Conclusione Violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l'art. 14+P1-1; Soddisfazione equa riservata
CAUSA EX-RE DI GRECIA ED ALTRI C. GRECIA
( Richiesta no 25701/94)
SENTENZA
STRASBURGO
23 novembre 2000
Nella causa ex-re di Grecia ed altri c. Grecia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, riunendosi in una Grande Camera composta dei giudici di cui segue il nome,:
Il Sig. L. Wildhaber, presidente
Sig.ra E. Palm,
Sigg.. J. - P. Costa, L. Ferrari Bravo, Gaukur Jörundsson, L. Caflisch, I. Cabral Barreto, W. Fuhrmann, B. Zupančič, la Sig.ra N. Vajić,
Sigg.. J. Hedigan, il Sig. Pellonpää, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska,
Sigg.. T. Panţîru, E. Levits, K. Traja, G. Koumantos, giudice ad hoc,
così come di Sig.ra Sig. di Boero-Buquicchio, cancelliere collaboratrice,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 giugno e 25 ottobre 2000,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte, conformemente alle disposizioni che si applicavano prima dell'entrata in vigore del Protocollo no 11 alla Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione") [Nota della cancelleria: il Protocollo no 11 è entrato in vigore il 1 novembre 1998.], dalla Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 30 ottobre 1999 (articolo 5 § 4 del Protocollo no 11 e vecchi articoli 47 e 48 della Convenzione).
2. Alla sua origine si trova una richiesta (no 25701/94) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui l'ex-re di Grecia ed otto membri della sua famiglia avevano investito la Commissione il 21 ottobre 1994 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione. I richiedenti adducevano che la legge no 2215/1994, adottata dal Parlamento greco il 16 aprile 1994 ed entrata in vigore il 11 maggio 1994, aveva violato i loro diritti a titolo della Convenzione. I richiedenti erano rappresentati da N. & Co., avvocati a Londra, il governo greco ("il Governo") dal suo agente, il Sig. L. Papidas, presidente del Consiglio legale dello stato al quale è successo il Sig. E. Volanis.
3. La Commissione ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile il 21 aprile 1998 per quanto riguardava l'ex-re di Grecia, sua sorella, la principessa Irène, e sua zia, la principessa Catherine ("i richiedenti"). Nel suo rapporto del 21 ottobre 1999 (vecchio articolo 31 della Convenzione) [Nota della cancelleria: il rapporto è disponibile alla cancelleria.], formula il parere che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 all'unanimità e che non è necessario esaminare se c'è stata violazione dell'articolo 14 della Convenzione combinata con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 6 dicembre 1999, un collegio della Grande Camera ha deciso che la causa doveva essere esaminata da questa ( articolo 100 § 1 dell'ordinamento). IL SIG. C.L. Rozakis, giudice eletto a titolo della Grecia che aveva preso parte all'esame della causa in seno alla Commissione, si è astenuto (articolo 28 dell'ordinamento). Il Governo ha designato perciò il Sig. G. Koumantos per riunirsi in qualità di giudice ad hoc ( articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell'ordinamento).
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato un esposto.
6. Un'udienza si è svolta in pubblico, il 14 giugno 2000, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo.
Sono comparsi:
-per il Governo
Sigg.. P. Georgakopoulos, consigliare presso del Consulente legale dello stato, delegato dell'agente, il
Sig. Apessos, assessore, Consulente legale dello stato, la Sig.ra K. Grigoriou, assessore, Consulente legale
dello stato, il Sig. D. Pannick QC, Barrister, la Sig.ra D. Rosa, Barrister,
Sigg.. D. Tsatsos, professore,
N. Alivizatos, professore, consigliere, Ch. Pampoukis, professore assistente,
G. Katrougalos, avvocato, E. Kastanas, membro del servizio giuridico speciale del ministero delle Cause estere, P. Liakouras, consigliere speciale,
del ministero delle Cause estere, consiglieri,;
-per i richiedenti
Lord Z. of H. H. QC, il Sig. J. B., il Sig.re M. C.-F.,
N. A., il Sig. A. G., professore, la Sig.ra A. G., consigliere,.
La Corte ha sentitonelle loro dichiarazioni L. Z.of H.e H., Sigg.. Pannick, Tsatsos ed Alivizatos.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. Nel 1864, una democrazia monarchica fu instaurata in Grecia, quando Giorgio I, figlio di Christian IX, re della Danimarca, fu eletto re ed salì al trono. Discendente diretto dal re Giorgio I, l'ex-re Constantin di Grecia, il primo richiedente, prese al trono nel 1964, all'età di ventiquattro anni, succedendo così a suo padre, il re Paul I
A. I BENI E TITOLI DI PROPRIETÀ DEI RICHIEDENTI
8. I richiedenti hanno prodotto dei titoli di proprietà afferentiai loro beni in Grecia:
1. IL CAMPO DI TATOI
9. L'ex-re si definisce proprietario di un campo di 41 990 000 m² e di un edificio a Tatoi. Questo campo fu costituito durante il regno di Giorgio I, bisnonno del primo richiedente, con gli acquisti successivi di terreni,:
-Con un atto no 24101 del 15 maggio 1872, il re Giorgio I acquistò a S. S. il campo di Liopessi-Mahonia ed alla sposa del Sig. S. il campo adiacente di Tatoi per un importo totale di 300 000 dracme (GRD).
-In virtù della legge no 599 del 17 febbraio 1877, lo stato greco trasferì al re Giorgio I la piena proprietà della foresta conosciuta sotto il nome di Bafi, di una superficie di circa 15 567 000 m². I richiedenti hanno prodotto dei documenti che attestano che, se il governo greco aveva espresso l'intenzione di fare dono della foresta di Bafi al re Giorgio I, questo non desiderò acquisire questa terra per via di donazione, ma insistette per acquistarlo al prezzo che avrebbe fissato il governo. Un compromesso fu trovato alla fine: la foresta di Bafi "sarebbe stata concessa" (e non più "donata") al re Giorgio I. Questo avrebbe depositato in compenso, 60 000 GRD più interessi presso Banca nazionale.
Un appezzamento di questa proprietà, di circa un milione di metri quadrati, fu scambiata poi contro un altro terreno di superficie uguale, adiacente al campo di Tatoi che apparteneva ai proprietari locali ai quali il re Giorgio I versò 3 000 GRD per compensare la differenza di valore tra i bene-fondi così scambiati.
-Con un atto no 55489 del 4 aprile 1891, il re Giorgio I acquistò per la somma di 110 000 GRD da A. S. una parte del campo di Kiourka, adiacente a quello di Tatoi.
-Con un certificato no 382 del 20 ottobre 1878, il conservatore delle ipoteche di Maratona attesta che il re Giorgio I era il proprietario del campo di Keramydi che gli era stato devoluto dai proprietari anteriori (I. M., D. V. e P. D., Giorgio K., Giorgio S. e S. S. ) che avevano acquisito la proprietà con successivi acquisti di lotti tra 1844 e 1878.
10. Con testamento olografo datato del 24 luglio 1904, il re Giorgio I pose sotto il regime di una fiduciaria familiare (familia-fideicommis) il campo di Tatoi che sarebbe servito da residenza permanente al re degli Ellenici durante il suo regno. Tuttavia, conformemente al diritto romano-bizantino applicabile all'epoca, una fiduciaria familiare non poteva durare al di là di quattro successioni,cioè arrivava a scadenza al quarto successore.
11. Al decesso del re Giorgio I, il 5 marzo 1913, Tatoi fu trasmesso al suo successore, il re Costantino I, e, dopo la deposizione di questo nel 1917, al suo secondo figlio, il re Alexandre. Alla morte di questo ultimo nel 1920, Tatoi fu restituito al re Costantino I che era risalito al trono. Dopo l'abdicazione di Costantino I nel settembre 1922, Tatoi spettò a suo figlio maggiore, il principe erede Giorgio II.
12. Poi, dopo l'abolizione della monarchia e la proclamazione della Repubblica con una risoluzione della quarta Assemblea costituente del 25 marzo 1924, lo stato greco espropriò Tatoi in virtù della legge no 2312 del 14 e 20 agosto 1924, mentre il campo di Bafi gli spettò ipso giuro e senza indennizzo.
13. Quando il re Giorgio II risalì al trono, Tatoi gli fu restituito in piena proprietà e possesso, in virtù della legge di emergenza del 22 gennaio 1936, eccetto il campo di Bafi-Keramydi, o 3 785 000 m2 che, nel frattempo, era stato assegnato ai profughi che non possedevano terre. Secondo il rapporto esplicativo di questa legge, l'espropriazione aveva avuto luogo a disprezzo dell'articolo 11 della Costituzione del 1911 secondo il quale un'espropriazione costretta deve sempre essere preceduta da un indennizzo del proprietario fissato dai tribunali.
14. Il 1 aprile 1947, suo fratello Paul prese il trono dopo il decesso di Giorgio II. Il decreto-legge no 1136 del 5 e 11 ottobre 1949 disponeva: "[il] campo di Tatoi che è stato restituito alla morte di re Giorgio II è diventato la proprietà libera, esclusiva e senza riserva di Sua Maestà il re Paul al suo accesso al trono. " Il 6 marzo 1964, la proprietà fu trasmessa a suo figlio e successore Costantino II, il primo richiedente, in virtù del testamento olografoe di suo padre datato dicembre 1959, alla morte del re Paul.
2. IL CAMPO DI POLYDENDRI
15. L'ex-re ed la principessa Irène affermano possedere ciascuno 101,5/288 di una superficie di 33 600 000 m² di terre a Polydendri, e la principessa Catherine possederne 36/288. Questa proprietà è stata costituita da una serie di mutazioni:
-Con l'atto no 38939/1906, H. E. L., proprietario a Larissa, ha trasmesso e venduto al principe erede Costantino I il campo conosciuto sotto il nome di Polydendri per la somma di 397 500 GRD. Alla morte di Costantino I il campo fu devoluto ai suoi eredi ab intestato come segue: 2/8 alla sua sposa Sophie e 1/8 a ciascuno dei suoi bambini, Giorgio II, Paul, Hélène, Irène, Catherine, il terzo richiedente, così come ad Alessandra, la figlia di suo figlio deceduto precedentemente Alexandre, tutti in comunione.
-Con gli atti numero 79847 del 18 febbraio 1924 e 80452 del 24 marzo 1924, i coeredi e comproprietari precitati, eccetto Catherine, trasmisero e vendettero 7/8 in comunione del campo ad A. G., capitano della marina mercantile, per la somma di 4 585 000 GRD. In quanto alla quota della principessa Catherine (1/8 in comunione, un prezzo di 650 000 GRD fu prima convenuto e, nell'attesa del compimento delle formalità richieste, il terreno fu dato in affitto al nuovo proprietario, prima di esserglielo trasmesso).
-Con l'atto no 4289 del 20 marzo 1925, A. G. e altre persone costituirono la "società forestale", Αvώvυμoς Δασική Εταιρία alla quale A. G. trasmise i 7/8 in comunione del campo che aveva acquisito. Questa società fu sciolta con una decisione presa dalla sua assemblea generale il 12 maggio 1938. Con un atto no 22408 del 7 ottobre 1939, i liquidatori della società trasferirono e vendettero al principe erede Paul i 7/8 in comunione del campo per la somma di 4 000 000 GRD che furono pagati con la dote di sua sposa, la principessa Federica. Dopo la morte di Paul, 14/32 da parte sua di Polydendri furono devoluti alla sua vedova e 14/96 a ciascuno dei suoi tre bambini, Sophie, Costantino, il primo richiedente, ed Irène, il secondo richiedente. Nel 1968, la principessa Sophie rinunciò alla successione, e la sua parte del campo fu aggiunta alla proporzione di quella di ciascuno degli altri eredi. Dopo il decesso della regina Frédérique il 6 dicembre 1981, e nella mancanza di testamento, i 49/96 da parte sua in comunione di Polydendri furono devoluti a parti uguali ai suoi bambini, ricevendo dunque ciascuno di essi 49/288.
3. IL CAMPO DEL MIO RIPOSO SULL'ISOLA DI CORFÙ
16. Il titolo iniziale di proprietà che riguarda questo campo è il verbale no 278 del 1 giugno 1864 del consiglio provinciale di Corfù, in virtù del quale il consiglio decise di mettere a disposizione del re Giorgio I, per ringraziarlo di avere favorito il ricongiungimento dalle isole Ioniche alla Grecia, la casa nella quale il magistrato britannico del Consiglio supremo visse un tempo, così come la regione circostante situata in un luogo conosciuto sotto il nome di "Aghios Pandeleïmon di Garitza." I documenti dell'epoca non menzionano né la superficie, né l'area esatta, né i limiti di questo campo. Questa donazione fu poi espressamente riconosciuta con l'atto no 7870/1887.
17. Di 1870 a 1912, il re Giorgio I ingrandisce questo campo acquistando successivamente dei lotti più o meno grandi di terra che appartenevano ai terzi, situati intorno o dentro alla fattoria. Dopo i due acquisti effettuati da Giorgio II, il Mio Riposo prese la sua forma definitiva con una superficie di circa 238 000 m².
18. Al decesso del re Giorgio I, il Mio Riposo fu assegnato al principe André conformemente al testamento olografo del re Georges datato 24 luglio 1904.
19. Dopo la rivoluzione di 1922 e con la decisione no 1767/1923, fu proclamata l'espropriazione costretta del Mio Riposo al profitto dello stato, dovendo servire questo campo come residenza estiva per il re regnante. Nel 1931, fu ordinato lo sfratto amministrativo del principe André. Un'azione giudiziale fu allora intentata, e, con la sua sentenza no 57/1934, la corte di appello (Εφετείo) di Corfù riconobbe proprietario legittimo il principe André ed ordinò che il campo gli fosse restituito. Dopo il ristabilimento della democrazia monarchica, la legge di emergenza no 514/1937 dispose espressamente che il Mio Riposo doveva essere ceduto e trasmesso in piena proprietà e possesso al principe André.
20. Con un atto no 11909/1937, il principe André vendette il Mio Riposo al re Giorgio II mediante una rendita vitalizia pagabile con annualità di 400 000 GRD. Il re Giorgio II morì il 1 aprile 1947. I suoi coeredi fecero dono della loro parte al fratello del re Georges, il re Paul che acquisì la piena proprietà del Mio Riposo (atti numero 3650/1957, 3816/1957 e 5438/1959). Al decesso del re Paul ed in virtù del suo testamento olografo, il Mio Riposo spettò alla sua vedova Federica, in usufrutto, ed a suo figlio, il primo richiedente (nuda-proprietà). L'usufrutto si concluse al decesso della regina Frédérique il 6 dicembre 1981 ed il primo richiedente acquisì la piena proprietà del Mio Riposo.
21. Verso il 5 agosto 1994, dopo l'intervento della legge no 2215/1994 ( paragrafo 41 sotto) si penetrò con effrazione nella residenza del Mio Riposo, oramai occupata dalla municipalità di Corfù.
B. IL REGIME DEI BENI DURANTE LA DITTATURA MILITARE (APRILE 1967-LUGLIO 1974) E DOPO IL RISTABILIMENTO DELLA DEMOCRAZIA
22. Il 21 aprile 1967, un colpo di stato militare si produsse in Grecia. L'ex-re restò nel paese fino al 13 dicembre 1967, giorno in cui partì per Roma.
23. Il 15 novembre 1968, il governo militare promulgò una nuova Costituzione (la precedente datava di 1952 che fu modificata nel 1973, quando l'ex-re fu deposto (paragrafo 25 sotto). L'articolo 21 della Costituzione del 1968, come modificata nel 1973, garantiva il diritto di proprietà e disponeva che nessuno poteva essere privato della sua proprietà se non fosse che a causa di utilità pubblica e mediante un indennizzo integrale il cui l'importo doveva essere determinato dalle giurisdizioni civili. Nel suo articolo 134 § 3, tuttavia, la stessa Costituzione contemplava una misura legislativa unica che avrebbe avuto per effetto di confiscare i beni mobili ed immobili dell'ex-re e della famiglia reale.
24. Dal 21 aprile 1967 al 31 maggio 1973, la dittatura militare mantenne formalmente la democrazia monarchica in posto malgrado impose l'esilio dell'ex-re.
25. Il 1 giugno 1973, il governo militare pretese di abolire la monarchia, deporre l'ex-re ed i suoi eredi ed instaurare una repubblica presidenziale a regime parlamentare.
26. Nell'ottobre 1973, la dittatura militare promulgò, conformemente all'articolo 134 § 3 della Costituzione del 1968, come modificata nel 1973, la decreto-legge no 225/1973, in applicazione del quale tutti i beni mobili ed immobili dell'ex-re e della famiglia reale furono confiscati alla data di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale, il 4 ottobre 1973, e la proprietà dei beni confiscati fu trasferita allo stato greco. I tre campi controversi furono menzionati espressamente sull'elenco dei beni immobili toccati.
27. Il suddetto decreto contemplava la concessione di un'indennità di un importo di 120 000 000 GRD da ripartire tra i membri della famiglia reale i cui i beni erano stati confiscati; questa somma fu depositata su un conto bancario a disposizione della famiglia reale. La parte dell'indennità assegnata all'ex-re ammontava a 94 000 000 GRD e quella del principessa Irène a 12 000 000 GRD. Nessuna indennità fu contemplata per la principessa Catherine. Il decreto precisava inoltre che gli indennizzi dovevano essere richiesti prima del 31 dicembre 1975. Nessuna di esse venne mai rivendicata.
28. Il 24 luglio 1974, la dittatura militare in Grecia fu sostituita da un governo civile diretto dal Sig. Caramanlis.
29. Con un atto legislativo del 1 agosto 1974 ("la prima legge costituzionale del 1974"), il Governo rimise in vigore la Costituzione del 1952, eccetto le disposizioni che avevano munto alla forma del regime politico (articolo 1).
30. Ai termini dell'articolo 10 di questa legge, il potere legislativo devoluto al Consiglio dei ministri doveva esercitarsi per mezzo di decreto-leggi e questo fino alla convocazione dell'assemblea nazionale. Secondo l'articolo 10 § 2, queste decreto-legge potrebbero avere un effetto retroattivo per tutte le questioni che derivano da leggi costituzionali posteriori al 21 aprile 1967. L'articolo 15 abrogava la Costituzione del 1968, come modificata, così come ogni altra legge o ogni altro testo costituzionale adottato sotto la dittatura militare dopo il 21 aprile 1967.
31. In applicazione degli articoli 1 e 10 della prima legge costituzionale del 1974, il governo emise una decreto-legge (no 72/1974) in virtù del quale i beni dell'ex-re e della famiglia reale dovevano essere amministrati e gestiti da un consiglio di sette membri finché il regime non fosse definitivamente fissato.
32. Il decreto suddetto fu messo in opera con tre decisioni ministeriali:
i. con la decisione no 18443/1509 del 1 ottobre 1974, un consiglio di sette membri fu costituito "per gestire e di amministrare i beni della famiglia reale";
ii. con la decisione no 21987 del 24 ottobre 1974, fu stabilito che "i beni della famiglia reale sarebbero stati trasferiti dallo stato al consiglio" prima del 31 dicembre 1974;
iii. con la decisione no 25616 del 23 dicembre 1974, fu convenuto che i beni della famiglia reale sarebbero stati trasferiti al consiglio fino alla fine del procedimento, prima di essere rimessi ai loro proprietari o ad una persona designata da essi.
33. Dal 1974 al 1979, tutti i beni mobili ed immobili dell'ex-re e della famiglia reale che si trovano in Grecia furono gestiti ed amministrati a nome del consiglio stabilito in virtù del decreto-legge no 72/1974, per il conto dell'ex-re e della famiglia reale. Nel 1979, i beni mobili furono restituiti loro.
34. Il 17 novembre 1974 si tennero delle elezioni legislative. L'assemblea nazionale fu poi riconvocata. Col referendum del 8 dicembre 1974 la popolazione si pronunciò in favore di una repubblica parlamentare. Con la Risoluzione D 18 del 18 gennaio 1975, l'assemblea nazionale decise e dichiarò in particolare che la democrazia in Grecia non era stata mai legalmente abolita e che l'atto rivoluzionario del 21 aprile 1967 così come la situazione risultante fino al 23 luglio 1974 si analizzava in un colpo di stato che mirava a rovesciare il potere ed ad attentare ai diritti sovrani del popolo.
35. Nel 1975, l'assemblea nazionale adottò la Costituzione reale che entrò in vigore l’ 11 giugno dello stesso anno.
36. Nel 1981, il PA.SO.K. , Partito socialista panellenico, sotto la direzione del Sig. Papandréou, fu portato al potere in Grecia. Nel gennaio 1984, si impegnarono dei negoziati con l'ex-re a proposito dei suoi beni. Nel 1988, il governo e l'ex-re giunsero ad un accordo di principio sui beni e sui debiti fiscali della famiglia reale. Ma questo accordo non fu mai eseguito.
C. L'accordo Del 1992
37. Nel 1990, il Partito conservatore "Democrazia nuova" andò al potere.
38. Nel 1992, l'ex-re e lo stato greco giunsero ad un accordo così formulato:
i. L'ex-re trasferisce una superficie di 200 030 m² della sua foresta di Tatoi allo stato greco per la somma di 460 000 000 GRD.
ii. L'ex-re fa dono di una superficie di 401 541,75 m² della sua foresta di Tatoi ad una fondazione di utilità pubblica, nominata "Fondazione medica e centro di ricerca Hippocrate."
iii. Una fondazione di utilità pubblica, la Fondazione della Foresta nazionale di Tatoi, è creata e l'ex-re fa dono di una superficie di 37 426 000 m² della sua foresta di Tatoi alla fondazione.
iv. L'ex-re, la famiglia reale e lo stato greco rinunciano a tutti i loro diritti legali afferenti ai debiti fiscali della famiglia reale e rinunciano a tutti i relativi procedimenti giudiziali pendenti.
v. L'ex-re e la famiglia reale accettano di versare allo stato greco la somma di 817 677 937 GRD di diritti di successione, di imposte su reddito e sul capitale con gli interessi e le maggiorazioni. Verranno in deduzione del versamento che l'ex-re dovrà effettuare la somma dovuta a questo in applicazione del presente accordo.
39. L'accordo figurava nell'atto notarile no 10573/1992 del 3 giugno 1992 che ne faceva fede. Il 28 settembre 1992, la divisione degli studi scientifici (διεύθυvση Επιστημovικώv Μελετώv) del Parlamento greco pubblicò un rapporto sul progetto di legge che ratificava il suddetto atto notarile. Il rapporto precisava in particolare che il decreto-legge no 225/1973 era stato sostituito dal decreto-legge no 72/1974 e che dunque i beni "ricoprivano il loro regime patrimoniale anteriore". In seguito, l'accordo fu incorporato nella legge no 2086/1992 che gli conferì forza di legge.
D. ANNULLAMENTO DELL'ACCORDO DEL 1992-LA LEGGE NO 2215/1994
40. L'ex-re e la sua famiglia si recarono in Grecia durante l'estate 1993.
41. In seguito alle elezioni dell'autunno 1993, un governo diretto dal Sig. Papandréou prese potere in Grecia. Il nuovo governo dichiarò la sua intenzione di esaminare le questioni inerenti ai beni dell'ex-famiglia reale per ristabilire la "legalità costituzionale e la memoria storica" e di rispondere a "la sensibilità democratica del popolo greco che si era espresso con il referendum del 1974" [Dichiarazione del 1 aprile 1994 del ministro delle Finanze dell'epoca.]. Presentò alla fine il progetto di legge no 2215/1994 che fu adottato dal Parlamento il 16 aprile 1994 ed entrò in vigore il 11 maggio 1994. Questa legge porta "Ordinamento delle questioni attinenti ai beni espropriati della famiglia reale deposta dalla Grecia", e dispone ciò che segue:
i. La legge no 2086/1992 è abrogata e l'atto no 10573/1992 annullato. Ogni atto eseguito in applicazione di questi testi è nullo e senza effetto giuridico (articolo 1). Gli atti così dichiarati nulli e senza effetto giuridico comprendono la donazione all'istituzione "Fondazione medica e centro di ricerca Hippocrate" a Tatoi così come alla Fondazione della Foresta nazionale di Tatoi [Nota: Il 8 dicembre 1997, la Fondazione della Foresta nazionale di Tatoi ha investito la Commissione europea dei Diritti dell'uomo, in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione. La richiesta è stata registrata il 4 febbraio 1998 (no 39654/98). Il 1 novembre 1998, è stata trasmessa alla Corte europea dei Diritti dell'uomo in applicazione dell'articolo 5 § 2 del Protocollo no 11.].
ii. Lo stato greco diventa il proprietario dei beni mobili ed immobili dell'ex-re, della principessa Irène e della principessa Catherine. Il decreto-legge no 225/1973 viene reputato come rimasto in vigore (articolo 2).
iii. La proprietà del Mio Riposo sull'isola di Corfù è trasmessa alla municipalità di Corfù (articolo 4 § 2).
iv. Le imposte già calcolate sono annullate. Tutti i procedimenti pendenti dinnanzi alle giurisdizioni amministrative o il Consiglio di stato (Συμβoύλιo της Επικρατείας,) che hanno tratto dai diritti di successione ed altre tasse, maggiorazioni e penalità sono sospese. La somma versata dall'ex-re e gli altri membri della famiglia reale a titolo d'imposta può essere richiesta allo stato greco, ma lo stato si può opporre per il fatto che un tale credito venga in compenso ad un credito dello stato sulla famiglia reale (articolo 5 § 1).
v. Ogni accordo che riguarda un bene della famiglia reale, eccetto gli affitti, è dichiarato nullo. Ogni affitto di fondi di terra che appartiene alla famiglia reale resta valido come se fosse stato concluso tra gli acquirenti e gli stati greci (articolo 5 § 2).
vi. Nessuno procedimento giudiziale intentato dall'ex-re o da altri membri della famiglia reale dinnanzi ad una giurisdizione greca in cui si adoperi la denominazione "re" o qualsiasi altra denominazione reale anche associata al prefisso "ex" o all'aggettivo "vecchio" non sarà valido (articolo 6 § 4).
vii. Affinché l'ex-re e la famiglia reale possano conservare la nazionalità greca ed i loro passaporti greci, le condizioni preliminari che seguono devono essere assolte:
- l'ex-re e la famiglia reale devono depositare presso l'ufficiale dello stato civile (ληξιαρχείo) di Atene una dichiarazione con la quale afferma nodi rispettare senza riserva la Costituzione del 1975 ed accettare e riconoscere la Repubblica ellenica;
-l 'ex-re e la famiglia reale devono depositare inoltre una dichiarazione con la quale rinunciano senza riserva ad ogni pretesa legata alla loro vecchia funzione o al possesso di ogni titolo ufficiale;
- l'ex-re e la famiglia reale devono farsi iscrivere al registro dello stato civile (μητρώα αρρέvωv ή δημoτoλόγια) sotto un nome ed un cognome.
viii. Ogni disposizione legislativa contraria alla presente legge è abrogata automaticamente (articolo 6 § 5).
E. PROCEDIMENTI DINNANZI ALLE GIURISDIZIONI GRECHE
42. I richiedenti impegnarono dinnanzi alle giurisdizioni greche parecchie azioni che riguardano i loro diritti di proprietà.
43. Contestarono anche la costituzionalità della legge no 2215/1994. In seguito a due sentenze contraddittorie della Corte di cassazione (Αρειoς Πάγoς) e del Consiglio di stato, la causa fu deferita alla Corte suprema speciale ( Αvώτατo Ειδικό Δικαστήριo).
La sentenza resa dalla Corte suprema speciale il 25 giugno 1997
44. La corte ricercò innanzitutto se i richiedenti avevano il diritto di impegnare un'azione dinnanzi a lei senza utilizzare di nome. Stimò che "la menzione "ex-re" che non figura nei documenti della causa non [era] un titolo di nobiltà di cui l'utilizzazione [era] formalmente vietata dalla Costituzione ma un riferimento che precisa l'identità del richiedente che, per i motivi precitati, non [avevat] nome. Si trattai[va] di un riferimento ad un fatto storico che, come altri elementi, [poteva] difatti designare l'identità della persona suddetta così che lei [potesse] beneficiare di una protezione giudiziale."
45. In quanto ai beni reali, la corte precisò che "si trattava dall'inizio di una questione politica", che i diritti di proprietà dei richiedenti erano legati alla forma di governo e che "durante il regno della famiglia reale, i beni che appartenevano al re ed alla famiglia reale erano considerati come un patrimonio a parte." Constatò in particolare:
Definendo nel suo articolo 1 la forma del regime, con la stessa disposizione che [deve essere] interpretata storicamente nella cornice della congiuntura politica e costituzionale nella quale è stata votata, conformemente alle disposizioni della prima legge costituzionale e del decreto-legge no 72/1974 che è stato decretato sulla base del suo articolo 10, la Costituzione regola anche la questione dei beni reali. In altri termini, il referendum rende irrevocabile la trasmissione di questo patrimonio allo stato, così che la restituzione da parte della legge di questo patrimonio all'ex-re è incostituzionale. L'articolo 1 della legge no 2086/1992 le cui le disposizioni implicano che i beni dell'ex-famiglia reale continuano ad appartenere al monarca deposto ed ai membri della vecchia famiglia reale e legano infatti queste persone ai beni, è incostituzionale dunque. "
46. La Corte suprema speciale stimò perciò, con tredici voci contro quattro, che la legge no 2215/1994 era costituzionale. Ai termini della Costituzione greca, le sentenze della Corte suprema speciale sono irrevocabili e si impongono a tutte le giurisdizioni greche (articolo 100 § 4).
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
47. Gli articoli pertinenti della Costituzione del 1975 dispongono:
ARTICOLO 4
"1. Tutti i greci sono uguali dinnanzi alla legge.
2. Gli uomini e le donne hanno dei diritti uguali e degli obblighi uguali. "
Articolo 17
"1. La proprietà è posta sotto la protezione dello stato. I diritti che ne derivano non possono esercitarsi tuttavia a scapito dell'interesse generale.
2. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nei casi e seguendo il procedimento previsto dalla legge, e sempre mediante un'indennità preliminare completa. Questa deve corrispondere bene al valore dell'espropriato al momento dell'udienza sulla causa concernente la determinazione provvisoria dell'indennità dal tribunale. Nel caso di una domanda che mira alla determinazione immediata dell'indennità definitiva, è preso in considerazione il valore del bene il giorno dell'udienza del tribunale su questa domanda.
(...)
4. L'indennità è fissata sempre dalle giurisdizioni civili. Può essere fissata anche provvisoriamente per via giudiziale, dopo udienza o convocazione dell’avente diritto, che il tribunale può, a sua discrezione, obbligare, in vista dell'incasso dell'indennità, a fornire una cauzione corrispondente al valore di questa, secondo le modalità previste dalla legge. "
48. In Grecia, i diritti reali sono in numero limitato (numero chiuso). Quelli di cui una persona può essere titolare sono: la proprietà, le servitù, il pegno e l'ipoteca (articolo 973 del codice civile.)
49. Gli articoli 999 a 1141 del codice civile sono consacrati alla proprietà ed alla comunione. Esistono parecchi modi di acquisizione della proprietà, per esempio il possesso di beni che non appartengono a nessuno, la trasmissione da un proprietario anteriore o anche un non-proprietario, la volontà del legislatore, l'effetto di decisioni di giustizia e gli atti dei poteri pubblici. Per la proprietà dei beni immobili, occorre, secondo la legge, tra il proprietario e gli acquirenti un accordo che trasferisce la proprietà per una causa legittima, accordo che sarà registrato in un atto notarile e trascritto al registro catastale del distretto dove è ubicato bene immobile (articolo 1033).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL
PROTOCOLLO NO 1
50. I richiedenti si lamentano del fatto che la legge no 2215/1994 abbia infranto il loro diritto al rispetto dei loro beni. Invocano l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Questo articolo contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, mira la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra altri, di regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno tratto dagli esempi privati di attentato alle proprietà; quindi, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima.
A. SULL'ESISTENZA DI UN "BENE" AL SENSO DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
1. TESI DELLE PARTI A CONFRONTO
51. La quintessenza dell'argomentazione del Governo è che i campi controversi sono indissociabili dalla qualità di capo di stato e non entrano dunque nella nozione di "beni" protetti dall'articolo 1 del Protocollo no 1.
Il Governo rileva in modo generale che dovunque in Europa si distingue nettamente per i monarchi tra beni pubblici e beni privati. I beni pubblici appartengono allo stato e sono messi a disposizione dei monarchi ai fini dell'esercizio della loro funzione di capo di stato. Secondo lui, questi beni, che i monarchi detengono in virtù di immunità e privilegi speciali, non dipendono dalla nozione di beni protetti dall'articolo 1 del Protocollo no 1. I beni privati dei monarchi europei non sono trattati in compenso, differentemente da quelli dei cittadini ordinari. La loro acquisizione, uso e cessione ubbidiscono alle regole ordinarie del diritto civile interno che si applicano a tutte le transazioni tra individui. Secondo il Governo, è ragionevole supporre che questi beni privati beneficiano della protezione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
52. Nello specifico, il Governo sostiene che la principale particolarità del regime giuridico dei pretesi "beni reali" della corona greca risiede nel carattere sui generis e quasi pubblico che hanno sempre rivestito. Lo testimonierebbero parecchi fatti. Da prima, l'ex-famiglia reale non avrebbe acquisito i tre campi controversi conformemente alle disposizioni generali del diritto civile greco, ma in ragione delle sue funzioni. Lo stato greco avrebbe fatto dono di una grande parte di questi campi ai vecchi re greci in segno di rispetto per l'istituzione reale. In secondo luogo, in caso di successione al trono, le disposizioni generali del diritto delle successioni non si applicavano. Al contrario, una legge speciale era ogni volta promulgata per evitare l'ordine legale delle successioni e regolare le dispute. Terzo, i beni in questione erano esonerati da ogni fiscalità, ivi compreso i diritti di successione. Se questi ultimi fossero stati applicati a ciascuna delle quattro successioni al trono che hanno avuto luogo tra il 1913 e 1il 964, il carico fiscale che sarebbe stato imposto avrebbe superato il valore venale reale dei campi controversi. Quarto. i beni in questione erano stati assimilati non solo ai beni dello stato ai fini di procedurali (per esempio termini privati, crediti privilegiati dello stato, interdizione dell'esecuzione forzata provvisoria, ecc.), ma avevano beneficiato anche di prerogative statali sostanziali (non-prescrizione dei crediti, interdizione assoluta dell'usucapione, qualifica criminale degli attentati alla proprietà, ecc.). Quindi, qualunque sia il modo di acquisizione dei beni controversi, questi terreni tra cui delle foreste e dei siti storici ed archeologici protetti dalla Costituzione, sarebbero stati conservati nella loro interezza ed anche estesi unicamente grazie ai privilegi inerenti alla posizione ufficiale di monarca. Un semplice cittadino non avrebbe mai potuto acquisire e mai avrebbe potuto cedere legalmente questi terreni.
53. Alla luce di ciò che precede, il Governo stima che i campi controversi non erano delle proprietà private; perciò, non dipendono dalla nozione di "beni" protetti dall'articolo 1 del Protocollo no 1.
54. I richiedenti ribattono che l'argomento nuovo e strano del Governo secondo il quale i beni che sono oggetto della loro lagnanza non sono appartenuti mai alla famiglia reale è privato manifestamente di ogni fondamento storico o di ogni base in dritto interno. Sottolineano che nessuno governo greco ha avanzato mai questo argomento, se non durante il procedimento dinnanzi agli organi della Convenzione. Durante tutto il periodo detto della "democrazia monarchica" stabilita quando Giorgio I, l'antenato del primo richiedente, fu eletto re nel 1863, i poteri pubblici hanno riconosciuto che i differenti membri della famiglia reale possedevano dei beni privati. Fu parimenti dopo l'instaurazione della repubblica. Questi beni privati sono sempre stati tenuti distinti da ogni altro bene di cui la famiglia reale disponeva per lo statuto costituzionale del re, come il Palazzo reale ad Atene che non è e non mai è stato una proprietà privata della famiglia reale. In quanto a certi privilegi di cui le loro proprietà beneficiavano storicamente, i richiedenti stimano che non hanno nessuna incidenza sulla qualità dei beni privati della famiglia reale. Comunque sia, se lo stato ha effettuato da una cinquantina di anni dei versamenti per la manutenzione di queste proprietà, era per aver riconosciuto la degradazione che avevano subito durante il periodo in cui si trovarono in suo possesso e furono trascurate. Concernente l'esonero fiscale, i richiedenti invitano la Corte a non perdere di vista che il re assumeva tutte le spese considerevoli impegnate da lui nell'esercizio delle sue funzioni ufficiali nella sua qualità di capo di stato. Fino al 1949, il re ha sopportato, per mezzo del suo elenco civile, tutti gli oneri di manutenzione e di funzionamento dei palazzi che lo stato metteva a sua disposizione nella sua qualità di capo di stato.
55. I richiedenti sostengono inoltre che il fatto che la famiglia reale possedesse dei beni privati è stato riconosciuto chiaramente incostituzionale anche durante la dittatura militare, dal 21 aprile 1967 al 24 luglio 1974. La Costituzione del 1968 racchiudeva una disposizione (l'articolo 134 § 3 ) che contempla la promulgazione di una misura legislativa unica che porta espropriazione o confisca dei beni mobili ed immobili dell'ex-re e della sua famiglia. In seguito, la dittatura ha emesso una decreto-legge (no 225 di 1973) che portava la confisca dei beni della famiglia reale. Queste misure non sarebbero servite a niente se i beni reali fossero sempre appartenuti allo stato. Dopo la caduta della dittatura, un decreto-legge del 1974 riconobbe che i beni confiscati da questo regime appartenevano alla famiglia reale, per il conto della quale un consiglio speciale li amministrò. Nel 1979, la famiglia reale riprese possesso dei beni mobili. I protocolli che regolano la rimessa dei beni mobili ed immobili furono firmati debitamente dalle autorità governative competenti e dal consiglio speciale. Il referendum dell’ 8 dicembre 1974 che instaurò una repubblica parlamentare, non modificò per niente il regime dei beni della famiglia reale che non fu affatto in causa in questa consultazione. Non fu più toccato dalla promulgazione della Costituzione del 1975. Se lo fosse stato, lo stato non avrebbe fatto ritornare nel 1979 i beni mobili in possesso della famiglia reale, riconoscendo con questo che era la proprietaria.
56. I richiedenti sottolineano inoltre che dal 1974 al 1996, dunque anche dopo la promulgazione della legge del 1994, hanno stabilito delle dichiarazioni fiscali e prosciolto delle imposte per i beni in questione. Vedono male come una persona potrebbe essere assoggettata all'imposta afferente ad un terreno di cui non fosse proprietaria, né come il Governo potrebbe a buono diritto e in buona fede avere chiesto ed accettato il pagamento di queste imposte se non fosse su questa base.
57. Per di più, nel 1992 l'ex-re e lo stato greco conclusero un accordo, ratificato dalla legge no 2086/1992, ai termini del quale il primo richiedente trasferiva delle grandi parti del campo di Tatoi allo stato greco e faceva donazione di altre parti a due fondazioni di utilità pubblica. Questo accordo partiva dal principio che l'ex-re era il proprietario del campo in questione; se no, non avrebbe avuto nessuna utilità. La legge no 2215/1994 riconosce lei stessa che questo campo apparteneva alla famiglia reale; cita "Ordinamento delle questioni difatti avendo tratto dai beni espropriati della famiglia reale deposta della Grecia" (italico messo dai richiedenti). Gli interessati rilevano del resto che la legge del 1994 menzionava espressamente il decreto-legge no 225 del 1973, emessa dotto dittatura militare, che portava alla confisca dei beni della famiglia reale. Il riferimento a questo decreto contraddice totalmente l'argomento del Governo secondo il quale la famiglia reale non è mai stata proprietaria di beni privati; se questi gli appartenessero già, lo stato non avrebbe avuto bisogno di invocare una confisca anteriore.
58. I richiedenti concludono che l'idea di un legame tra i ruoli costituzionali dell'ex-re ed il regime dei suoi beni non trova nessuna base in diritto greco. Il diritto civile non riconosce sui generis nessuna nozione della proprietà. L'articolo 973 del codice civile enuncia in modo esauriente i diritti reale contemplati in dritto greco. Questi sono: la proprietà, la servitù, il pegno e l'ipoteca. Non esiste nessuna categoria di beni quasi pubblici (paragrafo 48 sopra).
59. La Commissione ha stimato che prima dell'entrata in vigore della legge no 2215/1994 i beni in questione appartenevano ai richiedenti.
2. VALUTAZIONE DELLA CORTE
60. La Corte ricorda che la nozione di "beni" previsti dalla prima parte dell'articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che è indipendente rispetto alle qualifiche formali del diritto interno (sentenza Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 100, CEDH 2000-I). Di fatto, importa esaminare se le circostanze della causa, considerate nel loro insieme, hanno reso i richiedenti titolari di un interesse sostanziale protetto dall'articolo 1 del Protocollo no 1. In questa ottica, la Corte stima che c'è luogo di tenere conto degli elementi di diritto e dei seguenti fatti.
61. Da prima, la Corte non potrebbe seguire il Governo quando suggerisce, non fosse che solo implicitamente, che i membri della famiglia reale non avevano nessuno bene privato in Grecia.
Rileva che una parte almeno dei beni reali furono acquisiti dagli antenati dei richiedenti che li pagarono coi loro propri fondi. Del resto, in molte occasioni, i beni reali, qualunque fosse il titolo iniziale, furono trasmessi ulteriormente, tra vivi o a causa di morte, nel rispetto delle condizioni del diritto civile greco, tra i membri della famiglia reale e talvolta tra i membri della famiglia reale e dei terzi.
62. La Corte rileva inoltre, in particolare che prima dell'entrata in vigore della legge no 2215/1994 lo stato greco aveva trattato a più riprese i membri dalla famiglia reale -tra cui i richiedenti- come i proprietari privati dei campi in questione. Si riferisce, come esempio, ai seguenti fatti:
-dopo l'abolizione della monarchia nel 1924, lo stato greco espropriò il campo di Tatoi di cui il re ricuperò la piena proprietà e possesso quando risalì al trono nel 1936 (paragrafi 12-13 sopra);
-dopo un'espropriazione forzata che ebbe luogo nel1923, la legge di emergenza no 514/1937 disponeva che il campo del Mio Riposo doveva essere concesso e trasferito in piena proprietà e possesso al principe André (paragrafo 19 sopra);
-non suscita controversia che, dal 1974 al 1996, i richiedenti stabilirono delle dichiarazioni fiscali e saldarono delle imposte per i loro beni (paragrafi 36, 38, 41 e 56 sopra);
-nel 1992, l'ex-re e lo stato greco conclusero un accordo ai termini del quale, tra altri, il primo richiedente vendeva allo stato greco 200 030 m2 del campo di Tatoi e faceva donazione della maggior parte del resto della proprietà a due fondazioni di utilità pubblica. Il 28 settembre 1992, la divisione degli studi scientifici del Parlamento greco pubblicò un rapporto su un progetto di legge che ratificava questo accordo precisando in particolare che il decreto-legge no 225/1973 era stato abrogato dal decreto-legge no 72/1974 e che perciò il campo "ricopriva il suo regime patrimoniale anteriore" (paragrafi 38-39 sopra).
63. Allo stesso modo della Commissione, la Corte stima che tutti questi atti non si sono potuti basare che sul principio che i richiedenti ed i loro antenati erano i proprietari dei beni in questione; perché se i campi controversi non fossero appartenuti mai alla famiglia reale o se fossero stati espropriati validamente nel 1973, così che lo stato greco ne sarebbe stato già proprietario, questi atti non sarebbero serviti a niente.
64. Infine, in quanto all'argomento che il Governo trae dalle disposizioni private che si applicavano ai beni reali, come i principi di esonero fiscale, la Corte non vede perché simili regole escluderebbero in sé il carattere fondamentalmente privato di questi beni. Succede, per esempio, che i capi di stato godono dell'immunità fiscale per ciò che riguarda i loro beni privati. Il Governo non ha prodotto peraltro nessuno documento, come un registro dei beni dello stato o un elenco civile, che indica che i beni reali sono considerati o trattati come i beni dello stato.
65. Avuto riguardo di ciò che precede, la Corte è forzata a rilevare una contraddizione nell'atteggiamento del Governo al riguardo dei beni controversi. Per fatto che lo stato greco li ha lui stesso trattati in riprese multiple come beni privati e non ha fornito un insieme di regole generali che riguardano il loro regime, la Corte, anche se concede che i beni reali godevano per molti aspetti di un regime speciale, non potrebbe concludere che rivestivano un carattere sui generis e quasi pubblico per conseguenza del fatto che non sarebbero appartenuti mai all'ex-famiglia reale.
66. La Corte stima dal momento che i beni in questione appartenevano privatamente ai richiedenti e non nel loro requisito di membri della famiglia reale; pertanto, i campi controversi costituivano un "bene" ai fini dell'articolo 1 del Protocollo no 1 che si trova ad applicare nello specifico.
B. INVENTARIO DEI BENI DEI RICHIEDENTI
67. La Corte ha il dovere di ricercare quali sono esattamente i beni dei richiedenti.
1. IL CAMPO DI TATOI ( DI UNA SUPERFICIE TOTALE DI 41 000 000 M² CIRCA)
68. Il Governo pretende che più di un terzo di questo campo, ossia la foresta di Bafi, fu dato al re Giorgio I, il bisnonno del primo richiedente, con una legge del 1877. In quanto alla causa traditionis e/o il justa causa di questa donazione, sarebbe certo la funzione reale del donatario. Sarebbe per questa ragione che, dopo il capovolgimento della monarchia nel 1924, il campo di Bafi spettò allo stato ipso Jure e senza indennizzo. Inoltre, 3 785 000 m² furono dati nel 1925 ai profughi che non possedevano terre; questo appezzamento non fu mai restituito alla famiglia reale dopo il restauro della monarchia nel 1935.
Il Governo rileva inoltre che nel 1992 il primo richiedente fece dono ad una fondazione a scopo non lucrativo (la Fondazione della Foresta nazionale di Tatoi) di più del 90% del campo di Tatoi. In seguito, la fondazione ha investito la Commissione di una richiesta (no 39654/98), attualmente pendente dinnanzi alla Corte. Certo, la legge no 2215/1994 ha abrogato l'accordo del 1992, ma all'epoca in cui intervenne, i richiedenti non avevano dei diritti patrimoniali che su meno del 10% del campo di Tatoi.
69. I richiedenti adducono che la foresta di Bafi non costituì un dono al re Giorgio I, ma che questo ne fece acquisizione. Invocano a questo riguardo dei documenti di cui hanno avuto cognizione dopo l'adozione del rapporto della Commissione che dimostrano che se il governo greco aveva espresso l'intenzione di fare dono della foresta di Bafi al re Giorgio I, questo ultimo non volle acquisirlo con donazione ma insistette per acquistarlo ad un prezzo fissato dal governo. Le parti giunsero alla fine ad un compromesso: la foresta di Bafi "era concessa" (e non "donata") al re Giorgio I e questo depositava in compenso 60 000 dracme (GRD) più gli interessi presso la Banca nazionale.
70. La Corte nota che il re Giorgio I aveva acquistato inizialmente una parte del campo di Tatoi . privatamente Lo ingrandisce in seguito acquisendo dallo stato greco le terre conosciute sotto il nome di foresta di Bafi (paragrafo 9 sopra). Nonostante il modo di trasferimento di queste terre che suscita controversia tra le parti, il loro regime patrimoniale fu regolato come segue: nel 1924, lo stato greco espropriò con forza il campo di Tatoi, ivi compreso la foresta di Bafi, senza versare indennizzo. Nel 1936, dopo il restauro della monarchia, una legge restituì Tatoi al re Giorgio II in piena proprietà e possesso. Questa reintegrazione nella proprietà riguardava le terre di Bafi, eccetto una superficie di 3 785 000 m² che era stata nell'intervallo assegnata ai profughi che non possedevano terre. La Corte stima dunque che, deduzione fatta di questa superficie che non fu restituita mai ai proprietari anteriori ai richiedenti, il campo di Tatoi rappresentava una parte dei beni che dovevano essere espropriati nel 1994.
71. La Corte non potrebbe seguire peraltro il Governo quando pretende che all'epoca dell'intervento della legge del 1994 i richiedenti non avevano dei diritti patrimoniali che su meno del 10% del campo di Tatoi. Certo, nel 1992, il primo richiedente aveva fatto dono di grandi parti del campo a due fondazioni di utilità pubblica ed aveva venduto un appezzamento di 200 030 m² allo stato greco. Tuttavia, la legge no 2215/1994 abrogò l'accordo del 1992 e dichiarò nulli e privi di effetto giuridico gli atti che sarebbero stati compiuti in applicazione di questa legge (paragrafo 41 sopra). Lasciare intendere che anche se l'accordo del 1992 è stato abrogato da una legge posteriore, le sue conseguenze giuridiche rimangono valide e devono essere prese in considerazione, è non solo contraddittorio in sé ma va anche contro il principio lex posterior derogat anteriori.
72. Avuto riguardo di ciò che precede, la Corte stima che prima dell'entrata in vigore della legge no 2215/1994 il campo di Tatoi, eccetto una superficie di 3 785 000 m² che fu espropriata nel 1924 ed assegnata ai profughi che non possedevanoi terre, apparteneva al primo richiedente.
2. IL CAMPO DI POLYDENDRI (DI UNA SUPERFICIE TOTALE DI 33 600 000 M² CIRC),
73. La Corte rileva che il Governo non pretende che il campo di Polydendri abbia in qualsiasi cosa un statuto speciale comparabile a quello dei campi di Tatoi e del Mio Riposo. Niente dà a pensare che i titoli di proprietà afferenti a questo bene e sottoposti dai richiedenti non siano esatti (paragrafo 15 sopra). La Corte stima dal momento che prima dell'entrata in vigore della legge no 2215/1994 il campo di Polydendri apparteneva ai tre richiedenti.
3. IL CAMPO DEL MIO RIPOSO ( DI UNA SUPERFICIE TOTALE DI 238 000 M²)
74. Il Governo sostiene che l'usufrutto di questo campo fu conferito al re Giorgio I nella sua qualità di capo di stato, essendo la sua funzione reale l’unica causa traditionis. Anche supponendo che in virtù di questa donazione la vecchia famiglia reale abbia acquisito dei diritti di proprietà sul Mio Riposo, la mutazione di questo campo nel 1864 come nel 1937 sarebbe stato giuridicamente valido solamente sotto la condizione implicita ma evidente che i donatari continuassero adesercitare le loro funzioni.
Il Governo afferma inoltre che i richiedenti non hanno potuto acquisire dei diritti di proprietà sul Mio Riposo con usucapione poiché, dal 9 settembre 1915, il diritto greco esclude espressamente l'usucapione come modo di acquisizione dei beni dello stato.
75. Secondo i richiedenti, questa proprietà non è appartenuta mai allo stato greco. Il consiglio provinciale dell'isola di Corfù ne avrebbe fatto donazione al re Giorgio I nel 1864 in riconoscenza del suo contributo al ricongiungimento delle isole Ioniche alla Grecia. L'atto no 7870/1887 aveva riconosciuto espressamente questa donazione. La proprietà sarebbe stata arricchita dalle acquisizioni che il re Giorgio I e poi il re Giorgio II avrebbe effettuato privatamente.
76. La Corte ammette che è con una donazione che il consiglio provinciale di Corfù ha concesso al re Giorgio I l'usufrutto di ciò che costituiva la prima parte di questo campo, usufrutto che ha conferito il diritto patrimoniale iniziale sul Mio Riposo. Nota tuttavia che, secondo le disposizioni ordinarie del diritto civile greco, i diritti reali si acquisiscono in diversi modi, tale la trasmissione da un proprietario precedente, e che la donazione costituisce sicuramente uno dei modi validi di mutazione e di acquisizione dei diritti patrimoniali. La Corte stima inoltre che il Governo non ha supportato il suo argomento per il quale la qualità di capo di stato del re Giorgio I fu l'unica causa traditionis del Mio Riposo. Questo campo fu ingrandito per di più, ulteriormente dall'acquisto di lotti successivi che appartenevano a terzi, e lo stato non sembra avere avuto nessuna parte nei contratti in questione. Nel 1937, una legge ha trasmesso la piena proprietà e possesso del campo al principe André. In seguito ad una serie di mutazioni, il Mio Riposo è stato devoluto in piena proprietà al primo richiedente, conformemente al testamento olografo di suo padre (paragrafo 20 sopra).
77. Avuto riguardo di ciò che precede, la Corte stima che prima dell'entrata in vigore della legge no 2215/1994 il campo del Mio Riposo apparteneva al primo richiedente.
C. SULL'OSSERVAZIONE DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
1. SULL'ESISTENZA DI UN’ INGERENZA NEL DIRITTO DI PROPRIETÀ
78. Avendo ammesso che prima dell'entrata in vigore della legge no 2215/1994 i beni in questione appartenevano ai richiedenti, la Corte, come la Commissione, stima che nel 1994 è ci stata un'ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni che si analizza in una "privazione" di proprietà al senso della seconda fraseel primo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
Quindi, la Corte deve ricercare se l'ingerenza denunciata si giustifica sotto l'angolo di questa disposizione.
2. "PREVISTA DA LA LEGGE"
79. La Corte ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto di beni sia legale: la seconda frase del primo capoverso di questo articolo non autorizza una privazione di proprietà che "nelle condizioni previste dalla legge" ed il secondo capoverso riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l'uso dei beni mettendo in vigore delle "leggi." In più, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è una nozione inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (sentenza Amuur c. Francia del 25 giugno 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-III, pp. 850-851, § 50).
80. Il Governo afferma che il decreto-legge no 225/1973 e la legge no 2215/1994 erano delle "leggi" al senso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, perché sufficientemente accessibili e precisi. Il primo rimase in vigore dopo il ristabilimento della democrazia ed il secondo fu adottato dal Parlamento al termine di un dibattito libero e democratico. Certo, questi due testi hanno un carattere privato. Ma le circostanze della causa sono uniche: in ogni repubblica recente, non vi è che una sola vecchia famiglia reale. Questa non si trova collocata in una situazione comparabile a quella di un'altra famiglia. La legislazione relativa ai suoi beni non riguarderà per definizione che questa famiglia; non per tanto perde la sua legittimità.
81. I richiedenti adducono che, se la legge no 2215/1994 intendeva autorizzare in modo retroattivo la confisca sui loro beni, gli mancava la condizione essenziale di una "legge", perché non solo era arbitraria, punitiva e discriminatoria, ma ignorava anche l'articolo 17 della Costituzione greca che esige che una privazione di beni sia effettuata a causa di utilità pubblica e mediante un indennizzo completo. In quanto al decreto-legge no 225/1973, si analizzerebbe in un atto arbitrario di confisca da parte della dittatura militare che, comunque sia, sarebbe privato di ogni rapporto con la confisca sui loro beni nel 1994.
82. Come la Commissione, la Corte considera che la legge no 2215/1994 costituisca l'unica base legale dell'ingerenza denunciata. Nota che la legge sulla quale si basa l'ingerenza deve essere conforme al diritto interno dello stato contraente tra cui le disposizioni pertinenti della Costituzione. Certo, nell'occorrenza, i richiedenti hanno contestato la costituzionalità di questa legge dinnanzi ai tribunali interni poi dinnanzi agli organi della Convenzione e hanno fatto valere che, incostituzionali, le disposizioni controverse non offrono una base legale valida per la privazione di proprietà di cui si lamentano. Ora, nella sua sentenza del 25 giugno 1997( paragrafo 46 sopra) la Corte suprema speciale ha esaminato ed aperto le lagnanze che i richiedenti traevano dall'incostituzionalità della legge no 2215/1994. La Corte rileva che appartiene al primo capo alle autorità interne, in particolare i ricorsi e tribunali, di interpretare e di applicare il diritto interno e di pronunciarsi sulle questioni di costituzionalità. Visto la speciale sentenza della Corte suprema, la Corte non potrebbe concludere all'incostituzionalità della legge no 2215/1994. Tutto sommato, la privazione era prevista dalla legge, come lo vuole l'articolo 1 del Protocollo no 1.
3. "A CAUSA DI UTILITÀ PUBBLICA"
83. La Corte deve ricercare adesso se questa privazione di proprietà inseguiva un scopo legittimo, ossia se esisteva una "causa di utilità pubblica" al senso della seconda regola enunciata dall'articolo 1 del Protocollo no 1.
84. Il Governo afferma che oltre l'interesse legittimo che aveva lo stato a proteggere le foreste ed i siti archeologici che si trovavano sui tre campi controversi, la legge del 1994 era in rapporto con l'interesse generale maggiore che c'è per preservare allo stato il suo statuto costituzionale di repubblica. La storia di tutte le monarchie europee abolite mostrerebbe che, eccetto quelli del re Manuale II del Portogallo, i beni privati di tutti i vecchi monarchi o imperatori sono stati espropriati in un modo o nell'altro senza indennizzo o senza indennizzo integrale. Del resto, se la legge da cui i richiedenti derivano lagnanza non è stata promulgata che nel 1994, questo sarebbe semplicemente perché le questioni giuridiche e politiche complesse sono lunghe da decidere.
85. I richiedenti sostengono che la confisca sulle loro proprietà non dipendeva da nessuno programma economico o sociale nazionale e che la legge del 1994 non spiega in che cosa era necessaria. In quanto all'affermazione secondo la quale la privazione della loro proprietà era motivata dalla necessità di proteggere le foreste ed i siti archeologici che si trovavano sui tre campi in questione, i richiedenti affermano che, durante tutti gli anni in cui le foreste e siti archeologici di cui si tratta si sono trovati nelle mani della famiglia reale, nessuno si è lamentato mai del modo in cui se ne occupava; per i richiedenti, questo argomento è privato di ogni credibilità. Gli interessati stimano del resto che il Governo non spiega in che cosa lo spodestamento del vecchio monarca dei suoi beni privati serva all'interesse generale. I beni privati di un vecchio monarca e della sua famiglia non sono, per definizione, annessi alla sua vecchia funzione di capo di stato e non hanno nessuno legame con la transizione costituzionale dalla monarchia alla repubblica. E, comunque sia, questa transizione ha avuto luogo nel 1975, quasi vent' anni prima della promulgazione della legge no 2215/1994. I richiedenti sottolineano che l'ex-re ha riconosciuto ufficialmente a più riprese la Repubblica ellenica per la quale non rappresenta nessuna minaccia. Del resto, al momento della promulgazione della legge di 1994 nessuna disputa è sorta tra i richiedenti e lo stato greco a proposito dei beni dei primi o di ogni altra questione.
Alla luce di ciò che precede, i richiedenti considerano che il Governo non ha fornito nessuna giustificazione credibile o sufficiente alla confisca dei loro beni che era ispirata da un'antipatia politica e personale e non da un'autentica preoccupazione di servire l'interesse generale.
86. La Commissione non ha giudicato manifestamente irragionevole che lo stato greco abbia creduto alla necessità politica di regolare le questioni relative ai beni della vecchia famiglia reale.
87. La Corte stima che, grazie ad una cognizione diretta della loro società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è "di utilità pubblica." Nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, appartiene loro di conseguenza di pronunciarsi per primi sull'esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Quindi, godono qui di un certo margine di valutazione, come in altri campi ai quali si estendono le garanzie della Convenzione.
In più, la nozione di "utilità pubblica" è ampia per natura. La decisione di adottare delle leggi che portano privazione di proprietà implica in particolare, di solito l'esame di questioni politiche, economiche e sociali. Stimando normale che il legislatore disponga di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo in cui concepisce gli imperativi di "utilità pubblica", salvo se il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole (sentenza James ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie A no 98, p. 32, § 46). Ciò vale necessariamente, se no a fortiori, per i cambiamenti del sistema costituzionale di un paese anche radicali come la transizione dalla monarchia alla repubblica.
88. La Corte rileva che nessuno elemento viene a sostegno dell'argomento del Governo sulla necessità di proteggere le foreste ed i siti archeologici. Non dubita però per niente che lo stato greco abbia dovuto decidere una questione che considerava come pregiudizievole al suo regime repubblicano. Il fatto che la transizione costituzionale dalla monarchia alla repubblica abbia avuto luogo nel 1975, o quasi vent' anni prima della promulgazione della legge contestata, può suscitare alcune interrogazioni in quanto ai motivi che hanno ispirato le misure, ma non potrebbe bastare a privare di legittimità l'obiettivo generale della legge no 2215/1994, ossia servire una "causa di utilità pubblica".
4. PROPORZIONALITÀ DELL'INGERENZA
89. Una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (vedere, tra altri, la sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie A no 52, p. 26, § 69). La preoccupazione di garantire un tale equilibrio si riflette nella struttura dell'articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, dunque anche nella seconda frase che si deve leggere alla luce del principio consacrato dalla prima. In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato da ogni misura che priva una persona della sua proprietà (sentenza Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio del 20 novembre 1995, serie A no 332, p. 23, § 38).
Per determinare se la misura controversa rispetta il giusto equilibrio voluto e, in particolare, se non fa pesare sui richiedenti un carico sproporzionato, c'è luogo di prendere in considerazione le modalità di indennizzo previste dalla legislazione interna. A questo riguardo, la Corte ha detto già che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituisce normalmente un attentato eccessivo, ed una mancanza totale di indennizzo non saprebbe giustificarsi sul terreno dell'articolo 1 del Protocollo no 1 che nelle circostanze eccezionali (sentenza I santi monasteri c. Grecia del 9 dicembre 1994, serie A no 301-ha, p. 35, § 71).
90. Nello specifico, la legge no 2215/1994 non contempla nessuna modalità di indennizzo. Siccome è già stabilito che l'ingerenza controversa soddisfaceva alla condizione di legalità e non era arbitraria, la mancanza di indennizzo non rende eo ipso illegittimo la confisca dello stato sui beni dei richiedenti (vedere,a contrario, la sentenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia (articolo 50) del 31 ottobre 1995, serie A no 330-B, pp. 59-60, § 36). Quindi, resta da ricercare se, nella cornice di un'espropriazione lecita, i richiedenti hanno dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo.
91. Il Governo afferma che, per valutare il giusto equilibrio e la proporzionalità, la Corte deve riconoscere allo stato contraente un grande margine di valutazione. L'articolo 1 del Protocollo no 1 non pone nessuna esigenza di "necessità" difatti, e le decisioni in materia implicano di solito l'esame di questioni politiche, economiche e sociali sulle quali le opinioni, in seno ad una società democratica, possono veramente e ragionevolmente divergere. Il margine di valutazione è particolarmente largo quando, come qui, la vecchia famiglia reale ha avuto in suo possesso i beni in causa per le ragioni che tengono al suo statuto reale. Il legislatore democratico è in diritto di considerare che, allo sguardo del dispositivo costituzionale, la vecchia famiglia reale non ha nessuno diritto ad indennizzo, ed ancora meno ad indennizzo integrale, per i beni che ha acquisito per le sue funzioni reali. In altri termini, le circostanze eccezionali -il modo di cui i beni sono stati acquisiti ed utilizzati, i privilegi che sono stati concessi alla vecchia famiglia reale in passato, gli esoneri fiscali di cui hanno beneficiato i campi reali e la manutenzione di questi ultimi a spese dello stato greco -giustificano la mancanza di ogni indennità.
92. Comunque sia, il Governo osserva che la legge no 2215/1994 copre indirettamente la questione dell'indennizzo: contempla la cancellazione di tutte le imposte dovute dall'ex-famiglia reale allo stato greco dal 1974. L'ex-famiglia reale ha fatto così economia dei debiti fiscali considerevoli. Peraltro, il decreto-legge no 225/1973, mantenuto in vigore dalla legge del 1994, contempla anche un risarcimento pecuniario, di un importo di 120 000 000 GRD. Questa somma è stata messa a disposizione dei richiedenti, ma non l'hanno mai riscossa, probabilmente per i ragioni politiche legate al loro desiderio di conservare il trono.
93. Il Governo sostiene infine che il valore venale dei campi controversi é sminuito sensibilmente. Tatoi e Polydendri sono delle foreste e sono sottoposti per questo fatto ad una protezione speciale: il loro uso non può essere modificato e questi campi devono rimanere delle foreste; non possono essere spezzettati; il loro sfruttamento è posto sotto il controllo dello stato. Perciò, non possono interessare nessuno acquirente ed il loro valore commerciale è insignificante. Inoltre, le restrizioni il cui sfruttamento è in oggetto in ragione del costo elevato della loro manutenzione, della loro vigilanza e della loro gestione, riducono il loro valore commerciale reale. Il loro valore venale si trova ridotto ancora per il fatto che comprendono dei siti archeologici commercialmente non sfruttabili dagli individui. Il Governo sottolinea a questo riguardo che il campo del Mio Riposo rinchiude un sito archeologico esteso, Paleopolis che sarebbe stato la capitale dei Fenici nell'antichità. Ecco perché il ministero della Cultura ha già classificato come zona protetta ventitre ettari del campo.
94. I richiesti argomentano che la confisca dei loro beni senza che fossero contemplate delle modalità di indennizzo era totalmente sproporzionata. Stimano che, sul piano giuridico e del punto di vista della logica, la questione di sapere in quale misura la proporzionalità esiga un indennizzo non ha nessuno rapporto col modo di acquisizione di un bene. Il fatto che una persona abbia acquisito un bene con donazione o con eredità non deprezza questo ai suoi occhi così che lo si possa spossessare senza versare indennizzo. L'esigenza di proporzionalità comanda che il proprietario sia indennizzato proprio per la sua perdita, qualunque sia il modo in cui lui, o i proprietari precedenti, hanno acquisito bene il di cui è spossessato.
95. Inoltre, secondo loro, tutti i privilegi che sarebbero stati concessi all'ex-re ed alla sua famiglia per la posizione di capo di stato che occupava il primo in passato, o gli esoneri fiscali di cui ha potuto beneficiare la famiglia reale, sono senza rapporto con la questione della proporzionalità quando si trova in causa la confisca arbitraria sui loro beni privati. Ne va così a fortiori per i privilegi ed esoneri fiscali di cui i predecessori dei richiedenti hanno potuto approfittare, ma che non sono stati accordati ai richiedenti loro stessi; gli interessati ricordano del resto che, dal 1974, non hanno goduto nessuno privilegio fiscale. Comunque sia, la presente causa non è di quelle che mettono in gioco le rivendicazioni rispettive di un creditore e di un debitore che possano compensarsi in modo da estinguere o ridurre il credito. La Costituzione greca e la Convenzione fanno obbligo allo stato di indennizzare i richiedenti del valore dei loro beni. Non ci sono debiti reciproci o mutui che possano compensarsi.
96. Infine, i richiedenti contestano l'argomento del Governo secondo il quale i campi controversi hanno un valore commerciale molto debole.
97. La Commissione ha concluso che la legge no 2215/1994 non predisponeva un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco così come l'esige l'articolo 1 del Protocollo no 1.
98. La Corte stima che il Governo non ha spiegato in modo convincente perché le autorità greche non hanno indennizzato in nessun modo i richiedenti per la confisca dei loro beni. Ammette che lo stato greco ha potuto considerare in buona fede che le circostanze eccezionali giustificavano la mancanza di indennità, ma questa valutazione non si trova obiettivamente fondata.
Da prima, la Corte ricorda che almeno una parte dei beni espropriati sono stati acquisiti dai proprietari anteriori ai richiedenti coi loro propri fondi. Un indennizzo era contemplato l'ultima volta che i beni sono stati espropriati del resto, nel 1973. La Corte considera dunque che i richiedenti potevano aspettarsi legittimamente il fatto che il legislatore contemplasse un indennizzo per i campi di cui sono stati spossessati.
In più, per ciò che riguarda l'argomento del Governo secondo il quale la questione dell'indennizzo è coperta indirettamente, la Corte rileva in primo luogo che il risarcimento previsto dal decreto-legge no 225/1973 non entra in fila di conto qui, costituendo la legge no 2215/1994 l'unica basa legale dell'ingerenza di cui i richiedenti si lamentano. Le circostanze di cui il Governo fa stato non possono passare più a lungo per versamento di un'indennità. Su questo punto, la Corte segue i richiedenti quando avanzano che non ci sono rivendicazioni reciproche o mutue che si compensano nella cornice dell'espropriazione controversa. I privilegi concessi alla famiglia reale in passato, o gli esoneri fiscali e la cancellazione di tutti i debiti fiscali della vecchia famiglia reale, non hanno nessuna incidenza diretta sulla questione della proporzionalità, ma potrebbero essere presi eventualmente in conto ai fini di una valutazione esatta delle domande di soddisfazione equa che i richiedenti formulano sul terreno dell'articolo 41 della Convenzione.
99. La Corte stima perciò che la mancanza di ogni indennizzo per la confisca sui beni dei richiedenti rompe, in sfavore di questi, il giusto equilibrio da predisporre tra le protezioni della proprietà e le esigenze dell'interesse generale.
C'è stata dunque violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
100. I richiedenti si definiscono vittime di una discriminazione nel godimento dei loro diritti di proprietà protetti dall'articolo 1 del Protocollo no 1. Invocano l'articolo 14 della Convenzione, così formulata,:
"Il godimento dei diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza nessuna distinzione, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita o tutta altra situazione. "
101. Affermano che la legge no 2215/1994 costituisce una misura isolata che mira una famiglia privata. La legge non rinchiude nessuna spiegazione alla sua promulgazione, ma sarebbe chiaro che sia stata ispirata da un'antipatia personale e politica verso i richiedenti, in ragione della loro condizione di membri della famiglia reale. Stimano che sono stati distinti in vista di un trattamento sfavorevole a titolo di vendetta e di punizione, e che la differenza di trattamento non ha nessuna giustificazione obiettiva e ragionevole.
102. Il Governo sostiene che la legge no 2215/1994 mirava unicamente alla vecchia famiglia reale perché nessuna altra persona si trovava in una situazione comparabile conferente dei privilegi e dei vantaggi che c'era luogo di riconsiderare nel momento in cui la monarchia è stata abolita e la democrazia ristabilita.
103. Visto la sua constatazione di violazione concernente il diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni (paragrafo 99 sopra) la Corte, come la Commissione, non giudica necessario esaminare l'affermazione di una trasgressione all'articolo 14 della Convenzione combinata con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
104. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
105. A titolo principale, i richiedenti sollecitano l'annullamento della legge no 2215/1994 e la restituzione dei campi controversi, così come un'indennità per il danno morale e per gli oneri e spese che hanno impegnato per fare valere i loro diritti. Per il caso in cui i campi non fossero restituiti loro, affermano non vedere perché non dovrebbero percepire un risarcimento integrale fondato sul valore reale dei loro beni.
Richiedono in particolare 165 562 391 740 GRD per i loro immobili, più 3 416 330 sterlina (GBP) per i loro beni mobili personali (mobilio, quadri, libri, ecc.). Sollecitano inoltre 100 000 GBP per danno morale, ma nell'idea che questa somma sia versata alle vittime del terremoto che ha colpito Atene nel settembre 1999. Chiedono infine 644 502,42 GBP per oneri e spese assunte dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e gli organi della Convenzione fino alla data dell'udienza dinnanzi alla Corte.
106. Il Governo sostiene che se e nella misura in cui la Corte dovesse constatare una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1, dovrebbe dare alle parti la possibilità di presentare delle osservazioni complementari sulla questione della soddisfazione equa.
107. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungono ad un accordo (articolo 75 § 1 dell'ordinamento).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce (con quindici voci contro due) che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce (all'unanimità,) che non si impone di esaminare la lagnanza dei richiedenti sul terreno dell'articolo 14 della Convenzione combinato con l'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce ( all'unanimità) che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato; perciò,
a) la riserva per intero;
b,)invita il Governo ed i richiedenti a sottoporle per iscritto, nei sei mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della Grande Camera l'incarico di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese ed in inglese, poi pronunciato in udienza pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a Strasburgo, il 23 novembre 2000.
Luzius Wildhaber
Presidente Maud Di Boero-Buquicchio Greffière collaboratrice
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell'ordinamento, l'esposizione dell'opinione in parte dissidente del Sig. Koumantos alla quale il Sig. Zupanèiè dichiara aderire.
L.W.
M.B.
OPINIONE IN PARTE DISSIDENTE
DEL GIUDICE KOUMANTOS ALLA QUALE IL GIUDICE ZUPANÈIÈ DICHIARA ADERIRE
Ho votato per la constatazione di non-violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1. L'articolo 1 è destinato alla protezione dei beni privati che appartengono alle persone fisiche o morali. Non è applicabile ai beni assegnati a certe persone in relazione con una funzione pubblica che sono chiamate ad esercitare, anche se questi beni conservano anche degli aspetti che dipendono dal diritto privato. In questi casi, la proprietà è sottoposta sui generis ad un regime, in parte pubblico e in parte privato che esclude l'applicazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
Tale è il caso del patrimonio dell'ex-famiglia reale della Grecia e ciò per le seguenti ragioni, valide per tutti gli elementi di questo patrimonio: a) questo patrimonio proviene, in grande parte, da donazioni dello stato o di altre entità pubbliche che non sarebbero effettuate e non potrebbero essere effettuate contrariamente alla Costituzione se il donatario non esercitasse le funzioni reali; b) questo patrimonio ha sempre goduto di un regime speciale concernente il devoluzione di successione, la fiscalità (successione, trasferimento e, fino al 1974, redditi), i privilegi procedurali e di dritto materiale (non-prescrizione delle pretese) interdizione dell'usucapione, sanzioni penali in caso di violazione, gli oneri di manutenzione e la rimunerazione del personale che veniva impiegato; c) ogni volta che le circostanze politiche erano favorevoli, i diritti della famiglia reale su questo patrimonio erano confermati dalle leggi speciali, ciò che sarebbe stato superfluo se questi diritti fossero regolati solamente dal diritto civile "comune"; d) il decreto-legge no 72/1974, dopo la caduta della dittatura ed il ristabilimento della democrazia, contempla un'amministrazione speciale del patrimonio reale "finché il regime non fosse definitivamente fissato", legando così espressamente la sorte del patrimonio alla forma di governo (repubblica o monarchia).
Concernente gli oggetti specifici del patrimonio dell'ex-famiglia reale, le seguente ragioni devono essere prese in considerazione: a) la proprietà del Mio Riposo in Corfù è messa, fin dall'inizio, a disposizione del re per suo "uso"; b) il testamento del 1904 del re Giorgio I contempla che la proprietà di Tatoi deve servire come "residenza permanente del re regnante degli Ellenici"; c) quando, nel 1917, il re Constantin fu obbligato ad abbandonare il trono in favore di suo secondo figlio che diventò il re Alexandre I, questo ha acquisito la proprietà di Tatoi, da suo padre vivente e malgrado l'esistenza di coeredi dal punto di vista del diritto civile "comune"; d) dopo il decesso di Alexandre I nel 1920 e la restituzione del trono a Costantino I, la proprietà di Tatoi passò di nuovo a questo e non agli eredi di Alexandre I; e, dopo il decesso di Costantino I, la proprietà di Tatoi fu devoluta a suo primo figlio e successore al trono, e non ai suoi altri eredi.
Peraltro, la proprietà di Tatoi deve restare all'infuori dell'esame della presente richiesta poiché a) è oggetto di un'altra richiesta sottoposta dalla fondazione che ne è la donataria, richiesta che sarà esaminata dalla Corte, e b) il richiedente stesso dichiara espressamente che la sua richiesta non riguarda questa proprietà (vedere l'esposto dei richiedenti del 12 aprile 2000, nota 16,).
SENTENZA EX-RE DELLA GRECIA ED ALTRI C. GRECIA
SENTENZA EX-RE DELLA GRECIA ED ALTRI C. GRECIA
SENTENZA EX-RE DELLA GRECIA ED ALTRI C. GRECIA-
OPINIONE PARTE DISSIDENTE