SECONDA SEZIONE
CAUSA HAMRAOUI C. ITALIA
( Richiesta no 16201/07)
SENTENZA
STRASBURGO
24 marzo 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Hamraoui c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 16201/07) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino tunisino, il Sig. K. B. B. H. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 2 novembre 2006 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da S. C. e B. Sig., avvocati a Milano. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce che il collocamento in esecuzione della decisione di espellerlo verso la Tunisia violerebbe gli articoli 3 e 2 della Convenzione.
4. Il 23 ottobre 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull'ammissibilità e sul merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1977 e ha risieduto a Brescia.
A. La condanna del richiedente per terrorismo
6. Il 1 aprile 2003, il richiedente, sospettato di appartenenza ad un'associazione di malviventi legati ai gruppi islamici integralisti e di assistenza all'immigrazione clandestina, fu arrestato e collocato in detenzione provvisoria.
7. Con una sentenza del 13 luglio 2005, depositata l’ 11 novembre 2005, il giudice dell'udienza preliminare ("il GUP") di Brescia considerò il richiedente colpevole del primo capo di imputazione e lo condannò ad una pena di tre anni e quattro mesi di detenzione. Era precisato nel giudizio che dopo avere scontato la sua pena, il richiedente sarebbe stato espulso dal territorio italiano. Difatti, ai termini dell'articolo 235 del codice penale ("il CP"), quando uno straniero viene condannato ad una pena di più di due anni di detenzione, il giudice ordina la sua espulsione.
8. Questa condanna fu confermata in appello con una sentenza della corte d’assise d’appello di Brescia resa il 16 giugno 2006.
9. Il 16 novembre 2005, il giudice delle investigazioni preliminari, facendo diritto ad un’istanza del richiedente, lo assegnò nel frattempo, a domicilio in un centro religioso.
10. Il 16 ottobre 2006, il richiedente ricorse in Cassazione. In una data non precisata, la Corte di cassazione confermò la sentenza della corte di appello. Il testo di questa decisione non è stato prodotto dinnanzi alla Corte.
11. Il 15 marzo 2007, il richiedente chiese la concessione dello statuto di profugo. In una data che non è stata precisata, suddetta istanza fu respinta dalla Commissione competente per i profughi.
12. Il richiedente teme di potere essere espulso in ogni momento in esecuzione dell'ordine contenuto nel giudizio del GUP di Brescia del 13 luglio 2005, e confermato dalla corte d’assise d’appello di Brescia.
13. Su richiesta del richiedente, la presidentessa della seconda sezione ha deciso, il 17 aprile 2007, di indicare al governo italiano, in applicazione dell'articolo 39 precitato, che era auspicabile, nell'interesse delle parti e del buon svolgimento del procedimento dinnanzi alla Corte, di non espellere il richiedente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. Ha chiamato l'attenzione del Governo sul fatto che, quando un Stato contraente non si conforma ad una misura indicata a titolo dell'articolo 39 dell'ordinamento, ciò può provocare una violazione dell'articolo 34 della Convenzione (vedere Mamatkoulov ed Askarov c. Turchia [GC], i nostri 46827/99 e 46951/99, §§ 128-129 e punto 5 del dispositivo, CEDH 2005-I).
B. Le assicurazioni diplomatiche ottenute dalle autorità italiane
14. Il 29 agosto 2008, l'ambasciata dell'Italia a Tunisi indirizzò al ministero tunisino delle Cause estere la nota verbale (no 3124) seguente:
"L'ambasciata dell'Italia presenta i suoi complimenti al ministero delle Cause Estere e si riferisce alle sue proprie note verbali no 2738 del 21 luglio e no 2911 del 6 agosto scorsi ed alla visita in Tunisia della delegazione tecnica dei rappresentanti dei ministeri italiani dell'interno e della Giustizia, tenutasi il 24 luglio scorso, concernente un esame dei procedimenti da seguire a proposito dei ricorsi pendenti della Corte europea dei diritti dell'uomo, presentato dai cittadini tunisini, che sono stati o che potrebbero essere oggetto di decreti di espulsione.
L'ambasciata dell'Italia ringrazia il ministero delle Cause Estere per la nota verbale DGAC no 011998 del 26 agosto scorso e tramite questo il ministero della Giustizia e dei diritti dell'uomo per la concreta collaborazione espressa per il caso del Sig. E. S. B. K..
Conformemente a ciò che era stato convenuto all'epoca della riunione del 24 luglio, le autorità italiane hanno l'onore di sottoporre qui di seguito tramite via diplomatica la loro richiesta di elementi addizionali specifici che si rivelano necessari nel contenzioso in corso dinnanzi alla Corte di Strasburgo tra l'Italia ed i cittadini tunisine citati qui sotto: (...)
A questo effetto, l'ambasciata dell'Italia ha l'onore di chiedere al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente investire le autorità tunisine competenti affinché possano fornire tramite via diplomatica le assicurazioni specifiche su ciascuno di questi ricorrenti che si riferiscono ai seguenti argomenti:
- in caso di espulsione verso la Tunisia del ricorrente le cui generalità saranno specificate, non sarà sottomesso a torture né a pene o trattamenti disumani o degradanti;
- che possa essere giudicato da un tribunale indipendente ed imparziale, secondo i procedimenti che, nell'insieme, saranno conformi ai principi di un processo equo e pubblico;
- che possa, durante la sua detenzione, ricevere le visite dei suoi avvocati ivi compreso quello italiano che lo rappresenta nel processo dinnanzi alla Corte di Strasburgo, così come dei membri della sua famiglia e di un medico.
Poiché la scadenza per la presentazione delle osservazioni del governo italiano a Strasburgo per suddetto caso è fissata al 19 settembre prossimo, l'ambasciata dell'Italia sarebbe grata al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente farle giungere al più presto gli elementi richiesti, fondamentali per la strategia della difesa del governo italiano e suggerisce che la Sig.ra C., primo segretario [dell'] ambasciata, possa recarsi al ministero della Giustizia e dei diritti dell'uomo per fornire ogni delucidazione opportuna.
L'ambasciata dell'Italia sarebbe inoltre grata al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente verificare se le autorità tunisine competenti giudicano opportuno che il governo tunisino partecipi, per suddetto ricorso, ai procedimenti dinnanzi alla Corte di Strasburgo, in quanto terzo, e questo, conformemente agli articoli 36 [della Convenzione], 44 dell'ordinamento della Corte [e] A1 paragrafo 2 dell'allegato all'ordinamento.
L'ambasciata dell'Italia ringrazia in anticipo il ministero delle Cause Estere per l'attenzione che sarà riservata alla presente nota ed coglie l'occasione per rinnovargli le assicurazioni della sua alta considerazione. "
L'ambasciata dell'Italia ringrazia in anticipo il ministero delle Cause Estere per l'attenzione che sarà riservata alla presente nota ed investe l'occasione per rinnovargli le assicurazioni della sua alta considerazione. "
15 Il 5 novembre 2008, le autorità tunisine fecero pervenire la loro risposta, firmata dall'avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali. Nelle sue parti pertinenti, questa risposta si legge come segue:
"Nella sua nota verbale in data del 29 agosto 2008, come completata dalla sua nota verbale datata del 4 settembre 2008, l'ambasciata dell'Italia a Tunisi ha sollecitato, dalle autorità tunisine, le assicurazioni, qui di seguito enumerate, concernente i cittadini tunisino H. [ed altri] nel caso dovessero essere espulsi verso la Tunisia.
(...)
III. Concernente i denominati H., conviene, prima di tutto, precisare che sono oggetto di giudizi in contumacia per violazioni terroristiche.
Se gli interessati [vengono] espulsi verso la Tunisia, saranno, fin dal loro arrivo in Tunisia, presentati ad un giudice. Potranno esercitare allora il loro diritto di opposizione, essendo sentito che l'ammissibilità dell'opposizione nella forma ha per conseguenza, in applicazione dell'articolo 182 del codice di procura penale, di annientare i giudizi attaccati e di permettere loro di essere giudicati di nuovo e di presentare i mezzi di difesa che giudicano utili.
All'epoca della loro comparizione dinnanzi al giudice, gli interessati beneficeranno obbligatoriamente dell'assistenza di avvocati di loro scelta. Se si rivela che non ne hanno i mezzi, degli avvocati saranno commessi loro d’ufficio a spese dello stato. Il giudice ordinerà in seguito o la liberazione degli imputati o il loro arresto. Godranno, per tutto il loro processo, dell'insieme delle seguente garanzie:
1. La garanzia del rispetto della dignità degli interessati:
Il rispetto della dignità degli interessati è garantito, la sua origine risiede nel principio del rispetto della dignità di ogni persona qualunque sia lo stato in cui si trova, principio fondamentale riconosciuto dal diritto tunisino e garantito per ogni persona e più particolarmente per i detenuti il cui statuto è regolamentato minuziosamente.
È a questo riguardo utile ricordare che l'articolo 13 della Costituzione tunisina dispone nel suo capoverso 2 che "ogni individuo che ha perso la sua libertà è trattato umanamente, nel rispetto della sua dignità ."
La Tunisia ha ratificato peraltro senza nessuna riserva la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ha riconosciuto così la competenza del comitato contro la tortura per ricevere ed esaminare le comunicazioni presentate da o per conto di individui che dipendono dalla sua giurisdizione che pretendono essere vittime di violazione delle disposizioni della Convenzione (ratifica con la legge no 88-79 del 11 luglio 1988. Gazzetta ufficiale della Repubblica tunisina no 48 del 12-15 luglio 1988 (pagina 1035).
Le disposizioni di suddetta Convenzione sono state trasposte in diritto interno, l'articolo 101 bis del codice penale definisce la tortura come "ogni atto con cui un dolore o delle sofferenze acute, fisiche o mentali, sono inflitte intenzionalmente in particolare ad una persona ai fini di ottenere da lei o da una terza persona delle informazioni o delle confessioni, di punirla di un atto che lei o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, di intimidirla o di fare pressione su una terza persona, o quando il dolore o le sofferenze acute sono inflitte per ogni altro motivo fondato su una forma di discriminazione [qualunque] sia."
Il legislatore ha contemplato delle pene severe per questo genere di violazioni, così l'articolo 101 bis sopra citato dispone che è punito con una detenzione di otto anni il funzionario o assimilato che sottopone una persona alla tortura e questo, nell'esercizio o in occasione dell'esercizio delle sue funzioni."
È da segnalare che la custodia preventiva è, secondo l'articolo 12 della Costituzione, sottoposta al controllo giudiziale e che si può procedere al carcere preventivo solo su ordine giurisdizionale. È vietato sottoporre chiunque ad una detenzione arbitraria. Parecchi garanzie accompagnano il procedimento della custodia preventiva e tendono a garantire il rispetto dell'integrità fisica e morale del detenuto tra cui in particolare:
- Il diritto della persona in custodia preventiva di informare, fin dal suo arresto, i membri della sua famiglia.
- Il diritto di chiedere durante il termine della custodia preventiva o alla sua scadenza di essere sottomessi ad un esame medico. Questo diritto può essere esercitato all'occorrenza dai membri della famiglia.
- La durata del carcere preventivo è regolamentata, il suo prolungamento è eccezionale e deve essere motivato dal giudice.
C'è luogo anche di notare che [la] legge del 14 maggio 2001 relativa all'organizzazione delle prigioni dispone nel suo articolo primo che ha per obiettivo di regolare "le condizioni di detenzione nelle prigioni preventiva di garantire l'integrità fisica e morale del detenuto, di prepararlo alla vita libera e di aiutare al suo reinserimento. "
Questo dispositivo legislativo è rinforzato dal collocamento in posto di un sistema di controllo destinato a garantire il rispetto effettivo della dignità dei detenuti. Si tratta di parecchi tipi di controlli effettuati da diversi organi ed istituzioni:
- C'è da prima un controllo giudiziale assicurato dal giudice di esecuzione delle pene tenuto, secondo i termini dell'articolo 342-3 del codice di procedura penale tunisino, [a] visitare la struttura penitenziaria che dipende dalla sua giurisdizione per prendere cognizione delle condizioni dei detenuti, queste visite sono in pratica effettuate in media nell’ordine di due volte alla settimana.
- C'è poi il controllo effettuato dal comitato superiore dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il presidente di questa istituzione nazionale indipendente può effettuare delle visite inopinate alle strutture penitenziarie per informarsi dello stato e delle condizioni dei detenuti.
- C'è anche il controllo amministrativo interno effettuato dai servizi dell'ispezione generale del ministero della Giustizia e dei diritti dell'uomo e l'ispezione generale che dipende dalla direzione generale delle prigioni e della rieducazione. È da notare in questa cornice che l'amministrazione penitenziaria dipende dal ministero della Giustizia e che gli ispettori di suddetto ministero sono dei magistrati di formazione il che costituisce una garanzia supplementare di un controllo rigoroso delle condizioni di detenzione.
- Bisogna segnalare infine che il comitato internazionale della Croce Rossa è abilitato dal 2005 ad effettuare delle visite nei luoghi di detenzione, prigioni e locali della polizia abilitati ad accogliere dei detenuti tenuti in custodia preventiva. Al termine di queste visite dei rapporti dettagliati vengono stabiliti e degli incontri vengono organizzati dai servizi riguardati per mettere in opera le raccomandazioni formulate dal comitato sullo stato dei detenuti.
Le autorità tunisine ricordano che non esitano ad indagare su tutte le affermazioni di tortura ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che un atto di maltrattamenti è stato commesso. Si citeranno a delucidazione due esempi: il primo riguarda tre agenti dell'amministrazione penitenziaria che hanno maltrattato un detenuto, a seguito di un'inchiesta aperta per questo motivo i tre agenti sono stati deferiti dinnanzi alla giustizia e sono stati condannati ciascuno a quattro anni di detenzione con una sentenza della corte di appello di Tunisi resa il 25 gennaio 2002.
-Il secondo esempio riguarda un agente di polizia che è stato perseguito per percosse e lesioni volontarie e che è stato condannato a 15 anni di detenzione con una sentenza resa dalla corte di appello di Tunisi il 2 aprile 2002.
Questi due esempi dimostrano che le autorità tunisine non tollerano nessuno maltrattamenti e non esitano ad impegnare i perseguimenti necessari contro gli agenti dell'applicazione della legge ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che atti di tale natura [sono] stati commessi.
Alcuni casi di condanna per maltrattamenti sono stati segnalati nel rapporto presentato dalla Tunisia dinnanzi al Consiglio dei diritti dell'uomo e dinnanzi al Comitato dei diritti dell'uomo denotando così la politica di volontà dello stato di perseguire e reprimere ogni atto di tortura o di maltrattamenti, il che è di natura tale da confutare ogni affermazione di violazione sistematica dei diritti dell'uomo.
In conclusione, è evidente che:
- Se H. [e le altre persone riguardate vengono] espulsi verso la Tunisia, saranno presentati ad un giudice e beneficeranno dell'assistenza di un avvocato.
- Gli interessati potranno esercitare il loro diritto di opposizione contro i giudizi resi a loro carico. L'ammissibilità dell'opposizione ha per effetto di annientare tutti gli effetti dei giudizi e le cause saranno giudicate di nuovo.
- L'autorità giudiziaria competente o la liberazione o l’arresto degli interessati..
- Ad ogni modo, gli interessati beneficeranno di tutte le garanzie offerte loro dalla legislazione tunisina di natura tale da conferire loro tutta la protezione necessaria contro ogni forma di abuso.
2. La garanzia di un processo equo agli interessati:
Se essi [vengono] espulsi in Tunisia, gli interessati beneficeranno in particolare di procedimenti di perseguimento, di istruzione e di giudizio che offrono tutte le garanzie necessarie ad un processo equo,:
- Il rispetto del principio della separazione tra le autorità di perseguimento, di istruzione e di giudizio.
- L'istruzione in materia di crimini è obbligatoria. Ubbidisce al principio del doppio grado di giurisdizione (giudice istruttore e camera di accusa).
- Le udienze di giudizio sono pubbliche e rispettano il principio del contraddittorio.
- Ogni persona sospettata di crimine ha obbligatoriamente diritto all'assistenza di uno o parecchi avvocati. Gliene viene, all'occorrenza, commesso uno d’ufficio e gli oneri sono sopportati dallo stato. L'assistenza dell'avvocato prosegue durante tutte le tappe del procedimento: istruzione preparatoria e fase di giudizio.
- L'esame dei crimini è di competenza dei corsi criminali che sono formati dai cinque magistrati, questa formazione allargata rinforza le garanzie dell'imputato.
- Il principio del doppio grado di giurisdizione in materia criminale è consacrato dal diritto tunisino. Il diritto di fare appello ai giudizi di condanna è dunque un diritto fondamentale per l'imputato.
- Nessuna condanna può essere resa se non sulla base di prove solide che sono state oggetto di dibattimenti contraddittori dinnanzi alla giurisdizione competente. Anche la confessione dell'imputato non è considerata come una prova determinante. Questa posizione è stata confermata dalla sentenza della Corte di cassazione tunisina no 12150 del 26 gennaio 2005 con cui la Corte ha affermato che la confessione estorta con violenza è nulla e non avvenuta e questo, in applicazione dell'articolo 152 del codice di procedura penale che dispone che: "la confessione, come ogni elemento di prova, è lasciata alla libera valutazione dei giudici." Il giudice deve dunque valutare tutte le prove che gli sono presentate per decidere della forza probante da conferire a dette prove secondo la sua intima convinzione.
3. La garanzia del diritto di ricevere delle visite:
Se l'arresto degli interessati [viene] decisa dall'autorità giudiziale competente, beneficeranno dei diritti garantiti ai detenuti dalla legge del 14 maggio 2001 relativa all'organizzazione delle prigioni. Questa legge consacra il diritto di ogni prevenuto a ricevere la visita dell'avvocato incaricato della sua difesa, senza la presenza di un agente della prigione così come la visita dei membri delle loro famiglie. Se il loro arresto [viene] deciso, gli interessati godranno di questo diritto conformemente alla regolamentazione, in vigore e senza restrizione nessuna.
Concernente la domanda di visita degli interessati da parte degli avvocati che li rappresentano nel procedimento in corso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, le autorità tunisine osservano che tale visita non può essere autorizzata in mancanza di convenzione o di cornice legale interna che l'autorizzi.
Difatti la legge relativa alle prigioni determina le persone abilitate ad esercitare questo diritto: si tratta in particolare dei membri della famiglia del detenuto e del suo avvocato tunisino.
La Convenzione di aiuto giudiziale concluso tra la Tunisia e l’Italia il 15 novembre 1967 non contempla la possibilità per gli avvocati italiani di rendere visita ai detenuti tunisini. Tuttavia gli interessati potranno, se lo desiderano, incaricare degli avvocati tunisini di loro scelta [di] rendere loro visita e di procedere, coi loro omologhi italiani, al coordinamento delle loro azioni nella preparazione degli elementi della loro difesa dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
4. La garanzia del diritto di beneficiare delle cure mediche:
La legge precitata relativa all'organizzazione delle prigioni dispone che tutto detenuto ha diritto alla gratuità delle La legge precitata relativa all'organizzazione delle prigioni dispone che ogni detenuto ha diritto alla gratuità delle cure e dei medicinali dentro alle prigioni e, a difetto, nella struttura ospedaliera. Inoltre, l'articolo 336 del codice di procedura penale autorizza il giudice di esecuzione delle pene a sottoporre il condannato ad esame medico.
Se l'arresto degli interessati [viene] deciso, saranno sottoposti ad esame medico fin dalla loro ammissione nell'unità penitenziaria. Potranno, d’altra parte, beneficiare ulteriormente di un seguito medico nella cornice di esami periodici. In conclusione, gli interessati beneficeranno di un seguito medico regolare come ogni detenuto e non c'è luogo per questo fatto di autorizzare il loro esame da parte di un altro medico.
Le autorità tunisine reiterano la loro volontà di cooperare pienamente con la parte italiana fornendole tutte le informazione ed i dati utili alla sua difesa nel procedimento in corso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo."
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
16. I ricorsi che è possibile formare contro un'ordinanza di espulsione in Italia e le regole che disciplinano la riapertura di un processo in contumacia in Tunisia sono descritti in Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, §§ 58-60, 28 febbraio 2008).
III. TESTI E DOCUMENTI INTERNAZIONALI
17. Si trova nella sentenza Saadi precitata una descrizione dei testi, documenti internazionali e sorgenti delle seguenti informazioni: l'accordo di cooperazione in materia di lotta contro la criminalità firmato dall'Italia e Tunisia e l'accordo di associazione tra la Tunisia, l'unione europea ed i suoi Stati membri, (§§ 61-62),; gli articoli 1, 32 e 33 della Convenzione delle Nazioni unite del 1951 relativi allo statuto dei profughi (§ 63); le linee direttive del Comitato dei Ministri del Consiglio dell'Europa (§ 64); i rapporti relativi alla Tunisia di Amnesty Internazionale (§§ 65-72) e di Human Rights Watch (§§ 73-79); le attività del Comitato internazionale della Croce Rossa (§§ 80-81); il rapporto del Dipartimento di stato americano relativo ai diritti dell'uomo in Tunisia (§§ 82-93); le altre sorgenti di informazione relative al rispetto dei diritti dell'uomo in Tunisia (§ 94).
18. Dopo l'adozione della sentenza Saadi, Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto annuo 2008. Le parti pertinenti della sezione di questo rapporto consacrato alla Tunisia sono riferite in Ben Khemais c. Italia, no 246/07, § 34,... 2009.
19. Nella sua risoluzione 1433(2005) relativa alla legalità della detenzione di persone da parte degli Stati Uniti a Guantanamo Bay, l'assemblea parlamentare del Consiglio dell'Europa ha chiesto al governo americano, tra l’altro, "di non rinviare o trasferire i detenuti basandosi su delle "assicurazioni diplomatiche" di paesi conosciuti per ricorrere sistematicamente alla tortura ed in ogni caso se la mancanza di rischio di maltrattamento non è fermamente stabilita."
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 2 E 3 DELLA CONVENZIONE
20. Il richiedente considera che l'esecuzione della sua espulsione l'esporrebbe ad un rischio di trattamenti contrari agli articoli 2 e 3 della Convenzione. Queste disposizioni si leggono come segue:
Articolo 2
"1. Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge. La morte non può essere inflitta a chiunque intenzionalmente, salvo in esecuzione di una sentenza capitale pronunziata da un tribunale nel caso in cui il reato sia punito con questa pena per legge.
2. La morte non è considerata come inflitta in violazione di questo articolo nei casi in cui risultasse da un ricorso alla forza reso assolutamente necessario:
a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale;
b) per effettuare un arresto regolare o per impedire regolarmente l'evasione di una persona detenuta;
c) per reprimere, conformemente alla legge, una sommossa o un'insurrezione. "
Articolo 3
"Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. "
21. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Sull'ammissibilitÃ
1. L'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo
22. Il Governo eccepisce innanzitutto della non-esaurimento delle vie di ricorso interne, arguendo che il richiedente non ha sollevato nei suoi mezzi di appello né nel suo ricorso in cassazione nessun motivo di appello in materia di espulsione. Inoltre, non avrebbe investito le giurisdizioni amministrative per ottenere la sospensione dell'esecuzione dell’espulsione.
23. Il richiedente sostiene al contrario che si è opposto alla sua espulsione nei suoi mezzi di appello e di ricorso in cassazione, dove ha chiesto l'annullamento della condanna pronunciata a suo carico, e dunque della misura che ne derivava.
24. La Corte osserva innanzitutto che l’espulsione del richiedente non si fonda su un'ordinanza ministeriale d’espusione, attaccabile in quanto tale dinnanzi al giudice amministrativo (vedere sopra paragrafo 16), ma sul dispositivo del giudizio del GUP di Brescia, confermato dalla corte d’assise d‘appello di Brescia (vedere sopra i paragrafi7 e 8). Nota che la misura di sicurezza che consiste nell’espulsione dal territorio italiano che hanno applicato le giurisdizioni nazionali, era, ai termini dell'articolo 235 del CP, una conseguenza automatica della condanna del richiedente. Per evitare tale misura di sicurezza, l'interessato avrebbe dovuto sottoporre degli argomenti miranti a convincere i giudici interni che la sua pena doveva essere ridotta a meno di due anni di detenzione. Ora, tali argomenti non riguardavano una violazione dei principi della Convenzione. Peraltro, il Governo non ha prodotto nessuno esempio che mostri che le affermazioni di rischio di sottomissione a trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione nel paese di destinazione potevano portare le giurisdizioni italiane a negare di applicare l'articolo 235 del CP.
25. Ne segue che l'eccezione preliminare del Governo non potrebbe essere considerata.
2. Altri motivi di inammissibilitÃ
26. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) Il richiedente
27. Il richiedente rinvia alle inchieste condotte da Amnesty International e dal Dipartimento di stato degli Stati Uniti dell'America che dimostrerebbero che in caso di espulsione verso la Tunisia, sarebbe esposto ad un rischio concreto e serio di violazione dei diritti garantiti dagli articoli 2 e 3 della Convenzione. Sottolinea che numerosi articoli di stampa denunciano la condizione dei detenuti politici e delle loro famiglie. Afferma che tutti i tunisini accusati in Italia di attività terroristiche hanno subito delle violenze e delle torture dopo il loro rimpatrio.
28. Il richiedente considera di fronte ai rischi seri ai quali sarebbe esposto in caso di espulsione, il semplice richiamo dei trattati sottoscritti dalla Tunisia non potrebbe bastare.
b) Il Governo,
29. Il Governo sottolinea che la Tunisia ha ratificato i principali strumenti internazionali in materia di protezione dei diritti dell'uomo, ivi compreso il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ricorda anche che nel 1995, la Tunisia ha firmato con l'unione europea un accordo di associazione in virtù del quale la questione del rispetto delle libertà fondamentali e dei principi democratici è un elemento di dialogo politico tra i firmatari. Sottolinea peraltro che le autorità tunisine permettono alla Croce Rossa internazionale di visitare le prigioni.
30. Secondo il Governo, si può presumere che la Tunisia non si scosterà dagli obblighi che gli spettano in virtù dei trattati internazionali.
31. In più, il sistema giuridico italiano contemplerebbe delle garanzie per l'individuo-ivi compresa la possibilità di ottenere lo statuto di profugo-che renderebbero "praticamente impossibile una repressione contraria alle esigenze della Convenzione."
32. Il Governo arguisce comunque che le affermazioni relative ad un pericolo di morte o al rischio di essere esposto a tortura o a trattamenti disumani e degradanti deve essere supportato da elementi di prova adeguati; e che nello specifico, il richiedente non ha né prodotto elementi precisi a questo riguardo né fornito spiegazioni dettagliate, ma che si è limitato a descrivere una situazione falsamente generalizzata in Tunisia. Le "sorgenti internazionali" citate dal richiedente sarebbero vaghe e non pertinenti, come gli articoli di stampa prodotti dall'interessato.
33. Il Governo rinvia alle assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine, in cui vede il risultato di un dialogo intergovernativo molto fruttuoso. Queste assicurazioni garantirebbero una protezione adeguata del richiedente contro il rischio di subire, in Tunisia, dei trattamenti vietati dalla Convenzione.
34. Sottolinea che le autorità tunisine hanno corredato suddette assicurazioni con una "lunga e rassicurante spiegazione, in fatto ed in diritto, delle ragioni per cui bisogna credere loro", e stima che la loro buona fede non dovrebbe essere messa in dubbio. Aggiunge che si è potuto verificare il rispetto effettivo di queste assicurazioni all'epoca dei controlli del Comitato superiore dei diritti dell'uomo e della Croce Rossa, così come delle visite degli avvocati e dei prossimi del richiedente.
35. Secondo il Governo, l'impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di visitare il suo cliente se incarcerato in Tunisia si spiega col fatto che questo Stato non ha aderito alla Convenzione. Sarebbe dunque ragionevole non permettere le visite di avvocati esteri che operano fuori dalla cornice nazionale ed internazionale in cui si iscrive la Tunisia. A questo riguardo, il Governo osserva che l'interessato potrà , se lo desidera, dare mandato agli avvocati tunisini di sua scelta affinché procedano, in collaborazione con gli omologhi italiani, alla preparazione della sua difesa dinnanzi alla Corte.
36. Secondo il Governo, le assicurazioni date dalla Tunisia sono rassicuranti per ciò che riguarda la sicurezza ed il benessere del richiedente così come il rispetto del suo diritto ad un processo equo. Sottolineando che nella causa Saadi precitata, avendo la Corte stessa chiesto se tali assicurazioni erano state sollecitate ed ottenute, il Governo stima che, senza che ci sia questione di rimetterli in causa, i principi affermati dalla Grande Camera devono essere adattati alle particolari circostanze di fatto del caso specifico.
2. Valutazione della Corte
37. I principi generali relativi alla responsabilità degli Stati contraenti in caso di espulsione, agli elementi da considerare per valutare il rischio di esposizione a trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione ed alla nozione di "tortura" e di "trattamenti disumani e degradanti" è riassunta nella sentenza Saadi (precitata, §§ 124-136) in cui la Corte ha riaffermato anche l'impossibilità di mettere sulla bilancia il rischio di maltrattamenti ed i motivi invocati per l’espulsione per determinare se la responsabilità di un Stato è impegnata sul terreno dell'articolo 3 (§§ 137-141).
38. La Corte ricorda le conclusioni a cui è giunta nella causa Saadi precitata (§§ 143-146) che erano le seguenti:
- i testi internazionali pertinenti fanno stato di numerosi casi regolari di tortura e di maltrattamenti inflitti in Tunisia a persone sospettate o riconosciute colpevoli di terrorismo;
- questi testi descrivono una situazione preoccupante;
- le visite del Comitato internazionale della Croce Rossa nei luoghi di detenzione tunisina non possono dissipare il rischio di sottomissione a trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione.
39. La Corte non vede nello specifico nessuna ragione di ritornare su queste conclusioni che si trovano del resto confermate dal rapporto 2008 di Amnesty Internazionale relativo alla Tunisia (vedere sopra il paragrafo 17). Nota per di più che in Italia, il richiedente è stato accusato ed è stato condannato per terrorismo (vedere sopra i paragrafi6 e 8). Inoltre, risulta dalle informazione fornite dalle autorità tunisine che il richiedente è stato condannato in Tunisia per appartenenza, in tempo di pace, ad un'organizzazione terroristica (vedere sopra il paragrafo 14).
40. In queste condizioni, la Corte stima che nello specifico, dei fatti seri ed accertati giustifichino di concludere ad un rischio reale di vedere il richiedente subire dei trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione se venisse espulso verso la Tunisia (vedere, mutatis mutandis, Saadi, precitata, § 146. Resta da verificare se le assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine bastano ad allontanare questo rischio.
41. A questo riguardo, la Corte ricorda, primariamente, che l'esistenza di testi interni e l'accettazione di trattati internazionali che garantiscono, in principio, il rispetto dei diritti fondamentali non basta, da sola, a garantire una protezione adeguata contro il rischio di maltrattamenti quando, come nello specifico, delle sorgenti affidabili fanno stato di pratiche delle autorità -o tollerate o da queste -manifestamente contrarie ai principi della Convenzione (Saadi, precitata, § 147 in fine). Secondariamente, appartiene alla Corte esaminare se le assicurazioni date dallo stato di destinazione forniscono, nella loro applicazione effettiva, una garanzia sufficiente in quanto alla protezione del richiedente contro il rischio di trattamenti vietati dalla Convenzione (Chahal c. Regno Unito, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, § 105, 15 novembre 1996). Il peso da accordare alle assicurazioni che provengono dallo stato di destinazione dipende difatti, in ogni caso, dalle circostanze che prevalgono all'epoca considerata (Saadi, precitata, § 148 in fine).
42. Nel presente caso, l'avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali ha garantito che la dignità umana del richiedente sarebbe rispettata in Tunisia, che non sarebbe sottomesso a tortura, a trattamenti disumani o degradanti o ad una detenzione arbitraria, che beneficerebbe di cure mediche adeguate e che potrebbe ricevere delle visite dal suo avvocato e dai membri della sua famiglia. Oltre le leggi tunisine pertinenti ed i trattati internazionali firmati dalla Tunisia, queste assicurazioni si fondano sui seguenti elementi:
- i controlli praticati dal giudice di esecuzione delle pene, dal comitato superiore dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (istituzione nazionale indipendente) e dai servizi dell'ispezione generale del ministero della Giustizia e dei Diritti dell'uomo;
- due casi di condanna di agenti dell'amministrazione penitenziaria e di un agente di polizia per maltrattamenti;
- la giurisprudenza interna, ai termini della quale una confessione estorta sotto la costrizione è nulla e non avvenuta
43. La Corte nota, però, che non è stabilito che l'avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali fosse competente per dare queste assicurazioni a nome dello stato (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko c. Ucraina, no 2440/07, § 73, 23 ottobre 2008.) In più, tenuto conto del fatto che delle sorgenti internazionali serie ed affidabili hanno indicato che le affermazioni di maltrattamenti non erano esaminate dalle autorità tunisine competenti (Saadi, precitata, § 143) il semplice richiamo di due casi di condanna di agenti dello stato per percosse e lesioni su dei detenuti non potrebbe bastare ad allontanare il rischio di tali trattamenti né a convincere la Corte dell'esistenza di un sistema effettivo di protezione contro la tortura, in mancanza di cui è difficile verificare che le assicurazioni date verranno rispettate. A questo riguardo, la Corte ricorda che nel suo rapporto del 2008 relativo alla Tunisia, Amnesty International ha precisato in particolare che, sebbene numerosi detenuti si siano lamentati di essere stati torturati durante la loro custodia provvisoria, "le autorità non hanno condotto praticamente mai alcuna inchiesta né preso una qualsiasi misura per tradurre in giustizia i presunti torturatori "
44. In più, nella sentenza Saadi precitata (§ 146), la Corte ha constatato una reticenza delle autorità tunisine a cooperare con le organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti dell'uomo, come Human Rights Watch. Nel suo rapporto 2008 precitato, Amnesty International ha notato peraltro che, sebbene il numero di membri del comitato superiore dei diritti dell'uomo sia stato aumentato, questo non includeva organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti fondamentali." L'impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di rendere visita al suo cliente nel caso fosse stato incarcerato in Tunisia conferma anche la difficoltà di accesso dei prigionieri tunisini ai consiglieri stranieri indipendenti quando sono parti ai procedimenti giudiziali dinnanzi a delle giurisdizioni internazionali. Questi ultimi rischiano dunque, una volta un richiedente viene espulso in Tunisia, di trovarsi nell'impossibilità di verificare la sua situazione e di conoscere degli eventuali motivi di appello che potrebbe sollevare in quanto ai trattamenti ai quali viene sottoposto (Ben Khemais, precitata, § 63).
45. In queste circostanze, la Corte non potrebbe aderire alla tesi del Governo secondo cui le assicurazioni date nel presente genere offrono una protezione efficace contro il rischio serio che corre il richiedente di essere sottomesso a trattamenti contrari all'articolo 3 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko precitata, §§ 73-74). Ricorda al contrario il principio affermato dall'assemblea parlamentare del Consiglio dell'Europa nella sua risoluzione 1433(2005) secondo cui le assicurazioni diplomatiche non possono bastare quando la mancanza di pericolo di maltrattamento non è fermamente stabilita (vedere sopra il paragrafo 22).
46. Pertanto, la decisione di espellere l'interessato verso la Tunisia violerebbe l'articolo 3 della Convenzione se fosse messa in esecuzione.
47. Questa conclusione dispensa la Corte dall’ esaminare la questione di sapere se l'esecuzione dell’espulsione violerebbe anche l'articolo 2 della Convenzione.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
48. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
49. Il richiedente sollecita 50 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che stima avere subit.
50. Il Governo si oppone.
51. La Corte stima che la constatazione che l’espulsione, se fosse condotta ad esecuzione, costituirebbe una violazione dell'articolo 3 della Convenzione rappresenti una soddisfazione equa sufficiente (Saadi precitat<, § 188,).
B. Oneri e spese
52. Il richiedente non ha chiesto il rimborso di oneri e spese esposte a livello interno. Ha sollecitato in compenso il rimborso degli oneri afferenti al procedimento dinnanzi alla Corte che secondo una nota del suo avvocato ammontano a 15 266,13 EUR.
53. Il Governo considera che gli oneri di procedimento richiesti siano manifestamente esorbitanti.
54. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, il rimborso di oneri e spese sostenuti dal richiedente può intervenire solamente nella misura in cui si stabilisca la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Belziuk c. Polonia, Raccolta 1998-II, § 49, 25 marzo 1998).
55. La Corte giudica eccessivo l'importo sollecitato per gli oneri e spese afferenti al procedimento dinnanzi a lei e decide di concedere 5 000 EUR a questo capo.
C. Interessi moratori
56. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che, nell'eventualità del collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia, ci sarebbe violazione dell'articolo 3 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare anche se il collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia violerebbe anche l'articolo 2 della Convenzione;
4. Stabilisce che la constatazione di una violazione costituisce una soddisfazione equa sufficiente a titolo del danno morale subito dal richiedente;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 5 000 EUR (cinquemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 marzo 2009, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa