Conclusione Eccezione preliminare respinta, ratione personae,; Eccezione preliminare respinta (noN-esaurimento); Non-violazione di P1-1; Violazione dell'art. 6-1; non-violazione dell'art. 9; non-violazione dell'art. 11; non-violazione dell'art. 13; non-violazione dell'art. 14+6; non-violazione dell'art. 14+9; non-violazione dell'art. 14+11; non-violazione dell'art. 14+P1-1; Danno materiale - decisione riservata; Rimborso rimborsi e spese - procedimento della Convenzione
CORTE (CAMERA)
CAUSA I SANTI MONASTERI C. GRECIA
( Richiesta no13092/87; 13984/88)
SENTENZA
STRASBURGO
09 dicembre 1994
Nella causa I santi monasteri c. Grecia ,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, costituita, conformemente all'articolo 43 (art. 43) della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione") ed alle clausole pertinenti del suo ordinamento A , in una camera composta dai giudici di cui segue il nome:
SIGG.. R. Ryssdal, presidente,
B. Walsh,
A. Spielmann,
N. Valticos,
La Sig.ra E. Palm,
SIGG.. I. Foighel,
A.N. Loizou,
A.B. Baka,
L. Wildhaber,
così come dei Sigg.. SIG. - A. Eissen, cancelliere, e H. Petzold, cancelliere aggiunto,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 gennaio, 24 marzo, 24 agosto e 21 novembre 1994,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte con la Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 7 aprile 1993, nel termine di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47, (art. 32-1, art. 47) della Convenzione. Alla sua origine si trovano due richieste, numero 13092/87 e 13984/88, dirette contro la Repubblica ellenica e in cui otto monasteri ortodossi di questo Stato, A. X., O. L., A. L. K., il Sig. S., A. P., C. E., P. V. ed il Sig. S. K., avevano investito la Commissione il 16 luglio 1987 e 15 maggio 1988 in virtù dell'articolo 25 (art. 25).
La domanda della Commissione rinvia agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48) così come alla dichiarazione greca che riconosce la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Ha per oggetto d ' ottenere una decisione sul punto di sapere se i fatti della causa rivelano una trasgressione dello stato convenuto alle esigenze degli articoli 6, 9, 11, 13 e 14 (art. 6, art. 9, art. 11, art. 13, art. 14) della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
2. In risposta all'invito contemplato all'articolo 33 paragrafo 3 d, dell'ordinamento A, i monasteri richiedenti hanno manifestato il desiderio di partecipare all'istanza e hanno designato i loro consiglieri (articolo 30).
3. La camera da costituire comprendeva di pieno dritto Sig. N. Valticos, giudice eletto di nazionalità greca (articolo 43 della Convenzione) (art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal, presidente della Corte (articolo 21 paragrafo 3 b, dell'ordinamento A). Il 23 aprile 1993, questo ha estratto a sorte il nome dagli altri sette membri, ossia i Sigg.. B. Walsh, R. Macdonald, A. Spielmann, I. Foighel, A.N,. Loizou, A.B. Baka e L. Wildhaber, in presenza del cancelliere (articoli 43 in fine della Convenzione e 21 paragrafo 4 dell'ordinamento A) (art. 43). In seguito, la Sig.ra E. Palm, supplente, ha sostituito il Sig. Macdonald, impossibilitato (articoli 22 paragrafo 1 e 24 paragrafo 1 dell'ordinamento A).
4. Nella sua qualità di presidente della camera, articolo 21 paragrafo 5 dell'ordinamento A, il Sig. Ryssdal ha consultato, tramite il cancelliere, l'agente del governo greco ("il Governo"), i consigli dei monasteri richiedenti ed il delegato della Commissione a proposito dell'organizzazione del procedimento (articoli 37 paragrafo 1 e 38). Conformemente all'ordinanza resa perciò, il cancelliere ha ricevuto l'esposto del Governo l’ 11 ottobre 1993 e quello dei monasteri richiedenti il 23 novembre. A questa ultima data, il segretario della Commissione l'ha informato che il delegato si sarebbe espresso in arringa.
5. Così come aveva deciso il presidente, l'udienza si è svolta in pubblico il 26 gennaio 1994, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo. La Corte aveva tenuto prima una riunione preparatoria.
Sono comparsi:
- per il Governo
Il Sig. P. Georgakopoulos, assessore al delegato di Consulente legale dello stato, l'agente, la Sig.ra K. Grigoriou, revisore al Consulente legale dello stato, consigliere,;
- per la Commissione
IL SIG. J. - C. Geus,delegato;
- per i monasteri richiesti
Io P. B., avvocato, Io D. Sig., avvocato, consigli.
La Corte li ha intesi nelle loro dichiarazioni, così come nelle loro risposte alle sue domande.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
A. Il contesto storico generale
1. La formazione del patrimonio monastico
6. Fondati tra l'IXe ed i XIIIe secolo della nostra era, i monasteri richiedenti accumularono un patrimonio considerevole, in particolare grazie alle donazioni anteriori alla creazione dello stato greco nel 1829 di cui una grande parte fu espropriata all'epoca dei primi anni dell'esistenza di suddetto Stato. In più, ne offrirono loro stessi dei lembi interi a questo ultimo o alle persone che non possedevano di terre. All'epoca dell'impero bizantino e dell'impero ottomano, i monasteri e, in un modo generale, le istituzioni religiose erano praticamente le sole ad assumere delle importanti funzioni sociali, culturali ed educative; anche durante il XIXe secolo, dopo la creazione dello stato greco moderno, assolvevano ancora certe di queste funzioni.
Lo stato non contestò mai i loro diritti di proprietà. I monasteri invocarono sempre l'usucapione come mezzo sussidiario di stabilirli, soprattutto quando i titoli di proprietà bizantina od ottomana facevano difetto o erano stati distrutti. In parecchie occasioni, lo stato pubblicò sulla Gazzetta ufficiale dei decreti che riconoscono questi stessi diritti (decreti del 25 gennaio, 28 e 31 marzo, 14 giugno, 4 e 18 agosto 1933, ecc.).
7. Oltre il patrimonio ammassato così col passare dei secoli, i monasteri acquisirono, più recentemente, numerosi terreni ed edifici per via di donazione, di successione o di acquisto.
8. La legge no 4684/1930 classificava i loro beni fondiari in due categorie: patrimonio "da liquidare" (ekpiitea perioussia) e patrimonio "da conservare" (diatiritea perioussia).
Entravano nel secondo quelli che si giudicavano necessari per i bisogni di un determinato monastero, avuto in particolare riguardo ai suoi effettivi ed al suo valore storico di luogo di pellegrinaggio, e il cui elenco figurava ogni volta in un decreto adottato su proposta del ministro dell'educazione e dei Culti. L'amministrazione del patrimonio da conservare incombeva sui santi monasteri; era regolata da un decreto del 5 marzo 1932. Contemplava tra altri che le entrate che provengono da questa gestione dovevano servire al risanamento del deficit dei monasteri, al risarcimento ed alla manutenzione degli edifici, così come ai contributi aie fini educative e caritatevoli.
L'amministrazione del patrimonio da liquidare, era affidata all'ufficio di amministrazione dei beni della chiesa (Organismos diikissis ekklissiastikis perioussias).
9. La Costituzione del 1952 autorizzava il governo a procedere, entro tre anni a contare dalla sua entrata in vigore, alle espropriazioni di terre al profitto degli agricoltori ed allevatori sprovvisti. In esecuzione di questa clausola transitoria (articolo 104), la chiesa ortodossa della Grecia e lo stato conclusero un consenso che il secondo ratificò con un decreto (no 2185) dell’ 8 ottobre 1952 in cui l'articolo 36 paragrafo 5 precisava in sostanza che lo stato rinunciava oramai ad avvalersi dei diritti che derivavano dall'articolo 104 della Costituzione e concernente l'espropriazione o l'affitto obbligatorio della proprietà della chiesa.
Ai termini del consenso che cadeva su "il riscatto da parte dello stato dei terreni della chiesa ortodossa della Grecia ai fini della reintegrazione di agricoltori ed allevatori sprovvisti", la chiesa ed i monasteri cederebbero allo stato i quattro quinto delle loro terre agricole ed i due terzo dei loro pascoli e riceverebbero in compenso un terzo del valore reale di questi beni. Figuravano qui accluso degli elenchi che indicano la natura, la situazione e la superficie dei terreni venduti del tipo allo stato o al contrario conservati coi monasteri. Secondo l'articolo 8 ha, sfuggivano all'applicazione del consenso le terre agricole e pascoli rilevando del "patrimonio a conservare" dei monasteri Aghia Lavra e Mega Spileo Kalavryton.
2. L'ufficio di amministrazione dei beni della chiesa
10. Istituito dalla legge no 4684/1930, l'ufficio di amministrazione dei beni della chiesa ("l'ODEP"), persona giuridica di dritto pubblico sottoposta alla tutela del ministro dell'educazione e dei Culti, ha sostituito il Fondo ecclesiastico generale che esisteva dal 1909.
L'articolo 7 gli assegnava la gestione e l'amministrazione di tutto il patrimonio mobiliare ed immobiliare dei santi monasteri dal quale fu sottratto il patrimonio da conservare dopo un certo tempo.
Lo scopo dell'ODEP consisteva, secondo l'articolo 2, a 1, liquidare il patrimonio monastico, 2, amministrare e gestire il patrimonio ecclesiastico altro che quello delle chiese e 3, sfruttare i redditi.
11. L'odep era diretto da un consiglio di amministrazione dove si riunivano all'origine l'arcivescovo di Atene, due alti dignitari della chiesa, un consigliere di stato, un consigliere giuridico, il direttore del Tesoro pubblico, un rappresentante della Banca di Grecia ed un rappresentante di una banca commerciale. Il decreto no 2631/1953 ridusse il numero dei membri a sette di cui tre laici nominati dal ministro dell'educazione e dei Culti. Un ordinamento del 1981, sempre in vigore, ha portato a quattro l'effettivo dei laici.
Secondo il suo articolo 12, le entrate dell'ODEP devono concorrere all'opera della chiesa, in particolare col finanziamento di manifestazioni di ordine missionario ed educativo e con la rimunerazione di certi membri del clero.
3. Lo statuto giuridico della chiesa ortodossa di Grecia e dei santi monasteri
12. I legami che uniscono la nazione ellenica - e più tardi lo stato greco - alla chiesa ortodossa risalgono a parecchi secoli. L'interdipendenza dello stato e della chiesa appariva già nella riorganizzazione amministrativa di questa ultima che aveva seguito la ristrutturazione dello stato bizantino.
Il ruolo storico della chiesa guadagnò in importanza dopo il crollo dell'impero bizantino. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli fu riconosciuto come punto di riferimento, al tempo stesso capo spirituale e responsabile, verso la Sublime Porta, della comunità ortodossa che si integrava agli ingranaggi amministrativi dell'impero ottomano tramite la chiesa.
13. Proclamata "autocefalonica " con un decreto reale del 23 luglio 1833, la chiesa ortodossa della Grecia si vide dotare della sua prima carta statutaria allo stesso tempo, impregnata di un spirito statale molto pronunciato; non manteneva la sua autonomia al riguardo dello stato che in materia di dogma.
L'articolo 3 della Costituzione dell’ 11 giugno 1975, col suo doppio riferimento al Tomo patriarcale del 1850 ed all'atto sinodale di 1928, da una parte, ed al santo-sinodo della gerarchia ("sinodo dei metropoliti in esercizio") in quanto autorità ecclesiastica suprema, dall’altra parte, manifesta la volontà di rompere con la vecchia tradizione statale. Tuttavia, l'autonomia ecclesiale così proclamata trova i suoi limiti nel fatto che la chiesa ortodossa della Grecia è quella della "religione dominante" e che incarna la religione dello stato stesso.
14. La legge del 27/31 maggio 1977 (legge no 590/1977) relativa alla "Carta statutaria della chiesa della Grecia" consacra anche un rapporto di interdipendenza tra la chiesa e gli stati.
L'articolo 1 paragrafo 4 assegna alla chiesa, così come ad un certo numero delle sue istituzioni tra cui i monasteri, la personalità giuridica di dritto pubblico "per ciò che riguarda i loro rapporti giuridici."
Secondo l'articolo 2, la chiesa collabora con lo stato nei campi di interesse comune, tale l'educazione cristiana della gioventù, il collocamento in valore dell'istituzione del matrimonio e della famiglia, le cure da portare a quelli che ha bisogno di protezione, così come la salvaguardia delle reliquie sacre e dei monumenti ecclesiastici. Una presenza più contrassegnata della chiesa nella vita pubblica si manifesta nella partecipazione del ministro dell'educazione e dei Culti alle sedute consacrate all'elezione dell'arcivescovo di Atene e con quella delle autorità ecclesiali a tutte le manifestazioni ufficiali dello stato.
Le disposizioni relative alle finanze ed al personale della chiesa manifestano ancora più questa interdipendenza. Al primo punto, la legge contempla che lo stato contribuisca alle spese della chiesa (articolo 46 paragrafo 1) che le modalità di amministrazione e di gestione delle risorse della chiesa siano determinate da decisione del santo-sinodo permanente, approvata dal santo-sinodo della gerarchia (articolo 46 paragrafo 2) e che gli atti di gestione siano posti sotto il controllo finanziario dello stato (articolo 46 paragrafo 4). In quanto al secondo punto, i testi applicabili ai funzionari valgono anche, per analogia, per il personale delle persone giuridiche ecclesiali di dritto pubblico.
15. L'articolo 39 paragrafo 1 della legge qualifica i santi monasteri come istituzioni religiose di asceticismo i cui occupanti vivono secondo i principi monastici, le regole consacrate dell'asceticismo e le tradizioni della chiesa ortodossa del Cristo. I santi monasteri dipendono dalla tutela spirituale dell'arcivescovo del luogo dove si trovano situati (articolo 39 paragrafo 2). L'organizzazione e la promozione della vita spirituale dentro a questi, così come la loro amministrazione spettano al consiglio monastico ed ubbidiscono alle regole sacre ed alle tradizioni monacali (articolo 39 paragrafo 4).
I santi monasteri costituiscono delle persone giuridiche di dritto pubblico, articolo 1 paragrafo 4. La loro instaurazione, la loro fusione ed il loro scioglimento si operano per mezzo di un decreto presidenziale, adottato su proposta del ministro dell'educazione e dei Culti, dopo parere dell'arcivescovo del luogo dove si trovano e con l'approvazione del santo-sinodo permanente, (articolo 39 paragrafo 3).
Le decisioni del consiglio monastico rivestono un carattere preparatorio: non entrano in vigore che una volta ratificate dall'autorità ecclesiastica superiore. Soli gli atti di questa ultima possono essere oggetto di un ricorso di annullamento.
Autorità ecclesiastica suprema, il santo-sinodo della gerarchia ha competenza per regolamentare l'organizzazione e le amministrazioni interne della chiesa e dei monasteri; sorveglia gli atti del santo-sinodo permanente, degli arcivescovi e delle altre persone giuridiche ecclesiastiche tra cui i monasteri (articolo 4 e, e g,), al riguardo dei quali lo stato non esercita nessuno potere di controllo. Le persone giuridiche ecclesiastiche che formano la chiesa di Grecia, in senso lato, costituiscono un'entità distinta dall'amministrazione e godono di un'autonomia completa.
B. Il patrimonio dei monasteri richiedenti
1. Il santo monastero A. X.
16. Il monastero A. X., fondato all'IXe secolo sul monte Othrys in Thessalie, possiede in particolare una foresta di 278,70 ettari che cinge gli edifici del monastero, degli oliveti, dei vigneti ed altri terreni agricoli che inglobano diversi edifici annessi, una casa e degli appartamenti nella città di Volos. Secondo lui, il valore dei suoi beni fondiari supera 180 000 000 dracme.
2. Il santo monastero O. L.
17. Fondato in 947 nel dipartimento di Béotie, il monastero O. L. era un grande centro culturale all'epoca bizantina. Il complesso del monastero ed i suoi mosaici sono considerati come le opere importanti dell'arte bizantina. La sua proprietà immobiliare consta di un hotel ad Atene, una fattoria e parecchi terreni agricoli situati intorno al monastero. Un decreto ministeriale del 25 gennaio 1933 fornisce l'elenco dettagliato dei beni in questione. Il monastero stima a più di 130 000 000 dracme il valore dei beni immobiliari commercialmente sfruttabili, non tenuto conto dell'insieme degli edifici del monastero stesso e del suo tesoro, né dei terreni agricoli adiacenti.
3. Il santo monastero A. L. K.
18. Il monastero A. L. K., fondato nel 961 nel dipartimento di Achaïe, fu anche egli un grande centro culturale del Peloponneso. Distrutto durante la rivoluzione del 1826, fu riedificato nel 1830. Tra le sue proprietà figurano, in aggiunta al complesso del monastero, un certo numero di chiese e di edifici annessi e la zona attigua, parecchi terreni agricoli, una foresta, delle installazioni di trattamento del petrolio ed una moltitudine di appartamenti, uffici e negozi ad Atene ed a Patras. Il loro valore supererebbe 485 000 000 dracme, complesso del monastero e chiese non inclusi.
4. Il santo monastero M. S.
19. Eretto nelle Meteore nel 1344, il monastero M. S. godeva di un enorme prestigio sia per la sua situazione che come centro artistico. I suoi beni fondiari constano di vaste zone boscose, di una fattoria, di un appartamento e di negozi nelle città di Trikala e Kalambaka. Un decreto ministeriale del 16 ottobre 1933 enumerò le terre agricole del monastero valutando i suoi beni a più di 465 000 000 dracme.
5. Il santo monastero A. P.
20. La fondazione del monastero A. P. risale all'anno 1000. Si è sviluppato particolarmente nel XVIIe e XVIIIe secolo. Possiede un patrimonio importante che consiste in parecchi edifici ad Atene, delle vaste zone agricole e forestali, delle installazioni turistiche e dei terreni urbani - e che valuta a 43 230 000 000 dracme – ai quali si aggiungono delle cave di marmo sul monte Parnaso. Un decreto ministeriale del 14 febbraio 1933 fornisce il dettaglio delle proprietà del monastero.
6. Il santo monastero C. E.
21. Fondato al XIIIe secolo sull'isola di Egine, il monastero C. segnala che molti dei suoi beni fondiari - in particolare delle isole deserte - furono espropriati all'inizio del XXe secolo. Oltre il complesso monastico stesso, i suoi beni immobiliari comprendono dei terreni agricoli, degli oliveti, delle case ed appartamenti ad Egine, così come diversi negozi, uffici ed appartamenti ad Atene. Stima il suo patrimonio a più di 880 000 000 dracme.
7. Il santo monastero P. V.
22. Il monastero P. V. si erge sul versante ovest del monte Pelion, nel dipartimento di Magnesia. Il suo patrimonio consta di due foreste di 8 241 e 1 049 ettari, dei terreni agricoli e degli immobili nella città di Volos.
8. Il santo monastero M. S. K.
23. Situato nel dipartimento di Achaïe, il monastero M. S. K. fu distrutto in 840 e fu restaurato nel 1280. I suoi beni inglobano, oltre il complesso del monastero e la zona boscosa che lo circonda, parecchi terreni agricoli, delle zone forestali e degli uffici ad Atene; il loro valore supererebbe 950 000 000 dracme.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. La legge del 5 maggio 1987 che regolamenta le domande del patrimonio ecclesiastico ("la legge no 1700/1987")
24. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 6 maggio 1987, la legge no 1700/1987 modifica le regole di amministrazione, di gestione e di rappresentanza dei beni monastici che dipendono dall'ODEP di cui la maggioranza dei membri sarà designata dallo stato d'ora in poi. Contempla inoltre che nei sei mesi della sua pubblicazione, lo stato diventa proprietario di tutti i beni monastici, a meno che i monasteri non provino l'esistenza di un diritto di proprietà (kyriotita) che risulta o di un titolo legale debitamente registrato (metegrammeno), o di una disposizione legislativa, o di una decisione giudiziale definitiva contro lo stato.
A questo riguardo, egli decide di notare che solo le transazioni immobiliari posteriori al 1856 devono essere registrate (articolo 9 della legge del 30 ottobre 1856 sulla registrazione di immobili e dei diritti reali che portano su di sé); parimenti, il codice civile non esige la registrazione delle eredità e successioni che da 1946. All'eccezione del Dodécanèse, la Grecia non dispone di una mappa catastale.
Le ragioni che hanno portato lo stato a decretare una nuova regolamentazione del patrimonio ecclesiastico figurano nell'esposizione dei motivi del progetto di legge. C'è luogo di citare i seguenti passaggi:
"Questo progetto di legge regola la domanda del patrimonio immobiliare che possiede oggi la chiesa, domanda che costituisce, dagli inizi dello stato ellenico moderno, un punto di frizione non solo tra lo stato e le chiese ma anche tra queste ultime e il popolo; sotto il regime attuale restano non sfruttate numerose ricchezze nazionali. (...)
Il patrimonio ecclesiastico reale è in grande parte il residuo di un'epoca durante la quale l'esistenza della chiesa dipendeva esclusivamente dai suoi propri beni ed anche della sua propria manodopera. Le condizioni del suo funzionamento sono cambiato da allora, radicalmente. Lo stato copre la quasi -totalità dei suoi bisogni. Parallelamente alle disposizioni del presente progetto di legge, sono state istituite per la prima volta delle sovvenzioni del bilancio dello stato al profitto dei santi monasteri e della chiesa in generale, affinché sviluppino la loro missione spirituale così indispensabile per la Nazione e l'ortodossia, in Grecia ed all'estero.
Una parte importante di questa proprietà immobiliare era stata sprecata per mezzo di transazioni illegali e svantaggiose, o usurpata da abili sfruttatori, mentre il resto rimane in una larga misura abbandonata o si trovi sfruttata in modo pregiudizievole da terzi. Questo patrimonio nazionale si restringe continuamente e tende a sparire come sorgente produttiva di ricchezze per l'agricoltura, l'allevamento e la silvicultura del paese.
Inoltre, le terre che possiede oggi la chiesa appartengono in maggioranza allo stato. Sono occupate senza titoli legali e perla tolleranza di questo ultimo. Questo patrimonio nazionale si riduce costantemente dalle vendite illegali e degli sconfinamenti che arrivano alle usurpazioni di terreni ed ad un sfruttamento incontrollato; si tratta di una situazione che reca offesa all'autorità della chiesa.
È ricordato che dal 1952, lo stato ha legiferato per rendere obbligatorio il trasferimento dei quattro quinti del patrimonio monastico allo stato, al profitto di coloro che non possedevano terre, decreto no 2185/1952. Questo obbligo legislativo non è stato eseguito fino ad ora".
25. Entrano qui di seguito in fila di conto le disposizioni:
"Articolo 1
1. Fin dall'entrata in vigore della presente legge, l'ufficio di amministrazione dei beni della chiesa, l'ODEP, si vede assegnare di pieno dritto l'amministrazione, la gestione e la rappresentanza esclusiva di tutti i beni immobiliari dei santi monasteri al riguardo dai quali possiede da ora una legittimazione attiva e passiva, che questi beni dipendono, conformemente alla legislazione in vigore, dalla categoria ‘patrimonio da conservare ' o da quella ‘patrimonio da liquidare '.
(...)
3. (...) Le condizioni e procedimenti di vendita, locazione, concessione di uso emessa in valore da parte dell'ODEP dei beni monastici mobiliari ed immobiliari, così come tutta altra domanda legata a suddetti beni all'amministrazione ed alla gestione saranno regolate da decreto presidenziale adottato su proposta dei ministri dell'educazione e dei Culti, dell'economia e dell'agricoltura. Questo stesso decreto può abilitare altri organi amministrativi a fissare i dettagli della sua applicazione con decisione regolamentare. Per il caso specifico di vendita di beni immobiliari urbani che appartengono ai monasteri o di concessione di ogni dritto reale ivi relativo, il consenso del monastero interessato è richiesto, sotto pena di nullità del contratto.
Articolo 2
1. L'uso di tutto il patrimonio immobiliare monastico che, all'entrata in vigore della presente legge, fa parte delle proprietà (kyriotita) o si trova in possesso (katokhi) [dell'ODEP] o dei santi monasteri o di terzi possono essere ceduti dall'ODEP, ai fini di collocamento in valore e di sfruttamento, di preferenza sia agli agricoltori già membri di cooperative agricole - o che lo diventano a causa della concessione -, o alle cooperative agricole ed organismi pubblici. In scambio di questa concessione, l'ODEP versa al monastero riguardato al lordo il 5% del reddito della concessione per i bisogni del monastero.
Sono considerati come patrimonio immobiliare, al senso della presente disposizione, i terreni agricoli ed i terreni suscettibili di sfruttamento agricolo, le foreste e le zone forestali in generale, le pasture, le praterie, così come le cave, le miniere ed i vivai.
2. Nei sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, l'ODEP, può trasferire allo stato greco, con contratto da firmare tra questo in quanto rappresentante dei santi monasteri da una parte, ed i ministri dell'educazione e dei Culti, dell'economia e dell'agricoltura in quanto rappresentanti dello stato greco dall’ altra parte, la proprietà dei beni immobiliari monastici, così come quelli dei terreni che appartengono ai santi monasteri che sono stati iscritti al piano di urbanistica dopo il 1952. Questo trasferimento di proprietà allo stato greco non reca offesa alla validità di una concessione di uso accordato conformemente alle condizioni enunciate al paragrafo precedente, eccetto la condizione che mira il pagamento di una percentuale dei redditi che sarà versata alla persona giuridica prevista all'articolo 9 della presente legge e sarà utilizzato ai fini educativi. Fino alla creazione di questa persona giuridica, la percentuale sarà versata ad un conto speciale della Banca della Grecia al nome del ministro dell'educazione e dei Culti.
3. I beni immobiliari che appartengono ai santi monasteri e destinati alla cultura da parte dei monaci loro stessi sfuggono esclusivamente alle disposizioni del presente articolo; sono determinati per ogni monastero in funzione del numero dei monaci che risiedono e delle considerazioni di protezione dell'ambiente. Sfuggono anche i terreni destinati a servire da colonie estive o a soddisfare ai bisogni di altre instaurazioni ecclesiastiche.
Questi beni sono designati da decisione dei ministri dell'educazione e dei Culti, dell'agricoltura e dei Lavori pubblici e dell'ambiente, dopo parere dell'ODEP, per ogni santo monastero, ogni colonia estiva ed ogni instaurazione ecclesiastica.
Articolo 3
1. Se niente si è prodotto alla scadenza del termine di sei mesi contemplati al paragrafo 2 dell'articolo 2, i diritti di proprietà del patrimonio monastico sono regolati conformemente al seguente disposizioni:
A. I beni immobiliari di cui l'uso (nomi, o il possesso) (katokhi), dipendono dai santi monasteri al momento dell'entrata in vigore della presente legge sono considerati a prescindere come proprietà dello stato greco del loro modo di amministrazione, di gestione e di sfruttamento, salvo se il diritto di proprietà del monastero a) risulta da un titolo legale di proprietà anteriore al giorno del deposito del progetto di legge e già registrato, o che lo sarà in un termine perentorio di sei mesi a contare dall'entrata in vigore della presente legge, b) è stato riconosciuto da una disposizione della legge o da una decisione giudiziale definitiva contro lo stato. Ne va parimenti degli immobili che appartengono ai monasteri, o posseduti da essi, ma occupati da terzi.
B. L'uso ed il possesso dei santi monasteri e da terzi sui beni immobiliari considerati come appartenenti allo stato conformemente al paragrafo precedente e la cui proprietà non è stata trasferita allo stato secondo l'articolo 2, si concludono e passano di ufficio allo stato greco. Ogni forma di amministrazione, di gestione e di sfruttamento di questi immobili prende fine qualunque sia la categoria da cui dipende il bene secondo la legislazione in vigore. A partire da questa data, lo stato esercita al riguardo dei terzi, dei santi monasteri e degli organismi incaricati di gestire il patrimonio di questi, i diritti che derivano dalla proprietà, l'uso ed il possesso di questi beni. Il ministero dell'agricoltura garantisce oramai l'amministrazione e la gestione di questi ultimi conformemente alle disposizioni della legislazione già in vigore e della presente legge. Questa modifica non reca offesa alla validità di una concessione di uso accordato in virtù del paragrafo 1 dell'articolo 2, eccetto la condizione relativa alla percentuale dei redditi da versare alla persona giuridica prevista all'articolo 9 che sarà destinata oramai all'educazione nazionale
2. Ai fini del presente articolo, sono considerati in generale come beni immobiliari i terreni agricoli ed i terreni suscettibili di un sfruttamento agricolo, le foreste e le zone forestali, le pasture, le praterie, così come le cave, le miniere ed i vivai. Sono considerati anche come beni immobiliari i terreni da costruire, anche se figurano nel piano di urbanistica ma purché l'iscrizione sia posteriore al 1952.
3. I santi monasteri che non sono proprietari di beni immobiliari sufficienti possono vedersi già concedere, senza contropartita, dei terreni in loro possesso secondo il paragrafo 1 del presente articolo, ma esclusivamente ai fini di cultura da parte dei monaci stessi. Questi terreni sono determinati in funzione del numero di monaci che risiedono e delle considerazioni di protezione dell'ambiente. Questa concessione ha luogo in un termine perentorio di un anno a contare dalla scadenza contemplata al paragrafo 1 del presente articolo, con contratto stipulato tra lo stato, da una parte, e dall’altra parte la persona giuridica incaricata di amministrare il patrimonio monastico."
26. L'articolo 4 contempla che nei due mesi dalla scadenza del termine di sei mesi dell'articolo 3 paragrafo 1 A, ogni persona giuridica o fisica che possiede uno degli immobili "supposti appartenere allo stato deve “lasciarlo” al capo del servizio agricolo o forestale competente, altrimenti questo conferisce un "protocollo di sfratto amministrativo" esecutivo nei quindici giorni dalla notificazione. Contro questo protocollo, l'espulso può introdurre un ricorso, non sospensivo, in annullamento (paragrafo 4); in più, gli è lecito, se fa valere dei diritti reali sull'immobile, di investire le giurisdizioni civili in virtù degli articoli 1094 a 1112 del codice civile (paragrafo 7).
27. Un decreto presidenziale, da adottare su proposta dei ministri dell'educazione e dei Culti, dell'economia e dell'agricoltura, deve precisare le modalità di applicazione degli articoli 3 e 4. A cognizione della Corte, non è ancora apparso.
28. Ai termini dell'articolo 8, il consiglio di amministrazione dell'ODEP costituito da un presidente e da un vicepresidente, nominati dal consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'educazione e dei Culti, così come da sei altri membri e dai loro supplenti, nominati per metà dal santo-sinodo permanente e per metà dal ministro dell'educazione e dei Culti.
L'articolo 9 annuncia la creazione, su proposta del ministro dell'educazione e dei Culti e del ministro dell'economia, di una persona giuridica di diritto privato incaricato di mettere in opera i programmi educativi da stabilire da parte del ministero dell'educazione e dei Culti.
Dalla sua parte, l'articolo 10 contempla l'iscrizione, al bilancio dello stato, di un credito destinato al sostegno finanziario ed alla manutenzione dei monasteri, così come al rafforzamento dell'opera culturale della chiesa. Il ministro dell'educazione e dei Culti assegnerà le somme disponibili a questo titolo, ai fini dell'esecuzione di un programma speciale che elaborerà ogni anno su raccomandazione del santo-sinodo permanente.
29. Infine, la legge no 1700/1987 esclude dal suo campo di applicazione il patrimonio dei santi monasteri che dipende dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, così come dai patriarcati di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme, del Santo-sepolcro e del santo monastero del Sinai.
B. La sentenza del Consiglio di stato, del 7 dicembre 1987
30. Il presidente e gli altri membri del consiglio di amministrazione dell'ODEP furono designati dal ministro dell'educazione e dei Culti il 10 e 16 luglio 1987, articolo 8 della legge no 1700/1987.
Il 20 luglio, la chiesa della Grecia contestò la legalità della loro nomina dinnanzi al Consiglio di stato (Symvoulio tis Epikrateias) per mezzo di un ricorso in annullamento raddoppiato da una domanda di rinvio ad esecuzione. Il 19 agosto 1987, la commissione dei rinvii del Consiglio di stato giudicò che ogni tentativo, da parte del nuovo consiglio di amministrazione dell'ODEP, di esercitare le competenze che gli assegnavano la legge no 1700/1987 avrebbe rischiato di compromettere le relazioni tra la chiesa e lo stato; accolse di conseguenza la domanda affinché il Consiglio di stato si pronunciasse sul merito.
Certi monasteri tra cui tre dei richiedenti ed i loro archimandrita, attaccarono anche suddette decisioni il 11 settembre 1987; adducevano, tra altri, che la legge no 1700/1987 infrangeva la Costituzione greca, articoli 3 paragrafo 1, 13 paragrafo 1 e 17, e la Convenzione europea.
31. Il Consiglio di stato deliberò il 7 dicembre 1987, sentenza no 5057/1987, in questi termini,:
(...)
Le disposizioni dell'articolo 3 paragrafo 1 della Costituzione garantiscono i santi cannoni e le tradizioni della chiesa ortodossa. Tuttavia, si potrebbe considerare che questa garanzia si estende ai santi cannoni ed alle tradizioni relative alle domande di natura puramente amministrativa. Queste domande sulle quali influisce lo scorrimento del tempo e le concezioni moderne, suscitano necessariamente le modifiche destinate a promuovere l'interesse comune della chiesa e dello stato; il legislatore ordinario le regola, secondo i bisogni della società, conformemente all'articolo 72 paragrafo 1 della Costituzione greca. Non può tuttavia, per mezzo della Carta statutaria della chiesa o di altre disposizioni legislative, procedere ad una riforma fondamentale delle istituzioni amministrative di base che si sono stabilite da molto e solidamente in seno alla chiesa ortodossa. Le stesse disposizioni garantiscono inoltre, anche l'autonomia della chiesa che comprende il potere di decidere delle sue cause coi suoi propri organi costituiti conformemente alla legge e di essere amministrata dal santo-sinodo della gerarchia ed il santo-sinodo permanente organizzato conformemente alla legge ed alle disposizioni del Tomo patriarcale del 29 giugno 1850 e dell'atto sinodale del 4 settembre 1929 che riguardano la composizione di questi organi.
Secondo il parere che l'ha portato in seno al Consiglio di stato, le disposizioni della legge no 1700/1987 che affida all'ODEP, persona giuridica di dritto pubblico integrata nella cornice amministrativa della chiesa e di cui la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione è designata dallo stato, l'amministrazione, la gestione e la rappresentanza del patrimonio dei santi monasteri, non sono contrari all'autonomia - costituzionalmente garantita - della chiesa, né alla libertà di religione ed agli articoli 9 e 11 della Convenzione di Roma, né alla Carta delle Nazioni Unite ed all'atto finale di Helsinki, perché queste domande, non legate al dogma o al culto, sono di natura puramente amministrativa e non si ricollegano alle istituzioni ecclesiastiche amministrative di base; devono essere regolate di conseguenza, liberamente dal legislatore ordinario. Inoltre, le disposizioni della legge no 1700/1987 non modificano sostanzialmente queste istituzioni perché l'amministrazione e la gestione del patrimonio monastico ed ecclesiastico erano state affidate all'ODEP da sempre di cui il consiglio di amministrazione - nella sua prima formazione secondo la legge no 4684/1930 - si costituiva in modo maggioritario di laici nominati dallo stato. I mezzi di nullità contenziosi sono quindi male fondati ed egli invita a respingerli.
Tuttavia, uno dei consiglieri di stato ha formulato la seguente opinione alla quale ha aderito uno degli assessori (paredroi): l'articolo 3 della Costituzione che dispone che la chiesa della Grecia sia amministrata da ‘il sinodo dei metropoliti in esercizio ', non gli garantisce solamente l'autonomia nel senso che sia amministrata dai metropoliti eletti da lei, ma anche il diritto di amministrare, gestire ed alienare a sua discrezione i beni mobiliari ed immobiliari di ogni natura che gli appartengono per raggiungere i suoi obiettivi non lucrativi, ossia il mantenimento e la promozione della fede ortodossa dei suoi fedeli. La vita monacale e le comunità monastiche che formano degli elementi essenziali di questa Chiesa e che, malgrado il loro requisito di persone giuridiche di dritto pubblico, provengono come la chiesa lei stessa da una tenuta che si trova all'infuori della giurisdizione dello stato, avevano costituito un modo fondamentale di culto di Dio da sempre. Di conseguenza, privare tutti i monasteri dell'amministrazione, della gestione e della rappresentanza di tutti i loro beni, esistenti e futuri ed assegnare questi poteri all'ODEP senza il loro consenso limita in modo inaccettabile la loro autonomia e quella della chiesa. Queste disposizioni provocano, in primo luogo, una violazione dell'articolo suddetto della Costituzione che non permette di modificare le istituzioni amministrative della chiesa al punto di sconvolgere la sua autonomia e, secondariamente, ostacolano gravemente l'esercizio del culto verso la vita monacale, poiché impediscono l'esercizio ‘senza restrizione ' del culto monastico, come lo garantisce l'articolo 13 paragrafo 2 della Costituzione. Infine, conviene osservare che a partire dal 1953, l'ODEP era diretto da un consiglio di amministrazione nominato nella sua maggioranza dalla chiesa ed era presieduto dall'arcivescovo di Atene; la giurisprudenza contraria invocata dai sostenitori dell'opinione maggioritaria porta su dei casi isolati e specifici e non sull'insieme del patrimonio monastico. Di conseguenza, la minoranza stima fondati i mezzi di nullità.
I richiedenti sostengono inoltre che le disposizioni della legge no 1700/1987 che affida all'ODEP, entità esterna alla chiesa e non controllata da lei, l'amministrazione, la gestione e la rappresentanza del patrimonio monastico e che autorizzano il trasferimento di questo allo stato senza nessuna contropartita, sono contrari agli articoli 17 e 7 paragrafo 3 A, della Costituzione, poiché impongono un'alienazione inaccettabile di questo patrimonio, privano i santi monasteri della loro proprietà ed introducono delle limitazioni incostituzionali ai diritti di proprietà.
L'articolo 7 paragrafo 3 A, della Costituzione vieta ogni confisca generale. L'articolo 17 dispone che la proprietà sia posta sotto la protezione dello stato, ma i diritti che ne derivano non possono esercitarsi a scapito dell'interesse generale. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non è a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nei casi e seguendo il procedimento previsto dalla legge e sempre mediante un'indennità preliminare e completa. Questa ultima disposizione costituzionale vietata privare qualcuno dei suoi beni senza che si trovino assolte le suddette condizioni; tuttavia, niente impedisce al legislatore di contemplare delle limitazioni al diritto di proprietà sulla base di criteri obiettivi e nell'interesse generale, purché non annientino questo diritto e non lo rendano inoperante
Secondo il parere che l'ha portato in seno al Consiglio di stato, le disposizioni della legge no 1700/1987 che contempla il trasferimento allo stato greco della proprietà delle terre monastiche agricole e di altri beni immobiliari possedute dai santi monasteri senza titolo legale di proprietà, non sono contrarie all'articolo 17 della Costituzione perché non privano i santi monasteri della loro proprietà (idioktissia); in fatto, la legge implica che questi beni immobiliari non appartengono loro. In più, le disposizioni della legge che riguarda la vendita degli immobili urbani dei santi monasteri o la concessione dei diritti reali afferenti, con decisione dell'ODEP, non recano offesa al diritto di proprietà dei santi monasteri nella misura in cui la loro applicazione resta subordinata al consenso del santo monastero che possiede il bene immobiliare in mancanza di cui il contratto è nullo. Infine, le disposizioni relative al collocamento in valore da parte dell'ODEP degli immobili urbani, miniere, cave e vivai appartenenti ai santi monasteri o a tutta altra istituzione ecclesiastica, così come quelle relative all'amministrazione, la gestione e la rappresentanza della proprietà agricola ed il collocamento in valore, reale e futuro, degli immobili urbani, non provocano privazione di proprietà, poiché la proprietà come tale resta nelle mani dei santi monasteri e, in ogni caso, i redditi della gestione di questi beni da parte dell'ODEP sono utilizzati ai fini ecclesiastici; stabiliscono delle restrizioni costituzionali alla proprietà, destinata a servire simultaneamente l'interesse di questi monasteri e l'interesse generale. Perciò, il mezzo di nullità sotto esame, così come le lagnanze relative agli articoli 12 paragrafi 5 e 6, e 20 paragrafo 1 della Costituzione ed all'articolo 1 del Protocollo addizionale di Parigi del 20 marzo 1952, sono male fondati e devono essere respinti
Due consiglieri di stato ai quali ha aderito uno degli assessori, hanno formulato la seguente opinione: l'attribuzione, nelle condizioni suddette, dell'amministrazione, della gestione e della rappresentanza dell'insieme del patrimonio monastico all'ODEP, anche ‘in modifica delle disposizioni legali in vigore ', articolo 1 paragrafo 3 della legge no 1700/1987, non si analizzai in una limitazione di proprietà, ammessa dalla Costituzione, ma tocca in modo inaccettabile e senza indennizzo completo l'essenza stessa del diritto di proprietà. Ciò è tanto più evidente che sola possibilità lasciata ai monasteri consiste nell’ acconsentire od nell’opporsi alla vendita della loro proprietà urbana ed alla concessione di un diritto reale ivi afferente da parte dell'ODEP, senza potere decidere loro stessi,: simile decisione dipende esclusivamente dall'ODEP che si pronuncia sovranamente, senza far riferimento ai monasteri, sulla vendita dei terreni agricoli e ` il collocamento in valore reale e futuro ' della loro proprietà immobiliare contemplata all'articolo 7 della legge no 1700/1987. In quanto ai beni mobiliari dei monasteri di cui certi hanno un grande valore (icone dei musei dei monasteri, reliquie preziose, azioni, ecc.), sono gestiti senza nessuna limitazione da parte dell'ODEP. Inoltre, conviene notare che la legge no 1700/1987 non precisa la destinazione dei redditi del patrimonio monastico; in compenso, risulta dagli articoli 2 paragrafo 2, 3 paragrafo 1 B, e 9 della legge no 1700/1987 che i redditi dello stato provenienti ` dal collocamento in valore o della concessione dell'uso del patrimonio monastici ed ecclesiastici ' sono trasferiti ad una persona giuridica di diritto privato creata a titolo dell'articolo 9 e non perseguendo degli obiettivi ecclesiastici. Così, le disposizioni della legge no 1700/1987 contraddicono pienamente non solo l'articolo 17 della Costituzione, ma anche le disposizioni della convenzione di Roma (articolo 1 del Protocollo addizionale) ed il trattato che istituisce la Comunità economica europea, e mettono in causa la responsabilità internazionale dello stato greco. Di conseguenza, la minoranza stima fondata questo mezzo di nullità.
(...)
In quanto all'affermazione secondo la quale le disposizioni della legge no 1700/1987 violano l'articolo 4 paragrafo 1 della Costituzione perché stabiliscono una discriminazione tra le chiese ortodosse della Grecia ed i monasteri che dipendono dal patriarcato ecumenico, il patriarcato ecumenico stesso, i patriarcati di Alessandria, di Gerusalemme, del Santo- sepolcro, del santo monastero del Sinai, ed i monasteri di altre confessioni o religioni, la lagnanza è male fondata perché la chiesa ortodossa della Grecia, in quanto strumento ed espressione della religione dominante secondo i termini dell'articolo 3 paragrafo 1 della Costituzione, non occupa la stessa posizione che le altre chiese ortodosse, confessioni o religioni, così che le disposizioni legislative controverse non infrangono il principio costituzionale del trattamento uguale delle situazioni giuridiche analoghe.
(...)
In più, è addotto che le disposizioni della legge no 1700/1987 violano l'articolo 5 paragrafo 1 della Costituzione, per il fatto che i cittadini ortodossi che desiderassero portare un sostegno finanziario ai monasteri si troverebbero ostacolati nella libera espressione della loro personalità poiché, contro la loro volontà, l'amministrazione e la gestione dei doni non sarebbero affidate ai monasteri ma all'ODEP.
D’altra parte, è addotto che queste disposizioni recano offesa alla libertà individuale di religione dei membri delle comunità monastiche e di quelli che desidererebbero fondare un monastero consacrandovi il loro patrimonio. Il primo ramo del mezzo è male fondato perché il diritto individuale della libera espressione della sua personalità, garantito con l'articolo 5 paragrafo 1 della Costituzione, non è un diritto assoluto; è subordinato alle limitazioni portate dalla Costituzione e dalla legge. Nello specifico, le limitazioni che risultano dalle suddette disposizioni della legge no 1700/1987, non violano l'articolo 5 paragrafo 1 della Costituzione. Il mezzo è anche male fondato nel suo secondo innesto perché si riferisce, in modo vago, ad un danno eventuale e futuro dei richiedenti.
(...)
Il Consiglio di stato annullò tuttavia la decisione del ministro dell'educazione e dei Culti, del 16 luglio 1987 (paragrafo 30 sopra) al motivo che la composizione del consiglio dell’amministrazione dell'ODEP non soddisfaceva le esigenze dell'articolo 8 della legge no 1700/1987.
C. La legge del 6 ottobre 1988 "che ratifica la convenzione di cessione allo stato del patrimonio forestale ed agricolo dei santi monasteri della chiesa della Grecia che aderiscono" ("la legge no 1811/1988")
32. L'adozione della legge no 1700/1987 aveva provocato un viva reazione della chiesa della Grecia. A scopo di acquietamento, il governo ed il santo-sinodo della gerarchia sottoscrissero, dopo gli incontri successivi, un consenso preliminare secondo il quale i monasteri acconsentirebbero, per mezzo di una convenzione, a cedere allo stato una parte del loro patrimonio. Il consenso poneva come condizione essenziale l'obbligo, per la chiesa di Grecia, di munirsi, in vista della firma di suddetta convenzione, dei pieni poteri del consiglio monastico di ogni monastero.
33. L’11 maggio 1988, il santo-sinodo permanente conclude infatti con lo stato una convenzione ai termini della quale cento quarantanove monasteri tra cui i monasteri richiedenti A. P., O. L. e P. V., cedevano il loro patrimonio forestale ed agricolo allo stato; quarantasette monasteri dichiararono di non sentirsi mirati da questa, in mancanza di disporre di un tale patrimonio sostanziale. Il Parlamento la ratificò con l'articolo 1 della legge no 1811/1988 in cui l'articolo 2 paragrafo 3 precisava: "Fin dalla pubblicazione della presente legge, l'amministrazione e la gestione del patrimonio urbano dei santi monasteri che non aderiscono alla convenzione spettano al santo-sinodo permanente della chiesa della Grecia. Le disposizioni della legge no 1700/1987 si applicano al restante del patrimonio di questi monasteri."
Il paragrafo 1 dello stesso articolo permetteva ai monasteri non contraenti di aderire alla convenzione in un termine, rinnovabile, di un anno a contare dall'entrata in vigore della legge; tuttavia, questo termine non sospendeva l'applicazione della legge no 1700/1987.
34. Secondo l'articolo 2 della convenzione, i monasteri contraenti abbandonano tutto il loro patrimonio agricolo e forestale allo stato, salvo i terreni che li cingono in un raggio di 200 metri; il parere di ogni monastero è richiesto per l'installazione nella sua prossimità ed il funzionamento di locali di divertimento, ristoranti ed imprese. Ini più, i monasteri contraenti sono autorizzati a sottrarre all'operazione una percentuale del loro patrimonio fondiario originario - per quanto la superficie totale dei terreni conservati non supera 500 000 m² di foreste o 200 000 m² di terre agricole -, così come il 20% dei terreni "sfruttabili turisticamente"; la chiesa della Grecia si vede assegnare, in quanto a lei, il 40% dei terreni inclusi nel piano di urbanistica dopo il 1952. Infine, si trovano escluse dal trasferimento le terre che i monasteri possiedono in virtù di un titolo legale di proprietà o di un titolo successorio e testamentario o di donazione.
La scelta tra i terreni da cedere allo stato e quelli che restano ad ogni monastero incombe su un comitato speciale, costituito in ogni dipartimento per decisione del prefetto.
In scambio del trasferimento di proprietà, lo stato si avvia a versare uno stipendio ad ottantacinque predicatori ed a consacrare al sostegno finanziario dei monasteri contraenti l’1% dei crediti di bilancio destinati alla chiesa (articolo 4).
35. Ai termini dell'articolo 3 della convenzione, l'ODEP doveva sparire una volta le operazioni compiute; in realtà, l'ODEP fu sciolto dopo la ratifica della convenzione da parte del Parlamento ed il suo personale fu destinato ad altri organismi dello stato conformemente all'articolo 3 della legge no 1811/1988. La gestione e l'amministrazione del patrimonio urbano e della parte del patrimonio forestale ed agricolo che rimangono di proprietà dei monasteri contraenti dipendono da loro stessi; quelle del patrimonio da liquidare, dalla chiesa della Grecia, surrogata ai diritti ed obblighi dell'ODEP ed unica investita della qualità per agire. Il santo-sinodo permanente fisserà con le decisioni canoniche, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale, il modo di gestione e di sfruttamento del patrimonio dell'ODEP che, dopo l'abolizione di questo, sarà devoluto alla chiesa della Grecia. Infine, i monasteri contraenti hanno requisito per restare in giustizia in ogni controversia concernente il patrimonio che conservano conformemente alla convenzione (articolo 5).
36. Certi dei monasteri - tra cui P. V. - che avevano dato procura alla chiesa della Grecia per negoziare e firmare la convenzione con lo stato, investirono i tribunali adducendo la nullità di questa.
Sostenevano in particolare che: 1) la convenzione era stata conclusa dal santo-sinodo permanente, semplice organo amministrativo della chiesa della Grecia privato di personalità giuridica propria e di capacità giuridica; 2) gli arcivescovi e metropoliti essendosi riuniti durante la sua elaborazione non erano i rappresentanti legali del santo-sinodo permanente; 3) i terreni che i monasteri si erano avviati a cedere non erano determinati in modo preciso e nessuna menzione figurava nella convenzione a proposito della loro situazione, della loro superficie e dei loro limiti; 4) lo stato greco non aveva agito secondo gli incarichi del suo rappresentante legale; 5) all'epoca della conclusione della convenzione l'amministrazione e la rappresentanza del patrimonio monastico di questo patrimonio dell'ODEP e la proprietà era già trasferita allo stato in virtù dell'articolo 3 della legge no 1700; 6) le procure rilasciate dai monasteri al santo-sinodo permanente non avevano rivestito la forma di un atto notarile come esigeva la legge; 7) le condizioni poste dai monasteri per la conclusione della convenzione e che figurano nelle procure non si trovavano riprese nel testo stesso di questa.
37. Il 26 gennaio 1990, la corte d'appello di Atene respinse il monastero P. V..
38. Il 4 dicembre 1990, la corte di appello di Atene respinse il ricorso di questo ultimo contro il giudizio così reso. Rilevò in particolare, come i primi giudici ma in modo più dettagliato che con la legge no 1811/1988 il potere legislativo aveva espresso la volontà di convalidare l'insieme del contenuto della convenzione anche se comprendeva dei vizi di forma o di fondo propri ad inficiarlo di nullità allo sguardo dei testi in vigore all'epoca della sua conclusione.
In quanto alla lagnanza no 5, la corte di appello l'allontanò al motivo che il monastero P. V. che non era più all'epoca della conclusione della convenzione proprietario di questi terreni, non aveva requisito per agire. Per ciò che riguarda le lagnanze numero 3 e 7, stimò che in ragione del grande numero dei monasteri contraenti, la convenzione poteva distinguere solamente in modo generale i terreni da cedere da quelli da conservare e poteva affidare il compito della delimitazione precisa ad un comitato da costituire in ogni dipartimento.
Dall’altra parte, la sola formula dell'articolo 2 della convenzione non bastava a dimostrare un superamento dei limiti dei pieni poteri accordati al santo-sinodo permanente né un abuso da parte degli arcivescovi che avevano firmato la convenzione; se fosse stato così e se dei terreni non mirati dalla procura fossero stati trasferiti allo stato, si sarebbe trattato di una privazione di proprietà incompatibile con l'articolo 17 della Costituzione, vizio non suscettibile di essere coperto dalla ratifica. Era però impossibile determinare se un tale superamento aveva avuto luogo perché il ricorrente non precisava se il comitato competente si era liberato già dal suo compito.
Infine, la convenzione controversa rivestiva un carattere oneroso perché lo stato si avviava a sostenere finanziariamente i monasteri aderenti, versando loro il 1% dei crediti del bilancio destinato alla chiesa, ed a prendere incarico della rimunerazione di ottantacinque predicatori.
D. L'applicazione delle leggi numero 1700/1987 e 1811/1988
39. Con un circolare del 5 gennaio 1989, il ministero dell'agricoltura invitò le prefetture a stabilire i comitati contemplati all'articolo 2 della convenzione del 11 maggio 1988, paragrafo 34 sopra. Nessuna misura è stata presa tuttavia, ancora a questo fine.
Un'altra circolare, del 20 febbraio 1989, attirava l'attenzione delle autorità sul fatto che la proprietà dei beni immobiliari dei monasteri non contraenti era stata trasferita allo stato conformemente alla legge no 1700/1987. Ricordava loro inoltre la possibilità di cedere certi questi beni alle cooperative agricole e di utilizzare il procedimento di sfratto previsto all'articolo 4 della legge no 1700/1987 (paragrafo 26 sopra).
40. Nella pratica, le operazioni di trasferimento restano incompiute, in particolare in quanto alla definizione dei beni che devono a passare allo stato a titolo tanto della legge no 1700/1987 che della legge no 1811/1988.
41. Dinnanzi alla Commissione, poi alla Corte, i monasteri richiedenti hanno invocato parecchi giudizi che interrompevano il procedimento impegnato dai monasteri, non richiedenti, contro lo stato, giudizi no 455/1987 della corte d'appello di Ioannina e no 175/1988 della corte d'appello di Halkis, e dichiaravano inammissibile il ricorso di un altro, giudizio no 335/1987 della corte d'appello di Lassithi, al motivo che suddetti monasteri non avevano più requisito per agire dall'entrata in vigore della legge no 1700/1987. Ne fu così in particolare di un'azione in dichiarazione che mirava a fare riconoscere il diritto di proprietà di un monastero non richiedente che sarebbe derivata, secondo questo monastero, dall'usucapione abbreviata; la corte d'appello di Patras, giudizio no 35/1991, giudicò inoltre che la proprietà, il possesso e l'uso dei terreni controversi erano stati trasferiti di ufficio allo stato in virtù dell'articolo 3 paragrafo 1 A, e B, della legge no 1700/1987 e rilevò che suddetto monastero non figurava tra quelli che avevano aderito alla convenzione dell’ 11 maggio 1988.
42. Con una lettera del 7 febbraio 1992, il ministero dell'agricoltura ha risposto così ad una richiesta di informazioni che l'agente del Governo gli aveva indirizzato a proposito dell'applicazione delle leggi numero 1700/1987 e 1811/1988:
"(...) le leggi numero 1700/1987 e 1811/1988 che regolano delle domande della proprietà ecclesiastica, non si sono trovate ad applicare perché i procedimenti previsti da esse per trasferire allo stato i terreni che gli spettavano, così come per distinguerli da quelli che dovevano restare ai monasteri, non hanno ricevuto ancora esecuzione. (...) Un problema è sorto in quanto alla gestione della tenuta forestale monastica, perché i procedimenti di presa di possesso dei terreni da parte dello stato non sono stati messi in opera ma anche a causa delle divergenze tra questo ultimo ed i santi monasteri a proposito dell'interpretazione di suddette leggi. (...) Risulta del documento no 147224/21.12.1991 della Direzione del piano di sviluppo del territorio del nostro ministero, (...) così come dalla costituzione da parte del ministro dell'educazione di una squadra per studiare il problema della proprietà ecclesiastica, che lo stato ha l'intenzione di approfondire di nuovo la domanda per deciderla."
43. Il consiglio dei monasteri richiedenti ha affermato che alla data dell'udienza dinnanzi alla Corte nessuno dei terreni controversi era stato trasferito ancora alle cooperative agricole o allo stato. Ha sostenuto però che dall'entrata in vigore della legge no 1700/1987, le autorità amministrative negano di accordare le autorizzazioni necessarie al compimento di certi atti di sfruttamento correnti.
A questo riguardo, invoca e produce una corrispondenza scambiata tra da un lato l'autorità forestale di Kalambaka e dell'altro la cooperativa di V. ed il monastero M. S.; la prima ha impedito al secondo di procedere all'abbattimento degli alberi nelle foreste che appartengono a suddetto monastero in virtù del decreto no 2185 del 1952 (paragrafo 9 sopra) mentre la cooperativa aveva pagato già al monastero, dal 1985, il prezzo dell'abbattimento.
Parimenti, l'autorità forestale di A. in Magnesia non ha voluto approvare il piano di sfruttamento quadriennale di una foresta che appartiene al monastero A. X., avvalendosi dell'incertezza che rimaneva in quanto allo statuto patrimoniale di suddetta foresta.
PROCEDIMENTO DINNANZI A LA COMMISSIONE
44. I monasteri richiedenti hanno investito la Commissione nel seguente ordine: A. X., O. L., A. L. K., M. S. ed A. P., così come sei monaci di questi monasteri, il 16 luglio 1987, richiesta no 13092/87,; C. E., P. V. e M. S. K., così come quattro monaci ed ecclesiastici, il 15 maggio 1988, richiesta no 13984/88. Invocavano gli articoli 6, 9, 11, 13 e 14 ( art. 6, art. 9, art. 11, art. 13, art. 14) della Convenzione così come l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
45. La Commissione ha ordinato la congiunzione delle due richieste il 4 dicembre 1989. Li ha considerate il 5 giugno 1990, ma solamente nella misura in cui provenivano dai santi monasteri; li ha dichiarati inammissibili per il surplus. Nel suo rapporto del 14 gennaio 1993 (articolo 31) (art. 31) arriva alla conclusione:
a) in quanto all'insieme dei monasteri richiedenti,
- che il trasferimento di proprietà prevista dalla legge no 1700/1987 non viola l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) (unanimità);
- che le disposizioni della legge no 1700/1987, come modificate dalla legge no 1811/1988, non violano questo stesso articolo (P1-1) (unanimità);
- che non c'è stata violazione degli articoli 9, 11 e 13 (art. 9, art. 11, art. 13) della Convenzione (unanimità), né del diritto dei monasteri richiedenti ad un processo equo, al senso dell'articolo 6 paragrafo 1 ( art. 6-1) (unanimità) né dell'articolo 14 composto con gli articoli 6, 9 e 11 (art. 14+6, art. 14+9, art. 14+11) della Convenzione e l'articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 14+P1-1) (unanimità);
b) in quanto ai monasteri A. X., A. L. K., M. S., C. E. e M. S. K., che non c'è stata violazione del diritto di accesso ad un tribunale, garantito dall'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) (undici voci contro due);
c) in quanto ai monasteri A. P., P. V. ed O. L., che non c'è stata violazione del diritto di accesso ad un tribunale, al senso dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) (unanimità).
Il testo integrale del suo parere e delle due opinioni separate di cui si accompagna figura qui accluso alla presente sentenza
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE
46. Nel suo esposto, il Governo ha invitato la Corte "a respingere nel loro insieme le due richieste dei santi monasteri."
47. Dal loro lato, i monasteri richiedenti hanno pregato la Corte
"(...) di dichiarare che le disposizioni delle leggi 1700/1987 e 1811/1988 e gli atti ulteriori della Repubblica ellenica sono contrari all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), all'articolo 6 (art. 6) e, sussidiariamente, agli articoli 13, 14, 9 e 11 (art. 13, art. 14, art. 9, art. 11) della Convenzione,;
(...) di dichiarare che le violazioni sono state commesse contro l'insieme dei richiedenti;
(...) di accordare un risarcimento ".
IN DIRITTO
I. SULLE ECCEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO
A. Comptetenza ratione personae della Corte
48. In primo luogo, il Governo nega ai monasteri richiedenti la qualità di organizzazioni non governative al senso dell'articolo 25 (art. 25) della Convenzione. Invoca i legami storici, giuridici e finanziari della chiesa ortodossa e delle sue istituzioni con la nazione e lo stato ellenico che si rifletterebbero nella Costituzione stessa del 1975 e nei testi legislativi, così come l'influenza considerevole che eserciterebbe la chiesa della Grecia sulle attività dello stato attualmente. L'attribuzione a questa ed ai suoi componenti - tra cui i monasteri - della personalità giuridica di dritto pubblico dimostrerebbe l'importanza privata accordata alle cause ecclesiastiche. Inoltre, la chiesa ortodossa greca e le sue istituzioni parteciperebbero direttamente ed attivamente all'esercizio del potere pubblico; prenderebbero degli atti amministrativi esecutivi di cui il Consiglio di stato controllerebbe la legalità come fa per gli atti di qualsiasi autorità pubblica. In quanto ai monasteri, si integrerebbero gerarchicamente nella struttura organica della chiesa della Grecia: la loro creazione, la loro fusione ed il loro scioglimento si opererebbero per mezzo di decreto adottato dopo parere dell'archimandrita ed approvazione del santo-sinodo permanente e su proposta del ministro dell'educazione e dei Culti. Per entrare in vigore, gli atti dei consigli monastici dovrebbero essere ratificati dall'autorità ecclesiastica di tutela. Infine, il fatto che i monasteri possiedano una personalità giuridica distinta di quella della chiesa non sarebbe determinante; ne manifesterebbe la possibilità di collocamento in gioco della responsabilità internazionale di un Stato a ragione di atti compiuti dalle entità giuridiche distinte di questo.
49. Come la Commissione ha rilevato nella sua decisione sull'ammissibilità, la Corte nota al primo colpo che i monasteri richiedenti non esercitano prerogative di potere pubblico. L'articolo 39 paragrafo 1 della Carta statutaria della chiesa della Grecia qualifica i monasteri come istituzioni religiose di asceticismo (paragrafo 15 sopra). I loro obiettivi essenzialmente ecclesiali e spirituali, ed anche culturali e sociali per certi di essi, non sono di natura tale da farli collocare tra le organizzazioni governative che perseguono degli obiettivi di amministrazione pubblica. Della qualifica di persone giuridiche di dritto pubblico si deduce solamente la volontà del legislatore di garantire loro - in ragione dei legami privati che li uniscono allo stato - la stessa protezione giuridica al riguardo dei terzi che quella accordata alle altre persone giuridiche di dritto pubblico. Inoltre, il solo potere dei consiglieri monastici consiste in decretare degli ordinamenti che ricadono sull'organizzazione e la promozione della vita spirituale e sull'amministrazione interna di ogni monastero (articolo 39 paragrafo 4 - paragrafo 15 sopra).
Dipendendo dalla tutela - spirituale - dell'arcivescovo del luogo dove si trovano situati (articolo 39 paragrafo 2) e non da quella dello stato, i monasteri costituiscono delle entità distinte da questo ultimo, al riguardo del quale godono di un'autonomia completa.
C'è luogo dunque di considerare i monasteri richiedenti come organizzazioni non governative al senso dell'articolo 25 (art. 25) della Convenzione.
B. Esaurimento delle vie di ricorso interne
50. In secondo luogo, il Governo sostiene che i monasteri richiedenti non hanno esaurito a parecchi riguardi le vie di ricorso interne: nessuno tribunale avrebbe troncato una controversia concernente la violazione addotta dei loro diritti.
In modo generale, il Governo pretende che l'impossibilità in dritto greco di fare annullare direttamente una disposizione che sarebbe incostituzionale non indebolisce per niente l'efficacia della protezione giudiziale offerta agli interessati dal sistema giuridico greco; esercitando d’ufficio il controllo preliminare i ricorsi e tribunali greci arriverebbero all'inapplicabilità di una legge che sarebbe stata giudicata incostituzionale. Ora i motivi della sentenza del Consiglio di stato relativi alla costituzionalità della legge no 1700/1987, del 7 dicembre 1987 (paragrafo 31 sopra) rappresenterebbero un semplice obiter dictum che sarebbe privato dell'autorità della cosa giudicata e non legherebbe le altre giurisdizioni chiamate a conoscere della stessa domanda nella cornice di una controversia concreta; solo l'Alta Corte speciale potrebbe regolare definitivamente tali domande nel caso in cui le due giurisdizioni supreme del paese rendessero delle sentenze contraddittorie (articolo 100 paragrafo 1 e) della Costituzione del 1975.
In modo più privato, il Governo afferma che la legge no 1700/1987 non entrerà in vigore che quando l'ODEP avrà proceduto ad un atto concreto di gestione o di amministrazione dei beni di questi monasteri o di rappresentanza di questi rispetto ai loro beni. I monasteri richiedenti beneficeranno allora di una serie di ricorsi efficaci: domanda di annullamento degli atti amministrativi la cui adozione sarebbe necessaria per il collocamento in opera della legge no 1700/1987 (articoli 1 paragrafo 3, 2 paragrafo 3, 4 paragrafo 9, 7 paragrafo 2 e 8 paragrafi 1 e 2) - che gli interessati avevano del resto formulato per il decreto che designa il consiglio di amministrazione dell'ODEP (paragrafi 25, 27 e 30) - o degli atti di gestione e di amministrazione dell'ODEP; azione in dichiarazione dinnanzi alle giurisdizioni civili (articolo 72 del codice di procedimento civile) per fare riconoscere i loro diritti esclusivi di gestione, di amministrazione e di rappresentanza dei loro beni; ricorsi aperti dai paragrafi 4 e 7 dell'articolo 4 della legge no 1700/1987( paragrafo 26 sopra).
51. La Corte rileva che il Consiglio di stato, sebbene investito del problema della legalità della composizione del consiglio di amministrazione dell'ODEP, giudicò le disposizioni pertinenti della legge no 1700/1987 conformi all'articolo 17 della Costituzione ed alla Convenzione europea, paragrafo 31 sopra. Si tratta di dichiarazioni che provengono dai magistrati di una delle più alte giurisdizioni del paese; la sentenza del 7 dicembre 1987 consacra del resto una grande parte della sua motivazione. Ora tali dichiarazioni, anche se rappresentano solamente degli obiter dicta, riducono considerevolmente le probabilità di successo di ogni altro ricorso che i monasteri richiedenti potrebbero impegnare.
In quanto alle possibilità menzionate dal Governo, la Corte nota che alcune di loro hanno tratto alle disposizioni che non hanno più per oggetto l'abolizione dell'ODEP o alle modalità private del collocamento in opera della legge no 1700/1987. A questo riguardo, la Corte ricorda che l'articolo 26 (art. 26) della Convenzione esige l'esercizio dei soli ricorsi che si riferiscono alla violazione incriminata e di natura tale da portare rimedio alle lagnanze dei richiedenti (vedere in particolare la sentenza Airey c. Irlanda del 9 ottobre 1979, serie A no 32, p. 11, paragrafo 19). Infine, le azioni contemplate all'articolo 4 paragrafi 4 e 7 presuppongono che i monasteri richiedenti abbiano abbandonato la loro proprietà o che un protocollo di sfratto sia stato conferito; se così non fosse alla data di adozione della presente sentenza, non entrerebbero in fila di conto.
Egli decide dunque di allontanare l'eccezione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 (P1-1)
52. I monasteri richiedenti denunciano il trasferimento di una parte del loro patrimonio fondiario allo stato, così come la sua amministrazione e la sua gestione da parte dell'ODEP, poi da parte della chiesa della Grecia, in virtù delle leggi no 1700/1987 e no 1811/1988. Invocano l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe."
53. Il Governo e la Commissione non sottoscrivono questa tesi.
A. Osservazioni preliminari
54. I monasteri richiedenti formulano per l'essenziale delle lagnanze relative all'incompatibilità delle leggi no 1700/1987 e no 1811/1988 con la Convenzione.
Da parte sua, il Governo sottolinea la mancanza fino ad oggi di misure concrete di applicazione al loro riguardo.
55. Nelle cause generate da una richiesta individuale (articolo 25) (art. 25) la Corte non ha per compito di controllare nell'astratto la legislazione controversa; deve limitarsi per quanto possibile ad esaminare i problemi sollevati dal caso di cui è stata investita (vedere, tra molto altri, la sentenza Padovani c. Italia del 26 febbraio 1993, serie A no 257-B, p. 20, paragrafo 24). A questo fine, deve, nello specifico, propendersi sulle leggi suddette nella misura in cui gli interessati sono interessati dalle ripercussioni di queste sui loro beni.
Ora tali ripercussioni si fanno sentire già in ragione della natura privata di certe disposizioni della legge no 1700/1987, in particolare l'articolo 3 (paragrafo 25 sopra) e di un principio di applicazione di questa che si manifesta con l'adozione di circolari ministeriali e di decisioni amministrative (paragrafi 39 e 43 sopra).
La Corte constata che il patrimonio agricolo e forestale dei monasteri richiedenti si trova oramai sottomesso a due regimi giuridici paralleli: quello della legge no 1700/1987 da cui dipende il patrimonio dei monasteri A. X.a, A. L. K., M. S., C. E. e M. S. K., e quello della legge no 1811/1988 da cui dipende il patrimonio dei monasteri A. P., O. L. e P. V.. Stima necessario distinguere tra i tre monasteri che hanno aderito alla convenzione dell’ 11 maggio 1988 dunque e quelli che non sono legati da lei.
Per ciò che riguarda questi ultimi, intende scrutare per di più la loro situazione allo sguardo delle sole disposizioni della legge no 1700/1987 che continua a produrre i suoi effetti sul patrimonio controverso, avendo avuto un'applicazione limitata nel tempo o essendo diventata nulle dopo lo scioglimento dell'ODEP un buon numero di altre disposizioni di questa legge (articoli 1 paragrafo 1 e 2 paragrafi 1 e 2 della legge no 1700/1987 - paragrafo 25 sopra).
La Corte nota infine che il patrimonio urbano degli otto monasteri non si trova più in causa, incombendo la sua amministrazione, dall'entrata in vigore della legge no 1811/1988, al santo-sinodo permanente (articolo 2 paragrafo 3 della legge no 1811/1988 - paragrafo 33 sopra).
B. Situazione dei monasteri non facenti parte della convenzione del 11 maggio 1988
1. Esistenza di un'ingerenza nel diritto di proprietà e regola dell'articolo 1 (P1-1) applicabile
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, l'articolo 1 (P1-1) che garantisce in sostanza il diritto di proprietà contiene tre norme distinte (sentenza James ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie A no 98-B, p. 29, paragrafo 37): la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda dello stesso capoverso, mira la privazione di proprietà e la subordina a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale. La seconda e la terza che hanno tratto agli esempi privati di attentati al diritto di proprietà, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima.
57. Il Governo sostiene che le lagnanze dei monasteri richiedenti non facenti parte della convenzione dell’ 11 maggio 1988 – A. X., A. L. K., M. S., C.. E. e M. S. K. - si riferiscono alle violazioni illusorie del loro diritto garantito dall'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1): le disposizioni della legge no 1700/1987, ed in particolare l'articolo 3 di questa, non basterebbero a privare ex lege gli interessati dei loro diritti di proprietà sul patrimonio controverso né a trasferire ipso jura allo stato il possesso o l'uso di questo.
Si avvale della formulazione dell'articolo 3 paragrafo 1 A, ed in particolare dei termini sono considerati come proprietà dello stato" che darebbe a suddetto articolo un senso privato. Sostiene che in realtà, questa disposizione introdurrebbe una semplice presunzione di proprietà, un fictio juris, potendo essere rovesciata comodamente dalla prova contraria. L'espressione "considerata come proprietà dello stato" non notificherebbe che questo acquisisca infatti la proprietà dei beni controversi; questa domanda rimarrebbe pendente finché i diritti invocati dai monasteri siano stabiliti in modo soddisfacente sul piano giuridico. La conclusione derivata da un tale approccio letterale troverebbe una conferma nel contesto della disposizione, in particolare la protezione giuridica che l'articolo 4 paragrafi 4 e 7 della legge no 1700/1987 garantirebbe agli interessati che permette loro di provare le loro affermazioni dinnanzi ad un'autorità obiettiva ed imparziale, ossia i tribunali. In più, apparterrebbe allo stato di scegliere i metodi ed i mezzi propri per regolare delle situazioni giuridiche dubitative in materia di proprietà e di stabilire a questo fine le modalità di procedimento.
58. La Corte stima che istituendo una presunzione di proprietà al profitto dello stato, l'articolo 3 paragrafo 1 A, opera una modifica del carico della prova che incombe oramai sui monasteri richiedenti: questi possono avvalersi del loro diritto di proprietà sui terreni controversi solo se questo diritto risulta da un titolo legale debitamente registrato, da una disposizione legislativa o da una decisione giudiziale definitiva contro lo stato. L'articolo 3 paragrafo 1 A, composto con l'articolo 1 paragrafo 1 li priva così della possibilità di invocare, per portare la prova contraria, tutti i modi di acquisizione di proprietà previsti dal diritto greco ed in virtù dai quali i monasteri richiedenti avevano potuto costituire il loro patrimonio, in particolare l'usucapione ed anche una decisione giudiziale definitiva contro un semplice privato. Questa conclusione si trova corroborata dal giudizio no 35/1991 della corte d'appello di Patras (paragrafo 41 sopra) che riguarda un monastero non richiedente ma riflette bene le ripercussioni dall'entrata in vigore dell'articolo 3.
59. Secondo il Governo, parecchi di questi terreni appartengono in realtà allo stato e gli interessati li occupano in quanto semplici possessori. Il Consiglio di stato ha del resto, nella sua sentenza del 7 dicembre 1987 (paragrafo 31 sopra) giudicato che le disposizioni della legge no 1700/1987 non li privavano del loro patrimonio perché implicavano che questo non apparteneva loro.
60. La Corte non è in grado di ricercare da sola quali dei terreni controversi possano passare per appartenere infatti allo stato allo sguardo del diritto greco. Nota quindi che i monasteri richiedenti, componenti primordiali della chiesa di Grecia, istituiti molto prima la creazione dello stato greco, avevano accumulato un patrimonio immobiliare considerevole col passare dei secoli. Certo, dei titoli di proprietà acquistati all'epoca dell'impero bizantino od ottomano sono stati persi o distrutti. Per tali terreni occupati da così molto tempo, anche senza titolo legale, il termine di possesso richiesto per avvalersi della prescrizione acquisitiva al riguardo tanto dello stato che di terzi era espirato certamente all'epoca dell'entrata in vigore della legge no 1700/1987. Su questo punto, la Corte lega un'importanza privata all'acquisizione di proprietà tramite usucapione in ragione della mancanza in Grecia di mappa catastale e dell'impossibilità di fare registrare dei titoli di proprietà anteriori al 1856 e delle eredità e successioni anteriori al 1946 (paragrafo 24 sopra).
61. Considerato come proprietario di un tale patrimonio agricolo e forestale in virtù del paragrafo 1 A, dell'articolo 3, lo stato si vede assegnare di ufficio l'uso ed il possesso di questo, conformemente al paragrafo 1 B, dello stesso articolo (paragrafo 25 sopra). Del parere della Corte, si tratta non di una semplice regola procedurale relativa al carico della prova, ma di una disposizione di fondo che ha per effetto di trasferire allo stato la proprietà dei terreni controversi nella sua interezza.
62. Il Governo sottolinea che la formula dell'articolo 3 paragrafo 1 B, si limita a segnalare nell'astratto l'esistenza delle basi giuridiche per un tale possesso. Ora il possesso non è una situazione fittizia; finché lo stato non assume l'autorità fisica al riguardo dei terreni controversi - ciò che non ha fatto -, non può esercitare dei diritti derivati dal possesso e dall'uso. Ne è prova l'articolo 4 della legge che obbligherebbe ogni detentore di questi terreni a lasciarli allo stato.
Comunque sia, non si potrebbe avere perdita dell'uso e del possesso prima della notificazione di un protocollo di sfratto amministrativo. Anche in questo caso, l'articolo 4 offrirebbe ai monasteri richiedenti una protezione efficace, grazie o ad un procedimento in annullamento contro un tale protocollo durante il quale i tribunali verificherebbero incidentalmente l'esistenza dei diritti degli interessati fondati sull'usucapione, o ad una rivendicazione della loro proprietà dinnanzi ai tribunali conformemente agli articoli 1094 a 1112 del codice civile (paragrafo 26 sopra).
63. La Corte non potrebbe seguire il Governo su questo punto. Nota che l'articolo 4 della legge no 1700/1987 costituisce una disposizione tecnica che mira a mettere in opera l'articolo 3 di questa. Nel suo primo paragrafo, l'articolo 4 impartiva ai monasteri richiedenti un termine di due mesi per lasciare i terreni controversi al capo del servizio agricolo o forestale competente, altrimenti questo sarebbe stato abilitato a conferire un protocollo di sfratto amministrativo. In quanto ai ricorsi contemplati ai paragrafi 4 e 7, il primo non ha effetto sospensivo ed il secondo implica che gli interessati hanno ceduto volontariamente i loro beni o che non hanno esercitato il primo ricorso nei termini contemplati a questo effetto.
64. Il Governo eccepisce il fatto che nessuno dei monasteri richiedenti abbia fino ad oggi trasferito i beni controversi allo stato sia stato fatto oggetto di un protocollo di sfratto amministrativo, non essendo ancora stato adottato il decreto che dovrebbe fissare i dettagli di applicazione degli articoli 3 e 4, articolo 4 paragrafo 9 della legge,. Tenuto conto dell'ordinamento amichevole concluso l’ 11 maggio 1988 tra le chiese di Grecia e lo stato e dell'intenzione espressa da questo ultimo di riesaminare nella sua totalità la domanda del patrimonio ecclesiastico (paragrafo 42 sopra) le disposizioni della legge no 1700/1987 sarebbero restate lettera morta.
65. La Corte constata che nessuno dei cinque monasteri ha aderito alla convenzione dell’ 11 maggio 1988 nell'anno che seguì la sua ratifica da parte del Parlamento e come permetteva l'articolo 2 paragrafo 1 della legge no 1811/1988 (paragrafo 33 sopra). Di conseguenza, le disposizioni della legge no 1700/1987 restano applicabili al loro riguardo. La circostanza che nessuno protocollo di sfratto amministrativo non è stato rilasciato ancora non garantisce che ne sarà così all'avvenire, soprattutto se si pensa alle circolari del 5 gennaio e 20 febbraio 1989 (paragrafo 39 sopra) che sono sempre in vigore, così come all'atteggiamento delle autorità amministrative (paragrafo 43 sopra) dopo la conclusione di suddetta convenzione.
66. Quindi, il diritto dei monasteri richiedenti al rispetto dei loro beni subisce un'ingerenza che si analizza in una "privazione" di proprietà al senso della seconda frase del primo capoverso dell'articolo 1 (P1-1).
2. "A causa di utilità pubblica"
67. La Corte deve determinare dunque se questa privazione di proprietà inseguiva un scopo legittimo di utilità pubblica al senso della seconda norma dell'articolo 1 (P1-1).
68. I monasteri richiedenti contestano la legittimità dello scopo della legge no 1700/1987: non tenderebbe a cedere le terre espropriate agli agricoltori che non ne possiedono, ma a permettere un sfruttamento lucrativo di queste. L'articolo 2 paragrafo 1 della legge no 1700/1987 contemplerebbe - sotto forma di una semplice facoltà - la cessione dell'uso dei terreni controversi agli agricoltori membri - reali o futuri - di cooperative agricole e non agli agricoltori sguarniti. Se il legislatore inseguisse veramente una politica sociale, avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato senza recare offesa al diritto di proprietà dei monasteri richiedenti.
69. La Corte nota che l'esposizione dei motivi del progetto della legge sottomessa al Parlamento descrive le ragioni che fondano le misure incriminate: mettere un termine alle vendite illegali, agli sconfinamenti, all’ abbandono ed allo sfruttamento incontrollato dei terreni controversi (paragrafo 24 sopra). Il carattere non obbligatorio della cessione dell'uso di questi terreni agli agricoltori o alle cooperative agricole (articolo 2 paragrafo 1 della legge - paragrafi 25 e 68 sopra) e l'inclusione degli organismi pubblici tra i beneficiari di suddetta cessione (articolo 2 paragrafo 1 della legge) potrebbero ispirare un dubbio sulle considerazioni che hanno giustificato suddette misure, ma non potrebbero bastare a togliere all'obiettivo globale della legge no 1700/1987 il suo carattere legittimo utilità pubblica."
3. Proporzionalità dell'ingerenza
70. Una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (vedere, tra altri, la sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie A no 52, p. 26, paragrafo 69). La preoccupazione di garantire un tale equilibrio si riflette nella struttura dell'articolo 1, P1-1, tutto intero( ibidem) dunque anche nella seconda frase che si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima,p(aragrafo 56 sopra). In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato da ogni misura che priva una persona della sua proprietà (sentenza James ed altri precitati, p. 34, paragrafo 50).
71. Per valutare se la misura controversa rispetta il giusto l'equilibrio voluto e, in particolare, se non fa pesare sui richiedenti un carico sproporzionato, c'è luogo di prendere in considerazione le modalità di indennizzo previsto dalla legislazione interna. A questo riguardo, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, ed una mancanza totale di indennizzo non potrebbe giustificarsi sul terreno dell'articolo 1, P1-1 che nelle circostanze eccezionali. Questo ultimo (P1-1) non garantisce tuttavia in ogni caso il diritto ad un compenso integrale, perché degli obiettivi legittimi "di utilità pubblica" possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore commerciale (sentenza Lithgow ed altri c. Regno Unito del 8 luglio 1986, serie A no 102, pp. 50-51, paragrafo 121).
72. I monasteri richiedenti adducono che le disposizioni della legge no 1700/1987 non assolverebbero la condizione di proporzionalità.
73. La Commissione stima che le circostanze eccezionali - tali le modalità di acquisizione e di utilizzazione di questo patrimonio, la dipendenza degli interessati al riguardo della chiesa della Grecia così come quella di questa ultima rispetto allo stato - giustificano la mancanza di risarcimento.
74. La Corte non aderisce a questa valutazione.
Nel 1952, il legislatore greco aveva preso delle misure per procedere all'espropriazione di una grande parte del patrimonio agricolo monastico. Nel 1952 come nel 1987, i monasteri non esercitavano più le stesse funzioni sociali, educative e culturali che assumevano prima della creazione dello stato greco (paragrafo 6 sopra). Il legislatore fissava però un'indennità a un terzo del valore reale delle terre espropriate (paragrafo 9 sopra).
Ora nessuna disposizione analoga figura nella legge no 1700/1987.
Il cinque per cento contemplato in compenso della cessione dell'uso dei terreni controversi agli agricoltori sarebbero stati versati, dopo il trasferimento della proprietà allo stato, alla persona giuridica di diritto privato da creare secondo l'articolo 9 della legge per i bisogni dell'educazione nazionale, articolo 3 paragrafo 1 B (- paragrafi 25 e 28 sopra). La facoltà di assegnare dei terreni ai monasteri che non dispongono "esclusivamente di beni immobiliari sufficienti ai fini di cultura da parte dei monaci stessi" (articolo 3 paragrafo 3 della legge) ed il credito contemplato all'articolo 10 (paragrafo 28 sopra) non potrebbero passare per il pagamento di un'indennità.
75. Imponendo così un carico considerevole ai monasteri richiedenti privati della loro proprietà, la legge no 1700/1987 non preserva il giusto equilibro tra i diversi interessi in causa voluta dall'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
C'è dunque violazione di questo ultimo (P1-1) nel caso dei cinque monasteri richiedenti che non hanno aderito alla convenzione dell’ 11 maggio 1988,).
C. Situazione dei tre monasteri facenti parte della convenzione del 11 maggio 1988
76. Secondo questi monasteri – A. P., O. L. e P. V. -, anche la legge no 1811/1988, ignorerebbe l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1). Avrebbero aderito alla convenzione dell’ 11 maggio 1988 sotto costrizione. Sarebbero stati indotti in errore dalla chiesa della Grecia, perché non rispettandone le condizioni risolutorie del consenso preliminare (paragrafi 32 e 36 sopra) questa avrebbe oltrepassato i suoi poteri. Non avrebbero ricevuto nessuna indennità per la cessione allo stato di una parte del loro patrimonio agricolo e forestale, beneficiando le contropartite contemplate all'articolo 4 della convenzione la chiesa della Grecia e non i monasteri contraenti (paragrafo 34 sopra).
77. Nel suo rapporto, la Commissione ha stimato inutile di propendersi su questa domanda, in ragione della sua conclusione in quanto all'insieme dei monasteri richiedenti.
78. La Corte la cui posizione è stata differente in quanto alla richiesta generale (paragrafo 55 sopra) non può ignorare tuttavia il fatto che i tre monasteri richiedenti in questione hanno firmato la convenzione dell’ 11 maggio 1988. In seguito, uno di essi ha investito le giurisdizioni nazionali adducendo numerosi vizi di fondo e di forma. La corte di appello di Atene ha giudicato che la ratifica di questa da parte del Parlamento aveva avuto per effetto di convalidarla nella sua interezza (paragrafi 36-38 sopra).
Nello stato della pratica, la Corte potrebbe considerare solamente che i tre monasteri richiedenti abbiano agito sotto la costrizione. Di conseguenza, deve concludere che non c'è stata ingerenza nel diritto di proprietà degli interessati.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 (ART. 6-1) DELLA CONVENZIONE,
79. I monasteri richiedenti adducono una violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia equamente sentita da un tribunale chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile"
Secondo essi, l'articolo 1 paragrafo 1 della legge no 1700/1987 li priva del diritto di investire un tribunale affinché questo tronchi, primariamente, ogni contestazione relativa alla gestione dei beni che restano di loro proprietà e, secondariamente, ogni controversia relativa alla determinazione di un'indennità per l'espropriazione di una parte del loro patrimonio.
80. La Corte l'ha dichiarato nella sentenza Golder c. Regno Unito del 21 febbraio 1975: l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) "consacra il ‘dritto ad un tribunale ' il cui diritto di accesso, ossia il diritto di investire il tribunale in materia civile, costituisca solamente un aspetto" (serie A no 18, p. 18, paragrafo 36.) L'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) può così essere invocato da "chiunque, stimando illegale un'ingerenza nell'esercizio di uno dei suoi diritti, di carattere civile, si lamenta di non avere avuto l'occasione di sottoporre simile contestazione ad un tribunale che soddisfa le esigenze dell'articolo 6 paragrafo 1” (art. 6-1") (sentenza Il Conte, Van Leuven e Di Meyere c. Belgio del 23 giugno 1981, serie A no 43, p. 20, paragrafo 44). A questo riguardo, il diritto di proprietà riveste sicuramente un carattere civile (vedere, tra altri, la sentenza Sporrong e Lönnroth precitata, p. 29, paragrafo 79). Tuttavia, il "diritto ad un tribunale" garantito dall'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) "vale unicamente per le ‘contestazioni ' relative ai ‘dritti ed obblighi ' - di carattere civile - che si possano dire, almeno in modo difendibile, riconosciuti in dritto interno; [l'articolo 6 paragrafo 1] (art. 6-1) non garantisce di per sé ai ‘dritti ed obblighi ', di carattere civile, nessuno contenuto materiale determinato nell'ordine giuridico degli Stati contraenti" (vedere, tra altri, la sentenza Lithgow ed altri precitata, p. 70, paragrafo 192).
81. In quanto alla prima lagnanza, soli i monasteri non facenti parte della convenzione dell’ 11 maggio 1988 possono formularla. I monasteri contraenti, essi, beneficiano, in virtù dell'articolo 5 di questa (paragrafo 35 sopra) della qualità per agire in ogni controversia relativa al patrimonio che conservano.
In compenso, l'articolo 1 paragrafo 1 della legge no 1700/1987 al quale restano sottoposti i monasteri non contraenti, li rende interamente tributari della chiesa della Grecia per la difesa di quei dei loro beni che sfuggono al trasferimento di proprietà effettuata dall'articolo 3.
82. La Commissione stima giustificata il sistema tenuto: la chiesa di Grecia che si è sostituita all'ODEP sciolto per l'amministrazione e la gestione di questi beni, avrebbe un interesse evidente affinché siano difesi in giustizia in modo adeguata.
Il Governo segna il suo consenso con la Commissione su questo punto ed aggiunge che i ricorsi contemplati ai paragrafi 4 e 7 dell'articolo 4 - disposizioni speciali che prevalgono sulla clausola generale dell'articolo 1 paragrafo 1 - conferiscono a questi monasteri un locus standi per proteggere i loro diritti di proprietà.
83. La Corte ha constatato già che la legislazione greca ha accordato ai monasteri richiedenti la personalità giuridica di dritto pubblico nei loro rapporti giuridici per garantire loro una protezione rinforzata (paragrafo 49 sopra). Nota inoltre che all'epoca in cui l'ODEP - di cui la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione era designata dalle autorità ecclesiastiche - gestiva il patrimonio da liquidare dei monasteri, questi avevano requisito per stare in giustizia.
Privandoli oramai di ogni possibilità di investire le giurisdizioni competenti di ogni lagnanza relativa ai loro diritti di proprietà che potrebbero formulare contro lo stato greco, di terzi, o della chiesa della Grecia stessa, o ancora di intervenire in un tale procedimento, l'articolo 1 paragrafo 1 porta attentato alla sostanza stessa del loro "diritto ad un tribunale" (sentenze Philis c. Grecia del 27 agosto 1991, serie A no 209, p. 23, paragrafo 65, e Fayed c. Regno Unito del 21 settembre 1994, serie A no 294-B, pp. 49-50, paragrafo 65).
84. C'è dunque violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) per ciò che riguarda la prima lagnanza dei monasteri richiedenti non facenti parte della convenzione dell’ 11 maggio 1988.
85. In quanto alla seconda, la Corte, avuta riguardo alla sua conclusione del paragrafo 78, rileva che solo i monasteri non facenti parte della convenzione del 11 maggio 1988 possono formularla.
È di giurisprudenza costante che per principio l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) garantisce un diritto di accesso ai tribunali in vista di una decisione su delle contestazioni in dritto interno relative all'indennizzo da versare in caso di espropriazione (vedere, tra altri, la sentenza Lithgow ed altri precitata, p. 70, paragrafo 192). I richiedenti non potevano avvalersi di nessuno diritto di indennità sulla base della legge no 1700/1987 che partiva dalle premesse che i monasteri non erano proprietari dei terreni controversi, paragrafo 31 sopra. Avuto riguardo alla constatazione precedente relativa all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) in quanto alla mancanza di indennità sulla base della legge no 1700/1987 (paragrafo 74 sopra, e quella del paragrafo 84 sopra) la Corte non giudica dovere inseguire l'esame di questa lagnanza sotto l'angolo dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1).
IV. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 9 E 11 (ART. 9, ART. 11) DELLA CONVENZIONE,
86. I monasteri richiedenti denunciano una violazione del loro diritto alla libertà di religione (articolo 9 della Convenzione) (art. 9) e del loro diritto alla libertà di associazione (articolo 11 della Convenzione) (art. 1), al motivo che la legge no 1700/1987 li priverebbe dei mezzi necessari per inseguire i loro obiettivi di natura religiosa e preservare i tesori della cristianità.
Sotto l'angolo dell'articolo 9 (art. 9) sostengono che le disposizioni controverse della legge costituirebbero un ostacolo al compimento della loro missione di asceticismo. Allo sguardo dell'articolo 11 (art. 11) sottolineano che l'articolo 3 paragrafo 3 della legge impedirebbero l'incremento del numero dei monaci e dissuaderebbero i fedeli di far loro dei doni.
87. La Corte, col Governo e la Commissione, non aderiscono a queste affermazioni. A proposito della prima, stima che le disposizioni giudicate contrarie all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non mirano in nessun caso i beni dei richiedenti destinati alla pratica del culto e, pertanto, non recano offesa all'esercizio del diritto alla libertà di religione. In quanto alla seconda, sembra rivestire un carattere ipotetico.
88. Di conseguenza, non c'è violazione degli articoli 9 e 11 (art. 9, art. 11) della Convenzione.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 13 (ART. 13) DELLA CONVENZIONE,
89. I monasteri richiedenti affermano non avere beneficiato di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale come avrebbe voluto l'articolo 13 (art. 13) della Convenzione per lamentarsi dell'incomprensione dei loro diritti garantiti da questa.
90. Come la Commissione, la Corte ricorda che l'articolo 13 (art. 13) non arriva ad esigere un ricorso con il quale si possa denunciare dinnanzi ad un'autorità nazionale le leggi di un Stato contraente come contrarie in quanto tali alla Convenzione (sentenza James ed altri precitata, p. 47, paragrafo 85). Non potrebbe dunque accogliere la lagnanza degli interessati.
VI. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE, COMBINATA CON GLI ARTICOLI 6, 9 E 11 (ART. 14+6, ART. 14+9, ART. 14+11) DELLA CONVENZIONE E L'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 (ART. 14+P1-1)
91. I monasteri richiedenti invocano infine l'articolo 14 (art. 14) della Convenzione, così redatto,:
"Il godimento dei diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione devono essere garantiti, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, gli opinioni politici od ogni altra opinione, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita o tutta altra situazione."
Dinnanzi alla Commissione, si definivano vittime di una discriminazione nella misura in cui soli i monasteri che appartengono alla chiesa della Grecia si trovavano mirati dalle disposizioni della legge no 1700/1987.
92. Secondo la giurisprudenza della Corte, l'articolo 14 (art. 14,) non vieta ogni distinzione di trattamento nell'esercizio dei diritti e libertà riconosciuti (vedere, da ultimo la sentenza Hoffmann c. Austria del 23 giugno 1993, serie A no 255-C, p. 58, paragrafo 31).
In ragione dei legami stretti che uniscono la chiesa della Grecia ai monasteri richiedenti, la distinzione tra questi ultimi ed i monasteri che dipendono dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, dai patriarcati di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme, il Santo-sepolcro e del Sinai, così come quelli che dipendono dalle altre denominazioni o confessioni non manca di giustificazione obiettiva e ragionevole. Di conseguenza, non c'è violazione dell'articolo 14 composto con i suddetti articoli (art. 14+6, art. 14+9, art. 14+11) della Convenzione e del Protocollo no 1 (art. 14+P1-1).
93. Nella loro memoria alla Corte, gli interessati criticano per di più la differenza che provocherebbe la legge no 1811/1988 tra i monasteri che hanno aderito alla convenzione del 11 maggio 1988 e quelli che non sono legati da questa.
94. Avuto riguardo alle constatazioni che figurano ai paragrafi 75, 84 e 88 sopra, la Corte non giudica necessario deliberare sulla lagnanza tratta dall'articolo 14 composto con gli articoli 6 paragrafo 1, 9 e 11 (art. 14+6-1, art. 14+9, art. 14+11) della Convenzione e l'articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 14+P1-1).
VII. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 50 (ART. 50) DELLA CONVENZIONE,
95. Ai termini dell'articolo 50 (art. 50) della Convenzione,
"Se la decisione della Corte dichiara che una decisione presa o una misura ordinata da un'autorità giudiziale o tutta altra autorità di una Parte Contraente si trovano interamente o parzialmente in opposizione con gli obblighi che derivano dalla Convenzione, e se il diritto interno di suddetta Parte permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze di questa decisione o di questa misura, la decisione della Corte accorda, se c'è luogo, alla parte lesa una soddisfazione equa".
96. In virtù di questo testo, i monasteri richiedenti chiedono il risarcimento di un danno materiale ed il rimborso di oneri e spese.
A. Danno materiale
97. A titolo di danno materiale, gli otto monasteri richiedenti richiedono 7 640 255 213 120 (settemila sei cento quaranta miliardi due cento cinquantacinque milioni due cento tredicimila cento venti) dracme.
98. Secondo il Governo, gli interessati non hanno identificato il patrimonio mirato dalle disposizioni controverse. Le loro domande di risarcimento che cadrebbero sull'insieme dei loro beni - monasteri, chiese, immobili urbani e patrimonio per i quali esisterebbero dei titoli giuridici -, sarebbero troppo vaghi per essere valutate. Una stima precisa esigerebbe di segnare l'insieme del patrimonio dei monasteri richiedenti che si troverebbe sparpagliato in tutta la Grecia.
99. Il delegato della Commissione non prende posizione.
100. Nelle circostanze della causa, la Corte stima che la domanda dell'applicazione dell'articolo 50 (art. 50) non si trova in stato per il danno materiale, così che decide di riservarla tenendo conto dell'eventualità di un consenso tra lo stato convenuto e gli interessati (articolo 54 paragrafi 1 e 4 dell'ordinamento A).
B. Oneri e spese
101. I monasteri richiedenti sollecitano inoltre il versamento di 8 400 000 (otto milioni quattro centomila) dracme per parcella di avvocato ed onere diverso a titolo dei procedimenti condotti dinnanzi agli organi della Convenzione.
102. Il Governo trova questa pretesa vaga ed esagerata; sostiene che solo il quarto dell'importo richiesto quadrerebbe coi criteri che risultano della giurisprudenza della Corte.
103. In quanto al delegato della Commissione, non si pronuncia.
104. Avuto riguardo alla constatazione di violazione sui principali aspetti della controversia, la Corte accoglie per intero la domanda.
PERQUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Respinge le eccezioni preliminari del Governo;
2. Stabilisce che c'è violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) nel capo dei monasteri richiedenti non facenti parte della convenzione del 11 maggio 1988;
3. Stabilisce che non c'è violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) nel capo dei monasteri richiedenti facenti partite della convenzione dal 11 maggio 1988,;
4. Stabilisce che c'è violazione dell'articolo 6 paragrafo 1,(art. 6-1) della Convenzione per ciò che riguarda la prima lagnanza dei monasteri richiedenti non facenti parte della convenzione del 11 maggio 1988;
5. Stabilisce che non si impone di esaminare la seconda lagnanza tirata dall'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) dai monasteri richiedenti non facenti parte della convenzione del 11 maggio 1988;
6. Stabilisce che non c'è violazione degli articoli 9, 11 e 13, art. 9 (art. 11, art. 13) della Convenzione,;
7. Stabilisce che non c'è violazione dell'articolo 14 composto con gli articoli 6, 9 e 11 (art. 14+6, art. 14+9, art. 14+11) della Convenzione e l'articolo 1 del Protocollo no 1,a(rt. 14+P1-1) del capo della distinzione tra i monasteri richiedenti che dipendono dalla chiesa della Grecia ed i monasteri che dipendono dai patriarcati menzionati al paragrafo 92;
8. Stabilisce che non si impone di deliberare sulla lagnanza derivata dall'articolo 14 della Convenzione combinata con gli stessi articoli (art. 14+6, art. 14+9, art. 14+11, art. 14+P1-1,) del capo della differenza tra i monasteri richiedenti facenti parte della convenzione dal 11 maggio 1988 e quelli che non sono legati da lei;
9. Stabilisce che lo stato convenuto deve versare ai monasteri richiedenti non facenti parti della convenzione 8 400 000 (otto milioni quattro centomila) dracme, nei tre mesi, per oneri e spese,;
10. Stabilisce che la domanda dell'applicazione dell'articolo 50 (art. 50) della Convenzione non si trova in stato per il danno materiale;
perciò,
a) la riserva su questo punto;
b) invita il Governo ed i monasteri richiedenti non facenti parte della convenzione dell’ 11 maggio 1988 ad indirizzarle per iscritto, nei sei mesi, le loro osservazioni su suddetta domanda ed in particolare a darle cognizione di ogni consenso al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al suo presidente l'incarico di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese ed in inglese, poi pronunciato in udienza pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a Strasburgo, il 9 dicembre 1994.
Rolv RYSSDAL
Presidente
Herbert PETZOLD
Cancelliere f.f.
La causa porta il n° 10/1993/405/483-484. Le prime due cifre ne indicano il posto nell'anno di introduzione, le due ultime il posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su quella delle richieste iniziali, alla Commissione, corrispondenti.
L'ordinamento A applicato a tutte le cause deferite alla Corte prima dell'entrata in vigore del Protocollo n° 9 (P9) e, da questa, alle uniche cause concernenti gli Stati non legati da suddetto Protocollo (P9). Corrisponde all'ordinamento entrato in vigore il 1 gennaio 1983 ed emendato a più riprese da allora.
Nota del cancelliere: per le ragioni di ordine pratico non vi figurerà che nell'edizione stampata (volume 301-a serie A pubblicazioni della Corte), ma lo si può procurare presso la cancelleria.