e la giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenza no 1795/1988) l'espropriazione costretta di un immobile, come nello specifico, provoca di ufficio quella dei suoi elementi costitutivi. Affinché un indennizzo sia allora completo, dovrebbe comprendere il valore si suddetti edifici che raggiungerebbe - secondo il rapporto dei periti - 1 714 000 000 dracme.
Infine, gli interessati richiedono un indennizzo per la perdita dell'uso delle loro proprietà per più di ventisette anni. A questo titolo, sollecitano una percentuale annua del 6% sul valore reale dei loro beni, o 26 680 071 000 dracme. Ricordano che l'ufficio ellenico di turismo aveva accordato al Sig. K., uno dei richiedenti, un permesso di costruire (no 20031/4212) del 25 maggio 1963, un complesso alberghiero e la società americana John T. R. e Associati aveva elaborato un progetto a questo fine.
32. In breve, i richiedenti chiedono:
- a titolo principale, la restituzione dei loro terreni e la concessione di un'indennità per perdita di uso, di un importo di 26 680 071 000 dracme,;
- a titolo sussidiario, il pagamento del valore dei terreni e degli edifici (16 169 740 000 dracme) e la concessione di un'indennità per perdita di uso (26 680 071 000 dracme) ossia 42 849 811 000 dracme;
- degli interessi moratori sulla somma da concedere, calcolati secondo la legislazione greca, a contare dalla data della decisione della sentenza della Corte fino al pagamento.
c) Commissione,
33. Menzionando la giurisprudenza arbitrale e giudiziale internazionale in materia di espropriazione, il delegato della Commissione stima che la soddisfazione equa nello specifico deve consistere in un risarcimento all'altezza del pieno valore reale dei terreni controversi. Fonda questa dichiarazione sul fatto che i titoli di proprietà dei richiedenti non sono mai stati trasferiti allo stato e che in dispetto dei loro sforzi gli interessati non sono riusciti a ricuperare il godimento delle loro proprietà o ad acquistarne un'altro come lo stato aveva promesso loro.
Sarebbe grazie alla sentenza della Corte del 24 giugno 1993 che la situazione giuridica delle loro proprietà sarebbe stata definita infine e stabilita, e sarebbe dunque a questa data che sarebbe nato un obbligo di restitutio in integrum a titolo dell'articolo 50 (art. 50). Tuttavia, siccome lo stato non ha accordato loro da suddetta sentenza nessuno risarcimento in natura, egli decide di versarle oro il suo equivalente monetario aumentato solamente del plusvalore creato dall'esistenza adesso degli edifici; questo metodo si giustificherebbe con le circostanze private della causa, in particolare il carattere illecito di un'espropriazione che perdura. Trattandosi della determinazione dell'importo dell'indennità, il delegato invita la Corte a non scostarsi dalle conclusioni dei periti.
3. Decisione della Corte
34. La Corte ricorda che con l'articolo 53 (art. 53) della Convenzione le Alte Parti contraenti si sono impegnate a conformarsi alle decisioni della Corte nelle controversie nelle quali sono parti; in più, l'articolo 54 (art. 54) contempla che la sentenza della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l'esecuzione. Segue che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l'obbligo giuridico allo sguardo della Convenzione di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa.
Gli Stati contraenti parti in una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l'obbligo primordiale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e libertà garantite (articolo 1) (art. 1). Se la natura della violazione permette in integrum una restitutio, incombe sullo stato convenuto di realizzarla,non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. Se il diritto nazionale non permette, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione (l'articolo 50)( art. 50) abilita la Corte ad accordare, se c'è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata.
35. Nella sua sentenza al principale, la Corte ha giudicato che "la perdita di ogni disponibilità dei terreni in causa, combinata col fallimento dei tentativi condotti fino qui per ovviare alla situazione incriminata, aveva generato delle conseguenze abbastanza gravi tali che gli interessati hanno subito un'espropriazione di fatto incompatibile col loro diritto al rispetto dei loro beni" (p. 70, paragrafo 45).
36. L'atto del governo greco che la Corte ha stimato contrario alla Convenzione non è un'espropriazione alla quale sarebbe mancato, per essere legittima, solo il pagamento di un'indennità equa; si tratta di una confisca dello stato di terreni che appartengono agli individui che si prolunga da ventotto anni, le autorità non hanno preso in considerazione le decisioni dei tribunali nazionali e non hanno tenuto fede alle loro proprie promesse nei confronti dei richiedenti per ovviare all'ingiustizia commessa nel 1967 dal regime dittatoriale.
Ora il carattere illecito di simile spodestamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adoperare per determinare il risarcimento dovuto dallo stato convenuto, non potendo essere assimilate le conseguenze finanziarie di un'espropriazione lecita a quelle di un spodestamento illecito. A questo riguardo, la giurisprudenza internazionale, giudiziale o arbitrale, fornisce alla Corte una sorgente di ispirazione molto apprezzabile; sebbene riguarda più specialmente l'espropriazione di imprese industriali e commerciali, i principi che emana in questo campo restano validi per le situazioni come quella nello specifico.
In particolare, con la sua sentenza del 13 settembre 1928 nella causa relativa alla fabbrica di Chorzów, la Corte permanente di giustizia internazionale ha giudicato:
"(...) il risarcimento deve, per quanto possibile, cancellare tutte le conseguenze dell'atto illecito e ristabilire lo stato che sarebbe esistito verosimilmente se suddetti atti non fossero stati commessi. Restituzione in natura, o, se non è possibile, pagamento di una somma che corrisponde al valore che avrebbe la restituzione in natura; sussidio, se c'è luogo, di danno-interessi per le perdite subite e che non sarebbero coperte dalla restituzione in natura o il pagamento che ne prende il posto; tali sono i principi dai quali devono ispirarsi la determinazione dell'importo dell'indennità dovuta a causa di un fatto contrario al diritto internazionale." (Raccolta delle sentenze, serie A no 17, p. 47)
37. Nello specifico, l'indennità da accordare ai richiedenti non si limita al valore che avevano le loro proprietà alla data della loro occupazione da parte marina nazionale. Nella sua sentenza al principale, la Corte si è basata, per qualificare l'ingerenza incriminata, sulla durata dell'occupazione e sull'incapacità delle autorità nel corso degli anni di assegnare agli interessati i terreni promessi in cambio. Per questa ragione, ha invitato i periti a stimare anche il valore reale dei terreni controversi; questo valore non dipende da condizioni ipotetiche, il che sarebbe il caso se si trovassero oggi nello stesso stato che nel 1967. Risulta chiaramente dal rapporto di perizia che, da allora, suddetti terreni ed il loro vicinato immediato - che disponevano per la loro situazione di un potenziale di sviluppo turistico - sono stati messi in valore dalla costruzione degli edifici che servono come centro per il tempo libero degli ufficiali della marina nazionale e dai lavori di infrastrutture a questo fine. La Corte non perde neanche di vista che gli interessati avevano all'epoca un progetto di sfruttamento economico delle loro proprietà che avevano ricevuto un inizio di realizzazione (paragrafo 31 sopra).
38. Perciò, la Corte stima che la restituzione dei terreni controversi, di una superficie di 104 018 m2 - e come definiti nel 1983 dalla seconda commissione di espropriazione di Atene -, porrebbe i richiedenti, il più possibile, in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se non ci fosse stata trasgressione alle esigenze dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1); l'attribuzione degli edifici esistenti li indennizzerebbe allora integralmente delle conseguenze della perdita di godimento addotto. In quanto alla zona di 7 180 m2 rivendicati, la Corte rileva che, pure avendola valutata e considerandola come superficie privata, i periti sottolineano che certe parti di questa zona si trovano incluse nel litorale come fissato dal decreto no 221 del 10 dicembre 1965, e che apparterrebbe all'occorrenza ai tribunali competenti di pronunciarsi sul regime di proprietà di queste. In queste condizioni, la Corte non stima dovere prenderla in considerazione.
Il Governo si avvaleva certo, già nel 1980 (paragrafo 14 della sentenza al principale) dei motivi di difesa nazionale che impedirebbero la restituzione,: anche se la base navale servirebbe in tempo di pace come un centro di vacanze per gli ufficiali e le loro famiglie, si presterebbe ad integrarsi nel dispositivo militare del paese in tempo di guerra.
39. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro sei mesi a contare dalla decisione della presente sentenza, la Corte decide che questo dovrà versare agli interessati, per danno e perdita di godimento da quando le autorità hanno preso possesso di questi terreni nel 1967, il valore reale dei loro terreni aumentati del plusvalore portato dall'esistenza degli edifici, così come del costo di costruzione di questi ultimi. In quanto alla determinazione dell'importo di questa indennità, ed avuto riguardo dell'importanza dello scarto che separa i metodi di calcolo impiegati a questo fine dalle parti della controversia, la Corte interina le conclusioni del rapporto di perizia per la valutazione esatta del danno subito. Suddetto importo ammonterebbe dunque a 4 200 000 000 dracme per i terreni e 1 351 000 000 dracme per gli edifici, aumentato del 6% di interessi a contare dalla scadenza del termine dei sei suddetti mesi e fino al versamento effettivo.
40. Più specialmente, concernente gli edifici, la Corte non può accogliere il mezzo sollevato dal Governo per il quale la concessione di un'indennità a questo titolo dipenda esclusivamente dalla competenza delle giurisdizioni nazionali perché necessita prima di tutto un'interpretazione del diritto nazionale ed una delucidazione completa delle circostanze dello specifico; i richiedenti disporrebbero nell'ordine giuridico interno dei mezzi di ricorso efficaci per soddisfare le loro esigenze eccessive. La Corte stima, da una parte, che gli edifici formano una componente della restitutio in integrum (paragrafo 38 sopra). Ricorda, d’altro parte, che ha riconosciuto gli interessati come vittime di una violazione del Protocollo no 1 (P1): obbligarli ad esaurire le vie di ricorso interne per potere ottenere dalla Corte una soddisfazione equa, allungherebbe il procedimento istituito dalla Convenzione in modo poco compatibile con l'idea di una protezione efficace dei diritti dell'uomo (sentenze Di Wilde, Ooms e Versyp c. Belgio del 10 marzo 1972, serie A no 14, pp. 8-9, paragrafo 16, e Barberà, Messegué e Jabardo c. Spagna del 13 giugno 1994, serie A no 285-C, p. 57, paragrafo 17).
B. Danno morale
41. I richiedenti sollecitano anche 6 miliardi di dracme per il danno morale che avrebbero subito a causa della "sofferenza inaudita" e della "presa in giro inammissibile" di cui sono state vittime durante i tre decenni durante i quali è durata la loro controversia con lo stato.
42. Il Governo trova questo importo "completamente assurdo" perché supererebbe quasi di due volte il valore dei terreni stabilito dai periti. Il danno morale addotto dagli interessati sarebbe esclusivamente imputabile al loro comportamento perché avrebbero rinunciato a tutti i ricorsi che avevano impegnato dinnanzi ai tribunali nazionali mentre questi ricorsi non erano privati di ogni fortuna di successo.
43. La Corte considera che la violazione della Convenzione ha portato ai richiedenti un torto morale certo: risulta a fronte dal sentimento di impotenza e di frustrazione, da un lato, al rifiuto della marina nazionale e dei governi successivi di conformarsi alle decisioni delle autorità giudiziali ed amministrative greche (paragrafi 7-12 della sentenza al principale) e, dell'altro, al fallimento del tentativo di recupero in scambio di terreni di uguale valore (paragrafi 14-22 e 26-27 della sentenza al principale).
La Corte assegna a ciascuno dei richiedenti 450 000 dracme di questo capo, o 6 300 000 dracme al totale.
III. ONERI E SPESE
44. I richiedenti sollecitano il rimborso di oneri e spese, in particolare per parcella ed oneri di avvocato e per onere di giustizia, di un importo globale di 3 066 080 830 dracme, che si ripartisce così:
a) oneri esposti in Grecia in quattro serie di procedimenti differenti: 1 780 586 530 dracme;
b) oneri afferenti ai procedimenti seguiti a Strasburgo, ivi compreso quello relativa all'applicazione dell'articolo 50 (art. 50): 1 285 494 300 dracme.
45. Il Governo rinvia alle osservazioni scritte del suo agente su questo punto, depositate prima dell'udienza al principale, così come alla sua arringa durante questa: all'epoca, qualificava ipotetici gli oneri e spese di cui gli interessati esigevano il rimborso ed invitava la Corte a considerare solamente quelli che sarebbero stati interamente provati.
46. Dalla sua parte, il delegato della Commissione non si pronuncia a questo argomento.
47. La Corte nota che gli interessati hanno calcolato la somma in materia secondo le suddette tabelle nazionali, in particolare il decreto-legge no 3026/1954 che riporta il codice degli avvocati, ed in proporzione alle loro rivendicazioni per danno materiale. Inoltre, non forniscono documenti giustificativi di natura tale da provare il tasso della parcella ed altri oneri che hanno dovuto pagare.
È di giurisprudenza costante che le norme della pratica interna non si impongono alla Corte nel campo considerato (vedere, tra molti altri, la sentenza Abdulaziz, Cabale e Balkandali c. Regno Unito del 28 maggio 1985, serie A no 94, p. 45, paragrafo 99).
La Corte non può dunque accogliere la totalità delle pretese dei richiedenti che raggiungono insindacabilmente un importo molto elevato. Tenuto conto però delle circostanze della causa, della pluralità e della lunghezza dei procedimenti nazionali, giudiziali ed amministrativi, della partecipazione dei consiglieri ai negoziati in vista di un ordinamento amichevole, così come della complessità privata della questione dell'applicazione dell'articolo 50 (art. 50) la Corte stima ragionevole di accordarle oro 65 milioni di dracme, tassa sul valore aggiunto inclusa.
IV. ONERE DI PERIZIA
48. Per la loro parcella e gli oneri relativi alla realizzazione della perizia, i due periti firmatari del rapporto chiedono un importo globale di 79 600 000 dracme, in più tassa sul valore aggiunto del 18%. Il loro calcolo si basa sulla legislazione greca in materia e tiene conto del lavoro di stima stesso, del numero di ore consacrate, delle visite sui luoghi, dell'instaurazione dei piani e dell'interpretazione delle fotografie aeree. Precisano che il 73% di questo importo copre la valutazione dei terreni ed il restante quella degli edifici.
49. Il Governo adduce, in ordine principale, che la rimunerazione dei periti non gli spetta né in virtù dell'articolo 50 (art. 50) né in virtù di un'altra disposizione della Convenzione, perché non costituirebbe una spesa subita dai richiedenti e che richiede un eventuale rimborso; dovrebbe essere assunta al contrario dal Consiglio dell'Europa o dalla Corte stessa perché la perizia è stata ordinata da questa e compiuta per suo zelo.
In ordine sussidiario, e nel caso in cui la Corte non lo seguisse su questo punto, il Governo l'invita a rinviare la determinazione dell'importo di questa rimunerazione alle autorità o alle giurisdizioni greche competenti. Tuttavia, se la Corte decidesse di fissare lei stessa suddetto importo, bisognerebbe limitarlo solamente a due dei tre periti ed alla parte della stima concernente i terreni. Infine, il Governo prega la Corte di tenere a questo riguardo conto della legislazione greca come interpretata dalla Corte di cassazione in questo campo: una tale rimunerazione si fissa secondo il giudizio di un uomo ragionevole.
50. I richiedenti criticano l'atteggiamento del Governo; sottolineano che all'epoca della prima visita sui luoghi, il suo agente aveva annunciato ai periti che il Governo non si sarebbe ritenuto legato da una decisione della Corte che metteva la loro parcella a suo carico. In più, attirano l'attenzione della Corte sui numerosi ostacoli posti dal Governo nel compimento del compito dei periti.
51. In quanto al delegato della Commissione, sostiene che il concetto di "soddisfazione equa" è sufficientemente ampio per inglobare degli oneri di questo genere.
52. La Corte ricorda da prima che la concessione di indennità dipende dal potere discrezionale della Corte e che gli appartiene di giudicare se tale indennità è necessaria o appropriata, per lo meno per ciò che riguarda delle stazioni specifiche.
Conviene che la rimunerazione dei periti non costituisce delle spese nelle quali gli interessati sarebbero loro stessi incorsi nell'ordine giuridico interno per provare a prevenire o fare correggere una violazione o, in seguito, dinnanzi agli organi della Convenzione per farla constatare; si tratta però degli oneri legati alla realizzazione di una perizia che la Corte ha giudicato indispensabile per dare ai richiedenti la possibilità di ottenere la cancellazione della violazione rilevata dalla sentenza al principale. Chiedendo alle parti di scegliere di comune accordo dei periti, la Corte mirava ad evitare il carattere unilaterale della valutazione avanzata dai richiedenti nei rapporti che avevano depositato prima e dopo l'udienza al principale e che non aveva preso in considerazione la Corte.
53. Con due lettere del 9 febbraio 1994, e sulle istruzioni del presidente della camera, il cancelliere ha del resto informato i periti e l'agente del Governo che gli oneri e parcella relativa alla perizia sarebbero in definitiva pesate sullo stato convenuto e che la decisione formale sarebbe figurata nella sentenza della Corte (articolo 53 paragrafo 1 l, dell'ordinamento A) (paragrafo 6 sopra).
54. La Corte non dubita della realtà e della necessità delle operazioni che i due periti hanno compiuto per liberarsi per il meglio dal loro compito e che enumerano nelle loro domande relative ai loro oneri e parcella. Tuttavia, si trova nell'impossibilità di controllare, allo sguardo della legislazione e la giurisprudenza nazionale pertinente, il carattere ragionevole del tasso di questi che per certi versi gli sembra elevato.
Deliberando in equità, la Corte assegna a ciascuno dei due periti 18 milioni di dracme, o 36 milioni di dracme al totale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che il rapporto di perizia è valido;
2. Stabilisce che lo stato convenuto deve restituire ai richiedenti, nei sei mesi, i terreni controversi di una superficie di 104 018 m2, ivi compreso gli edifici che si trovano;
3. Stabilisce che, in mancanza di una tale restituzione, lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei sei mesi, 5 551 000 000, cinque miliardi cinque cento cinquantuno milioni, dracme per danno materiale, somma da aumentare di un interesse non capitalizzabile del 6% a contare dalla scadenza del termine di sei mesi (punto 2 del dispositivo) e fino al versamento;
4. Stabilisce che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi, 6 300 000, sei milioni tre centomila, dracme per danno morale;
5. Stabilisce che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi, 65 000 000, sessantacinque milioni, dracme per oneri e spese, tassa sul valore aggiunto inclusa;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus;
7. Stabilisce che lo stato convenuto deve versare ai due periti, Sigg.. K. e V., nei tre mesi, 36 000 000, trenta sei milioni, dracme per gli oneri e parcella afferenti alla redazione del loro rapporto, più tassa sul valore aggiunto.
Fatto in francese ed in inglese, comunicato poi per iscritto il 31 ottobre 1995 in applicazione dell'articolo 55 paragrafo 2, secondo capoverso, dell'ordinamento A.,
Rudolf BERNHARDT
Presidente
Herbert PETZOLD
Cancelliere
La causa porta il n° 18/1992/363/437. Le prime due cifre indicano il posto nell'anno di introduzione, le due ultime il posto sull'elenco dell’ immissione nel processo della Corte dall'origine e su quella delle richieste iniziali, alla Commissione, corrispondenti.
L'ordinamento A applicato a tutte le cause deferite alla Corte prima dell'entrata in vigore del Protocollo n° 9 (P9) e, dopo questo, alle sole cause concernenti gli Stati non legate da suddetto Protocollo (P9). Corrisponde all'ordinamento entrato in vigore il 1 gennaio 1983 ed emendato a più riprese da allora.
MALONE V. TÈ UNITED KINGDOM JUGDMENT
SENTENZA PAPAMICHALOPOULOS ED ALTRI C. Grecia (Articolo 50)
SENTENZA PAPAMICHALOPOULOS ED ALTRI C. Grecia (Articolo 50)