SECONDA SEZIONE
CAUSA GIOVANNI VALENTINO C. ITALIA
(Richiesta no 31434/03)
SENTENZA
STRASBURGO
29 luglio 2008
DEFINITIVO
29/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Giovanni Valentino c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione.
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 31434/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. V. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 4 settembre 2003 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da G. d. G., avvocati a Telese Termine (Benevento). Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l'ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1951 e ha risieduto a Telese Termine (Benevento).
A. Il procedimento principale
5. Il 23 novembre 1993, il richiedente citò la società cooperativa C., dinnanzi al tribunale di Benevento per ottenere la riconoscenza di irregolarità amministrative avendo contravvenuto a certe disposizioni dello statuto della società e, pertanto, al suo diritto di non fare più parte dalla società (RG no 3504/93). Il richiedente chiese anche che la cooperativa C. gli versasse la sua quota che ammontava a 65 000 000 lire [o 33 569,70 euro (EUR)].
Delle quattordici udienze fissate tra il 14 gennaio 1994 ed il 28 gennaio 2003, una fu rinviata d’ufficio, due riguardavano la nomina del perito, una l'esame della perizia e due la determinazione dell'udienza di presentazione delle conclusioni. In una data non precisata, la causa fu assegnata al collegio di magistrati incaricati di trattare le cause più vecchie (sezione stralcio).
6. Con un giudizio del 16 marzo 2004 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 7 maggio 2004, il tribunale respinse l’istanza del richiedente al motivo che non aveva provato nessuna irregolarità amministrativa.
B. Il procedimento "Pinto"
7. Il 12 aprile 2002, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta "legge Pinto", per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di dire che c'era stata una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti.
8. Con una decisione del 15 maggio 2003 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 16 maggio 2003, la corte di appello valutò il procedimento fino alla data di introduzione dell’istanza e constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 1 200 euro (EUR) in equità come risarcimento del danno morale e 750 EUR per oneri e spese. Questa decisione fu notificata all'amministrazione il 26 giugno 2003 ed acquisì autorità di cosa giudicata il 26 agosto 2003. Con una lettera del 4 settembre 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l'esame della sua richiesta.
Con la stessa lettera, il richiedente informò anche la Corte che non era ricorso in cassazione al motivo che questo rimedio poteva essere introdotto solamente per questioni di diritto.
9. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 24 giugno 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
10. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -...).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del "termine ragionevole" come previsto con l'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà , delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
12. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull'ammissibilitÃ
13. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma "Pinto" si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi "vittima" ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione.
14. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità .
B. Sul merito
15. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 23 novembre 1993, giorno della citazione del richiedente dinnanzi al tribunale di Benevento, fino al 12 aprile 2002, data dell'introduzione del ricorso "Pinto." È durata dunque otto anni e quattro mesi per un grado di giurisdizione, al momento dell'esame da parte della corte di appello.
16. Nella stima di questo periodo, la Corte tiene conto del fatto che la corte di appello ha valutato la durata del procedimento in data dell'introduzione del ricorso "Pinto", o il 12 aprile 2002. Pertanto, un periodo di poco più di ventiquattro mesi per un grado di giurisdizione, dal 12/04/2002 al 07/05/2004, data in cui il procedimento in causa si concluse, non ha potuto essere preso in considerazione dalla corte di appello.
Tuttavia, stima che la durata restante di ventiquattro mesi per un'istanza era in sè sufficiente per costituire una secondo violazione nella cornice dello stesso procedimento (vedere, Rotondi c. Italia, no 38113/97, §§ 14-16, 27 aprile 2000 e S.A.GE.MA S.N.C. c. Italia, no 40184/98, §§ 12-14, 27 aprile 2000) e che, poiché il rimedio "Pinto" non è stato utilizzato per fare analizzare questa durata restante, il richiedente non può definirsi "vittima" per questa. Pertanto, la Corte considera che la sua analisi deve limitarsi alla fase del procedimento nazionale già esaminato dalla corte di appello, e non riguardare la sua totalità (vedere, a contrario, Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 115-116).
17. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione "Pinto" è stata versata solamente il 24 giugno 2005, o venticinque mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento "Pinto" esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non ha fatto perdere al richiedente la sua qualità di "vittima" costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell'articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata dunque a ritornare su questa questione sotto l'angolo dall'articolo 41 della Convenzione (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
18. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l'esigenza del "termine ragionevole."
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
19. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
20. Il richiedente richiede una somma da valutare in equità a titolo del danno morale che avrebbe subito.
21. Il Governo contesta queste pretese.
22. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 10 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente circa il 12% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso "Pinto" ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146, e deliberando in equità , assegna al richiedente 3 300 EUR a questo titolo così come 1 900 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 1 200 EUR, intervenuto solamente il 24 giugno 2005, o venticinque mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
23. Il richiedente non chiede rimborso di oneri e spese.
C. Interessi moratori
24. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione 5 200 EUR (cinquemila due cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 luglio 2008, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidente