SECONDA SEZIONE
CAUSA FLAVIANO PARRELLA C. ITALIA
(Richiesta no 39814/02)
SENTENZA
STRASBURGO
22 luglio 2008
DEFINITIVO
22/10/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Flaviano Parrella c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 39814/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. P. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 14 ottobre 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da A. N. ed E. V., avvocati a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 28 novembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l'ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1973 e ha risieduto a Benevento.
A. Il procedimento principale
5. Il 14 dicembre 1991, il richiedente citò il Sig. e la Sig.ra N., così come la loro compagnia di assicurazioni, F., dinnanzi al tribunale di Benevento (RG no 4507/91) per ottenere il risarcimento dei danni materiali e fisici, stimati a 45 000 000 lire [o 23 240,56 euro (EUR)], subiti in ragione di un incidente stradale.
Il collocamento in stato della causa cominciò il 21 dicembre 1991. Delle venti udienze fissate tra il 12 marzo 1992 ed il 31 marzo 2000, quattro furono rinviati su richiesta delle parti, sette d’ufficio, due riguardavano l'ascolto delle parti, due l'ascolto di testimoni ed una il tentativo di ordinamento amichevole.
Il 16 giugno 2000, in applicazione della legge no 276 del 22 luglio 1997 ("sezioni stralcio"), il magistrato che dirigeva il collegio incaricò un giudice onorario ("Giudice Onorario Aggregato") della causa. Il 30 giugno 2000, l'udienza successiva fu fissata al 19 gennaio 2001.
6. Dopo un'udienza rinviata d’ufficio e due in ragione della mancanza delle parti, il 15 febbraio 2002 il giudice cancellò la causa dal ruolo.
B. Il procedimento "Pinto"
7. Il 16 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Roma conformemente alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detta "legge Pinto", per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di concludere alla violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti. Chiese in particolare 18 000 000 lire (o 9 296,22 EUR) per danno morale.
8. Con una decisione del 17 giugno 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 29 luglio 2002, la corte di appello valutò tutto il procedimento e constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 2 000 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 1 720 EUR per oneri e spese, ivi compreso quelli per il procedimento dinnanzi alla Corte europea.
9. Il 17 settembre 2002, il rappresentante legale del ministero della Giustizia ricorse in cassazione (RG nº 23315/02). Tenuto conto della conclusione del procedimento al principale, l'avvocato sostenne che il richiedente non aveva potuto subire nessun danno morale dalla durata di un procedimento di cui aveva perso interesse. In più, sostenne che la corte di appello aveva considerato contro l'amministrazione pubblica la durata di certe udienze, in particolare quelle dovute a scioperi degli avvocati delle parti che sfuggivano al suo controllo e responsabilità . Infine, chiese l'annullamento della decisione della corte di appello al motivo che il richiedente non aveva supportato sufficientemente la sua richiesta. Essendo ricorso in cassazione il 4 ottobre 2002, il richiedente si oppose all’istanza del ministero della Giustizia e ne chiese il rigetto.
10. Con una sentenza del 25 giugno 2003 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 21 gennaio 2004, diventato definitivo lo stesso giorno, la Corte di cassazione respinse il ministero della Giustizia del suo ricorso. In quanto al primo motivo di appello, la cassazione lo respinse al motivo che il modo in cui il procedimento al principale si era concluso, in particolare con la radiazione dal ruolo, non poteva escludere che, ed in quale misura, il richiedente avesse potuto subire un danno morale legato alla durata del procedimento. In quanto alla valutazione presumibilmente erronea della corte di appello relativa al carico della durata di certe udienze, la cassazione dichiarò questo motivo di appello inammissibile. Infine, in ragione delle prove del danno morale subito dal richiedente, la Corte di cassazione considerò supportata sufficientemente l‘istanza introdotta dal richiedente dinnanzi alla corte di appello. Alla visto di queste considerazioni, nel caso di specifico la cassazione considerò che le motivazioni adottate dalla corte di appello di Roma dovevano essere considerate corrette e respinse la richiesta del ministero della giustizia.
11. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 24 giugno 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -...).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
13. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del "termine ragionevole" come previsto dall'articolo 6 § 1 della Convenzione. Si lamenta anche del ritardo nell'esecuzione della decisione "Pinto."
14. L'articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà , delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
15. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull'ammissibilitÃ
16. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma "Pinto" si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi "vittima" ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione.
17. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità .
B. Sul merito
18. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 14 dicembre 1991, data dell'introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al tribunale di Benevento, fino al 15 febbraio 2002, giorno in cui la causa fu cancellata dal ruolo. È durata dunque dieci anni e due mesi per un grado di giurisdizione.
19. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione "Pinto" è stata versata solamente il 24 giugno 2005, o più di trentaquattro mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento "Pinto" esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non ha fatto perdere al richiedente la sua qualità di "vittima" costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell'articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata dunque a ritornare su questa questione sotto l'angolo dall'articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitato, § 120).
20. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l'esigenza del "termine ragionevole."
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SU LE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
21. Il richiedente si lamenta anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbe stato vittima di una discriminazione fondata sulla ricchezza, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento "Pinto" così come del rischio di essere condannato a pagare gli oneri di procedimento in caso di rigetto del suo ricorso.
22. La Corte stima che c'è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l'angolo del diritto di accesso ad un tribunale allo sguardo dell'articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell'assistenza giudiziale gratuita in materia civile, il richiedente non ha chiesto questo aiuto. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge "Pinto" e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua istanza, accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si potrebbe parlare di ostacoli all'accesso ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, non potendo scoprire nessuna apparenza di violazione, la Corte dichiara questi motivi di appello inammissibili perché manifestamente mal fondati secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia,( déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
23. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
24. Il richiedente richiede 8 231 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
25. Il Governo contesta queste pretese.
26. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 12 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso quasi al richiedente il 17% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso "Pinto" ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità , assegna al richiedente 3 400 EUR così come 2 800 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 2 000 EUR, intervenuto solamente il 24 giugno 2005, o più di trentaquattro mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
27. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 6 940,72 EUR per gli oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
28. Il Governo contesta queste pretese.
29. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell'articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese incorse dinnanzi alle giurisdizioni "Pinto", stimando ragionevole la somma assegnata dall'istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese incorse dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati certamente sostenuti. Quindi, deliberando in equità , la Corte giudica ragionevole concedere 1 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
30. La Corte giudica appropriata ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
CON QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dall'articolo 6 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 6 200 EUR (seimila due cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 luglio 2008, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa