Conclusione Eccezione preliminare respinta (non-esaurimento); Non-violazione di P1-1; Non-violazione dell'art. 6-1
Nel causa Katte Klitsche de la Grange c. Italia *,
La Corte europea ´dei Diritti dell'uomo, costituita,
´ conformemente `all'articolo 43 ( art. 43) della Convenzione di salvaguardia,
dei Diritti dell'uomo e delle Libertà ´fondamentali ("la Convenzione")
ed alle clausole pertinenti del suo ordinamento `A * *, in una camera
composta ´dai giudici di cui il nome segue:
SIGG. R. Ryssdal, presidente,´
F. Golcuklu¨,
C. Russo,
R. Pekkanen,
A.N. Loizou,
J.M. Morenilla,
F. Bigi,
Sir John Freeland,
Il Sig. J. Makarczyk,
così come del Sig. H. Petzold, cancelliere f.f.,
Dopo avere `deliberato ´in camera del consiglio il 21 aprile e il
19 settembre 1994,
Rende la sentenza ^che ha, adotta ´in questa ultima data:
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Note del cancelliere
* La causa porta il n° 21/1993/416/495. Le prime due cifre
indicano il posto nell'anno ´di introduzione, le ultime due il
posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su
quello delle richieste ^iniziali (alla Commissione) corrispondenti.
* * L'ordinamento ` si applica a tutte le cause deferite ´alla Corte
prima dell'entrata in vigore ´del Protocollo n° 9 (P9) e, da questa,
alle sole cause concernenti gli Stati non legati a suddetto Protocollo
(P9). Corrisponde all'ordinamento `entrato in vigore ´il 1 gennaio 1983
ed emendato ´ da allora a parecchie `riprese.
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PROCEDIMENTO
1. La causa è ´stata deferita alla Corte dalla Commissione europea´
dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 12 luglio 1993, poi dal
il governo della Repubblica ´italiana ("il Governo") il
27 luglio 1993, nel termine ´dei tre mesi che aprono gli
articoli 32 paragrafo 1 e 47 (art. 32-1, art. 47) della Convenzione. Alla sua
origine si trova una richiesta (^n° 12539/86) diretta ´contro l'Italia e
in cui un cittadino di questo Stato, Sig. A. K. K. d. l.
G., aveva investito la Commissione il 10 novembre 1986 in virtù
dell'articolo 25 (art. 25).
La domanda della Commissione rinvia agli articoli44 e 48
( art. 44, art. 48) così come alla dichiarazione ´italiana che riconosce
la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46) la
richiesta del Governo agli articoli 45, 47 e 48 (art. 45, art. 47,
art. 48). Hanno per oggetto di ottenere una decisione sul punto di´
sapere se i fatti della causa rivelano `una trasgressione dello stato
convenuto ´alle esigenze degli articoli 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della
Convenzione e 1 del Protocollo n° 1 (P1-1).
2. In risposta ´all'invito contemplato ´all'articolo 33 paragrafo 3 d,
dell’ordinamento `A, la vedova ed i due figli del Sig. K. K. d.
G., deceduto il 31 dicembre 1989, hanno manifesto il desiderio di vedere
il procedimento ´proseguire - come già `dinnanzi alla Commissione - e di
parteciparvi facendosi rappresentare ´dal'avvocato che avevano nominato´
(articolo 30). Per ragioni di ordine pratico, la presente ´sentenza,^
Continuerà a chiamare Sig. K. K. d. l. G. il "richiedente" ´benché
occorrerebbe assegnare oggi questa qualità ´alla Sig.ra C. e ai suoi
due figli (vedere in particolare, mutatis mutandis, la sentenza ^Raimondo c. Italia
del 22 febbraio ´1994, serie A n° 281-ha, pp. 1-2, paragrafo 2).
3. La camera da `costituire comprendeva di pieno dritto Sig. C. Russo,
giudice eletto ´di nazionalità italiana (articolo 43 della Convenzione)
(art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal, presidente ´della Corte (articolo 21
paragrafo 3 b, dell'ordinamento `a). ^Questo il 25 agosto ^1993, ´ha estratto a sorte
il nome degli altri sette membri, ossia il Sig. F. Golcuklu¨,
Il Sig. N. Valticos, il Sig. A.N. Loizou, il Sig. J.M. Morenilla, il Sig. F. Bigi,
Sir John Freeland ed il Sig. J. Makarczyk, in presenza ´del cancelliere,
articoli 43 in fine della Convenzione e 21 paragrafo 4 dell'ordinamento `A,
(art. 43). Successivamente, il Sig. R. Pekkanen, supplente, ha sostituito´
Il Sig. Valticos, impedito, ´articoli 22 paragrafo 1 e 24 paragrafo 1 dell'ordinamento `A.
4. Nella sua qualità ´di presidente della camera, articolo 21 paragrafo 5
dell'ordinamento `A, il Sig. Ryssdal ha consultato´, tramite l’intermediazione del
cancelliere, l'agente del Governo, l'avvocato del richiedente ´ed il delegato´´´
della Commissione a proposito dell'organizzazione del procedimento´
( articoli 37 paragrafo 1 e 38). ´ Conformemente `all'ordinanza resa di
conseguenza´, il cancelliere ha ricevuto ¸l’11 e il 20 gennaio 1994 le memorie´
del richiedente ´e del Governo. Con una lettera del 21 marzo 1994, il,
segretario ´della Commissione l'ha informato che il delegato si sarebbe espresso
personalmente.
5. Il 19 novembre 1993, la Commissione aveva prodotto la pratica
del procedimento ´seguito dinnanzi a lei; avendola invitata il cancelliere su
istruzioni del presidente.´
6. Così come aveva deciso ´questo ultimo - che aveva autorizzato il
consigliere del richiedente ´ad `adoperare la lingua italiana (articolo 27)
paragrafo 3 dell'ordinamento `A, -, i dibattimenti si ´sono svolti in pubblico
il 18 aprile 1994, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a `Strasburgo. La
Corte aveva tenuto prima una riunione ´preparatoria.´
Sono comparsi:
- per il Governo
Il Sig. G. Raimondi, magistrato distaccato ´al servizio del
contenzioso diplomatico del ministero`
delle Cause estere, `coagente,
M.A. Lorizio, avvocato, consigliere,
Il Sig. L. Annibali, segretario ´del municipio di Tolfa, consigliere,;
- per la Commissione
Il Sig. B. Marxer, delegato,;´
- per il richiedente´
R. S., avvocato, consigliere,
SIGG. Il Sig. V., procuratore legale
N. K.K. d. l. G., consiglieri.
La Corte ha sentito nelle loro dichiarazioni ´ed arringhe
Il Sig. Raimondi ed M.Lorizio, il Sig. Marxer ed S., così come
I Sigg. Lorizio e S. nelle loro risposte ´alle sue domande.
IN FATTO
I. Le circostanze dello specifico`
7. Avvocato, il Sig. A. K. K. d. l. G. abitava a Roma
fino al suo decesso, il 31 dicembre ´1989.
Possedeva ´una grande parte del parco di Cibona, situato sul
territorio dei comuni di Allumiere e di Tolfa (provincia di Roma).
La presente ´causa riguarda solamente i terreni situati in questo
ultimo, ossia 68,87 ettari di foresta, di terre agricole e
"sterili" ´e di praterie.
8. Il 9 luglio 1966, il consiglio comunale di Tolfa approvò
all'unanimità´, un progetto di lottizzazione di suddetto parco, presentato dal,
richiedente, così come il testo di una convenzione destinata a regolare´,
in particolare, la ripartizione ´dei carichi finanziari `per la realizzazione´
delle infrastrutture necessarie ´all'operazione.´
9. Il 18 novembre 1967, la Commissione permanente per
l'agricoltura, le foreste e l'economia ´di montagna della Camera di
commercio di Roma autorizzò la lottizzazione per una superficie di
16 ettari riservandosi ´di esaminare un'altra domanda dal momento in cui
Avrebbe riguardato tutto il resto della proprietà.´´ Il 15 marzo 1968,
il ministero `dei Lavori pubblici informò il comune che non intendeva
sollevare obiezioni a carico della proposta di convenzione.
10. Firmata ´il 10 maggio 1968, la convenzione esigeva "l'approvazione
dell'autorità ´forestale `per la parte boscosa ´restante dei fondi
dell'interessato" ´e "il rispetto delle limitazioni derivanti da ogni altra
disposizione legislativa ´che doveva ^essere considerata ´come integralmente´
trascritta." Questa ultima `riserva si ´rifarebbe " in particolare `alla legge
di urbanistica [n° 1150 del 17 agosto ^1942] e alle sue modifiche ed aggiunte
successive", ivi compresa la legge n° 765 del 6 agosto ^1967 e l'ordinanza^´
(decreto) del ministro dei Lavori pubblici del 2 aprile 1968, così come alle
"leggi in materia di `protezione dei siti naturali e storici."
M. d. L. G. era ´tenuto inoltre ad accettare ogni
"cambiamento della convenzione richiesto dalla legge o da motivi
ragionevoli e non controversi ´di interesse ^pubblico."
11. Il richiedente ´inizi?ò allora la realizzazione delle infrastrutture
necessarie ´alla lottizzazione (strade, ricerca ed adduzione di acqua
potabile, raccordo elettrico´, posa di una linea telefonica,
fogne´, ecc.) e la trasformazione del bosco ceduo in bosco di alberi
ad alto fusto.
Numerosi appezzamenti del parco furono venduti - 130 su
i 202 di cui contava - e le autorità ´competenti accordarono`,
tra il 1968 e il 1976, 61 permessi di costruire di cui 3 a M.d.L.G.
12. Il 28 giugno 1969, il consiglio comunale di Tolfa adotò il suo piano
di occupazione dei suoli (il "POS") che escludeva una parte dei beni del
richiedente ´dalla zona denominata RE1, destinata alla "costruzione
residenziale."´
13. Il 23 settembre 1974, M. d.L.G. chiese al consiglio
regionale ´del Lazio di correggere le planimetrie annesse al POS
integrandovi tutti i terreni coperti dalla convenzione del 1968. Il
consiglio si rifiut?ò il 18 luglio 1975. Nella sua decisione, ´pubblicata il,
20 ottobre 1975, precisava ´che niente avrebbe impedito ^al comune di
Tolfa di prendere in considerazione ´una simile richiesta ^all'epoca
dell'adozione di un’ eventuale variante ´di suddetto piano.
A. I procedimenti ´dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
1. Il procedimento ´al merito
14. Il 14 febbraio ´1976, arguendo il difetto dei motivi di interesse,´^
pubblico che giustifica le nuove scelte dell'amministrazione locale in
rapporto alla convenzione del 1968, M. d.L.G. si rivolse al tribunale
amministrativo regionale ´(il "TAR") del Lazio che, il 14 luglio 1976,
annullò il piano per quanto riguardava la proprietà ´del richiedente.´
15. Investito dal comune di Tolfa, il Consiglio di stato confermò il
giudizio attaccato ´con una sentenza ^del 14 febbraio ´1978. La convenzione di
lottizzazione era valida ai termini della legislazione in vigore ´e
rivestiva ^un carattere `costrittivo per il comune ^dunque.` Questa
aveva certo, nell'esercizio del suo potere discrezionale ´in
materia `di urbanistica, il diritto di cambiare in tutto o in parte il POS,
ma era ´tenuta a specificare i motivi che l'avevano portata a
modificare le sue scelte anteriori, ´scelta che aveva avuto per conseguenza,´
di "consolidare delle posizioni giuridiche a capo di persone
private."´ Ora il piano contenzioso era privo di una motivazione idonea.
Le planimetrie non ´furono corrette.´
16. Il 15 maggio 1979, in applicazione della legge regionale ´n° 43 del
2 settembre 1974 che portava "Misure per la protezione ed lo
sviluppo ´del patrimonio boschivo", il consiglio regionale del Lazio
classificò il parco di Cibona tra i siti da `proteggere´, vietando
in particolare la caccia e la pesca^, il taglio di alberi, l'apertura di
cave di ghiaia così come `ogni costruzione.
17. Il 12 febbraio ´1980, M. d. L. G. e certi
proprietari ´dei terreni riguardati dalla suddetta decisione
domandarono `l'annullamento al TAR. Con un giudizio del 19 gennaio 1983,
depositato ´alla cancelleria il 2 febbraio 1983, questo organo dichiarò il ricorso
inammissibile per difetto ´di interesse:^ la decisione ´contestata non portava
attentato alla situazione dei proprietari ´dei terreni reputati boschivi,
poiché non definiva ´precisamente gli appezzamenti mirati; un
danno ´poteva derivare per i richiedenti solo se delle misure
complementari ´avessero negato di autorizzare una certa utilizzazione dei fondi
in ragione delle limitazioni previste ´dalla legge e dopo `verifica ´
delle loro caratteristiche.´ L'interessato non ´ ricorse contro questa
decisione ´dinnanzi al Consiglio di stato.
2. Il procedimento volto all'esecuzione ´del giudizio del
tribunale amministrativo regionale ´del 14 luglio 1976
18. Il 14 luglio 1984, M. d. L. G. investì di `nuovo il TAR.
Chiedeva che il comune di Tolfa fosse "^obbligato ´a conformare alla
convenzione del 1968 le planimetrie annesse al POS, e di
rilasciare ´i permessi di costruire sui quali non si era ancora
pronunciata".´ Esigeva inoltre la nomina di un commissario
ad acta in caso di inadempimento ´del giudizio del 14 luglio 1976.
19. Il 28 novembre 1984, il tribunale dichiarò la richiesta^
"inammissibile per difetto ´di interesse":^ la sua decisione ´del 1976 era´
automaticamente esecutiva ´ed aveva ristabilito "la situazione giuridica
(...) anteriore ´all'atto annullato"´; l'amministrazione convenuta´ dunque
non era ´tenuta a correggere dei documenti che non avevano più
valore normativo.
Precisò ´che la questione relativa ai permessi di costruire
non ´era coperta dal giudizio suddetto", così che
incombeva sul richiedente ´di iniziare un altro procedimento per ottenere una
risposta ´a questo motivo.
20. Investito dall'interessato´, il Consiglio di stato confermò la decisione´
del TAR il 25 febbraio ´1986.
B. Il procedimento ´dinnanzi alle giurisdizioni civili
21. M. d. L. G. aveva citato il 9 maggio 1978, ´il comune di
Tolfa e la regione ´Lazio dinnanzi al tribunale di Roma. Principalmente
, sollecitava il risarcimento ´dei danni risultanti dal fatto
che un atto illegale - ´il POS del 1969 - l'aveva privato ingiustamente del
diritto di costruire ^su una parte del parco di Cibona. A titolo sussidiario,
sosteneva che, annullando anche il ´suo diritto di vendere i lotti
contemplati´, le misure controverse costituivano un'espropriazione di fatto
e di conseguenza ´indennizzabile.
22. Le convenute ´sostennero `l'incompetenza ´delle giurisdizioni
civili, non potendo definirsi ´ il richiedente titolare di un "diritto"
ma di un semplice "interesse ^legittimo" ´il cui esame è riservato ai giudici
amministrativi.
23. Investita dal richiedente, ´il 12 settembre 1979, della questione
pregiudiziale ´di competenza, la Corte di cassazione rese la sua sentenza ^il
29 gennaio 1981; il testo fu depositato ´alla cancelleria il 7 maggio. Giudicò
che "anche ^in presenza ´di una convenzione di lottizzazione, la
regolamentazione ´del diritto di costruire non ^colpiva un diritto del
proprietario´, ma solamente un interesse ^legittimo ´di questo ultimo." Le
giurisdizioni civili non potevano esaminare la questione dunque
dell'interessato ´se non a una condizione: affermare che l'interdizione assoluta a
costruire che colpiva i suoi terreni aveva svuotato di ogni sostanza il diritto
di proprietà ´e costituiva un'espropriazione di fatto che dà dritto a
indennizzo.
24. Il 7 luglio 1981, M. d. L. G. riprese l'istanza dinnanzi
al tribunale di Roma che la respinse ´il 1 marzo 1982. Il suo appello, del,
15 giugno 1982, ed il suo ricorso in cassazione, del 21 dicembre ´1984,
andarono in prescrizione rispettivamente il 4 luglio 1984 e l’11 novembre 1985,.
Nella sua sentenza ^depositata ´il 13 maggio 1986, la Corte di cassazione
rammenta che le decisioni ´dell'amministrazione in materia di `urbanistica
e dei permessi di costruire non intaccavano dei diritti
ma solamente degli "interessi ^legittimi" ´dei proprietari dei terreni
riguardati.´ Eccetto il caso in cui simili atti potevano annientare ´il
"valore economico ´di uso o di scambio di un bene", le limitazioni al
diritto di proprietà ´derivanti non potevano analizzarsi in una
espropriazione e dare luogo all’ indennizzo.
Nello specifico`, la soppressione totale del diritto di costruire ^risultante´
dal POS aveva dall’ `l'inizio ´una portata limitata nel tempo,
conformemente agli ´articoli 7 e 40 della legge di urbanistica, come
modificati ´dalla legge n° 1187 del 19 novembre 1968 (paragrafo 30
sotto). Di conseguenza, ´il richiedente non aveva subito nessuna
espropriazione di facto e non poteva pretendere ´ `nessuna indennità´, per
attentato a `un "diritto."
Quanto all'interdizione di costruire derivante dalla
deliberazione ´del consiglio regionale del Lazio del 15 maggio 1979
(paragrafo 16 sopra) non poteva dare luogo a `un'indennità´
per espropriazione. Toccava difatti una categoria ´di beni
- una zona boscosa che ´ha un interesse ^particolare in ragione della sua
vegetazione – ´la cui proprietà subisce delle limitazioni intrinseche `e
che si suppone non abbiano mai comportato un diritto di costruire.^
II. Il diritto interno pertinente
A. La giurisprudenza relativa alla regolamentazione ´del diritto di
costruire
25. La sentenza ^resa dalla Corte di cassazione nella presente´
causa l’ 11 novembre 1985 (Il Foro Italiano - "Foro It." -
n° 3169/86, 1986, I, collo. 3022) riassume ´i principi, posti dalla sua
giurisprudenza e quella della Corte costituzionale, che si applicano in
materia `di regolamentazione ´del diritto di costruire.^
Ricorda innanzitutto "che secondo una giurisprudenza ben
stabilita ´(Corte di cassazione n° 2951/81 [29 gennaio 1981 - paragrafo 23
sopra]), i proprietari ´di terreni sono ab origine titolari
di un semplice interesse ^legittimo´, contro il potere dell'amministrazione
di utilizzare il territorio ai fini di costruzione e di urbanistica."
La situazione dell'individuo non può elevarsi mai ´al punto
di renderlo titolare di un diritto soggettivo sotto l'angolo dell'attentato
addotto ´al diritto di proprietà come diritto di vendere (jus vendendi) e
come diritto di costruire, (jus aedificandi). Di conseguenza´, la "riduzione´
di uno o dell'altro" risultante ´dall'imposizione da parte dell'amministrazione
di limitazioni o di interdizioni, non dà mai dritto a `risarcimento.´
Il proprietario può ´subire certo, talvolta anche dei danni^
importanti, ma questi non potrebbero essere ^indennizzati ´perché spetta
allo stato di armonizzare il diritto di costruire degli individui con
l'interesse ^generale ´ad uno sviluppo ´ordinato del territorio.
26. La Corte costituzionale, ha creato ´una forma di
protezione dell'individuo `il riguardo ´delle restrizioni che, ivi compreso nel
campo dell'urbanistica, svuotano di ogni sostanza il diritto di
proprietà´, almeno per la "facoltà di costruire"^
L'amministrazione conserva il potere di imporre delle limitazioni
giudicate ´utili, ma quando il diritto di proprietà si trova annientato, c’è luogo
per l'applicazione del terzo `capoverso ´dell'articolo 42 della
Costituzione che contempla ´un obbligo di indennizzo in caso
di espropriazione.
I punti salienti ` in materia sono i successivi:
a) La legge determina ´le categorie di beni suscettibili di
dipendere dalla proprietà ´privata e quelle che non lo sono (Corte
costituzionale, sentenza ^n° 55/68, Foro It. 1968, I, col. 1361). In
questo ultimo caso, i proprietari ´riguardati non possono essere^
indennizzi ´o risarciti.´´
b) pure ammettendo la proprietà ´privata di certi beni, la,
legge può restringere l'uso di questi "per garantirne la funzione
sociale." Puo contemplare ´un'interdizione totale dunque di
costruire. Può limitare anche in modo importante il godimento
e anche la vendita di certi beni, per esempio le opere d’arte.
Nessuno indennizzo è contemplato ´per l'individuo i cui beni
sono stati ´toccati (Corte costituzionale) sentenze ^n°s 56/68, Foro It.
1968, I, col. 1361, 202/74, Foro It. 1974, I, collo. 2245, e 245/76,
Foro It. 1977, I, col. 581).
c) La legge ammette l'espropriazione alla doppio condizione che
sia giustificata ´da un motivo di interesse ^generale ´e che l’espropriato sia indennizzato.
d) Se, a seguito di un atto amministrativo riguardante un determinato´ bene
, l'interessato mantiene la proprietà ma con delle restrizioni
Come nel caso in cui il valore economico, ´di uso o di scambio, di suddetto bene sia
praticamente ridotto ´a `nulla´, si parla di "espropriazione di valore"
( espropriazione di valore). Questa dà diritto ha `un indennizzo.
Questa ipotesi si `realizza ´quando la limitazione è molto
grave - interdizione assoluta - e quando è contemplata ´per un periodo´
indeterminato ´o prolungato al di là dei `limiti ragionevoli.
In compenso, non c'è danno indennizzabile quando il
restrizione è di `durata ´illimitata ma non ha anche un'incidenza
profonda sul diritto in questione, o è chiamata ancora ´a scomparire
in un termine ´ragionevole, anche se è qualitativamente molto`
severa.´`
27. Nella sua sentenza ^del 29 gennaio 1981 concernente il conflitto di
giurisdizione sollevato ´da M. d. L. G., paragrafo 23 sopra, la
Corte di cassazione ha dichiarato ´ciò che segue: da prima, il richiedente non
poteva avvalersi ´di nessuno diritto al `risarcimento ´per i danni che pretende aver
subito a causa dell'attentato al suo diritto di proprietà ´nei
suoi due aspetti del "jus aedificandi" e del "jus vendendi" di conseguenza
dell'illegalità ´del POS controverso; poi, nella misura in cui
M. d.L.G. faceva valere che suddetto piano aveva avuto per effetto di
svuotare di ogni contenuto il suo diritto di proprietà e costituiva una
"espropriazione di valore", apparteneva alle giurisdizioni ordinarie
di deliberare sul punto in questione e di fissare, all'occorrenza´, la somma
dell'indennità ´da `accordare.
28. Deliberando al merito l’ 11 novembre 1985 (paragrafo 24)
sopra, la Corte suprema ^stimò che nello specifico si `trovava ben bene
dinnanzi ad un'interdizione assoluta di costruire.^ Tuttavia
verifica che il POS aveva una validità ´limitata nel tempo,
´ conformemente `alla legge n° 1187 del 19 novembre 1968 (paragrafo 30)
sotto, così che le restrizioni ivi relative erano´
costrizione ´temporanea e che la loro durata appariva ragionevole. Di
conseguenza, le due condizioni necessarie affinché si possa ^parlare
di "espropriazione di valore" non si trovavano riunite´, ed il
richiedente non ´poteva pretendere a questo capo un'indennità.´
B. La legge di urbanistica
29. La legge n° 1150 del 17 agosto ^1942 ha regolamentato ´lo sviluppo´
urbanistico del territorio. Dei numerosi emendamenti tra cui di più
pertinenti riguardano la durata ´dei POS, vi sono stati apportati.´
30. In questo contesto, la Corte costituzionale ha constatato´, nella
sua sentenza ^n° 56 del 29 maggio 1968, l'incostituzionalità ´di certe
disposizioni di suddetta legge che non contemplavano ´nessun
indennizzo per le limitazioni ai beni che hanno un effetto immediato´,
presentando ´una durata indeterminata e rivestendo ^un carattere`
di espropriazione.
Modificati dalla legge n° 1187 del 19 novembre 1968, gli
articoli 7 e 40 della legge di urbanistica si leggono così
Articolo 7
"Le disposizioni del piano di occupazione dei suoli che
toccano dei determinati terreni distribuzioni ´o che assoggettano questi stessi
beni a `delle limitazioni che comprendono l'interdizione a costruire^,
perdono la loro efficacia ´se, entro cinque anni
dall'adozione, i piani dettagliati ´o le convenzioni di
lottizzazione non sono stati ´approvati."
Articolo 40
"Nessuno indennizzo è contemplato ´per le limitazioni e
le interdizioni che derivano ´dai piani di occupazione dei suoli
(...)
31. Per ciò che riguarda il regime ´delle autorizzazioni forestali`,
c'è luogo di citare l'articolo 14 del decreto ´reale del 16 maggio 1926, ai,
termini del quale:
"Le domandei che riguardano l’eliminazione delle limitazioni
idrologiche devono ^essere presentate ´alle camere di
commercio tramite l’intermediazione dei sindaci dei comuni
interessati.´´
Dopo `avere garantito ´la pubblicazione per 30 giorni nei
registri municipali, i sindaci li comunicano
a suddette camere"
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
32. M. d.L.G. ha investito la Commissione il 10 novembre 1986.
Si lamentava: a) di un attentato ai `suoi beni causato ´
dall'interdizione di costruire che colpiva i suoi terreni e della mancanza
di risarcimento ´dei danni che avrebbe subito, articolo 1 del Protocollo
n° 1, (P1-1); b) di una discriminazione rispetto ai proprietari ´ di fondi
di natura differente ´o situati diversamente (articoli 14 della
Convenzione e 1 del Protocollo n° 1, combinati) (art. 14+P1-1); c) di una,
violazione del suo diritto a `un processo equo che ´risulta
dall’inadempimento ´della sentenza ^del Consiglio di stato così come dalla durata ´dei
procedimenti ´impegnati dinnanzi alle giurisdizioni amministrative e civili
( articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione9 (art. 6-1); d) del fatto che le
limitazioni imposte ´al suo diritto di proprietà non ´miravano l'interesse´^
generale ´e lo penalizzavano senza ragione (articolo 18 della Convenzione)
(art. 18).
33. Il 20 ottobre 1992, la Commissione ha considerato la richiesta
(n° 12539/86) in quanto alla prima lagnanza e alla seconda parte della
terza; l'ha respinta ´per il surplus. Nel suo rapporto del
6 aprile 1993 (articolo 31) (art. 31) conclude che c’è stata
violazione dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) (otto voci contro
tre) in `ragione della mancanza di risarcimento ´dei danni risultante
dall'interdizione a costruire ^che colpiva i terreni del richiedente ´fino al
14 febbraio ´1978 e produsse i suoi effetti fino al 15 maggio 1979, così come
dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione quanto alla durata ´
del procedimento ´civile impegnato dinnanzi al tribunale di Roma il 9 maggio 1978
(unanimità).´ Il testo integrale del suo parere e dell'opinione dissidente
di cui si accompagna figura qui accluso alla presente ´sentenza ^*.
_______________
* Nota del cancelliere: per ragioni di ordine pratico figurerà solo
nell'edizione ´stampata, volume 293-B della serie A
pubblicazioni della Corte, ma ciascuno può procurarselo presso la cancelleria.
_______________
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE DAL GOVERNO
34. Nel suo esposto ´del 20 gennaio 1994, il Governo ha pregato´
la Corte
"di volere cortesemente dire e giudicare che la lagnanza derivata ´
dall'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) è inammissibile e che non vi è stata
violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della
Convenzione o, sussidiariamente, che non c'è stata
incomprensione ´di queste due disposizioni."
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1
(P1-1)
35. M. d.L.G. si lamenta da prima dell'interdizione a
costruire che ha gravato sui suoi beni e che non ha dato luogo a nessuno
indennizzo. Si definisce ´vittima di una violazione dell'articolo 1
del Protocollo n° 1 (P1-1), cos´ì formulato:´
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei
suoi beni. Nessuno può essere ^privato ´della sua proprietà se non a
causa di utilità ´pubblica e nelle condizioni contemplate dalla
legge e dai principi generali ´del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non ´recano offesa al
diritto che possiedono `gli Stati di mettere in vigore le leggi
che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni
´ conformemente `all'interesse ^generale ´o per garantire il pagamento
delle imposte ^o di altri contributi o delle multe."
A. Sull'eccezione preliminare ´del Governo
36. Il Governo ha sollevato`, come già dinnanzi alla Commissione, una,
eccezione di inammissibilità ´derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso
interne. Si basa sull'articolo 31, capoversi ´5 e 6, della legge,
di urbanistica secondo il quale "le decisioni ´del sindaco relative alle
domande di permesso di costruire devono ^essere notificate ´agli interessati´´
nei sessanta giorni dal loro ricevimento.´ Se il sindaco non si
pronuncia ´in suddetto termine, l'individuo ha il diritto di [investire le
giurisdizioni amministrative] contro il silenzio-rifiuto."
M. d.L.G. avrebbe trascurato ´questo ricorso dunque che, se fosse stato´´
accolto per un solo lotto, avrebbe obbligato ´il comune di Tolfa a
conformarsi, per l'insieme dei terreni in questione, alla decisione´
giudiziale.
37. La Corte ricorda da prima che l'articolo 26 (art. 26) della
Convenzione esige l'esaurimento ´solo dei ricorsi accessibili, adeguati´
e relativi alle violazioni incriminate ´(vedere, tra altre, la sentenza,^
Brozicek c. Italia del 19 dicembre ´1989, serie A n° 167, p. 16,
paragrafo 32).
Ora, se le prime due `condizioni sono riunite ´
nello specifico`, non è la stessa cosa per l’ultima.` Con la Commissione
e l'interessato´, la Corte nota che questo si lamenta non del fatto che
il comune di Tolfa abbia fiutato ´di concedergli dei permessi di
costruire, ma bensì delle restrizioni all'esercizio del diritto di
proprietà ´da parte del piano di occupazione dei suoli (il "POS") del 1969. La
via di ricorso invocata ´dal Governo non potrebbe entrare dunque in
linea di conto. Di conseguenza, ´l'eccezione si rivela non `fondata.´
B. Sulla fondatezza ´della lagnanza
1. Sull'esistenza di un'ingerenza´
38. Il Governo contesta che ci sia stata ingerenza ´nel
diritto di proprietà ´di M. d.L.G. Sebbene abbiano annullato il POS
controverso per difetto ´di motivi, le sentenze ^del tribunale amministrativo
regionale ´(il "TAR") del Lazio e del Consiglio di stato, rispettivamente del 1976 e del 1978,
non avrebbero riconosciuto ^nessuno diritto di costruire all'interessato.´
Del resto, questo si sarebbe potuto avvalere ´dai `1976 della convenzione
del 1968 e chiedere i permessi di costruire alla municipalità ´di Tolfa
( paragrafo 36 sopra).
39. Il richiedente ´mostra il suo disaccordo.´
40. La Corte ammette, come `la Commissione, che la conclusione
di una convenzione come quella di cui si tratta, tra un individuo
e l'amministrazione, non ha incidenza sui poteri di questo
ultima in materia di `urbanistica. Stima inoltre che l'unica
approvazione del POS bastava a `limitare l'esercizio da parte di M. d.L.G.
del suo diritto al rispetto dei suoi beni.
Col Governo e la Commissione, nota che la controversia
dipende dalla prima frase del primo capoverso ´dell'articolo 1 (P1-1),
perché non si tratta né di un'espropriazione al senso della seconda frase
di suddetto capoverso ´né di una regolamentazione dell'uso dei beni, allo sguardo,
del secondo.
In breve, c'è stata ingerenza ´nel diritto di proprietà dell'interessato.´
2. Sulla giustificazione dell'ingerenza´
41. Resta da `sapere se suddetta ingerenza ha ´infranto l'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1).
42. C'è luogo di ricercare se un giusto equilibrio è ´stato mantenuto
tra le esigenze dell'interesse ^generale ´e gli imperativi della
salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (vedere in particolare
la sentenza ^Sporrong e Lonnroth ¨c. Svezia `del 23 settembre 1982, serie ´A
n° 52, p. 26, paragrafo 69).
43. M. d.L.G. non contesta che le restrizioni imposte´
legalmente ´e per una durata limitata dal POS non danno nessuno diritto
all’indennizzo. Pretende in compenso ´che, anche se i giudici
amministrativi hanno annullato il piano controverso, le autorità ´municipali,
hanno sempre omesso di correggere le planimetrie concernenti il parco di
Cibona. L'interdizione totale a costruire ^continuerebbe a `produrre ^dunque
i suoi effetti negativi ´causandogli un danno enorme per il fatto che dei
lotti non suscettibili ad essere ^costruiti non troverebbero acquirente.´
Così come l'illustrano diverse lettere, società ´e privati,
interessati ´ai suoi terreni,vi avrebbero rinunciato in ragione del
divieto che colpisce i sui suoi beni. Questa situazione potrebbe essere
confrontata ad un'espropriazione di fatto, ^ `addirittura anche ad una confisca "a beneficio
´della collettività" per la quale dovrebbe essere ^indennizzato.´
Per ciò che riguarda la realizzazione ´della lottizzazione,sarebbe dovuto
incombere ´sul sindaco di Tolfa di chiedere alla Commissione permanente per
l'agricoltura, le foreste e l'economia ´di montagna le autorizzazioni
necessarie.´
Di conseguenza´, una violazione degli obblighi derivanti dalla
convenzione del 1968, se ci fosse stata, sarebbe interamente `imputabile
allo stato convenuto.´
44. La Commissione, si chiede in quale misura,
adottando a tredici mesi di intervallo (10 maggio 1968 - 28 giugno 1969) la
convenzione di lottizzazione ed il POS, la municipalità ´di Tolfa non abbia
superato ´i limiti del suo potere discrezionale.´ Tenuto conto del fatto
che l'interdizione a costruire ha mostrato ´ i suoi effettianche ^dopo
l'annullamento del POS e che il diritto interno non contempla´
di indennizzo, l'ingerenza ´nel diritto di proprietà dell'interessato´´
infrangerebbe l'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1).
45. La Corte non condivide questa opinione.
Innanzitutto, nota che il TAR ha, nella cornice del
procedimento ´di esecuzione della sua sentenza ^del 14 luglio 1976 che annullava il piano
in questione, paragrafo 19 sopra, dichiara ´inammissibile per difetto´
di interesse la ^richiesta di M. d.L.G. : suddetta decisione ´era
automaticamente esecutiva ´ed aveva avuto per effetto di ristabilire la
situazione giuridica anteriore ´al POS. Tolfa non era tenuto dunque
a correggere le planimetrie annesse a suddetto piano poiché non avevano
più valore normativo (ibidem).
46. La convenzione di lottizzazione era ´ dunque `di nuovo in vigore
ed il richiedente avrebbe ´potuto esigere dalla Commissione permanente per
l'agricoltura, le foreste e l'economia ´di montagna le autorizzazioni
necessarie ´al perseguimento dell'operazione ´immobiliare `perché il comune
non aveva chiesto , nel suo atto di appello al Consiglio di stato, un rinvio,
all’ esecuzione.´
Bisogna considerare anche ´che, secondo `l'articolo 14 del decreto´
reale del 1926, appartiene agli individui di attivare il procedimento´
volto alla concessione di suddette autorizzazioni (paragrafo 31 sopra).
L'interessato avrebbe ´avuto tutta la libertà di agire in questo modo
dall'annullamento del piano da parte del TAR, il 14 luglio 1976, ma non l'ha
fatto.
La Corte ignora le ragioni del comportamento di M. d.L.G.
ma non potrebbe accettare la spiegazione del Governo secondo la quale
il richiedente ´avrebbe continuato a `disboscare ´superando i limiti dei
16 ettari per i quali l'autorità ´forestale `aveva dato il ´suo accordo
nel 1967 (paragrafo 9 sopra). Si limita a `constatare che questo
ultimo afferma di avere proceduto ´alla vendita di 130 lotti dei 202 di cui
contava il parco di Cibona (paragrafo 11 sopra).
In più, gli elementi ´della pratica mostrano che non è mai esistita
interdizione assoluta a costruire su tutti i terreni del
richiedente.´ Solo una parte di questi fu esclusa dal piano del 1969;
per il resto, si trattava di una riduzione ´dell'indice di
costruzione, passato ´da 0,50 a `0,40 m3/m2.
47. Quanto alla domanda d'indennizzo, la Corte sottolinea che
la giurisprudenza italiana subordina il risarcimento ´degli interessati´´
a `delle condizioni: occorre che le limitazioni imposte ´ai `loro beni
con un atto dell'amministrazione abbiano un'importanza considerevole ´e
una durata ´indeterminata così che ci si trovi in presenza di una
espropriazione di fatto.
Ora la Corte di cassazione constatò nel 1985 che queste due
condizioni non ´erano riunite nell'occorrenza perché "il piano
di occupazione dei suoli aveva una durata ´limitata nel tempo" - cinque anni
( paragrafo 30 sopra)- "e le restrizioni ivi relative erano´
effrazione ´temporanea" (paragrafo 28 sopra). Per di più la legge urbanistica non prevede indennizzo per le limitazioni e le
interdizioni derivanti dai POS (paragrafo 30 sopra). Di
conseguenza in mancanza di avere subito un'espropriazione di fatto, l'interessato,´´
non poteva pretendere ´ `un'indennità ´per attentato a un diritto.
48. Alla vista di queste considerazioni´, la Corte stima che non c'è stata
rottura dell'equilibrio ´tra gli interessi ^della collettività ´e quelli
di M. d. L. G.
In conclusione, l'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) non è
stato ´infranto.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 (ART. 6-1)
DELLA CONVENZIONE
49. Il richiedente si ´lamenta anche della durata del procedimento per
risarcimento.´ Invoca l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) della Convenzione,
così formulato:´
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita
(...) in un termine ´ragionevole, da un tribunale, che
deciderà´ delle contestazioni sui suoi diritti e
obblighi di carattere `civile"
Il Governo combatte questa tesi`, mentre la Commissione vi
aderisce.
A. Periodo da prendere in considerazione´
50. Il periodo ´da `considerare ´è cominciato il 9 maggio 1978, con
la citazione del comune di Tolfa e della regione ´Lazio dinnanzi al
tribunale di Roma, per concludersi il 13 maggio 1986, data del deposito ^alla
cancelleria della sentenza della Corte di cassazione. E’ durato quindi poco più di
otto anni.
B. Carattere `ragionevole della durata ´del procedimento´
51. Il carattere `ragionevole della durata ´di un procedimento´
Si valuta ´secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai
criteri `consacrati ´dalla giurisprudenza della Corte, in particolare la
complessità ´della causa, il comportamento del richiedente e quello delle
autorità ´competenti (vedere, tra altre, la sentenza ^Monnet c. Francia del
27 ottobre 1993, serie ´A n° 273-ha, p. 12, paragrafo 27).
1. Complessità ´della causa
52. Secondo il Governo, la ragione principale della lunghezza
addotta ´dell'istanza risiede nella complessità in fatto come in diritto
della causa. Sottolinea che "il trattamento da parte delle giurisdizioni
investite di domande delicate - ´a `causa, da una parte, dell'applicazione
di disposizioni di rango differente che riguardano le questioni tecniche e,
dall’altra parte, delle implicazioni giurisprudenziali delle decisioni -´
richiedeva un esame attento ed una valutazione ´prudente dei fatti."
53. La Commissione stima che la causa era ´complessa in diritto ma
non in fatto.
54. Quanto all'interessato´, sostiene che, qualunque sia il grado´
di difficoltà´, incombe sui giudici competenti di liberarsi da loro
compito in un "termine ´ragionevole."
55. La Corte, come il Governo, trova la causa complessa in
fatto ed in diritto.
2. Comportamento del richiedente
56. Secondo `il Governo, il richiedente ´avrebbe contribuito ad
aumentare i ritardi di cui si lamenta oggi portando dinnanzi
alla Corte di cassazione, in prima `istanza, una domanda pregiudiziale,´
di competenza mentre avrebbe ´avuto la possibilità di includere il mezzo
in un atto di appello o un ricorso in cassazione.
57. Con l'interessato´, la Corte nota che, chiedendo alla Corte di
cassazione di troncare il conflitto di competenza´, sollevato del resto dal
comune di Tolfa e dalla regione ´Lazio (paragrafo 22 sopra)
M. d.L.G. mirava ad `eliminare al primo colpo ´ogni dubbio sulla competenza´
della giurisdizione investita. Non si potrebbe criticare dunque il suo
comportamento su questo punto.
3. Comportamento delle autorità ´giudiziali
58. Il Governo afferma che nessuno indugio può essere
rimproverato ´alle autorità che esaminarono `la causa. Un termine ´di otto
anni ´per quattro gradi di giurisdizione non sarebbe per niente eccessivo.
59. La Commissione denuncia ´le poche informazioni fornite dalle
partite, il che le avrebbe impedito ´di rilevare "dei termini significativi."
Tuttavia, ed anche ^tenendo conto del lasso di tempo necessario ´ad
ogni organo per deliberare, considera `che il periodo ´controverso
ha superato ´i limiti ragionevoli.
60. Il richiedente ´sottoscritto al suo parere.
61. La Corte ricorda che esigendo il rispetto del "termine´
ragionevole", la Convenzione sottolinea l'importanza che si attacca affinché
la giustizia non sia amministrata ´con ritardi propri a
comprometterne l'efficacia ´e la credibilità.´´
Nello specifico`, tre periodi potrebbero ´sembrare almeno
anormali: il primo va dal 12 settembre 1979 (immissione nel processo della Corte di
cassazione sulla domanda pregiudiziale) ´al 7 maggio 1981 (deposito ^alla cancelleria
della sentenza,); il secondo , dal 15 giugno 1982 (interiezione dell'appello) al,
4 luglio 1984 (rigetto dell'appello); l'ultimo, dal 11 novembre 1985
(sentenza ^della Corte suprema sul merito) al 13 maggio 1986, deposito alla cancelleria
di suddetta decisione.´
62. Tuttavia´, avuto riguardo all'insieme delle circostanze della causa
e alla sua complessità ´in fatto come in diritto, questi lassi di tempo
non permettono di considerare ´come eccessiva la durata del processo`,
tanto più che le decisioni ´riguardavano anche un campo sensibile
come quello dell'urbanistica e della protezione dell'ambiente e
potevano avere e hanno avuto delle ripercussioni ´importanti sulla
giurisprudenza italiana relativa alla distinzione tra diritto e
interesse ^legittimo ´(paragrafi 25-28 sopra).
63. In conclusione, l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) non è stato´´
violato.´
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMIT?,
1. Respinge l'eccezione preliminare ´del Governo;
2. Stabilisce che non c'è stata violazione dell'articolo 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1);
3. Stabilisce che non c'è stata violazione dell'articolo 6 paragrafo 1
( art. 6-1) della Convenzione.
Fatto in francese ¸ed in inglese, pronunciato poi´ ´in udienza ¸
pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a `Strasburgo, il,
27 ottobre 1994.
Firmato:´ Rolv RYSSDAL
Presidente
Firmato:´ Herbert PETZOLD
Cancelliere f.f.