SECONDA SEZIONE
CAUSA MAZZON C. ITALIA
( Richiesta no 896/04)
SENTENZA
STRASBURGO
15 gennaio 2008
DEFINITIVO
15/04/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Mazzon c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Riza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Dragoljub Popović, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 11 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 896/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra M M ("il richiedente"), ha investito la Corte il 22 dicembre 2003 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da L. P., avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 3 maggio 2005, la Corte ha deciso di comunicare al Governo i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1944 e ha risieduto a Telese Termine (Benevento).
5. Con un giudizio depositato il 16 agosto 1989, il tribunale di Benevento (qui di seguito: "il tribunale") dichiarò il fallimento della società del richiedente, che esercitava un'attività di commercio di tessuti e biancheria, così come il fallimento personale di questo.
6. L'udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento fu fissata al 13 dicembre 1989.
7. Il 15 dicembre 1989, questa udienza si tenne e, su richiesta del curatore, fu rinviata fino al 26 giugno 1991, data in cui lo stato del passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo, a tre riprese.
8. Il 21 agosto 1989, l'apposizione dei sigilli ebbe nel frattempo luogo e, il 21 ottobre 1989, il curatore stabilì l'inventario dei beni del richiedente.
9. Il 26 giugno 1991, il comitato dei creditori fu costituito.
10. Tra il 7 ottobre ed il 25 settembre 1991, quattro ricorsi in opposizione allo stato del passivo del fallimento furono introdotti dinnanzi al tribunale.
11. Con quattro giudizi depositati tra il 9 giugno 1994 ed il15 gennaio 1997, il tribunale fece diritto a queste domande.
12. Secondo le informazione fornite dal richiedente, il procedimento era ancora pendente al 17 settembre 2007.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
13. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006) Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
14. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza, della sua libertà di espressione, del suo diritto al rispetto dei suoi beni e la sua libertà di circolazione in particolare in ragione della durata del procedimento.
15. La Corte stima al primo colpo che il motivo di appello derivato dalla limitazione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza deve analizzarsi unicamente sotto l'angolo dell'articolo 8 della Convenzione (vedere Collarile c. Italia, no 10644/02, § 17, 8 giugno 2006).
16. La Corte rileva che, nel caso specifico, il richiedente ha omesso di introdurre un ricorso dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge "Pinto."
17. Stima pertanto che questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere Vitiello c. Italia, precitata, §§ 32-33).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
18. Invocando l'articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della limitazione dei suoi diritti elettorali seguito al suo collocamento in fallimento.
19. La Corte nota che la perdita del diritto di voto in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, questo giudizio essendo stato depositato il 16 agosto 1989, il richiedente avrebbe dovuto introdurre al più tardi il suo motivo di appello il 16 febbraio 1995, tenuto conto anche del termine dei sei mesi previsti dall'articolo 35 § 1 della Convenzione. La richiesta essendo stata introdotta il 22 dicembre 2003, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE
20. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare nella misura in cui, in ragione dell'iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
A. Sull'ammissibilitÃ
21. In quanto alla parte di questo motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita familiare, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportare questo motivo di appello e decide di respingere questa parte della richiesta per difetto manifesto di fondamento secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
22. In quanto al restante del motivo di appello, la Corte constata che questo non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
23. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell'iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, c'è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
24. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era "necessaria in una società democratica", ai sensi dell'articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
25. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che poteva condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
26. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che lo riguardano per tutto il procedimento di fallimento.
A. Sull'ammissibilitÃ
27. La Corte nota al primo colpo che questo motivo di appello deve essere analizzato unicamente sotto l'angolo dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, del 17 luglio 2003).
28. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso sopra all'inammissibilità di questi motivi di appello. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello "difendibili" allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
29. In quanto alla parte del motivo di appello riguardante le incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurando fino all'ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
30. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
31. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che poteva condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
32. Pertanto, la Corte conclude che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
33. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
34. Il richiedente presente una perizia che valuta a 219 790,53 euro (EUR) il danno materiale che avrebbe subito. Questa somma corrisponderebbe al salario minimo (pensione sociale) che l'interessato avrebbe dovuto percepire dalla data della dichiarazione di fallimento. Richiede anche 250 000 EUR a titolo del danno morale.
35. Il Governo si oppone a queste pretese.
36. Non vedendo legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto, la Corte respinge la prima richiesta. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo all'insieme delle circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
37. Il richiedente chiede anche 30 081 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte così come 2 096 EUR per oneri di perizia.
38. Il Governo si oppone a queste pretese.
39 secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR a titolo di oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
40. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 8 della Convenzione (rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 gennaio 2008 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa