Conclusione Violazione dell'art. 8 (rispetto della vita privata); Violazione dell'art. 13; parzialmente inammissibile; Danno materiale - domanda respinta; Danno morale - constatazione di violazione sufficiente; Rimborso parziale oneri e spese - procedimento della Convenzione
TERZA SEZIONE
CAUSA FRANCESCO MORETTI C. ITALIA
( Richiesta no 10399/02)
SENTENZA
STRASBURGO
24 maggio 2006
DEFINITIVO
11/12/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Francesco Moretti c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. J. Hedigan, presidente,
L. Caflisch, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 maggio 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 10399/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. M. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 12 gennaio 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell'assistenza giudiziale, è rappresentato dal Sig. S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 23 settembre 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze tratte dagli articoli 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1945 e ha risieduto a Benevento.
6. Con un giudizio depositato l’ 11 luglio 1996, il tribunale di Benevento, dichiarò il fallimento della società M. di cui il richiedente era amministratore, così come il fallimento personale di questo.
7. Tra il 24 luglio 1996 ed il 29 luglio 1997, trentaquattro domande di ammissione al passivo del fallimento furono introdotte dinnanzi al tribunale.
8. Il 28 luglio 1997, la società A. introdusse una domanda dinnanzi al tribunale per ottenere la restituzione di certi beni che aveva affittato al richiedente.
9. Ad una data non precisata del 1997, un perito fu nominato per valutare i beni del richiedente.
10. Il 17 giugno 1998, il curatore chiese al giudice delegato ("il giudice") l'autorizzazione a continuare tre procedimenti civili iniziati dal richiedente anteriori alla sua dichiarazione di fallimento.
11. Il 13 luglio 1998, il giudice accolse questa domanda.
12. Il 13 settembre 1999, la società B.P.A. fece opposizione al passivo del fallimento.
13. Con un giudizio in una data non precisata, il tribunale accolse questa domanda.
14. Il perito non avendo depositato il suo rapporto di perizia, il 24 febbraio 2000, il curatore chiese al giudice di sollecitare il perito.
15. Il 29 febbraio 2000, il giudice accolse questa domanda.
16. Il rapporto di perizia essendo sempre non depositato, il 4 settembre 2001, il curatore chiese di nuovo al giudice di sollecitare il perito o di nominarne un altro.
17. Il 15 settembre 2001, il giudice nominò un altro perito.
18. Con una decisione depositata il 25 gennaio 2005, il giudice restrinse il procedimento per la ripartizione finale dell'attivo del fallimento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006, Albanese c,). Italia, no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006, e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
20. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito è sottoposta al controllo del curatore. Invocando l'articolo 1 del Protocollo no 1, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l'abbia privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l'articolo 2 del Protocollo no 4, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati così:
Articolo 8 della Convenzione
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
Articolo 1 del Protocollo no 1
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Articolo 2 del Protocollo no 4
"1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell'ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
21. Il Governo sostiene che il richiedente si sarebbe potuto lamentare delle incapacità prolungate derivanti dal suo collocamento in fallimento dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge Pinto. Si riferisce, tra l’altro, alla sentenza della Corte di cassazione no 362 del 2003.
22. Il richiedente pretende che la legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso efficace per lamentarsi della durata delle incapacità personali che derivano del collocamento in fallimento.
23. La Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità che derivano dello statuto di fallito.
24. La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che deve essere esatto dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell'articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
25. Non avendo introdotto il richiedente un ricorso conformemente alla legge Pinto, la Corte stima che questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
26. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata nella misura in cui, in ragione dell'iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, non può essere chiesta che cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. L'articolo 8 è formulato così:
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
A. Sull'ammissibilità
27. La Corte constata che la lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
28. La Corte considera che l'insieme delle incapacità che derivano dall'iscrizione del nome del fallito nel registro provoca in sé un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata del richiedente che, tenuto conto della natura automatica di suddetta iscrizione, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, non è "necessaria in una società democratica" al senso dell'articolo 8 § 2 della Convenzione.
La Corte stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
29. Invocando l'articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali toccate durante tutto il procedimento di fallimento e fino all'ottenimento della sua riabilitazione. Questo articolo è formulato così:
"Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali. "
A. Sull'ammissibilità
30. In quanto alla parte della lagnanza concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni, articolo 1 del Protocollo no 1, della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente, articolo 2 del Protocollo no 4, la Corte ricorda avere concluso all'inammissibilità di queste lagnanze. Pertanto, stima che, non trattandosi di lagnanze "difendibili" allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
31. In quanto alla parte della lagnanza che riguarda le incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e perdurando fino all'ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
32. La Corte ha trattato già cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46, 17 luglio 2003).
33. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento che possano condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
Pertanto, la Corte conclude che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
35. Il richiedente presenta una perizia che valuta a 86 097,29 euro (EUR) il danno materiale che avrebbe subito. Questa somma corrisponde al salario minimo (pensione sociale) che questo avrebbe ricevuto a partire dalla sua dichiarazione di fallimento. Il richiedente richiede anche 200 000 EUR per il danno morale che avrebbe subito.
36. Il Governo contesta queste pretese.
37. La Corte non vede legame causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la domanda. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo di tutte le circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono per loro stesse una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
38. Il richiedente chiede anche 29 927,4 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte così come 1 653,58 EUR per gli oneri di perizia.
39. Il Governo contesta queste pretese.
40. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR a titolo di oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto alle lagnanze derivate dagli articoli 8 della Convenzione, in quanto al diritto al rispetto della vita privata del richiedente, e 13 della Convenzione, in quanto alla mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono da sole una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 24 maggio 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Vincent Pastore John Hedigan
Cancelliere Presidente