SECONDA SEZIONE
CAUSA LEPORE C. ITALIA
( Richiesta no 43466/04)
SENTENZA
STRASBURGO
15 gennaio 2008
DEFINITIVO
15/04/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Lepore c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Riza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Dragoljub Popović, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 11 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 43466/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. T. L. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 29 novembre 2004 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell'assistenza giudiziale, è rappresentato da G. R. e S. P., avvocati a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 13 ottobre 2005, la Corte ha deciso di comunicare al Governo i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1934 e ha risieduto a Benevento.
A. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 24 febbraio 1981, il tribunale di Benevento dichiarò il fallimento personale del richiedente.
6. Il 27 aprile 1981, il curatore depositò un rapporto.
7. In seguito a quattro udienze, il 15 giugno 1981, lo stato del passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo.
8. Tra il 14 marzo 1981 ed il 4 giugno 1987, settantadue istanze di ammissione al passivo del fallimento furono depositate dinnanzi al tribunale.
9. Nel frattempo, ad una data non precisata del 1982, il curatore iniziò un procedimento per ricuperare dei beni destinati alla massa attiva del fallimento. Questo procedimento si concluse con un giudizio depositato ad una data non precisata del 1996. Ad una data non precisata, la parte convenuta attaccò questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
10. Tra il 6 marzo 1996 ed il 3 dicembre 1997, quattro udienze furono fissate per l'asta pubblica di certi beni facenti parte dell'attivo del fallimento.
11. Nella cornice di un altro procedimento civile, con una sentenza del 31 ottobre 2000, la corte di appello di Napoli accordò al fallimento 87 800 euro (EUR). Ad una data non precisata, il curatore iniziò un procedimento di esecuzione di suddetta sentenza. Secondo le informazione fornite dal richiedente, questo procedimento era pendente al 23 maggio 2007.
12. Il 5 dicembre 2005, il curatore depositò un rapporto che indicava al giudice delegato che la durata del procedimento di fallimento era legata a quella del procedimento di recupero iniziato nel 1982 così come del procedimento di esecuzione relativa.
13. Secondo le informazione fornite dal richiedente, il procedimento di fallimento era pendente al 22 maggio 2007.
B. Il procedimento introdotto conformemente alla legge "Pinto"
14. Il 27 ottobre 2004, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge "Pinto." Chiese di ottenere il risarcimento del danno che stimava avere subito in ragione della durata del procedimento di fallimento così come delle incapacità derivanti di questa.
15. Con una decisione depositata il 7 luglio 2005, la corte di appello stimò che la durata del procedimento era stata eccessiva. Tenuto conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità civili e politiche derivanti dal collocamento in fallimento del richiedente, accordò 19 000 EUR a questo ultimo a titolo di risarcimento morale.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
16. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006, Albanese c,). Italia, no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006, e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
17. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza, della sua libertà di espressione, del suo diritto al rispetto dei suoi beni e la sua libertà di circolazione in particolare in ragione della durata del procedimento.
18. La Corte stima al primo colpo che il motivo di appello derivato dalla limitazione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza deve analizzarsi unicamente sotto l'angolo dell'articolo 8 della Convenzione (vedere Collarile c. Italia, no 10644/02, § 17, 8 giugno 2006).
19. La Corte rileva che, nel caso specifico, il richiedente ha omesso di ricorrere in cassazione contro la decisione della corte di appello di Roma depositata il 7 luglio 2005.
20. Stima pertanto che questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere Martellacci c. Italia, no 33447/02, §§ 39-40, 28 settembre 2006).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
21. Invocando l'articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della limitazione dei suoi diritti elettorali.
22. La Corte nota che la perdita dei diritti elettorale in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, questo giudizio essendo stato depositato il 24 febbraio 1981, il richiedente avrebbe dovuto introdurre al più tardi il suo motivo di appello il 24 agosto 1986, tenuto conto anche del termine di sei mesi previsti dall'articolo 35 § 1 della Convenzione. La richiesta essendo stata introdotta il 29 novembre 2004, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e che deve essere respinto conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE,
23. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare nella misura in cui, in ragione dell'iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
A. Sull'ammissibilitÃ
24. In quanto alla parte di questo motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita familiare, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportarlo e decide di respingerla per difetto manifesto di fondamento secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
25. In quanto al restante del motivo di appello, riguardante il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
26. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell'iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, c'è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
27. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era "necessaria in una società democratica" ai sensi dell'articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitato, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
28. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che possa condurre ad una conclusione differente nel presente caso. Stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
29. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che lo riguardano durante tutto il procedimento di fallimento.
A. Sull'ammissibilitÃ
30. La Corte nota al primo colpo che questo motivo di appello deve essere analizzato unicamente sotto l'angolo dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, del 17 luglio 2003).
31. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legato a quella concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso sopra all'inammissibilità di questi motivi di appello. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello "difendibili" allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall'articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
32. In quanto alla parte del motivo di appello riguardante la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome dello fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all'ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
33. La Corte ha trattato già cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
34. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che possa condurre ad una conclusione differente nel presente caso.
35. Pertanto, la Corte conclude che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
36. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
37. Il richiedente richiede 460 893,20 euro (EUR) a titolo del danno materiale e morale che avrebbe subito.
38. Il Governo si oppone a queste pretese.
39. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa richiesta. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo a tutte le circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
40. Il richiedente chiede anche 30 775,89 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte.
41. Il Governo si oppone a queste pretese.
42. La Corte constata che il richiedente è stato ammesso a favore dell'assistenza giudiziale e ha ricevuto 850 EUR dal Consiglio dell'Europa a questo titolo. Avuto riguardo agli atti compiuti dal suo rappresentante, la Corte stima che nessuna somma addizionale deve essere accordata al richiedente a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 8 della Convenzione (in quanto al diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 gennaio 2008 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa