Conclusione Violazione dell'art. 6-1; non luogo a procedere ad esaminare P1-1; Danno materiale - domanda respinta; Danno morale - risarcimento pecuniario; Rimborso oneri e spese - procedimento della Convenzione
SECONDA SEZIONE
CAUSA FALCONI C. ITALIA
(Richiesta n° 46968/99)
SENTENZA
STRASBURGO
1 marzo 2001
DEFINITIVO
01/06/2001
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma prima dell'uscita della sua versione definitiva.
Nella causa Falconi c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. A.B. Baka, presidente,
B. Conforti, G. Bonello, la Sig.ra V. Strážnická, il
Sig. P. Lorenzen, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska,.
Il Sig. E. Levits, giudici,
e del Sig. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 febbraio 2001,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina italiana, la Sig.ra P. F. ("il richiedente"), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell'uomo il 29 ottobre 1997 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione"). La richiesta è stata registrata il 22 marzo 1999 sotto il numero di pratica 46968/99. Il richiedente è rappresentato da V. C., avvocato a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. U. Leanza, e dal suo coagente, il Sig. V. Esposito.
2. La Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile il 2 marzo 2000.
IN FATTO
3. Il 24 novembre 1989, il richiedente citò suo fratello, il Sig. F., dinnanzi al tribunale di Roma per ottenere la riconoscenza di una servitù di passaggio che permetteva l'accesso delle automobili sul terreno del convenuto. A sua volta, il convenuto depose una domanda riconvenzionale che tendeva a fare constatare esclusivamente il carattere pedonale di suddetta servitù.
4. Il collocamento in stato della causa cominciò il 19 gennaio 1990. Il 10 aprile 1990, ebbe luogo l'ascolto delle parti ed il 29 maggio 1990 quella dei testimoni. Dopo un'udienza, il 26 febbraio 1991 le parti presentarono le loro conclusioni. L'udienza di arringhe si tenne il 24 gennaio 1992. Con un'ordinanza dello stesso giorno, il tribunale riaprì l'istruzione e fissò un'udienza al 20 marzo 1992.
5. A questa data, il giudice del collocamento in stato nominò un perito. Delle dieci udienze fissate tra l’ 8 maggio 1992 ed il 29 febbraio 1996, sette riguardarono il rapporto di perizia, due furono rinviate d’ufficio ed un'udienza non si tenne perché in questo giorno gli avvocati erano in sciopero. Un'udienza più tardi, il 4 aprile 1997 ebbe luogo l'udienza di presentazione delle conclusioni. L'udienza di arringhe fu fissata al 19 febbraio 1999.
6. Questa udienza non si tenne perché la causa era stata assegnata al collegio di magistrati incaricati di trattare le cause più vecchie (sezione stralcio). Le sezioni stralci, composte da un giudice titolare, in qualità di presidente, e da due giudici onorari, sono stati creati in virtù dell'articolo 90 della legge n° 353/1990, come modificato dalla legge n° 534/1995, per assorbire gli arretrati delle cause pendenti dinnanzi alle giurisdizioni civili. L'udienza per le comparizioni delle parti fu fissata al 21 settembre 1999. A questa data, il giudice fissò la data per la presentazione delle conclusioni al 27 gennaio 2000.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
7. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del "termine ragionevole" come previsto dall'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale (…) che deciderà (…) delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (…)"
8. Il Governo si oppone a questa tesi.
9. Il periodo da considerare ha cominciato il 24 novembre 1989 e è stato ancora pendente al 27 gennaio 2000.
10. Aveva era già in questa data durato più di dieci anni e due mesi per un'istanza.
11. La Corte ricorda avere constatato in quattro sentenze dal 28 luglio 1999 (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], n° 34884/97, § 22, CEDH 1999-V) l'esistenza in Italia di una pratica contraria alla Convenzione risultante da un accumulo di trasgressioni all'esigenza del "termine ragionevole." Nella misura in cui la Corte constata simile trasgressione, questo accumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell'articolo 6 § 1.
12. Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che la durata del procedimento controverso non risponde all'esigenza del "termine ragionevole" e che c'è ancora una manifestazione della pratica precitata.
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1
13. Il richiedente si lamenta anche del fatto che la lunghezza del procedimento controverso ha recato offesa al diritto al rispetto dei suoi beni come garantito dall'articolo 1 del Protocollo n° 1.
14. Avuto riguardo della constatazione relativa all'articolo 6 § 1, paragrafo 12 sopra, la Corte stima che non c'è luogo di esaminare se c'è stato, nello specifico, violazione di questa disposizione (vedere la sentenza Zanghì c. Italia del 19 febbraio 1991, serie A n° 194-C, p. 47, § 23).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
15. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. DANNO
16. Il richiedente richiede 60 000 000 lire italiane (ITL) a titolo del danno materiale e morale che avrebbe subito.
17. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa domanda. In compenso, la Corte considera che c'è luogo di concedere al richiedente 30 000 000 ITL a titolo del danno morale.
B. ONERI E SPESE
18. Il richiedente si rimette alla Corte in quanto alla valutazione di oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte.
19. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese se non nella misura in cui si trovano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, per esempio, la sentenza Bottazzi precitata, § 30). Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 3 000 000 ITL per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda al richiedente.
C. INTERESSI MORATORI
20. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza era del 3,5% l'anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce che non c'è luogo di esaminare la lagnanza derivata dell'articolo 1 del Protocollo n°1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza è diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione 30 000 000 (trenta milioni) lire italiane per danno morale e 3 000 000 (tre milioni) lire italiane per oneri e spese;
b) che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 3,5% l'anno a contare dalla scadenza di questo termine e fino al versamento;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 marzo 2001, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Erik Fribergh András Baka
Cancelliere Presidente