Conclusione Violazione di P1-1; Violazione dell'art. 6-1; non-violazione dell'art. 14; danno materiale - risarcimento pecuniario; Danno morale- risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese - procedimento della Convenzione
SECONDA SEZIONE
CAUSA P.M. c. ITALIA
( Richiesta n° 24650/94)
SENTENZA
STRASBURGO
11 gennaio 2001
DEFINITIVO
05/09/2001
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma prima dell'uscita della sua versione definitiva.
Nella causa P.M. c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
G. Bonello, la Sig.ra V. Strážnická,
Sigg. P. Lorenzen, il Sig. Fischbach, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska, il
Sig. E. Levits, giudici, e del Sig. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 dicembre 2000,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (n° 24650/94) diretta contro l'Italia e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra P.M. ("il richiedente"), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 17 giugno 1994 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato da prima dal suo agente, il Sig. L. Ferrari Bravo, poi dal suo agente Sig. U. Leanza ed il suo coagente, il Sig. V. Esposito. Il presidente della camera ha aderito alla richiesta di non-divulgazione di identità formulata dal richiedente, articolo 47 § 3 dell'ordinamento.
3. Il richiedente adduceva una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 della Convenzione a causa della sua impossibilità prolungata di ricuperare il suo appartamento in mancanza di concessione dell'assistenza della forza pubblica, una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della durata del procedimento di sfratto ed una violazione dell'articolo 14 della Convenzione in ragione della discriminazione tra proprietari ed inquilini, e tra proprietari i cui appartamenti sono o meno già affittati al momento dell'entrata in vigore della legislazione di emergenza in materia di esecuzione degli sfratti.
4. Il 16 gennaio 1995, la Commissione, Prima Camera, ha deciso di portare la richiesta alla cognizione del governo convenuto e di invitarlo a presentare le sue osservazioni sulla sua ammissibilità e la sua fondatezza. Il Governo ha presentato le sue osservazioni il 19 aprile 1995. Il richiedente ha risposto il 30 maggio 1995.
5. In seguito, la Commissione ha deciso di sospendere l'esame della richiesta in attesa che la Corte si pronunciasse nelle cause Scollo e Spadea e Scalabrino. Essendo state rese e le sentenze il 28 settembre 1995, le parti sono state invitate, il 12 marzo 1996, a presentare le loro osservazioni complementari, ciò che il Governo fece in data del 15 aprile 1996 ed il richiedente il 3 aprile 1996.
6. La Commissione ha dichiarato ammissibile in parte la richiesta il 27 novembre 1996.
7. Il 28 maggio 1997, la Commissione ha deciso di sospendere l'esame della causa aspettando di pronunciarsi nella causa Immobiliare Saffi c. Italia. Il 27 maggio 1998, la Commissione ha ripreso l'esame della causa e ha invitato le parti a presentare delle osservazioni complementari. Il Governo ha presentato le sue osservazioni il 19 giugno 1998.
8. La Commissione, in quanto non ha potuto finire l'esame della richiesta prima del 1 novembre 1999, l'ha deferita alla Corte a questa data, conformemente all'articolo 5 § 3, seconda frase, del Protocollo n° 11 alla Convenzione.
9. La richiesta è stata assegnata alla seconda sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell'ordinamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 § 1 della Convenzione, è stata costituita conformemente all'articolo 26 § 1 dell'ordinamento. In seguito all'astensione del Sig. B. Conforti, giudice eletto a titolo dell'Italia (articolo 28), il Governo ha rinunciato al suo diritto di designare un giudice ad hoc per riunirsi al suo posto, articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 2 dell'ordinamento.
10. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell'ordinamento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
11. Il richiedente era il proprietario di un appartamento ubicato a Venezia.
12. Nel 1964, conclude un contratto di locazione con S.G. L'affitto fu rinnovato tacitamente ogni anno fino all'entrata in vigore della legge n° 392 del 27 luglio 1978 che, in applicazione dell'articolo 58, prorogò l'affitto fino al 31 dicembre 1983.
13. Il 30 giugno 1982, il richiedente informò l'inquilino della sua volontà di non rinnovare l'affitto alla sua scadenza, o al 31 dicembre 1983, e gli chiese di liberare l'appartamento a questa data.
14. Con un atto notificato il 19 novembre 1982, il richiedente lo citò a comparire dinnanzi al giudice di istanza di Venezia.
15. Con un'ordinanza del 25 novembre 1982 che diventò esecutiva lo stesso giorno, questo ultimo confermò formalmente la disdetta dell'affitto e decise che i luoghi dovevano essere liberati al più tardi il 31 dicembre 1984.
16. Il 23 settembre 1987, il richiedente notificò all'inquilino il comando di liberare l'appartamento.
17. Il 10 novembre 1987, gli notificò l’avviso che lo sfratto sarebbe stato eseguito il 7 dicembre 1987 tramite ufficiale giudiziario di giustizia.
18. A questa data l'ufficiale giudiziario si scontrò però, contro il rifiuto dell'inquilino di lasciare l'appartamento. L'ufficiale giudiziario fissò la sua prossima visita al 18 dicembre 1987, ma a questa data l'inquilino negò di nuovo di lasciare l'appartamento. Mentre l'ufficiale giudiziario aveva fissato al 18 marzo 1988 la sua successiva visita, una legislazione di emergenza entrò in vigore l’ 8 febbraio 1988, instaurata per fare fronte all'eccezionale penuria di alloggi in certi comuni di cui Venezia. Il 18 marzo 1988, l'ufficiale giudiziario dichiarò la sospensione dell'esecuzione e restituì gli atti del procedimento di esecuzione al richiedente.
19. Il 15 settembre 1989, il richiedente notificò all'inquilino un nuovo comando di liberare l'appartamento.
20. Il 9 ottobre 1989, gli notificò l’avviso che lo sfratto sarebbe stato eseguito il 29 novembre 1989 tramite ufficiale giudiziario di giustizia.
21. A questa data, l'ufficiale giudiziario si scontrò contro il rifiuto dell'inquilino di lasciare l'appartamento. Questo stesso giorno, l'ufficiale giudiziario chiese alla prefettura di Venezia di concedere il concorso della forza pubblica e fissò la sua successiva visita al 23 marzo 1990.
22. Con una decisione del 21 marzo 1990, la prefettura di Venezia concedette il concorso della forza pubblica della quale il richiedente avrebbe potuto avvalersi nel periodo che andava dal 1 aprile 1991 al 1 giugno 1991.
23. Il 23 marzo 1990, l'ufficiale giudiziario si scontrò contro il rifiuto dell'inquilino di lasciare l'appartamento. Questo stesso giorno, l'ufficiale giudiziario fissò la sua successiva visita al 31 maggio 1990.
24. In questa ultima data, l'ufficiale giudiziario si scontrò contro il rifiuto dell'inquilino di lasciare l'appartamento e fissò la sua successiva visita al 1 aprile 1991.
25. Per ragioni che rimangono inspiegate, l'ufficiale giudiziario non andò a casa dell'inquilino il 1 aprile 1991.
26. Il 2 aprile 1991, l'ufficiale giudiziario rinviò la sua visita al 31 maggio 1991 e ne informò la forza pubblica affinché coopera.
27. Il 22 aprile 1991 entrò in vigore una legislazione di emergenza adottata per fare a fronte all'eccezionale penuria di alloggi in certi comuni di cui Venezia, che disponeva la sospensione dei procedimenti di esecuzione di sfratto degli inquilini fino nel 1994.
28. Il 31 maggio 1991, l'ufficiale giudiziario di giustizia dichiarò la sospensione del procedimento di esecuzione per lo sfratto dell'inquilino e restituì i documenti del procedimento al richiedente.
29. L'esecuzione degli sfratti nel comune di Venezia fu ulteriormente sospesa fino al 1997.
30. A seguito dell'entrata in vigore della legge n° 431 del 9 dicembre 1998 sulla regolamentazione dei contratti di affitto e della liberazione degli immobili ad uso di abitazione, il giudice di istanza di Venezia fissò la data dello sfratto al 27 ottobre 1999. L'inquilino chiese che la data dello sfratto fosse differita di diciotto mesi, ai termini dell'articolo 6 della legge n° 431/98.
31. Il 31 marzo 2000, l'inquilino liberò l'appartamento.
II. IL DIRITTO INTERNO
32. Il diritto interno pertinente è descritto nella sentenza Immobiliare Saffi c. Italia [GC], n° 22774/93, §§ 18-35, CEDU 1999-V.
IN DIRITTO
I. SULLA QUALITÀ DEL VEDOVO DEL RICHIEDENTE DI PROSEGUIRE LA RICHIESTA
33. Il richiedente è deceduto il 10 settembre 1999. Con una lettera del 10 gennaio 2000, il Sig. G. R., vedovo del richiedente, ha espresso la sua intenzione di proseguire la richiesta. Il Governo non si è opposto.
34. La Corte stima che il vedovo del richiedente abbia un interesse legittimo a fare constatare se il ritardo nello sfratto dell'inquilino ha infranto i diritti del richiedente al rispetto dei suoi beni, ad un tribunale ed a non subire discriminazione.
Di conseguenza, la Corte riconosce a Sig. R. il requisito per proseguire il presente procedimento.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1 A LA CONVENZIONE
35. Il richiedente si lamenta che l'impossibilità prolungata di ricuperare il suo appartamento, in mancanza di concessione dell'assistenza della forza pubblica, costituisce un attentato sproporzionato al suo diritto di proprietà, come riconosciuto dall'articolo 1 del Protocollo n° 1 della Convenzione che dispone:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. la regola applicabile
36. La Corte, appellandosi alla sua giurisprudenza, considera che l'interferenza messa in causa dal richiedente si analizza in una misura di regolamentazione dell'uso dei beni al senso dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (vedere la sentenza Immobiliare Saffi precitata, § 46,).
B. Il rispetto delle condizioni del secondo capoverso
1. Scopo dell'ingerenza
37. La Corte ha già detto che la legislazione controversa inseguiva un scopo legittimo conforme all'interesse generale, come vuole il secondo capoverso dell'articolo 1 (vedere la sentenza Immobiliare Saffi precitata, § 48,).
2. Proporzionalità dell'ingerenza
38. Il richiedente sottolinea che malgrado la decisione della prefettura di Venezia che gli concesse l'assistenza della forza pubblica nel 1991, lo sfratto non fu effettuato, e che questa decisione aveva perso ogni efficacia in seguito in ragione della legislazione successiva che sospendeva di nuovo le esecuzioni. Considera avere subito un ritardo eccessivo ed ingiustificato.
39. Il Governo sottolinea che il richiedente non si trovava in una situazione che legittimasse in precedenza la concessione dell'assistenza della forza pubblica come i richiedenti della causa Spadea e Scalabrino nella quale la Corte ha concluso alla non-violazione dell'articolo 1 del Protocollo n° 1. In più, il Governo sottolinea la specificità di una città come Venezia, dove si rivela molto difficile rialloggiare gli inquilini sfrattati. Il Governo conclude che l'ingerenza subita dal richiedente non era sproporzionata.
40. La Corte ricorda che una misura di ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra gli imperativi dell'interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell'articolo 1 tutto intero, dunque anche nel secondo capoverso: deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione sia per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell'interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l'obiettivo della legge in causa. In quanto a campi come quello dell'alloggio che occupa un posto centrale nelle politiche sociali ed economiche delle società moderne, la Corte rispetta a questo riguardo la valutazione portata dal legislatore nazionale, salvo nel caso fosse manifestamente priva di base ragionevole (vedere § 49 la sentenza Immobiliare Saffi, precitata).
41. La Corte considera che il sistema italiano di sospensione degli sfratti degli inquilini in vigore negli anni 80 poteva passare ragionevolmente per adatto a raggiungere lo scopo legittimo perseguito (vedere, mutatis mutandis,la sentenza Scollo c. Italia del 28 settembre 1995, Serie A n° 315-C, § 40). Ancora occorreva in particolare che un giusto equilibrio fosse predisposto tra gli interessi della comunità ed il diritto dei proprietari e del richiedente.
42. Ora, la Corte osserva che le autorità italiane, applicando la legislazione suddetta e tenendo conto del fatto che il richiedente non si trovava in un bisogno urgente di ricuperare il suo appartamento, gli avevano imposto un'attesa di circa sette anni e mezzo tra la data fissata dal giudice di istanza per lo sfratto, paragrafo 15 sopra, e la concessione dell'assistenza della forza pubblica, paragrafo 22 sopra. Il richiedente avrebbe dovuto, secondo la decisione della prefettura di Venezia, beneficiare di suddetta assistenza tra il 1 aprile ed i 31 maggio 1991. Tuttavia, non poté ricuperare il suo appartamento in ragione di un'omissione da parte dell'ufficiale giudiziario di giustizia che fu seguita dall'entrata in vigore di una nuova legislazione che sospendeva le esecuzioni.
43. A prescindere anche dalla mancanza di ogni giustificazione in quanto all'omissione dell'ufficiale giudiziario di giustizia di avvalersi del concorso della forza pubblica mentre questo era stato autorizzato dalla prefettura, la Corte non può considerare come giustificato il ritardo ulteriore di circa nove anni che il richiedente ha dovuto subire prima di ritornare in possesso del suo bene.
44. In conclusione, la Corte stima che la restrizione subita dal richiedente all'uso del suo appartamento a partire dal 22 aprile 1991 gli ha imposto un carico speciale ed eccessivo e ha rotto quindi l'equilibrio da predisporre tra la protezione del diritto dell'individuo al rispetto dei suoi beni e le esigenze dell'interesse generale.
Di conseguenza, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo n° 1.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
45. Il richiedente ha addotto anche una trasgressione all'articolo 6 § 1 della Convenzione la cui parte pertinente dispone:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
46. Il richiedente considera che l'ordinanza di sfratto che aveva ottenuto è stata svuotata di sostanza, poiché è restata prolungata per lunghi anni.
47. Il Governo si oppone a questa tesi.
48. La Corte ricorda che il diritto al tribunale garantito all'articolo 6 protegge anche il collocamento in opera delle decisioni giudiziali definitive ed obbligatorie che, in un Stato che rispetta la preminenza del diritto, non possono restare inoperanti a scapito di una parte. Di conseguenza, l'esecuzione di una decisione giudiziale non può essere ritardata in modo eccessivo, vedere la sentenza Immobiliare Saffi precitata, § 66.
49. Nello specifico, il richiedente aveva ottenuto in data del 25 novembre 1982 un'ordinanza esecutiva che fissava lo sfratto dell'inquilino al 31 dicembre 1984. Facendo eccezione per due brevi periodi che vanno dal 23 settembre 1987 all’ 8 febbraio 1988 e dal 15 settembre 1989 al 22 aprile 1991, l'esecuzione degli sfratti rimase sospesa ex lege fino alla fine del 1997. Il richiedente non poté ricuperare il suo appartamento che il 30 marzo 2000, e ciò non con l'aiuto della polizia, ma in seguito alla partenza spontanea dell'inquilino.
50. La Corte stima che simile ritardo nell'esecuzione di una decisione di giustizia definitiva abbia privato le disposizioni dell'articolo 6 § 1 della Convenzione di ogni effetto utile.
C'è stata dunque violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE
51. Il richiedente adduce avere subito anche da una parte una discriminazione ingiustificata in rapporto al suo inquilino e dall’ altra parte in rapporto ai proprietari i cui appartamenti non erano affittati al momento dell'entrata in vigore della legislazione di emergenza in materia di esecuzione degli sfratti.
52. L'articolo 14 della Convenzione si legge così:
"Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (…) Convenzione deve essere garantito, senza alcuna distinzione, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita o ogni altra situazione. "
53. La Corte ricorda da prima che, secondo la sua giurisprudenza, l'articolo 14 vieta di trattare in modo differente, salvo giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone collocate in situazioni comparabili in materia. Una lagnanza derivata da questo potrebbe essere valida dunque solo se, in particolare, la situazione della vittima pretesa si rivelasse comparabile a quella di persone trattate meglio (vedere la sentenza Spadea e Scalabrino c. Italia del 28 settembre 1995, Serie A n° 315-B, § 45).
54. In quanto al primo risvolto della lagnanza, la Corte osserva che il richiedente confronta la sua situazione a quella del suo inquilino. Alla vista delle differenze fondamentali che esistono tra un proprietario ed un inquilinio, la Corte stima che le loro situazioni non possono essere considerate come comparabili, così che non trova a questo riguardo nessuna discriminazione, Edoardo Palumbo c. Italia, n° 15919/89, § 52, non pubblicata.
55. In quanto al secondo risvolto della lagnanza, supponendo anche che si possa confrontare la situazione dei proprietari che hanno affittato i loro appartamenti a quella di coloro che non li hanno affittati, la Corte osserva che la legislazione di emergenza in materia di sospensione delle esecuzioni degli sfratti era dettata dalla necessità di fare fronte all’alto numero di affitti giunti a scadenza nel 1982 e 1983, così come dalla preoccupazione di permettere agli inquilini riguardati di rialloggiarsi in condizioni adeguate o di ottenere delle case popolari, sentenza Spadea e Scalabrino precitata, § 31. Non si potrebbe considerare quindi come privo di giustificazione obiettiva e ragionevole il fatto che suddetta legislazione abbia riguardato solamente gli affitti in corso.
56. La Corte conclude che non c'è stata violazione dell'articolo 14 della Convenzione.
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
57. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno materiale
58. Il richiedente richiede il risarcimento del danno materiale subito e la calcola nel seguente modo:
a) 97 500 000 ITL, o la somma mensile di 500 000 ITL per 195 mesi, corrispondenti alla differenza tra l’ affitto che percepiva e quello che ha potuto percepire a partire dal mese di aprile 2000, e ciò per il periodo che va del 1 gennaio 1984, data fissata dal giudice di istanza per lo sfratto fino alla liberazione dei luoghi il 31 marzo 2000;
b) 60 535 000 ITL per i lavori di rinnovo dell'appartamento dopo la sua liberazione;
c) 11 284 000 ITL per gli oneri del procedimento di esecuzione; ha prodotto unicamente una nota di parcella per la somma di 1 284 000 ITL.
59. Il Governo sostiene che gli importi sollecitati a titolo del danno materiale non presenterebbero nessuno legame di causalità con le violazioni addotte. In quanto alla mancanza a guadagnare in termini di affitto, contesta i criteri utilizzati per il calcolo dell'importo del danno. In particolare, fa valere che fino al dicembre 1999, il richiedente non avrebbe potuto chiedere un affitto superiore a quello che percepiva. In quanto ai lavori di rinnovo dell'appartamento, il Governo considera che il richiedente non ha fornito la prova dell'entità del danno. In quanto agli oneri del procedimento di esecuzione, il Governo fa valere da una parte che gli oneri del procedimento sul merito non sono in relazione con le violazioni addotte, e dall’ altra parte che il richiedente ha omesso di produrre i giustificativi necessari, eccetto la somma di 1 284 000 ITL che, solamente, dovrebbe essere accordatagli.
60. In quanto alla mancanza a guadagnare, la Corte considera che c'è luogo di assegnare un risarcimento a questo titolo; considera però che il criterio adoperato dal richiedente possa essere applicato solamente a partire dal momento in cui gli affitti sono stati liberalizzati, il 31 dicembre 1999, e fino alla data di liberazione dei luoghi, il 31 marzo 2000,: accorda di conseguenza la somma di 1 500 000 ITL a questo titolo. Per ciò che riguarda invece il periodo compreso tra il 22 aprile 1991 ed il 31 dicembre 1999, la Corte è del parere che, se è vero che il richiedente non avrebbe potuto concludere un affitto di abitazione aumentando l'affitto, avrebbe potuto concludere però altri tipi di affitto (vedere, mutatis mutandis, A.O. c. Italia, n° 22534/93, § 33). In mancanza di un criterio obiettivo, la Corte decide di assegnare la somma forfetaria di 25 000 000 ITL a questo titolo.
In quanto all'importo richiesto sotto b) la Corte stima che manca un legame di causalità tra i danni addotti e le violazioni constatate.
In quanto infine all'importo richiesto sotto c) la Corte stima che deve essere rimborsato in partire, sentenza Scollo c. Italia del 28 settembre 1995, Serie A n° 315-C, p. 56, § 50. La Corte ricorda a questo riguardo che ai termini dell'articolo 60 del suo ordinamento, il richiedente deve valutare e deve ripartire le sue pretese alle quali deve unire i giustificativi necessari, "in mancanza dei quali la camera può respingere la domanda completamente o in parte. Considera di conseguenza, come il Governo, che c'è luogo di accordare al richiedente l'intimo unicamente di 1 284 000 ITL.
In totalità, la Corte accorda l'importo di 27 784 000 ITL per danno materiale.
B. Danno morale
61. Il richiedente chiede la somma di 50 000 000 ITL per danno moraledi cui 30 000 000 ITL a titolo dell'impossibilità di ospitare sua nipote e dell'impossibilità per questa ultima di abitare a Venezia.
62. Il Governo considera che la constatazione di violazione costituirebbe in sé, all'occorrenza, una soddisfazione equa sufficiente. Contesta in particolare l'importo richiesto a titolo dell'impossibilità di ospitare la nipote del richiedente, dato che la lagnanza ivi afferente, sotto l'angolo dell'articolo 8 della Convenzione, è stato dichiarata inammissibile dalla Commissione.
63. La Corte stima che il richiedente abbia subito un torto morale certo; decide di conseguenza, deliberando in equità come vuole l'articolo 41 della Convenzione, di accordargli la somma di 20 000 000 ITL a questo titolo.
C. Oneri e spese
64. Il richiedente chiede infine il rimborso degli oneri e della parcella sostenuti dinnanzi alla Commissione e la Corte, che valuta a 3 000 000 ITL.
65. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
66. La Corte stima ragionevole assegnare al richiedente che non era rappresentato da un avvocato, la somma di 2 000 000 ITL a questo titolo.
D. Interessi moratori
67. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza è del 2,5% l'anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che il vedovo del richiedente ha requisito per proseguire il presente procedimento al suo posto;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo N° 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che non c'è stata violazione dell'articolo 14 della Convenzione;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 27 784 000 (ventisette milioni sette cento ottanta quattromila) di lire italiane per danno materiale;
ii. 20 000 000 (venti milioni) di lire italiane per danno morale;
iii. 2 000 000 (due milioni) di lire italiane per oneri e spese;
b) che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 2,5% l'anno a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 11 gennaio 2001 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Erik Fribergh Christos Rozakis
Cancelliere Presidente