Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA MESSENI NEMAGNA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 9512/04)
SENTENZA
STRASBURGO
5 ottobre 2006
DEFINITIVO
05/01/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Messeni Nemagna ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e della Sig.ra F. Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 9512/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui sei cittadine di questo Stato, le Sig.re M. M. N. ("primo richiedente"), T. M. N. ("secondo richiedente"), C. M. N. ("terzo richiedente"), il Sig. M. N. ("quarto richiedente"), S. M. N. ("quinto richiedente") e N. M. ("sesto richiedente"), hanno investito la Corte il 3 marzo 2004 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. C. V. ed M. G., avvocati a Bari. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 25 ottobre 2005, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare la lagnanza derivata dall'articolo 1 del Protocollo no 1 al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. In seguito, la richiesta è stata trasferita alla terza sezione.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1925, 1928, 1952, 1956, 1957 e 1924 e risiedono rispettivamente a Genova, Bari, Camerino, Macerata, e Lecce.
6. I primi cinque richiedenti erano comproprietari con un terza persona ("la terza persona") di un terreno ubicato a Bari e registrato al catasto, foglio 27, appezzamenti 2 e 4. Il sesto richiedente era usufruttuario di una parte di questo terreno.
7. Con un'ordinanza del 25 novembre 1988, il consiglio comunale di Bari approvò il progetto di costruzione di una strada su una parte del terreno dei richiedenti e della terza persona.
8. Con un'ordinanza del 23 aprile 1990, il sindaco di Bari autorizzò un gruppo di imprese ("il gruppo di imprese") ad occupare di emergenza una parte di questo terreno, ossia 3 309 metri quadrati, in vista della sua espropriazione, per procedere alla costruzione della strada.
9. Il 21 giugno 1990, il gruppo di imprese procedette all'occupazione materiale del terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
10. Con un atto di citazione notificata il 23 dicembre 1999, i richiedenti ed la terza perona introdussero un'azione in giustizia contro la municipalità di Bari e del gruppo di imprese dinnanzi al tribunale amministrativo regionale della Puglia ("TAR").
11. Principalmente, facevano valere che l'occupazione del terreno era illegale, dato che questa era proseguita al di là del periodo autorizzato, senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale ed al pagamento di un'indennità. Alla luce di queste considerazioni, chiedevano una somma a titolo di risarcimento per la perdita del terreno in ragione della sua trasformazione irreversibile. In via subordinata, chiedevano l'annullamento delle ordinanze amministrative che autorizzavano l'occupazione del terreno.
12. Durante il processo, il 15 febbraio 2001, una perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, il terreno occupato era stato trasformato in modo irreversibile durante il mese di luglio 1993.
13. Con un giudizio depositato alla cancelleria l’ 11 gennaio 2001, il TAR decretò che i richiedenti ed la terza persona erano stati privati del terreno in ragione della sua trasformazione irreversibile, in virtù del principio dell'espropriazione indiretta. Tuttavia, il tribunale deliberò che il loro diritto al risarcimento era prescritto, dato che l'azione in giustizia era stata introdotta più di cinque anni dopo il momento della trasformazione irreversibile del terreno, ossia il mese di luglio 1993.
14. In più, il TAR respinse la domanda di annullamento delle ordinanze amministrative. A questo riguardo, deliberò che in ragione della prescrizione del loro diritto al risarcimento, i richiedenti non potevano essere considerati come aventi un interesse effettivo e reale ad un tale annullamento, mirando la loro richiesta in questo senso unicamente all'ottenimento di un risarcimento.
15. Con un atto notificato il 9 maggio 2002, i richiedenti interposero appello di questo giudizio dinnanzi al Consiglio di stato, facendo valere in particolare che il loro diritto ad un risarcimento non poteva considerarsi come prescritto.
16. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 10 novembre 2003, il Consiglio di stato respinse l'appello.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
17. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
18. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
19. Il Governo solleva un'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne basata su due risvolti.
20. In primo luogo, il Governo fa valere che i richiedenti hanno introdotto tardivamente dinnanzi alle giurisdizioni nazionali l'azione mirata ad ottenere un risarcimento e hanno utilizzato di conseguenza in modo inadatto le vie di ricorso che erano loro aperte nel diritto italiano.
21. In secondo luogo, sostiene che i richiedenti hanno omesso di sollevare dinnanzi al Consiglio di stato un'eccezione basata sull'argomentazione che con un'ordinanza del 13 dicembre 2000 la municipalità di Bari aveva riconosciuto in sostanza un debito verso essi, potendosi considerare una simile misura come una riconoscenza di debito che porta già rinuncia tacita alla prescrizione intervenuta ai termini dell'articolo 2937 del codice civile.
22. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
23. La Corte stima, alla luce dell'insieme degli argomenti delle parti, che questa eccezione è legata strettamente in fondo alla richiesta e decida di unirla al merito. Constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non urta nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
24. Nelle sue osservazioni, il Governo rinvia da prima agli argomenti presentati in cause simili che militano in favore della compatibilità del meccanismo dell'espropriazione indiretta con la Convenzione ed i suoi Protocolli.
25. In quanto alla mancanza di indennizzo a favore dei richiedenti nel caso specifico, il Governo fa valere che in seguito alla privazione del loro terreno, i richiedenti hanno omesso di prendere in conto la giurisprudenza della Corte di cassazione che all'epoca era già conforme nella determinazione del momento dal quale cominciava a decorrere il termine di prescrizione.
26. Segue che la mancanza di indennizzo deriverebbe unicamente dell'inerzia dei richiedenti e che il giusto equilibrio sarebbe stato rispettato dunque.
b) I richiedenti,
27. I richiedenti fanno osservare che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità.
28. Denunciano una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al loro caso, così come della giurisprudenza in materia di prescrizione del diritto al risarcimento in caso di espropriazione indiretta.
29. Infine, in quanto all'indennizzo, osservano che non hanno ottenuto nessuno indennizzo in compenso della perdita del terreno.
30. Alla luce di queste considerazioni, i richiedenti chiedono alla Corte di constatare la violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
2. Valutazione della Corte
a) Sull'esistenza di un'ingerenza
31. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito l'eccezione del Governo derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
32. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se questa equivalga ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
33. La Corte rileva che, applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni nazionali hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene in ragione della sua trasformazione irreversibile. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza del Consiglio di stato ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura, precitato, § 61, e Brumarescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
34. Per essere compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1 simile ingerenza deve essere operata "a causa di utilità pubblica" e "alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale." L'ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, p. 26, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non "sentire solo quando si è rivelato che l'ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria" (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
35. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore dei richiedenti non ha avuto luogo (Carbonara, precitata, § 62.)
b) Sul rispetto del principio di legalità
36. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI; Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005; Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005; Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005; Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005; Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005; Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità al motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione che di fatto deriva dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
37. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato i richiedenti privati del loro bene in ragione della sua trasformazione irreversibile, essendo riunite le condizioni di illegalità dell'occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come "prevedibile", poiché è solamente con la decisione definitiva -la sentenza del Consiglio di stato-che si può considerare il principio dell'espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata sanzionata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la "sicurezza giuridica" concernente la privazione del terreno che a partire dal 10 novembre 2003, data in cui la sentenza del Consiglio di stato è stata depositata alla cancelleria.
38. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all'amministrazione di derivare partito da un'occupazione illegale di terreno. In altri termini, l'amministrazione ha potuto adeguare un terreno a disprezzo delle regole che regolano l'espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un'indennità venisse messa in parallelo a disposizione delle interessate (Donati c. Italia, no 63242/00, § 105, 15 luglio 2005).
39. Per ciò che riguarda l'indennità, la Corte constata che l'applicazione al caso specifico del termine di prescrizione del risarcimento ha avuto per effetto di privare i richiedenti di ogni risarcimento del danno subito.
40. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l'ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dunque.
41. Quindi, l'eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne non potrebbe essere considerata e vi èi stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
42. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
43. A titolo di danno materiale, i richiedenti propongono due criteri alternativi di valutazione dell'indennizzo dei quali il primo contempla il versamento di un risarcimento globale uguale al valore venale del terreno, più l'indennità di occupazione ed un indennizzo per i danni alla parte restante del terreno. Valutano un tale risarcimento globale a 448 552,88 EUR o, sussidiariamente, a 404 595,63 EUR.
44. In quanto al secondo criterio di valutazione dell'indennizzo dovuto a titolo di danno materiale, i richiedenti fanno valere che una cava si trovava sul terreno controverso e chiedono un risarcimento di 4 000 000 EUR per l'interruzione costretta di tale attività.
45. Per ciò che riguarda il danno morale, i richiedenti sollecitano un indennizzo uguale ad un terzo delle somme chieste a titolo di danno materiale.
46. Infine, chiedono 34 394,80 per oneri di procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne e 55 355,40 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alla Corte.
47. Per ciò che riguarda il danno materiale, al primo colpo il Governo fa valere che l'inerzia dei richiedenti è alla base della prescrizione del loro diritto al risarcimento e che di conseguenza questi non potrebbero richiedere dinnanzi alla Corte le somme perse così al livello nazionale.
48. Ad ogni modo, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno supportato la loro domanda e non hanno fornito dei criteri obiettivi per valutare l'importo del risarcimento.
49. In quanto al danno morale, il Governo fa valere che tale danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il Governo sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale è subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto.
50. Infine, il Governo fa valere che gli oneri dei procedimenti interni non sono dovuti e che gli oneri concernenti il procedimento dinnanzi alla Corte sono eccessivi.
51. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà ulteriore procedimento e, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara il restante della richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 5 ottobre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Fatos Araci Boštjan il Sig. Zupancic Cancellita collaboratrice Presidente