Conclusione Non-violazione dell'art. 10; non-violazione di P1-1; Non-violazione dell'art. 14; non-violazione dell'art. 18
CORTE (PLENARIA)
CAUSA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
( Richiesta no5493/72)
SENTENZA
STRASBURGO
7 dicembre 1976
Nella causa Handyside,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, deliberando in seduta plenaria in applicazione dell'articolo 48 del suo ordinamento e composta dai giudici di cui segue il nome:
SIGG.. G. BALLADORE PALLIERI, presidente,
H. MOSLER,
IL SIG. ZEKIA,
G. WIARDA,
La Sig.ra H. PEDERSEN,
SIGG.. THÓR VILHJÁLMSSON,
S. PETREN,
R. RYSSDAL,
A. BOZER,
W. GANSHOF VAN DER MEERSCH,
Sir Gerald FITZMAURICE,
La Sig.ra D. BINDSCHEDLER-ROBERT,
SIGG.. D. EVRIGENIS,
H. DELVAUX,
così come dei Sigg.. SIG. - A. EISSEN, cancelliere, e H. PETZOLD, cancelliere aggiunto,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 e 9 giugno, poi del 2 al 4 novembre 1976,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. La causa Handyside è stato deferita alla Corte dalla Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione"). Alla sua origine si trova una richiesta diretta contro il Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord e in cui un cittadino britannico, il Sig. R. H., aveva investito la Commissione il 13 aprile 1972 in virtù dell'articolo 25 (art. 25) della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. La domanda della Commissione - che si accompagnava del rapporto contemplato all'articolo 31 (art. 31) della Convenzione - è stata depositata alla cancelleria della Corte il 12 gennaio 1976, nel termine di tre mesi istituiti dagli articoli 32 paragrafo 1 e 47 (art. 32-1, art. 47). Rinviava agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48) ed alla dichiarazione con la quale il Regno Unito ha riconosciuto la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Ha per oggetto di ottenere una decisione di questa sul punto di sapere se i fatti della causa rivelano o meno, da parte dello stato convenuto, una trasgressione agli obblighi che gli incombono ai termini dell'articolo 10 (art. 10) della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo del 20 marzo 1952 ("il Protocollo no 1") (P1-1).
3. Il 20 gennaio 1976, il presidente della Corte ha proceduto, in presenza del cancelliere, all’estrazione a sorte dei nomi di cinque dei sette giudici chiamati a formare la Camera competente, Sir Gerald Fitzmaurice, giudice eletto di nazionalità britannica, ed il Sig. G. Balladore Pallieri, presidente della Corte, riunendosi di ufficio ai termini dell'articolo 43 (art. 43) della Convenzione e dell'articolo 21 paragrafo 3 b, dell'ordinamento rispettivamente. I cinque giudici così nominati erano Sigg.. H. Mosler, il Sig. Zekia e G. Wiarda, la Sig.ra H. Pedersen ed il Sig. S. Petrén, articolo 43 in fine della Convenzione ed articolo 21 paragrafo 4 dell'ordinamento, (art. 43).
In applicazione dell'articolo 21 paragrafo 5 dell'ordinamento, il Sig. Balladore Pallieri ha assunto la presidenza della Camera.
4. Il presidente della Camera ha raccolto tramite il cancelliere l'opinione dell'agente del governo del Regno Unito ("il Governo"), come quella dei delegati della Commissione, a proposito del procedimento da seguire; avuto riguardo alle loro dichiarazioni concordanti, ha deciso con un'ordinanza del 6 febbraio 1976 che non c'era luogo nello stato di contemplare il deposito di memorie. Inoltre, ha incaricato il cancelliere di invitare la Commissione a produrre certi documenti che sono giunti alla cancelleria il 11 febbraio.
5. Il 29 aprile 1976, la Camera ha deciso, in virtù dell'articolo 48 dell'ordinamento, di sciogliersi, con effetto immediato, al profitto della Corte plenaria, che "considera che il causa sollevava, delle domande gravi che riguardavano l'interpretazione della Convenzione ".
6. Lo stesso giorno, la Corte ha tenuto una riunione consacrata alla preparazione della fase orale del procedimento. In questa occasione, ha preparato un elenco di domande che ha comunicato alla Commissione ed al Governo invitandoli a fornirle durante le loro arringhe le precisazioni volute.
7. Con un'ordinanza del 3 maggio 1976, il presidente ha fissato al 5 giugno la dato di apertura delle udienze, dopo avere consultato l'agente del Governo ed i delegati della Commissione tramite il cancelliere.
8. I dibattimenti si sono svolti in pubblico il 5 e 7 giugno 1976 a Strasburgo, al Palazzo dei Diritti dell'uomo.
Sono comparsi dinnanzi alla Corte:
- per il Governo:
Il Sig. P. FIFOOT, consigliere giuridico,
al ministero delle cause estere e del Commonwealth,
avvocato alla corte, agente e consigliere,
Il Sig. G. SLYNN, Q.C, giudice (recorder),
a Hereford,
Il Sig. N. BRATZA, avvocato, consigliere,
IL SIG. A.H. HAMMOND, giureconsulto aggiunge
al ministero dell'interno,
IL SIG. J.C. DAVEY, amministratore principale,
allo stesso ministero, consiglieri,;
- per la Commissione:
Il Sig. G. SPERDUTI, delegato principale,
Il Sig. S. TRECHSEL, delegato,
Il Sig. C. THORNBERRY, vecchio rappresentante del richiedente
dinnanzi alla Commissione, assistente ide delegati in virtù di
l'articolo 29 paragrafo 1, seconda frase, dell'ordinamento del,
Corte.
La Corte ha udito nelle loro dichiarazioni e conclusioni, così come nelle loro risposte alle domande poste da lei e da parecchi giudici, i Sigg.. Fifoot e Slynn per il Governo e, per la Commissione, Sigg.. Sperduti, Trechsel e Thornberry.
FATTI
Storico
9. Il richiedente, il Sig. R. H.e, è il proprietario di "Stage 1", casa editrice londinese che ha fondato nel 1968. Ha pubblicato in particolare qui di seguito "Il piccolo libro rosso all'uso degli scolari" (The Little Red Schoolbook, nominato come "lo Schoolbook") di cui la versione primitiva costituisce l'oggetto della presente causa e di cui una versione rivista è apparsa il 15 novembre 1971.
10. Stage 1 aveva pubblicato già Socialism and Man in Cuba di Che Guevara, Major Speeches di Fidel Castro e Rivoluzione in Guinea di Amilcar Cabral. Quattro altri lavori sono stati stampati dal 1971: Rivolution in the Congo di Eldridge Cleaver, una raccolta di scritti del Movimento di liberazione della donna, intitolata Body Politic, China's Socialist Revolution di John ed Elsie Collana e The Fine Tubes Strike di Tony Beck.
11. Il richiedente aveva acquistato nel settembre 1970 il diritto di pubblicare nel Regno Unito lo Schoolbook redatto da due danesi, Sigg.. Søren Hansen e Jesper Jensen. Il libro era apparso da prima nel 1969 in Danimarca poi, dopo traduzione e con certi adattamenti, in Belgio, in Finlandia, in Francia, nella Repubblica federale di Germania, in Grecia, in Islanda, in Italia, nei Paesi Bassi, in Norvegia, in Svezia ed in Svizzera così come in parecchi paesi non europei. Circolava inoltre, liberamente in Austria ed in Lussemburgo.
12. Dopo avere fatto tradurre il libro in inglese, il richiedente ne preparò, col concorso di un gruppo di bambini ed insegnanti, un'edizione destinata al Regno Unito. Aveva consultato prima diverse persone a proposito del valore del lavoro e si era proposto di pubblicarlo nel Regno Unito il 1 aprile 1971. Subito compiuta la stampa, ne indirizzò per recensione parecchie centinaia di esemplari, corredati da un comunicato stampa, ad una serie di pubblicazioni che andavano dai quotidiani nazionali e locali alle riviste pedagogiche e mediche. Inserì anche degli annunci concernenti il libro in differenti pubblicazioni tra cui The Bookseller, The Time Educational and Literary Supplements e Teachers World.
13. Il Daily Mirror rese conto del libro il 22 marzo 1971, il Sunday Time ed il Sunday Telegraph il 28. Altri articoli apparvero sul Daily Telegraph il 29 e 30 marzo; segnalavano che dei passi sarebbero stati intrapresi presso il "Director of Pubblic Prosecutions" per esigere delle misure contro la pubblicazione del libro. La stampa ha consacrato anche allo Schoolbook molti commenti, ora lusinghieri ora sfavorevoli, all'indomani ed all'epoca del sequestro riferito più avanti.
14. Dopo avere ricevuto un certo numero di lamentele, il Director of Pubblic Prosecutions invitò la polizia della capitale, il 30 marzo 1971, ad aprire un'inchiesta. Alla luce di questa, un incarico di perquisizione che mirava i locali occupati da Stage 1 a Londra fu conferito il 31 in virtù dell'articolo 3 delle leggi di 1959/1964 sulle pubblicazioni oscene. Fu rilasciato in assenza del richiedente, ma conformemente al procedimento fissato dal diritto inglese, e l'autorità giudiziale da cui proveniva disponeva di un esemplare dello Schoolbook. La perquisizione ebbe luogo lo stesso giorno; 1.069 esemplari del libro furono sequestrati provvisoriamente coi volantini, dei manifesti, delle locandine da vetrina e della corrispondenza relativa alla sua pubblicazione ed alla sua vendita.
15. Su parere dei suoi consiglieri giuridici, il richiedente continuò i giorni seguenti a distribuire degli esemplari del libro. Il Director of Pubblic Prosecutions avendo appreso che altri esemplari erano stati trasportati nei locali di Stage 1 dopo la perquisizione, diede ordine il 1 aprile 1971, nelle condizioni simili a quelle descritto più sopra, di perquisire di nuovo in suddetti locali e, inoltre, quelli del tipografo. Più tardi nella giornata furono sequestrati dai locali di Stage 1 139 esemplari del libro e, dal tipografo, venti esemplari danneggiati così come della corrispondenza concernente il lavoro e la matrice che era servita alla stampa. Circa a 18.800 esemplari, su un tiro globale di 20.000, sfuggirono alle ricerche e furono venduti in seguito, in particolare alle scuole che lo avevano ordinato.
16. Il 8 aprile 1971, una Corte dei Magistrati lanciò contro il richiedente due citazioni in virtù dell'articolo 2 paragrafo 1 della legge del 1959 sulle pubblicazioni oscene, come modificato dall'articolo 1 paragrafo 1 della legge del 1964 sullo stesso argomento. Lo citava a comparire per rispondere delle seguente violazioni:
a) avere avuto in suo possesso, il 31 marzo 1971, 1.069 esemplari del libro osceno intitolato The Little Red Schoolbook, per diffonderli a titolo lucrativo,;
b) avere avuto in suo possesso, il 1 aprile 1971, 139 esemplari di suddetto libro allo stesso scopo.
Le citazioni furono presentate al richiedente il giorno stesso. A questo punto, smise di distribuire il libro e avvisò le librerie, ma a questa data 17.000 esemplari circolavano circa già.
17. Il richiedente doveva comparire il 28 maggio 1971 dinnanzi alla Corte dei Magistrati di Clerkenwell, ma su richiesta del Director of Pubblic Prosecutions l'udienza fu rinviata al 29 giugno. A questa ultima data, si presentò dinnanzi alla Corte dei Magistrati di Lambeth alla quale la causa era stata trasferita; aveva consentito ad essere giudicato da un magistrate secondo un procedimento semplificato, piuttosto che da un giudice ed una giuria dopo collocamento in accusa (on indictment). Credendoci, la sua scelta derivava dalla sua situazione finanziaria e dalla necessità di evitare i termini propri del procedimento di indictment; il Governo ha espresso però dei dubbi a questo argomento. Avendo ottenuto il beneficio dell'aiuto giudiziale, il richiedente era rappresentato da un avvocato. Il 1 luglio 1971, dopo avere sentito tanto dei testimoni a carico che a discolpa, il tribunale lo riconobbe colpevole delle due violazioni, gli inflisse per ciascuna di esse una multa di 25 sterline e lo condannò alle spese valutate a 110 libri; rese inoltre un'ordinanza di confisca in vista della distruzione dei libri da parte della polizia.
18. Il 10 luglio 1971, i procuratori legali del richiedente notificarono alla polizia della capitale un appello interposto contro i due verdetti. Secondo l'esposizione dei motivi, la decisione del tribunale era erronea ed andava contro le prove raccolte. Le Sessioni dell’ Inner London Quarter esaminarono l'appello li 20, 21, 22, 25 e 26 ottobre 1971; esse ascoltarono in questa occasione dei testimoni a carico ed a discolpa. Deliberarono il 29, confermando il giudizio di prima istanza e condannando l'interessato a 854 libri supplementari di spese. Gli oggetti sequestrati del modo indicato più sopra furono allora distrutti.
Il richiedente non si avvalse del suo diritto di esercitare presso un ricorso ulteriore la Corte di Appello, perché non contestava che la sentenza del 29 ottobre 1971 aveva applicato correttamente la legge inglese.
19. Se lo Schoolbook non fu oggetto di perseguimenti in Irlanda del Nord, nelle isole anglo-normanne e nell'isola di Man, non andò parimenti in Scozia.
Difatti, un libraio di Glasgow fu incolpato in virtù di una legge locale. Tuttavia, un giudice (stipendiary magistrate) lo prosciolse il 9 febbraio 1972, stimando che il libro non era indecente od osceno al senso di questa. L'esame della pratica non permette di determinare se si trattava dell'edizione originale o dell'edizione rivista.
D’altra parte, un querela fu sporta contro Stage 1, sulla base del diritto scozzese, nel capo dell'edizione rivista. Un tribunale di Edimburgo la respinse l’ 8 dicembre 1972, per la sola ragione che l'imputato non poteva avere intenzione dolosa (mens rea). Nel gennaio 1973, il procuratore (Procurator Fiscal) annunciò che non avrebbe attaccato questa decisione; non si avvalse neanche del suo diritto di introdurre un'istanza penale contro il Sig. H. in persona.
Lo Schoolbook
20. L'edizione inglese primitiva del libro il cui il prezzo ammontava a trenta pence l'esemplare, contava 208 pagine. Conteneva un'introduzione intitolata "tutti gli adulti sono delle tigri di carta", un’ "introduzione all'edizione britannica" e dei capitoli consacrati ai seguenti soggetti: "l'educazione", "l'apprendistato", "gli insegnanti", "gli alunni" e "il sistema." Il capitolo sugli alunni constava di una sezione di ventisei pagine relative a "la sessualità" e dove raffiguravano le sottosezioni che seguono: "la masturbazione", "l'orgasmo", "rapporti sessuali e carezze intime", "i contraccettivi", "le emissioni notturne", "le regole", "amanti di bambini o ‘vecchi porci ' ", "la pornografia", "l'impotenza", "l'omosessualità", "normale o anormale", "cerca di saperne di più", "le malattie veneree", "l'aborto", "l'aborto legale o illegale", "non dimenticare", "i metodi di aborto" e "indirizzi utili per procurarti dei consigli sulle domande sessuali." L ' "introduzione" precisava: "Questo libro è concepito come un lavoro di riferimento. Non si tratta di leggerlo tutto in un colpo, ma di utilizzarne l'indice per scoprire ciò che ti interessa o quello su cui desideri sapere di più. Anche se sei in una scuola particolarmente liberale, dovresti trovare nel libro un mucchio di idee per migliorare la situazione."
21. Il richiedente aveva progettato di prendere le vie commerciali abituali per diffondere il libro sebbene fosse ammesso, secondo le dichiarazioni fatte all'epoca delle udienze di appello che questo si rivolgeva agli scolari dai dodici anni in su.
22. Durante l'istanza di appello, il richiedente raccolse l'opinione dei suoi consiglieri giuridici a proposito di una revisione dello Schoolbook destinata ad evitare dei nuovi perseguimenti. Sembra avere provato a consultare anche il Director of Pubblic Prosecutions, ma in vano. Fu deciso di cancellare o redigere di nuovo i passaggi sconvenienti incriminati dall'accusa dinnanzi al tribunale di polizia, ma occorse per ciò ricomporre sensibilmente più frasi talvolta criticate. Il testo subì altri cambiamenti sotto forma di miglioramenti di carattere generale che tendevano, per esempio, a rispondere alle osservazioni e suggestioni di lettori ed a mettere certe indicazioni aggiornate (indirizzi, ecc.).
23. L'edizione rivista apparse il 15 novembre 1971. Dopo avere consultato il procuratore generale (Attorney Général) il Director of Pubblic Prosecutions annunciò, il 6 dicembre, che non sarebbe stato oggetto di perseguimenti. La pubblicazione ebbe luogo dopo la sentenza delle Sessioni Quarter ma la revisione era finita, e la stampa della nuova versione era cominciata, molto tempo prima.
Diritto interno
24. L'azione condotta contro lo Schoolbook aveva per base la legge del 1959 sulle pubblicazioni oscene, emendata da quella del 1964 sullo stesso argomento ("le leggi di 1959/1964").
25. Di queste leggi, combinate tra esse, conviene citare il seguente clausole:
Articolo 1
"1. Un articolo è reputato osceno al senso della presente legge se il suo effetto, o quello di una delle sue parti nel caso in cui ne rinchiuda parecchie, è di natura, valutata nel suo insieme, tale da depravare e corrompere delle persone che, avuto riguardo alle diverse circostanze pertinenti, hanno delle probabilità di leggerne, vedere o intendere il contenuto.
2. Per ‘articolo ', la presente legge designa qualsiasi cosa contenente un oggetto o incorporando una cosa destinata ad essere letta, guardata o entrambe le cose, ogni registrazione di suono ed ogni film o altra riproduzione di immagine.
(...).
Articolo 2
"1. Sotto riserva delle disposizioni qui di seguito chiunque pubblichi un articolo osceno a scopo lucrativo o non lucrativo, o ha un tale articolo per pubblicarlo a scopo lucrativo, il cui guadagno sia a suo profitto o a quello di altri è passibile:
a) di un procedimento sommario, di una multa che non supera cento sterline o di una detenzione che non supera sei mesi;
b) dopo collocamento in accusa, di una multa, di una detenzione che non supera tre anni o di ciascuna di queste due pene.
(...) È reputato di avere un articolo per pubblicarlo an scopo lucrativo chiunque ne ha la proprietà, il possesso o la custodia in vista di simile pubblicazione.
(...)
4. Chiunque pubblichi un articolo non è perseguito per una violazione al diritto consuetudinario (at common law) che consiste nella pubblicazione di una cosa contenuta o incorporata in suddetto articolo se la violazione ha tratto dalla natura ad una cosa oscena.
(...).
Articolo 3
"1. Se delle informazioni raccolte sotto giuramento convincono un giudice conciliatore, (Justice of peace), dell'esistenza di motivi ragionevoli di supporre che gli articoli osceni si trovano, continuativamente od ogni tanto ed in vista della loro pubblicazione a scopo lucrativo, conservati in un locale, precisato da suddetti informazioni, può conferire un incarico autorizzando ogni agente di polizia a penetrare, all'occorrenza con la forza, e perquisire questo locale, nei quattordici seguente giorni il rilascio dell'incarico, così come a sequestrare e toglierne tutti gli articoli che sono scoperti e di cui l'agente ha luogo di credere che rivestono un carattere osceno e sono conservati in vista della loro pubblicazione in un scopo lucrativo.
2. Se degli articoli osceni sono sequestrati in virtù di un mandato conferito ai termini del paragrafo precedente, il mandato autorizza anche il sequestro ed il ritiro di ogni documento scoperto nel locale e relativo ad un commercio o attività in corso.
3. Gli articoli sequestrati sono sottoposti ad un giudice conciliatore che può in questa occasione citare l'occupante del locale a comparire dinnanzi ad un tribunale di polizia per spiegare (to show cause) perché suddetti articoli, o alcuni di essi, non debbano essere confiscati. Il giudice ordina la confisca di ogni articolo se è convinto che si trattava, all'epoca del sequestro, di un articolo osceno conservato in vista della sua pubblicazione a scopo lucrativo,:
(...)
4. Oltre la persona convocata, può comparire il tribunale, per spiegare perché gli articoli sottomessi a questo non devono essere confiscati chiunque ne sia il proprietario, autore o produttore o ogni altra persona per le mani della quale sono passati prima del loro sequestro.
5. Se un'ordinanza di confisca è resa in virtù del presente articolo chiunque è comparso o aveva il diritto di comparire per giustificare la non-confisca può interporre appello presso sessioni quarter. Simile ordinanza non espone i suoi effetti che quattordici giorni dopo la sua decisione o, se prima della scadenza di questo termine l'interessato deposita un appello in buona e dovuta forma o chiede l'immissione nel processo dell'Alta Corte (High Court) quando il procedimento relativo all'appello o al ricorso si è concluso cona una decisione o un ritiro definitivo.
(...)
7. Applicando il presente articolo 3, bisogna presumere, per determinare se un articolo riveste un carattere osceno, che gli esemplari sarebbero pubblicati comunque verosimilmente avuto riguardo alle circostanze nelle quali lo si è scoperto, ma in nessun altro modo.
(...)
(...) Se degli articoli sono sequestrati in virtù dell'articolo 3 e che una persona è riconosciuta colpevole, in virtù dell'articolo 2, di averli per pubblicarli in un scopo lucrativo, il tribunale ne ordina la confisca dopo il verdetto.
Tuttavia, un'ordinanza resa in virtù del presente paragrafo, ivi compreso in appello, non espone i suoi effetti che alla scadenza del termine normale prescritto dall'esercizio di un ricorso relativo al procedimento durante il quale è stata reso o, se un tale ricorso è introdotto regolarmente, quando ha dato adito ad una decisione o ad un ritiro definitivo.
(...).
Articolo 4
"1. Nessuno è condannato per violazione all'articolo 2 della presente legge, e nessuna ordinanza di confisca non è resa in virtù dell'articolo 3, se è stabilito che il bene pubblico giustifica la pubblicazione dell'articolo in questione per il motivo che serve alla scienza,al la letteratura, all'arte, alla conoscenza o ad altri interessi generali.
2. A titolo di prova dell'esistenza o della mancanza del motivo precitato, delle perizie concernente i meriti letterari, artistici, scientifici o altro di un articolo possono essere ammesse in ogni procedimento impegnato in virtù della presente legge."
Articolo 5
"(...)
3. La presente legge non si applica né in Scozia né nell'Irlanda del Nord."
26. All'epoca dei fatti della causa, le autorità ricorrevano frequentemente ad un procedimento amichevole ("disclaimer/caution procedure") piuttosto che di intentare, come nello specifico, dei perseguimenti penali. Tuttavia, poteva giocare solamente se l'interessato riconosceva l’"oscenità" dell ' "articolo" e consentiva alla distruzione di questo. Si trattava di una semplice pratica che è stata abbandonata nel 1973 in seguito a critiche espresse in una decisione giudiziale.
La sentenza delle Sessioni Inner London Quarter
27. La giurisdizione di appello esaminò due domande principali. Il ministero pubblico aveva stabilito al di là di ogni ragionevole dubbio che lo Schoolbook era al senso delle leggi del 1959/1964 un "articolo osceno"? In caso affermativo, il richiedente era riuscito a provare, invocando l'articolo 4 delle stesse leggi, in che cosa il "bene pubblico" giustificava probabilmente (on a balance of probabilities) "la pubblicazione" del libro?
28. La corte si propese da prima sul problema dell'oscenità. Riferendosi ad una sentenza resa in un processo distinto, notò che bisognava convincerla che le persone che, si pretendeva, avevano delle probabilità di leggere il libro formassero una porzione importante del pubblico. Accettò anche la definizione data in suddetta sentenza ai verbi "depravare" e "corrompere" che non suscitava controversia tra le parti.
29. Conformemente ad un'altra decisione giudiziale, la corte aveva deciso di sentire dei periti sul punto di sapere se lo Schoolbook rivestisse un carattere osceno: di solito non ammissibile a questo fine, ma unicamente sul terreno dell'eccezione contemplata all'articolo 4 delle leggi del 1959/1964, simile mezzo di prova poteva essere ammesso tuttavia nella presente controversia che riguardava l’influenza del lavoro su dei bambini.
Perciò, la corte aveva udito sette testimoni a carico e nove a discolpa, periti in differenti campi e specialmente in psichiatria ed insegnamento; avevano espresso delle opinioni molto divergenti. Dopo il loro ascolto, il richiedente aveva sostenuto che quando la tesi dell'accusa cozzava contro il parere sincero di numerosi periti altamente qualificati, non si poteva affermare che la tendenza a depravare e corrompere fosse stabilita con certezza. La corte non sottoscrisse questa argomentazione. Nella sua sentenza del 29 ottobre 1971, rilevò che i bambini suscettibili di essere influenzati in qualche modo dal libro provenivano da ambienti di una diversità quasi illimitata, così che era difficile parlare di "fatti accertati" nello specifico. I testimoni a discolpa avevano presentato dei punti di vista vicini ad una delle estremità del ventaglio delle concezioni molto varie esistenti in materia di educazione e di insegnamento dei bambini; le testimonianze a carico, riflettevano in sostanza delle idee meno radicali sebbene andassero manifestamente nella direzione contraria. In particolare, l'esame delle testimonianze a discolpa portò la corte a concludere che la maggioranza dei loro autori aveva mostrato così poco spirito critico al riguardo del libro considerato nel suo insieme, e così poca riserva negli elogi di cui l'avevano gratificato, che erano stati meno convincenti di quanto essi non avessero potuto essere diversamente altrimenti. In riassunto, la corte stimò che molti dei testimoni avevano adottato un atteggiamento a questo punto unilaterale ed estremista tanto che avevano perso in un larga misura il discernimento che conferisce molto valore alle deposizioni in un tale processo.
30. A proposito dello Schoolbook stesso, la corte rilevò che per cominciare questo si rivolgeva ai bambini che attraversano una fase cruciale del loro sviluppo. I giudici dovevano osservare una grande vigilanza in un caso di questo genere. Nell'occorrenza, si presentava loro come l'opinione di adulti pienamente coscienti delle loro responsabilità per un lavoro estremista che non contemplava alcuna menzione all'esistenza di concezioni differenti; simile lavoro limitava la possibilità per i bambini di formare un giudizio equilibrato su certi consigli che dispensava loro in un tono perentorio.
31. La corte procedette poi ad un breve esame del contesto (background). Considerato in blocco, il libro non parlava per esempio quasi mai del matrimonio. Mischiando una tesi molto unilaterale coi fatti e destinato a servire da lavoro di riferimento, era di natura tale da minare presso molti dei bambini molte influenze, come quella dei genitori, della Chiese e delle organizzazioni di gioventù, capaci di inculcare loro la moderazione, il senso della responsabilità verso se stessi, che non si esprimeva ad un grado sufficiente.
La corte stimò che lo Schoolbook, nell'insieme e per il verso dello spirito dei bambini, era proprio a nuocere alle relazioni tra insegnanti e alunni. Raffiguravano in particolare molti passaggi che minano non solo l'autorità, ma anche la fiducia tra alunni e insegnanti.
32. Passando alla tendenza a depravare e corrompere, la corte analizzò lo spirito del libro considerato in blocco; notò che il senso di una certa responsabilità verso la società come verso sé stesso, senza essere completamente assente, si trovava completamente subordinata allo sviluppo dell'auto-espressione del bambino. A titolo di esempio di questo da cui le sembrava risultasse una tendenza a depravare e corrompere, citò o menzionò i seguenti brani:
A. Passaggio intitolato "sii te stesso" (p). 77,:
"Forse fumi dell’ hashish o fai sesso col tuo ragazzo o la tua ragazza, senza dirlo ai tuoi genitori né ai tuoi professori perché non osi o semplicemente perché non desideri parlarne.
Quando fai delle cose di cui hai proprio voglia che credi buone, non sentirti vergognoso o colpevole per la sola ragione che i tuoi genitori o professori potrebbero disapprovarle. Molte tra esse avranno più i importanza per te nella vita che quelle che sono ‘approvate '"
Il rimprovero che richiamava questa rubrica, è che non suggeriva parola dell'illegalità della consumazione di hashish; non era questione che bene più lontano, in una sezione interamente differente. Il libro non segnalava parimenti, da nessuna parte il carattere illecito di rapporti sessuali di un ragazzo di quattordici anni e di una ragazza di meno di sedici. Ora, non bisognava dimenticarlo, lo Schoolbook si presentava come un lavoro di riferimento; piuttosto che della lettura da un'estremità all'altra, si cercava ciò che si voleva.
B. Passaggio intitolato "rapporti sessuali e carezze intime" (pp). 97-98, nella sezione consacrata alla sessualità: messi anche tra le mani di bambini giovani come quelli che, secondo la corte, leggerebbero pari passaggio, senza invitarli alla ritenuta o alla prudenza, il libro tenderebbe a depravarli e corromperli.
C. Passaggio intitolato "la pornografia" (pp). 103-105, in particolare i capoversi qui di seguito:
"La pornografia è un piacere innocuo se non si la prende sul serio e se non si crede che corrisponda alla vera vita. Chiunque la confonda con la realtà sarà deluso gravemente.
È tuttavia probabile molto bene che ne derivi delle buone idee e scopri delle cose che sembrano interessanti e che non hai provato" ancora.
Per disgrazia, subito dopo il primo capoverso, sano e ragionevole, veniva una frase che lascia intendere ai bambini che avrebbero potuto trovare nella pornografia delle buone idee da adottare. Ciò dava a pensare che molti tra essi si sarebbero sentiti obbligati a ricercarle e praticare. Inoltre, la pagina precedente comprendeva il seguente passaggio: "Ma ce ne sono altri tipi, per esempio delle foto di rapporti sessuali con gli animali, o di persone che si feriscono in diversi modi. Le storie pornografiche descrivono lo stesso tipo di cose." Agli occhi della corte, era improbabile che i giovani commettano delle violazioni sessuali con gli animali dopo lettura di queste frasi, ma il pericolo di vedere concedersi loro ad altri con atti di crudeltà, ai fini di soddisfazione sessuale, non aveva niente di immaginario per un numero dei bambini se il libro fosse ricaduto nelle loro mani in un momento della loro vita in cui erano perturbati, instabili ed eccitati sessualmente. Simili atti potevano costituire molto fortemente delle infrazioni penali come l’uso di hashish e i rapporti sessuali tra un ragazzo di quattordici anni o più e una ragazza di meno di sedici. Ora le parole "depravare e corrompere" inglobavano necessariamente il fatto di tollerare o incoraggiare delle violazioni di questo genere.
33. La corte conclude così: "Il libro, o la sezione sulla sessualità, o il capitolo sugli alunni, qualunque sia quello dei tre che si considera come un ‘articolo ', tende infatti, se lo si considera nel suo insieme, a depravare e corrompere un'importante porzione di giovani che hanno delle probabilità di leggerlo" tra cui molti bambini di meno di sedici anni.
34. La corte esaminò infine l'eccezione derivata dall'articolo 4 delle leggi del1959/1964. Dichiarò fuori dubbio che lo Schoolbook presentava tutta una serie di aspetti positivi in loro stessi; per disgrazia, il buono si mischiava troppo frequentemente al cattivo che lo danneggiava.
Così, molte informazioni sui contraccettivi (pp). 98-102, erano molto pertinenti e meritavano di essere fornite a numerosi bambini che avrebbero potuto avere altrimenti dei problemi a procurarseli, ma si trovavano guastate dall'idea - abbinata alla raccomandazione di passare agli atti in caso di veto delle autorità scolastiche - che ogni scuola debba avere almeno un distributore di contraccettivi (p). 101.
Parimenti, il libro trattava dell'omosessualità in un modo obiettivo, pieno di compassione, comprensivo e valido, pp. 105-107. Qualunque fu il prezzo, questa sezione era viziata però senza rimedio dal suo contesto e dal fatto che lei sola parlava di stabilità in materia di relazioni sessuali mentre non si diceva niente di simile del matrimonio. Inoltre, rischiava grandemente di portare i bambini a pensare che le relazioni di questo tipo rivestissero un carattere permanente.
Da parte loro, le malattie veneree (pp). 110-111, la contraccezione (pp). 98-102, e l'aborto (pp). 111-116, erano oggetto di passaggi contenenti, sotto una forma priva di passione, ragionevole ed in generale interamente esatta, molti consigli che non bisognava rifiutare ai giovani ragazzi. Considerando tutto bene, queste informazioni non bastavano tuttavia a controbilanciare quello che, secondo la convinzione della corte, tendeva a depravare e corrompere. La corte si chiese se, nonostante gli aspetti indecenti rilevati da lei, i servizi che ci si poteva aspettare dallo Schoolbook fossero di natura tale da militare per la pubblicazione del lavoro nell'interesse pubblico; arriva a malincuore alla conclusione che il ricorrente non era riuscito a provare che il "bene pubblico" giustificasse simile pubblicazione.
Precisioni relative all'edizione rivista
35. I passaggi dell'edizione originale dello Schoolbook di cui la sentenza del 29 ottobre 1971 aveva sottolineato il tono "estremista" o gli aspetti "sovversivi" (paragrafi 30 e 31 sopra) rimangono senza cambiamento o senza cambiamento notevole, secondo il caso, nell'edizione rivista, preparata in una data anteriore ma pubblicata il 15 novembre (paragrafi 22-23 sopra).
In quanto ai brani citati dalle Sessioni Quarter come gli esempi sorprendenti della tendenza a depravare e corrompere 8paragrafo 32 sopra) uno di essi non ha subito modifica (p). 77: "sii te stesso"). In compenso, gli altri sono stati attenuati abbastanza in larga misura (pp. 97-98, "rapporti sessuali e carezze intime", e pp. 103-105, "la pornografia")e la pagina 95 del lavoro menziona oramai l'illegalità delle relazioni sessuali con una ragazza di meno di sedici anni.
Inoltre, l'edizione rivista non suggerisce più l’istalalzione di distributori di contraccettivi nelle scuole e segnala, alla pagina 106, la natura spesso temporanea delle inclinazioni omosessuali.
PROCEDIMENTO SEGUITO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
36. Nella sua richiesta alla Commissione, introdotta il 13 aprile 1972, il Sig. H. si lamentava che le misure prese nel Regno Unito contro lo Schoolbook e sé avessero ignorato la sua libertà di pensiero, di coscienza e di convinzione, articolo 9 della Convenzione, (art. 9) la sua libertà di espressione (articolo 10) (art. 10) ed il suo diritto al rispetto dei suoi beni, articolo 1 del Protocollo no 1, (P1-1). Affermava anche che a dispetto dell'articolo 14 (art. 14) della Convenzione, il Regno Unito non gli aveva garantito il godimento di questi diritti senza discriminazione fondata sulle sue opinioni politiche o altre, che i perseguimenti condotti contro lui avevano infranto l'articolo 7 (art. 7) e che il governo convenuto aveva violato per di più gli articoli 1 e 13 (art. 1, art. 13) della Convenzione. Enumerava inoltre le perdite che gli avrebbero causato suddette misure, ossia 14.184 sterline di danni stimati e certi danni non valutati.
37. Il 4 aprile 1974, la Commissione ha considerato la richiesta in quanto alle affermazioni relative all'articolo 10 (art. 10) della Convenzione ed all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), ma l'ha dichiarata inammissibile sotto l'angolo degli articoli 1, 7, 9, 13 e 14 (art. 1, art. 7, art. 9, art. 13, art. 14) della Convenzione. Ha deciso alla stessa data di studiare d’ ufficio ogni problema che le circostanze della causa potevano sollevare allo sguardo degli articoli 17 e 18 8art. 17, art. 18); ha informato le parti alcuni giorni più tardi.
38. Nel suo rapporto del 30 settembre 1975, la Commissione ha formulato il parere:
- per otto voci contro cinque, con un'astensione, che non c'era stata violazione dell'articolo 10 (art. 10) della Convenzione,;
- che né i sequestri provvisori (undici voci) né la confisca e la distruzione dello Schoolbook (nove voci contro quattro, con un'astensione) non avevano violato l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1);
- per dodici voci, con due astensioni, che non era necessario concedersi ad un più ampio esame sul terreno dell'articolo 17 8art. 17) della Convenzione,;
- all'unanimità che nessuna violazione all'articolo 18 8art. 18,9non si trovava stabilita.
Il rapporto rinchiude diverse opinioni separate.
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE
39. Dinnanzi alla Corte sono state presentate, all'udienza del 7 giugno 1976, le seguente conclusioni:
- per la Commissione:
"Che piaccia alla Corte di dire e giudicare
1) se in seguito ai procedimenti giudiziali che sono stati assunti nel Regno Unito contro il richiedente in quanto editore del libro ‘The Little Red Schoolbook ', procedimenti che hanno condotto al sequestro ed alla confisca di questa pubblicazione ed alla condanna del richiedente ad una multa ed alle spese, la Convenzione, in particolare nel suo articolo 10 e nell'articolo 1 del Protocollo no 1, art. 10, P1-1), è stata violata o meno;
2) in caso affermativo, se c'è luogo di accordare al richiedente una soddisfazione equa conformemente all'articolo 50 (art. 50) della Convenzione, soddisfazione della natura e nella misura che determinerebbe".;
- per il Governo:
"(...) Il governo del Regno Unito ha preso nota delle conclusioni formulate dai delegati e, per ciò che riguarda la prima, chiede alla Corte di dire che non c'è stata violazione nello specifico.
Sul secondo punto, che mi sia permesso di dire che la Corte non ha sentito ancora nessuna argomentazione in quanto alla soddisfazione e che è completamente prematuro che esamini la domanda a questo stadio. Nell'ipotesi in cui la domanda debba essere esaminata - ciò che non sarà il caso se la nostra conclusione in quanto alla prima domanda è fondata - ci sarebbe luogo di riaprire i dibattimenti."
40. In seguito ad un'osservazione dell'agente del Governo, il delegato principale della Commissione ha precisato che adoperando la parola "in particolare" aveva voluto indicare i due articoli che entravano in fila di conto dinnanzi alla Corte.
IN DIRITTO
41. Il 4 aprile 1974, al termine di udienze contraddittorie che riguardavano tanto il merito che l'ammissibilità, la Commissione ha considerato la richiesta in quanto all'articolo 10 della Convenzione ed all'articolo 1 del Protocollo no 1(art. 10, P1-1), ma l'ha dichiarata inammissibile nella misura in cui il Sig. H. invocava gli articoli 1, 7, 9, 13 e 14 (art. 1, art. 7, art. 9, art. 13, art. 14) della Convenzione. Alcuni giorni più tardi, ha informato le parti che avrebbe anche preso in considerazione gli articoli 17 e 18 (art. 17, art. 18). Nel suo rapporto del 30 settembre 1975, ha espresso tuttavia (paragrafi 170 e 176) in accordo col richiedente ed il Governo,(paragrafi 92 e 128,)il parere che l'articolo 17 (art. 17) non gioca nell'occorrenza.
In risposta ad una domanda della Corte, i delegati della Commissione hanno precisato che le affermazioni allontanate il 4 aprile 1974 (articoli 1) 7, 9, 13 e 14 della Convenzione, (art. 1, art. 7, art. 9, art. 13, art. 14) avevano tratto agli stessi fatti di quelli a cui si appellava all'articolo 10 della Convenzione e all'articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 10, P1-1). Non si trattava di conseguenza di lagnanze distinte, ma di semplici mezzi o argomenti giuridici tra altri. Ora le disposizioni della Convenzione e del Protocollo formano un tutto; una volta regolarmente investita, la Corte può conoscere di ciascuno dei problemi di diritto che sorgono durante l’istanza a proposito dei fatti sottomessi al suo controllo da parte di uno Stato contraente o dalla Commissione: padrona della qualifica giuridica da dare a questi fatti, ha competenza per esaminarli, se lo giudica necessario ed all'occorrenza d’ ufficio, alla luce dell'insieme della Convenzione e del Protocollo (cf. in particolare la sentenza del 23 luglio 1968 sul merito della causa "linguistica belga", serie A no 6, p. 30, paragrafo 1, e la sentenza Di Wilde, Ooms e Versyp del 18 giugno 1971, serie A no 12, p. 29, paragrafo 49).
La Corte, avuto riguardo alla richiesta iniziale del Sig. H. ed a certe dichiarazioni fatte dinnanzi a lei stessa (vedere in particolare i paragrafi 52 e 56 sotto), crede dovere mettersi sul terreno dell'articolo 14 (art. 14) della Convenzione in aggiunta agli articoli 10 e 18 (art. 10, art. 18) così come dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1). Aderisce all'opinione della Commissione secondo la quale gli articoli 1, 7, 9, 13 e 17 (art. 1, art. 7, art. 9, art. 13, art. 17) non entrano in fila di conto nello specifico.
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 10, ART. 10, DELLA CONVENZIONE,
42. Il richiedente si definisce vittima di una violazione dell'articolo 10 (art. 10) della Convenzione, ai termini del quale
"1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare delle informazione o delle idee senza che si possa avere ingerenza di autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo,a(rt. 10) non impedisce gli Stati di sottoporre le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione ad un regime di autorizzazioni.
2. L'esercizio di queste libertà che comprendono dei doveri e delle responsabilità può essere sottomesso a certe formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni, previste dalla legge che costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all'integrità territoriale o alla sicurezza pubblica, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione del crimine, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziale."
43. Le diverse misure incriminate - condanna penale inflitta al richiedente, sequestro poi confisca e distruzione della matrice e di centinaia di esemplari dello Schoolbook - hanno costituito indubbiamente, ed il Governo non l'ha negato, delle "ingerenze di autorità pubbliche" nell'esercizio della libertà di espressione dell'interessato, garantite dal paragrafo 1 del testo precitato (art. 10-1). Simili ingerenze provocano una "violazione" dell'articolo 10 (art. 10) se non dipendono dauna delle eccezioni predisposte dal paragrafo 2 (art. 10-2) che rivestono così un'importanza determinante nello specifico.
44. Per non infrangere l'articolo 10 (art. 10) le "restrizioni" e "sanzioni" di cui si lamenta il Sig. H. dovevano da prima, secondo il paragrafo 2 (art. 10-2) essere "previste dalla legge." La Corte constata che tale è stato il caso. Nell'ordine giuridico del Regno Unito, le misure di cui si tratta avevano per base legale le leggi del 1959/1964 (paragrafi 14-18- 24-25 e 27-34 sopra). Il richiedente non l'ha del resto non contestato; ha riconosciuto per di più che le autorità competenti avevano applicato correttamente suddette leggi.
45. Avendo verificato così che le ingerenze controverse rispettavano la prima delle condizioni del paragrafo 2 dell'articolo 10 (art. 10-2)la Corte ha ricercato poi se rispettavano anche le altri. Secondo il Governo e la maggioranza della Commissione, erano "necessarie, in una società democratica", "alla protezione, della morale."
46. La Corte constata per cominciare, col Governo e la Commissione unanimi, che le leggi del 1959/1964 hanno un scopo legittimo allo sguardo dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2): la protezione della morale in una società democratica. Solo questo ultimo obiettivo entra in fila di conto nello specifico perché la destinazione di suddette leggi - combattere le pubblicazioni "oscene", definite dalla loro tendenza a "depravare e corrompere" - si ricollega da più vicino alla protezione della morale che a non importa quale degli altri fini ammissibili secondo l'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2).
47. Incombe sulla Corte di ricercare anche se la protezione della morale in una società democratica rendeva necessaria le diverse misure prese contro il richiedente e lo Schoolbook in virtù delle leggi del 1959/1964. Il Sig. H. non si limita a criticare queste in se stesse: formula anche, sul terreno della Convenzione e non del diritto inglese, parecchie lagnanze relative alla loro applicazione al suo luogo.
Il rapporto della Commissione, poi i dibattimenti del giugno 1976 dinnanzi alla Corte, hanno rivelato delle nette divergenze su un problema cruciale: il metodo da seguire per determinare se le "restrizioni" e "sanzioni" concrete denunciate dall'interessato erano "necessarie, in una società democratica", a "la protezione della morale". Secondo il Governo e la maggioranza della Commissione, il ruolo della Corte consiste unicamente in verificare che le giurisdizioni inglesi abbiano agito in buona fede, in modo ragionevole e nei limiti del margine di valutazione consentita agli Stati contraenti dall'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2). Per la minoranza della Commissione, al contrario, la Corte non deve controllare la sentenza delleSession Inner London Quarter i, ma esaminare al primo colpo lo Schoolbook alla luce della Convenzione e di questa sola.
48. La Corte rileva che il meccanismo di salvaguardia instaurato dalla Convenzione riveste un carattere sussidiario rispetto ai sistemi nazionali di garanzia dei diritti dell'uomo (sentenza del 23 luglio 1968 sul merito della causa "linguistica belga", serie A no 6, p. 35, paragrafo 10 in fine). La Convenzione confida in primo luogo a ciascuno degli Stati contraenti la cura di garantire il godimento dei diritti e libertà che consacra. Le istituzioni create da lei contribuiscono da parte loro, ma entrano in gioco solamente per via di contenzioso e dopo esaurimento delle vie di ricorso interne (articolo 26) (art. 26.)
Queste constatazioni valgono, tra altri, per l'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2). Non si può estrarre in particolare, dal diritto interno dei diversi Stati contraenti una nozione europea uniforme della "morale." L'idea che le loro rispettive leggi si fanno delle esigenze di questa ultima varia nel tempo e nello spazio, specialmente alla nostra epoca caratterizzata in materia da un'evoluzione veloce e profonda delle opinioni. Grazie ai loro contatti diretti e costanti con le forze vive del loro paese, le autorità dello stato si trovano in principio meglio collocate che il giudice internazionale per pronunciarsi sul contenuto preciso di queste esigenze come sulla "necessità" di una "restrizione" o "sanzione" destinata a rispondervi. La Corte nota in questa occasione che se l'aggettivo "necessario", al senso dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) non è sinonimo d ' "indispensabile" (comp., agli articoli 2 paragrafo 2 e 6 paragrafo 1) (art. 2-2, art. 6-1) le parole "assolutamente necessarie" e "rigorosamente necessarie" e, all'articolo 15 paragrafo 1 (art. 15-1) l’elemento della frase "nella rigorosa misura in cui la situazione l'esige", non sono neanche la flessibilità di termini come "ammissibile", "normale" (comp. l'articolo 4 paragrafo 3, art. 4-3,), "utile" (comp. il primo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1)), "ragionevole" (comp. gli articoli 5 paragrafo 3 e 6 paragrafo 1 (art. 5-3, art. 6-1,) o "opportuno." Non appartiene meno alle autorità nazionali di giudicare, al primo capo, della realtà del bisogno sociale imperioso che implica nell'occorrenza il concetto di "necessità".
Quindi, l'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) riserva agli Stati contraenti un margine di valutazione. L'accorda al tempo stesso al legislatore nazionale ("contemplate dalla legge") ed agli organi, giudiziali, particolarmente chiamati ad interpretare ed applicare le leggi in vigore,s(entenza Engel ed altri del 8 giugno 1976, serie A no 22, pp. 41-42, paragrafo 100; comp., per l'articolo 8 paragrafo 2, art. 8-2, la sentenza di Wilde, Ooms e Versyp del 18 giugno 1971, serie A no 12, pp. 45-46, paragrafo 93, ed la sentenza Golder del 21 febbraio 1975, serie A no 18, pp. 21-22, paragrafo 45).
49. L'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) non assegnare per tanto agli Stati contraenti un potere di valutazione illimitata. Incaricata, dalla Commissione, di garantire il rispetto dei loro impegni (articolo 19) (art. 19) la Corte ha competenza per deliberare con una sentenza definitiva sul punto di sapere se una "restrizione" o "sanzione" si conciliano con la libertà di espressione come protetta dall'articolo 10 (art. 10). Il margine nazionale di valutazione va di pari in passo con un controllo europeo dunque. Questo riguarda al tempo stesso la finalità della misura controversa e la sua "necessità." Ricade tanto sulla legge di base che sulla decisione che l'applica, anche quando proviene da una giurisdizione indipendente. A questo riguardo, la Corte si riferisce all'articolo 50, (art. 50) della Convenzione ("decisione presa o misura ordinata da un'autorità giudiziale o ogni altra autorità") così come alla sua propria giurisprudenza (sentenza Engel ed altri del 8 giugno 1976, serie A no 22, pp. 41-42, paragrafo 100).
Il suo ruolo di sorveglianza comanda alla Corte di suscitare un'estrema attenzione i principi propri ad una "società democratica." La libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di simile società, una delle condizioni primordiali del suo progresso e dell'espressione di ciascuno. Sotto riserva del paragrafo 2 dell'articolo 10 (art. 10-2) vale non solo per le "informazione" o "idee" accolte con favore o considerate come innocue o indifferenti, ma anche per quelle che urtano o inquietano lo stato o una porzione qualsiasi della popolazione. Così lo vogliono il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura senza i quali non vi è "società democratica." Ne deriva in particolare che ogni "formalità", "condizione", "restrizione" o "sanzione" imposte devono essere proporzionate in materia allo scopo legittimo perseguito.
Da un altro lato chiunque esercita la sua libertà di espressione assume "dei doveri e delle responsabilità" la cui superficie dipende dalla sua situazione e dal procedimento tecnico utilizzato. Ricercando, come nello specifico, se delle "restrizioni" o "sanzioni" tendevano alla "protezione della morale" che li rendeva "necessari" in una "società democratica", la Corte non saprebbe fare astrazione dei "doveri" e "responsabilità" dell'interessato.
50. Quindi, la Corte non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne competenti, ma di valutare sotto l'angolo dell'articolo 10 (art. 10) le decisioni che hanno reso nell'esercizio del loro potere di valutazione.
Il suo controllo si rivelerebbe però in generale illusorio se si limitasse ad esaminare isolatamente queste decisioni; deve considerarle alla luce dell'insieme della causa, ivi compreso la pubblicazione di cui si tratta e gli argomenti e mezzi di prova invocati dal richiedente nell'ordine giuridico interno poi sul piano internazionale. Incombe sulla Corte di determinare, sulla base dei diversi elementi in suo possesso, se i motivi dati dalle autorità nazionali per giustificare le misure concreti d ' "ingerenza" che adottano sono pertinenti e sufficienti allo sguardo dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) (comp., per l'articolo 5 paragrafo 3, art. 5-3, la sentenza Wemhoff del 27 giugno 1968, serie A no 7, pp. 24-25, paragrafo 12, la sentenza Neumeister del 27 giugno 1968, serie A no 8, p. 37, paragrafo 5, la sentenza Stögmüller del 10 novembre 1969, serie A no 9, p. 39, paragrafo 3, la sentenza Matznetter del 10 novembre 1969, serie A no 10, p. 31, paragrafo 3, ed la sentenza Ringeisen del 16 luglio 1971, serie A no 13, p. 42, paragrafo 104).
51. Conformandosi al metodo così definito, la Corte ha controllato sotto l'angolo dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) le decisioni individuali controverse, in particolare la sentenza delle sezioni Inner London Quarter.
Suddetta sentenza si trova sopra riassunta ai paragrafi 27-34. La Corte l'ha studiata nel contesto dell'insieme della causa; ha preso in particolare in considerazione, in aggiunta alle arringhe pronunciate dinnanzi a lei e del rapporto della Commissione, le memorie e spiegazioni orali presentate a questa dal giugno 1973 all'agosto 1974 ed il rendiconto reso dalle udienze dinnanzi alle Sessioni Quarter.
52. La Corte lega un'importanza privata ad una circostanza che la sentenza del 29 ottobre 1971 non ha mancato di rilevare: la destinazione dello Schoolbook. Questo si rivolgeva in precedenza ai bambini ed adolescenti di dodici a diciotto anni circa. Redatto in un stile spoglio, diretto e concreto, era comodamente anche accessibile ai meno vecchi tra essi. Il richiedente aveva manifestato il suo disegno di diffonderlo su grande scala. L'aveva mandato per recensione o per annuncio pubblicitario, con un comunicato stampa, a numerosi quotidiani e periodici. In più, aveva fissato un prezzo di vendita modica, trenta pence, previsto una tiratura di 50.000 esemplari poco dopo la tiratura iniziale di 20.000 e scelto un titolo che dava a pensare che si trattasse in qualche modo di un manuale scolastico.
Il lavoro conteneva per l'essenziale delle informazione di puro fatto, in generale esatte e spesso utili così come l'hanno riconosciuto le Sessioni Quarter. Rinchiudeva però, anche, soprattutto nella sezione concernente la sessualità e nella sottosezione "Be yourself" del capitolo relativo agli alunni (paragrafo 32 sopra9 delle frasi o paragrafi che i giovani che attraversavano una fase critica del loro sviluppo potevano interpretare come un incoraggiamento a concedersi alle esperienze precoci e nocive per essi, addirittura a commettere certe violazioni penali. In queste condizioni, malgrado la diversità e l'evoluzione costante delle concezioni etiche ed educative nel Regno Unito i magistrati inglesi competenti erano in diritto di credere all'epoca, nell'esercizio del loro potere di valutazione, che lo Schoolbook avrebbe avuto delle ripercussioni nefaste sulla moralità di molti bambini ed adolescenti che lo avrebbero letto.
Il richiedente ha affermato tuttavia, in sostanza, che gli imperativi della "protezione della morale" o, per adoperare i termini delle leggi del 1959/1964, della lotta contro le pubblicazioni di natura tale da "depravare e corrompere", hanno costituito nell'occorrenza un semplice pretesto. In realtà, si sarebbe cercato di mettere la museruola ad un piccolo editore di cui una porzione dell'opinione pubblica disapprovava gli orientamenti politici. Lo scoppio dei perseguimenti avrebbe avuto luogo in un'atmosfera che rasenta l ' "isteria", suscitata poi tenuta dagli ambienti reazionario-conservatori. L'accento messo dalla sentenza del 29 ottobre 1971 sugli aspetti "sovversivi" (anti-authoritarian) dello Schoolbook (paragrafo 31 sopra) proverebbe di che cosa intendesse esattamente.
Le informazioni fornite dal Sig. H. sembrano mostrare difatti che le lettere di individui, articoli di stampa e passi di membri del parlamento non sono stati estranei alla decisione di sequestrare lo Schoolbook e di citare il suo editore al penale. Tuttavia, il Governo ha fatto osservare che queste iniziative potevano spiegarsi molto bene non con una macchinazione oscura, ma con l'emozione sincera che i cittadini fedeli ai valori giuridici tradizionali avevano provato leggendo in certi giornali, verso la fine del marzo 1971, dei brani del libro che dovevano apparire il 1 aprile. Ha sottolineato anche che il processo si era concluso parecchi mesi dopo la "campagna" denunciata dal richiedente e che questo non adduceva che avesse continuato nell'intervallo. Ne ha dedotto che non aveva alterato per niente la serenità delle Sessioni Quarter.
La Corte constata da parte sua che la sentenza del 29 ottobre 1971 ha giudicato solamente gli aspetti "sovversivi" dello Schoolbook ricadenti in quanto tali sotto l'influenza delle leggi del 1959/1964. Se li ha presi in considerazione, questo è unicamente nella misura in cui mettendo da parte l'influenza moderatrice dei genitori, degli insegnanti, delle Chiese e delle organizzazioni di gioventù, aggravavano agli occhi della giurisdizione di appello la tendenza a "depravare e corrompere" che scaturiva, secondo lei, da altre parti del lavoro. Conviene aggiungere che le autorità britanniche hanno lasciato diffondere liberamente l'edizione rivista in cui i passaggi "sovversivi" si ritrovavano tuttavia per intero e talvolta anche rinforzati (paragrafo 35 sopra). Così come l'ha notato il Governo, questa circostanza si accorda male con la tesi di una cabala politica.
La Corte ammette dunque che la sentenza del 29 ottobre 1971, applicando le leggi del 1959/1964, aveva per scopo essenziale di proteggere la morale dei giovani, finalità legittima secondo l'articolo 10 paragrafo 2 8art. 10-2). Pertanto, i sequestri operati il 31 marzo e 1 aprile 1971, nell'attesa del risultato dei perseguimenti sul punto di aprirsi, tendevano anche a questo scopo.
53. Resta da verificare la "necessità" delle misure controverse, a cominciare da suddetti sequestri.
Credendo al richiedente, sarebbero dovuti ricadere al massimo su uno o alcuni esemplari del libro, da utilizzare come corpi del reato. La Corte non aderisce a questa opinione: la polizia aveva delle buone ragioni di provare ad impossessarsi di tutta la scorta per premunire la gioventù, provvisoriamente, contro un pericolo giuridico sull'esistenza del quale apparteneva alla giurisdizione di giudizio di deliberare. Numerosi Stati contraenti riconoscono nella loro legislazione un sequestro analogo a quello contemplato dall'articolo 3 delle leggi inglesi del 1959/1964.
54. Per ciò che riguarda la "necessità" della pena e della confisca incriminata, il richiedente e la minoranza della Commissione hanno avanzato una serie di argomenti che meritano riflessione.
Hanno rilevato da prima che l'edizione originale dello Schoolbook non ha dato adito a nessuno perseguimento in Irlanda del Nord, nell'isola di Man e nelle isole anglo-normanne, né a nessuna condanna in Scozia, e che anche in Inghilterra ed nel Galles migliaia di esemplari hanno circolato senza ostacoli nonostante la sentenza del 29 ottobre 1971.
La Corte ricorda che le leggi del 1959/1964, ai termini del loro articolo 5 paragrafo 3, non si applicano né alla Scozia né all'Irlanda del Nord (paragrafo 25 in fine sopra). Soprattutto, non bisogna dimenticare che la Convenzione, così come risulta in particolare dal suo articolo 60 8art. 60) non obbliga mai i diversi organi degli Stati contraenti a limitare i diritti e libertà garantite da lei.
Specialmente l'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) non li costringe in nessun caso ad imporre delle "restrizioni" o "sanzioni" nel campo della libertà di espressione; non impedisce loro di far prevalere i delle risorse che dispongono (cf. le parole possono essere sottoposte"). Avuto riguardo alla situazione locale, le autorità competenti dell'Irlanda del Nord, dell'isola di Man e delle isole anglo-normanne avrebbero potuto avere dei motivi plausibili di non agire contro il libro ed il suo editore, il procuratore generale (Procurator Fiscal) della Scozia di non citare il Sig. H. in persona a Edimburgo dopo il rigetto della lamentela portata, in virtù del diritto scozzese, contro Stage 1 del capo dell'edizione rivista (paragrafo 19 sopr). La loro astensione, sulle ragioni delle quali la Corte non deve essere incerta e che non ha impedito le misure prese in Inghilterra di provocare il sequestro dello Schoolbook, non stabilisce che la sentenza del 29 ottobre 1971, tenuto conto del margine di valutazione delle autorità nazionali, non abbia risposto ad una necessità reale.
Queste osservazioni valgono anche, mutatis mutandis, per la diffusione di numerosi esemplari in Inghilterra e nel Galles.
55. Il richiedente e la minoranza della Commissione hanno sottolineato anche che l'edizione rivista, tuttavia poco differente secondo loro dell'edizione originale, non è stata oggetto di perseguimenti in Inghilterra né nel Galles.
Il Governo ha rimproverato loro di minimizzare l'ampiezza delle modifiche subite dal testo primitivo dello Schoolbook: sebbene introdotte tra i giudizi di prima istanza del 1 luglio 1971 e la sentenza di appello del 29 ottobre 1971, sarebbero ricadute sui principali passaggi che le Sessioni Quarter hanno citato come rilevanti nettamente una tendenza a "depravare e corrompere." Secondo il Governo, il Director of Pubblic Prosecutions ha dovuto stimare che queste modifiche lo dispensavano dall’ invocare le leggi in questione del1959/1964.
Agli occhi della Corte, la mancanza di perseguimenti contro l'edizione rivista che emendava abbastanza in larga misura l'edizione originale sui punti in controversia (paragrafi 22-23 e 35 sopra) da' piuttosto a pensare che le autorità competenti hanno voluto limitarsi allo stretto necessario, preoccupazione conforme all'articolo 10 (art. 10) della Convenzione.
56. Credendo al richiedente e alla minoranza della Commissione, il trattamento inflitto nel 1971 allo Schoolbook ed al suo editore era tanto "meno necessario" di una folla di pubblicazioni destinate alla pornografia "dura" (hard core pornography) e prive di valore intellettuale o artistico, che beneficierebbero nel Regno Unito di un'estrema tolleranza: esposte agli sguardi dei passanti ed in particolare dei giovani, godrebbero in generale di una completa impunità; le rare azioni penali intentate al loro argomento sarebbero spesso fallite, grazie al grande liberismo di cui avrebbero manifestato i giurati. I sexy shops e molti spettacoli richiamerebbero un'osservazione analoga.
Il Governo ha ribattuto, cifre all'appoggio che né il Director of Pubblic Prosecutions né la polizia, a dispetto della debolezza degli effettivi della squadra specializzata in materia, restano inattivi. Ai perseguimenti propriamente detti si aggiungerebbero del resto i frequenti sequestri che si praticavano all'epoca a titolo del "disclaimer/caution procedure" (paragrafo 26 sopra).
In principio, la Corte non deve confrontare le diverse decisioni prese, anche nelle situazioni a prima vista vicine, da parte delle autorità incaricate dei perseguimenti e dai tribunali da cui l'indipendenza si imporsi a lei come al governo convenuto. Inoltre e soprattutto, non si trova dinnanzi a delle situazioni proprio simili: non risulta dai documenti della pratica, ed il Governo l'ha rilevato, che le pubblicazioni e spettacoli in questione si rivolgevano, al riguardo dello Schoolbook (paragrafo 52 sopra) ai bambini ed adolescenti che vi avevano comodamente accesso.
57. Il richiedente e la minoranza della Commissione hanno insistito su una circostanza supplementare: in aggiunta all'edizione danese originale, delle traduzioni del "Piccolo libro" sono apparse e circolate liberamente nella maggioranza degli Stati membri del Consiglio dell'Europa.
Qui ancora, il margine nazionale di valutazione ed il carattere facoltativo delle "restrizioni" e "sanzioni" mirate all'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) impediscono la Corte di accogliere l'argomento. Gli Stati contraenti hanno fissato ciascuno il loro atteggiamento alla luce della situazione esistente sui loro territori rispettivi; hanno avuto in particolare riguardo ai differenti modi in cui si concepisce le esigenze della protezione della morale in una società democratica. Se la maggior parte di essi hanno deciso di lasciare diffondere il lavoro, non ne risulta che la scelta contraria delle Sessioni Inner London Quarter abbia infranto l'articolo 10 (art. 10). Del resto, certe delle edizioni pubblicate all'infuori del Regno Unito non rinchiudono i passaggi, o del meno l'insieme dei passaggi, città nella sentenza del 29 ottobre 1971 come esempi sorprendenti di una tendenza a "depravare e corrompere."
58. All'udienza del 5 giugno 1976, infine, il delegato che presenta l'opinione della minoranza della Commissione ha sostenuto che lo stato convenuto non aveva in ogni caso bisogno di misure così rigorose come l'apertura di perseguimenti penali che si concludono con la condanna del Sig. H. e con la confisca, poi la distruzione dello Schoolbook. Il Regno Unito avrebbe violato il principio di proporzionalità, inerente all'aggettivo "necessario", non accontentandosi sia di invitare il richiedente ad espurgare il libro, o di limitarne la vendita di questo ultimo e la pubblicità concernente ad esso.
A proposito della prima soluzione, il Governo ha sostenuto che mai il richiedente avrebbe consentito a modificare lo Schoolbook se glielo si fosse intimato o pregato prima del 1 aprile 1971: non ne contestava con energia l ' "oscenità?" Da parte sua, la Corte si limita a constatare che l'articolo 10 (art. 109 della Convenzione non costringe certo gli Stati contraenti ad instaurare simile censura preliminare.
In quanto alla seconda soluzione, il Governo non ha indicato se il diritto inglese vi si prestava. Non sembra del resto che non vi fosse adeguata nell'occorrenza: restringere soprattutto agli adulti la vendita di un lavoro destinato ai giovani non avrebbe avuto senso; lo Schoolbook avrebbe perso l'essenziale di ciò che costituiva la sua ragione di essere nello spirito del richiedente. Perciò questo ultimo ha passato la domanda sotto silenzio.
59. Sulla base degli elementi di cui dispone, la Corte arriva così alla conclusione che nulla trasgressione alle esigenze dell'articolo 10, art. 10, non trovarti invalso nelle circostanze della causa.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 (P1-1)
60. Il richiedente adduce in secondo luogo la violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe."
61. La lagnanza riguarda due misure distinte: il sequestro, il 31 marzo e 1 aprile 1971, della matrice e di centinaia di esemplari dello Schoolbook, e la loro confisca poi la loro distruzione in seguito alla sentenza del 29 ottobre 1971. Hanno l’una e le altre recato offesa al diritto del Sig. H. "al rispetto dei suoi beni." Il Governo non lo contesta; in accordo con la maggioranza della Commissione, sostiene tuttavia che attingono la loro giustificazione nelle eccezioni di cui l'articolo 1 del Protocollo (P1-1) abbina il principio enunciato nella sua prima frase.
62. Il sequestro controverso presentava un carattere provvisorio. Ha impedito solamente al richiedente, per un tempo, di godere e disporre a suo modo di beni di cui rimaneva il proprietario e che avrebbe ricuperato se il processo intentato contro lui fosse arrivato ad un'assoluzione.
La Corte stima, in queste condizioni, che la seconda frase del primo capoverso dell'articolo 1 (P1-1) non gioca nell'occorrenza. Probabilmente l'espressione "deprived of his possession", che figura nel testo inglese, potrebbe lasciare credere il contrario, ma la struttura dell'articolo 1 (P1-1) mostra che suddetta frase la cui origine risale ad un emendamento belga redatto in francese del resto (Raccolta dei lavori preparatori, documento H (61) 4, pp. 1083, 1084, 1086, 1090, 1099, 1105, 1110-1111 e 1113-1114) vale unicamente per chiunque si trova "privato della sua proprietà."
In compenso, il sequestro aveva tratto a "l'uso(di) beni"; entra nel campo del secondo capoverso dunque. Questo, a differenza dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) della Convenzione, erige gli Stati contraenti a soli giudici della "necessità" di un'ingerenza. La Corte deve limitarsi di conseguenza a controllare la legalità e la finalità della restrizione di cui si tratta. Constata che la misura incriminata è stata ordinata sulla base dell'articolo 3 delle leggi del 1959/1964 ed al termine di un procedimento la cui regolarità non ha suscitato contestazione. Inoltre, il sequestro tendeva a "la protezione della morale" come le autorità britanniche competenti la concepivano nell'esercizio del loro potere di valutazione (paragrafo 52 sopra). Ora la nozione di "protezione della morale", impiegata all'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) della Convenzione, é compresa nell'idea, molto più largoa, d ' "interesse generale" al senso del secondo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo (P1-1).
La Corte aderisce così, su questo punto, alla tesi del Governo ed all'opinione della maggioranza della Commissione.
63. La confisca e la distruzione dello Schoolbook, esse, hanno privato definitivamente il richiedente della proprietà di certi beni. Si trovavano però autorizzate dal secondo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), interpretato alla luce del principio di diritto, comune agli Stati contraenti, in virtù del quale vengono confiscate in vista della loro distruzione le cose di cui uso è stato giudicato regolarmente illecito e pericoloso per l'interesse generale.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 18 (ART. 18) DELLA CONVENZIONE,
64. Il Sig. H. stima avere subito, al disprezzo dell'articolo 18 (art. 18) delle "restrizioni" che inseguono un "scopo" di cui non parla né l'articolo 10 (art. 10,)della Convenzione né l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
La lagnanza non resiste all'esame, la Corte avendo concluso già che suddette restrizioni miravano a dei fini legittimi allo sguardo di questi due ultimi articoli (art. 10, P1-1) (paragrafi 52, 62 e 63 sopra).
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 14 (ART. 14) DELLA CONVENZIONE,
65. Nella prima fase dell'istanza introdotta da lui dinnanzi alla Commissione, il richiedente si definiva vittima di una violazione dell'articolo 14, (art. 14) della Convenzione, ai termini del quale
"Il godimento dei diritti e libertà riconosciute nella presente Convenzione devono essere garantiti, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, gli opinioni politici od ogni altra opinione, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita o ogni altra situazione."
66. Il 4 aprile 1974, la Commissione ha respinto a questo riguardo la richiesta per difetto manifesto di fondamento. La Corte ha creduto però dovere mettersi anche sul terreno dell'articolo 14, composto con l'articolo 10 (art. 14+10) della Convenzione e con l'articolo 1 del Protocollo no 1 (art. 14+P1-1,) (paragrafo 41 sopra): certe lagnanze formulate dal Sig. H. dopo come prima della decisione del 4 aprile 1974 e con o senza riferimento espresso all'articolo 14 (art. 14,)sollevano la domanda di una differenza arbitraria di trattamento.
Gli elementi di cui dispone la Corte non rivelano tuttavia che l'interessato abbia subito una discriminazione nel godimento della sua libertà di espressione e del suo diritto di proprietà. In particolare, non mostrano che lo si abbia osteggiato in ragione dei suoi orientamenti politici,p(aragrafo 52 sopra). Egli non asserisce inoltre che le pubblicazioni e spettacoli pornografici che hanno beneficiato secondo lui di un'estrema tolleranza nel Regno Unito si rivolgevano, come lo Schoolbook, ai bambini ed adolescenti che vi avevano comodamente accesso (paragrafo 56 sopra). Infine, non risulta dai documenti della pratica che le misure adottate contro il richiedente ed il lavoro si siano scostate da altre decisioni, prese in casi simili, al punto da costituire un diniego di giustizia o un abuso manifesto (sentenza Engel ed altri del 8 giugno 1976, serie A no 22, p. 42, paragrafo 103).
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 50 (ART. 50) DELLA CONVENZIONE,
67. Non avendo rilevato nessuna violazione del Protocollo no 1 (P1) né della Convenzione, la Corte constata che la domanda dell'applicazione dell'articolo 50 (art. 50) non si ponenello specifico.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce (per tredici voci contro una) che non c'è stata violazione dell'articolo 10, art. 10, della Convenzione,;
2. Stabilisce (all'unanimità) che vi è stata violazione né dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) né degli articoli 14 e 18 (art. 14, art. 18) della Convenzione.
Reso in francese ed in inglese, il testo francese facente fede, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo, il sette dicembre mille nove cento settantasei.
Giorgio Balladore Pallieri
Presidente
Marc-André Eissen
Cancelliere
Alla presente sentenza si trova unito, conformemente all'articolo 51 paragrafo 2 (art. 51-2) della Convenzione ed all'articolo 50 paragrafo 2 dell'ordinamento, l'esposizione delle opinioni separate dei giudici Mosler e Zekia.
G. B.P.
SIG. - A.E.
OPINIONE SEPARATA DEL GIUDICE MOSLER
1. Mi scosto del ragionamento della Corte su un solo punto, ma così decisivo per la domanda di sapere se c'è o meno violazione nello specifico che la mia opinione su questa questione marginale mi ha costretto di votare contro il paragrafo 1 del dispositivo della sentenza. Non sono convinto che le misure adottate dalle autorità britanniche, ivi compreso la sentenza delle Sessioni Inner London Quarter, erano "necessarie", al senso dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) per raggiungere il loro scopo: la protezione della morale. Il capoverso 2 dell'articolo 10 (art. 10-2) permette agli Stati di assoggettare alle restrizioni e sanzioni l'esercizio del diritto di ogni persona alla libertà di espressione solo se costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, a certi fini considerati come le eccezioni legittime al diritto garantito dal capoverso 1 (art. 10-1) tra le quali la protezione della morale, scopo invocato dal Governo. Se manca uno degli elementi di cui la riunione abilita lo stato ad avvalersi dell'eccezione al diritto alla libertà di espressione, il capoverso 2 (art. 10-2,) non si applica ed il diritto dell'individuo deve essere rispettato senza nessuna ingerenza. Ora il modo in cui interpreto il termine "necessario" e ne concepiscono l'applicazione alle misure controverse è, in parte, non conforme al parere della Corte. Così di conseguenza arriva il mio voto negativo dunque sebbene approvo interamente gli altri punti dei motivi della sentenza ed in particolare le opinioni espresse su certe domande di principio concernenti la portata della Convenzione rispetto all'ordine interno degli Stati e la definizione di certi elementi dei diritti garantiti così come delle eccezioni permesse.
Per non lasciare nessuno dubbio sul mio accordo col parere della Corte sia che continui una giurisprudenza già cominciata, sviluppandola in modo più precisa, o che prenda per la prima volta delle posizioni ben definite, vorrei sottolineare che aderisco in particolare ai passaggi relativi alla libera qualifica dei fatti da parte della Corte (paragrafo 41), alle competenze rispettive della Corte e delle autorità nazionali, problema del "margine di valutazione" – (cf., tra altri, il paragrafo 50, ed all'esame delle misure destinate a proteggere la morale in una società democratica (cf). in particolare il paragrafo 48).
2. Le misure inflitte al richiedente inseguivano un scopo legittimo dunque. Erano prese in virtù di una legislazione che non si presta a critica sotto l'angolo dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2). Nessuno contesta la loro conformità a questa legislazione. Erano, al senso della Convenzione, "prevista dalla legge".
Il controllo della Corte non vi si può fermarsi tuttavia. Siccome i criteri dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) costituiscono delle nozioni autonome (cf). da ultimo, mutatis mutandis, la sentenza Engel ed altri del 8 giugno 1976, serie A no 22, p. 34, paragrafo 81) la Corte ha per compito di ricercare al tempo stesso se era "necessario", per le autorità nazionali, di servirsi del mezzo adoperato da esse per raggiungere lo scopo e se hanno superato il margine nazionale di valutazione, arrivando ad una violazione dello standard comune garantito da una nozione autonoma.
Il "necessario" non è sinonimo dell'indispensabile (paragrafo 48 della sentenza). Simile definizione sarebbe troppo stretta e non corrisponderebbe all'uso di questo termine in dritto interno. Da un altro lato, la misura deve essere adeguata certamente per raggiungere lo scopo. Tuttavia, il solo fatto che una misura si rivela inefficace perché non raggiunge il suo scopo non permette di considerarla come non adeguata e, di conseguenza, come non "necessaria." Il difetto di successo dopo non può privare della sua base legale una misura che poteva riuscire nelle circostanze più favorevoli, se in condizioni normali aveva delle probabilità di essere efficace.
La più grande parte della prima edizione del libro ha circolato senza ostacoli. Solo la distribuzione di meno del 10% della tiratura è stata impedita dalle misure adottate dalle autorità competenti e è stata confermata dalle Sessioni. Inner London Quarter Il resto, o circa il 90%, ha raggiunto il pubblico, ivi compreso probabilmente, in un larga misura, gli adolescenti che si voleva proteggere (cf. l'arringa del Sig. Thornberry all'udienza del 7 giugno 1976). Le misure che mirano il richiedente sono state così poco coronate da successo che le si deve considerare come inefficaci rispetto allo scopo perseguito dunque. La gioventù non è stata protetta praticamente contro l'influenza del libro che le autorità, agendo nel loro margine legittimo di valutazione, avevano qualificato come di natura tale da "depravarla e corrompere."
L'inefficacia delle misure non impedirebbe per nulla di stimarle adeguate se fosse stata dovuta alle circostanze indipendenti dall'influenza e del controllo delle autorità. Tale non è stato però il caso. Non si può presumere certamente che le misure non sono state prese in buona fede e con la volontà reale di impedire la circolazione del libro. Soprattutto, la sentenza accuratamente motivata dalle Sessioni Inner London Quarter vieta una tale supposizione. Dall’altra parte e da un punto di vista obiettivo, le misure effettivamente adottate contro la circolazione del libro non potevano raggiungere mai il loro scopo senza essere corredate da altre misure dirette contro i 90% della tiratura. Ora niente nella pratica, ed in particolare nelle arringhe delle parti a confronto, mostra che si sia provato ad agire così.
Sotto l'angolo dell'articolo 10 paragrafo 2 8art. 10-2) bisogna considerare come un tutto l'azione compiuta dalle autorità a certi riguardi e l'inoperosità nella quale sono rimaste ad altri. Lo scopo, legittimo secondo l'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) consistendo nel restringere la libertà di espressione per proteggere la morale dei giovani contro il "Piccolo libro rosso", è uno ed indivisibile. L'effetto prodotto tanto dall'azione delle autorità che dalla loro inoperosità deve essere imputato allo stato britannico. Questo è responsabile dell'applicazione di misure che non erano adeguate rispetto allo scopo ricercato perché miravano solamente una piccola parte del fatto incriminato senza avere riguardo agli altri.
Le misure scelte dalle autorità erano dunque, per natura, inadatte.
Si deve esaminare inoltre certi fatti concomitanti.
Trascuro il fatto, ad ogni apparenza non contestato tra lo stato, la Commissione ed i richiedenti, che le pubblicazioni molto "più oscene" del "Little Red Schoolbook" erano comodamente accessibili a chiunque nel Regno Unito. Supponendolo esatto, questo fatto non impedisce alle autorità di ricorrere alle misure proibitive contro un libro che si rivolge specialmente agli scolari.
In compenso, la diversità dei comportamenti adottati in differenti regioni del Regno Unito (paragrafo 19 della sentenza) ispira ai dubbi sulla necessità delle misure prese a Londra. Certo, la Convenzione non obbliga gli Stati contraenti a legiferare in modo uniforme per l'insieme del territorio che dipende dalla loro giurisdizione. Nemmeno li costringe a fare in modo che il livello di protezione garantita da lei sia mantenuto su tutta la superficie di questo territorio. Nell'occorrenza, si spiega male che una misura non essendo passata affatto per necessaria all'infuori dell'Inghilterra e del Galles sia stata giudicata tale a Londra.
Resta da rispondere alla domanda di sapere se l'applicazione delle misure controverse, non adeguate da un punto di vista obiettivo, era coperta dal margine lasciato agli organi nazionali per scegliere tra diverse misure che tendono ad un scopo legittimo e per valutarne l'efficacia possibile. A mio parere, la risposta deve essere negativa in ragione della sproporzione manifesta tra le parti della tiratura soggette a suddette misure e quelle la cui circolazione non fu ostacolata. Probabilmente l'azione condotta ha avuto per risultato di punire il Sig. H. conformemente alla legge, ma questo effetto non giustifica in sé delle misure che non erano propri a proteggere i giovani contro la lettura del libro.
3. La conclusione si impone che l'azione controversa non era "necessaria", al senso dell'articolo 10 paragrafo 2 (art. 10-2) rispetto allo scopo perseguito. Una tale misura non è coperta dalle eccezioni che soffrono la libertà di espressione, anche se lo scopo è perfettamente legittimo e se la qualifica di ciò che è giuridico in una società democratica è restata nella cornice del margine di valutazione dello stato.
Il diritto consacrato all'articolo 10 paragrafo 1 (art. 10-1) è di così alto valore per ogni società democratica che il criterio della necessità, giustificando in combinazione con altri criteri un'eccezione al principio, deve essere esaminato sotto tutti gli aspetti che le circostanze suggeriscono.
È per questa sola ragione che ho votato, a malincuore, contro il paragrafo 1 del dispositivo. In quanto al paragrafo 2, concernente l'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1, e due altri articoli) ho raggiunto la maggioranza perché ero legato dalla decisione precedente relativa all'articolo 10 (art. 10) e che ho potuto perfettamente unirmi, su questa base, ai motivi della Corte.
OPINIONE SEPARATA DEL GIUDICE ZEKIA
(Traduzione)
Concludendo che la confisca e la distruzione della matrice e di esemplari del "Piccolo libro rosso" non hanno contravvenute all'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), la Corte ha dichiarato ciò che segue al paragrafo 63:
"63. La confisca e la distruzione dello Schoolbook, hanno privato definitivamente il richiedente della proprietà di certi beni. Si trovavano però autorizzate dal secondo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), interpretato alla luce del principio di diritto, comune agli Stati contraenti, in virtù del quale sono confiscate in vista della loro distruzione le cose il cui uso è stato giudicato regolarmente illecito e pericoloso per l'interesse generale".
Ammetto che il secondo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) entra in fila di conto per l'esame della regolarità del sequestro della matrice e di centinaia di esemplari dello Schoolbook, praticato il 31 marzo e 1 aprile 1971. Parla del diritto che ha lo stato di regolamentare l'uso dei beni se l'interesse generale lo comanda. Sotto riserva del rispetto delle condizioni che enuncia, riguarda il diritto dello stato di intromettersi nei diritti di possesso del proprietario, libero di servirsi dei suoi beni nel modo per tutto il tempo che pari uso non va contro la legge.
Il sequestro controverso ha avuto luogo in esecuzione di un mandato rilasciato da un giudice in virtù dell'articolo 3 delle leggi del1959/1964 sulle pubblicazioni oscene. Ora un sequestro può tendere fortemente ad impedire di compiere o preparare una violazione legata alla protezione della morale, o ad assicurarsi di un oggetto in vista della sua produzione in giustizia a titolo di corpo del reato o anche di corpus delicti. Alcuni perseguimenti possono cadere su un tale oggetto di cui il sequestro da parte di una persona qualificata non ha niente di riprovevole dunque.
Dopo il processo di prima istanza, il tribunale inglese competente ha ordinato il 1 luglio 1971, in applicazione della clausola pertinente alle leggi precitate, la confisca della matrice e degli esemplari già sequestrati. Avendo confermato la giurisdizione di appello questa ordinanza il 29 ottobre 1971, gli esemplari ed oggetti già confiscati sono stati distrutti.
Ai miei occhi, il primo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) suscita meglio di ogni altro paragrafo del Protocollo (P1) il controllo della regolarità dell'ordinanza di confisca e di distruzione degli oggetti di cui si tratta. Ha tratto alle privazioni di proprietà. Ora la confisca e la distruzione di un oggetto che appartiene ad altri ne costituiscono certamente una. In quanto alle altre esigenze da cui dipende la regolarità da simile privazione, le leggi che autorizzano confisca e distruzione non mi sembrano incompatibili con le clausole pertinenti della Convenzione. La protezione della morale risponde indubbiamente all'utilità pubblica e le condizioni alle quali le leggi suddette, subordinano confisca e distruzione è stata osservata.
Quindi, stimo più adeguato di fondare sul primo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) la regolarità della confisca e della distruzione incriminata. Per precisare la mia interpretazione, mi basta appoggiarmi sulla formula di questo paragrafo e di assegnare il loro senso ordinario ai termini che figurano.
CAUSA GOLDER C. REGNO UNITO
CAUSA ENGEL ED ALTRI C. PAESI BASSI
SENTENZA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
SENTENZA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
SENTENZA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
OPINIONE SEPARATA DI M. IL GIUDICE MOSLER
SENTENZA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
OPINIONE SEPARATA DI M. IL GIUDICE MOSLER
SENTENZA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
OPINIONE SEPARATA DI M. IL GIUDICE ZEKIA
SENTENZA HANDYSIDE C. REGNO UNITO
OPINIONE SEPARATA DI M. IL GIUDICE ZEKIA