Conclusione Violazione dell'art. 8; violazione di P1-1, Violazione di P4-2; Violazione dell'art. 13; danno morale - risarcimento pecuniario
TERZA SEZIONE
CAUSA FORTE C. ITALIA
( Richiesta no 77986/0),
SENTENZA
STRASBURGO
10 novembre 2005
DEFINITIVO
10/02/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Forte c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta di:
SIGG.. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska,
Sigg.. V. Zagrebelsky, E. Myjer, Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. Sig. Villiger, cancelliere aggiunge di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 ottobre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 77986/01) diretta contro la Repubblica italiana e IN cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. F. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 10 settembre 2001 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da Me C. F., avvocato a Cassino (Frosinone). Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, il suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, ed il suo coagente aggiungono, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 6 maggio 2004, la Corte, terza sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze derivate dell'articolo 8 della Convenzione, in quanto al diritto al rispetto della corrispondenza, 1 del Protocollo no 1, 2 del Protocollo no 4 e 13 della Convenzione al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminati l'ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
4. Il richiedente è nato nel 1933 e ha risieduto a Cassino (Frosinone).
5. Con un giudizio depositato il 1 febbraio 1986, il tribunale di Cassino ("il tribunale") dichiarò il fallimento personale del richiedente in quanto amministratore di una società commerciale.
6. Il 30 marzo 1986, lo stato passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo.
7. Tra l’8 maggio 1987 ed l’8 maggio 1992, il tribunale ammise sette creditori al passivo del fallimento.
8. Ad una data non precisata, il curatore del fallimento si sostituì al richiedente in un procedimento dinnanzi al tribunale (cause riunite numeri 154/76, 714/86 e 936/89) cominciate nel 1976 aventi per oggetto, tra altri, la liquidazione dell'apporto (quota sociale) di certi vecchi associati del richiedente.
9. Con un giudizio del 12 aprile 1991, il tribunale liquidò, tra altri, questo apporto.
10. Il 27 maggio 1994, il giudice delegato chiese al perito di redigere un rapporto che indicasse le modalità di attribuzione dell'apporto liquidato agli anziani associati del richiedente.
11. Il 4 ottobre 1996, il perito depositò il suo rapporto.
12. Il 16 gennaio 1998, il giudice del collocamento in stato delle suddette cause riunite fissò al 29 maggio 1998 un'udienza per l'attribuzione dei beni agli anziani associati del richiedente.
13. Questa udienza fu rinviata fino al 17 marzo 1999, data alla quale il giudice del collocamento in stato autorizzò l'attribuzione di detti beni, a tre riprese.
14. Il 24 luglio 1999, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale una domanda di concordato.
15. Il 30 luglio 1999, il giudice delegato chiese il parere del curatore che, il 5 dicembre 2000, espresse il suo parere favorevole.
16. Con un giudizio depositato il 12 marzo 2001 ed avendo acquisito forza di cosa giudicata il 30 marzo 2001, il tribunale omologò la domanda di concordato del richiedente.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEI GLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
17. Invocando gli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 il richiedente si lamenta in particolare della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, in ragione della durata del procedimento.
Questi articoli sono formulati così:
Articolo 8 della Convenzione
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non si può avere ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto che per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e che costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà di altrui. "
Articolo 1 del Protocollo no 1
"Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiede gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Articolo 2 del Protocollo no 4
"1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolare ci liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualunque paese, ivi compreso il suo.
3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni che quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell'ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà di altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in certe determinate zone, essere oggetto di restrizioni che, previste dalla legge, sono giustificate dall'interesse pubblico in una società democratica. "
A. Sull'ammissibilità
18. Il Governo sostiene al primo colpo che la richiesta dovrebbe essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, non avendo il richiedente esaurito il rimedio fornito dalla legge Pinto. Osserva che, nella sentenza no 362 del 2003 depositato il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione, confermando che una decisione della corte di appello di Venezia relativa ad un ricorso, introtto conformemente alla legge Pinto che riguarda la durata di un procedimento di fallimento, ha affermato che la liquidazione del danno non patrimoniale è il risultato di una valutazione del giudice, deliberando in equità che deve tenere conto di ogni circostanza del caso di specifico. Ha osservato che "la decisione attaccata ha, a buon diritto, affermato che, nel caso di specifico, il danno morale è il risultato di una situazione di malessere del richiedente dovuta al prolungamento, al di là del termine ragionevole del procedimento, dello statuto di fallito e delle limitazioni ivi relative riguardanti la libertà di circolazione, i diritti elettorali, la possibilità di esercitare delle libere professioni, e che la liquidazione di suddetto danno non può avvenire che attraverso una valutazione equa che tenga conto, in più della durata del procedimento, della natura privata dei diritti della persona totalmente o toccati" parzialmente.
19. Il Governo rileva infine che il richiedente non ha fatto opposizione al giudizio che dichiara il suo fallimento e che, comunque, la restrizione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione sono proporzionati all'obiettivo di proteggere i creditori del fallimento.
20. Il richiedente sostiene che, non riguardano la richiesta direttamente la durata del procedimento ma altri diritti garantiti dalla Convenzione, non era obbligato ad esaurire il rimedio previsto dalla legge Pinto, ed osserva che le limitazioni che derivano del suo collocamento in fallimento sono sproporzionate all'obiettivo perseguito, in particolare in ragione della durata del procedimento.
21. Contesta anche che il ricorso in opposizione sia un rimedio efficace per lamentarsi del prolungamento di suddette limitazioni.
22. La Corte constata che la sentenza della Corte di cassazione no 362 del 2003 riconosce che la liquidazione del danno morale in materia di lunghezza di procedimento di fallimento non può farsi che tenendo conto delle incapacità che toccano il fallito durante tutto il procedimento.
23. Allo stesso tempo, ricorda che la regola dell'esaurimento delle vie di ricorso interne deve applicarsi con una certa agilità e senza formalismo eccessivo. In più, controllando il rispetto, bisogna avere più riguardo delle circostanze della causa. Ciò notifica in particolare che la Corte deve tenere non solo conto in modo realista dei ricorsi contemplati in teoria nel sistema giuridico della Parte contraente riguardata, ma anche del contesto giuridico in cui si trovano (Selmouni c. Francia [GC], no 25803/94, § 77, CEDH 1999-V.)
24. Nel caso specifico, la Corte stima che, a contare dalla sentenza della Corte di cassazione depositata il 14 gennaio 2003, la via di ricorso interno prevista dalla legge Pinto aveva acquisito un grado di certezza giuridica che basta non solo in teoria ma anche in pratica per potere e dovere essere utilizzato a prima vista ai fini dell'articolo 35 §1 della Convenzione, ciò, fin dal giorno del deposito alla cancelleria della sentenza (Broca e Texier-Micault c. Francia, i nostri 27928/02 e 31694/02, § 19, 21 ottobre 2003).
25. La Corte osserva che per certi richiedenti il termine per introdurre un ricorso conformemente alla legge Pinto poteva concludersi nei giorni seguenti il deposito della sentenza alla cancelleria. Conviene dunque fissare una data posteriore a quella del deposito della sentenza che prende in considerazione il tempo necessario per prendere cognizione di questo. La Corte giudica ragionevole di considerare che la sentenza in questione non possa più essere ignorata dal pubblico a partire dal 14 luglio 2003. Ne conclude che è a partire da questa data che deve essere esatto dai richiedenti che utilizzano questo ricorso ai fini dell'articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Di Salute c. Italia, no 56079/00, déc., 24 giugno 2004).
26. Nel caso specifico, il richiedente avrebbe potuto introdurre un ricorso conformemente alla legge Pinto al più tardi il 30 settembre 2001, cioè sei mesi dopo il 30 marzo 2001, data alla quale il giudizio di omologazione del concordato del fallimento ha acquisito forza di cosa giudicata.
27. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, a questa data, il richiedente non si sarebbe potuto lamentare efficacemente delle incapacità che derivano dwl suo collocamento in fallimento, in particolare in ragione della durata del procedimento. La Corte stima dunque che questa eccezione del Governo deve essere respinta.
28. In quanto alla possibilità per il richiedente di introdurre un ricorso in opposizione al giudizio che dichiara il suo fallimento, la Corte osserva che questo ricorso, regolamentato dall'articolo 18 della legge sul fallimento, contempla la possibilità per il richiedente di investire il tribunale nei quindici giorni seguenti la cognizione effettiva del giudizio che dichiara il suo fallimento per contestare la legittimità di questo e ottenerne la revoca. Dell'avviso della Corte, questo ricorso non costituisce un rimedio efficace per lamentarsi della limitazione prolungata delle capacità personali e patrimoniali dunque del fallito, tenuto conto in particolare del termine contemplato per la sua introduzione (vedere Neroni c). Italia, no 7503/02, § 35, 22 aprile 2004).
29. La Corte constata inoltre che queste lagnanze non sono manifestamente male fondate al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non cozzano contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararli ammissibili dunque.
B. Sul merito
30. La Corte ha trattato già cause che sollevano delle questioni simili a queste del caso specifico e ha constatato la violazione degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4 (vedere in particolare la sentenza Luordo c). Italia, no 32190/96, §§ 62-97, CEDH 2003-IX).
31. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento che potesse condurre ad una conclusione differente nel presente caso. Il procedimento di fallimento è durato circa quindici anni e due mesi, ciò che ha provocato la rottura del giusto equilibrio tra gli interessi generali del pagamento dei creditori del fallimento e gli interessi individuali del richiedente, ossia il suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni ed alla sua libertà di circolazione. Le ingerenze nei diritti e libertà del richiedente si sono rivelate sproporzionate all'obiettivo perseguito.
32. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che ci sia stata violazione degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
33. Invocando l'articolo 13, il richiedente si lamenta anche della mancanza in diritto italiano di un ricorso effettivo per lamentarsi delle restrizioni ai suoi diritti garantiti dagli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4. Questo articolo è formulato così:
"Ogni persona di cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali. "
34. Il Governo non presenta osservazioni su questo punto.
A. Sull'ammissibilità
35. La Corte constata che questa lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non si urta contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
36. La Corte ha trattato già cause che sollevano delle questioni simili a queste del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c). Italia, no 56298/00, § 41-46, 17 luglio 2003, e Neroni, precitato).
37. La Corte ha esaminato la presente lagnanza e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento che possa condurre ad una conclusione differente nel presente caso.
38. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che ci sia stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
40. Il richiedente richiede 300 000 euro (EUR,)a titolo del danno materiale e 200 000 EUR per il danno morale che avrebbe subito.
41. Il Governo si oppone a queste pretese.
42. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In compenso, considera che c'è luogo di concedere al richiedente 33 000 EUR per il del danno morale.
B. Oneri e spese
43. Il richiedente si rimette si alla Corte in quanto alla concessione degli oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte ed egli non ha presentato nessuno giustificativo a sostegno di questa richiesta.
44. Il Governo si oppone a queste pretese.
45. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui vengono stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, la Corte rileva che il richiedente ha omesso di presentare dei giustificativi che permettono di calcolare gli oneri e spese in modo precise. Respinge pertanto la domanda del richiedente.
C. Interessi moratori
46. La Corte giudica appropriata di basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 2 del Protocollo no 4;
5. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
6. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 33 000 EUR, trentatremila euro, per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;
7. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 10 novembre 2005 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Marco Villiger Boštjan il Sig. Zupančič
Greffier aggiunge Presidente
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