Conclusione Violazione dell'art. 6-1; non luogo a procedere ad esaminare P1-1; Danno materiale - domanda respinta; Danno morale - risarcimento pecuniario; Oneri e spese (procedimento nazionale) - domanda respinta; Rimborso oneri e spese - procedimento della Convenzione
SECONDA SEZIONE
Causa Francesca MASTRANTONIO c. ITALIA
( Richiesta n° 46979/99)
SENTENZA
STRASBURGO
1 marzo 2001
DEFINITIVO
01/06/2001
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma prima dell'uscita della sua versione definitiva.
Nella causa Francesca Mastrantonio c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. A.B. Baka, presidente,
B. Conforti, G. Bonello, la Sig.ra V. Strážnická, il
Sig. P. Lorenzen, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska,.
Il Sig. E. Levits, giudici,
e del Sig. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 febbraio 2001,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina italiana, la Sig.ra F. M ("il richiedente"), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell'uomo il 12 dicembre 1997 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione"). La richiesta è stata registrata il 22 marzo 1999 sotto il numero di pratica 46979/99. Il richiedente è rappresentato da C. C., avvocato a Novara. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. U. Leanza, e dal suo coagente, il Sig. V. Esposito.
2. La Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile il 2 marzo 2000.
IN FATTO
3. Il 2 ottobre 1979, il richiedente citò sua sorella, Sig.ra M., dinnanzi al tribunale di Patti (Messina) per ottenere la divisione di un immobile possedutoin comunione.
4. Il collocamento in stato della causa cominciò il 20 novembre 1979. Dopo un'udienza, con un'ordinanza del 20 giugno 1980, il giudice del collocamento in stato ordinò la comparizione personale delle parti e nominò un perito. Il 6 maggio 1980, il giudice rinviò la causa al 20 maggio 1980 perché quel giorno il perito era assente. A questa data, le parti non si presentarono ed il perito prestò giuramento. Le udienze del 18 novembre 1980, 17 febbraio e 5 maggio 1981 riguardarono la perizia. Il 7 luglio 1981, la causa fu rinviata al 12 gennaio 1982, data in cui il giudice fissò la data per la presentazione delle conclusioni al 20 marzo 1982. Questa udienza si tenne il 6 aprile 1982 e l'udienza di arringhe dinnanzi alla camera competente ebbe luogo il 7 luglio 1982.
5. Con un giudizio del 14 luglio 1982 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 29 luglio 1982, il tribunale dichiarò proprietario esclusivo dell'immobile la convenuta e condannò questa a pagare una somma corrispondente al valore della sua parte dell'immobile al richiedente.
6. Il 24 settembre 1982, il richiedente interpose appello dinnanzi alla corte di appello di Messina per ottenere la divisione dell'immobile in due parti aventi lo stesso valore.
7. Il collocamento in stato della causa cominciò il 17 dicembre 1982. Questo giorno, il consigliere del collocamento in stato fissò la data per la presentazione delle conclusioni al 4 febbraio 1983. L'udienza di arringhe dinnanzi alla camera competente si tenne il 19 marzo 1983. Con un'ordinanza del 26 marzo 1983, la corte di appello nominò un perito. Dopo un tentativo di ordinamento amichevole, con un'ordinanza del 10 novembre 1983, il presidente rinviò la causa al 16 dicembre 1983 per il giuramento del perito. Delle quattro udienze che si tennero tra il 6 aprile 1984 ed il 1 marzo 1985, tre furono rinviate su richiesta della convenuta ed una su richiesta delle parti. L'udienza contemplata per il 4 ottobre 1985 si tenne il 18 ottobre 1985, data in cui il presidente rinviò la causa al 6 dicembre 1985 per la presentazione delle conclusioni. Suddetta udienza ebbe luogo il 20 dicembre 1985 e l'udienza di arringhe dinnanzi alla camera competente fu fissata al 9 ottobre 1986. In questa data, le parti chiesero un rinvio. Il 12 febbraio 1987, il presidente mise la causa in delibera.
8. Con una sentenza dello stesso giorno il cui testo fu depositato alla cancelleria il 29 maggio 1987, la corte di appello di Messina ordinò l'asta pubblica dell'immobile e, con un'ordinanza del 19 febbraio 1987, rimise la causa al consigliere del collocamento in stato per procedere alla vendita e fissò la data dell'udienza al 1 luglio 1987. Con un'ordinanza del 10 luglio 1987, il consigliere del collocamento in stato ordinò la comparizione personale delle parti al 7 ottobre 1987 in vista di un eventuale ordinamento amichevole.
9. Nel frattempo, la sorella del richiedente era ricorsa in cassazione contro la sentenza e l'ordinanza della corte di appello il 18 luglio 1987, e, il 13 ottobre 1987, il richiedente aveva presentato una contro-ricorso.
10. Con un'ordinanza del 1 ottobre 1987, la corte di appello sospese l'esecuzione del giudizio e, il 7 ottobre 1987 il consigliere del collocamento in stato sospese il procedimento nell'attesa della conclusione del procedimento pendente dinnanzi alla Corte di cassazione.
11. Con una sentenza del 30 gennaio 1991 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 20 novembre 1991, la Corte di cassazione annullò la sentenza della corte di appello del 29 maggio 1987 perché questa non era stata firmata dal presidente e rimise la causa alla stessa corte di appello.
12. Con un'ordinanza del 27 aprile 1993, il presidente della corte di appello rimise la causa dinnanzi al consigliere del collocamento in stato fissando la data dell'udienza al 28 ottobre 1993. Venuto il giorno, il presidente sostituì uno dei giudici e rinviò la causa al 17 novembre 1993, data in cui le parti chiesero un rinvio. Il 16 febbraio 1994, il consigliere del collocamento in stato ordinò la sospensione del procedimento perché la sentenza della corte di appello del 29 maggio 1987 era stata annullata dalla Corte di cassazione e quindi, di conseguenza, era impossibile procedere alla vendita del terreno.
13. Nel frattempo, nel maggio 1992, il richiedente riprese il procedimento dinnanzi alla corte di appello di Messina. Il collocamento in stato della causa cominciò il 2 luglio 1992, data alla quale le parti chiesero un rinvio. Il 14 gennaio 1993, la corte di appello mise la causa in delibera. Con un'ordinanza del 5 marzo 1993, la corte di appello riaprì il collocamento in stato ed ordinò una perizia. Il perito fu nominato il 21 aprile 1993 e prestò giuramento il 16 giugno 1993. Il 17 novembre 1993, la sorella del richiedente chiese la congiunzione della presente causa con quella pendente dinnanzi alla stessa corte di appello ed avente per oggetto la vendita dell'immobile oggetto della controversia. Il 16 febbraio 1994, il consigliere del collocamento in stato respinse la domanda di congiunzione dei due procedimenti, dato che uno riguardava la ripresa della causa in seguito all'annullamento della sentenza da parte della Corte di cassazione e l'altro era relativo alla vendita dell'immobile ordinato da suddetta sentenza, e rinviò la causa al 16 marzo 1994. Giunto il giorno, le parti chiesero un rinvio per esaminare il rapporto di perizia. Il 4 maggio 1994, le parti presentarono le loro conclusioni ed il giudice rinviò la causa al 15 giugno 1994. L'udienza di arringhe dinnanzi alla camera competente fu fissata al 19 ottobre 1995.
14. Con una sentenza del 2 novembre 1995 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 3 febbraio 1996, la corte di appello rivalutò la somma che la Sig.ra M. doveva pagare al richiedente e confermò per il resto il giudizio di prima istanza.
15. Il 12 dicembre 1996, il richiedente ricorse in cassazione e, in seguito, la Sig.ra M. presentò uno contro ricorso. Il 31 luglio 1998, le parti giunsero ad un ordinamento amichevole. Con un'ordinanza del 2 ottobre 1998, la Corte di cassazione dichiarò l'estinzione del procedimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
16. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del "termine ragionevole" come previsto con l'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale (…) che deciderà (…) delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (…)"
17. Il Governo si oppone a questa tesi.
18. Il periodo da considerare è cominciato il 2 ottobre 1979 e si è concluso il 31 luglio 1998.
19. È durato circa diciotto anni e dieci mesi dunque.
20. La Corte ricorda avere constatato in quattro sentenze dal 28 luglio 1999 (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], n° 34884/97, § 22, CEDH 1999-V) l'esistenza in Italia di una pratica contraria alla Convenzione risultante da un accumulo di trasgressioni all'esigenza del "termine ragionevole." Nella misura in cui la Corte constata simile trasgressione, questo accumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell'articolo 6 § 1.
21. Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che la durata del procedimento controverso non risponde all'esigenza del "termine ragionevole" e che c'è ancora una manifestazione della pratica precitata.
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1
22. Il richiedente si lamenta anche del fatto che la lunghezza del procedimento controverso ha recato offesa al diritto al rispetto dei suoi beni come garantito dall'articolo 1 del Protocollo n° 1.
23. Avuto riguardo della constatazione relativa all'articolo 6 § 1, paragrafo 21 sopra, la Corte stima che non c'è luogo di esaminare se c'è stata, nello specifico, violazione di questa disposizione (vedere la sentenza Zanghì c. Italia del 19 febbraio 1991, serie A n° 194-C, p. 47, § 23).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
24. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. DANNO
25. Il richiedente richiede 75 000 000 lire italiane (ITL) a titolo del danno materiale e 50 000 000 ITL a titolo del danno morale che avrebbe subito.
26. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In compenso, la Corte considera che c'è luogo di concedere al richiedente 50 000 000 ITL a titolo del danno morale.
B. ONERI E SPESE
27. Il richiedente chiede anche 36 000 000 ITL per oneri e spese incorsi dinnanzi alle giurisdizioni interne e 3 625 444 ITL per quelli incorsi dinnanzi alla Corte.
28. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese se non nella misura in cui si trovano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, per esempio, la sentenza Bottazzi precitata, § 30). Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 3 625 444 ITL per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda al richiedente.
C. INTERESSI MORATORI
29. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza era del 3,5% l'anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare la lagnanza derivata dall'articolo 1 del Protocollo n°1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza è diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 50 000 000 (cinquanta milioni) di lire italiane per danno morale e 3 625 444 (tre milioni sei cento venticinquemila quattro cento quarantaquattro) di lire italiane per oneri e spese;
b) che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 3,5% l'anno a contare dalla scadenza di questo termine e fino al versamento;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 marzo 2001, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Erik Fribergh András Baka
Cancelliere Presidente