Conclusione Non-violazione di P1-1; Non-violazione dell'art. 14+P1-1; Non-violazione dell'art. 6-1; non-violazione dell'art. 13
CORTE, PLENARIA,
CAUSA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
( Richiesta no 9006/80; 9262/81; 9263/81;
9265/81; 9266/81; 9313/81; 9405/819
SENTENZA
STRASBURGO
8 luglio 1986
Nella causa Lithgow ed altri ,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, deliberando in seduta plenaria in applicazione dell'articolo 50 del suo ordinamento e composta dai giudici di cui segue il nome:
SIGG.. R. Ryssdal, presidente,
W. Ganshof Van der Meersch,
J. Cremona,
G. Wiarda,
Thór Vilhjálmsson,
La Sig.ra D. Bindschedler-Robert,
SIGG.. G. Lagergren,
F. Gölcüklü,
F. Matscher,
J. Pinheiro Farinha,
L. - E. Pettiti,
B. Walsh,
Sir Vincent Evans,
SIGG.. R. Macdonald,
C. Russo,
R. Bernhardt,
J. Gersing,
A. Spielmann,
così come di Sigg.. SIG. - A. Eissen, cancelliere, e H. Petzold, cancelliere aggiunto
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 giugno, 24, 25, 26 e 28 settembre, 23 e 25 ottobre 1985, poi del 27 al 30 maggio ed il 24 giugno 1986,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte dalla Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 18 maggio 1984, nel termine di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47, (art. 32-1, art. 479 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione"). Alla sua origine si trovano sette richieste dirette contro il Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord ed introdotte dinnanzi alla Commissione, in virtù dell'articolo 25 (art. 25) tra il 1977 e il 1981; provenivano dalle seguenti persone:
- no 9006/80: Sir W. L.;
- no 9262/81: V. Ltd, attualmente V. PLC - "V.");
- no 9263/81: The E. E. C., Ltd ("E. E.") e V. Ltd, attualmente V. PLC - "V.");
- no 9265/81: B. C. ("B.") e N. S. & I. H. Ltd ("N. S.");
- no 9266/81: Y. PLC, anticamente Y. and C. Ltd - "Y. Sir E. Y., Sig. & G. S. Ltd e la Sig.ra M.. A. - N.;
- no 9313/81: V.;
- no 9405/81: D. S. Ltd ("D."), FFI (UK F.) PL attualmente I. in I. PLC - "I.") e The P. A. C. Ltd ("P.").
Sir W. L. e Sir E. Y. sono dei cittadini britannici, la Sig.ra A. - N. di nazionalità francese; gli altri richiedenti sono tutti delle società costituite e registrate nel Regno Unito.
Per "i richiedenti", si intenderà qui di seguito l'insieme dei sopraccitati, salvo Sir E. Y., M. & G. S. Ltd e la Sig.ra A. - N. di cui la Commissione ha dichiarato le lagnanze inammissibili, (paragrafo 102 sotto).
2. La domanda della Commissione agli articoli rinvia 44 e 48, art. 44, art. 48, ed alla dichiarazione britannica di riconoscenza della giurisdizione obbligatorio della Corte (articolo 46) (art. 46). Mira ad ottenere una decisione sull'esistenza di violazioni degli articoli 6 paragrafo 1, 13, 17 o 18 (art. 6-1, art. 13, art. 17, art. 18) della Convenzione o dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) (considerato isolatamente o combinato con l'articolo 14 della Convenzione, (art. 14+P1-1).
3. In risposta all'invito prescritto all'articolo 33 paragrafo 3 d, dell'ordinamento, i richiedenti hanno espresso il desiderio di partecipare all'istanza pendente dinnanzi alla Corte e hanno designato i loro consiglieri e, nella causa V., il direttore commerciale della società per rappresentarli (articolo 30).
4. La camera di sette giudici da costituire comprendeva di pieno dritto Sir Vincent Evans, giudice eletto di nazionalità britannica (articolo 43 della Convenzione) (art. 43) ed il Sig. G. Wiarda, allora presidente della Corte, articolo 21 paragrafo 3 b, dell'ordinamento. Il 22 maggio 1984, questo ha designato tirando a sorte gli altri cinque membri, ossia i Sigg.. R. Ryssdal, Thór Vilhjálmsson, W. Ganshof Van der Meersch, L. Liesch ed E. García di Enterría, in presenza del cancelliere, articoli 43 in fine della Convenzione e 21 paragrafo 4 dell'ordinamento, (art. 43).
Lo stesso giorno la Camera ha deciso, in virtù dell'articolo 50 dell'ordinamento, di sciogliersi con effetto immediato al profitto della Corte plenaria.
5. Il presidente della Corte ha consultato, tramite il cancelliere, l'agente del governo del Regno Unito ("il Governo"), il delegato della Commissione ed i rappresentanti dei richiedenti a proposito della necessità di un procedimento scritto, articoli 37 paragrafo 1 e 50 paragrafo 3. Conformemente alle ordinanze così rese, la cancelleria ha ricevuto:
- il 30 ottobre 1984, l'esposto individuale di Sir W. L.;
- il 31 ottobre 1984, l'esposto congiunto dei richiedenti e le memorie individuali di V., E. E. e V., Y.V,;
- il 5 novembre 1984, l'esposto del Governo e l'esposto individuale di D., I. e P.;
- il 15 novembre 1984, l'esposto individuale di B. e N. S..
Con una lettera del 15 gennaio 1985, il segretario della Commissione ha indicato che il delegato non aveva intenzione di rispondere per iscritto.
6. Dopo avere consultato, tramite il cancelliere, l'agente del Governo, il delegato della Commissione ed i rappresentanti dei richiedenti, il presidente ha deciso il 18 dicembre 1984 che il procedimento orale si sarebbe aperto il 24 giugno 1985.
7. Il 30 maggio 1985, la Corte, presieduta dal Sig. Ryssdal che succedeva quel giorno al Sig. Wiarda, ha tenuto una riunione preparatoria durante la quale ha stabilito un elenco di domande e richieste che il cancelliere ha comunicato poco dopo al Governo, alla Commissione ed ai richiedenti.
8. Le udienze si sono svolte in pubblico al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a Strasburgo, dal 24 al 26 giugno 1985.
Sono comparsi:
- per il Governo
SIGG.. Il Sig. Eaton, giureconsulto,
ministero delle Cause estere e del Commonwealth,
agente,
R. Alexander, Q.C,
La Sig.ra R. Higgins, professore ed avvocato,
SIGG.. N. Bratza, avvocato, consigliere,
H. Whitaker,
J. Keeling,
G. Davis,
J. Knox, ministero del Commercio e dell'industria,
R. Gardiner, Dipartimento degli ufficiali legali, consiglieri,
- per la Commissione
IL SIG. J.A. Frowein, delegato,;
- per Sir W. L.
SIGG.. J. SIG., Q.C,
N. Sig. - G., avvocato,
J. Sig., avvocato, consigliere,
D. R.M, s.r,
C. H.,
C. G.,
D. B., H. & Co. Ltd, consiglieri,;
- per V.
SIGG.. A. L., Q.C,
Sig. Sig., avvocato,
D. P., avvocato, consigliere,
J. H., procuratore legale,;
- per E. E. e V.
IL SIG. R. S., Q.C,
La Sig.na Sig. S., avvocato,
La Sig.ra I. D., professore ed avvocato, consiglere,;
- per E. E.:
Il Sig. Sig. L., direttivo delle cause giuridiche, procuratore legale
- per V.
SIGG.. C. F., direttore commerciale, rappresentante,
N. B., segretario generale, consigliere,;
- per B. e N. S.
SIGG.. R. G., procuratore legale,
T. E., R. B. PLC, consigliere,;
- per Y.
SIGG.. F. J., Q.C, professore, consigliere,
A. SIG.,
D. R., procuratorei legali,;
- per D., I. e P.l
SIGG.. A. L., Q.C,
D. P., avvocato, consigliere,
A. F., procuratore legale.
La Corte ha sentito nelle loro dichiarazioni, così come nelle loro risposte alle sue domande ed a quelle di parecchi giudici, il Sig. Alexander per il Governo, il Sig. Frowein per la Commissione e i Sigg.. J. M., A. L., S., G. e J. per i richiedenti.
Durante i dibattimenti, Governo e richiedenti hanno depositato differenti documenti tra cui delle risposte scritte alle domande della Corte (paragrafo 7 sopra.)
FATTI
9. I richiedenti hanno visto statalizzare certi loro beni in virtù della legge del 1977 sulle industrie aeronautiche e navali ("legge del 1977"). Senza contestare il principio di questa misura, adducono che le indennità ricevute erano manifestamente insufficienti e discriminatorie; si definiscono vittime di violazioni dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) alla Convenzione, considerato isolatamente e combinato con l'articolo 14 (art. 14+P1-1) della Convenzione. Invocano anche l'articolo 6 (art. 6) e - in un caso - l'articolo 13 (art. 13). Alcune lagnanze sollevate dinnanzi alla Commissione sul terreno degli articoli 17 e 18 (art. 17, art. 18) non sono stati ripetute dinnanzi alla Corte.
I. LEGISLAZIONE PERTINENTE
A. Storico della legge del 1977
1. I progetti di statalizzazione
10. Nel suo manifesto elettorale dell’ 8 febbraio 1974, il partito laburista, segnalava che il suo programma politico contemplava la statalizzazione delle industrie aeronautiche e navali del Regno Unito. Nel 1971, 1972 e 1973 aveva formulato già delle dichiarazioni che andavano in questo senso.
Alle elezioni generali del 28 febbraio 1974, i laburisti prevalsero sui conservatori e costituirono un governo; non godevano allora della maggioranza assoluta alla Camera dei comuni. Il 31 luglio 1974, il ministro dell'industria annunciò che la costruzione ed il risarcimento navale sarebbero passati al settore pubblico e che le clausole legislative destinate a salvaguardare le proprietà delle imprese riguardate avrebbero esposto i loro effetti a contare da questa data; le proposte dettagliate del governo per la statalizzazione di suddette imprese figuravano in un documento di riflessione che uscì lo stesso giorno.
Delle nuove elezioni legislative, il 10 ottobre 1974, garantirono al partito laburista la maggioranza assoluta. Il 29 ottobre, il discorso della Regina all'apertura della sessione parlamentare fece stato dell'intenzione del governo di trasferire al settore pubblico l'industria aerospaziale; il 4 novembre, la Camera dei comuni ascoltò una dichiarazione relativa alle clausole di salvaguardia degli averi così mirate. Il 15 gennaio 1975, il governo diffuse una nota consacrata ai suoi piani di statalizzazione di questo settore industriale.
11. Il documento e la nota precitata contenevano delle indicazioni sulle società da statalizzare ed affermavano che delle "indennità eque" sarebbero state versate, senza precisare tuttavia le modalità del risarcimento. Spiegavano le considerazioni politiche, economiche e sociali motivanti le statalizzazioni progettate: per l'essenziale, il governo stimava che queste avrebbero dato alle industrie in causa - che avevano ricevuto dallo stato un aiuto importante e dipendevano molto dagli ordini pubblici - una base amministrativa ed economica più sana e avrebbero permesso, cosa augurabile, un migliore controllo delle autorità così come una più grande trasparenza.
2. Procedimento parlamentare ed avvenimenti ulteriori
12. Il 17 marzo 1975, il ministro dell'industria annunciò alla Camera dei comuni il deposito di un prossimo progetto di legge di statalizzazione delle industrie aeronautiche e navali. Rivelò per la prima volta la base sulla quale si sarebbero fissate le indennità, ossia il valore dei titoli delle società da acquisire; i titoli quotati in una borsa ufficiale sarebbero stati valutati al loro prezzo medio durante i sei mesi che avevano preceduto il 28 febbraio 1974; in quanto ai titoli non quotati, se ne sarebbe valutato il valore, con accordo o arbitraggio, come se fossero stati durante questo periodo. Il ministro fornisce inoltre delle informazioni dettagliate sulle clausole di salvaguardia.
13. Pari progetto di legge fu pubblicato effettivamente; contemplava il trasferimento alle imprese pubbliche della proprietà dei titoli di quarantatre società. Il 30 aprile 1975, diventò nullo alla fine della sessione parlamentare malgrado una prima lettura, per mancanza di tempo. Il governo riesaminò allora le condizioni di indennizzo proposto, ivi compreso la scelta del periodo di riferimento, alla luce delle osservazioni presentate, ma decise di non cambiarvi nulla in particolare in ragione l'incertezza che ne sarebbe risultata, dalle numerose transazioni operate in funzione di ciò che era stato annunciato, e per il fatto che la prospettiva di una statalizzazione avrebbe dovuto falsare il corso delle azioni durante gli altri periodi di riferimento considerato.
14. Un secondo progetto, simile in sostanza al primo e depositato nel novembre 1975, diede luogo a molto lunghi dibattimenti alla Camera dei comuni su delle domande come il principio e l'ampiezza delle statalizzazioni così come le modalità di indennizzo. Nel febbraio 1976 il governo stesso dichiarò sottrarre al progetto la D. G. Ltd: essendo stata messa in fallimento dopo il febbraio 1974 questa società di costruzione navale, il governo trovava che non si sarebbe giustificato pagare agli azionisti il pieno valore da parti loro durante il periodo di riferimento fissato per l'indennizzo.
Il 29 luglio 1976, il progetto passò alla Camera dei Lord dopo una terza lettura alla Camera dei comuni che, dopo lunghe discussioni, adottò diversi emendamenti inaccettabili per il governo; per esempio, escluse certe imprese di risarcimenti navali e di costruzione di navi da guerra ed inserì un testo secondo il quale il tribunale arbitrale - chiamato a fissare le indennità in mancanza di accordo – avrebbe potuto assegnare una "indennità equo" se ai suoi occhi la formula della legge non ne garantiva una. Le divergenze di punti di vista provocati tra le due Camere da questi emendamenti non poterono essere sormontate prima della fine della sessione, così che il secondo progetto diventò anch’esso nullo.
15. Un terzo progetto, identico, fu depositato alla Camera dei comuni il 26 novembre 1976. Dopo avere seguito tutta la trafila fino al 7 dicembre, fu rinviato alla Camera dei Lord in virtù di un procedimento speciale che permetteva di passare all’assenso di questa. Rivestito della sanzione reale, entrò in vigore il 17 marzo 1977. Le modalità di indennizzo coincidevano in grosso con quelle del primo progetto; ne andava parimenti dei beni da statalizzare sotto riserva dell'esclusione della D. G. Ltd e - in seguito ad un emendamento accettato dal governo durante l'esame del terzo progetto - di certe società che si occupavano unicamente di risarcimento navale. Per finire, la legge del 1977 enumerava trentuno società: quattro di costruzione aeronautica e ventisette di costruzione navale, di meccanica navale o di formazione alla costruzione navale.
16. I dibattimenti parlamentari furono segnati per tutta la loro durata da un'opposizione centrata, in particolare, sul carattere falsamente iniquo delle modalità di indennizzo. Le critiche - identiche per l'essenziale a quelle dei richiedenti e tutte ritirate o respinte dopo discussione - portavano tra altri sull'impiego di un metodo di valutazione borsista ipotetica per i titoli non quotati; sulla scelta del periodo di riferimento che serve per la valutazione; sulla mancanza di clausole che tengono conto dell'espansione delle società in causa, o dell'erosione monetaria, dopo suddetto periodo; sulla non-inclusione, nella formula di compenso, di un equivalente del "premio per presa di controllo" (paragrafo 98 sotto9; e sul fatto che la valutazione di certe filiali statalizzate poteva essere legata alla quotazione in borsa delle azioni delle loro società-madri.
In quanto ad essi, i rappresentanti del governo affermarono che il sistema soddisfaceva le esigenze dell'equità. La loro tesi consisteva in particolare in sostenere che era giusto valutare i titoli ad una data anteriore nel momento in cui la prospettiva di una statalizzazione aveva influito su essi; che le prestazioni future di una data società si potevano normalmente contemplare durante il periodo di riferimento, si rifletterebbero nel prezzo presunto delle azioni dunque; che in buona logica, il governo doveva utiliare di ogni miglioramento nella situazione di una società dopo il periodo di riferimento poiché accettava il rischio di ogni deterioramento, eccetto il fallimento; che era fallace di partire dall'idea di una correlazione tra i valori di titoli ed il tasso di inflazione; che la scelta del periodo di riferimento proteggeva gli azionisti dalle fluttuazioni ulteriori dei prezzi del mercato; che se le modalità dell'indennizzo offerto non coincidevano con le condizioni alle quali un venditore cedeva liberamente ad un acquirente il controllo di una società, era per il fatto che non si aveva a che fare con un contratto in via amichevole, ma ad una statalizzazione per via legislativa; e che si avrebbe avuto riguardo al corso delle azioni di una società-madre nel solo caso in cui le attività della filiale statalizzata costituivano una parte "molto importante" dell'insieme del gruppo. Inoltre, il governo riconosceva che l'ordinamento delle indennità avrebbe chiesto qualche tempo, ma esprimeva l'intenzione di versare degli acconti il più rapidamente e il più largamente possibile, nei sei mesi dal trasferimento delle società al settore pubblico.
17. Nel maggio 1979 - mentre i negoziati relativi alle indennità proseguivano (paragrafi 33-35 sotto) - ebbero luogo altre elezioni legislative che riportarono al potere il partito conservatore. Alla luce delle osservazioni presentate, il nuovo governo riesaminò le modalità di indennizzo previsto dalla legge del 1977; egli si risolse tuttavia a non cambiare nulla. Il ministro dell'industria informò la Camera dei comuni il 7 agosto 1980 in una risposta scritta così formulata:
"Sappiamo che certi vecchi proprietari e molti membri della vostra Camera e del pubblico trovano estremamente ingiuste per certe società le condizioni di indennizzo imposte dalla legge del 1977; condividiamo la loro opinione. Abbiamo studiato tutti i mezzi di risanare l'ingiustizia commessa dal governo precedente, ma con nostro grande dispiacere siamo arrivati alla conclusione che se si emendasse la legislazione per fissare in modo retroattivo delle nuove condizioni di indennizzo, sarebbe ingiusto verso quelli, numerosi che hanno venduto delle azioni sulla base delle condizioni anteriori."
Il governo pensò anche ad una destatalizzazione immediata di certe delle società trasferite al settore pubblico, ma rinunciò.
B. La legge del 1977
18. Ai termini degli articoli 19 e 20 della legge del 1977, i titoli delle società di costruzione aeronautica e navale enumerati negli allegati 1 e 2, così come certe altri averi legati alle loro attività, dovevano essere trasferiti a "British Aerospace" o "British Shipbuilders", due imprese pubbliche create con la legge, ad una data che avrebbe precisato il ministro dell'industria ("data del trasferimento"). Le date così fissate furono in seguito il 29 aprile 1977 per l'industria aerospaziale ed il 1 luglio dello stesso anno per la costruzione navale.
La legge contemplava inoltre il versamento di indennità ai vecchi portatori di titoli delle società riguardate, la salvaguardia degli averi delle imprese statalizzate, la nomina di rappresentanti degli azionisti e la creazione di un tribunale di arbitraggio.
1. Indennizzo
19. Secondo l'articolo 35 paragrafo 3, l'indennità da pagare avrebbe, in un modo generale, un importo uguale al "valore di base" dei titoli statalizzati meno, all'occorrenza, le deduzioni operate in virtù dell'articolo 39 (paragrafi 23-24 sotto). Per i titoli quotati alla borsa di Londra, il "valore di base" ammonterebbe, secondo l'articolo 37 paragrafo 1, alla media dei loro corsi settimanali durante il semestre che va dal 1 settembre 1973 al 28 febbraio 1974 ("il periodo di riferimento", essendo la seconda data quella delle elezioni legislative menzionate al paragrafo 10 sopra, secondo capoverso,). Per i titoli non quotati emessi prima della fine del periodo di riferimento, si tratterebbe del valore determinato di comune accordo col ministro ed il rappresentante degli azionisti (paragrafo 28 sotto) o, a difetto, del valore fissato da arbitraggio, in virtù della legge, come quella che i titoli avrebbero avuto in applicazione dell'articolo 37 se fossero stati quotati durante tutto il periodo di riferimento (articolo 38 paragrafo 1). In quanto al "valore di base" dei titoli non quotati emessi dopo la fine di suddetto periodo, corrispondeva in principio al corso emissione (articolo 38 paragrafo 10).
In favore del periodo di riferimento adottato, il Governo invoca in particolare: la necessità di allontanare un lasso di tempo durante il quale la prospettiva della statalizzazione aveva falsato il valore delle azioni; sotto questa riserva, la preoccupazione di considerare anche un'epoca più recente possibile; infine, la tendenza all'abbassamento del prezzo delle azioni osservate dalla metà del 1972 fino all'annuncio, nel marzo 1975, delle modalità di indennizzo, da cui l'opportunità di scegliere un periodo che riflette la situazione media del mercato borsistico nell'intervallo.
Determinando il "valore di base" dei titoli non quotati, il tribunale arbitrale (paragrafi 29-32 sotto) doveva prendere in conto "tutti gli elementi pertinenti"; se la società statalizzata era una filiale di una società le cui azioni raffiguravano, in totalità o meno, la quota ufficiale e se le sue attività formavano una parte importante degli affari dell'insieme del gruppo, il corso in borsa delle azioni della società-madre costituiva uno di essi (articolo 38 paragrafi 3 e 6).
Durante i negoziati il ministro non poteva, malgrado una certa libertà di giudizio, proporre delle indennità superiori al livello legale. In quanto a lui, il tribunale arbitrale non si trovava per niente legato dalle offerte o pretese formulate a questo stadio. Stabilendo le indennità, non si aveva riguardo alle sovvenzioni pubbliche alle imprese statalizzate.
20. Secondo l'articolo 36, le indennità erano pagabili solamente dopo determinazione del "valore di base" delle azioni statalizzate e dell'importo di ogni deduzione da operare in virtù dell'articolo 39 (paragrafi 23-24 sotto) ma il versamento, a titolo di acconto, di somme che il ministro avrebbe stimato adeguate poteva avere luogo in ogni momento dopo la data del trasferimento. I versamenti di questo genere effettuati a profitto dei richiedenti non si accompagnano di nessuna condizione.
21. a. Le indennità dovevano rivestire la forma di buoni del Tesoro chiamati "titoli di indennizzo" (articolo 35 paragrafo 1). Gli interessi decorrevano fin dalla data del trasferimento (allegato 5); incombeva sul Tesoro di fissarne il tasso così come le condizioni di riscatto, di rimborso, ecc. (articolo 40).
b. Le indennità erano alla partenza esenti da imposta, ma la cessione o il rimborso dei titoli cadeva sotto l'influenza della tassa sul plusvalore, calcolata con riferimento al prezzo al quale il portatore aveva acquisito le azioni statalizzate. Secondo l'articolo 54 della legge delle finanze del 1976, però, la sostituzione dei titoli di indennizzo coi nuovi elementi di attivo poteva dare diritto ad un sgravio fiscale che consisteva nel respingere l'assoggettamento all'imposta fino alla realizzazione di questi elementi o degli averi che sarebbero successi loro. Pari sgravio fiscale poteva giocare solamente a profitto di una società, se l'impresa statalizzata era stata una filiale, al 75% almeno, di questa o una filiale al 100% di un consorzio che raggruppava cinque società al massimo; una persona fisica non poteva chiedere il utilio, qualunque fosse l'ampiezza della sua partecipazione in suddetta impresa. Questi criteri miravano a limitare lo sgravio fiscale nel caso in cui le azioni della società statalizzata avevano costituito per il portatore un attivo economico e non un semplice investimento finanziario.
2. Clausole di salvaguardia
22. Durante i procedimenti parlamentari relativi ai diversi progetti di legge, i rappresentanti del governo dichiararono che le imprese da statalizzare sarebbero continuate a funzionare normalmente fino al giorno del trasferimento; è stato bene così per tutte le società di cui si tratta nello specifico.
Sebbene le imprese restassero proprietà privata fino alla data del trasferimento, la legge del 1977 conteneva un certo numero di clausole di salvaguardia destinate in modo generale ad impedire, entro la fine del periodo di riferimento, 28 febbraio 1974, e questa data, i proprietari o la direzione di adottare delle misure anormali capaci di ledere al settore pubblico. Queste disposizioni le cui ripercussioni essenziali si trovano riassunte più avanti, non si applicavano alle misure approvate dal ministro dell'industria; un'approvazione retroattiva era possibile in certi casi, in particolare per le operazioni "pertinenti" (paragrafo 24 sotto). Il governo diede l'assicurazione che non sarebbero servite a penalizzare delle misure ragionevoli stabilite, di buona fede, nel corso normale degli affari.
23. I portatori di titoli delle società statalizzate avevano diritto ai dividendi, ed agli interessi su questi, per tutti gli esercizi che andavano fino alla data del trasferimento. In fatto, la legge imponeva però delle restrizioni all'importo dei dividendi ed interessi versati in virtù di risoluzioni votate tra la fine del periodo di riferimento ed il giorno del trasferimento. Se la data della risoluzione si trovava tra il 28 febbraio 1974 e la "data di salvaguardia" (in generale il 17 marzo 1975, data della dichiarazione che annunciava al Parlamento le grandi linee delle modalità di indennizzo e delle clausole di salvaguardia; paragrafo 12 sopra9 ogni pagamento che superava il massimale doveva, secondo l'articolo 39, venire in deduzione dell'indennità pagabile per le azioni ai termini dell'articolo 35; se la data della risoluzione si coollocava tra la "data di salvaguardia" ed il giorno del trasferimento, i membri del consiglio di amministrazione della società statalizzata rispondevano personalmente di ogni superamento di questo ordine dinnanzi all'impresa pubblica riguardata (articolo 23). Per un dividendo, il massimo lecito era generalmente il meno elevato delle due seguenti somme: l'utile netto della società durante il periodo che corrispondeva al dividendo indicato, o l'importo del dividendo ordinario anteriore più recente; per gli interessi, il limite era fissato al minimo necessario per evitare una trasgressione agli impegni o il rinvio di interessi per pagamento ulteriore (articolo 24). Durante i dibattimenti parlamentari, il governo garantì che i pagamenti superiori sarebbero stati autorizzati se le circostanze lo avessero giustificato.
24. British Aerospace e British Shipbuilders si vedevano protette contro le perdite che risultavano da operazioni "pertinenti" (material) o "onerose" realizzate da una società statalizzata tra la fine del periodo di riferimento ed il giorno del trasferimento. In grosso, si designava con l'aggettivo "pertinente" le operazioni - per esempio un dividendo speciale – che implicavano il trasferimento diretto o indiretto di attivi di una società ai suoi azionisti, con "onerose" quelle che erano insolite o irragionevoli e provocavano, in modo prevedibile, delle perdite per la società, (articoli 30 e 31). Se l'operazione si trovava tra il 28 febbraio 1974 e le date di salvaguardia - o in certi casi la data "iniziale", il 31 luglio 1974 per i cantieri navali, il 4 novembre 1974 per l'aeronautica, -, la perdita netta causata da lei all'impresa pubblica riguardata doveva, in virtù dell'articolo 39, venire in deduzione dell'indennità da pagare per le azioni in virtù dell'articolo 35; se la transazione aveva avuto luogo dopo la data di salvaguardia - o la data iniziale - e prima del giorno del trasferimento, suddetta intrapresa poteva investire il tribunale arbitrale (paragrafi 29-32 sotto) per ricuperare presso il consiglio di amministrazione o la parte interessata l'importo del danno subito e, nel caso di una "operazione onerosa", per farla annullare (articoli 30 e 31).
25. Esisteva inoltre un'interdizione generale di trasferimento di certi averi delle società statalizzate, insieme alla facoltà, per l'impresa pubblica riguardata, di citare dinnanzi al tribunale arbitrale i membri del consiglio di amministrazione o le parti interessate in risarcimento del danno risultante dalla transazione (articolo 28). Se il trasferimento era stato effettuato dopo la "data iniziale", l'impresa pubblica poteva ricuperare gli attivi acquisendo o certe società supplementari, o gli attivi loro stessi (articoli 26 e 29).
26. Il ministro poteva in certe ipotesi, in particolare l'insolvenza, cancellare una società dall'elenco delle imprese da statalizzare (articolo 27).
27. Le domande relative alle somme da dedurre dalle indennità in applicazione dell'articolo 39 dovevano regolarsi tramite accordo tra il ministro ed i rappresentanti degli azionisti (paragrafo 28 sotto) o, a difetto, tramite decisione del tribunale arbitrale. Questo ultimo aveva anche competenza per diversi altri problemi riguardo le clausole di salvaguardia.
3. Il rappresentante degli azionisti
28. Secondo l'articolo 41 paragrafo 1 della legge del 1977, ogni società statalizzata doveva avere un rappresentante degli azionisti, incaricato di difendere "gli interessi dei portatori dei titoli di questa società in quanto alla determinazione del valore di base di questi titoli." Designato dai portatori durante una riunione tenuta in un termine prescritto, o a difetto dal ministro, poteva essere revocato da una risoluzione votata all'epoca di un'assemblea di questi (allegato 6). Il carico della sua parcella e dei suoi oneri incombeva sul ministro.
Il rappresentante degli azionisti aveva ragione di essere per l'idea che bisognava affidare assolutamente ad un delegato dei vecchi proprietari, che rappresentava i loro interessi collettivi, la cura esclusiva di condurre a loro nome negoziati e procedimenti di arbitraggio, per impedire la paralisi di queste con una profusione di domande individuali. Perciò, gli azionisti, sebbene gaudenti ciascuno di diritti di voto nelle loro assemblee, non partecipavano direttamente ai negoziati sull'indennizzo.
Secondo Sir W. L., il rappresentante non era tenuto di assicurarsi del consenso degli azionisti prima di accettare un'offerta di indennizzo durante i negoziati, né di investire il tribunale di arbitraggio se veniva pregato; sempre secondo questo richiedente, un azionista non aveva in fatto nessuno mezzo di portare il rappresentante a conformarsi alla sua volontà, sotto riserva del potere di revoca menzionata più alto. Il Governo risponde che gli azionisti disponevano dinnanzi alle giurisdizioni nazionali di un ricorso contro il rappresentante per trasgressione agli obblighi che gli toccano a titolo della legge del 1977 o, in virtù della common law, nella sua qualità di mandatario. Aggiunge che il rappresentante non poteva negare di impegnare un procedimento di arbitraggio se gli azionisti o, probabilmente, la maggioranza di essi glielo chiedessero, e che in pratica non avrebbe concluso senza il loro avvallo un accordo relativo all'importo dell'indennità.
4. Il tribunale arbitrale
29. L'articolo 42 della legge del 1977 creava un tribunale arbitrale delle industrie aeronautiche e navali. Per l'esame di una causa, il tribunale doveva costituirsi di un presidente giurista, chiamato dal Lord Cancelliere o, per le controversie scozzesi, dal presidente della Corte di Sessione, e di due altri membri, nominati dal ministro dopo consultazione dell'insieme dei rappresentanti degli azionisti, ce avevano uno esperienza delle cause, l'altro quella delle questioni finanziarie.
I criteri da osservare per la scelta dei membri del tribunale - in quanto alla loro reputazione, la loro esperienza e la mancanza completa di legame con le società statalizzate - erano elaborati in concertazione coi rappresentanti degli azionisti che erano invitati anche a presentare delle candidature.
Ciascuno dei membri del tribunale doveva restare in funzione durante il periodo fissato al momento della sua nomina. Avendolo designato l'autorità poteva dichiarare il posto vacante al motivo che l'interessato non era più atto ad assolvere il suo compito, ma ai termini dell'articolo 8 paragrafo 1 di una legge del 1971 (Tribunals and Inquiries Act) poteva farlo solamente col consenso del Lord Cancelliere o del presidente della Corte di Sessione. Altre disposizioni riguardavano le dimissioni, le vacanze di posti in caso di fallimento ed le sostituzioni a causa di malattia.
30. La competenza del tribunale si limitava alle materie enumerate nella legge del 1977; vi raffiguravano diverse pretese e domande che toccavano le clausole di salvaguardia e, la tenuta dell'indennizzo, la determinazione del "valore di base" mirata all'articolo 38 paragrafo 1 e le somme da dedurre in virtù dell'articolo 39( paragrafi 19 e 23-24 sopra). Per determinare il "valore di base", il tribunale poteva sentire le tesi delle parti sull'importanza da legare a tale elemento pertinente, ma non sull'equità della formula legale di indennizzo che lo legava.
La competenza relativa al "valore di base" ed alle deduzioni esisteva solamente in mancanza di accordo tra il ministro ed i rappresentanti degli azionisti, ma questo ultimo era libero di deferire ogni momento al tribunale la domanda dell'indennizzo dopo il giorno del trasferimento. Secondo il Governo - contraddetto da Sir W. L. -, niente in diritto impediva un azionista di rivolgersi al tribunale anche molto dopo che i negoziati non avevano raggiunto un accordo; in seguito, non poteva più investirlo anche se avesse stimato che la somma così fissata fosse troppo debole nella cornice della formula legale.
31. Il procedimento dinnanzi al tribunale ubbidiva a due ordinamenti del 1977 di cui uno per la Scozia (Aircraft and Shipbuilding Industrie Arbitration Tribunale Rules, Aircraft and Shipbuilding Industrie Arbitration Tribunale, Scottish Proceedings, Rules), stabilito rispettivamente dal Lord Cancelliere ed il Lord Avvocato. Somigliava a quello di una giurisdizione giudiziale; così, le udienze dovevano in principio svolgersi in pubblico.
32. Contro le decisioni del tribunale, un ricorso su ogni punto di diritto - ma non sull'importo dell'indennità - si apriva davanti alla Corte di Appelli d’Inghilterra e poi alla Corte di Sessione di Scozia , mediante autorizzazione, dinnanzi alla Camera dei Lord (allegato 7). Inoltre, un rappresentante degli azionisti poteva, secondo il Governo, invitare una giurisdizione ordinaria a ricercare se il ministro, formulando la sua offerta di indennizzo, avesse commesso un errore di diritto tramite una cattiva interpretazione o applicazione della legge del 1977.
C. Procedimento seguito per mettere in opera la legge del 1977
33. Fin dall'adozione della legge del 1977, Sigg.. Whinney Murray e Co., un importante studio di periti-contabili incaricati dal governo del consigliere nei procedimenti di indennizzo, intraprese a valutare le società mirate indirizzando un questionario a ciascuna di esse. Secondo il Governo, presto non si sarebbe più potuto provare ad ottenere la cooperazione delle società o dei loro azionisti, perché non si sapeva esattamente quando né sotto quale forma sarebbe stato votato questo testo molto controverso.
34. Per le azioni delle società statalizzate che erano iscritte alla quota ufficiale, il pagamento delle indennità ebbe luogo, dopo accordo, il 1 luglio 1977, data del loro trasferimento. A proposito delle altre, non quotate, i Sigg.. Whinney Murray e Co. fornirono al ministero dell'industria delle valutazioni preliminari nel gennaio 1978 per la maggior parte delle società, e nell'aprile 1978 per le imprese restanti, in vista del calcolo degli acconti versati durante questi mesi.
A diverse date tra dicembre 1977 e maggio 1978, i periti presentarono al ministero dei rapporti di valutazione completa. Delle informazioni figuranti di fatto furono comunicate, per osservazioni, alla società in causa ed al rappresentante degli azionisti riguardati (paragrafo 28 sopra). Il ministero ed i rappresentanti scambiarono delle memorie dal marzo all'ottobre 1978 dopo di che negoziarono. Dei nuovi pagamenti di acconti furono annunciati in luglio e novembre 1978 e, in certi casi, nel 1979.
35. Tra luglio 1978 ed i 7 agosti 1980 - data dell'annuncio, da parte del nuovo governo, della sua decisione di non modificare le modalità di indennizzo (paragrafo 17 sopra) - si conclusero differenti accordi, ma nessuno di essi riguardava le società statalizzate di cui si tratta sotto nello specifico, salvo K. (paragrafi 40-45). Poco dopo la dichiarazione menzionata più sopra, il segretario di stato (Minister of State) indicò, all'epoca di una serie di incontri coi rappresentanti degli azionisti che nei limiti della formula legale il ministero dell'industria avrebbe acconsentito a regolare le cause restanti per gli importi un poco superiori alle offerte già presentate durante i negoziati. Per le altre società qui in causa, tali ordinamenti arrivarono prima della fine del 1980.
36. Negoziando sull'indennizzo, il ministero dell'industria ed i suoi consiglieri utilizzarono i quattro seguenti metodi per arrivare ad una quotazione borsista ipotetica dei titoli non quotati.
a. Per la maggioranza delle società che realizzano dei utili, si ricorse ad un metodo fondato su essi. Servì in ogni caso di cui la Corte si trovava investita, eccetto V. T. e Y. S. (paragrafi 46-53 e 70-75); consisteva nel prendere in conto, mettendosi al periodo di riferimento, dei utili passati ed aspettati, dopo imposta, ed ad applicare un moltiplicatore adeguato (tasso di capitalizzazione borsista dell'utile netto) trattenuto per paragone con le società quotate in borsa. Siccome le quotazioni in borsa non dipendono unicamente dai utili, preparando le loro valutazioni i contabili del governo, riesaminarono alla luce della copertura-attivi e del rendimento delle azioni, là dove occorreva, le cifre alle quali li aveva condotti suddetto metodo.
b. Quando la società statalizzata era una filiale e le sue attività costituivano l'essenziale degli affari di una società i cui titoli, o alcuni di loro, figuravano alla quota ufficiale, si adoperò un metodo di valutazione legata alla società-madre, avuto riguardo all'articolo 38 paragrafo 6 della legge del 1977 (paragrafo 19 sopra). Servì per V. T. e Y. S.; consisteva nel dedurre dalla capitalizzazione media della società-madre durante il periodo di riferimento una valutazione degli elementi non trasferiti dal gruppo, o a ripartire questa capitalizzazione in funzione della parte rispettiva, nei utili del gruppo, degli elementi trasferiti e non trasferiti.
c. In certi altri casi, dove la società statalizzata non realizzava utili, si ricorse ad una valutazione fondata sugli attivi, partendo dall'ipotesi di una vendita di questi sul mercato libero durante il periodo di riferimento.
d. Un'altra società in deficit fu valutata secondo un metodo legato al capitale sociale, ossia per mezzo di un abbattimento sul valore nominale delle capitale-azioni emesso.
II. LE NAZIONALIZZAZIONI ALL'ORIGINE DEL PRESENTE PROCEDIMENTO
A. Introduzione
37. La presente controversia trae la sua origine dalla statalizzazione, in virtù della legge del 1977, delle sette imprese descritte qui sotto. Nessuna delle loro azioni, salvo le azioni privilegiate di K. (paragrafo 40 sotto) era quotata alla borsa di Londra così che a questa eccezione occorse valutare le indennità sulla base di un corso ipotetico (paragrafo 19 sopra).
38. La descrizione di ogni impresa fornisce in particolare delle precisioni sui utili e gli attivi. Salvo menzione contraria, provengono dai conti certificati della società. Indicano i utili anteriori imposta, non avendo la Corte sempre in suo possesso le cifre dopo imposta. L'importo degli attivi netto lascia da parte le imposte differite; non coincide anche con la cifra che figura nel rapporto della Commissione. I dati relativi alle liquidità o quasi-liquidità in cassa sono al lordo; fanno astrazione dei debiti.
39. Si trovano più avanti anche citate diverse stime che i richiedenti hanno comunicato alla Commissione poi alla Corte in quanto al valore dei loro beni statalizzati . In un modo generale, il Governo non le ha né contestato né commentate, non perché ne riconosce l'esattezza ma perché si scostano secondo lui della formula legale, compatibile con le esigenze della Convenzione.
B. La causa Kincaid
1. L'impresa statalizzata
40. Il 1 luglio 1977 furono trasferito a British Shipbuilders le azioni privilegiate ed ordinarie del J. G. K. & C. Ltd ("K.") che fabbricava a Greenock dei motori diesel per la marina. I primi, quotati in borsa, non hanno dato luogo nello specifico a nessuna lagnanza relativa alle indennità corrispondenti. Sir W. L., armatore di mestiere ed azionista più importante della società, possedeva 186.320 - poco più del 28% - delle 662.500 azioni ordinarie emesse.
41. a. I utili anteriore imposta di K. raggiungevano, per gli esercizi sotto, chiusi il 31 dicembre,
860.000 £ nel 1971
595.000 £ nel 1972;
387.000 £ nel 1973;
1.258.000 £ nel 1974;
1.740.000 £ nel 1975;
1.356.000 £ nel 1976.
Per il primo semestre del 1977, ammontavano a 700.000 £ circa secondo il rapporto della Commissione.
K. non riceveva ordini pubblici e non aveva bisogno di sovvenzioni speciali dallo stato.
Dal 1974 alla data del trasferimento, 513.000 £ al totale di dividendi furono versati per le azioni ordinarie; secondo Sir W. L., la limitazione legale dei dividendi ebbe per effetto di aumentare di 1.953.000 £ i fondi della società tra il periodo di riferimento ed il giorno del trasferimento.
b. Gli attivi netti di K. ammontavano:
al 31 dicembre 1972, a 3.679.530 £,;
al 31 dicembre 1973, a 3.723.528 £,;
al 30 giugno 1977, a 5.988.096 £.
Sir W. L. ha dichiarato dinnanzi alla Corte che K. disponeva al 30 giugno 1977 di un incasso liquido di 5.058.000 £.
42. Tuttavia, il richiedente ha indicato che durante il periodo di riferimento K. possedeva degli attivi netti dell'ordine di 9.500.000 £; ha prodotto una valutazione, stabilita dopo l'istanza dinnanzi alla Commissione, seguendo òla quale il valore della società al 28 febbraio 1974, calcolata conformemente alla legge del 1977 sulla base di una quotazione borsista ipotetica, si trovava tra 8.750.000 e 10.250.000 £. Ha stimato inoltre almeno a 18.000.000 £ gli attivi netti attribuibili agli azionisti ordinari al giorno del trasferimento. Tutte queste cifre tenevano conto di rivalutazioni dei locali ed attrezzature della società, effettuate da un studio di periti e che davano cifre molto superiori agli importi che apparivano nel bilancio. Secondo Sir W. L.,l’ incasso liquido al 30 giugno 1977 superava i bisogni di K..
2. I negoziati
43. Sottoposti al ministero dell'industria nel febbraio 1978, il rapporto di valutazione di Sigg.. Whinney Murray e Co. Riguardante la K. avanzava una cifra compresa tra 3.000.000 e 3.300.000 £; si basava sui utili (paragrafo 36 a, sopra). Non teneva conto della rivalutazione, operata dopo il periodo di riferimento, delle immobilizzazioni. Dopo che il ministero ed il rappresentante degli azionisti ebbero scambiato delle note nell'agosto 1978, i negoziati ufficiali cominciarono. Il primo offriva 2.750.000 £, il secondo ne richiedeva 5.500.000. Le discussioni ulteriori portarono in particolare sul punto di sapere se si fosse applicato un trattamento contabile differente nel caso in cui le azioni ordinarie della K. fossero state quotate in borsa. Lo scarto tra le parti si ridusse - nel febbraio 1979, da un lato a 3.500.000 contro £ 4.700.000 £ dall'altro - e dei nuovi negoziati arrivarono ad un accordo, concluso sotto riserva dell'approvazione dei vecchi azionisti, sulla cifra di 3.809.375 £.
44. Il 21 novembre 1979, gli azionisti si riunirono per esaminare un progetto di risoluzione che accettava questa somma così come veniva raccomandato loro dal loro rappresentante. Sir W. L. assisteva all'assemblea con otto altri azionisti, ma si astenne da votare: trovava insufficienti le informazioni disponibili in quanto all'ordinamento e l'importo non gli sembrava corrispondere al valore di K. durante il periodo di riferimento né alla data del trasferimento. I suffragi espressi furono tutti favorevoli e la risoluzione fu adottata dunque. Il rappresentante degli azionisti ratificò l'accordo l'indomani; il 4 dicembre 1979, la British Shipbuilders indirizzò un avviso che li informava delle indennità convenute ai vecchi azionisti.
45. Le indennità relative alle azioni ordinari di K. diedero luogo ai versamenti qui di seguito:
- nel gennaio 1978, un primo acconto (articolo 36 paragrafo 6 della legge del 1977, paragrafo 20 sopra) di 1.450.000 £;
- nel novembre 1978, un secondo acconto di 800.000 £;
- poco dopo la disposizione conclusa nel novembre 1979, il saldo ossia 1.559.375 £.
Tutti questi pagamenti rivestirono la forma di emissioni di buoni del Tesoro del 1981 a 9 3/4%, con un rendimento annuo corrente di circa il 10%.
L'indennità percepita da Sir W. L. per le sue azioni ordinarie ammontava a 1.071.340 £ al totale. Dichiara avere dovuto pagare su questa somma, consacrata da lui all'acquisto di elementi di attivo, 207.752 £ di imposta sui plusvalori.
C. La causa Vosper Thornycroft
1. L'impresa statalizzata
46. Il 1 luglio 1977 furono trasferito qui di seguito a B. S. le azioni di V. T., UK, Ltd e V. S. Ltd, designate congiuntamente sotto il nome di "V. T.") che si votavano principalmente alla costruzione navale e possedevano anche dei cantieri di risarcimento. Queste due società erano delle filiali al 100% di V., degli affari della quale le loro attività formavano una parte molto importante. Sebbene i suoi titoli fossero quotati in borsa, V. costituiva una filiale, strettamente controllata, di una società privata non quotata, la D.B. H. Ltd.
Tra il 1974 e il 1977, il gruppo V. aveva subito diverse modifiche di struttura. In breve, le sue attività commerciali, fino là condotteo soprattutto da una filiale, erano state affidate da prima alla società-madre poi, il 15 marzo 1977, rese a due filiali di cui una -V.T. (UK) Ltd - si occupava di costruzioni navali e l'altra -V. S. Ltd - di riparazioni navali. La seconda operazione cercava - in vano - ad evitare la statalizzazione dei cantieri di riparazione.
47. a. I utili anteriori imposta di V. T. o dei suoi predecessori raggiungevano per gli esercizi sotto, chiusi il 31 ottobre,
622.000 £ nel 1971;
1.321.000 £ nel 1972;
1.658.000 £ nel 1973;
3.262.000 £ nel 1974;
4.059.000 £ nel 1975;
5.536.000 £ nel 1976.
Per gli otto mesi trascorsi fino al 30 giugno 1977, ammontavano secondo il rapporto della Commissione a 5.236.000 £, o un tasso di utili annui prima di imposta di 7.850.000 £ al giorno del trasferimento.
Dal 1972 al 1974, V. T. aveva ricevuto 2.108.000 £ a titolo di aiuto pubblico alla costruzione navale.
Otteneva ordini consistenti dal ministero della Difesa del Regno Unito. Secondo il rapporto di valutazione menzionata al seguente paragrafo, dal 1971 al 1976 i contratti passati dal governo britannico rappresentarono tuttavia, solamente il 17% dei utili; il resto proveniva dalle esportazioni - il 64% del fatturato - e di altre sorgenti.
b. Secondo il rapporto della Commissione, gli attivi netti di V. T., come risultano dai libri contabili, ammontavano a 5.857.000 £ al 31 ottobre 1972 e 25.633.000 £ al 30 giugno 1977. V. ha dichiarato dinnanzi alla Corte di che gli attivi netti di V. T. constavano, al giorno del trasferimento, 5.500.000 £ di liquidità.
c. La capitalizzazione borsista media delle azioni ordinarie di V. durante il periodo di riferimento era di 4.500.000 £; la capitalizzazione era al 30 giugno 1977 di 5.800.000 £.
48. V. ha prodotto un rapporto di valutazione che riguarda V. T.. Preparato da un contabile che aveva anche la qualità di rappresentante dell'azionisti in causa, si basava sull'ipotesi in cui un venditore avesse ceduto l'impresa - supposta continuare le sue attività - ad un acquirente unico, il giorno del trasferimento, sul mercato libero ed in via amichevole. Il rapporto analizzava gli utili, l'attivo, il passivo, il margine al lordo di autofinanziamento e le prospettive di V. T. delle quali stimava il valore a 37.700.000 £ alla data del trasferimento. Giungeva a questo risultato valutando il livello di utili dopo imposta che poteva essere mantenuto applicandogli un moltiplicatore (tasso di capitalizzazione borsista dell'utile netto), adeguato per avere riguardo al "premio per presa di controllo" (paragrafo 98 sotto); l'adeguamento restava sotto alla media perché, si pensava, non ci sarebbero stati molti acquirenti potenziali.
Durante i negoziati, il rappresentante degli azionisti preparò un'altra valutazione. Partendo questa volta dall'ipotesi in cui le azioni di V. T. fossero state oggetto di un'offerta pubblica di vendita alla data del trasferimento, arrivò alla cifra di 35.400.000 £. Teneva conto del fatto che le azioni così offerte sarebbero state ad un prezzo inferiore al corso presunto che avrebbero avuto se figurassero già sull'elenco dello Borsa.
2. I negoziati
49. Sottoposti al ministero dell'industria nel dicembre 1977, il rapporto di valutazione di Sigg.. Whinney Murray e Co. riguardante V. T. avanzava una cifra compresa tra 4.200.000 e 4.600.000 £, da cui bisognava dedurre 1.139.200 £ in virtù dell'articolo 39 della legge del 1977; per le ragioni esposte al paragrafo 36 b, sopra, si basava sulla capitalizzazione borsista di V., la società-madre, durante il periodo di riferimento. Nel marzo 1978, lo stesso studio indirizzò al ministero un altro rapporto relativo alle operazioni di riorganizzazione del gruppo. Nel giugno 1978 ebbe luogo tra il ministero ed i rappresentanti degli azionisti un scambio di memorie. Il primo indicava nel suo che valutava V. T. a 3.757.000 £, a prescindere dagli abbattimenti necessari, secondo lui, ai termini dell'articolo 39, del capo dei dividendi versati per l'esercizio 1973-74 in aggiunta al massimo lecito ed a titolo della riorganizzazione del gruppo nel 1976-77, considerata come un'operazione "pertinente" (paragrafi 23-24 sopra). In ragione dell'incertezza che regnava in quanto all'importo delle deduzioni, si asteneva per l'istante da formulare un'offerta di indennizzo. Nel suo proprio esposto, il rappresentante degli azionisti chiedeva 35.400.000 £, sulla base della valutazione delle azioni alla data del trasferimento.
50. Tra luglio 1978 e marzo 1979 si svolsero quattro sedute di negoziato. Le parti si accordarono sull'importo delle deduzioni per dividendi eccessivi ed il ministero dell'industria accettò di rinunciare, nella cornice di un ordinamento pattuito, a chiedere un abbattimento a titolo della riorganizzazione. Su questa base, lanciò il 1 marzo 1979 la sua prima offerta ufficiale di indennità, ossia una somma netta di 3.500.000 £.
51. In seguito alle elezioni legislative di maggio 1979 (paragrafo 17 sopra) e a osservazioni indirizzate al nuovo governo, il ministero dell'industria introdusse, nel settembre 1979, un'offerta rivista di 4.500.000 £. Provocò altre osservazioni e dei preparativi di ricorso all'arbitraggio. Nell’ agosto 1980, all'epoca di una riunione, il segretario di stato portò l'offerta a 4.800.000 £, senza nessuna deduzione, e non escludeva un aumento supplementare del 10%.
All'epoca di un incontro ulteriore, il 17 settembre 1980, il rappresentante degli azionisti indicò per la prima volta come concepiva una valutazione fondata sul periodo di riferimento, nella cornice della formula fissata dalla legge; fino là, sembra, la sua tesi si appellasse per l'essenziale all'idea che l'indennizzo dovesse prendere per base il valore alla data del trasferimento. Avanzò una cifra di 10.000.000 £ ed aggiunse che si aspettava la concessione, dal tribunale di arbitraggio, di 6.000.000 £ circa. A questa riunione, il segretario di stato acconsentì per finire a fare passare l'offerta del governo a 5.300.000 £, ma non oltre.
52. Il 19 settembre 1980, il rappresentante degli azionisti scrisse al segretario di stato. Si dispiaceva della decisione del governo di non proporre di più e di non scostarsi neanche dalle modalità legali di indennizzo pur avendo riconosciuto l'ingiustizia manifesta; ammetteva quindi l'offerta finale corrispondeva al massimo da sperare per via di arbitraggio. Per attenuare le conseguenze dei nuovi ritardi, si diceva pronto a raccomandare l'accettazione dell'offerta. Il 7 ottobre 1980, V. l'autorizzò ad accettarla.
53. Le indennità relative alle azioni di V. T. diedero luogo a versamenti qui di seguito:
- nell'aprile 1978, un primo acconto di 650.000 £;
- nel novembre 1978, un secondo acconto di 700.000 £;
- poco dopo la disposizione conclusa nell'ottobre 1980, il saldo ossia 3.950.000 £.
Questi pagamenti rivestirono la forma di emissioni di buoni del Tesoro del 1981 a 9 3/4% per gli acconti e, per il residuo, del 1983 al 10%, con un rendimento annuo corrente rispettivamente di circa il 10% e di poco meno del 11%,.
D. La causa B.A.C.
1. L'impresa statalizzata
54. Il 29 aprile 1977 furono trasferite alla British Aerospace le azioni di B. A. C. (Holding) Ltd ("B.A.C".), principale costruttore aeronautico del Regno Unito. Appartenevano per una metà alla E. El., filiale al 100% di The G. E. C. PLC ("G.E.C".), per il resto a V.. Le azioni di G.E.C. e di V. sono quotate in borsa, ma B.A.C. non sosteneva un ruolo importante negli affari di questa ultima. Non raffigurava lei stessa, nella legge del 1977, sull'elenco delle società da statalizzare, ma passò al settore pubblico al posto di una filiale, B. A.t C. Ltd – che vi si trovava -, perché aveva acquisito la proprietà di fabbriche possedute un tempo da questa filiale (articoli 26 e 27, paragrafi 25-26 sopra).
55. a. I utili anteriori imposta di B.A.C. raggiungevano per gli esercizi, sotto chiusi il 31 dicembre,
6.571.000 £ nel 1972;
13.742.000 £ nel 1973;
24.207.000 £ nel 1974;
30.003.000 £ nel 1975;
39.912.000 £ nel 1976;
53.644.000 £ nel 1977.
B.A.C. non riceveva sovvenzioni speciali dallo stato. Esportò più del 70% della sua produzione del 1977.
b. Gli attivi netti di B.A.C. ammontavano a circa 32.400.000 £ alla fine del 1972, a 75.620.000 £ alla fine del 1976 ed a 80.575.000 £ alla fine del 1977. I suoi vecchi azionisti hanno dichiarato dinnanzi alla Corte che l'incasso ammontava a circa 57.800.000 £ alla fine di 1976 e 98.700.000 £ alla fine del 1977.
56. E. E. e V. affermano che B.A.C. si colloca tra le società più prospere del Regno Unito negli anni 70. Segnalano, per esempio, l'espansione delle vendite, dei utili, degli attivi e dei taccuini di ordini dal 1973 a 1977 così come le prospettive per l’ avvenire; secondo esse, una società i cui profitti crescevano ad un simile ritmo avrebbe conosciuto in borsa un tasso molto forte di capitalizzazione dell'utile netto ed un valore commerciale superiore a quella degli attivi netti. Producono una valutazione secondo la quale B.A.C. aveva al giorno del trasferimento un valore di almeno 275.000.000 £, da aumentare di almeno il 30% del capo del "premio di presa di controllo" (paragrafo 98 sotto) o un valore globale di 350.000.000.
2. I negoziati
57. Nell'occorrenza, i negoziati si distinsero per tutta la loro durata per una divergenza fondamentale di ottica tra i rappresentanti degli azionisti ed il ministero dell'industria. Il primo adottava una concezione "discrezionale" secondo la quale il ministro godeva di una certa latitudine in quanto all'importo al quale poteva acconsentire durante le trattazioni , legando la formula legale di indennizzo solamente il tribunale arbitrale; su questa base, il periodo di riferimento non entrava in fila di conto per i negoziati e l'indennizzo poteva e doveva basarsi sul valore commerciale al giorno del trasferimento. Il ministero, partiva da una concezione "legale" secondo la quale i negoziati non potevano svolgersi che nella cornice della formula fissata dalla legge; su questa base, l'indennità da dibattere sarebbe dipesa dal valore che le azioni di B.A.C. avrebbero avuto se fossero figurato alla quota ufficiale durante il periodo di riferimento, ed i risultati ulteriori della società costituivano un elemento non pertinente salvo nella misura in cui un investitore avveduto si sarebbe potuto aspettare.
58. Il 15 aprile 1977, il rappresentante degli azionisti indicò al ministero dell'industria, a titolo preliminare che sulla base degli utili del 1976 la capitalizzazione borsista di B.A.C si sarebbe trovata probabilmente tra 150.000.000 e 165.000.000 £, all'esclusione di ogni "premio per presa di controllo" che porterebbe questo importo almeno a 200.000.000 £. Il 15 agosto 1977, diede una nuova valutazione ossia 250.000.000 £. Sussegue una corrispondenza nella quale il ministero ed il rappresentante difesero rispettivamente la concezione "legale" e la concezione "discrezionale." Il primo aggiunse che il suo ritardo ad aprire i negoziati si spiegava con l'ampiezza e la minuziosità dei lavori necessari per formarsi un'opinione analizzata del valore di base delle azioni durante il periodo di riferimento.
59. Sottoposto al ministero dell'industria nel gennaio 1978, il rapporto di valutazione dei Sigg.. Whinney Murray e Co. Riguardante la B.A.C. avanzava una cifra compresa tra 31.000.000 e 35.000.000 £, da cui bisognava dedurre 13.736.000 £ in virtù dell'articolo 39 della legge del 1977; si basava sugli utili( paragrafo 36 ha, sopra). Il 25 gennaio 1978, il governo annunciò il pagamento di un primo acconto di 6.100.000 £ sulle indennità; G.E.C. e V. pubblicarono una dichiarazione comune che criticava in sostanza la debolezza della somma versata. Dopo ricevimento della parte descrittiva del rapporto, il rappresentante degli azionisti scrisse il 9 febbraio 1978 al ministero per dire che sforzandosi di arrivare ad una cifra "equa e ragionevole alla luce di tutte le circostanze" ed avendo riguardo, tra altri, alla curva degli utili, all'espansione degli ordini, alle esportazioni ed al margine lordo di autofinanziamento, valutava la B.A.C. a 255.100.000 £, importo da aumentare di molto per tenere conto di ogni "premio per presa di controllo".
Nel maggio 1978, il ministero mandò al rappresentante degli azionisti un esposto che precisava che ai suoi occhi il buono metodo di valutazione consisteva in capitalizzare, utilizzando un coefficiente adeguato di capitalizzazione degli utili netti,gli utili dopo imposta dell'esercizio avendo preso fine al 31 dicembre 1972, o 3.300.000 £,; il valore di base così stabilito dovrebbe subire, in applicazione dell'articolo 39 della legge del 1977 (paragrafi 23-24 sopra) un abbattimento per certi dividendi distribuiti nel 1974. L'esposto non formulava nessuna offerta di indennizzo perché, dalla cornice della legge usciva secondo il governo, la concezione "discrezionale" di cui il rappresentante degli azionisti rimaneva sostenitore nella corrispondenza in corso,.
Mantenendo questa ottica, il rappresentante rimise al ministero, il 6 luglio 1978, un rapporto dove stimava a 275.000.000 £ il valore che B.A.C. avrebbe avuto in borsa alla data del trasferimento. Secondo E. E. e V., un rappresentante del ministero riconobbe che sarebbe arrivato probabilmente ad un risultato analogo se avesse tentato una valutazione borsista alla data del trasferimento e qualificò "spettacolare" l'espansione di B.A.C dal 1973 al 1977. Il ministero affermava però di nuovo non potere, del parere dei suoi consiglieri giuridici, negoziare che sulla base della concezione "legale."
60. Il 7 agosto 1978, il rappresentante degli azionisti, senza rinunciare alla concezione "discrezionale", scrisse al ministero esponendo la sua idea del valore borsista ipotetico di B.A.C. nel 1974: un importo di 255.000.000 £ avrebbe dato un rendimento aspettato appena inferiore al 4%, un coefficiente di copertura dei dividendi di 1,7 ed un coefficiente aspettato di capitalizzazione dell'utile netto un poco superiore a 20, cifre che non avrebbero avuto niente di anormale per un tasso di crescita come quello di B.A.C.. Aggiungeva che a 200.000.000 £ la valutazione delle azioni sarebbe stata molto ragionevole.
Alcune discussioni si avviarono allora sul punto di sapere se ci si fosse potuto aspettare degli utili di B.A.C. dopo il periodo di riferimento. Il 29 settembre 1978, il rappresentante degli azionisti dichiarò che anche una compressione massiccia della valutazione durante questo periodo lascerebbe un importo di 175.000.000 £. Il ministero riconobbe che gli utili del 1973 potevano servire da base alla valutazione degli utili futuri prevedibili durante suddetto periodo.
61. Il 16 novembre 1978, il ministero dell'industria lanciò un'offerta preliminare dell'ordine di 51.000.000 £ dopo deduzione, in virtù dell'articolo 39 della legge del 1977, di 19.700.000 £ per i dividendi - 31.810.000 £ al totale - distribuiti da B.A.C. a titolo degli esercizi dal 1973 al 1976, principalmente un dividendo speciale di 15.000.000 £ prelevato nel febbraio 1974 sulle riserve e considerato come un'operazione "pertinente" al senso dell'articolo 30 (paragrafo 24 sopra). In caso di ricorso all'arbitraggio, segnalava, avrebbe sostenuto che 51.000.000 £ costituivano la valutazione adeguata. Nel dicembre 1978, tuttavia, propose 81.000.000 £; nel marzo 1979, il rappresentante degli azionisti dichiarò potere accettare 127.000.000 £ a guisa di compromesso.
62. Le discussioni ripresero dopo le elezioni legislative del maggio 1979 (paragrafo 17 sopra). Nel settembre 1979, il ministero indicò che nella cornice di un ordinamento pattuito, si sarebbe potuto riportare eventualmente a 15.000.000 £ la somma da dedurre in applicazione dell'articolo 39 e che avrebbe prtato la sua offerta a 85.000.000 £. Il rappresentante degli azionisti suggerì un importo di 115.000.000 £ in via di compromesso.
Nel novembre 1979, produsse però un esposto dove tornava alla concezione "discrezionale." Aggiungeva che i consulenti finanziari (merchant bankers) degli azionisti avevano espresso un'opinione categorica: secondo essi, "il valore di base" dei titoli di B.A.C. durante il periodo "pertinente", calcolato come da un arbitro nella cornice della legge, raggiungerebbe almeno 140.000.000 £. Affermava inoltre che il ministero, limitando i dividendi tra il 1974 e le date del trasferimento, era andato al di là di ciò che era necessario o prudente; l'approvazione retroattiva, dal parte del ministro, del dividendo speciale del 1974 si giustificava dunque in modo che questo non fosse deducibile dell'indennità (paragrafi 22-24 sopra9. Questa richiesta non incontrò eco favorevole; per finire, le deduzioni operate in virtù dell'articolo 39 sono cadute a 19.700.000 £.
63. Dopo una corrispondenza supplementare e delle nuove discussioni, il ministero formulò nell'agosto 1980 un'offerta finale di 95.000.000 £, netta di ogni deduzione. Il 18 agosto 1980, il rappresentante degli azionisti si dichiarò pronto a raccomandarne l'accettazione ed un accordo sulla cifra in questione fu concluso regolarmente.
64. Le indennità relative alle azioni di B.A.C. danno luogo a versamenti qui di seguito:
- il 10 febbraio 1978, un primo acconto di 6.100.000 £;
- il 2 agosto 1978, un secondo acconto di 3.550.000 £;
- il 5 dicembre 1978, un terzo acconto di 30.350.000 £;
- il 28 agosto 1980, il saldo ossia 55.000.000 £.
Questi pagamenti rivestirono la forma di emissioni di buoni del Tesoro del 1981 a 9 3/4% per gli acconti e, per il residuo, del 1983 al 10%, con un rendimento annuo corrente rispettivamente di circa 10 e 11%,.
E. La causa Hall Russell
1. L'impresa statalizzata
65. Il 1 luglio 1977 furono trasferite a British Shipbuilders le azioni di H.l R. & C. Ltd ("H. R."). Società a responsabilità limitata registrata in Scozia, si occupava di costruzione e di riparazioni navali ad Aberdeen; era una filiale al 100% di B., società a responsabilità illimitata, lei stessa filiale al 100% di N. S. che contava quattro azionisti.
66. a. Secondo il rapporto della Commissione, gli utili anteriore imposta di H. R. raggiungevano per gli esercizi sotto, chiusi il 31 marzo,
425.000 £ nel 1972;
480.000 £ nel 1973;
151.000 £ nel 1974;
177.000 £ nel 1975;
498.000 £ nel 1976;
825.000 £ nel 1977.
Per il secondo trimestre del 1977, ammontavano a 292.374 £.
Dal 1973 al 1975, H. R.l aveva ricevuto 657.000 £ a titolo di aiuto pubblico alla costruzione navale.
b. I suoi attivi netti ammontavano a 1.358.000 £ al 31 marzo 1973 e 1.622.573 £ al 30 giugno 1977. Nella loro memoria alla Corte, i suoi vecchi azionisti menzionano un incasso di 3.355.000 £ al giorno del trasferimento.
67. Secondo B. e N. S., H. R. era un'impresa sana ed in espansione, come lo confermerebbero i suoi risultati dopo la statalizzazione. Citando un rapporto stabilito nell'ottobre 1978 in vista dei negoziati e prendendo in conto gli utili anteriori, il valore netto delle immobilizzazioni corporali ed il rendimento dei dividendi, sostengono che avrebbero dovuto toccare 3.500.000 £ di indennità se si fosse valutata la H. R. alla data del trasferimento.
2. I negoziati
68. Sottoposti al ministro dell'industria nel marzo 1978, il rapporto di valutazione dei Sigg.. Whinney Murray e Co. Concernenti la H. R. avanzavano una cifra compresa tra 900.000 a 1.000.000 £; si basava sui utili (paragrafo 36 ha, sopra). Nell’ottobre dello stesso anno il ministero e il rappresentante degli azionisti si scambiarono delle memorie. Il primo proponeva 800.000 £. Quanto al secondo, sosteneva che l'articolo 38 della legge del 1977 (paragrafo 19 sopra) accordava al ministro una certa latitudine in materia di indennizzo e che il valore alla data del trasferimento, o 3.500.000 £, costituiva l'unica base equo.
Nel novembre 1978, il rappresentante degli azionisti avanzò, per il periodo di riferimento, una valutazione di 2.500.000 a 3.000.000 £. Il governo offrì nel marzo 1979 1.000.000 £, poi 1.500.000 £, e si arrivò ad un accordo su questo ultimo valore nel novembre 1980.
69. Le indennità relative alle azioni di H. R. diedero luogo a versamenti qui di seguito:
- il 7 febbraio 1978, un primo acconto di 300.000 £;
- il 1 agosto 1978, un secondo acconto di 100.000 £;
- il 5 dicembre 1978, un terzo acconto di 250.000 £;
- il 21 novembre 1980, il saldo ossia 850.000 £.
Questi pagamenti rivestirono la forma di emissioni di buoni del Tesoro per gli acconti del 1981 a 9 3/4% e al 10% per il residuo del 1983, il tasso di rendimento annuo corrente ammonta rispettivamente al 10% circa ed ad poco meno dell’ 11%,.
F. La causa Yarrow Shipbuilders
1. L'impresa statalizzata
70. Il 1 luglio 1977 furono trasferite a British Shipbuilders le azioni di Y. (S.) Ltd ("Y. S.") che si occupava a Glasgow della costruzione di navi da guerra ed altri bastimentii specializzati. Filiale al 100% di Y. I cui titoli erano quotati in borsa, le sue attività rappresentavano una parte importante degli affari di questa società.
Nel 1968, Y., fino là proprietario della totalità delle azioni di Y. S., ne aveva venduto il 51% ad un'altra società per 1.800.000 £ sotto la pressione, dice, del governo. In seguito, Y. S. aveva registrato delle perdite ed nel 1971 Y. aveva ricomprato le azioni per 1 £ dopo avere preso in prestito dal ministero dalla Difesa 4.500.000 £ per sostituire il fondo di circolazione eroso dal deficit. Questo prestito era accompagnato dalla condizione che una volta ridivenuta redditizia, Y. S. avrebbe potuto distribuire i suoi utili alla società-madre sotto forma di dividendi solo con l'accordo preliminare del ministro della Difesa. Y. l'avrebbe potuto rimborsare per 1973/1974 ma decise di non farne niente; le restrizioni relative ai dividendi si applicarono per tutto il periodo di riferimento dunque.
71. a. Gli utili anteriore imposta di Y. S. raggiungevano per gli esercizi sotto, chiusi il 30 giugno,
308.000 £ nel 1971;
607.000 £ nel 1972;
3.025.000 £ nel 1973;
7.088.000 £ nel 1974;
5.619.000 £ nel 1975;
4.887.000 £ nel 1976;
3.123.000 £ nel 1977.
Secondo Y., gli utili dopo imposta dalla fine del periodo di riferimento alla data del trasferimento totalizzavano circa 12.000.000 £. Nell'intervallo, Y. S. fu autorizzata dal ministro della Difesa a versare alla società-madre solo 2.600.000 £ di dividendi; 9.400.000 £ di utili rimasero nelle sue mani dunque e si ritrovarono negli averi che passarono al settore pubblico all'epoca della statalizzazione. Y. afferma avere tolto della sua filiale, all'epoca, un rendimento nell'ordine di un terzo solamente di ciò che sarebbe dovuto essere.
Oltre il prestito acconsentito nel 1971 dal ministero della Difesa, Y. S. aveva ricevuto, dal 1972 al 1977, 3.114.000 £ a titolo di aiuto pubblico alla costruzione navale. Le sovvenzioni riguardavano tutti dei contratti di esportazione che avevano sempre sostenuto un grande ruolo nel fatturato della società.
b. Secondo Y., il valore netto delle immobilizzazioni corporali di Y. S. ammontava a 1.327.000 £ al 30 giugno 1973, secondo le norme contabili, ed a 10.500.000 £ al 30 giugno 1977 così come lo mostrava la contabilità della società.
c. La capitalizzazione media delle azioni ordinarie di Y. durante il periodo di riferimento non ha superato 4.800.000 £.
72. Y. ha prodotto un rapporto, preparato da un studio di periti-contabili, secondo il quale un importo di 16.000.000 £, rappresentava una valutazione corretta di Y. S. alla data del trasferimento. Il metodo adoperato portava a chiedersi quale prezzo avrebbe pagato un acquirente unico che avesse acquisito il controllo al 100%; adottava due passi successivi. La prima consisteva in stimare il livello di utili dopo imposta suscettibile di essere mantenuto ed a capitalizzarlo applicandogli un moltiplicatore (tasso di capitalizzazione borsista dell'utile netto); il secondo, a colpire di un tale coefficiente gli ultimi utili dopo imposta registrata. Conducevano rispettivamente ad un valore di 16.320.000 e 15.750.000 £. Il rapporto aggiungeva questo commento: "Il valore netto degli attivi di una società che lavora su una base duratura non costituisce, in generale, un elemento maggiore per valutarne le azioni. L'acquirente acquista normalmente queste ultime nell'attesa non della vendita degli attivi, ma della loro utilizzazione nell'impresa ai fini lucrativi."
In ordine sussidiario, Y. pretende che il valore di Y. S. durante il periodo di riferimento raggiungesse 17.500.000 £, come il rappresentante degli azionisti ha sostenuto all'inizio dei negoziati, (paragrafo 73 sotto).
2. I negoziati
73. Nel settembre 1977, il rappresentante degli azionisti presentò al ministero dell'industria un esposto sulla situazione di Y. S.. Il rapporto di Sigg.. W. Sig. e C. sulla società avanzava una cifra compresi tra 2.800.000 e 3.200.000 £. Rimessi al ministero dell'industria nel dicembre 1977, si basava sulla capitalizzazione borsista della società-madre, Y., durante il periodo di riferimento. La ragione non ne era solamente che Y. S. conduceva l'essenziale delle attività di Y., paragrafo 36 b, sopra): i periti pensavano inoltre che senza l'appoggio finanziario di Y. e mancanza di potere distribuire dei dividendi, a causa dei termini del prestito del ministero della Difesa, Y. S.aurait potuto avere un valore puramente nominale. Stimavano anche che non si poteva valutarlo con l'aiuto dei criteri normali - utili, rendimento dei dividendi o garantita degli attivi - e rilevavano che le restrizioni rigorose al versamento di dividendi colpivano la reputazione ed il valore della filiale come la società-madre.
I negoziati si aprirono nel marzo 1978 su un scambio di valutazioni tra le parti: 2.800.000 £ secondo il ministero, 17.500.000 £ secondo il rappresentante. Nel caso del secondo, si trattava di un calcolo sulla base dei utili; prendeva in conto i profitti aspettati di Y. S.s per l'esercizio chiuso nel giugno 1974 e partiva immediatamente dall'ipotesi di un'offerta di vendita delle azioni in borsa prima del periodo di riferimento.
Nei negoziati ulteriori, le discussioni caddero in particolare sulla possibilità di autorizzare dei nuovi versamenti di dividendi per il periodo anteriore al giorno del trasferimento; sul punto di sapere se si doveva presumere che il prestito del ministero della Difesa sarebbe stato sostituito da altro in caso di quotazione borsista delle azioni di Y. S.; sulla pertinenza di una valutazione con riferimento sia ad un'offerta di vendita, o alla società-madre; e sulle conseguenze di un'eventuale limitazione dei dividendi per la capitalizzazione borsista di Ci..
74. Nel luglio 1978, il governo propose 4.000.000 £ ed in settembre il rappresentante degli azionisti ne richiese il triplo. Il primo formulò altre offerte nell'agosto 1979 nell'agosto 1980 poi, e nell'ottobre 1980 l'accordo si fece su un'indennità di 6.000.000 £. Y. accettò questa cifra dopo avere appreso che il ricorso all'arbitraggio si sarebbe potuto manifestare per lei, secondo la legge del 1977, nella concessione di una somma non superiora alla sua propria capitalizzazione che non superava 4.800.000 £.
75. Le indennità relative alle azioni di Y. S. diedero qui di seguito luogo a versamenti:
- nel febbraio 1978, un primo acconto di 1.400.000 £;
- nel dicembre 1978, un secondo acconto di 850.000 £;
- il 21 ottobre 1980, il saldo a sapere 3.750.000 £.
Questi pagamenti rivestirono la forma di emissioni di buone del Tesoro del 1981 a 9 3/4% per gli acconti e del 1983 al 10% per il residuo, con rendimento annua corrente di circa il 10% e di un poco meno del 11%, rispettivamente.
G. La causa Vickers Shipbuilding
1. L'impresa statalizzata
76. Il 1 luglio 1977 furono trasferite a British Shipbuilders a) le azioni di V. S. Group Ltd, filiale al 100% di V. e b) certi altri interessi di V. nella costruzione navale, trasferiti a V. S. Group Ltd in quanto averi che si riferiscono alle sue attività (articolo 20 della legge del 1977, paragrafo 18 sopra). Le questioni così statalizzate, nominate collettivamente sotto il nome di "V. S.") avevano per specialità la concezione e la costruzione di navi da guerra altamente perfezionate. V. S. non rientrava per più di un quarto nelle attività di V..
77. a. Gli utili anteriore imposta di V. S. raggiungevano per gli esercizi sotto, chiusi il 31 dicembre,
2.618.000 £ nel 1972;
2.177.000 £ nel 1973;
5.515.000 £ nel 1974;
4.841.000 £ nel 1975;
3.746.000 £ nel 1976.
Per il primo semestre del 1977, ammontavano a 3.948.000 £.
V. S. riceveva delle deboli sovvenzioni a titolo di aiuto pubblico alla costruzione navale, sempre a proposito di contratti di esportazione.
b. I suoi attivi netti ammontavano a 14.337.000 £ al 31 dicembre 1972, le sue immobilizzazioni corporali nette, cioè a prescindere dalle imposte differite il cui volume non risulta dai documenti forniti alla Corte, a 32.431.000 £ al 30 giugno 1977.
78. V. ha presentato una valutazione secondo la quale, avuto riguardo agli utili passati, alle prospettive ed agli attivi netti, il valore di V. S. al giorno del trasferimento non sarebbe stato in via amichevole inferiore a 25.000.000 £ in caso di vendita tra due privati. Si era arrivato a questo risultato stimando il livello degli utili dopo imposta suscettibile di essere mantenuto e applicandogli un moltiplicatore, tasso di capitalizzazione borsista dell'utile netto, adeguato in modo da tenere conto del "premio di presa di controllo" (paragrafo 98 sotto).
2. I negoziati
79. Ai termini dell'articolo 38 paragrafo 7 della legge del 1977, per valutare le azioni di V. S. G. Ltd bisognava partire dall'ipotesi che durante il periodo di riferimento possedeva già gli interessi a lei trasferiti in virtù dell'articolo 20( paragrafo 76 sopra). I negoziati si svolsero dunque come se V. S. avesse costituito un'impresa unica a tutte le epoche pertinenti; dei dati finanziari stabiliti su questa base dai commissari dei conti di V. in vista delle discussioni furono accettati nel marzo 1978. Certe altre domande preliminari di cui una riguardante l'imposizione, sorsero e trovarono una soluzione.
80. Sottoposti al ministero dell'industria nel maggio 1978, il rapporto dei Sigg.. W. M e C. riguardando V. S. avanzava una cifra compresa tra 11.500.000 e 12.700.000 £; si basava sugli utili, (paragrafo 36 a, sopra). I negoziati ufficiali si aprirono il mese seguente con un scambio di memorie: il governo proponeva un'indennità di 10.550.000 £, il rappresentante degli azionisti chiedeva 20.060.000 £. Il primo portò poi la sua offerta a 13.500.000 £ mentre il secondo indicava 17.000.000 £ come minimo accettabile. Nel novembre 1978, il ministero dichiarò che non consentiva ad aumentare ancora la sua offerta e che nell'eventualità di un arbitraggio, si sarebbe è pronuinciato in favore di un livello inferiore; il rappresentante degli azionisti rispose che avrebbe investito il tribunale. Nel settembre 1979 - dopo le elezioni legislative del maggio 1979 (paragrafo 17 sopra) -, V. fu informata che il nuovo governo aveva deciso di non cambiare niente delle modalità di indennizzo ed aveva confermato il limite di 13.500.000 £ fissato dal ministero per i bisogni dei negoziati.
81. Lo stesso mese, il rappresentante degli azionisti impegnò un'istanza dinnanzi al tribunale arbitrale( paragrafi 29-32 sopra). Sussegue un scambio di memorie; il rappresentante degli azionisti sosteneva per 16.695.999 £ di indennità, il ministero per 12.210.000 £. Le udienze cominciarono nel settembre 1980, ma il 26 le parti si accordarono su una somma di 14.450.000 £.
82. Nel gennaio 1978, il ministero dell'industria aveva avvertito V. che non ci sarebbe stato, per il momento, pagamento di acconti( articolo 36 paragrafo 6 della legge del 1977) perché le discussioni sul problema fiscale (paragrafo 79 in fine sopra,)non erano ancora arrivate.
Le indennità relative all'impresa statalizzata diedero ulteriormente, luogo a versamenti qui di seguito:
- verso aprile 1978, un primo acconto di 4.000.000 £;
- verso luglio 1978, un secondo acconto di 1.250.000 £;
- verso novembre 1978, un terzo acconto di 3.200.000 £;
- verso marzo 1980, un quarto acconto di 3.150.000 £;
- verso settembre 1980, il saldo ossia 2.850.000 £.
Questi ordinamenti rivestirono la forma di emissioni di buoni del Tesoro del 1981 a 9 3/4% per i primi tre acconti e del 1983 al 10% per il quarto così come il residuo, con un rendimento annuo corrente rispettivamente di circa 10 e 11%,.
H. La causa Brooke Marine scuro
1. L'impresa statalizzata
83. Il 1 luglio 1977 furono trasferite a British Shipbuilders le azioni di B. M. Ltd ("B. M. "), impresa impiantata a Lowestoft e specializzata nella costruzione di piccoli navi da guerra. Appartenevano per il 74,39% a D., per il 21,34% ad I. e per il 4,27% a P.. Tra i titoli statalizzati raffiguravano 196.000 azioni rilasciate ai proprietari nel marzo 1976, dopo che ebbero esercitato nei termini un diritto di opzione che permette di convertire degli obblighi in azioni nuove.
84. a. Gli utili anteriori imposta di B. M. raggiungevano per gli esercizi sotto, chiusi il 31 marzo,
427.000 £ nel 1973;
523.000 £ nel 1974;
792.000 £ nel 1975;
711.000 £ nel 1976;
865.000 £ nel 1977.
Per il secondo trimestre del 1977, ammontavano a 270.000 £ secondo il rapporto della Commissione.
Di 1973 a 1977, B. M. aveva ricevuto 888.000 £ a titolo d'aiuto pubblico alla costruzione navale. Realizzava circa il 70% del suo fatturato all'esportazione.
b. I suoi attivi netti ammontavano a 1.049.000 £ al 31 marzo 1973 ed a 4.870.000 al 30 giugno 1977. Al giorno del trasferimento, comprendevano 2.200.000 £ di liquidità da ciò che i vecchi azionisti hanno dichiarato dinnanzi alla Corte.
85. In 1973-1974, B. M. ebbe con V. S. G. e V. T. Ltd dei negoziati che riguardavano il suo eventuale riscatto - per un prezzo situato entro 2.500.000 e 3.000.000 £ - con una o con l'altra di queste società. La prospettiva di statalizzazione ne provocò l’arresto.
86. D., I. e P. hanno prodotto un rapporto, preparato da un studio di periti-contabili secondo il quale si poteva valutare ragionevolmente B. M. a 5.000.000 £ al giorno del trasferimento se si partiva dall'idea di un contratto di vendita conclusa, in via amichevole, tra due privati e di un'impresa chiamata, all'epoca, a continuare le sue attività. Arrivava a questo risultato stimando il livello degli utili dopo imposta suscettibile di essere mantenuto e applicandogli un moltiplicatore, il tasso di capitalizzazione borsista dell'utile netto, adeguato in modo da tenere conto del "premio per presa di controllo" (paragrafo 98 sotto). Il governo non ammette l'esattezza delle cifre utilizzate per gli utili ed il moltiplicatore.
2. I negoziati
87. Anche prima della data del trasferimento, B. M. aveva avuto dal ministero dell'industria dei contatti su delle domande riguardo l'indennizzo.
In primo luogo, il ministero non volle, il 28 gennaio 1975, dare l'assicurazione che si sarebbe avuto riguardo a certi lavori di ammodernamento per fissare l'indennità. Al mese di dicembre precedente, il presidente di B. M. aveva chiesto ai poteri pubblici di approvarli; l'aveva fatto per preservare i diritti ad indennità e, all'occorrenza, per non cozzare contro le clausole di salvaguardia da inserire nella legge di statalizzazione e di cui si ignorava ancora il dettaglio. Tuttavia, secondo i vecchi proprietari una nota di B. M., relativa ad un incontro tra i suoi rappresentanti e quelli del ministero nel giugno 1975, segnalava la promessa dei secondi che l'indennità avrebbe tenuto conto dei cambiamenti posteriori al febbraio 1974 (fine del periodo di riferimento).
In secondo luogo, alla luce delle clausole di salvaguardia (paragrafi 22-23 sopra) B. M. che aveva avuto per politica di reinvestire i suoi utili nell'impresa in passato, sollecitò ed ottenne – con alcune eccezioni - l'autorizzazione di versare certi dividendi nel periodo che andava fino al luglio 1977. Secondo i suoi vecchi azionisti, avrebbe potuto provare a vedersela accordare per gli importi più elevati se le sue discussioni col ministero dell'industria non l'avessero portata a pensare che gliela avrebbe rifiutata e che i dividendi non distribuiti sarebbero entrati in fila di conto nella cornice della formula stabilita dalla legge. Secondo la contabilità di B. M., i dividendi autorizzati per i tre esercizi che si concludono al 31 marzo 1975, 1976 e 1977 totalizzavano 190.000 £, mentre gli utili dopo imposta raggiungevano 1.388.758 £ per lo stesso periodo.
88. Nel gennaio 1978, il rappresentante degli azionisti scrisse al ministero per protestare contro l'importo dell'acconto offerto dal governo, 350.000 £, giudicandolo "irrisorio" rispetto al valore di B. M..
Indirizzato al ministero nel marzo 1978, il rapporto dei Sigg.. Whinney Murray e Co. concernente la società avanzavano una cifra compresa tra 860.000 e 960.000 £. Per le azioni recentemente emesse (paragrafo 83 in fine sopra) considerava il loro prezzo di origine conformemente all'articolo 38 paragrafo 10 della legge del 1977 (paragrafo 19 sopra); in quanto agli altri, per stimarne il valore durante il periodo di riferimento si basava sugli utili( paragrafo 36 a, sopra). La parte descrittiva del rapporto fu comunicata al rappresentante degli azionisti. Secondo D., I. e P., rinchiudeva alcuni errori e delle omissioni gravi, ciò che fu segnalato per iscritto al ministero; secondo il governo, non celava i inesattezze materiali.
89. Nel luglio 1978 si aprirono dei negoziati ufficiali: il rappresentante degli azionisti mandò un esposto che richiedeva un'indennità di 4.500.000 £, il ministero rispose proponendo 806.000 £. Dopo parecchi incontri, il ministero dichiarò, nel marzo 1979, che avrebbe potuto acconsentire ad aumentare la sua offerta e avrebbe potuto citare una cifra da 1.400.000 a 1.500.000 £. Durante i negoziati, affermò che il valore delle azioni di B. M. durante il periodo di riferimento avrebbe subito gli effetti negativi di pretese che derivavano da certi contratti sfavorevoli così come dalle opzioni che permettono di convertire degli obblighi in azioni (paragrafo 83 sopra). Secondo lui, la legge del 1977 non contemplava la presa in conto, nella determinazione del valore, di quella delle opzioni durante il periodo di riferimento. Il rappresentante degli azionisti non sottoscrisse questa tesi e lo si convinse, in seguito, di non discuterne più avanti.
90. Nel novembre 1979, il ministero presentò un'offerta rivista di un importo di 1.250.000 £. Il seguito dei negoziati cadde in particolare sui punti di sapere se l'articolo 38 della legge del 1977 obbligava il ministro, valutando il valore borsista ipotetico, ad avere riguardo alle conseguenze probabili, o solamente alle conseguenze inevitabili, della quotazione di una società e se i negoziati suddetti con V. S. G. e V. T. Ltd (paragrafo 85 sopra) sarebbero stati annunciati al pubblico nel caso in cui le azioni di B. M. fossero figurate alla quota ufficiale.
Nell'agosto 1980, il segretario di stato all'industria indicò che il limite superiore assoluto per il governo era di 1.500.000 £, ma altri contatti condussero, nel dicembre 1980, ad una nuova offerta più forte - 1.800.000 £ -, che il rappresentante degli azionisti accettò l’ 11.
91. Le indennità relative a B. M. diedero luogo ai versamenti qui di seguito:
- nel gennaio 1978, un primo acconto di 350.000 £;
- nel luglio 1978, un secondo acconto di 50.000 £;
- nel novembre 1978, un terzo acconto di 250.000 £;
- nel dicembre 1980, il saldo ossia 1.150.000 £.
Questi pagamenti rivestirono la forma di emissioni di buoni del Tesoro del 1981 a 9 3/4% per gli acconti e del 1983 al 10% per il residuo, con un rendimento annuo corrente rispettivamente di circa il 10% e di poco meno del 11%,.
III. CONTESTO GENERALE
A. Inflazione prezzo delle azioni e tassi di interesse
92. L'inflazione nel Regno Unito, misurata con l'indice dei prezzi al dettaglio, ha conosciuto dal 1974 al 1980 un ritmo abbastanza veloce. All'inizio del periodo di riferimento (settembre 1973), l'indice si trovava a 94,8. Al mese da gennaio di ciascuna degli anni sotto, passò
nel 1974 a 100;
nel 1975 a 119,9;
nel 1976 a 147,9;
nel 1977 a 172,4;
nel 1978 a 189,5;
nel 1979 a 207,2;
nel 1980 a 245,3.
In aprile 1977, giugno 1977 e dicembre 1980, ammontava rispettivamente a 180,3, 183,6 e 275,6.
I richiedenti ammettono che l'inflazione ha sostenuto un certo ruolo nell'aumento di valore che, secondo essi, segnò le loro imprese statalizzate tra le fine del periodo di riferimento ed il giorno del trasferimento.
93. I prezzi delle azioni in borsa non hanno seguito la stessa curva. Il loro livello generale raggiunse un vertice verso la metà del 1972, l’Indice Financial Time Ordinary Share superava all’epoca 500, poi cadde fino a meno di 150 all'inizio di gennaio 1975 dopo di che un orientamento verso il rialzo regnò per qualche tempo.
Per illustrare la tendenza tra le fine del periodo di riferimento, 28 febbraio 1974, e le date di trasferimento a titolo della legge del 1977, 29 aprile e 1 luglio 1977, si possono utilizzare le cifre mensili medie dell’Indice Financial Time Industrial Ordinary Share. Di 316,5 nel febbraio 1974, si abbassarono in modo costante durante il resto dell'anno, fino a 160,1 in dicembre. Nel gennaio 1975, l'indice risalì leggermente fino a 183,7; aumentò poi velocemente: 262,6 in febbraio, 292,6 in marzo, quando le modalità di indennizzo furono per la prima volta resa pubbliche (paragrafo 12 sopra9 314,9 in aprile e 339,0 in maggio. Dopo un’inflessione che durò fino in agosto, ci fu un rialzo più o meno continuo fino a 406,6 nel maggio 1976. Sussegue una flessione generale fino in ottobre 1976, con 293,6 dopo di che i corsi si rialzarono di nuovo,: 301 nel novembre 1976 (deposito del terzo progetto di legge al Parlamento), 415,1 nell'aprile 1977 (mese del trasferimento dell'industria aeronautica) e 443,1 in luglio dello stesso anno (mese del trasferimento dell'industria della costruzione navale).
Durante il periodo che precede le elezioni legislative di febbraio 1974, la situazione economica del Regno Unito accusò gli effetti dei diversi avvenimenti tra cui un forte rialzo del prezzo del petrolio ed i conflitti sociali di novembre e dicembre 1973 così come di febbraio 1974. I prezzi ed i dividendi erano oggetto di una regolamentazione in virtù della legge del 1973 contro l'inflazione.
94. Tra le date dei trasferimenti operati a titolo della legge del 1977 e l'ordinamento delle indennità, l'affitto del denaro é rincarato un modo generale. Alle prime due date, il tasso minimale di prestito della Banca dell'Inghilterra era dell 8%; culminò nel novembre 1979, e fino nel giugno 1980, al 17%. Il tasso medio era del 10,4% da luglio 1977 al dicembre 1979, del 12,1% da luglio 1977 al dicembre 1980.
B. Metodi di valutazione ed indennizzo
95. Dinnanzi alla Commissione e la Corte, le parti a confronto hanno menzionato diversi metodi di valutazione dei beni statalizzati o espropriati, così come di indennizzo dei loro proprietari. Si troverà di ciò sotto una breve idea.
1. Metodi di valutazione delle azioni
96. Per procedere ad una valutazione borsista di azioni quotate, basta consultare il loro corso in borsa alla data o alle date specificate.
97. Il metodo definito dalla legge del 1977 per la valutazione delle azioni non quotate ("valutazione borsista ipotetica") consisteva nel stimare il prezzo che avrebbero avuto in borsa se fossero state figurate alla quota durante il periodo di riferimento. La stima si faceva rispetto al prezzo di azioni quotate comparabili e si aveva riguardo a tutte le informazioni relative alla società e di cui gli investitori in borsa avrebbero disposto all'epoca. I SIGG.. Whinney Murray e Co. hanno fondato dunque principalmente le loro valutazioni su dei dati che risultano degli ultimi conti pubblicati delle imprese che coprivano dei periodi anteriori al periodo di riferimento, ma hanno emesso per di più certe ipotesi in quanto ai documenti interinali - più aggiornati - che sarebbero stati comunicati alla borsa in caso di quotazione. Alcune domande potevano sorgere tuttavia in quanto agli elementi precisi di informazione che avrebbero utilizzato gli investitori ed in quanto al grado di prevedibilità, per questi ultimi, delle prestazioni future dell'impresa (vedere, per esempio, il paragrafo 57 sopra). Inoltre, il metodo implica che le azioni in causa si trovino tra le mani di differenti persone; valutare su questa base una filiale al 100% può condurre a presumere quale politica commerciale dunque avrebbe condotto se le sue azioni fossero appartenute a parecchi portatori.
98. Altro metodo: chiedersi ciò che, nel caso di un contratto un acquirente unico avrebbe pagato in via amichevole, ad uno o dei venditori per acquisire la totalità delle azioni. Si avrebbe là anche, riguardo a tutte le informazioni di cui un acquirente avrebbe disposto all'epoca ed una stima si farebbe rispetto alle azioni comparabili quotate. Simile metodo potrebbe distinguersi tuttavia dalla valutazione borsista ipotetica per tre aspetti. Si potrebbe ammettere innanzitutto, che un acquirente unico negoziante un tale accordo beneficerebbe di informazioni più complete che un investitore in borsa. Secondariamente, non si avrebbe bisogno di appellarsi ala finzione di una pluralità di portatori di parti, né di derivarne delle ipotesi in quanto alle politiche commerciali della società. In terzo luogo, il prezzo pagabile con un acquirente unico che prende il controllo di una società supererebbe in generale nettamente il prezzo in borsa, perché questo rappresenta solamente ciò che si pagherebbe per un piccolo pacchetto di azioni e non corrisponde al valore venale di una partecipazione maggioritaria o dominante. Si può farsi un'idea del plusvalore ("premio di controllo") grazie ai premi versati, in aggiunta ai corsi anteriori, all'epoca dell’ O.P.A. riuscite; al primo semestre del 1977, ammontavano in media al 34% secondo i richiedenti.
2. Metodi di indennizzo applicato all'epoca di statalizzazione anteriori
99. In materia di indennizzo, le clausole della legge del 1977 somigliavano per molti versi ai testi che regolavano delle statalizzazioni effettuate prima nel Regno Unito; ne differivano tuttavia, in particolare, sui seguenti punti:
a. non offrivano nessuna scelta tra parecchi periodi di riferimento durante i quali valutare le azioni statalizzate;
b. salvo alcune eccezioni, il periodo di riferimento era stato fino là meno lontano delle date di trasferimento benché le avesse sempre precedute;
c. l'articolo 38 paragrafo 6 della legge del 1977 (paragrafo 19 sopra) precisava che per valutare una filiale, il tribunale arbitrale doveva in certe circostanze tenere conto del corso in borsa della società-madre.
In più, in quelle misure del passato che erano ricorse ai metodi di valutazione delle azioni, una forte proporzione dei titoli statalizzati consisteva in azioni quotate in borsa e forniva un punto di paragone per valutare i titoli non quotati. Nel caso della legge del 1977, al contrario, non esisteva nessuna società di costruzione aeronautica quotata in borsa ed una sola delle società di costruzione navale statalizzata, relativamente piccola, aveva tutte le sue azioni quotate; tuttavia, un certo numero delle società in causa erano delle filiali le cui attività costituivano una parte sostanziale degli affari di una società-madre, come V. e Y. Le cui azioni davano luogo a tale quotazione.
3. Diritto ad indennità in altri casi di privazione di proprietà
100. Sotto riserva della sovranità del Parlamento, una regola del diritto costituzionale del Regno Unito vuole che un'indennità sia dovuta generalmente quando la Corona priva qualcuno dei suoi beni in virtù della common law. In più, "salvo che la sua formula l'esiga chiaramente una legge non si potrebbe interpretare come se privasse una persona dei suoi beni senza indennità", (Procuratore Generale c. De Keyser's RoyalHotel, Casi d’Appello 1920, p. 542).
101. La legislazione relativa all'espropriazione di terre a causa di utilità pubblica contempla il pagamento di un'indennità sulla base, in generale, del valore dei bene-fondi nell'ipotesi di una vendita in via amichevole sul mercato libero. Nel causa Birmingham Corporation c. West Midland Baptist, Trust, Association (All England Law Reportsi, 1969, vol. 3, p. 172) la Camera dei Lord ha giudicato che il valore debba rivalutarsi al giorno sia della presa di possesso sia, se è anteriore, della determinazione dell'indennità di un comune accordo o mediante valutazione, e non, come sotto il dominio della vecchia pratica, al giorno dell’avviso di espropriazione ("notice to treat") che può intervenire molto prima. La valutazione non tiene conto dei lavori compiuti dopo questa ultima data, ma ha riguardo, salvo eccezioni, alle possibilità di collocamento in valore del terreno.
PROCEDIMENTO DINNANZI A LA COMMISSIONE
102. Sir W. L. ha investito la Commissione (richiesta no 9006/80) il 30 maggio 1980, V. (richiesta no 9262/81) il 16 settembre 1977, E. E. e V. (richiesta no 9263/81) il 5 febbraio 1981, B. e N. S. (richiesta no 9265/81) il 3 febbraio 1981, Y., Sir E. Y., Sig. & G. S. Ltd e la Sig.ra A. - N. (richiesta no 9266/81) il 6 febbraio 1981, V. (richiesta no 9313/81) il 25 marzo 1981, D., I. e P., (richiesta no 9405/81) il 4 giugno 1981.
Tutti i richiedenti si lamentavano di non avere ricevuto, per i loro beni statalizzati dalla legge del 1977, che un'indennità manifestamente insufficiente e discriminatoria; pretendevano avere subito per questo fatto delle violazioni dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), considerato isolatamente e combinato con l'articolo 14 (art. 14+P1-1) della Convenzione. Ciascuno di essi invocava inoltre l'articolo 6 (art. 6,)della Convenzione ed alcuni di loro gli articoli 13, 17 e 18 (art. 13, art. 17, art. 18).
Il 28 gennaio 1983, la Commissione ha considerato le richieste salvo le lagnanze di Sir E. Y., Sig. e G. S. Ltd e la Sig.ra A. - N. (richiesta no 9266/81). Il 10 ottobre 1983, li ha uniti in virtù dell'articolo 29 del suo ordinamento.
103. Nel suo rapporto del 7 marzo 1984 (articolo 31) (art. 31) formula l'opinione che non c'è stata violazione agli articoli
- 1 del Protocollo no 1 (P1-1) (tredici voci contro tre);
- 14 della Convenzione (art. 14) (quindici voci, con un'astensione);
- 6, 13, 17,(art. 6, art. 13, art. 17) o 18 (art. 18) della Convenzione (unanimità).
Il testo integrale del parere della Commissione e delle due opinioni dissidenti espressa nel rapporto figura qui accluso alla presente sentenza.
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE DAL GOVERNO
104. All'epoca delle udienze del 24-26 giugno 1985, il Governo ha invitato la Corte a decidere e dichiarare
"1. che non vi è stata violazione dei diritti di nessuno dei richiedenti allo sguardo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1, alla Convenzione,);
2. . che non vi è stata violazione dei diritti di nessuno dei richiedenti allo sguardo dell'articolo 14 della Convenzione, composto con l'articolo 1 del Protocollo no 1,(art. 14+P1-1) per nessuno dei motivi invocati dai richiedenti;
3. . che non vi è stata dei diritti di nessuno dei richiedenti allo sguardo dell'articolo 6 (art. 6) della Convenzione per i motivi che possono essere invocati ancora dagli interessati,;
4. che nella causa ‘Kincaid ' non c'è stata violazione dei diritti del richiedente allo sguardo dell'articolo 13 (art. 13).
IN DIRITTO
I. ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 (P1-1)
A. Introduzione
105. I richiedenti non contestano il principio stesso della statalizzazione, ma secondo essi l'indennità che hanno percepito era, per diverse ragioni, di un'insufficienza clamorosa. Avrebbero subito per questo fatto una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per assumere il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe."
Il Governo combatte la loro tesi e la maggioranza della Commissione la respinge.
106. La Corte ricorda che l'articolo 1 (P1-1) garantisce in sostanza il diritto di proprietà (sentenza Marckx del 13 giugno 1979, serie A no 31, pp. 27-28, paragrafo 63). Secondo l'analisi che ne ha dato nella sua sentenza Sporrong e Lönnroth del 23 settembre 1982, contiene "tre norme distinte": la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, mira la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riguarda tra altri il diritto, per lo stato, di regolamentare l'uso dei beni (serie A no 52, p. 24, paragrafo 61). Non si tratta per tanto, la sentenza James ed altri del 21 febbraio 1986 l'ha precisato) di regole prive di rapporto tra esse: la seconda e la terza hanno riguardato degli esempi privati di attentati al diritto di proprietà; quindi, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima (serie A no 98, p. 30, paragrafo 37 in fine).
107. I richiedenti sono "stati privati manifestamente della loro proprietà" al senso della seconda frase dell'articolo 1 (P1-1). La domanda non ha del resto non suscitato controversia dinnanzi alla Corte che esaminerà la portata delle esigenze di suddetta frase prima di ricercare dunque se sono state assolte.
B. I richiedenti hanno sono stati privati della loro proprietà "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge?"
108. Secondo i richiedenti, una privazione di proprietà non può, allo sguardo della seconda frase dell'articolo 1 (P1-1), passare per realizzata ai fini "di utilità pubblica" se l'indennità di cui si accompagna fosse iniqua perché rappresenta una semplice frazione del valore del bene alla data del trasferimento; non si saprebbe neanche considerarla come conforme alle "condizioni previste dalla legge" se il compenso si rivelasse arbitrario in mancanza di un rapporto ragionevole con questo valore. Ora ne andrebbe così nello specifico.
109. La Corte non può aderire alla prima di queste affermazioni. L'obbligo di indennizzare deriva implicitamente dall'articolo 1 del Protocollo no 1, P1-1, preso nel suo insieme (paragrafo 120 sotto) e non dalla nozione d ' "utilità pubblica." Questa riguarda le giustificazioni ed i motivi, non discussi dai richiedenti, della privazione della proprietà stessa.
110. In quanto all'espressione "nelle condizioni previste dalla legge", presuppone l'esistenza ed il rispetto di norme di diritto interno sufficientemente accessibili e precise in primo luogo (vedere in particolare la sentenza Malone del 2 agosto 1984, serie A no 82, pp. 31-33, paragrafi 66-68). Sotto riserva del paragrafo 153 qui di seguito, i richiedenti non negano che queste esigenze sono state osservate.
Probabilmente la parola "legge" non si limita, in questo contesto, a rinviare al diritto interno (ibid. p. 32, paragrafo 67) ma gli argomenti che ne derivano i richiedenti (paragrafo 108 sopra) si ricollegano così da vicino ai principali punti controversi (trattati più avanti ai paragrafi 123-175) che la Corte giudica superfluo studiare alla luce dell’elemento della frase precitata dell'articolo 1 (P1-1).
C. Principi generali del diritto internazionale
111. I richiedenti sostengono che riferendosi ai "principi generali del diritto internazionale", la seconda frase dell'articolo 1 (P1-1) estende ai nazionale l'esigenza - derivante secondo loro dal diritto internazionale - di un indennizzo pronto, adeguato ed effettivo degli stranieri privati della loro proprietà.
112. La Commissione ha stimato costantemente che suddetti principi non valgono per l'espropriazione, da parte di un Stato, dei suoi cittadini. Il Governo segna il suo accordo con questa opinione. La Corte si schiera già dalla sua parte per le ragioni evolute nella sua sentenza James ed altri (serie A no 98, pp. 38-40, paragrafi 58-66) e riprese qui mutatis mutandis.
113. In primo luogo, secondo il diritto internazionale generale stesso i principi di cui si tratta si applicano ai soli stranieri. Sono stati concepiti specificamente per questi ultimi. In quanto tale, non regolavano il modo in cui ogni Stato tratta i suoi nazionali.
114. A sostegno della loro tesi, i richiedenti invocano da prima la formula dell'articolo 1 (P1-1). La seconda frase che comincia da "nessuno", sembra loro impossibile di comprenderla come significante che se ciascuno ha ben dritto alle garanzie che derivano dalle espressioni "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge", quella che risulta dalle parole "nelle condizioni previste, coi principi generali del diritto internazionale" riguardi esclusivamente gli stranieri. Sottolineano inoltre che là dove gli autori della Convenzione hanno voluto distinguere tra nazionali e non-nazionali, non hanno mancato di precisarlo, per esempio all'articolo 16 (art. 16).
Argomentazione non priva di forza dal punto di vista grammaticale; delle ragioni convincenti sostengono tuttavia in favore di una lettura differente. La Corte stima più naturale di dedurre dal testo che col rinvio ai principi generali del diritto internazionale questi si trovano incorporati all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), ma unicamente per gli atti che ricadono normalmente sotto il loro dominio, ossia quelli di un Stato al riguardo di stranieri. Inoltre, bisogna assegnare ai termini di un trattato il loro senso ordinario (articolo 31 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati); ora interpretare l’elemento della di frase sotto esame come estendente i principi generali del diritto internazionale al di là dei limiti della loro tenuta normale quadra meno col senso ordinario delle parole impiegate, nonostante il loro contesto.
115. I richiedenti citano anche delle opinioni secondo le quali l'articolo 1 (art. 1) se si seguisse la Commissione, enuncerebbe qualche cosa di superfluo menzionando suddetti principi perché gli stranieri godono già della protezione di questi ultimi.
La Corte non giudica così. Il riferimento in questione può passare per offrire, almeno, una doppia utilità. Innanzitutto, permette ai non-nazionale di utilizzare direttamente il meccanismo della Convenzione per invocare i loro diritti sulla base dei principi pertinenti al diritto internazionale, altrimenti occorrerebbe loro di provare ad ottenere il ricorso per via diplomatica o per altri modi disponibili dall’ ordinamento. Secondariamente, preserva la loro situazione impedendo di pretendere che l'entrata in vigore del Protocollo no 1 (P1) abbia avuto per effetto di restringere i loro diritti. A questo proposito, decide anche di notare che l'articolo 1 (P1-1) richiede espressamente una privazione di proprietà operata "a causa di utilità pubblica"; figurando simile esigenza tra i principi generali del diritto internazionale da sempre, la sua inserzione sarebbe stata lei stessa superflua se l'articolo 1 (P1-1) fosse arrivato a renderli applicabili ai nazionali come agli stranieri.
116. I richiedenti sottolineano infine che se si ritenesse l'espropriazione dei nazionale per non soggetta al rispetto di suddetti principi, si aprirebbe la porta alle distinzioni fondate sulla nazionalità. Secondo essi, ciò cozzerebbe contro due clausole integrate al Protocollo no 1 in virtù del suo articolo 5 (P1-5): l'articolo 1 (art. 1) della Convenzione che obbliga gli Stati contraenti a riconoscere a chiunque cambi la sua giurisdizione i diritti e libertà garantite, e l'articolo 14 (art. 14 )che consacra il principio di non discriminazione.
Per ciò che riguarda l'articolo 1 (art. 1) della Convenzione, è vero che la maggior parte delle disposizioni di questa e dei suoi Protocolli accordano la stessa protezione ai nazionale ed agli stranieri, ma ciò non esclude che le eccezioni possano liberarsi da un dato testo (vedere, per esempio, gli articoli 5 paragrafo 1 f e 16 (art. 5-1-f, art. 16) della Convenzione così come gli articoli 3 e 4 del Protocollo no 4 (P4-3, P4-4)).
In quanto all'articolo 14 (art. 14) secondo la giurisprudenza costante della Corte le differenze di trattamento non rivestono un carattere discriminatorio se hanno una "giustificazione obiettiva e ragionevole" (vedere, da ultimo, lasentenza Abdulaziz, Cabale e Balkandali del 28 maggio 1985, serie A no 94, pp. 35-36, paragrafo 72).
Oro nel caso di una privazione di proprietà realizzata a titolo di una riforma sociale o di una ristrutturazione economica, possono esistere dei buoni motivi per distinguere, in materia di indennizzo, tra cittadini e non-cittadini. Questi sono più vulnerabili alla legislazione interna di quelli: contrariamente ad essi, non sostengono di solito nessuno ruolo nell'elezione o la designazione dei suoi autori e non sono consultati prima della sua adozione. Inoltre, se un'espropriazione deve sempre rispondere all'utilità pubblica dei fattori dissimili possono valere per i nazionali e per gli stranieri; si può avere una ragione legittima di chiedere ai primi di sopportare, nell'interesse generale, un sacrificio più pesante che i secondi (paragrafo 120 sotto).
117. Di fronte ad un testo la cui analisi ha suscitato così grandi controversie, la Corte stima adeguato ricorrere ai lavori preparatori come mezzo complementare di interpretazione (articolo 32 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati).
L'esame di questi ultimi rivela che la menzione di un diritto ad indennità figurava in certe versioni anteriori dell'articolo 1 (P1-1) ma che l'opposizione, in particolare del Regno Unito e di altri Stati ne provocò, l'abbandono. Si introdusse poi un rinvio ai principi generali del diritto internazionale; parecchie delegazioni precisarono che proteggevano i soli stranieri. Così, quando il governo tedesco dichiarò potere accettare il testo se si ammetteva in termini espressi che questi principi comprendono l'obbligo di versare un'indennità in caso di espropriazione, la Svezia sottolineò che si applicavano unicamente alle relazioni tra un Stato ed i non-cittadini. Alla domanda delle delegazioni tedesche e belghe, si riconobbe quindi che "i principi generali del diritto internazionale, come sono intesi attualmente, comprendono l'obbligo di versare ai non-nazionali un'indennità in caso di espropriazione" (sottolineata dalla Corte).
Soprattutto, con la sua Risoluzione (52) 1 del 19 marzo 1952, approvando il testo del Protocollo ed aprendolo alla firma, il Comitato dei Ministri ha specificato, "per ciò che riguarda l'articolo 1 (P1-1), che i principi generali del diritto internazionale, nella loro accezione reale, comprendono l'obbligo di versare ai non-nazionali un'indennità in caso di espropriazione" (sottolineata dalla Corte). Avuto riguardo alla cronostoria dei negoziati nel suo insieme, questa risoluzione dà nettamente a pensare che il riferimento ai principi generali del diritto internazionale non era destinato ad inglobare i nazionali.
I lavori preparatori non supportano dunque l'interpretazione difesa dai richiedenti.
118. Infine, niente mostra che dall'entrata in vigore del Protocollo no 1 (P1), la pratica delle Parti contraenti si sia evoluta al punto di autorizzare a dire che ai loro occhi i principi in questione regolano anche il modo in cui trattano i loro propri cittadini. Gli elementi forniti alla Corte vanno chiaramente nel senso opposto.
119. Per queste diverse ragioni, la Corte conclude che i principi generali del diritto internazionale non si applicano all'espropriazione di un nazionale col suo Stato.
D. Diritto ad indennità
120. Resta da sapere se l'esistenza e l'importo di un risarcimento entrano in fila di conto allo sguardo della seconda frase dell'articolo 1 (P1-1), silenziosi in materia. Secondo la Commissione con la quale Governo e richiedenti segnano il loro accordo, l'articolo 1 (P1-1) esige implicitamente, in linea di massima, il versamento di un compenso per privare della sua proprietà chiunque dipenda dalla giurisdizione di un Stato contraente.
La Corte constata con la Commissione che, nei rispettivi sistemi giuridici degli Stati contraenti, una privazione di proprietà a causa di utilità pubblica non si giustifica senza il pagamento di un'indennità, sotto riserva di circostanze eccezionali estranee alla presente controversia. Da parte sua, nella mancanza di un principio analogo l'articolo 1 (P1-1) garantirebbe solamente una protezione largamente illusoria ed inefficace del diritto di proprietà.
Non basta, la Corte lo ricorda a questo proposito, che una misura privativa di proprietà persegua, nello specifico come in principio, un obiettivo legittimo "di utilità pubblica"; deve esistere anche un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato. La sentenza Sporrong e Lönnroth precitata ha espresso la stessa idea intermini differenti: parla del "giusto equilibrio" da predisporre tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi dei diritti fondamentali dell'individuo (serie A no 52, p. 26, paragrafo 69) equilibrio rotto se la persona riguardata ha dovuto subire "un carico speciale ed esorbitante" (ibidem, p. 28, paragrafo 73). La Corte si pronunciava là nel contesto del principio del rispetto della proprietà, proclamata dalla prima frase del primo capoverso, ma ha sottolineato che "la preoccupazione di garantire un tale equilibrio si riflette nella struttura dell'articolo 1, P1-1") tutto intero (ibidem, p. 26, paragrafo 69).
Per valutare se si è preservato un giusto equilibrio tra i diversi interessi in causa e, tra altri, se non si è imposto un carico smisurato alla persona privata della sua proprietà, occorre all'evidenza avere riguardo alle condizioni di risarcimento.
E. Livello dell'indennizzo
121. La Corte si dispone anche al parere della Commissione in quanto al livello dell'indennizzo: senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituirebbe normalmente un attentato eccessivo che non saprebbe giustificarsi sul terreno dell'articolo 1 (P1-1). Questo ultimo non garantisce tuttavia in ogni caso il diritto ad un compenso integrale perché degli obiettivi legittimi "di utilità pubblica", come perseguono delle misure di riforma economica o di giustizia sociale, possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore commerciale (sentenza James ed altri precitati, serie A no 98, p. 36, paragrafo 54).
Secondo i richiedenti non si potrebbe distinguere, in materia di livello di indennizzo, tra le statalizzazioni e le altre privazioni di proprietà realizzate dallo stato, come gli acquisti costretti di terra a causa di utilità pubblica.
La Corte non aderisce a questa asserzione. Tanto la natura del bene che le circostanze del trasferimento richiamano nella prima e nelle seconda categoria delle considerazioni dissimili di cui si può tenere legittimamente conto definendo un giusto equilibrio tra l'interesse generale e gli interessi privati in gioco. La valutazione delle grandi imprese in vista di statalizzare tutto un settore industriale rappresenta bene in sé un'operazione più complessa che, per esempio, la stima di un terreno espropriato; esige normalmente una legislazione speciale che possa applicarsi in blocco a ciascuna di suddette imprese. Quindi, il livello dell'indennizzo necessario può differire, sempre sotto riserva del rispetto di un giusto equilibrio, a seconda che si tratta di una statalizzazione o di altre forme di privazione di proprietà.
122. I richiedenti non contestano allo stato un margine di valutazione per pronunciarsi sul punto di sapere se c'è luogo di privare qualcuno della sua proprietà, ma secondo essi la Commissione ha torto di dedurne che gode anche di un vasto potere discrezionale per fissare le modalità del trasferimento.
La Corte non condivide questa opinione. La decisione di adottare una legge di statalizzazione implica spesso l'esame delle diverse domande sulle quali possono regnare ragionevolmente in una società democratica delle profonde divergenze. Grazie ad una cognizione diretta del loro paese, dei suoi bisogni e delle sue risorse, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate che il giudice internazionale per determinare in materia le misure appropriate, di modo che debbano disporre qui di un'ampia latitudine. Agli occhi della Corte, sarebbe a questo riguardo artificiale isolare dalla decisione stessa di statalizzare quella che ricade sulle condizioni di risarcimento, perché i fattori che hanno condotto alla prima pesano anche necessariamente sulla seconda. Pertanto, il ruolo della Corte si limita nello specifico a ricercare se, stabilendo le modalità di indennizzo, il Regno Unito ha superato il suo largo potere di valutazione; rispetterà il giudizio del legislatore in questo campo, salvo se si riveli manifestamente privo di base ragionevole.
F. Le indennità assegnate ai richiedenti hanno raggiunto il livello definito dalla Corte?
1. Punti comuni a tutti i richiedenti
a) Passo da seguire
123. I richiedenti rimproverano alla Commissione di non avere studiato, nel suo rapporto, che il sistema stesso di indennizzo stabilito dalla legge del 1977; secondo essi, sarebbe stato opportuno propendersi piuttosto sulle conseguenze della sua applicazione.
Da parte sua, il Governo sostiene che se il metodo di valutazione fissata dal legislatore era corretto, è arrivato necessariamente ad un indennizzo reale ed effettivo. Secondo lui, solo l'impiego di un metodo di valutazione corretta permette di determinare il valore di un bene nazionalizzato.
124. In un caso che trae la sua origine da una richiesta individuale (articolo 25) (art. 25) la Corte si limita per quanto possibile ad esaminare il caso concreto per cui è stata investita (vedere, tra molto altri, la sentenza Ashingdane del 28 maggio 1985, serie A no 93, p. 25, paragrafo 59). Nell'occorrenza, i richiedenti si lamentano del fatto che la legge del 1977 abbia provocato il versamento di indennità senza rapporto ragionevole col valore dei loro beni alla data del trasferimento. Sollevano così delle domande che riguardano tanto le clausole della legislazione che i suoi effetti. La Corte concentrerà dunque di prima la sua attenzione sui testi incriminati stessi; in quanto ai loro effetti, li considererà alla luce delle modalità che il Parlamento doveva fissare in anticipo e che dovevano applicarsi all'insieme delle società statalizzate.
b) Il sistema stabilito dalla legge del 1977,
i. Indennità calcolate sulla base del valore delle azioni
125. Il Parlamento ha considerato il valore delle azioni delle società statalizzate come base del calcolo delle indennità. La sua decisione, non attaccata in quanto tale dai richiedenti, giustificati agli occhi della Corte perché ai termini della legge del 1977 sono le azioni loro stesse che passavano alle mani del settore pubblico. Esistono del resto, in particolare al fini fiscali, dei metodi confermati per valutare le azioni.
La principale soluzione di ricambio sarebbe dovuta basarsi sul valore degli attivi, ma come lo sottolinea il Governo si sarebbe dovuto, in ragione della diversità delle pratiche osservate in materia di valori contabili, procedere ad una lunga e costosa rivalutazione degli attivi. Gli utili possono importare per di più, spesso più degli attivi per valutare un'impresa destinata ad proseguire la sua attività. In ogni caso, il metodo scelto permetteva di prendere in conto il valore degli attivi in aggiunta agli altri fattori pertinenti (paragrafo 36 sopra).
126. La Corte stima quindi che la decisione del Parlamento non era, in principio, incompatibile con le esigenze dell'articolo 1 (P1-1).
ii. Metodo di valutazione borsista ipotetica
127. Secondo la legge del 1977, il "valore di base" dei titoli quotati alla borsa di Londra doveva, per i bisogni dell'indennizzo, corrispondere alla media dei loro corsi settimanali durante il periodo di riferimento. Per gli altri titoli, doveva trattarsi in linea di massima del valore di base che avrebbero avuto se fossero stati quotati in borsa durante suddetto periodo (paragrafo 19 sopra). I richiedenti le cui lagnanze riguardano tutte delle azioni della seconda categoria, giudicano simile metodo d ingannatore e inesatto.
128. Malgrado la complessità di un sistema che porta a trattare, alla fine della loro valutazione, le azioni non quotate in borsa come se lo fossero, la Corte rileva che il passo adottato presentava un netto vantaggio. Fondato sull'opinione che un investitore in borsa si poteva supporre di essersi fatto sulla società in questione, permetteva di prendere in conto, in modo obiettivo, l'insieme degli elementi pertinenti tra i quali gli utili passati e prevedibili, lai copertura-attivi, il tasso dei dividendi ed il prezzo di ogni azione quotata comparabile,(paragrafi 36 e 97 sopra). Lo si era già seguito inoltre in passato, in particolare nella cornice delle leggi britanniche del 1949 e del 1967 sulla siderurgia.
Appellandosi ai dati ai quali gli investitori erano presunti avere accesso, il sistema conduceva in verità, come lo sottolineano i richiedenti, a basarsi su delle informazioni già pubblicate in primo luogo e a cui certi potevano riferirsi - e si riferivano - ad un'epoca anteriore al periodo di riferimento. In pratica, si facevano però, anche delle ipotesi su di altre informazione - più aggiornate - che sarebbero state fornite al mercato borsistico se le azioni in causa fossero figurate alla quota ufficiale (paragrafo 97 sopra). Inoltre, il ricorso al metodo scelto non impediva di avere riguardo, nei negoziati sull'indennizzo, agli utili aspettati della società dopo la fine del periodo di riferimento.
129. Secondo i richiedenti, sarebbe stato più indicato di valutare il prezzo che le loro azioni avrebbero raggiunto in via amichevole in caso di vendita tra individui. La Corte nota tuttavia, con la Commissione che anche i rapporti di valutazione stabiliti su questa base e che le hanno comunicato i richiedenti si avvalgono di paragoni con le azioni analoghe quotate per esempio per determinare un tasso adeguato di capitalizzazione borsista dell'utile netto.
All'infuori del il fatto che le indennità calcolate per mezzo della valutazione borsista ipotetica non comprendevano nessuno elemento che rappresentasse il plusvalore legato o ad una partecipazione dominante importante - la Corte vi ritornerà ai paragrafi 148-150 -, la principale differenza tra i metodi sembra consistere nel fatto che un acquirente disponga in via amichevole probabilmente di informazioni più complete su una società che un investitore in borsa (paragrafo 98 sopra). La Corte non lo stima però abbastanza grande da portare a concludere che optando per il metodo della valutazione borsista ipotetica, il Regno Unito abbia agito in modo irragionevole e abbia oltrepassato il suo margine di valutazione. Sarebbe del resto, non si deve dimenticarlo, stato anche un po' artificiale immaginare un acquirente pronto all'acquisto di un grosso pacco di azioni di un'impresa del settore industriale in questione.
130. Il ricorso a suddetto metodo non era dunque, in principio, contrario all'articolo 1 (P1-1).
iii. Periodo di riferimento
131. Le indennità versate ai richiedenti sono state calcolate sulla base del valore delle loro azioni durante il periodo di riferimento fissato dalla legge del 1977 e che andava dal 1 settembre 1973 al 28 febbraio 1974 (paragrafo 19 sopra). Ora in diritto il trasferimento della proprietà delle azioni ha avuto luogo più di tre anni dopo (paragrafo 18 sopra); secondo i richiedenti, per essere proporzionate ragionevolmente al valore dei beni in causa le indennità si sarebbero dovute calcolare sulla base di quella delle azioni al giorno del trasferimento.
Il Governo ha voluto scegliere anche un periodo il più recente possibile senza essere atipico e durante il quale l'annuncio delle statalizzazioni o delle modalità dell'indennizzo non avessero potuto flettere il valore delle azioni:mostrando l'esperienza che simile annuncio rischia di ripercuotersi sul valore dei beni, solo una data o periodo di riferimento anteriore suscitava una valutazione obiettiva affrancata da tali contigenze.
132. La Corte constata da prima che il periodo di riferimento aveva per termine il giorno della vittoria elettorale dei laburisti (paragrafi 10 e 19 sopra). È a questo momento che la prospettiva di statalizzazione prese corpo anche se, come sottolineano i richiedenti, l'identità precisa delle società riguardate rimase incerta finché la legge del 1977 ricevette la sanzione reale.
Secondo i richiedenti, la scelta di un periodo anteriore al trasferimento poteva giustificarsi solamente con la preoccupazione di sottrarre il valore dei beni all'influenza artificiale della statalizzazione o della minaccia di una tale misura. Nello specifico, affermano, la prospettiva della statalizzazione non aveva sminuito i profitti o gli attivi delle loro società; in quanto alla sua incidenza eventuale sul valore delle loro azioni, il metodo della valutazione borsista ipotetica avrebbe permesso di lasciarla da parte.
La Corte rileva che la possibilità di distorsioni non può rivalutarsi dopo, col vantaggio del regresso. Ai suoi occhi, il Governo non ha agito in modo irragionevole presumendo, all'epoca dell'elaborazione e dell'esame del progetto di legge, che il programma di statalizzazione avrebbe falsato il valore dei titoli da acquisire. Nelle circostanze dell'epoca, del resto, ed in particolare dopo l'abbassamento generale delle azioni che si era avviato nel febbraio 1974 come rivela l'indice dei Financial Time (paragrafo 93 sopra) l'adozione di certi periodi di riferimento posteriore non avrebbe raccolto forse l'adesione di qualcuno.
133. La Corte nota anche l'esistenza di parecchi precedenti in cui il periodo di riferimento utilizzato si trovava prima della data del trasferimento.
Così, simile sistema si trovava consacrato già nelle leggi britanniche di statalizzazione che i richiedenti hanno citato e che garantivano - l'ammettono - un compenso giusto ed equo. Che inoltre, il suo collocamento in opera non era dipeso mai - il Governo lo segnala - dalla prova preliminare di una qualsiasi distorsione dei prezzi o dei valori.
134. I richiedenti insistono inoltre con forza sulle menzioni, nella giurisprudenza di diritto internazionale, della valutazione al giorno del trasferimento di proprietà. La Corte non li stima tuttavia convincenti. Certe delle cause enumerate non sollevavano delle domande comparabili a queste che si pongono nello specifico. Di più, in molte controversie internazionali la data dell'annuncio della statalizzazione coincideva in fatto con quella della privazione di proprietà, così che mai la minaccia di una statalizzazione non aveva potuto falsare i corsi o i valori. In ogni caso, la pratica internazionale non mostra che solo il giorno del trasferimento possa servire da base di valutazione.
135. Con questi motivi, la scelta del periodo di riferimento non appare incompatibile in principio con l'articolo 1 (P1-1).
iv. Conclusione relativa al sistema stabilito dalla legge del 1977
136. La Corte conclude così come in se stesso, il sistema di indennizzo stabilito dalla legge del 1977 non conteneva nessuno elemento che possa passare per inaccettabile allo sguardo del Protocollo no 1 (P1).
c) Gli effetti del sistema stabilito dalla legge del 1977
i. Introduzione
137. I richiedenti hanno fornito una voluminosa pratica a sostegno della loro tesi secondo la quale c'è stata sproporzione flagrante tra le indennità versate ed i valori reali, alla data del trasferimento, delle loro imprese statalizzate. In un modo generale, il Governo non ha commentato i documenti prodotti, ma ha precisato che non ne riconosce per tanto l'esattezza (paragrafo 39 sopra).
La Corte constata che la sproporzione addotta deriva per l'essenziale da tre effetti generali del sistema della legge del 1977; li esaminerà successivamente.
ii. Mancanza di presa in conto dei fatti nuovi sopraggiunti dal 1974 al 1977 nella vita delle società in causa
138. I richiedenti pretendono non avere utilizzato un giusto compenso perché ai termini della legge del 1977 occorreva, per valutare le azioni delle società statalizzate, riferirsi al periodo di riferimento. Questa disposizione avrebbe impedito di prendere in conto l'evoluzione delle società fino al giorno del trasferimento, ed in particolare lo sviluppo che avrebbe segnato le imprese in causa.
Per la Commissione, l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) autorizzava il legislatore britannico a decidere che la crescita registrata dopo lo scoppio del processo di statalizzazione non avrebbe dato necessariamente luogo all’indennizzo.
139. La lagnanza richiama da parte della Corte le seguenti osservazioni preliminari.
a) In caso di statalizzazione, è indispensabile - ed i richiedenti lo concedono - di fissare in anticipo le modalità dell'indennizzo. Ne va probabilmente della sicurezza giuridica, ma è anche manifestamente poco pratico, soprattutto quando numerose imprese si trovano in gioco, di deliberare dopo su una base ad hoc o liberamente scelta dal governo in ogni caso specifico. La Corte ammette la necessità di definire al primo colpo una formula comune che, anche se predispone una certa agilità, si applica in blocco all'insieme delle società riguardate.
b) Le indennità calcolate in funzione del valore delle azioni durante il periodo di riferimento restavano dovute anche se la situazione della società non era migliorata, ma si era degradata al contrario da allora e fino al giorno del trasferimento. Se dunque il settore pubblico traeva profitto da un'eventuale espansione, sopportava anche il carico di ogni declino. Certo, ed i richiedenti lo sottolineano, certe società si sarebbero potute vedere sottratte al programma di statalizzazione durante i dibattimenti parlamentari, ed fu proprio così per la D. G. Ltd, diventata insolvente nel frattempo (paragrafi 14-15 sopra). Questo unico esempio non cambia tuttavia niente al fatto che per le imprese statalizzate, rimaneva anche in fin dei conti un rischio pesante sul settore pubblico; sembra probabile del resto che alcune delle società statalizzate diverse da quelle dei richiedenti, si siano deprezzate dal 1974 a 1977.
c) Beninteso, la crescita che le società dei richiedenti hanno potuto conoscere durante il periodo in questione si spiegava in parte forse coi loro sforzi, in particolare per assolvere i loro obblighi statutari verso i loro azionisti. Non si potrebbe escludere però che abbiano giocato anche altri fattori molto diversi di cui certi sfuggivano ai richiedenti, per esempio la prospettiva stessa di una statalizzazione e gli aiuti finanziari assegnati dallo stato per preservare la viabilità delle imprese.
d) nella misura in cui un investitore prudente poteva contemplarla durante il periodo di riferimento, l'evoluzione ulteriore della situazione delle società é figurata tra gli "elementi pertinenti" che entravano in fila di conto nella valutazione borsista ipotetica (paragrafo 97 sopra).
140. All'udienza dinnanzi alla Corte, i richiedenti hanno sostenuto che l'obbligo di garantire un giusto indennizzo riveste un carattere continuo. Secondo essi, conviene rivedere forse una formula di indennizzo equo all'origine dunque ma che cesserebbe dall'esserlo in seguito a fatti nuovi, come nello specifico.
141. La Corte constata che il lungo intervallo tra i periodi di riferimento ed il giorno del trasferimento risultava, senza più, da dibattimenti molto approfonditi nel corso dei quali un Parlamento democratico aveva esaminato dal menù degli argomenti che coincidevano pressappoco a quelli dei richiedenti( paragrafi 13 e 16 sopra). Si era discusso in particolare, molto - per allontanarla alla fine - della possibilità di emendare la formula legale di indennizzo in modo da prendere in conto l'evoluzione ulteriore.
142. Se questi fatti non sono decisivi, in sé le discussioni dell'epoca non ne illustrano nemmeno le difficoltà che avrebbe provocato ogni modifica del sistema proposto.
a) Avrebbe scalzato la sicurezza giuridica creata con la scelta iniziale della formula di indennizzo.
b) L'annuncio di questa avrebbe suscitato nel pubblico certe attese sulla base dalle quali avrebbero avuto luogo degli acquisti e vendite di azioni.
c)Tra il 1974 e il 1977, l'indice dei Financial Time era variato; con momenti, ed in particolare tra la fine del periodo di riferimento e marzo 1975, data del primo annuncio delle modalità di indennizzo, in cui si trovava sotto il livello raggiunto alla fine di suddetto periodo (paragrafo 93 sopra). I vecchi azionisti avrebbero potuto subire la determinazione di un'altra data o periodo di riferimento dunque; il mantenimento della scelta iniziale li ha protetti da ogni conseguenza sfavorevole di un abbassamento dei corsi in borsa.
d) La Corte ha constatato già che il governo britannico non aveva agito in modo irragionevole optando per un periodo di riferimento anteriore all'annuncio della statalizzazione, per evitare che la valutazione delle azioni dei richiedenti non si trovasse falsata (paragrafo 132 sopra). Siccome il pericolo di distorsione persisteva fino al passaggio delle azioni nelle mani del settore pubblico, si sarebbe lasciato il campo libero a tali influenze se si fosse ritardato il periodo di riferimento modificando la formula primitiva di indennizzo.
143. Al momento di concludere su questo aspetto della controversia, la Corte assegna un peso privato ad una doppia circostanza: la statalizzazione è una misura economica di carattere generale per la quale lo stato deve conservare un largo margine di valutazione (paragrafo 122 sopra); esige il voto di una legislazione che definisce una formula comune di indennizzo (paragrafo 139 sopra). Inoltre, il sistema della legge del 1977 non si rivela, in principio, inaccettabile allo sguardo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) (paragrafo 136 sopra). Alla luce di questi elementi e dell'insieme delle altre riflessioni enunciate sopra ai paragrafi 139 e 141-142, esistono agli occhi della Corte dei motivi sufficienti di considerare che il Regno Unito aveva il diritto di decidere, nell'esercizio normale del suo potere di valutazione, di introdurre delle disposizioni che non tenevano conto dell'evoluzione ulteriore delle società in questione.
iii. Difetto di presa in conto dell'inflazione
144. I richiedenti sottolineano che la legge del 1977 legava l'importo delle indennità al valore delle azioni durante il periodo di riferimento e che i versamenti hanno avuto luogo solamente degli anni più tardi. La combinazione di questi due dati avrebbe impedito loro di ricevere un giusto compenso, perché si non sarebbe tenuto nessuno conto del deprezzamento della moneta dal 1974 al giorno del pagamento, periodo di forte inflazione (paragrafo 92 sopra).
145. In quanto ai fatti sottostanti alla lagnanza, la Corte rileva che le indennità portavano interesse - ad un tasso abbastanza vicino al tasso di prestito minimale medio della Banca dell'Inghilterra (paragrafi 21 a, e 94 sopra) - con effetto dal giorno del trasferimento di proprietà, il che limitava di tanto le conseguenze dell'inflazione fino al pagamento. In più, dopo il trasferimento i richiedenti hanno ricevuto degli acconti, senza dovere aspettare la determinazione definitiva dell'importo delle indennità (paragrafi 45, 53, 64, 69, 75, 82 e 91 sopra).
D’altra parte, non sono stati privati di ogni reddito dei loro investimenti durante l'intervallo tra i periodi di riferimento ed il trasferimento di proprietà: conservavano, per questo lasso di tempo, il loro diritto ai dividendi legati alle loro azioni. In verità, le clausole di salvaguardia che figuravano nella legge del 1977 fissavano a questo riguardo dei limiti, ma in grosso si limitavano a plafonare immediatamente i dividendi al livello anteriore al periodo di riferimento (paragrafo 23 sopra). Un superamento era del resto possibile con l'accordo del ministro dell'industria.
146. Le informazioni fornite alla Corte rivelano che tra i periodi di riferimento ed il trasferimento di proprietà il corso delle azioni non era aumentato tanto quanto l'indice dei prezzi al dettaglio (paragrafi 92-93 sopra). Allineare le indennità su questo indice avrebbe dunque procurato un vantaggio ai richiedenti di cui non godevano gli altri portatori di titoli.
Per la Commissione, si sarebbe potuto al massimo esigere un compenso legato al livello generale del corso delle azioni. Certo, l'indice del Financial Time mostra un modo generale un certo aumento del valore delle azioni tra i periodi di riferimento e le diverse date di trasferimento (paragrafo 93 sopra) ma non si potrebbe giudicare dopo: bloccando in pratica il valore delle azioni statalizzate alla cifra raggiunta durante il periodo di riferimento, la legge del 1977 non escludeva che la presa in conto di ogni rialzo dell'indice; proteggeva anche i richiedenti da ogni effetto sfavorevole delle fluttuazioni ulteriori di questo ultimo.
147. La Corte stima quindi che nelle circostanze dell'epoca, il Regno Unito non ha trasgredito il suo margine di valutazione decidendo di introdurre delle disposizioni che impedivano di tenere conto dell'inflazione.
iv. Mancanza di elemento che rappresenta il plusvalore che risulta o da una partecipazione dominante importante
148. I richiedenti sottolineano che in virtù della legge del 1977, le loro azioni furono valutate con l'aiuto del metodo della quotazione borsista ipotetica e che i corsi in borsa corrispondono semplicemente all'importo da pagare per un piccolo numero di azioni (paragrafo 98 sopra). La combinazione di questi due dati avrebbe impedito loro di ricevere una giusta indennità perché le somme toccate da essi non comprendevano nessuno elemento che rappresentava il plusvalore risultante dalla loro partecipazione importante, e spesso dominante, nelle società riguardate.
149. Come rileva il Governo, non si potrebbe assimilare una statalizzazione ad un'offerta pubblica di acquisto: lo stato che statalizza agisce con la costrizione e non con l'incitamento. Secondo la Corte, non si potrebbe sostenere dunque che le indennità sarebbero dovute essere allineate al prezzo che sarebbe potuto essere proposto nella cornice di una tale offerta.
In un contratto di appalto a trattativa privata a gradimento il prezzo pagato ai richiedenti avrebbe compreso certo, forse un premio che teneva conto dell’entità della loro partecipazione. Però, per calcolare le loro indennità su questa base sarebbe occorso presumere che si sarebbe potuto trovare un acquirente per i grossi pacchi di azioni in causa, cosa perlomeno in dubbio nel caso delle industrie in questione.
Infine, la Corte non stima che il Regno Unito aveva, ai termini dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), l'obbligo di trattare differentemente i vecchi azionisti secondo il tipo o l'ampiezza dalla loro partecipazione nelle imprese statalizzate; non ha agito in modo irragionevole considerando che la ripartizione delle indennità sarebbe stata più giusta se tutti i proprietari si vedessero collocati sullo stesso piede.
150. In queste condizioni, non ha trasgredito il suo margine di valutazione decidendo di adottare delle disposizioni che escludevano dall'indennità ogni elemento corrispondente al plusvalore o delle partecipazioni importanti dominanti dei richiedenti.
v. Conclusione relativa agli effetti del sistema stabilito dalla legge del 1977
151. In quanto ai punti comuni all'insieme dei richiedenti, la Corte deduce dai ciò che precede che il sistema stabilito dalla legge del 1977 non ha provocato degli effetti incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
Arrivando a questa conclusione, ha avuto anche riguardo a certi aspetti, vantaggiosi per i vecchi proprietari, del modo di ordinamento delle indennità: così, a contare del giorno del trasferimento queste portavano interesse ad un tasso ragionevole; il versamento di acconti aveva luogo il più presto possibile ed il pagamento del saldo fin dalla determinazione dell'importo definitivo (paragrafi 20-21 e 45, 53, 64, 69, 75, 82 e 91 sopra).
2. Punti propri ai differenti richiedenti
152. Oltre i punti comuni trattati più sopra, certi richiedenti adducono che in ragione dei dati propri alla loro causa, l'indennità toccata ad essi non assolveva le esigenze dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1). La Corte esaminerà uno dopo l'altro le loro lagnanze, che il Governo ha contestato e la Commissione respinto.
a) Disparità addotta tra l'importo dell'indennità ed il valore delle azioni durante il periodo di riferimento (cause Kincaid e Yarrow Shipbuilders)
153. In ordine sussidiario, Sir W. L. e Y. PLC affermano che le loro indennità non corrispondevano anche al valore delle loro azioni nelle società K. e Y. S., rispettivamente, durante il periodo di riferimento.
154. Anche, denunciano in sostanza una cattiva applicazione della legge del 1977.
Decide tuttavia di notare che i rappresentanti degli azionisti riguardati hanno accettato le somme proposte dal ministero dell'industria alla conclusione dei negoziati, vedendovi una stima adatta nei limiti della formula legale. Inoltre, ciascuno di essi avrebbe potuto investire il tribunale di arbitraggio ed avrebbe potuto sostenere che in virtù di suddetta formula i vecchi proprietari avevano diritto ad un importo superiore. Pari ricorso non si offriva forse a Sir W. L. stesso, sebbene vi fosse materia di discussione (paragrafo 30 sopra) ma gli altri azionisti di K. non hanno sollevato nessuna obiezione (paragrafo 44 sopra) ed in ogni caso l'interessato si trovava legato - legittimamente, per le ragioni sviluppate sotto ai paragrafi 193-197 - dal sistema collettivo instaurato dalla legge del 1977.
155. Quindi, la Corte non ha nessuno motivo di dubitare che gli accordi conclusi siano arrivati alle valutazioni ragionevoli nella cornice della formula legale. Respinge la lagnanza dunque.
b) Incidenza dell'imposta sui plusvalori (causa Kincaid)
156. Sir W. L. si lamenta del fatto che se i buoni del Tesoro ricevuti da lui in risarcimento erano alla partenza esenti da imposta, la loro cessione o il loro rimborso li rendeva passibili della tassa sui plusvalori (paragrafi 21 b, e 45 sopra.) Perciò, il suo indennizzo non sarebbe stato "effettivo", mancando di permettergli di acquisire dei beni di sostituzione equivalente.
157. La lagnanza non sembra fondata. Come sottolinea la Commissione, il richiedente avrebbe potuto dover anche pagare suddetta tassa se avesse venduto le sue azioni di K. anteriore 1967. Non si potrebbe ritenerei per irragionevole che ne vada parimenti in caso di rimborso, o di cessione anticipata, dei titoli rilasciati in scambio delle azioni.
c) Impiego di un metodo di valutazione fondata sugli utili (causa Kincaid)
158. Sir W. L. si lamenta del fatto che le indennità percepite da lui per le sue azioni ordinarie di K. sono state calcolate sulla base dgli utili e non degli attivi della società, e più precisamente degli utili passati e non dei profitti aspettati. Lo si sarebbe privato così del valore legato a questi altri fattori.
159. Agli occhi della Corte, l'impiego di un metodo di valutazione fondata sugli utili non potrebbe in sé essere considerata come incompatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1). Si tratta di un procedimento spesso utilizzato, specialmente in borsa, per valutare le società prospere come K.. In più, non si ha in realtà trascuratezza né degli utili prevedibili né degli attivi di K.: lo studio Whinney Murray e Co. ha preso in conto le prospettive di evoluzione della società preparando le sue stime (paragrafo 43 sopra) che in seguito ha riconsiderato alla luce, in particolare , della copertura-attivi.
Soprattutto, la legge del 1977 precisava che il "valore di base" delle azioni non quotate in borsa si sarebbe dovuto decidere in funzione di "tutti gli elementi pertinenti",(paragrafo 19 sopra). Non definiva la strada a seguire, questa dovendo regolarsi per via di negoziati o, a difetto, per decisione del tribunale di arbitraggio. Il rappresentante degli azionisti di K. – o addirittura Sir W. L. stesso (paragrafo 154 sopra) - poteva dunque, durante le trattative, avanzare che bisognava legare più di importanza agli attivi o ai utili prevedibili della società poi, in caso di fallimento, sottoporre la domanda all'arbitraggio. Ora egli non fece niente: dopo avere consultato gli azionisti, accettò l'offerta del governo (paragrafo 44 sopra).
160. C'è luogo dunque di respingere la lagnanza.
d, Valutazione con riferimento alla società-madre (causa Yarrow Shipbuilders)
161. Y. si lamenta esclusivamente del fatto che l'indennità percepita da lei per le sue parti nella sua filiale Y. S. sia stata calcolata, credendole, sulla base del corso in borsa delle sue proprie azioni durante il periodo di riferimento. Menziona le restrizioni, già in vigore durante suddetto periodo, che il prestito acconsentito dal ministero della Difesa imponeva al pagamento di dividendi da parte della filiale alla società-madre (paragrafo 70 sopra). Avrebbe perso in questo modo delle risorse con le quali versare dei dividendi ai suoi azionisti a lei, ciò che avrebbe provocato un abbassamento del prezzo delle sue azioni. Una valutazione di Y. S. fondata su questo prezzo non rifletterebbe dunque la sua redditività né le sue prospettive di avvenire, ogni cosa che la borsa ignorava all'epoca. In seguito al metodo applicato, l'indennità non avrebbe tenuto conto dei profitti,che ammontavano 9.400.000 £ al totale che Y. S. aveva dovuto conservare per pendenza a causa delle restrizioni precitate (paragrafo 71 ha, sopra).
162. La Corte non stima che l'impiego del metodo incriminato cozzasse nello specifico contro l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1). Con la Commissione sopra e, trova ragionevole che si abbia riguardo, valutando una filiale di cui le attività rappresentano, come qui, a una parte sostanziale delle cause della società-madre (paragrafo 70) durante le azioni di questa.
Si deve ricordare per di più che la legge del 1977 non definiva la marcia da seguire per fissare il "valore di base" delle azioni non quotate: così come sottolinea la Commissione, il corso in borsa di quelle della società-madre costituiva solamente uno degli "elementi pertinenti" (paragrafo 19 sopra). Pertanto, il rappresentante degli azionisti di Y. S. avrebbe potuto avanzare nei negoziati che si assegnava troppa importanza a questo fattore e troppo poco ai guadagni, alle prospettive ed agli utili non distribuiti dalla filiale. La Corte rileva del resto che durante i dibattimenti parlamentari fu precisato, al nome del governo, che le parole "tutti gli elementi pertinenti" avrebbero coperto l'incidenza dei termini del prestito del ministero della Difesa sulla valutazione dell'impresa statalizzata (Official Report, 16 marzo 1976, collo. 1789-1792, 25 ottobre 1976, collo. 198-199, e 5 novembre 1976, collo. 1659-1664.) Inoltre, il rappresentante degli azionisti avrebbe potuto, in ultima istanza, sottoporre la domanda all'arbitraggio. Ora egli non fece niente: dopo avere consultato Y., accettò l'offerta del governo (paragrafo 74 sopra).
In quanto alle conseguenze di un tale modo di valutazione, infine, il governo sembra essersi fondato non solo sul corso in borsa delle azioni di Y. ma anche, in una certa misura, sui guadagni, le prospettive di evoluzione ed gli utili non distribuiti dalla filiale stessa: l'indennità pagata, ossia 6.000.000 £, superava la capitalizzazione globale di Y. durante il periodo di riferimento, o 4.800.000 £ al massimo (paragrafi 71 c, e 74 sopra). Che abbia potuto non tenere pienamente conto di questi elementi si giustifica con una circostanza: Y. S. dipendeva particolarmente dall'aiuto pubblico sotto forma del prestito del ministero della Difesa o di sovvenzioni alla costruzione navale (paragrafo 71 a, sopra).
163. La Corte non può accogliere la lagnanza dunque.
e) Gioco delle clausole di salvaguardia (causa B.A.C)
164. E. E. e V. si lamentano del fatto che si è tagliato dal "valore di base" delle loro azioni di B.A.C, in virtù delle clausole di salvaguardia della legge del 1977, una somma di 19.700.000 £ a titolo di certi dividendi legalmente distribuiti (paragrafi 22-24 e 61-62 sopra). Una tale deduzione sarebbe iniqua; li avrebbe privati in particolare di una grande parte del prodotto dei loro titoli per gli anni 1973-1976.
165. La Corte constata che il pagamento dei dividendi ha avuto luogo in virtù di risoluzioni tutte posteriori al 28 febbraio 1974, data della presa di effetto delle clausole di salvaguardia. Non ci sarebbe stato abbattimento se il versamento dei utili avesse ricevuto il consenso del ministro dell'industria (paragrafo 22 sopra). Ora si rivela che salvo piccole eccezioni, pari accordo non fu sollecitato mai fino al momento in cui il rappresentante degli azionisti di B.A.C. sollevò la questione durante i negoziati (paragrafo 62 sopra).
Inoltre, niente dà da pensare che la deduzione non quadrava con la legge del 1977: nel caso contrario, il rappresentante degli azionisti avrebbe potuto investire il tribunale di arbitraggio (paragrafo 27 sopra) che non ha fatto affatto.
Del resto, le clausole non avevano niente di irragionevole in sé: si imponeva manifestamente di impedire ogni dilapidazione degli attivi delle imprese statalizzate tra la fine del periodo di riferimento ed il giorno del trasferimento (paragrafo 22 sopra). La Corte non stima neanche che il gioco di suddette clausole abbia provocato, per il rendimento dei titoli, dei risultati che possono essere considerati come irragionevoli allo sguardo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1). In grosso, e sotto riserva dei poteri discrezionali del ministro dell'industria, portavano a plafonare immediatamente al livello anteriore i dividendi degli esercizi posteriori al periodo di riferimento (paragrafo 23 sopra). Ora garantire in questo modo la stabilità dei dividendi si accorda con l'idea che dopo il periodo di riferimento, ogni espansione di una società statalizzata doveva andare tutta al profitto del settore pubblico siccome questo ultimo avrebbe sopportato i rischi di un declino (paragrafo 139 b, sopra).
166. La Corte conclude al rigetto della lagnanza dunque.
f) Ritardi falsamente eccessivi nel pagamento delle indennità ed insufficienza addotta degli acconti (causa Vickers Shipbuilding)
167. V. si lamenta di ritardi eccessivi nel versamento delle indennità e dell'insufficienza degli acconti, fattori che avrebbero rallentato il collocamento in opera dell'importa programmi di ristrutturazione.
168. Dai lavori parlamentari (paragrafi 12-16 sopra) risulta agli occhi della Corte che la legge del 1977 ha suscitato controversia. L'incertezza sulla forma che avrebbe rivestito ha persistito fino al momento in cui a Regina ha dato la sua sanzione, il 17 marzo 1977; non si si sarebbero potuti iniziare dunque molto più presto i negoziati relativi alle indennità. Per V. S., sono arrivate il 26 settembre 1980 ed il pagamento finale ha avuto luogo poco dopo, così che il periodo da prendere in conto qui è di circa tre anni e un quarto a partire dal 1 luglio 1977, giorno del trasferimento, paragrafi 76 e 81-82 sopra.
I negoziati ufficiali tuttavia non sono cominciai nello specifico che nel giugno 1978, l'intervallo tra l'assenso reale e queste date; si spiega non solo con la preparazione del rapporto di valutazione dei Sigg.. W. Sig. e C., ma anche di una pratica finanziaria che riguarda V. S. considerata come un'entità unica (paragrafi 33 e 79-80 sopra),; si trattava là di operazioni complesse. Da parte sia, il lasso di tempo trascorso da settembre 1979 al settembre 1980 proviene dal fatto che il rappresentante degli azionisti di V. S. aveva investito il tribunale di arbitraggio( paragrafo 81 sopra). Quindi, ed avuto riguardo alla taglia dell'impresa in causa, la Corte non trova irragionevole il periodo globale di ordinamento - di cui circa quindici mesi di negoziati.
169. In quanto agli acconti, bisognava limitarne l'importo poiché il loro versamento non era corredato di nessuna riserva (paragrafo 20 sopra). Inoltre, fino nel novembre 1978, cinque mesi circa dopo l'apertura dei negoziati ufficiali, V. aveva ricevuto già a questo titolo 8.450.000 £ - o più della metà dell'indennità di 14.450.000 £ convenuti per finire - e lei ottenne un altro acconto di 3.150.000 £ nel marzo 1980, mentre un'istanza rimaneva pendente dinnanzi al tribunale di arbitraggio (paragrafo 82 sopra). Soprattutto, le indennità hanno nella loro piena portata interesse a partire dal giorno del trasferimento di proprietà,p(aragrafo 21 a sopra), il che, congiunto con la data degli acconti, dovuti per attenuare gli effetti dei ritardi, inevitabili, nel pagamento finale.
170. La Corte non può accettare queste lagnanze dunque.
g)Inadeguatezza privata del periodo di riferimento addotto nella causa Brooke Marine
171. Secondo i vecchi azionisti di B. M:, le condizioni di indennizzo fissato dalla legge del 1977 erano particolarmente inadeguate nel loro caso: durante il periodo di riferimento - ma neanche al momento del trasferimento di proprietà -, il valore delle loro azioni in questa società avrebbe subito il contraccolpo di certi contratti svantaggiosi e di opzioni che permettono di convertire degli obblighi in azioni (paragrafo 89 sopr)a.
172. La Corte stima, con la Commissione, non potere accogliere la lagnanza. Innanzitutto, una misura di statalizzazione esige una formula comune, applicabile all'insieme delle imprese riguardate (paragrafo 139 a, sopra), ed non si potrebbe giudicare contrario all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) il fatto di non considerare, per ogni società, la data di valutazione più favorevole (vedere, mutatis mutandis, la sentenza James ed altri precitati, serie A no 98, pp. 41-42, paragrafo 68). In secondo luogo, il mezzo spetta a pretendere che si avrebbe dovuto valutare B. M. al giorno del suo trasferimento; ora la Corte ha constatato già che la scelta di un periodo anteriore non è nel suo principio incompatibile né coi suoi effetti né con suddetto articolo (paragrafi 136 e 151 sopra).
h)Disparità tra le indennità versate e l'incasso (cause Kincaid, Vosper Thornycroft, B.A.C, Hall Russell e Brooke Marine )
173. Sir W. L. ed i vecchi azionisti di V. T., di B.A.C, di H. R. e di B. M. si oppongono all'importo delle indennità percepite da essi allo incasso delle loro società alla data del trasferimento, paragrafi 41 b, 47, 55, 66 e 84 b, sopra).
174. Questo avvicinamento non convince la Corte; non gli sembra provare che il livello voluto di indennizzo non sia stato raggiunto. L'importo dell’ incasso al giorno del trasferimento non costituisce un elemento determinante quando il valore delle azioni destinate a passare nelle mani del settore pubblico si trova in pratica bloccato dall'inizio del processo di statalizzazione. La valutazione degli attivi esistenti di una società deve prendere in ogni caso, non solo in conto le liquidità disponibili, ma anche, per esempio, i debiti e gli anticipi su contratto (paragrafo 38 sopra).
G. Conclusione relativa all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1)
175. Alla luce di ciò che precede, la Corte stima che nessuna violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non si trova stabilita nello specifico.
Secondo i richiedenti, il Governo non può più sostenere il carattere equo delle indennità versate perché aveva riconosciuto che le condizioni imposte in materia dalla legge del 1977 erano "estremamente ingiuste per certe società" (paragrafo 17 sopra). La Corte non potrebbe aderire a simile tesi. La dichiarazione di cui si tratta rifletteva un'opinione espressa in una contesto politico; non lega la Corte nell'esame della causa.
II. ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE (COMBINATO CON L'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ( ART. 14+P1-1)
A. Introduzione
176. Parecchi dei richiedenti affermano avere subito, in ragione di elementi propri alla loro causa, delle discriminazioni contrarie all'articolo 14 della Convenzione, composto con l'articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 14+P1-1). Ai termini della prima di queste disposizioni,
"Il godimento dei diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, gli opinioni politici od ogni altra opinione, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita o ogni altra situazione."
La Commissione respinge queste affermazioni, contestate dal Governo.
177. Prima di esaminare a turno ciascuno delle lagnanze, la Corte ricorda che l'articolo 14 (art. 14) non vieta ogni differenza di trattamento nell'esercizio dei diritti e libertà riconosciute dalla Convenzione (sentenza del 23 luglio 1968 nella causa “ linguistica belga", serie A no 6, p. 34, paragrafo 10). Protegge contro ogni discriminazione le persone - fisiche o giuridiche - "collocate in situazioni analoghe"; allo sguardo dell'articolo 14°(art. 14) una distinzione è discriminatoria se "manca di giustificazione obiettiva e ragionevole", cioè se non insegue uno "scopo legittimo" o se non c'è "rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato" (vedere, tra molto altri, la sentenza Rasmussen del 28 novembre 1984, serie A no 87, p. 13, paragrafo 35, e p. 14, paragrafo 38). Inoltre, gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e in quale misura delle distinzioni giustificano delle differenze tra le situazioni ad altri riguardi analoghi di trattamento giuridico; la sua entità varia secondo le circostanze, i campi ed il contesto (ibidem, p. 15, paragrafo 40.
B. Discriminazione addotta rispetto agli azionisti di altre imprese statalizzate in virtù della legge del 1977
1. Incidenza dell'imposta sui plusvalori (causa Kincaid)
178. Sir W. L. si definisce vittima di una discriminazione in quanto è stato assoggettato all'imposta sui plusvalori all'epoca della vendita dei buoni del Tesoro ricevuto da lui a titolo di risarcimento, mentre le persone giuridiche una volta azionisti di imprese statalizzate in virtù della legge del 1977 hanno diritto, secondo la legge di finanze del 1976, ad un rinvio di scadenza (paragrafi 21 b, e 45 sopra).
179. La Corte non può accogliere la lagnanza. Così come sottolinea la Commissione , una persona giuridica che detiene, come Sir W.L soalmente il 28% del capitale di una società statalizzata non avrebbe potuto beneficiare di simile rapporto (paragrafi 21b) e 40 sopra). Il richiedente non è stato trattato dunque diversamente che i vecchi azionisti posti in una situazione analoga.
2. Utilizzazione di un metodo di valutazione basata sugli utili ( causa Kincaid)
180. Ai fini dell'indennizzo, le azioni ordinari di K. sono state valutate sulla base dei suoi utili, e non dei suoi attivi come per certe società deficitarie, (paragrafo 36 sopra). Sir W. L. se ne dispiace: secondo lui, il secondo metodo avrebbe presentato per lui più grandi vantaggi e vi è stata discriminazione a scapito di K., società prospera.
181. La legge del 1977, la Corte lo ricorda, non fissava la strada da seguire per valutare i titoli non quotati in borsa (paragrafo 159 sopra),; contemplava che l'indennità sarebbe stata fissata, per via di negoziati o di arbitraggio, sulla base della loro quotazione borsista ipotetica ed avuto riguardo a tutti gli elementi pertinenti. Questo metodo globale è servito per le azioni ordinarie di K. come per le altre azioni non quotate. Inoltre, se gli azionisti di K. non avessero accettato l'accordo trattato dal loro rappresentante avrebbe potuto sollevare la domanda dinnanzi al tribunale di arbitraggio, esattamente come altri rappresentanti di azionisti l'avrebbero potuto in simile circostanza. La Corte stima dunque, con la Commissione che sotto questo aspetto i proprietari di azioni ordinari di K. tra cui Sir W. L., sono stati trattati allo stesso modo degli altri azionisti riguardati.
Beninteso, la formula legale presentava una certa agilità che poteva condurre e ha condotto ad utilizzarlo diversamente secondo le società. Ciò permetteva tuttavia di tenere conto delle dissomiglianze ed in particolare del peso rispettivo, in ogni caso, dei differenti fattori in gioco; per esempio, gli utili costituiscono all'evidenza una base di valutazione più appropriata se la società ne realizza, gli attivi nell'ipotesi contraria. Le distinzioni osservate nel modo di applicare il metodo globale avevano una giustificazione obiettiva e ragionevole dunque.
3. Applicazione di un stesso trattamento alle imprese in espansione ed alle società in declino (cause Vosper Thornycroft, Hall Russell e Brooke Marine )
182. I vecchi azionisti di V.T, di H. R. e di B. M. si definiscono vittime di una discriminazione per il fatto che le società statalizzate hanno subito lo stesso trattamento sia che fossero in espansione o in declino. L'indennità pagata sarebbe stata difatti, proporzionalmente minima sia per i primi, in particolare V. T. che per i secondi se la si confronta con gli utili o il valore dell'impresa al giorno del trasferimento di proprietà.
183. Così come ha constatato già la Corte, la scelta del periodo di riferimento per valutare le società statalizzate in virtù della legge del 1977 ed il difetto, correlativo, di avere riguardo all'evoluzione ulteriore si ispirava a motivi ragionevoli (paragrafi 131-135 e 138-143 sopra). Si può considerare quindi come fondata su una giustificazione obiettiva e ragionevole la distinzione risultante, secondo i richiedenti, del trattamento identico riservato alle società in espansione o al contrario in declino, che entra o meno nel campo dell'articolo 14, art. 14.
4. Valutazione con riferimento alla società-madre (causa Yarrow Shipbuilders)
184. Y. si definisce vittima di una discriminazione in quanto l'importo del risarcimento percepito da lei per le sue parti nella sua filiale Y. S. è stato calcolato sulla base del corso in borsa delle sue proprie azioni e non come per le azioni non quotate delle altre società statalizzate, in funzione in particolare degli utili (paragrafo 36 sopra). All'appoggio della sua lagnanza, sottolinea che la sua indennità rappresentava una minima percentuale o multiplo dei profitti o degli attivi dell'impresa statalizzata rispetto al caso di altri vecchi proprietari, sia che si consideri per base le cifre del periodo di riferimento o quelle del giorno del trasferimento.
185. Per le ragioni indicate sopra al primo capoverso del paragrafo 181, la Corte stima con la Commissione che non c'è stata differenza di trattamento tra Y. e gli altri azionisti riguardati: serviva in ogni caso lo stesso metodo globale e si apriva la stessa possibilità di ricorrere all'arbitraggio.
Inoltre, le distinzioni stabilite tra Y. e gli altri proprietari nell'applicazione di suddetto metodo si fondavano su una giustificazione obiettiva e ragionevole. Se le attività di una filiale da valutare costituiscono un elemento importante degli affari di una società-madre i cui titoli sono quotati sul mercato, il corso di questi ultimi può all'evidenza fornire, nella cornice del sistema della quotazione borsista ipotetica, una guida più adeguata e meno artificiale che altri dati.
C. Discriminazione addotta anteriormente rispetto ai proprietari di imprese statalizzate (cause Vosper Thornycroft e Brooke Marine )
186. I vecchi azionisti di V. T. e di B. M. si definiscono vittime di una discriminazione in quanto le modalità di indennizzo fissate dalla legge del 1977 si scostavano per parecchi aspetti dalle condizioni definite nelle leggi britanniche anteriori di statalizzazione (paragrafo 99 sopra).
187. A prescindere dal punto di sapere se gli interessati si trovavano collocati in una situazione analoga a quella delle persone private dei loro beni in virtù delle leggi precedenti, la Corte considera che la distinzione controversa non solleva nessun problema sul terreno dell'articolo 14 (art. 14): i Parlamenti degli Stati contraenti devono in principio restare liberi di adottare delle nuove leggi fondate su un passo inedito.
D. Discriminazione addotta rispetto alle persone private dei loro beni in virtù delle leggi sulle espropriazioni (cause Vosper Thornycroft e Brooke Marine )
188. I vecchi azionisti di V. T. e di B. M. si definiscono anche vittime di una discriminazione in quanto la legge del 1977, contrariamente alla maggior parte delle leggi britanniche sulle espropriazioni, non considera per base di calcolo delle indennità il valore dei beni al giorno del trasferimento di proprietà (paragrafo 101 sopra).
189. La Corte si limita a ricordare che le leggi sulle espropriazioni ed i testi riguardanti la statalizzazione assolvono delle funzioni differenti. Per le ragioni enunciate sopra al terzo capoverso del paragrafo 121, stima con la Commissione che le due situazioni confrontate da suddetti richiedenti non si somigliano abbastanza da porre un problema sotto l'angolo dell'articolo 14 (art. 14).
E. Conclusione concernente l'articolo 14 (art. 14) della Convenzione,
190. In conclusione, la Corte constata la mancanza, nello specifico, di ogni violazione dell'articolo 14 della Convenzione, composto con l'articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 14+P1-1).
III. ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 (ART. 6-1) DELLA CONVENZIONE,
191. Certi dei richiedenti adducono, per i motivi diversi, una violazione all'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione che, nella misura in cui entra qui in fila di conto, si legge così:
"Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia equamente sentita, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da un tribunale indipendente ed imparziale, stabilito dalla legge che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile".
Il Governo combatte questa tesi. In quanto alla Commissione, esprime il parere che non c'è stata trasgressione alle esigenze del testo precitato all'unanimità.
A. Applicabilità dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1)
192. La Corte rileva da prima che il diritto dei richiedenti ad un'indennità a titolo della legge del 1977 derivava dal loro requisito di azionisti delle società in questione e rivestiva indubbiamente un "carattere civile" (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Sporrong e Lönnroth precitata, serie A no 52, p. 29, paragrafo 79).
Ricorda inoltre che l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) vale unicamente per le "contestazioni" relative ai "diritti ed obblighi" - di carattere civile - che si può dire, meno in modo difendibile, riconosciuti in dritto interno; non garantisce ai "diritti ed obblighi", di carattere civile, nessuno contenuto materiale determinato nell'ordine giuridico degli Stati contraenti (sentenza James ed altri precitata, serie Ano 98, p. 46, paragrafo 81).
Pertanto, l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) si applica nello specifico nella misura in cui i richiedenti hanno potuto ragionevolmente stimare di avere luogo di addurre un'incomprensione delle condizioni legali di indennizzo.
B. Osservazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1)
1. Accesso ad un tribunale (causa Kincaid)
193. Sir W. L. si definisce vittima di una violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) - come la Corte ha interpretato nella suo sentenza Golder del 21 febbraio 1975 ( serie A no 18) – per il fatto che non ha potuto investire un tribunale indipendente competente per decidere del suo diritto ad indennità.
194. Dalla giurisprudenza della Corte in materia, ed in particolare dalla sentenza Ashingdane precitata (serie A no 93, pp. 24-25, paragrafo 57) si liberano i seguenti principi.
a) Il diritto di accesso ai tribunali, garantito dall'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) non è assoluto; suscita le limitazioni implicitamente ammesse perché "richiama anche per la sua natura una regolamentazione da parte dello stato, regolamentazione che può variare nel tempo e nello spazio in funzione dei bisogni e delle risorse della comunità e degli individui."
b) elaborando simile regolamentazione, gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione. Appartiene tuttavia alla Corte di deliberare in ultima istanza sul rispetto delle esigenze della Convenzione; deve convincersi che le limitazioni applicate non restringono l'accesso aperto all'individuo in un modo o ad un punto tali che il diritto si ritrovi danneggiato nella sua sostanza stessa.
c) inoltre, simile limitazione si concilia con l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1 ) solamente se tende ad un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato.
195. La misura nella quale Sir W. L. aveva accesso al tribunale di arbitraggio ha suscitato una controversia tra il Governo e lui (paragrafo 30 sopra). La Corte non giudica necessario troncare; per i bisogni della discussione, parte dall'ipotesi che il richiedente non ha potuto mai investire suddetto tribunale, né nessuna altra giurisdizione, per fare determinare il suo diritto ad indennità.
196. Nonostante questo ostacolo ad un accesso personale, la Corte non stima, nelle circostanze della causa, che sia stato raggiunto nella sua sostanza stessa il diritto di Sir W. L. ad un tribunale.
Per le controversie relative all'indennizzo, la legge del 1977 erigeva un sistema collettivo di ordinamento: dinnanzi al tribunale di arbitraggio, le parti erano da un lato il ministro dell'industria, dell'altro il rappresentante degli azionisti. Questo, nominato dall'insieme dei portatori di titoli della società in questione, li rappresentava tutti (paragrafo 28 sopra),; gli interessi di ciascuno di essi si trovavano così difesi, sebbene indirettamente. Di fatto, la legge contemplava la tenuta di assemblee nel corso delle quali gli azionisti avrebbero potuto dare delle istruzioni al rappresentante o indicargli la loro opinione (ibidem),; col suo allegato 6 accordava loro inoltre, il potere di revocarlo ed un ricorso contro lui si apriva a chiunque gli rimproverava una trasgressione dei suoi obblighi legali o di quelle che la common law gli imponeva in qualità di mandatario (ibidem).
197. Con la Commissione, la Corte considera per di più che questa limitazione al diritto ad un accesso individuale e diretto al tribunale di arbitraggio mirava un scopo legittimo: evitare, nel contesto di una misura di statalizzazione di grande portata, una profusione di domande e di istanze introdotte da tale o tale azionista (ibidem). Avuto riguardo ai poteri e doveri del rappresentante ed al margine di valutazione del governo, non vede neanche un difetto di rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e gli obiettivi così perseguiti.
2. Superamento addotto del "termine ragionevole"( cause Vosper Thornycroft, B.A.C, Hall Russell, Yarrow Shipbuilders, Vickers Shipbuilding e Brooke Marine )
198. Tutti i richiedenti, eccetto Sir W. L., pretendono che la contestazione relativa alle loro indennità non è stata troncata in un "termine ragionevole" al senso dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1). Però, i vecchi azionisti di V. T., di B.A.C, di V. S. e di B. M. precisano che la loro tesi vale per il solo caso in cui la Corte aderisse al parere, espresso dalla Commissione secondo il quale le imprese statalizzate sono in una certa misura state integrate al "dominio pubblico" prima del giorno del trasferimento di proprietà.
199. Comunque, la lagnanza non resiste all'esame.
Nessuno ha investito nell'occorrenza il tribunale di arbitraggio, salvo a proposito di V. S. ma il procedimento non è andato fino al suo termine; l'importo delle indennità è ogni volta stato fissato da negoziati tra i ministeri dell'industria ed il rappresentante degli azionisti (paragrafi 52, 63, 68, 74, 81 e 90 sopra). Durante queste trattazioni che non dipendevano all'evidenza dall'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) le parti si sforzavano senz’altro di arrivare ad una soluzione reciprocamente accettabile; nessuna di esse non aveva competenza per prendere una decisione definitiva, costrittiva per l'altra, sull'importo dell'indennità. In ogni momento le discussioni avrebbero potuto cessare ed i problemi in sospeso essere deferiti al tribunale di arbitraggio (paragrafo 30 sopra); la domanda di un superamento del "termine ragionevole", al senso dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) non sarebbe potuta sorgere che in seguito.
3. Inosservanza addotta di altre esigenze dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) (causa Hall Russell)
200. Secondo i vecchi azionisti di H. R., il tribunale di arbitraggio creato dalla legge del 1977 non assolveva, a certi riguardi, le esigenze dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1).
201. In primo luogo, non avrebbe costituito "una giurisdizione legale", ma un tribunale straordinario eretto per conoscere di un numero limitato di controversie speciali che riguardavano un numero limitato di società.
La Corte non potrebbe accogliere questa tesi. Il tribunale di arbitraggio era "stato stabilito dalla legge"; i richiedenti non lo contestano. Inoltre, per "tribunale" l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) non intende necessariamente una giurisdizione di tipo classico, integrata alle strutture giudiziali ordinari del paese (vedere in particolare la sentenza Campbell e Fell del 28 giugno 1984, serie A no 80, p. 39, paragrafo 76); così, un organo incaricato di troncare un numero ristretto di controversie determinate può analizzarsi in un tribunale a patto di offrire le garanzie volute. La Corte rileva anche che ai termini degli ordinamenti di applicazione pertinente, il procedimento dinnanzi al tribunale di arbitraggio somigliava a quello delle giurisdizioni giudiziali e che esistevano delle possibilità di ricorso (paragrafi 31-32 sopra).
202. Seconda affermazione: in ragione dei suoi legami stretti con l'esecutivo ed in particolare della nomina di due dei suoi membri da parte del ministro, parte in causa (paragrafo 29 sopra) il tribunale di arbitraggio non avrebbe rivestito un carattere "indipendente ed imparziale."
Come la Corte ha sottolineato spesso, l'indipendenza rispetto all'esecutivo figura tra le condizioni fondamentali che derivano dalla frase in questione (vedere, tra molto altri, la sentenza Le Compte, Van Leuven e De Meyere del 23 giugno 1981, serie A no 43, p. 24, paragrafo 55.) Nell'occorrenza, il ministro designava certo due dei membri del tribunale di arbitraggio, ma non senza avere consultato i rappresentanti degli azionisti (paragrafo 29 sopra). In pratica, i criteri di selezione erano stabiliti di un comune accordo (ibidem9 e nessuna nomina sembra avere suscitato contestazioni. Le offerte quantificate formulate dal governo durante i negoziati non impegnavano per di più, per niente il tribunale (paragrafo 19 sopra,)così come lo mostrano le sentenze prodotte dinnanzi alla Corte (causa Scott Lithgow Drydocks Ltd, 29 settembre 1981; causa Cammell Laird Shipbuilders Ltd, 23 ottobre 1981). Quindi, niente autorizza a constatare un difetto di indipendenza.
I richiedenti non tacciano di parzialità soggettiva i membri di cui si tratta. In quanto all'imparzialità obiettiva di questi ultimi (paragrafo 29 sopra) non poteva sembrare soggetta a garanzia se si ha riguardo al modo in cui il procedimento di nomina si svolgeva in fatto (vedere in particolare la sentenza Di Cubber del 26 ottobre 1984, serie A no 86, pp. 13-16, paragrafi 24-30).
C. Conclusione relativa all'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1, della Convenzione)
203. La Corte conclude dunque alla mancanza di violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione nello specifico.
IV. ARTICOLO 13 (ART. 13) DELLA CONVENZIONE,
204. Sir W. L. afferma non avere disposto, per presentare le sue lagnanze in materia di indennizzo, di nessuno "ricorso effettivo" al senso dell'articolo 13,(art. 13) della Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona di cui i diritti e libertà riconosciti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali."
La Commissione respinge questa affermazione, contestata dal Governo.
205. "In virtù dell'articolo 13 (art. 13)‘un individuo che, in modo plausibile, si definisce vittima di una violazione dei diritti riconosciuti nella Convenzione deve disporre di un ricorso dinnanzi ad una ‘istanza ' nazionale per vedere deliberare sulla sua lagnanza e, se c'è luogo, di ottenere risarcimento ' (sentenza Silver ed altri del 25 marzo 1983, serie A no 61, p. 42, paragrafo 113). Tuttavia, ‘né l'articolo 13 (art. 13) né la Convenzione non prescrivono in generale agli Stati contraenti un [modo] determinato di garantire nel loro diritto interno l'applicazione effettiva di tutte le disposizioni di questo strumento ' (sentenza Sindacato svedese dei conducenti di locomotive, del 6 febbraio 1976, serie A no 20, p. 18, paragrafo 50). Sebbene dunque non tenuti ad incorporare la Convenzione al loro sistema giuridico nazionale, non devono nemmeno, ai termini dell'articolo 1 (art. 1) e sotto una forma o un’ altra, garantire a chiunque dipenda dalla loro giurisdizione la sostanza dei diritti e libertà riconosciuti (sentenza Irlanda c. Regno Unito del 18 gennaio 1978, serie A no 25, p. 91, paragrafo 239). Sotto riserva di ciò che segue, l'articolo 13 (art. 13) garantisce l'esistenza in diritto interno di un ricorso effettivo che permette di far prevalere dei diritti e libertà della Convenzione come vi si possono trovare consacrati." ( sentenza James ed altri precitata, serie A no 98, p. 47, paragrafo 84)
206. La Convenzione non fa parte del diritto interno del Regno Unito che non comprende neanche un controllo costituzionale della compatibilità delle leggi con le libertà fondamentali. Quindi, nessuno ricorso interno si apriva e non si poteva aprire a Sir W. L. per lamentarsi del fatto che la legislazione incriminata non raggiunge lei stessa il livello voluto dalla Convenzione ed il Protocollo no 1 (P1). La Corte stima tuttavia, con la Commissione, che l'articolo 13 (art. 13) non arrivi fino ad esigere un ricorso con il quale si possa denunciare, dinnanzi ad un'autorità nazionale, le leggi di un Stato contraente come contrarie in quanto tali alla Convenzione o alle norme giuridiche nazionali equivalenti (sentenza James ed altri precitata, ibidem, p. 47, paragrafo 85). Non potrebbe accogliere la lagnanza del richiedente dunque per quanto possa riferirsi alla legge del 1977 stessa.
207. Nella misura in cui il mezzo riguarda l'applicazione della legge in causa, egli decide di notare che il rappresentante degli azionisti poteva sempre investire il tribunale di arbitraggio della domanda del risarcimento o poteva invitare una giurisdizione ordinaria a ricercare se il ministro non aveva commesso un errore di diritto con una cattiva interpretazione o utilizzazione della legge del 1977 (paragrafi 30 e 32 sopra). In quanto a Sir W. L. in persona, anche se questi ricorsi non si aprivano direttamente a lui( paragrafi 30 e 195 sopra) utilizzava il sistema collettivo stabilito dalla legge, sistema che la Corte ha giudicato non contrario alle esigenze dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) (paragrafi 193-197 sopra) più rigorose di quelle dell'articolo 13( art. 13) (sentenza Sporrong e Lönnroth precitato, serie A no 52, p. 32, paragrafo 88). Per di più, il richiedente avrebbe potuto citare il rappresentante degli azionisti di K. dinnanzi alle giurisdizioni nazionali per trasgressione ai suoi obblighi a titolo della legge del 1977 o della common law (paragrafo 28 sopra).
Quindi, l'insieme dei ricorsi interni che si offrivano a Sir W. L. gli permetteva, ad un grado sufficiente, di assicurarsi del rispetto della legislazione pertinente.
208. Non c'è stata dunque violazione dell'articolo 13 (art. 13).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce (per tredici voci contro cinque) che nulla violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non è derivata della mancanza, nella legge del 1977, di disposizioni che tengono conto del modo in cui le società riguardate si erano evolute dal 1974 la 1977,;
2. Stabilisce (per diciassette voci contro una) che non vi è stata violazione dello stesso articolo (P1-1) per nessuna delle altre ragioni invocate dai richiedenti,;
3. Stabilisce( all'unanimità,)che non c'è stata violazione dell'articolo 14 della Convenzione, composto con suddetto articolo 1 (art. 14+P1-1);
4. Stabilisce (per quattordici voci contro quattro) che non vi è stata nessuna violazione dell’articolo 6 (art. 6) della Convenzione per il fatto che Sir W. L. non ha avuto personalmente accesso a un tribunale indipendente per far deliberare in merito ai suoi diritti d’indennità.
5. Stabilisce (per sedici voci contro due) che nel caso degli altri richiedenti non vi è stata violazione dello stesso articolo (art. 6-1) per nessuna delle altre ragioni invocate dai richiedenti,;
6. Stabilisce (per quindici voci contro tre) che non c'è stata violazione dell'articolo 13, (art. 13) della Convenzione.
Fatto in francese ed in inglese, poi pronunciato in udienza pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo, il 8 luglio 1986.
Rolv RYSSDAL
Presidente
Per il Cancelliere
Jonathan L. SHARPE
Capo di divisione alla cancelleria della Corte
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 51 paragrafo 2 (art. 51-2) della Convenzione e 52 paragrafo 2 dell'ordinamento, l'esposizione delle seguenti opinioni separate:
- opinione concordante del Sig. Thór Vilhjálmsson;
- opinione, in parte dissidente, comune alla Sig.ra Bindschedler-Robert, il Sig. Gölcüklü, il Sig. Pinheiro Farinha, il Sig. Pettiti ed il Sig. Spielmann, relativa all'articolo 1 del Protocollo no 1, (P1-1);
- opinione del Sig. Lagergren, approvata dal Sig. Macdonald, articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione, (art. 6-1);
- opinione dissidente comune ai Sigg.. Pinheiro Farinha e Pettiti, articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione, (art. 6-1);
- opinione dissidente comune ai Sigg.. Pinheiro Farinha, Pettiti e Spielmann, articolo 13 della Convenzione, (art. 13);
- opinione dissidente del Sig. Pettiti, articoli 6 paragrafo 1 e 13 della Convenzione ed articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 6-1, art. 13, P1-1);
- opinione, in parte dissidente, comune ai Sigg.. Russo e Spielmann, articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione, (art. 6-1).
R.R.
J.L.S.
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE THÓR VILHJÁLMSSON
(Traduzione)
Appartengo nello specifico alla maggioranza della Corte che ha constatato la mancanza di violazione della Convenzione e del Protocollo no 1 (P1).
Tuttavia, stimo, per le ragioni già indicate nella mia opinione concordante unita alla sentenza James ed altri del 21 febbraio 1986, che l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non consacra un diritto ad indennità. Questo è perché non condivido la conclusione espressa su questo punto al paragrafo 120 della presente sentenza. Perciò, non ho giudicato utile di pronunciarmi su ciò che questo ultimo rileva (paragrafi 121-175) in quanto alle domande relative al livello dell'indennizzo.
OPINIONE, IN PARTE DISSIDENTE, COMUNE ALLA SIG.RA BINDSCHEDLER-ROBERT, IL SIG. GÖLCÜKLÜ, IL SIG. PINHEIRO FARINHA, IL SIG. PETTITI ED IL SIG. SPIELMANN, GIUDICI, ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1, (P1-1)
Abbiamo votato per la violazione del Protocollo no 1 (P1), pure unendoci alla maggioranza della Corte per ciò che riguarda parecchi principi e punti esaminati.
Così, consideriamo con la maggioranza che la legge britannica sulle statalizzazioni rispondeva ad un interesse generale ed ad un scopo legittimo che il Parlamento era in grado di valutare adeguato.
In più, il metodo scelto era accettabile. Ne è parimenti della norma adottata per la determinazione delle basi di calcolo di indennizzo che, del resto, si ritrovano in altre legislazioni nazionali.
Invece, non possiamo seguire il ragionamento della maggioranza rispetto al punto, per noi importante, del periodo di riferimento, e questo in ragione della mancanza di ogni correttivo nella legge incriminata.
Evidentemente, l'adozione di un periodo di riferimento anteriore alla data di promulgazione della legge è concepibile, ma purché si trova in un termine ragionevole rispetto al giorno del trasferimento, come contemplava, del resto, il primo progetto di legge. Purtroppo, i procedimenti parlamentari ed i dibattimenti di ordine politico hanno ritardato, di diciotto mesi circa, la data di collocamento in gioco del periodo di riferimento, (vesting day). Seguivano necessariamente degli effetti nefasti rispetto ai fatti posteriori sopraggiunti nella vita economica delle società riguardate.
Nessuno può contestare che 'adozione di un correttivo finanziario per lo spostamento supplementare del periodo di riferimento era possibile. A questo argomento, i meccanismi delle differenti legislazioni di statalizzazioni offrivano parecchi metodi ed equazioni, e questo a partire dalla variazione dei valore-bilanci, tesorerie e "cash flow " rispetto alle basi essenziali di indennizzo.
Un tale metodo si impone tanto più che al Parlamento il carattere ingiusto di certe disposizioni della legge erano state invocate e che all'udienza il Governo non ha smentito per niente questo fatto.
In lei stessa, una tale mancanza del correttivo in abstracto ci sembra contraria all'interpretazione delle disposizioni del Protocollo no 1 (P1).
Nei casi concreti sottoposti alla Corte, il calcolo esatto delle distorsioni che sono state la conseguenza diretta di questa mancanza di correttivi avrebbe potuto essere analizzato da un esame dei fatti di ciascuno delle pratiche o, all'occorrenza, con la via di una perizia.
In questo ordine di idee, i richiedenti hanno esposto all'udienza tramite differenti calcoli le incidenze delle misure legislative.
Il Governo non ha giudicato utile di entrare nella discussione di queste cifre, la sua tesi principale che è di sostenere che, se il metodo di indennizzo scelto dal Parlamento era corretto, non c'era luogo di esaminarne le incidenze concrete nel dettaglio.
Non possiamo condividere un tale modo di vedere.
Anche se si ammette che in materia di statalizzazioni allo sguardo di nazionali lo stato disponga di un largo margine di valutazione, resta sempre che questa nozione deve essere definita o identificabile.
Difatti, la scelta di un metodo non può essere neutra. Soprattutto non può essere separabile dai risultati economici che ne sono la conseguenza diretta. Per di più il metodo analitico adottato, anche se è soddisfacente tramite parti isolate, può arrivare alle distorsioni a causa dell'addizione e del cumulo di tutte le disposizioni economiche e finanziarie incluse nella legge e sovrapporsi.
Pure tenendo conto dell'impatto sociale, della congiuntura economica nazionale, del peso delle industrie in causa e degli sforzi finanziari acconsentiti dallo stato, dei parametri di margine di valutazione potevano essere ricercati.
Ma, tra una "statalizzazione-spoliazione" ed un indennizzo ragionevole, conforme alla norma della proporzionalità, il margine quantitativo è enorme e non può restare nell'indeterminazione più assoluta.
Del fatto che le cifre avanzate dai richiedenti non sono state contestate all'udienza, appare, premia facie e nella misura in cui queste cifre corrispondono alla realtà, almeno per K., V., T. e B. M., che i fatti posteriori nella vita di queste società hanno provocato, in ragione del prolungamento del periodo contemplato all'origine, una distorsione irragionevole e sproporzionata, e questo anche se si tiene conto di questo margine di valutazione, acconsentita e riconosciuta allo stato nella tenuta delle statalizzazioni.
A questo riguardo, la giurisprudenza della nostra Corte contiene abbastanza criteri di riferimenti che permettono un'analisi interna della legge messa in causa rispetto alla Convenzione o al suo Protocollo no 1 (P1) e che conduce a concludere, a causa della mancanza di ogni correttivo per lo spostamento del periodo di riferimento, ad una violazione effettiva.
OPINIONE SEPARATA DEL GIUDICE LAGERGREN APPROVATA DAL GIUDICE MACDONALD, ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 DELLA CONVENZIONE, (ART. 6-1)
(Traduzione)
Il possesso, da parte dei richiedenti, di azioni delle società in causa conferiva loro senza dubbio dei "diritti di carattere civile" che potevano invocare dinnanzi alle giurisdizioni ordinarie del Regno Unito. Questi diritti di proprietà si sono estinti, mediante indennità, col gioco della legge del 1977. Nessuno ricorso si apriva ai richiedenti contro le disposizioni fondamentali della legge; in particolare, non avevano nessuna possibilità di fare esaminare da un tribunale interno il numero degli argomenti presentati oggi alla Corte di Strasburgo. Il tribunale arbitrale e le altre giurisdizioni interne avevano per sola competenza di pronunciarsi - in ultima istanza - sull'applicazione della legge del 1977.
Fino al 17 marzo 1977, data alla quale il terzo progetto di legge sulle industrie aeronautiche e navali ricevette la sanzione reale, i richiedenti potevano difendere i loro diritti di proprietà contro le ingerenze di ogni tipo. In compenso, all'epoca dell'ultima ingerenza, cioè quando la proposta che tendeva a privarli delle loro azioni acquista forza di legge, il Regno Unito ha, per gli aspetti pertinenti nello specifico, sottratto ai suoi tribunali ogni competenza in quanto all'esistenza stessa dei diritti di proprietà dei richiedenti e non ha riconosciuto loro anche alcuna giurisdizione concernente il contenuto delle disposizioni legali sull'indennizzo.
Questa brusca e gavei limitazione del diritto di accesso ai tribunali era ai miei occhi prematura, inaccettabile ed incompatibile con una giusta interpretazione dell'articolo 6 (art. 6,) della Convenzione (sentenza Golder del 21 febbraio 1975, serie A no 18, pp. 17-18, paragrafi 35-36; sentenza Öztürk del 21 febbraio 1984, serie A no 73, pp. 17-18, paragrafo 49, e la mia opinione concordante annessa alla sentenza Ashingdane del 28 maggio 1985, serie A no 93, p. 27). Il diritto normale di accesso ai tribunali che è esistito durante tutta la durata dei diritti di proprietà, avrebbe dovuto coprire anche il momento stesso in cui si sono estinti, o il 17 marzo 1977. Tanto più che, fino al giorno di trasferimento rispettivo, il 29 aprile e 1 luglio 1977, i richiedenti conservavano ufficialmente la proprietà delle azioni, anche se si trattava in qualche modo di un diritto senza garanzia, non godendo della piena protezione giudiziale richiesta dall'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione.
Deriva da ciò che precede che, secondo me, c'è stata incomprensione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione nella misura in cui i richiedenti sono stati privati di ogni accesso ai tribunali che avesse permesso loro di contestare, in virtù della Convenzione e del Protocollo no 1 (P1) o di norme giuridiche interne equivalenti, la statalizzazione delle loro azioni nelle condizioni previste dalla legge del 1977. Però, la recente sentenza della Corte nella causa James ed altri (21 febbraio 1986, serie A no 98, paragrafi 79-82) mi conduce ad unirmi anche alla maggioranza per la presente domanda.
OPINIONE DISSIDENTE COMUNE AI SIGG.. GIUDICI PINHEIRO FARINHA E PETTITI, ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 DELLA CONVENZIONE, (ART. 6-1)
Concludiamo alla violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) per i seguenti motivi,:
A partire dal 17 marzo 1977, data dell'adozione del terzo progetto di legge, i richiedenti non erano abilitati più ad esercitare le loro azioni in difesa dei loro diritti di proprietà contro le ingerenze statali ingiustificate che recavano offesa ai loro diritti patrimoniali. Per effetto della legge, i tribunali ordinari non avevano più competenza per deliberare sulle domande di indennizzo o sulla compatibilità delle disposizioni di statalizzazione col diritto interno.
Gli statalizzati avrebbero dovuto avere accesso ai tribunali, almeno fino al periodo di estinzione di tutti i loro diritti, per esercitare l'azione in contestazione ed in risarcimento. Non si potrebbe considerare l'accesso al tribunale arbitrale tramite mandatari come equivalente all'accesso ai tribunali.
OPINIONE DISSIDENTE COMUNE AI SIGG.. GIUDICI PINHEIRO FARINHA, PETTITI E SPIELMANN, ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE, (ART. 13)
Il sistema legislativo britannico nel suo dispositivo non offriva quindi ai nazionalizzati un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale per valutare la compatibilità della legge coi diritti garantiti dalla Convenzione ed il Protocollo no 1 (P1) tanto più che, secondo noi, c'era violazione della Convenzione a titolo dell'articolo 6 (art. 6) e del Protocollo no 1 (P1).
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE PETTITI, ARTICOLI 6 PARAGRAFO 1 E 13 DELLA CONVENZIONE ED ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 (ART. 6-1, ART. 13, P1-1)
Ho votato per la violazione del Protocollo no 1 (P1) e dell'articolo 6 (art. 6) della Convenzione così come la violazione dell'articolo 13 (art. 13,)per le seguenti considerazioni:
La dottrina e la giurisprudenza internazionale delle nazionalizzazioni sono restate evolutive ed incerte.
Il principio dell'indennizzo del cittadino nazionale è certo comunemente riconosciuto, dopo essere stato contestato nel diciannovesimo secolo, ma la valutazione del quantum è stata molto variabile secondo i periodi e secondo gli Stati. La presente sentenza è la prima con la quale la Corte europea fa applicazione del Protocollo no 1 (P1, in questa campo,).
Il principio dell'indennizzo del cittadino di un altro Stato che quello che ha deciso la statalizzazione, è stato oggetto di numerose sentenze e ha dato luogo ad un'importante letteratura giuridica.
Il diritto sovrano dello stato riguardo ai suoi nazionali è stato uno dei temi maggiori di controversia in dottrina internazionale a partire dal diciannovesimo secolo.
Lo stato moderno ha ammesso che doveva proteggere il suo cittadino contro una legge ingiusta che lo spoglierebbe sotto copertura di statalizzazione, come deve proteggerlo se è vittima di una statalizzazione all'estero (cf). dichiarazione Coolidge).
L’aspetto lecito delle statalizzazioni è acquistato allo sguardo del diritto internazionale. Ma trattandosi della valutazione dell'indennizzo, la giurisprudenza resta incerta, considera di più il termine di equo.
La risoluzione 1803 del 14 dicembre 1962 dell'assemblea generale delle Nazioni Unite e la risoluzione 46 III di quella del CNUCED non hanno fissato regole fattorie. Quando la giurisprudenza francese ha dovuto pronunciarsi sulle nazionalizzazioni algerine e cilene, ha utilizzato il termine "adeguato" ed avvicinato la parola equa alla parola giusta (citiamo Cass. Civ, 23.4.69; TGI Parigi, 29.11.1972, Corporacion del Cobre, XCV Cr14 drtt int priv. 1974 - p. 729, p. 732).
Affinché una statalizzazione sia conforme al diritto internazionale e suscettibile di efficacia internazionale, deve rispondere alla legittimità dell'obiettivo, la sua tenuta di efficacia deve essere determinata in modo da permettere di raggiungere questo obiettivo legittimo senza superarlo.
Le sentenze arbitrali internazionali recenti, consacrando il diritto degli Stati di statalizzare purché questo diritto si eserciti nella cornice del diritto internazionale, con l'obbligo generale di indennizzo, hanno affinato le nozioni di indennizzo (sentenza Texaco Calasiatic, 19.1.1977; sentenza LIAMCO c/Gouvernement lybien; opinione separata del giudice Lagergren, Iran US Claims Trib, giudizio 184.161.1; Ind Corp c/Islamic Republic of Iran 161, American Giornale of Internazionale Law, vol. 8, no 1; cf. perciò giudice Lachs, Raccolta dei corsi dell'accademia di diritto internazionale, 1984, t. 169).
Ci si può concedere appena ad un'esegesi a partire dalle parole, adeguato, equo; in ogni caso queste parole arrivano, qualunque sia la semantica utilizzata, ad una ricerca di una valutazione obiettiva della perdita reale subita. La corte d'appello di Parigi, 29 novembre 1972, menzionava anche il dato che risultava dagli utili effettivi e dalla loro presa in conto dalla legge.
Il Consiglio costituzionale francese ha tenuto a correggere le disposizioni della legge francese del 1981 di statalizzazioni considerando che i criteri complementari della legge utilizzata per correggere le imperfezioni di riferimento erano insufficienti ed arrivavano ad una sottovalutazione. Le note e commenti del professore B. Goldman hanno illustrato il contenuto di queste decisioni.
È sempre l'esame della misura presa, affinché non sia confiscatoria che domina la valutazione dei corsi e giurisdizioni arbitrali e che li conduce alle verifiche puntuali del quantum.
Nel Regno Unito una legislazione confiscatoria sarebbe del resto senza effetto su dei beni situati in Inghilterra ( Russian Commercial Industrial Bank c / Co. Esc Mulhouse, e Lazard Bros v Midland Bank, 1933). La corte d'appello di Parigi a proposito delle statalizzazioni cilene aveva lo stesso riflesso.
Le celebri controversie dottrinali concernenti la statalizzazione dei beni che appartengono agli stranieri (W. Lewald, G.J.Ross, Friedman), pure portando tesi oppositore, arrivano spesso ai risultati vicini in quanto alla valutazione del carattere adeguato dell'indennizzo (JDI no1 1956).
Per identificare le regole generali del diritto internazionale pubblico sulla protezione della proprietà dei nazionali e degli stranieri, bisogna tenere conto dell'evoluzione che si è prodotta dal 1948 in seno alle Nazioni Unite e del CNUCED. F. Munch cita anche come sorgente il Protocollo no 1 (P1, alla Convenzione europea,). Secondo lui manifesta chiaramente "che le espropriazioni sono ammesse solamente alle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale. È tuttavia spiacevole che questi principi non siano definiti in dettaglio" (Raccolta dei corsi dell'accademia di diritto internazionale, 1959, t. 98).
La Corte nella presente sentenza si è sforzata di chiarificare il testo dell'articolo 1 (P1-1).
Il sistema messo in posto con la legge britannica era sufficientemente strutturato se non sofisticato per soddisfare tutte le esigenze del diritto internazionale? Con la maggioranza ho stimato che era così per l'insieme delle modalità, eccetto quelle concernenti il periodo di riferimento ed i fatti posteriori allo sguardo del Protocollo no 1 (P1), e di quelle concernenti il procedimento allo sguardo dell'articolo 6 (art. 6). Per il giudice del foro, ricorda il Sig. F. Munch, "il rapporto di diritto internazionale pubblico è allo stesso tempo la lex rei sitae. Il giudice del foro, giudice dello stato che statalizza resta legato al diritto che era comune a lui ed allo stato finché non viene abrogato o sospeso per una causa di diritto internazionale pubblico"( ibidem). Ora il principio britannico d ' "equity" e di "fair trial" comprendeva, a mio avviso, l'esigenza dell'accesso ad una vera giurisdizione, perché questa avrebbe potuto valutare l'indennizzo tenendo meglio conto del diritto interno e dei principi generali del diritto internazionale.
I principi generali del diritto internazionale secondo i quali si considerava che, per il non-nazionale, l'indennizzo doveva essere completo, adeguato, equo, pronto, appropriato, hanno potuto un po' variare sotto la spinta del Terzo Mondo. La formula adeguata ha fatto posto a quella di equo, molto più vaga (cf. Sessione di Nizza dell'istituto di diritto internazionale).
Si è passato dell'esigenza di un indennizzo che compensa pienamente il danno (Internazional Law Assocition, Amburgo rapporto del professione Gihl) ad un indennizzo detto equo.
Si è lontani dalla definizione della sentenza "di Chorzow", valore del bene in natura aumentato di danni interessi supplementari per la perdita subita. Si ammette anche una certa discriminazione tra nazionale ed stranieri purché la misura non colpisca unicamente gli stranieri (cf). F. Boulanger, Statalizzazione in diritto internazionale pubblico, Parigi, Economica).
Gli Stati del Terzo Mondo rivendicano un certo potere discrezionale in questo campo (cf). Conferenza dei paesi del Terzo Mondo, Algeri 1971) rispetto ai principi generali del diritto internazionale.
Risulta da questa evoluzione che oramai le giurisdizioni internazionali arbitrali hanno tendenza a mostrarsi meno esigenti per le statalizzazioni praticate dagli Stati del Terzo Mondo. Parallelamente queste giurisdizioni arbitrali si mantengono il principio di un indennizzo in favore dei non-nazionali dei paesi industrializzati più vicino al criterio adeguato, giusto ed appropriato, che se fosse in favore dei nazionale degli stessi paesi.
Per di più, il sistema britannico delle statalizzazioni nel suo dispositivo legislativo non offriva agli statalizzati un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale per valutare la compatibilità della legge coi principi generali del diritto internazionale e coi diritti garantiti dalla Convenzione e col Protocollo no 1 (P1), quindi c'era a maggior ragione, secondo noi, violazione della Convenzione a titolo dell'articolo 6 (art. 6) e del Protocollo no 1 (P1).
Da questo richiamo conciso delle norme a proposito del caso presente, derivo la conclusione, per questa opinione separata che anche se il nazionale può ricevere un indennizzo minimo rispetto a quello del non-nazionale, non per questo l'indennizzo fissato dalla legislazione britannica doveva prendere anche in considerazione tutti i parametri e tutte le ponderatezze ragionevoli, per giungere ad un risultato equo che non fosse troppo lontano nelle sue conseguenze dallo scopo legittimo perseguito, tenendo conto del margine di valutazione dello stato, il che non mi sembra essere stato il caso per i motivi precitati.
OPINIONE, PARTE DISSIDENTE, COMUNE AI SIGG.. GIUDICI RUSSO E SPIELMANN, ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 DELLA CONVENZIONE, (ART. 6-1)
In modo generale, condividiamo l'opinione della maggioranza in quanto alla mancanza di violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione, ma non ci possiamo unire per ciò che riguarda Sir W. L. (paragrafi 193-197 della sentenza). Difatti, stimiamo che questo non abbia utilizzato, in quanto azionista più importante del società K, il diritto di accesso ad un tribunale garantito da suddetto articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1).
La Corte ha concluso alla non-violazione di questo ultimo testo basandosi su due argomenti non convincenti ai nostri occhi.
Da una parte, ha giudicato che la limitazione del diritto di accesso diretto al tribunale di arbitraggio - accesso possibile solamente per il rappresentante degli azionisti, ma non per un azionista - insegue un scopo legittimo: evitare la proliferazione di domande individuali. Ora supponendo anche che un tale obiettivo possa essere tenuto per ragionevole, non si potrebbe considerarlo come sufficiente a giustificare la soppressione, secondo noi, non si trattava di una semplice restrizione, tanto più che Sir W. L. i godeva della maggioranza relativa (minoranza di blocco)) di un diritto fondamentale, dunque l'attentato alla sostanza stessa del diritto in questione.
D’altra parte, la Corte ha rilevato che gli azionisti avevano la possibilità di introdurre un ricorso contro il rappresentante per trasgressione agli obblighi legali o a quelli che la common law gli imponeva in qualità di mandatario. Questo ragionamento non ci sembra neanche probante perché, a meno di provare un comportamento fraudolento o negligente del rappresentante, un azionista non poteva trarre utilizzo da questa via. In ogni caso, anche se avesse esercitato allo stesso modo ricorso, Sir W. L. avrebbe al massimo ottenuto la constatazione della responsabilità del rappresentante, ciò che non era evidentemente il suo obiettivo.
Nota del cancelliere: La causa porta il n° 2/1984/74/112-118. Le prime due cifre designano il suo posto nell'anno di introduzione, le ultime due il suo posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su quella delle richieste iniziali, alla Commissione, corrispondenti.
CAUSA LINGENS C. AUSTRIA
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
OPINIONE CONCORDANTE DI M. IL GIUDICE THÓR VILHJÁLMSSON
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
Opinione, Parte Dissidente, Comune Ha la Sig.ra BINDSCHEDLER-ROBERT, il Sig. GÖLCÜKLÜ, il Sig. PINHEIRO FARINHA, il Sig. PETTITI Ed il Sig. SPIELMANN, Giudici, Articolo 1 Del Protocollo N° 1, (P1-1,
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
Opinione, Parte Dissidente, Comune Ha la Sig.ra BINDSCHEDLER-ROBERT, il Sig. GÖLCÜKLÜ, il Sig. PINHEIRO FARINHA, il Sig. PETTITI Ed il Sig. SPIELMANN, Giudici, Articolo 1 Del Protocollo N° 1, (P1-1,
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
Opinione Separata Di M. Il Giudice LAGERGREN Approuvée Con M. Il Giudice MACDONALD, Articolo 6 Paragrafo 1 Di La Convenzione, (art. 6-1,
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
Opinione Separata Di M. Il Giudice LAGERGREN Approuvée Con M. Il Giudice MACDONALD, Articolo 6 Paragrafo 1 Di La Convenzione, (art. 6-1,
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
OPINIONE DISSIDENTE COMUNE A SIGG.. I Giudici PINHEIRO FARINHA E PETTITI, Articolo 6 Paragrafo 1 Di La Convenzione, (art. 6-1,
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
OPINIONE DISSIDENTE COMUNE A SIGG.. I Giudici PINHEIRO FARINHA, PETTITI E SPIELMANN, Articolo 13 Di La Convenzione, (art. 13,
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
Opinione Dissidente Di M. Il Giudice PETTITI, Articoli 6 Paragrafo 1 E 13 Di La Convenzione Ed Articolo 1 Del Protocollo N° 1, art. 6-1, art. 13, P1-1)
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
Opinione Dissidente Di M. Il Giudice PETTITI, Articoli 6 Paragrafo 1 E 13 Di La Convenzione Ed Articolo 1 Del Protocollo N° 1, art. 6-1, art. 13, P1-1)
SENTENZA LITHGOW ED ALTRI C. REGNO UNITO
OPINIONE, PARTE DISSIDENTE, COMUNE HA SIGG.. I Giudici RUSSO E SPIELMANN, Articolo 6 Paragrafo 1 Di La Convenzione, (art. 6-1,