Conclusione Violazione dell'art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA FROSIO C. ITALIA
(Richiesta no 16777/03)
SENTENZA
STRASBURGO
19 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Frosio c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Ireneu Cabral Barreto, Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, giudici, Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 settembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 16777/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. F. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 5 aprile 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da R. V. e F. U., avvocati a Bergamo. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato dal suo agente, rappresentato dal suo vecchio agente, il Sig. I.M. Braguglia, e dall’attuale coagente, il Sig. N. Lettieri,
3. Il 13 aprile 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permetteva l'articolo 29 § 3 della Convenzione in vigore all'epoca, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l'ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1934 e risiede a S. Omobono Imagna (Bergamo).
A. Il procedimento principale
5. Il 23 novembre 1994, il richiedente citò la compagnia di assicurazioni G. dinnanzi al tribunale di Bergamo (RG no 4855/94) per ottenere il pagamento di un'indennità di assicurazione che ammontava a 37 040 000 lire italiane (ITL) [19 130 euro (EUR)].
6. Alla prima udienza che si tenne il 2 marzo 1995, il compagnia G. si costituì nel procedimento ed il richiedente chiese un rinvio per l'esame dell'atto di costituzione.
7. La seguente udienza, fissata al 29 febbraio 1996, fu rinviata d’ ufficio al 6 marzo 1997, data in cui le parti discussero la causa e chiesero l'apertura di un termine per fare le loro istanze di istruzione probatoria.
8. In seguito al rinvio d’ ufficio dell'udienza dell’ 11 giugno 1998, a quella del 6 maggio 1999, le parti discussero dell'ammissione delle prove.
9. L'udienza del 15 marzo 2003 e quella del 12 maggio 2000 furono rinviatr d’ ufficio in ragione della mancanza delle parti.
10. Il 16 maggio 2000, queste ultime giunsero ad un ordinamento amichevole.
11. Il 15 dicembre 2000, vista la mancanza delle parti per la seconda volta consecutiva, la causa fu cancellata dal ruolo conformemente all'articolo 309 del codice di procedura civile.
B. Il procedimento "Pinto"
12. Il 27 giugno 2001, il richiedente investì la corte di appello di Venezia ai sensi della legge "Pinto" chiedendo risarcimento dei danni subiti a causa della durata del procedimento principale.
13. Con una decisione del 27 settembre 2001, depositata il 12 ottobre 2001, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole ed accordò 3 000 000 ITL [1 549 EUR] per danno morale e 2 800 000 ITL [1446 EUR] per oneri e spese.
14. Il 6 marzo e il 10 aprile 2002, il ministero della Giustizia ed il richiedente investirono la Corte di cassazione che con una sentenza del 12 novembre 2002, depositata il 3 gennaio 2003, respinse i ricorsi e decise che ogni parte avrebbe dovuto prendersi carico degli oneri e delle spese del procedimento.
15. Con una lettera del 9 maggio 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l'esame della sua richiesta.
16. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 13 maggio 2004.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
17. Il diritto e le pratica interna pertinenti relativi alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detta "legge Pinto", figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
18. Invocando l'articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata del procedimento principale e dell'insufficienza dell'indennizzo "Pinto" che è stato versato peraltro in ritardo.
19. Il Governo si oppone a questa tesi.
20. L'articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà , delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile ."
A. Sull'ammissibilitÃ
1. Nno-esaurimento delle vie di ricorso interne
21. Il Governo solleva un'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Afferma che la Corte avrebbe sospeso l'esame della richiesta in seguito alla decisione del richiedente di avvalersi del rimedio introdotto dalla legge "Pinto", entrata in vigore nel frattempo, creando così una disparità di trattamento rispetto ad altre richieste introdotte prima dell'adozione di suddetta legge e respinte dalla Corte per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che i richiedenti non avevano utilizzato il ricorso "Pinto" (inter alia, Brusco c. Italia, (dec.), no 69789/01, CEDH 2001-IX).
22. La Corte osserva che, contrariamente alla causa Brusco, dove il richiedente aveva indicato che non desiderava avvalersi del rimedio offerto dalla legge "Pinto" ed aveva invitato la Corte a registrare la sua richiesta, il richiedente, nello specifico, ha comunicato alla Corte la sua intenzione di introdurre dei ricorsi "Pinto", il che ha fatto poi, senza rinunciare alla sua richiesta. Le vie di ricorso interne essendo state esaurite, la Corte stima che c'è luogo di respingere l'eccezione (vedere, mutatis mutandis, Luigi Serino c. Italia, no 679/03, §§ 15-16, 19 febbraio 2008).
2. Tardività della richiesta
23. Il Governo eccepisce poi della tardività della richiesta, nella misura in cui il richiedente avrebbe chiesto alla Corte di riprendere l'esame della sua richiesta più di un anno dopo la chiusura del procedimento "Pinto" relativo, il che provocherebbe la violazione di un principio generale che imporrebbe ai richiedenti di fornire delle informazioni sulle loro richieste entro un anno a contare dalla sospensione.
24. La Corte rileva che, come risulta dai fatti esposti sopra al paragrafo 15, il richiedente ha informato la Corte del risultato del procedimento "Pinto" nell'anno seguente il deposito della decisione della Corte di cassazione. Di conseguenza, la Corte stima che c'è luogo di respingere l'eccezione.
3. Requisito di "vittima"
25. Il Governo sostiene che il richiedente non può più definirsi "vittima" della violazione dell'articolo 6 § 1 perché ha ottenuto dalla corte di appello "Pinto" una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
26. La Corte, dopo avere esaminato l'insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDH 2007-VI; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98) e che l'indennizzo "Pinto" non è stato versato nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello diventò esecutiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 89). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi "vittima", ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione.
4. Conclusione
27. La Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all'articolo 35 § 3 della Convenzione. Lo dichiara allo stesso modo ammissibile.
B. Sul merito
28. La Corte constata che il procedimento principale è durato cinque anni e cinque mesi per un grado di giurisdizione e che l'indennizzo "Pinto" è stato versato, in ritardo, trentun mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
29. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato un'incomprensione dell'esigenza del "termine ragionevole", tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c'è luogo allo stesso modo di constatare una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, per lo stesso motivo.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
30. Invocando l'articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta della non effettività del rimedio "Pinto" in ragione dell'insufficienza del risarcimento ottenuto.
31. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46, e Simaldone c. Italia, no 22644/03, §§ 71-72, CEDH 2009 -... (brani)), l'insufficienza dell'indennizzo "Pinto" non rimette in causa l'effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c'è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
32. Con una lettera del 20 ottobre 2004, il richiedente si lamenta anche della violazione degli articoli 17 e 34 della Convenzione, per il fatto che la "legge Pinto" chiede di provare i danni morali subiti come conseguenza della durata di un procedimento.
33. La Corte rileva che la sentenza della Corte di cassazione resa ai sensi della legge "Pinto" è stata depositata il 3 gennaio 2003. Il motivo di appello del richiedente essendo stato introdotto il 20 ottobre 2004, la Corte stima che c’è luogo di dichiararlo inammissibile per tardività , ai sensi dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione. Peraltro, la Corte stima che questo motivo di appello, strettamente legato a quello relativo all'effettività del rimedio "Pinto", sarebbe stato, comunque, manifestamente privo di fondamento, avuto riguardo alla conclusione che figura sopra al paragrafo 31 (vedere, mutatis mutandis, Fascini c. Italia, no 56300/00, § 45, 5 luglio 2007).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
35. Il richiedente richiede, a titolo del danno morale, 4 648,11 EUR per la violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, così come delle somme supplementari, da determinare da parte della Corte, per l'eventuale prolungamento del procedimento principale dopo la constatazione di violazione da parte della giurisdizione "Pinto" e per la persistenza della qualità di "vittima" dopo l'esaurimento della via di ricorso interna. Chiede anche una somma da determinare dalla Corte per la violazione dell'articolo 13 che adduce.
36. Il Governo stima che il richiedente è stato risarcito in modo adeguato e sufficiente nella cornice del ricorso "Pinto."
37. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente per la violazione dell'articolo 6 § 1, in mancanza di vie di ricorso interne, la somma di 5 000 EUR. Il fatto che la corte di appello "Pinto" abbia concesso al richiedente circa il 30% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso "Pinto", la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità , assegna al richiedente 700 EUR, così come 2 500 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dell'indennizzo "Pinto."
B. Oneri e spese
38. L'avvocato del richiedente chiede il rimborso degli oneri e spese relativi al ricorso "Pinto" ed al procedimento dinnanzi alla Corte. Lascia alla Corte la cura di fissare gli importi. In quanto al procedimento a Strasburgo, si limita ad affermare che in altre cause la Corte avrebbe stimato eccessiva le sue note spese mentre erano redatte secondo la tabella in Italia in vigore dal 2004.
39. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
40. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese del procedimento "Pinto", la Corte constata che i giustificativi non sono stati presentati con le osservazioni del richiedente. Peraltro, stima ragionevole la somma assegnata dalla corte di appello, tenuto conto della durata e della complessità del procedimento "Pinto". Decide pertanto di non accordare niente a questo titolo.
41. In quanto agli oneri e alle spese incorsi dinnanzi a lei, la Corte constata la mancanza di giustificativi e decide pertanto di non accordare niente.
C. Interessi moratori
42. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento, articolo 6 § 1 della Convenzione, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 3 200 EUR (tremila due cento euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 ottobre 2010, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa