Conclusione Violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l'art. 6-1; soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA GIANAZZA C. ITALIA
( Richiesta no 69878/01)
SENTENZA
STRASBURGO
5 ottobre 2006
DEFINITIVO
05/01/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Gianazza c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, E. Myjer, Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e della Sig.ra F. Araci, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 69878/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. G. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 8 maggio 2001 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da il Sig. C. L. S., avvocato a Busto Arsizio. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, e dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli.
3. Il 2 settembre 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze derivate dagli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione, equità del procedimento, al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1919 e ha risieduto a Parabiago (Milano).
6. Era proprietario di un terreno di 3 290 metri quadrati ubicati a San Vittore Olona (Milano).
7. Con un'ordinanza del 3 febbraio 1982, la municipalità di San Vittore Olona autorizzò l'occupazione di suddetto terreno per un periodo massimale di cinque anni in vista di costruire degli edifici residenziali. Il 3 marzo 1982, il terreno fu occupato materialmente ed i lavori di costruzione furono iniziati.
8. Con un atto notificato il 14 marzo 1987, il richiedente citò la municipalità di San Vittore Olona a comparire dinnanzi al tribunale di Milano. Fece valere che l'occupazione proseguiva al di là del periodo autorizzato senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale del terreno. Chiese la restituzione del suo bene ed un risarcimento.
9. La municipalità si costituì nel procedimento ed eccepì in particolare che l'occupazione rimaneva legittima, perché il termine iniziale di cinque anni era stato prorogato ex lege.
10. Il 18 luglio 1989, il tribunale ordinò una perizia tecnica che mirava a stabilire il valore del terreno controverso. Nel suo rapporto depositato il 24 giugno 1990, il perito nominato d’ ufficio affermò che la superficie del terreno del richiedente era di 3 812,27 metri quadrati e concluse che il valore di questo al momento dell'occupazione era compreso tra 80 000 e 42 000 ITL per metro quadrato.
11. Con un giudizio del 30 giugno 1992, il tribunale fece diritto alla domanda di risarcimento del richiedente. Respinse innanzitutto l'eccezione della municipalità ed affermò che il termine autorizzato non poteva essere considerato come prorogato in mancanza di una decisione dell'amministrazione.
Inoltre, il tribunale fissò il valore del terreno al momento dell'occupazione a 70 000 ITL/m² e condannò la municipalità a pagare al richiedente la somma di 266 865 900 ITL per la perdita della proprietà del terreno e di 3 500 000 ITL per la perdita della proprietà di edifici costituenti degli accessori di questo. Queste somme dovevano essere attualizzate e dovevano essere aumentate di interessi.
12. Il 9 febbraio 1993, la municipalità di San Vittore Olona interpose appello dinnanzi alla corte di appello di Milano.
13. Con una sentenza non definitiva del 21 febbraio 1995, questa ultima riformò parzialmente il giudizio di prima istanza.
La corte di appello affermò che il termine inizialmente fissato per l'occupazione era stato prorogato ex lege per effetto dell'entrata in vigore della legge no 42 del 1985 ed era terminato il 3 marzo 1990. Di conseguenza, nella stessa occasione, ordinò una nova perizia che mirava a calcolare il valore commerciale del terreno controverso in questa ultimo data che costituiva il momento in cui l'occupazione era diventata illecita.
14. Secondo il rapporto del perito, depositato il 20 luglio 1995, il valore commerciale del terreno del richiedente nel marzo 1990 era di 496 411 500 ITL.
15. Nel frattempo, entrò in vigore la legge no 359 del 8 agosto 1992, che prevedeva al suo articolo 5 bis dei nuovi criteri di indennizzo per l'espropriazione di terreni edificabili.
16. Con una sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò questa disposizione incostituzionale. Il 23 dicembre 1996 entrò in vigore la legge di bilancio no 662 del 1996, che modificava la disposizione dichiarata incostituzionale e disponeva che l'indennizzo integrale non poteva essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996.
17. Con un'ordinanza del 27 maggio 1997, la corte di appello di Milano dispose una nuova perizia che teneva conto di suddette modifiche legislative.
18. Con una sentenza del 23 giugno 1998, la corte di appello condannò la municipalità di San Vittore Olona a pagare al richiedente la somma di 273 191 133 ITL a titolo di indennizzo per la perdita del terreno.
19. Il 12 febbraio 1999, il richiedente ricorse in cassazione. Fece valere tra l’altro che l'importo dell'indennità doveva essere rivalutato.
20. Con una sentenza del 27 settembre 2000, la Corte di cassazione annullò parzialmente la sentenza della corte di appello. Facendo diritto alla domanda del richiedente, la Corte di cassazione rinviò la causa alla corte di appello di Milano per la rivalutazione dell'importo dell'indennità in data della decisione giudiziale.
21. Con un atto del 7 maggio 2001, il richiedente riassegnò la municipalità dinnanzi alla corte di appello di Milano.
In seguito, quando il procedimento era pendente dinnanzi alla corte di appello, la municipalità accettò di pagare al richiedente l'importo la somma dovuta a titolo di indennità, calcolata ai termini della legge no 662 di 1996, rivalutata secondo le indicazioni fissate dalla Corte di cassazione.
22. Con una decisione del 13 marzo 2003, il giudice istruttore ordinò che il procedimento fosse cancellato del ruolo.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
23. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
24. Il richiedente adduce essere stato privato del suo terreno nelle circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
25. Il Governo eccepisce del superamento del termine di sei mesi. Sostiene che questa lagnanza è tardiva nella misura in cui è stata introdotta sei mesi dopo la sentenza non definitiva del 21 febbraio 1995, facendo stato del trasferimento dei terreni controversi.
Il Governo è del parere che questo giudizio costituisce la "decisione interna definitiva" a contare della quale il termine di sei mesi contemplati all'articolo 35 della Convenzione ha cominciato a decorrere.
26. La Corte ricorda che ha respinto un'eccezione similare nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (no 58858/00, déc,). del 2 settembre 2004. Considera che, conformemente alla sua giurisprudenza (Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI, § 69, e Donati c. Italia, no 63242/00, decisione del 13 maggio 2004 e nella sentenza, § 62) è infatti anche solamente con la decisione definitiva che il principio dell'espropriazione indiretta deve passare per applicato. Stima che nello specifico la decisione definitiva è quella del 13 marzo 2003, in quanto ha messo fine al procedimento dinnanzi alla corte di appello di Milano. Quindi, il termine di sei mesi è cominciato a decorrere da questa data.
27. Segue che l'eccezione non potrebbe essere considerata. La Corte rileva peraltro che questa lagnanza non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
28. Il Governo fa osservare che, nel caso specifico, si tratta di un'occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui non è stata adottata nessuna ordinanza di espropriazione.
29. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali.
30. Secondariamente, la privazione del bene come risultato dell'espropriazione indiretta sarebbe "contemplata dalla legge." Secondo il Governo, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
31. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell'espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
32. Il Governo ricorda che nella causa Forrer-Niedenthal c. Germania, sentenza del 20 febbraio 2003, la Corte ha considerato una legge tedesca del 1997 come sufficiente, malgrado la sua imprevedibilità manifesta, per fornire una base legale alle decisioni che avevano privato il richiedente di ogni protezione contro l'attentato portato alla sua proprietà. Chiede alla Corte di seguire lo stesso approccio per la presente causa.
33. Per ciò che riguarda la qualità della legge, il Governo riconosce che il fatto che un'ordinanza di espropriazione non sia stata pronunciata è in sé una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
34. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un lavoro di utilità pubblica, la restituzione del terreno non è più possibile.
35. Il Governo definisce l'espropriazione indiretta come il risultato di un'interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, tendendo a garantire che l'interesse generale prevalga sull'interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che risponda all'utilità pubblica.
36. In quanto all'esigenza di garantire un giusto equilibrio tra i sacrifici imposti agli individui ed il compenso concesso a questi, il Governo riconosce che l'amministrazione è tenuta di indennizzare gli interessati.
37. Tenuto conto del fatto che l'espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l'illegalità commessa dall'amministrazione riguarda solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo, l'indennizzo può essere inferiore al danno subito.
38. La determinazione dell'importo dell'indennità in causa rientra nel margine di valutazione lasciata agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. Il Governo ricorda inoltre che l'indennità come plafonata dalla legge di bilancio no 662 del 1996 è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stato accordato se l'espropriazione fosse stata regolare.
39. Alla luce di queste considerazioni e riferendosi in particolare alle cause OGIS-istituto Stanislas, OGEC Santo-gazza X e Minima di Castiglia ed altri c. Francia, i nostri 42219/98 e 54563/00, 27 maggio 2004, e Bäck c. Finlandia (no 37598/97, 20 luglio 2004,) il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile sotto ogni punto di vista con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
b)Il richiedente,
40. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte in materia di espropriazione indiretta, il richiedente osserva che l'applicazione del principio dell'espropriazione indiretta al suo caso non è conforme al principio della preminenza del diritto.
41. Denuncia poi una mancanza di chiarezza, di prevedibilità e di precisione dei principi e delle disposizioni applicati alla sua causa.
2. Valutazione della Corte
a) Sull'esistenza di un'ingerenza
42. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione fosse equivalsa ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie Ano 52, pp. 24-25, § 63).
43. La Corte rileva che, applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato il richiedente come privato del suo bene a contare dalla data di scadenza del termine di occupazione autorizzata. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della corte di appello di Milano ha avuto per effetto di privare il richiedente del suo bene al senso della seconda frase dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura precitato, § 61, e Brumarescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
44. Per essere compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1, una simile ingerenza deve essere operata "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale." L'ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth, precitato, p. 26, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non "sentire solo quando si è rivelato che l'ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria" (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
45. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore del richiedente non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, § 62).
B) Sul rispetto del principio di legalità
46. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità per il motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare di fatto una situazione che deriva dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
47. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato il richiedente come privato del suo bene a contare dal momento in cui l'occupazione aveva smesso di essere autorizzata, essendo riunite le condizioni di illegalità dell'occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruiscono. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come "prevedibile", poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell'espropriazione indiretta come essendo stato applicato effettivamente e che l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Di conseguenza, il richiedente non ha avuto la "sicurezza giuridica" concernente la privazione del terreno che il 13 marzo 2003, data in cui il procedimento giudiziale è stato chiuso definitivamente.
48. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all'amministrazione di derivare partito di un'occupazione illegale di terreno. In altri termini, l'amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che regolano l'espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un'indennità venisse messa in parallelo a disposizione dell'interessato.
49. Per ciò che riguarda l'indennità, la Corte constata che l'applicazione retroattiva della legge no 662 del 1996 al caso di specifico ha avuto per effetto di privare il richiedente della possibilità di ottenere risarcimento del danno subito.
50. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l'ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni del richiedente dunque.
51. Quindi, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
52. Il richiedente adduce che l'adozione e l'applicazione della legge no 662 del 23 dicembre 1996 al suo procedimento costituisca un'ingerenza legislativa contraria al suo diritto ad un processo equo come garantito dall'articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, disponi:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
A. Sull'ammissibilità
53. Il Governo afferma che la richiesta è stata introdotta tardivamente nella misura in cui il richiedente si lamenta che l'importo del risarcimento sia stato calcolato al senso della legge no 662 del 1996. Secondo il Governo, il termine di sei mesi contemplati all'articolo 35 della Convenzione é cominciato a decorrere sia il 1 gennaio 1997, ossia in data dell'entrata in vigore di questa legge, o in data del deposito alla cancelleria della sentenza della Corte costituzionale no 148 del 26 aprile 1999 con la quale questa ultima giurisdizione ha confermato la legalità della disposizione in questione. All'appoggio delle sue affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia, Miconi c. Italia, (déc.), no 66432/01, 6 maggio 2004.
54. Il richiedente si oppone alla tesi del Governo.
55. La Corte rinvia alle osservazioni sopra evolute all'epoca dell'esame dell'eccezione di inammissibilità della lagnanza derivata dall'articolo 1 del Protocollo no 1. Nessuna ragione permette di giungere ad una conclusione differente rispetto alla presente eccezione. C'è luogo dunque di allontanare questa ultima.
B. Sul merito
56. Il Governo osserva che la legge controversa non è stata adottata per influenzare la conclusione del procedimento intentato dal richiedente. Inoltre, l'applicazione di questa legge non avrebbe avuto ripercussioni negative per il richiedente. Ne conclude che l'applicazione della disposizione controversa alla causa del richiedente non solleva nessuno problema allo sguardo della Convenzione. All'appoggio delle sue tesi, il Governo si riferisce specificamente alle sentenze Forrer-Niedenthal c. Germania (no 47316/99, 20 febbraio 2003,) OGIS-istituto Stanislas, OGEC Santo-gazza X e Minima di Castiglia ed altri c. Francia (numero 42219/98 e 54563/00, 27 maggio 2004) e Bäck c. Finlandia (no 37598/97, CEDH 2004-VIII,).
57. La Corte ha appena constatato, sotto l'angolo dell'articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dai richiedenti non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo ai motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione, paragrafi 52 a 54 sopra, la Corte stima che non c'è luogo di esaminare se c'è stato, nello specifico, violazione dell'articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132 - 133, CEDH 2006).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
58. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. " ²
59. Il richiedente richiede a titolo di danno materiale 231 408,62 EUR, o la differenza tra il valore commerciale del terreno e l'importo riconosciuto dalle autorità giudiziali per risarcimento, rivalutata ed abbinata di interessi. Chiede anche 72 669,60 EUR a titolo di indennità per l'occupazione legittima.
60. Il richiedente sollecita inoltre 30 200 EUR a titolo di danno morale.
61. Infine, richiede 20 420, 25 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alle autorità nazionali e 16 537,50 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alla Corte.
62. Il Governo contesta le pretese materiali dei richiedenti, tanto nel loro fondamento che nel loro importo, ed osserva che sono ad ogni modo eccessive e basate su dei calcoli erronei.
63. In quanto al danno morale, il Governo sostiene che simile danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo è subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto che non è stato provato nello specifico. Ad ogni modo, il Governo stima che la somma richiesta dai richiedenti è eccessiva.
64. Infine, il Governo sostiene che le somme richieste dai richiedenti a titolo di oneri e spese sono eccessive e basate su dei calcoli erronei.
65. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare la lagnanza tratta dall'articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 5 ottobre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Fatos Araci Boštjan il Sig. Zupancic
Cancelliera collaboratrice Presidente