Conclusione Eccezione preliminare respinta, ratione materiae, vittima); Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA FIORE C. ITALIA
( Richiesta no 63864/00)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2005
DEFINITIVO
13/01/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Fiore c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen, il Sig.re N. Vajic,
S. Botoucharova, il Sig. V. Zagrebelsky, la Sig.ra E. Steiner,
Sigg. K. Hajiyev, giudici, e del Sig. S. Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 settembre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 63864/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra A. F. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 9 marzo 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato dal Sig. L. C., avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, M I.M. Braguglia, e dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli.
3. Il richiedente adduceva in particolare un attentato ingiustificato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
4. La richiesta è stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell'ordinamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 § 1 della Convenzione, è stata costituita conformemente all'articolo 26 § 1 dell'ordinamento.
5. Con una decisione del 18 giugno 2002, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile. Il 1 aprile 2004, la camera ha dichiarato il restante della richiesta ammissibile, articolo 54 § 3 dell'ordinamento.
6. Tanto il richiedente che il Governo ha deposto delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell'ordinamento.
7. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla prima sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente è nato nel 1927 e ha risieduto a Castelpagano.
9. E’ proprietario di un terreno di 2 380 metri quadrati ubicati a Castelpagano e registrato al catasto, foglio 30, appezzamento 115.
10. Il 4 marzo 1989, il Consiglio regionale di Campania (Giunta regionale) approvò il progetto di costruzione di una strada ed autorizzò la comunità di Contralto Tammaro, comunità montana, ad organizzare una richiesta di offerta per la realizzazione del lavoro. Con una decisione del 6 settembre 1989, la comunità sceglie l'impresa di costruzione Z.
11. Ad una data non precisata, ci fu occupazione materiale del terreno.
12. Il 23 ottobre 1989, il richiedente firmò una dichiarazione ("amichevole assenso all'immediata occupazione") con la quale diede il suo accordo all'occupazione. Risulta da questo documento che simile accordo non giudicava a priori per nulla il diritto dell'interessato ad ottenere un'indennità di espropriazione nel corso di due anni.
13. Con un'ordinanza del 10 maggio 1990, il sindaco di Castelpagano autorizzò l'occupazione di emergenza del terreno per un periodo massimale di due anni, in vista della sua espropriazione a causa di utilità pubblica.
14. Il 14 febbraio 1992, l'amministrazione notificò al richiedente che l'indennità di espropriazione era stata fissata provvisoriamente a 6 720 000 ITL. Questo approvò l'atto firmandolo.
15. Il 18 febbraio 1992, il richiedente firmò una dichiarazione nella quale si diceva di concludere presto un accordo di cessione del terreno ("cessione volontaria"), appena sarebbe stata convocato dinnanzi al notaio.
16. Il 18 maggio 1992, l'impresa Z. versò al richiedente la somma di 3 360 000 ITL a titolo di acconto sull'indennità di espropriazione.
17. Risulta dalla pratica che, nei seguenti mesi, nessuno atto di cessione del terreno fu firmato.
18. Con un atto di citazione notificato il 22 ottobre 1993, il richiedente introdusse un'azione in danno-interessi contro la comunità di contralto Tammaro dinnanzi al tribunale civile di Benevento. Adduceva che il suo terreno era stato occupato illegalmente, dato che l'occupazione materiale era cominciato prima che l'ordinanza del sindaco che autorizzava questa fosse presa. Inoltre, adduceva che benché i lavori di costruzione della strada abbiano trasformato il terreno fin dal 15 dicembre 1991, e che aveva perso ogni disponibilità del suo terreno, nessuno decreto di espropriazione era intervenuto. Il richiedente chiedeva di essere risarcito per la perdita del suo terreno e della sua mancanza a guadagnare.
19. Il 20 giugno 1994, la parte convenuta chiese l'appello in garanzia dell'impresa Z. Con un'ordinanza del 16 gennaio 1995, il tribunale accolse questa domanda.
20. In un rapporto depositato il 30 novembre 1998, il perito nominato dal tribunale indicò che l'occupazione del terreno aveva riguardato 1 920 metri quadrati di terreno. Considerando la mancanza di verbale concernente l'occupazione materiale, c'era luogo di considerare che l'occupazione era cominciata al più tardi il 23 ottobre 1989, data in cui il richiedente aveva dato il suo consenso all'occupazione. Il terreno era stato utilizzato fino a quel momento ai fini agricoli.
21. Il 27 giugno 1995, un decreto di espropriazione era stato notificato al richiedente nel frattempo,. Con un atto notificato il 2 agosto 1995, aveva contestato l'efficacia di questo decreto così come l'importo offerto a titolo di indennità di espropriazione in un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Napoli. Questa ultima aveva sospeso il procedimento, stimando che la conclusione del procedimento in danno-interessi che era stato introdotto dinnanzi al tribunale di Benevento precedentemente era pregiudiziale.
22. Il 16 aprile 2002, il consorzio T. Srl che riuniva le differenti imprese che avevano contribuito ai lavori stradali, si costituì parte nell procedimento. Il consorzio sosteneva in particolare che l'occupazione del terreno era legale, poiché nel 1989 il richiedente aveva acconsentito. In ogni caso, il richiedente aveva manifestato la sua intenzione di concludere un accordo di cessione del terreno ed aveva incassato un acconto; questo rendeva male fondato il ricorso del richiedente.
23. Nelle sue conclusioni, il richiedente sosteneva che l'occupazione doveva considerarsi come illegale ab initio, al motivo che la dichiarazione firmata dal richiedente non era di natura tale da legittimare l'occupazione del terreno, tanto più che era stata seguita da un'ordinanza che autorizzava l'occupazione, intervenuta più di sei mesi dopo l'occupazione materiale. Per il caso in cui, tuttavia, il giudice stimasse che il consenso fosse equivalso ad un'autorizzazione iniziale, l'occupazione era illegale a causa di illegalità sopraggiunta, visto che il terreno aveva continuato ad essere occupato al di là dei cinque anni previsti dalla legge. Il decreto di espropriazione è intervenuto troppo tardi e non esponeva i suoi effetti.
24. Con un giudizio del 17 febbraio 2005, il tribunale di Benevento dichiarò che l'occupazione del terreno era illegale poiché il procedimento di espropriazione non era stato condotto a termine. Constatò poi che il terreno era stato trasformato irreversibilmente dalla costruzione della strada. Alla vista di questi elementi, conformemente al principio dell'espropriazione indiretta, occupazione acquisitiva, il tribunale dichiarò in modo retroattivo il richiedente privato del suo terreno, visto che la proprietà del terreno era passata all'amministrazione per effetto della trasformazione irreversibile del terreno. Appellandosi a una perizia che valutava il terreno nel 1989, c'era luogo secondo il tribunale di accordare un indennizzo a concorrenza di 4 183, 33 EUR, più indicizzazione ed interessi che doveva essere messa solidalmente a carico delle parti convenute. In quanto agli oneri di procedimento, questi furono rimborsati al richiedente a concorrenza di 1 167, 70 EUR più 3 850 EUR per parcella dell’ avvocato.
25. Con un atto notificato il 13 aprile 2005, la comunità di contralto Tammaro interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Napoli. Adduceva in particolare la mancanza di locus standi e sosteneva che ogni responsabilità spettava alle imprese che avevano effettuato i lavori. Peraltro, l'amministrazione arguiva che alla vista delle dichiarazioni del richiedente, l'occupazione del terreno era legale ed il procedimento di espropriazione era regolare. Inoltre, ricordava che il richiedente aveva incassato già una somma a titolo di acconto sull'indennità di espropriazione ed adduceva che la somma doveva essere dedotta dall'indennità accordata dal tribunale.
26. Il procedimento è tuttora pendente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L'occupazione di emergenza di un terreno
24. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all'amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell'espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l'amministrazione può decretare l'occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l'occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
25. L'occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un'indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l'indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l'amministrazione proceda ad un'offerta di indennizzo.
b) Il principio dell'espropriazione indiretta ("occupazione acquisitiva" o "accessione invertita")
26. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell'occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l'interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
27. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un'occupazione illegale ab initio, o un'occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l'occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
28. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un'azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l'illegalità derivante dall'occupazione era permanente. L'amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l'azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l'indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
29. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l'amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
30. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L'interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
31. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell'espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un'espropriazione formale quando, dopo l'occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell'occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l'occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l'occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l'interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l'acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull'interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
32. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l'occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
33. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell'espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l'articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l'amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l'interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull'interesse dell'individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l'applicazione all'azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall'articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell'espropriazione indiretta
34. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell'amministrazione conosce delle eccezioni.
35. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c'è espropriazione indiretta quando le decisioni dell'amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
36. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l'amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l'interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L'illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
37. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c'è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell'espropriazione indiretta non si applica dunque. L'interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L'introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
38. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell'espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
39. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c'è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
40. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull'espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
41. Ai termini dell'articolo 3 di questa legge, "Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un'espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all'articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell'occupazione illegale."
42. Interpretando l'articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: "Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni - ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni - e l'interesse pubblico - concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate - ha dato la precedenza a questo ultimo interesse."
5. L'importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
43. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all'interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l'occupazione illegale.
44. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l'importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l'importo dell'indennità contemplata per il caso di un'espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
45. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l'indennizzo integrale non poteva essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l'indennizzo equivaleva all'importo dell'indennità contemplata nel caso di un'espropriazione formale, nell'ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
46. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un'indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l'occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
47. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell'espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
48. Alla vista della constatazione di violazione dell'articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell'espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
49. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell'espropriazione indiretta - ha detto che in materia dell'uniformità della giurisprudenza, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente "prevedibile" a contare del 1983. Per questo fatto, l'espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all'indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall'interessato, ed in particolare al valore del terreno, l'indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
50. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro "pubblico" poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come "realizzato" e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l'articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l'amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l'espropriazione indiretta non potrebbe costituire un'alternativa ("una mera alternativa") ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito "il Repertorio,
51. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell'espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all'insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
52. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell'autorità che l'ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L'autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L'autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULLE ECCEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO
56. Nelle sue osservazioni prima dell'ammissibilità, il Governo osservava al primo colpo che nel 1989, il richiedente aveva dato il suo accordo scritto affinché il suo terreno fosse occupato; che nel 1992, aveva ricevuto un acconto sull'indennità di espropriazione e che, quattro giorni più tardi, aveva firmato una dichiarazione unilaterale per manifestare la sua volontà di cedere il terreno, sotto riserva della conclusione di questo atto dinnanzi al notaio.
Alla luce di queste considerazioni, il Governo sosteneva che il richiedente non era autorizzato ad addurre la violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 e concludeva al rigetto della richiesta come essendo manifestamente male fondata. Qui acclusa a queste osservazioni, c'era una nota redatta dalla comunità di contralto Tammaro nella quale questa amministrazione affermava che il richiedente non era più il proprietario del terreno, visto che il procedimento di espropriazione era stato condotto a termine, e sosteneva che il richiedente era stato privato del suo bene in modo conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1.
57. Nelle sue osservazioni sul merito, il Governo "porta delle precisazioni" alle osservazioni presentate prima dell'ammissibilità. Ciò facendo, solleva due eccezioni preliminari.
58. In primo luogo, il Governo eccepisce dell'incompatibilità ratione materiae della situazione denunciata con la Convenzione. Secondo lui, le dichiarazioni unilaterali del richiedente hanno per conseguenza di cancellare il carattere "pubblico" del contenzioso che oppone l'interessato all'amministrazione. Si tratterebbe di un procedimento riguardante una promessa di vendita, che esula dal campo di applicazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
59. In secondo luogo, il Governo sostiene avere voluto addurre, all'epoca, una mancanza di requisito di "vittima" al motivo che il richiedente aveva manifestato la sua volontà a farsi espropriare e che aveva potuto incassare un acconto. Secondo il Governo, non vi è stata ingerenza da parte delle autorità pubbliche, poiché non c'è stata coercizione. Il fatto che l'accordo di cessione del terreno non sia stato concluso non rimetterebbe in causa questo argomento, al motivo che la responsabilità di questo non conclusione è imputabile al cambiamento di strategia del richiedente.
60. Il richiedente chiede il rigetto delle eccezioni.
61. In quanto alla prima eccezione, la Corte ricorda che ai termini dell'articolo 55 del suo ordinamento, "Se la Parte contraente convenuta intende sollevare un'eccezione di inammissibilità, deve farlo, per quanto la natura dell'eccezione e le circostanze lo permettono, nelle osservazioni scritte od orali sull'ammissibilità della richiesta " Ora, risulta dalla pratica che questa condizione non si trova assolta nello specifico. C'è dunque decadenza.
62. In quanto alla seconda eccezione, la Corte stima che questa può passare per essere stata sollevata in sostanza prima della decisione sull'ammissibilità. Peraltro, la Corte unisce questa eccezione al merito.
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
63. Il richiedente adduce essere stato privato del suo terreno per effetto dell'occupazione di questo e della costruzione di una strada. Secondo lui, questa situazione ha recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti all'articolo 1 del Protocollo no 1, così redatto,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Tesi difese dinnanzi alla Corte
1. Il richiedente
64. Il richiedente fa osservare che ha perso la disponibilità del suo terreno nel 1989, o a contare dal momento in cui il terreno è stato occupato materialmente, in parte anteriore anche all'ordinanza del 10 maggio 1990 con la quale il sindaco di Castelpagano autorizzò l'occupazione di emergenza del terreno. Questa situazione è diventata definitiva col completamento dei lavori, nel dicembre 1991. In quanto all'accordo che ha dato all'occupazione, il richiedente sostiene che, visto gli sviluppi ulteriori del procedimento di espropriazione, questo accordo non ha prodotto nessuno effetto. Il richiedente considera che, in queste circostanze, è stata in sostanza privato del suo bene e ha sottolineato l'illegalità di questa situazione, in mancanza di un decreto di espropriazione secondo le forme.
65. In quanto al procedimento impegnato nel 1992 dinnanzi al tribunale di Benevento, questo è sempre pendente. Il richiedente non ha ottenuto così, ancora una decisione che delibera definitivamente sulla situazione denunciata e sul suo diritto a risarcimento. In mancanza di un giudizio definitivo, questa situazione sarebbe sorgente di incertezza e di imprevedibilità. L'illegalità commessa dall'amministrazione non costituirebbe quindi, solamente una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo, ma anche una violazione sostanziale del suo diritto di proprietà.
66. In conclusione, il richiedente chiede alla Corte di concludere alla violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
2. Il Governo
67. Secondo il Governo, il contenzioso impegnato dal richiedente non riguarda la questione di sapere se l'interessato è stato privato o no del suo bene, ma unicamente sulla base di che titolo ha perso il suo terreno.
68. Il Governo sostiene a titolo principale che l'occupazione del terreno è intervenuta nella cornice di un procedimento di espropriazione che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica del lavoro a realizzare. Secondo lui, l'occupazione del terreno deve passare per "inizialmente autorizzata", anche se il titolo sul quale l'occupazione materiale si fonda è una dichiarazione di consenso del richiedente e non un'ordinanza di occupazione di emergenza.
69. Osserva poi che la dichiarazione con la quale il richiedente ha manifestato la sua volontà di farsi espropriare mediante la sottoscrizione di un accordo di cessione avrebbe dovuto, logicamente, condurre alla firma di questo accordo. E, tuttavia, questo accordo non ha avuto luogo. Il Governo nega che l'amministrazione abbia abbandonato il progetto di concludere un accordo di cessione per, al suo posto, procedere ad un'espropriazione con decreto. Rimprovera al richiedente di avere cambiato inopinatamente parere. Secondo il Governo, il cambiamento di strategia del richiedente deve essere stato ispirato dai consigli di qualche persona più avveduta che l'avrebbe convinto di impegnare un'azione in danno-interessi, speculando sugli utili economici che deriverebbero dai mancamenti dell'amministrazione pubblica.
70. Ai sole fini di "completare la sua difesa", ad abundantiam, il Governo consacra ventotto pagine su trentasette alla questione dell'espropriazione indiretta.
71. Il Governo arguisce che nello specifico, non si tratta di un'occupazione sine titulo dall'inizio, visto il consenso all'occupazione inizialmente data dal richiedente. Però, il Governo ammette che l'occupazione è diventata illegale in seguito, dato che i lavori di costruzione si sono conclusi e che l'occupazione è proseguita al di là del termine massimale di cinque anni previsti dalla legge, senza che un decreto di espropriazione sia stato adottato nei termini.
72. Il richiedente sarebbe, ad ogni modo, stato privato del suo terreno per effetto della costruzione del lavoro pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che questo ultimo ha provocato. Questa privazione di bene, secondo il Governo, è solamente la conseguenza del principio dell'espropriazione indiretta, che le giurisdizioni nazionali devono applicare. Per questo fatto, sebbene nello specifico il procedimento sia ancora pendente, la questione di sapere se il richiedente è stato privato del suo bene in virtù dell'espropriazione indiretta deve essere decisa in modo affermativo. Le giurisdizioni nazionali prenderanno solamente atto di una situazione che si è già consolidata e dichiarare in modo retroattivo il richiedente privato del suo bene. A questo riguardo, il Governo osserva che le decisioni giudiziali hanno in materia per funzione solo dare alle parti la sicurezza giuridica, ossia la certezza che la privazione di proprietà ha avuto luogo quando le condizioni sono state assolte.
73. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all'articolo 1 del Protocollo no1.
74. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica.
75. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall'espropriazione indiretta sarebbe contemplata dalla legge. A questo riguardo, il Governo ricorda che la Corte, nella sua sentenza Zubani c. Italia, sentenza del 7 agosto 1996, Raccolta 1996-IV, §§ 45-46, aveva esaminato una causa di espropriazione indiretta che ricadeva sotto l'influenza della legge no 458 del 1988 dal punto di vista del giusto equilibrio, stimando che, per ciò che riguardava la legge in quanto tale, "la scelta legislativa che mira a privilegiare l'interesse della collettività nel caso di espropriazioni o di occupazioni illegali di terreni è ragionevole: l'indennizzo integrale dei danni subiti dai proprietari riguardati costituisce un risarcimento sufficiente... ", sentenza Zubani precitata, § 49.
76. Il Governo prende atto del fatto che la giurisprudenza della Corte ha conosciuto un'evoluzione in seguito, nella misura in cui, nei due seguente casi riguardanti l'espropriazione indiretta, ha constatato un'incompatibilità del meccanismo dell'espropriazione indiretta col principio di legalità (Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI).
77. Secondo il Governo, il principio dell'espropriazione indiretta deve considerarsi come "contemplato dalla legge", anche se è stato elaborato dalla giurisprudenza in un paese di "civile law" e non di "common law."
78. A questo riguardo, prende atto del fatto che nelle due sentenze precitate, la Corte aveva stimato inutile giudicare in abstracto se il ruolo che un principio giurisprudenziale, come quello dell'espropriazione indiretta, occupato in un sistema di diritto continentale è assimilabile a quello occupato dalle disposizioni legislative, sentenza Carbonara precitata, § 64. La Corte aveva osservato che la giurisprudenza italiana aveva conosciuto un'evoluzione e che un principio giurisprudenziale non lega le giurisdizioni in quanto alla sua applicazione, sentenza Carbonara precitata, § 69.
79. Il Governo sostiene che decidere del ruolo della giurisprudenza in Italia riveste una grande importanza in questo tipo di cause. Secondo lui, la giurisprudenza che stabilisce il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerata come facente parte del diritto positivo a contare dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione. Inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988.
80. In conclusione, secondo il Governo, a partire dal 1983, le regole dell'espropriazione indiretta erano perfettamente chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
81. In quanto alla qualità della legge, il Governo chiede alla Corte di far riferimento alla "giurisprudenza Zubani" e di considerare che il meccanismo dell'espropriazione indiretta che si basa su una dichiarazione di illegalità da parte del giudice, è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1.
82. A questo proposito, il Governo fa osservare che la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che sanziona il trasferimento al patrimonio pubblico del bene illegalmente occupato.
83. Il Governo definisce l'espropriazione indiretta come il risultato di un'interpretazione sistematica da parte del giudice di principi esistenti, che tende a garantire la supremazia dell'interesse generale sull'interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all'utilità pubblica.
84. Terzo, il giusto equilibrio sarebbe rispettato anche se l'indennizzo da accordare è inferiore al danno subito dall'interessata, visto che l'espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l'illegalità commessa dall'amministrazione riguarda solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo. Inoltre, stima che l'espropriazione indiretta è vantaggiosa per l'interessato poiché l'indennità che sarà accordata sarà superiore a quella che sarebbe stata accordata se l'espropriazione fosse stata regolare.
85. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che la situazione denunciata è compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Sull'osservazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1
86. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito l'eccezione del Governo derivata dalla mancanza della qualità di vittima.
87. Nota che le parti si accordano per dire che c'è stata "privazione di proprietà."
88. Per il richiedente, c'è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione valida né indennizzo, così che si ritorna in sostanza ad un'espropriazione di fatto. Il decreto di espropriazione sarebbe tardivo ed inefficace.
89. Per il Governo, il richiedente è stato privato del suo bene in virtù della dichiarazione con la quale ha manifestato la sua disponibilità a concludere un accordo di cessione del terreno. Sussidiariamente, il Governo indica che il richiedente è stato privato del suo bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente, in seguito alla costruzione del lavoro pubblico.
90. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata privazione di beni al senso della seconda frase del primo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
91. Ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
92. La Corte resta convinta che l'esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare al principio di legalità e stima utile di propendersi sulla domanda della qualità della legge.
93. La Corte prende nota dell'evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'elaborazione del principio dell'espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie rilevate nella cronostoria della giurisprudenza, e nota anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i suddetti testi di legge scritta. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 53 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non h mai a dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
94. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l'espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall'amministrazione, tende a regolare le conseguenze per l'individuo e l'amministrazione, e permette a questa ultima di trarre vantaggio dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l'articolo 43 del Repertorio, l'espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, al paragrafo 53 sopra).
95. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
96. La Corte constata che nello specifico, il richiedente ha perso la disponibilità del terreno che è stato occupato nel 1989 e che è stato trasformato in modo irreversibile nel 1991. In quanto alla propensione a concludere un accordo di cessione del terreno manifestata dal richiedente, la Corte nota che la dichiarazione unilaterale di questa non è arrivata ad un accordo. Peraltro, nessuno elemento della pratica viene a supportare la tesi secondo la quale il richiedente avrebbe rinunciato al suo bene in un dato momento. La Corte rileva poi che il Governo non ha, mai, sostenuto che il decreto di espropriazione adottato il 27 giugno 1995 costituisce il titolo che legittima il trasferimento di proprietà in favore dell'amministrazione. Al contrario, il Governo ha ammesso che questo decreto è tardivo e dunque che non era di natura tale da esporre i suoi effetti, paragrafi 71-72 sopra. Infine, la Corte rileva che, secondo il tribunale di Benevento, l'occupazione del terreno è illegale in mancanza di un procedimento di espropriazione regolarmente condotta a termine e che il richiedente deve essere considerato in modo retroattivo come privato del suo bene, per effetto della costruzione della strada. Il procedimento, pendente in appello, riguarda in particolare la questioe di sapere se la comunità di contralto Tammaro può essere tenuta per responsabile della situazione denunciata.
97. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà suscettibile di esporre i suoi effetti ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che tale trasferimento deve essere considerato come realizzato, Carbonara e Ventura c. Italia, precitata, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in questione, combinata con l'impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata, ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un'espropriazione di fatto, incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni, sentenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45, e non conforme al principio di preminenza del diritto.
98. In conclusione, l'eccezione derivata dalla mancanza di qualità di vittima unita al merito non potrebbe essere considerata e vi è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
99. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Il richiedente
100. Il richiedente osserva preliminarmente che nello specifico si tratta di un spodestamento illecito in sé ed adduce che la soddisfazione equa dovrà cancellare quindi totalmente le conseguenze dell'ingerenza controversa. Si riferisce alla giurisprudenza Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003 e Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003. Peraltro, il richiedente sottolinea che la restituzione del terreno si rivela di fatto troppo onerosa e dunque impossibile da realizzare, visto che si tratta di un terreno attraversato da una strada.
101. In quanto al danno materiale, il richiedente sollecita 31 654 EUR, somma che corrisponde al valore reale del terreno, più 63 3087 EUR, somma che corrisponde al plusvalore che, secondo lui, i cambiamenti, costruzioni in particolare, intervenuti nel quartiere avrebbe portato.
Inoltre, il richiedente richiede 50 355 EUR per non-godimento del terreno nel periodo che va dal 1989-2004 e 100 709 EUR per i prossimi trent' anni.
102. In quanto al danno giuridico, il richiedente chiede 45 820 EUR.
103. Il richiedente chiede infine il rimborso degli oneri incorsi nel procedimento nazionale (42 497, 68 EUR), e di quelli esposti dinnanzi alla Corte (44 109, 52 EUR).
B. Il Governo
104. Il Governo fa osservare al primo colpo che il procedimento impegnato dal richiedente a livello nazionale è sempre pendente. Secondo lui, questo elemento deve essere preso in conto per la soddisfazione equa, nel caso in cui la Corte concludesse alla violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1: se la Corte accordasse una somma a titolo di una soddisfazione equa, il richiedente potrebbe essere indennizzato due volte.
105. In quanto al danno materiale, il Governo contesta i criteri di calcolo impiegati nelle sentenze Carbonara e Ventura c. Italia e Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, e sostiene che la soddisfazione equa non dovrà corrispondere al risarcimento integrale del danno subito. Di conseguenza, il Governo arguisce che la Corte debba accordare solamente la somma corrispondente all'indennità di espropriazione o, al massimo, la somma che corrisponde al valore del terreno controverso al momento dell'occupazione materiale, in ogni caso senza indicizzazione. In quanto alla mancanza a guadagnare, il Governo osserva che le pretese del richiedente non sono provate.
106. In quanto al danno morale, il Governo stima che la constatazione di violazione è sufficiente, visto il "comportamento ambiguo del richiedente" sul piano nazionale. In ogni caso, si rimette alla saggezza della Corte, pure facendo notare che la somma chiesta è derogatoria.
107. Il governo arguisce infine che gli oneri incorsi nel procedimento nazionale non sono rimborsabili.
C. Valutazione della Corte
108. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva tenuto conto della possibilità di un accordo tra lo stato convenuto e l’ interessato, articolo 75 §§ 1 e 4 dell'ordinamento.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Respinge la prima eccezione preliminare del Governo;
2. Unisce al merito la seconda eccezione preliminare del Governo e la respinge;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 13 ottobre 2005 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Søren Nielsen Christos Rozakis
Cancelliere Presidente