Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA MEDICI ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 70508/01)
SENTENZA
STRASBURGO
5 ottobre 2006
DEFINITIVO
05/01/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Medici ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e della Sig.ra F. Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 70508/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui otto cittadini di questo Stato, il Sig. P. M., la Sig.ra E. M., il Sig. V. M., il Sig. F. M., il Sig. F. M., il Sig. G. M., la Sig.ra F. M. e la Sig.ra C. M. S. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte il 30 settembre 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. G. S., avvocato a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 13 maggio 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare la lagnanza derivata dall'articolo 1 del Protocollo no 1 al Governo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, il 6 aprile 2006 ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1931, 1939, 1925, 1926, 1928, 1933, 1924 e 1939 e risiedono rispettivamente a Roma, Bianco, Reggio Calabria, e Reggio Calabria.
6. Hanno ereditato un terreno di 39 280 metri quadrati ubicato a Reggio Calabria e registrato al catasto, foglio 18, appezzamenti 149, 150, 151, 152, 153 e 154,.
7. Con un'ordinanza del 16 gennaio 1947, il prefetto di Reggio Calabria autorizzò l'occupazione di emergenza di questo terreno in vista della sua espropriazione, per procedere alla realizzazione di un polo industriale.
8. Con un'ordinanza del 22 luglio 1952, il prefetto di Reggio Calabria decretò l'espropriazione del terreno in vista della costruzione del polo industriale.
9. Il 26 maggio 1954 il de cujus dei richiedenti accettò la somma di 19 828 219 ITL a titolo di indennità di espropriazione e di occupazione. Il 31 maggio 1959, decedette.
10. Il polo industriale fu pianificato in un'altra zona della città in seguito.
11. Con una nota del 2 marzo 1968, in seguito alla constatazione che il terreno non aveva ricevuto la destinazione prevista dalla dichiarazione di utilità pubblica, il ministero della Funzione pubblica ("il ministero") concedette al municipio di Reggio Calabria il permesso di pianificare un mercato degli agrumi.
12. Con un atto notificato il 16 febbraio 1978, i richiedenti citarono il ministero dinnanzi al tribunale di Catanzaro per fare constatare che il terreno non aveva ricevuto la destinazione prevista dalla dichiarazione di utilità pubblica. Alla luce di questa considerazione, chiedevano in via principale la restituzione del terreno e sussidiariamente il versamento di un risarcimento per la perdita di questo, sminuito dell'indennità di espropriazione già ricevuta.
13. Il ministero si costituì nel procedimento ed eccepì la prescrizione del diritto alla restituzione.
14. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 13 novembre 1985, il tribunale di Catanzaro accolse l'eccezione del ministero e respinse per prescrizione la richiesta dei richiedenti.
15. Con un atto del 15 gennaio 1986, i richiedenti interposero appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Catanzaro.
16. Con una sentenza non definitiva depositata alla cancelleria il 18 gennaio 1987, la corte di appello di Catanzaro dichiarò che il terreno non era stato utilizzato conformemente al decreto di espropriazione e che per questo fatto i richiedenti avevano diritto alla restituzione. Tuttavia, la restituzione del terreno si rivelava impossibile, avendo l'amministrazione realizzato un altro lavoro su questo e dovendo essere applicato il principio dell'espropriazione indiretta nello specifico; solo un indennizzo era possibile. Alla luce di queste considerazioni, la corte di appello giudicò che i richiedenti avevano diritto ad una somma che corrispondesse alla differenza tra i valori venali del terreno e l'importo che avevano ricevuto già a titolo di indennità di espropriazione e di occupazione. Con la stessa sentenza, la corte di appello ordinò la continuazione del processo per valutare l'importo di un tale indennizzo.
17. Con una sentenza definitiva depositata alla cancelleria la corte di appello valutò a 6 308 368 000 ITL il valore venale del terreno nel 1987 il 3 marzo 1988, ed a 259 869 072 ITL la rivalutazione al 1987 della somma già ricevuta dai richiedenti a titolo di indennità di espropriazione e di occupazione. Alla luce di queste considerazioni, la corte di appello condannò il ministero a versare ai richiedenti la somma di 6 048 498 928 ITL, più interessi.
18. Con un ricorso notificato il 10 maggio 1988, il ministero ricorse in cassazione.
19. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 26 giugno 1990, la Corte di cassazione dichiarò che il diritto alla restituzione di un bene espropriato nasce dalla decisione che lo stabilisce e che, tenuto conto delle circostanze dello specifico, la somma che i richiedenti avrebbero dovuto versare per ottenere la restituzione del terreno equivaleva al valore venale di questo ultimo. Per questo fatto niente era dovuto ai richiedenti a titolo di risarcimento per la privazione del terreno; un'indennità doveva essere versata tuttavia per l'indisponibilità di questo. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di cassazione rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello di Catanzaro affinché questa ultima determinasse l'indennità da versare ai richiedenti.
20. Con un atto notificato il 18 dicembre 1990, i richiedenti citarono il ministero dinnanzi alla corte di appello di Catanzaro, per ottenere l'indennità derivante dall'indisponibilità del terreno.
21. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 4 novembre 1996, la corte di appello respinse la domanda dei richiedenti, al motivo che questi non avevano provato di avere subito un danno in ragione dell'indisponibilità del terreno.
22. Con un ricorso notificato il 3 marzo 1997, i richiedenti ricorsero in cassazione.
23. Con una sentenza del 5 dicembre 1997, la Corte di cassazione accolse il ricorso dei richiedenti, per il motivo che la corte di appello di Catanzaro non aveva supportato sufficientemente il ragionamento alla base del rifiuto della domanda di questi. Di conseguenza, la Corte di cassazione rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello di Catanzaro.
24. Con un ricorso notificato il 25 febbraio 1998, i richiedenti attaccarono questa ultima sentenza dinnanzi ad un'altra sezione della Corte di cassazione, facendo valere che la causa avrebbe dovuto essere rinviata dinnanzi alla corte di appello di Reggio Calabria.
25. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 21 luglio 1998, la Corte di cassazione accolse il ricorso e rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello di Reggio Calabria.
26. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 30 giugno 1999, la corte di appello di Reggio Calabria condannò il ministero a versare un'indennità derivante dall'indisponibilità del terreno, valutato a 5 976 241 288 ITL, più interessi a contare dal 26 giugno 1990 ai richiedenti, data del deposito alla cancelleria della prima sentenza della Corte di cassazione.
27. Con un ricorso notificato il 26 ottobre 1999, il ministero ricorse in cassazione.
28. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 18 aprile 2000, la Corte di cassazione respinse il ministero del suo ricorso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
29. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELLL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
30. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
31. Il Governo non solleva eccezioni concernenti l'ammissibilità della presente richiesta.
32. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non urta nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
33. Il Governo ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge e che l'occupazione del terreno deve essere considerata come illegale ab initio, nella misura in cui questo ultimo non è stato utilizzato conformemente al decreto di espropriazione.
34. A difetto dell'utilità pubblica, i richiedenti sarebbero stati ad ogni modo privati del loro bene per effetto della costruzione del lavoro pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che questa ultima ha provocato. Questa privazione del bene, secondo il Governo, è solamente la conseguenza del principio dell'espropriazione indiretta, che le giurisdizioni nazionali hanno applicato.
35. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, fa valere che il giusto equilibrio sarebbe rispettato. In compenso delle irregolarità commesse dall'amministrazione ed in particolare della mancanza di utilità pubblica, i richiedenti hanno difatti avuto diritto ad un risarcimento adeguato del danno subito, conformemente alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia.
36. Riferendosi al causa Zubani c. Italia, sentenza del 7 agosto 1996, Raccolta 1996-IV, §§ 45-46, il Governo conclude che la situazione denunciata è compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
b) I richiedenti,
37. I richiedenti fanno osservare che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità.
38. Denunciano una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al loro caso per il motivo che un principio giurisprudenziale, come quello dell'espropriazione indiretta, non basta a soddisfare al principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
a) Sull'esistenza di un'ingerenza
39. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione che mira a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione fosse equivalsa ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
40. La Corte rileva che, applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene in ragione della trasformazione irreversibile di questo. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della Corte di cassazione ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura precitato, § 61, e Brumarescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
41. Per essere compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1, una simile ingerenza deve essere operata "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge ed dei principi generali di diritto internazionale." L'ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo( Sporrong e Lönnroth, precitata, p. 26, § 69.) Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non "sentire solamente quando si è rivelato che l'ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria" (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
42. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice valutazione dell'importo del risarcimento accordato ai richiedenti (Carbonara e Ventura, precitato, § 62).
b) Sul rispetto del principio di legalità
43. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità per il motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
44. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene in ragione della sua trasformazione irreversibile, essendo riunite le condizioni di illegalità dell'occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come "prevedibile", poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell'espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la "sicurezza giuridica" concernente la privazione del terreno che il 18 aprile 2000, data in cui la sentenza della Corte di cassazione è stata depositata alla cancelleria.
45. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all'amministrazione di derivare partito da un'occupazione illegale di terreno. In altri termini, l'amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che regolano l'espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un'indennità fosse messa in parallelo a disposizione degli interessati.
46. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l'ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dunque.
47. Quindi, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
48. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
49. A titolo di danno materiale, i richiedenti chiedono da prima un risarcimento di 20 415 867,69 EUR, uguale al valore venale reale del terreno, così come la somma di 6 819 728,35 a titolo di indennizzo per non-godimento del terreno.
50. Inoltre, sollecitano il versamento delle somme di 14 258 640 EUR a titolo di indennizzo per l'impossibilità di costruire sul terreno, di 2 603 903,27 EUR per il plusvalore portato dal lavoro pubblico realizzato sul terreno, e di 2 004 385 EUR per la distruzione delle opere esistenti sul terreno durante i lavori.
51. A titolo di danno morale, i richiedenti sollecitano il versamento di 200 000 EUR per persona.
52. Infine, i richiedenti chiedono 28 460 EUR per persona per oneri di procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne e la Corte.
53. In quanto al danno materiale, il Governo fa valere che la somma ricevuta dai richiedenti alla conclusione del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne costituisce un risarcimento adeguato per questo danno e stima che ad ogni modo le somme richieste dai richiedenti sarebbero eccessive.
54. Per ciò che riguarda il danno morale, il Governo fa valere che simile danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il Governo sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale è subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto.
55. Infine, il Governo osserva che le somme richieste per oneri e spese sono eccessive.
56. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà ulteriore procedimento , tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 5 ottobre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Fatos Araci Boštjan il Sig. Zupancic Cancelliera collaboratrice Presidente