SECONDA SEZIONE
CAUSA ERYILMAZ C. TURCHIA
( Richiesta no 32322/02)
SENTENZA
STRASBURGO
27 ottobre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Eryılmaz c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 6 ottobre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 32322/02) diretta contro la Repubblica della Turchia da una delle sue cittadine, la Sig.ra N. E.("la richiedente"), nata nel 1929 e residente ad Ankara che ha investito la Corte il 26 luglio 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione"). La richiedente è rappresentata da il Sig. C. T., avvocato ad Ankara. Il governo turco ("il Governo") è rappresentato dal suo agente ai fini del procedimento dinnanzi alla Corte. Il 29 novembre 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l'ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
2. In seguito ad un'operazione di pianificazione urbana, il 21 gennaio 1981, la richiedente fece l'acquisizione di un terreno (lotto no 5965-appezzamento no 1) di una superficie di 232 m2, su 35717 m2, situato a Kazım Özalp, distretto di Ankara-Çankaya.
3. Il 12 luglio 2000, la richiedente intentò un'azione in indennizzo dinnanzi alla corte d'appello di Ankara ("il tribunale") per ottenere dei danni ed interessi in compenso dell'espropriazione de facto del suo terreno da parte del ministero della Difesa. Rivendicò delle indennità pari a una somma di 230 970 000 000 TRL corrispondente al valore commerciale del terreno a questa epoca.
4. Il 20 febbraio 2001, il tribunale respinse la richiedente della sua istanza. Concluse che il bene controverso era occupato dal ministero della Difesa dal 1942 e non dal 1981 come pretendeva la richiedente. Così, l'azione relativa a questo terreno era prescritta al termine dei vent' anni conformemente alle disposizioni dell'articolo 38 della legge no 2942 del 4 novembre relativa all'espropriazione.
5. Il 18 giugno 2001, la Corte di cassazione confermò il giudizio di prima istanza.
6. Con una sentenza del 15 gennaio 2002, notificata alla richiedente l’ 11 febbraio 2002, la Corte di cassazione respinse il ricorso per rettifica della sentenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Con una sentenza resa il 10 aprile 2003, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 4 novembre 2003, la Corte costituzionale, all'unanimità , dichiarò l'articolo 38 della legge no 2942 non conforme alla Costituzione e l'annullò. Per maggiori di dettagli vedere la sentenza I.R.S. ed altri c. Turchia (no 26338/95, §§ 21-28, 20 luglio 2004,).
IN DIRITTO
8. La richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto alla proprietà . Fa valere che il suo terreno è stato oggetto di un'occupazione de facto senza che nessuno procedimento di espropriazione sia stato effettuato. Rivendica che nessuna somma le è stata mai versata. Invoca a questo riguardo l'articolo 1 del Protocollo no 1 e l'articolo 6 della Convenzione. La Corte considera che c'è luogo di esaminare questo motivo di appello sotto il solo angolo dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
9. Il Governo sostiene che la richiedente disponeva di vie di ricorso in caso di occupazione da parte dell'amministrazione, ossia delle azioni possessorie ed per danno-interessi, e che non ne ha fatto uso.
10. La Corte ricorda di avere respinto in passato, nella cornice di cause simili, questa eccezione sollevata dinnanzi a lei, considerano che le vie di ricorso previste dal procedimento civile permettono di esercitare unicamente un'azione nell'ipotesi di un'alterazione illegale dell'iscrizione di un titolo di proprietà o di un'agitazione possessoria. Oro tale non era il caso nello specifico (I.R.S. ed altri, precitata, § 34). La Corte dunque conferma la sua conclusione anteriore e respinge l'eccezione del Governo. Constata inoltre che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Peraltro, rileva che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararla ammissibile.
11. La Corte ricorda di avere già trattato delle cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specifico e di avere constatato la violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 a ragione della privazione di proprietà che risulta dall'applicazione dell'articolo 38 della legge no 2942 (I.R.S. ed altri, precitata, §§ 50-54, Kadriye Yıldız ed altri c. Turchia, no 73016/01, §§ 29-31, 10 ottobre 2006, Börekçioğulları, Çökmez, ed altri c. Turchia, no 58650/00, §§ 42-44, 19 ottobre 2006). Constata che, concernente l'applicazione di questa disposizione, il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
12. La Corte stima che l'applicazione dell'articolo 38 al caso specifico ha avuto per conseguenza di privare la richiedente di ogni possibilità di ottenere un indennizzo per l'annullamento del suo titolo di proprietà . Tale ingerenza può essere qualificata solamente come arbitrarietà nella misura in cui non è stato impegnato nessuno procedimento di indennizzo suscettibile di mantenere il giusto equilibrio che deve regnare tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali.
13. Quindi, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
14. Resta l'applicazione dell'articolo 41 a titolo del quale la richiedente chiede 654 000 euro (EUR), da abbinare a degli interessi moratori, stimando che il metro squadrato di terreno valeva, nel giugno 2008, 2 820 EUR. Sottopone una perizia effettuata il 22 novembre 2004 per lo stesso appezzamento di terreno nella cornice di un procedimento civile iniziato dagli altri coeredi e secondo il quale nel giugno 2000 il metro squadrato di terreno valeva 315,74 EUR. Tuttavia, nelle sue osservazioni del 25 giugno 2008, la parte richiedente spiega che la sua rivendicazione di indennità al momento dell'apertura del procedimento interno il 12 luglio 2000 riguardava l'equivalente di 122 070 EUR.
15. Il Governo contesta queste rivendicazioni senza proporre alcuna somma a titolo di soddisfazione equa.
16. Conviene constatare da prima che esiste una reale difficoltà per la Corte per valutare la perdita pecuniaria del richiedente. La Corte osserva poi che la violazione del diritto della richiedente come garantito dall'articolo 1 del Protocollo no 1 deriva la sua origine da un problema che è stato già riconosciuto dalle autorità giudiziali turche a cui hanno ovviato (paragrafo 7 sopra). A questo proposito, la Corte attira l'attenzione sulla Raccomandazione del Comitato dei Ministri del 12 maggio 2004 (Rec(2004)6) sul miglioramento dei ricorsi interni nella quale questo ricorda che, al di là dell'obbligo, in virtù dell'articolo 13 della Convenzione, di offrire ad ogni persona che ha un motivo di appello difendibile, un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, gli Stati hanno un obbligo generale di ovviare ai problemi sottostanti alle violazioni constatate (Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 193, CEDH 2004-V). In questo contesto, la Corte stima che le giurisdizioni nazionali sono poste meglio per valutare le perdite reali della richiedente nel modo più appropriato possibile. Perciò, stima che un ricorso per indennizzo o un ricorso per constatazione del valore dei terreni espropriati, che dà adito ad indennizzo, d’ufficio o su ricorso, da parte dell'amministrazione, costituisce la forma più adattata alla correzione di una violazione dell'articolo 1 del Protocollo 1 (vedere, mutatis mutandis, Gençel c. Turchia, no 53431/99, § 27, 23 ottobre 2003).
17. A difetto di tale ricorso che copre il periodo anteriore alla decisione della Corte costituzionale (paragrafo 7 sopra) la Corte ricorda di avere dichiarato già nella causa I.R.S. ed altri c. Turchia (soddisfazione equa) (no 26338/95, §§ 23-24, 31 maggio 2005) che l'indennizzo non doveva riflettere necessariamente il valore pieno ed intero dei beni quando è la mancanza di ogni indennità , e non la qualifica giuridica dello spodestamento che è all'origine della violazione constatata. Nello specifico, la Corte giudica appropriato fissare tanto quanto si può fare una somma forfetaria e considera che questa somma deve in principio corrispondere al valore patrimoniale legato alle attese legittime di ottenimento di un indennizzo nella cornice del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne (mutatis mutandis, Börekçioðullarý (Çökmez) ed altri, precitata, § 48). Perciò, alla vista degli elementi che figurano alla pratica, la Corte, deliberando in equità , stima ragionevole assegnare 150 000 EUR al richiedente a titolo del danno materiale. Peraltro, stima che la causa non presenta nessuna indicazione specifica che permette di considerare l'esistenza di un danno morale (I.R.S. ed altri (soddisfazione equa), precitata, § 28).
18. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese la richiedente richiede la somma di 6 210 EUR per la parcella del suo avvocato e 440,16 EUR per gli altri oneri e spese incorsi dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e la Corte. A titolo di giustificativo, sottopone una convenzione della parcella sotto firma privata tra lei ed il suo rappresentante che fissava la suddetta somma per la parcella così come delle fatture per gli oneri di traduzione, di corrispondenza, di copie e di giustizia dinnanzi alle istanze nazionali. Il Governo contesta questi importi.
19. La Corte stima che la parcella fissata tra la richiedente ed i suoi rappresentanti nella cornice del loro contratto, impegnano solamente le rispettive parti. Tenuto conto delle circostanze della causa e dei giustificativi, stima ragionevole accordare la somma di 1 000 EUR ogni onere compreso.
20. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Decide, all'unanimità , la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, all'unanimità , che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce, per cinque voci contro due,
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell'ordinamento,:
( i) 150 000 EUR (cento cinquantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
(ii) 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge, all'unanimità , la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 ottobre 2009, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell'ordinamento, l'esposizione dell'opinione parzialmente dissidente del giudice Zagrebelsky alla quale aderisce il giudice Sajó.
F.T.
F.E.P.
OPINIONE PARZIALMENTE DISSIDENTE
DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCE IL GIUDICE SAJÓ
Condivido l'opinione della maggioranza quando constata nella presente causa una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 a ragione della privazione di proprietà senza indennizzo, ma non posso seguirla nel suo ragionamento concernente la soddisfazione equa.
Prima di giungere ad una valutazione dell'indennità da assegnare in equità , la maggioranza afferma (al paragrafo 17 della sentenza) "che l'indennizzo non [deve] necessariamente riflettere il valore pieno ed intero dei beni quando è la mancanza di ogni indennità , e non la qualifica giuridica dello spodestamento che è all'origine della violazione constatata." Come in altre cause contro la Turchia simili a questa (per esempio Börekçiogullari, Cökmez, ed altri c. Turchia, 19 ottobre 2006) la sentenza trae questo principio giurisprudenziale dalla sentenza I.R.S. ed altri c. Turchia (soddisfazione equa) del 31 maggio 2005 (§§ 23-24), e considera che conviene fissare una somma corrispondente in principio "alle attese legittime di ottenimento di un indennizzo nella cornice del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne."
Si tratta di un criterio che potrebbe suscitare facilmente la critica, ma la ragione del mio disaccordo non risiede tra queste. Riguarda piuttosto un'esigenza di coerenza nella giurisprudenza della Corte.
In parecchie cause di espropriazione contro l'Italia, dove ha concluso alla violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 per la sola ragione che l'indennizzo era assente o insufficiente, la Corte, dalla sentenza della Grande Camera nella causa Scordino c. Italia (no 1) del 29 marzo 2006, ha senza eccezione considerato che un'indennità adeguata doveva corrispondere al valore commerciale del bene al momento della privazione di questo. La Grande Camera ha consacrato parecchi paragrafi (paragrafi 93-103 e 257 della sentenza Scordino precitata) all'analisi della sua giurisprudenza concernente le situazioni in cui si può accettare che l'indennizzo sia inferiore al pieno valore commerciale, per concludere che quando l'espropriazione controversa non si trova nella cornice di una riforma economica, sociale o politica, nessuno obiettivo legittimo "di utilità pubblica" può giustificare un indennizzo inferiore al valore commerciale.
Ancora si tratta là di una giurisprudenza che si potrebbe discutere mettendo forse in luce una rigidità eccessiva ed una sottovalutazione dell'utilità pubblica sottostante ad ogni espropriazione legittima. Ma ciò che non è accettabile ai miei occhi, è che la Corte, insensibile alle soluzioni giurisprudenziali derivanti dalle sentenze della Grande Camera, continua a fare riferimento alle "giurisprudenze nazionali" divergenti. Il problema della persistenza di questa "giurisprudenza turca" divergente è stato già segnalato, e da molto. Può dispiacere che la maggioranza non abbia creduto necessario accettare la giurisprudenza generale della Corte, che non ha neanche menzionato o chiarire le sue ragioni di continuare a staccarsene, all'occorrenza tramite una privazione a profitto della Grande Camera (articolo 30 della Convenzione).