SECONDA SEZIONE
CAUSA GIOVANNI AVECONE C. ITALIA
(Richiesta no 4281/03)
SENTENZA
STRASBURGO
22 luglio 2008
DEFINITIVO
22/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Giovanni Avecone c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 4281/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. A. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 8 luglio 1999 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da C. M, avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l'ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1940 e ha risieduto a Napoli.
A. Il procedimento principale
5. Il 14 giugno 1988, il richiedente citò il municipio di Roccasecca (Frosinone) dinnanzi al tribunale di Cassino (Frosinone), per ottenere dell'indennità a seguito all'occupazione temporanea di emergenza, imposta con un'ordinanza, di certi immobili che gli appartenevano (R.G. no 948/88).
Il collocamento in stato della causa cominciò il 21 settembre 1988. Delle dieci udienze, due furono rinviate d’ufficio ed una in ragione della mancanza delle parti.
6. Con una sentenza del 29 settembre 1995 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 20 dicembre 1995, il tribunale respinse l’istanza.
7. Il 28 novembre 1996, il richiedente interpose appello dinnanzi alla corte di appello di Roma. Delle sette udienze, una fu rinviata d’ufficio ed una a causa della mancanza delle parti.
8. Con una sentenza del 13 giugno 2000 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 6 novembre 2000, la corte di appello di Roma fece diritto alle istanze del richiedente.
B. Il procedimento "Pinto"
9. Il 15 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Perugia ai termini della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta "legge Pinto", per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di concludere alla violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni materiali e giuridici subiti. Chiese particolarmente almeno 24 000 000 lire [12 394,97 euro (EUR)] a titolo di danno materiale e morale.
10. Con una decisione dell’ 11 febbraio 2002 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 28 febbraio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse l’istanza relativa al danno materiale, al motivo che il richiedente non aveva fornito la prova, ed accordò 3 291 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 2 450 EUR per oneri e spese. Questa decisione fu notificata all'amministrazione il 10 luglio 2002 ed acquisì autorità di cosa giudicata il 24 ottobre 2002.
Con una lettera del 10 dicembre 2002, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l'esame della sua richiesta.
Con una lettera del 21 gennaio 2003, informò anche la Corte che non era ricorso in cassazione.
11. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate nell’ aprile 2003, non essendo in grado il richiedente di indicare la data esatta del pagamento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Il diritto e le pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -...).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
13. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del "termine ragionevole" come previsto con l'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, daun tribunale che deciderà , delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
14. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull'ammissibilitÃ
15. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma "Pinto" si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi "vittima" ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione.
16. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità .
B. Sul merito
17. La Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 14 giugno 1988, giorno dell'introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al tribunale di Cassino, fino al 6 novembre 2000, data del deposito della decisione della corte di appello di Roma. È durata dunque più di dodici anni e quattro mesi per due gradi di giurisdizione.
18. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione "Pinto" è stata versata solamente nell'aprile 2003, o tredici mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento "Pinto" esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non abbia fatto perdere al richiedente la sua qualità di "vittima" costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell'articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà dunque portata a ritornare su questa questione sotto l'angolo dall'articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
19. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l'esigenza del "termine ragionevole."
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
20. Il richiedente si lamenta anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbe stato vittima di una discriminazione fondata sulla ricchezza, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento "Pinto" così come del rischio di essere condannato a pagare gli oneri di procedimento in caso di rigetto del suo ricorso.
21. La Corte stima che c'è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l'angolo del diritto di accesso ad un tribunale allo sguardo dell'articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell'assistenza giudiziale gratuita in materia civile, il richiedente non ha chiesto questo aiuto. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge "Pinto" e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua istanza accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si potrebbe parlare di ostacoli all'accesso ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, non potendo scoprire nessuna apparenza di violazione, la Corte dichiara questi motivi di appello inammissibili perché manifestamente male fondati secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia, (déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
22. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
23. Il richiedente richiede 9 103,97 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
24. Il Governo contesta queste pretese.
25. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 12 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Perugia abbia concesso al richiedente il 27% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso "Pinto" ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità , assegna al richiedente 2 100 EUR così come 700 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 3 291 EUR, intervenuto solamente nell'aprile 2003, o tredici mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
26. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 4 490,72 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
27. Il Governo contesta queste pretese.
28. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell'articolo 41 presuppone che stabiliscano la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi alla corte di appello "Pinto", stimando ragionevole la somma assegnata dall'istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati sostenuti. Quindi, deliberando in equità , la Corte giudica ragionevole concedere al richiedente 1000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
29. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall'articolo 6 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 2 800 EUR (duemila otto cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 luglio 2008, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa