SECONDA SEZIONE
CAUSA MORSELLI C. ITALIA
( Richiesta no 22697/04)
SENTENZA
STRASBURGO
17 luglio 2007
DEFINITIVO
17/10/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Morselli c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
La Sig.ra F. Tulkens, presidentessa, Sigg. A.B. Baka, I. Cabral Barreto, V. Zagrebelsky, il Sig.re A. Mularoni, D. Jo�ienė, il Sig. D. Popović, giudici,
e dalla Sig.ra S. Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 giugno 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 22697/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra I. M ("il richiedente"), ha investito la Corte il 18 maggio 2004 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da C. D. F. e G. N., avvocati a Parma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lattieri.
3. Il 13 ottobre 2005, la Corte ha deciso di comunicare il motivo di appello derivato dall'articolo 8 della Convenzione al Governo, in quanto al diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1938 e risiede a Modena.
A. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 10 marzo 1993, il tribunale di Modena ("il tribunale") dichiarò il fallimento personale del richiedente e fissò l'udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento al 12 novembre 1993.
6. Il 31 marzo 1993, il curatore depositò un rapporto.
7. Il 20 maggio 1993, fu redatto l'inventario dei beni del richiedente.
8. Tra il 9 aprile ed l’ 11 novembre 1993, furono depositate dinnanzi al tribunale sette richieste di ammissione al passivo del fallimento.
9. Il 12 novembre 1993, lo stato del passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo.
10. Il 27 luglio 1995, il curatore depositò un rapporto.
11. Il 12 settembre 1995, il giudice delegato autorizzò la vendita di certi beni facenti parte dell'attivo del fallimento.
12. Il 22 ottobre 2003, il curatore chiese al giudice delegato di chiudere il procedimento per ripartizione dell'attivo del fallimento.
13. Con una decisione del 24 ottobre 2003, il procedimento fu chiuso.
14. Il 6 novembre 2003, questa decisione fu affissa al tribunale.
B. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
15. L’ 8 aprile 2004, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Ancona conformemente alla legge Pinto.
16. Si lamentò, tra l’altro, delle incapacità derivanti dall'iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, della limitazione del suo diritto al voto, del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, della sua libertà di circolazione e del suo diritto al rispetto dei beni, in particolare in ragione della durata del procedimento.
17. Con una decisione depositata il 4 agosto 2004, la corte di appello accordò 4 000 euro al richiedente (EUR) per il risarcimento del danno morale che aveva subito in ragione della durata del procedimento, tenuto conto in particolare delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
18. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia,( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO ALLA DURATA DLL PROCEDIMENTO,
19. Invocando l'articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata del procedimento. Questo articolo, nella sua parte pertinente, è formulato così:
"1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
20. Il Governo stima che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne perché avrebbe dovuto ricorrere in cassazione conformemente alla legge Pinto.
21. Il richiedente mantiene il suo motivo di appello.
22. La Corte ricorda dai prima il cambiamento improvviso della giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di durata di procedimento secondo cui "la determinazione del danno non patrimoniale effettuata dalla corte di appello secondo l'articolo 2 della legge nº 89/2001, sebbene per natura fondata sull'equità , deve muoversi in un ambiente che viene definito dal diritto poiché deve riferirsi agli importi assegnati, in cause simili, dalla Corte di Strasburgo" (sentenze della Corte di cassazione numeri 1338, 1339, 1340 e 1341 del 2004).
23. La Corte osserva anche che, secondo la decisione Di Sante c. Italia (richiesta no 56079/00 (dec). del 24 giugno 2004) è a partire dal 26 luglio 2004 che questa giurisprudenza non può più essere ignorata dal pubblico e che si deve richiedere che i richiedenti utilizzino il ricorso previsto dalla legge Pinto ai fini dell'articolo 35 § 1 della Convenzione.
24. Nel caso di specifico, la Corte constata che la data del deposito della decisione della corte di appello di Ancona è posteriore al 26 luglio 2004. Considera dunque che il richiedente avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione per lamentarsi della durata del procedimento. Avendo omesso di farlo, questo motivo di appello deve essere dichiarato inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne secondo l'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 3 DELLA CONVENZIONE
25. Invocando l'articolo 6 § 3 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non avere avuto libero accesso alla pratica del suo fallimento. Così, non avrebbe potuto opporsi alle restrizioni derivanti dalla sua dichiarazione di fallimento."
26. La Corte stima che dovendo essere esaminato questo motivo di appello nella cornice del diritto ad un processo equo, come garantito dall'articolo 6 § 1, non è stato supportato e che dunque deve essere respinto per difetto manifesto di fondamento secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA E DELLA VITA FAMILIARE, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
27. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza e della vita familiare in ragione della durata del procedimento. Invocando l'articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l'ha privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l'articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli, nelle loro parti pertinenti, sono formulati così:
Articolo 8 della Convenzione
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
Articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione
"1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica,(…) alla protezione dei diritti e libertà altrui.
28. Il Governo stima che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne perché avrebbe dovuto ricorrere in cassazione conformemente alla legge Pinto.
29. Il richiedente mantiene il suo motivo di appello.
30. La Corte nota da prima che il richiedente ha omesso di supportare la parte di questo motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita familiare e ha deciso dunque di respingerlo per difetto manifesto di fondamento secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
31. In quanto al diritto al rispetto della corrispondenza, dei beni e della libertà di circolazione, la Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità derivanti dallo statuto di fallito.
32. La Corte ricorda avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere più ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che si deve richiedere che i richiedenti utilizzino questo ricorso ai fini dell'articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
33. Nel caso di specifico, la Corte constata che la data del deposito della decisione della corte di appello di Ancona è posteriore al 14 luglio 2003. Stima dunque che il richiedente avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione per lamentarsi del prolungamento delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento. Avendo omesso di farlo, questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
30. Invocando l'articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della limitazione dei suoi diritti elettorali in seguito al suo collocamento in fallimento. Questo articolo è formulato così:
"Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, in condizioni che garantiscono la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo."
35. La Corte nota che la perdita del diritto di voto seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, datando questo giudizio il 10 marzo 1993, il richiedente avrebbe dovuto introdurre il suo motivo di appello al più tardi il 10 settembre 1998, tenuto anche conto del termine di sei mesi previsti dall'articolo 35 § 1 della Convenzione. Essendo stata introdotta la richiesta il 18 maggio 2004, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
36. Il richiedente si lamenta del fatto che le incapacità personali derivanti dal collocamento in fallimento perdurano fino all'ottenimento della riabilitazione che può essere chiesta solo alla fine dei cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere analizzato sotto l'angolo dell'articolo 8 della Convenzione, precitato, in quanto al diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
A. Sull'ammissibilitÃ
37. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
38. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell'iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, c'è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
39. La Corte ha trattato già di cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era "necessaria in una società democratica" ai sensi dell'articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
40. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione
SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
41. Il richiedente si lamenta infine della violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 4 alla Convenzione in ragione del fatto che le incapacità derivanti dal collocamento in fallimento provocherebbero una situazione comparabile a quella della detenzione per debiti. Questo articolo è formulato così:
"Nessuno può essere privato della sua libertà per la sola ragione di non è in grado di evadere un obbligo contrattuale."
42. La Corte rileva che il richiedente non è stato oggetto di una privazione della libertà personale come la detenzione. Questo motivo di appello deve essere dunque respinto per difetto manifesto di fondamento secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
VII. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
43. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
44. Il richiedente si rimette per ciò alla saggezza della Corte in quanto al danno materiale e morale che stima di avere subito.
45. Il Governo stima che nessuno risarcimento dovrebbe essere assegnato al richiedente.
46. In mancanza di ogni elemento che precisa il danno materiale, la Corte respinge la richiesta. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo a tutte le circostanze della causa, la constatazione di violazione che figura nella presente sentenza fornisce di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
47. Il richiedente chiede anche 9 100 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alla Corte e dinnanzi alle giurisdizioni interne.
48. Il Governo si oppone a queste pretese.
49. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
50. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dell'articolo 8 della Convenzione, diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata, ed inammissibile per il surplus; Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall'articolo 8 della Convenzione, rispetto della sua vita privata, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
4. Stabilisce che la constatazione di violazione che figura nella presente sentenza fornisce di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 17 luglio 2007 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa