Conclusione Violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l'art. 6-1; soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA FENDI E SPERONI C. ITALIA
( Richiesta no 37338/03)
SENTENZA
STRASBURGO
5 ottobre 2006
DEFINITIVO
05/01/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Fendi e Speroni c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, C. Bîrsan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e della Sig.ra F. Araci, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 37338/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. C. S. e la Sig.ra C. F. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte il 25 novembre 2003 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati dai Sig. G. L. ed A. Z., avvocati a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig.. I. M. Braguglia, e dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli.
3. Il 10 novembre 2005, la Corte, terza sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze derivate dagli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1930 e 1937 e hanno risieduto a Roma.
5. I richiedenti erano proprietari con altri due terzi ("i terzo") di un terreno edificabile di 3 526 metri quadrati ubicato a Roma e registrato al catasto, foglio 232, appezzamenti 319 e 320.
6. Con un'ordinanza del 4 agosto 1982, il consiglio provinciale di Roma approvò il progetto di costruzione di una scuola sul terreno dei richiedenti e dei terzi.
7. Con un'ordinanza del 14 ottobre 1982, il consiglio provinciale di Roma autorizzò l'occupazione di emergenza di questo terreno in vista della sua espropriazione, per procedere alla costruzione della scuola.
8. Il 9 novembre 1982, l'amministrazione provinciale procedette all'occupazione materiale del terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
9. Con un atto di citazione notificata il 2 dicembre 1988, i richiedenti introdussero un'azione in danno-interessi contro l'amministrazione provinciale dinnanzi al tribunale di Roma. Facevano valere che l'occupazione del terreno era illegale per il motivo che questa aveva proseguito al di là del periodo autorizzato, senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale ed al pagamento di un'indennità. Chiedevano un risarcimento per la perdita del terreno, così come un'indennità di occupazione.
10. Nel frattempo, con un atto di citazione notificata il 17 novembre 1988, i terzi avevano introdotto dinnanzi al tribunale di Roma un'azione avente lo stesso oggetto di quello introdotto dai richiedenti.
11. Ad una data non precisata, il tribunale riunisce i due procedimenti.
12. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 13 novembre 1993, il tribunale di Roma stimò che il termine di occupazione autorizzata si era concluso il 20 luglio 1984 e che a contare da questa data i richiedenti ed i terzi dovevano essere considerati come privati del loro terreno per effetto della costruzione del lavoro pubblico, in virtù del principio dell'espropriazione indiretta.
13. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale condannò l'amministrazione provinciale a versare ai richiedenti ed ai terzi la somma di 3 369 164 760 ITL, corrispondenti al valore commerciale del bene, rivalutato al giorno della decisione ed al risarcimento per la perdita di valore di un terreno limitrofo che appartiene a questi. Inoltre, respinse la questione riguardante il versamento di un'indennità di occupazione, per il motivo che non era competente a questo riguardo.
14. Con un atto notificato il 22 aprile 1994, l'amministrazione provinciale interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Roma. Chiedeva da prima l'applicazione al caso specifico della legge no 662 del 1996, entrata nel frattempo in vigore riducendo l'importo dell'indennità dovuta per la perdita del terreno. Inoltre, faceva valere che il terreno controverso doveva essere considerato come sottomesso ad una limitazione a costruire derivante dall'esigenza di protezione del paesaggio (vincolo posto sui beni culturali ed ambientali) e che di conseguenza il suo valore commerciale non poteva corrispondere a quella di un terreno edificabile.
15. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 31 luglio 2000, la corte di appello accolse l'appello, dichiarando che il valore commerciale del terreno controverso non poteva corrispondere a quella di un terreno edificabile in ragione della sottomissione a suddetta limitazione a costruire e che l'indennità dovuta ai richiedenti ed ai terzi per la perdita del terreno doveva essere calcolata ai termini della legge no 662 del 1996, nel frattempo entrata in vigore. Alla luce di queste considerazioni, la corte di appello ridusse a 258 582 000 ITL, più interessi a contare dal 1988, la somma dovuta ai richiedenti ed ai terzi per la perdita del loro terreno così come a titolo di indennizzo per la perdita di valore del terreno limitrofo.
16. Con un ricorso notificato il 29 ottobre 2001, i richiedenti ed i terzi ricorsero in cassazione, facendo valere in particolare che il valore commerciale del terreno controverso doveva corrispondere a quella di un terreno edificabile malgrado la sottomissione alla limitazione di costruire.
17. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 29 maggio 2003, la Corte di cassazione accolse parzialmente il ricorso, nella misura in cui decretò che il valore commerciale del terreno controverso non poteva corrispondere a quella di un terreno non edificabile malgrado la sottomissione alla limitazione di costruire. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di cassazione rinviò la causa ad un'altra sezione della corte di appello di Roma.
18. Con un atto notificato il 6 luglio 2004, i richiedenti citarono l'amministrazione provinciale dinnanzi a questa altra sezione della corte di appello di Roma.
19. Risulta della pratica che questo procedimento è sempre pendente dinnanzi alla corte di appello di Roma.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
20. Il diritto interno pertinente si trova descrive nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. I richiedenti adducono essere stato privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed dei principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
22. Il Governo solleva un'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che il procedimento è sempre pendente dinnanzi alla corte di appello di Roma. A questo riguardo, sostiene che i richiedenti non hanno visto ancora consolidarsi, con una decisione interna definitiva, il loro statuto di "vittima" e che la corte di appello di Roma potrebbe accordare loro un risarcimento integrale per la perdita del terreno.
23. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
24. La Corte stima, alla luce dell'insieme degli argomenti delle parti, che questa eccezione è legata strettamente in fondo alla lagnanza e decida di unirla al merito. Constata che la lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non si urta a nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
25. Al primo colpo, il Governo riconosce che la presente causa non presenta aspetti particolari che la differenzierebbero dalle cause di espropriazione indiretta sulle quali la Corte si è pronunciata recentemente. Rinvia dunque agli argomenti già sottomessi alla Corte in materia di espropriazione indiretta.
26. In più, fa valere che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta costituirebbe un modo di regolamentare una situazione che risulta da un difetto di procedimento che ha inficiato l'espropriazione ed al seguito del quale l'azione dell'amministrazione è diventata illegale.
27. Secondo il Governo, una regolamentazione di una tale situazione nata da un atto illegale non romperebbe in modo evidente il giusto equilibrio tra le differenti esigenze in conflitto.
28. Infine, il Governo rileva che le giurisdizioni interne nella presente causa hanno dichiarato già il trasferimento della proprietà del terreno in virtù del principio dell'espropriazione indiretta, mentre in parecchie sentenze recenti (vedere, per esempio, Colazzo c. Italia, no 63633/00, 13 ottobre 2005) la Corte ha constatato una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che un tale trasferimento aveva avuto luogo.
b) I richiedenti,
29. I richiedenti fanno osservare che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità.
30. I richiedenti denunciano una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al loro caso per il motivo che un principio giurisprudenziale, come quello dell'espropriazione indiretta, non basta a soddisfare al principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
31. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito l'eccezione del Governo derivata del non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
32. Per i richiedenti, c'è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione né indennizzo, così che in sostanza vi sarebbe stata un'espropriazione di fatto.
33. Per il Governo, i richiedenti sono stati privati del loro bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente o, in ogni caso, a partire dal momento considerato dalle giurisdizioni nazionali come momento del trasferimento di proprietà.
34. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
35. Ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19 - 20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie Ano 102, p. 47, § 110).
36. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità per il motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare di fatto una situazione che deriva dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
37. La Corte rileva che nello specifico, i richiedenti hanno perso la disponibilità terreno a contare dalla sua occupazione nel 1982, e che questo terreno è stato trasformato in modo irreversibile in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico in seguito. Le giurisdizioni interne hanno stimato che l'occupazione è diventata senza titolo a contare dal 1984 ed in questa stessa data i richiedenti sono stati privati del loro bene. Il procedimento è ancora pendente dinnanzi alla corte di appello di Roma.
38. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà suscettibile di esporre i suoi effetti ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che un tale trasferimento deve essere considerato come realizzato, Carbonara e Ventura, precitato, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in questione, combinato con l'impossibilità fino qui di ovviare alla situazione incriminata, ha generato delle conseguenze abbastanza gravi a tal punto che i richiedenti hanno subito un'espropriazione di fatto, incompatibile col loro diritto al rispetto dei loro beni (Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45) e non conforme al principio di preminenza del diritto.
39. Quindi, l'eccezione derivata della non-esaurimento delle vie di ricorso interne non potrebbe essere considerata e è vi stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
40. I richiedenti adducono che l'adozione e l'applicazione della legge no 662 del 23 dicembre 1996 al loro procedimento costituisce un'ingerenza legislativa contraria al loro diritto ad un processo equo come garantito dall'articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
41. Il Governo contesta questa tesi ed osserva in particolare che la corte di appello di Roma potrebbe decidere di non applicare nello specifico la legge no 662 del 1996.
42. La Corte rileva che questa lagnanza è legata a quella esaminata sopra e deve anche lei essere dichiarata dunque ammissibile.
43. La Corte ha appena constatato, sotto l'angolo dell'articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dai richiedenti non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo dei motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione, paragrafi 37 a 39 sopra, la Corte stima che non c'è luogo di esaminare se c'è stato, nello specifico, violazione dell'articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132-133, CEDH 2006).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
44. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
45. A titolo di danno materiale, i richiedenti sollecitano la restituzione del terreno ed il versamento della somma di 1 278 776,26 EUR a titolo di indennità per non-godimento del terreno.
46. Nel caso in cui la restituzione non fosse possibile, i richiedenti chiedono il versamento di una somma uguale al valore venale reale del terreno, o 1 410 400 EUR, così come dell'indennità per non-godimento del suddetto terreno.
47. Per quanto riguarda il danno morale, i richiedenti sollecitano il versamento di 80 000 EUR.
48. Infine, i richiedenti chiedono 24 981,13 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne e 21 380,16 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alla Corte, tassa sul valore aggiunto (IVA) e contributi alla cassa di previdenza degli avvocati (CPA) in più.
49. Al primo colpo, il Governo chiede alla Corte di riservare la questione della soddisfazione equa ai soli fini di aspettare la decisione definitiva delle giurisdizioni nazionali, dato che il procedimento è sempre pendente dinnanzi alla corte di appello di Roma.
50. In quanto al danno materiale, il Governo sostiene che la restituzione del terreno non è possibile, in ragione dell'esistenza di un lavoro pubblico su questo. Per quanto riguarda l'eventuale risarcimento per la perdita del terreno, il Governo fa valere che ad ogni modo il valore di questo deve essere calcolato in data del trasferimento della proprietà o, a titolo sussidiario, in data della sentenza che constata questo trasferimento.
51. Per quanto riguarda il danno morale e gli oneri di procedimento dinnanzi alla Corte, il Governo stima che le somme chieste dai richiedenti sono eccessive e se ne rimette alla saggezza della Corte.
52. In quanto agli oneri di procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne, il Governo sostiene che i richiedenti non possono ottenere il rimborso di questi nella cornice del procedimento dinnanzi alla Corte.
53. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà ulteriore procedimento, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare la lagnanza tratta dall'articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 5 ottobre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Fatos Araci Boštjan il Sig. Zupancic Cancelliera aggiunta Presidente