Conclusione Eccezione preliminare respinta (tardività); Violazione dell'art. 6-1; non luogo a procedere ad esaminare P1-1; Danno materiale - risarcimento pecuniario; Danno morale - risarcimento pecuniario
Nel causa Di Pede c. Italia (1),
La Corte europea ´dei Diritti dell'uomo, costituita,
´ conformemente `all'articolo 43 (art. 43) della Convenzione di salvaguardia,
dei Diritti dell'uomo e delle Libertà ´fondamentali ("la Convenzione")
ed alle clausole pertinenti del suo ordinamento `B (2), in una camera
composta ´dai giudici di cui il nome segue:
SIGG. R. Bernhardt, presidente,´
F. Matscher,
C. Russo,
A.N. Loizou,
J.M. Morenilla,
M.A. Lopes Rocha,
L. Wildhaber,
U. Lohmus,
E. Levits,
così come dei Sigg. H. Petzold, cancelliere, ed Allegati Mahoney, cancelliere,
collaboratore,
Dopo avere `deliberato ´in camera del consiglio il 29 marzo e
29 agosto ^1996,
Rende la sentenza ^che ha, adotta ´in `questa ultima data:
_______________
Note del cancelliere
1. La causa porta il n° 83/1995/589/675. Le prime due cifre
indicano il posto nell'anno ´di introduzione, le due ultime il
posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su
quello delle richieste ^iniziali15797/89 (alla Commissione).
2. L'ordinamento `B, entrato in vigore ´il 2 ottobre 1994, si applica a
tutte le cause concernenti le Stati legati dal Protocollo n° 9
(P9).
_______________
PROCEDIMENTO
1. La causa è ´stata deferita alla Corte dalla Commissione europea´
dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 18 settembre 1995, nel,
termine ´dei tre mesi che aprono gli articoli32 paragrafo 1 e 47 della
Convenzione (art. 32-1, art. 47). Alla sua origine si trova una richiesta
(n° 15797/89) diretta ´contro la Repubblica italiana e in cui un
cittadino di questo Stato, il Sig. F. P. D. P., aveva investito la
Commissione il 3 luglio 1989 in virtù dell'articolo 25 (art. 25).
La domanda della Commissione rinvia agli articoli44 e 48
( art. 44, art. 48) così come alla dichiarazione ´italiana che riconosce
la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Ha
per oggetto di ottenere una decisione sul punto di ´sapere se i fatti
della causa rivelano `una trasgressione dello stato convenuto ´alle esigenze
degli articoli 6 paragrafo 1 della Convenzione (art. 6-1) e 1 del
Protocollo n° 1 (P1-1).
2. In risposta ´all'invito contemplato ´all'articolo 35 paragrafo 3 d,
dell’ordinamento `B, il richiedente ´ha manifesto il desiderio di partecipare
all'istanza e ha designato il ´suo consigliere (articolo 31).
3. Il 29 settembre 1995, il presidente ´della Corte ha stimato che vi era
luogo di affidare a `una camera unica, in virtù di
l'articolo 21 paragrafo 7 dell'ordinamento `B e nell'interesse ^di una buona
amministrazione della giustizia, l'esame della presente ´causa e della
causa Zappia c. Italia (1). La camera da `costituire in questo modo
comprendeva di pieno dritto Sig. C. Russo, giudice eletto ´di
nazionalità ´italiana (articolo 43 della Convenzione) (art. 43) e
Il Sig. R. Bernhardt, vicepresidente ´della Corte, articolo 21 paragrafo 4 b,
dell’ordinamento `B. Lo stesso ^giorno, il presidente ´della Corte, il Sig. R. Ryssdal,
ha estratto a sorte il nome degli altri sette membri, ossia i Sigg. B. Walsh,
R. Macdonald, A.N. Loizou, J.M. Morenilla, M.A. Lopes Rocha,
L. Wildhaber ed E. Levits, in presenza ´del cancelliere ,articoli 43 in fine
della Convenzione e 21 paragrafo 5 dell'ordinamento `B, (art. 43).
In seguito, Sigg. U. Lohmus e F. Matscher, supplenti, hanno sostituito´
SIGG. Macdonald e Walsh, impossibilitati, ´articoli 22 paragrafo 1 e 24 paragrafo 1 del
ordinamento `B.
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1. 85/1995/591/677.
_______________
4. In qualità ´di presidente della camera, articolo 21 paragrafo 6 del
ordinamento `B, il Sig. Bernhardt ha consultato´, tramite l’intermediazione del cancelliere,
l'agente del governo italiano ("il Governo"), l'avvocato del
richiedente ´ed il delegato della Commissione a proposito dell'organizzazione
del procedimento, ´articoli 39 paragrafo 1 e 40. Conformemente `all'ordinanza
resa di conseguenza, il cancelliere ha ricevuto ¸le richieste di soddisfazione
equa ´del richiedente l’ 8 gennaio 1996 e l'esposto del Governo
il 17 febbraio ´1996.
5. Il 21 febbraio ´1996, la Commissione ha prodotto la pratica del
procedimento ´seguito dinnanzi a lei; il cancelliere l'aveva invitata su
istruzione del presidente.´
6. Così come aveva deciso ´questo ultimo, i dibattimenti si sono
svolti in pubblico ´il 28 marzo 1996, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a
Strasburgo. La Corte aveva tenuto prima una riunione ´preparatoria.´
Sono comparsi:
- per il Governo
Il Sig. G. Raimondi, magistrato distaccato,´´
al servizio del contenzioso diplomatico
del ministero `delle Cause estere, coagente,;
- per la Commissione
Il Sig. B. Conforti, delegato,;´
- per il richiedente
G. M., avvocato, consigliere.
La Corte li ha sentiti nelle loro arringhe.
IN FATTO
I. Le circostanze dello specifico`
A. Il procedimento ´al merito
7. Il 14 luglio 1978, il richiedente ´citò il Sig. V. e la Sig.ra L. dinnanzi
al tribunale di Domerà per vederli condannare a demolire una
costruzione costruita ^in violazione delle disposizioni relative alle
distanze legali in materia di `fondi divisori e a strappare
quattro alberi per la stessa ^ragione. Chiese anche ´la rimessa in
stato ´dei luoghi per permettere alle acque piovane di defluire senza
inondare il suo terreno, così come il pagamento di danno-interessi.^
8. La prima `udienza ebbe luogo il 13 ottobre 1978. Il 2 marzo
e il 6 aprile 1979, il consigliere del Sig. D. P. richiese una perizia; in una
data non precisata´, il giudice del collocamento in stato designò un perito, poi,
il 1 giugno, gli accordò un termine ´di sessanta giorni. L'udienza del
12 ottobre 1979 fu rinviata ´per permettere alle parti di esaminare il
rapporto nel frattempo depositato.´´ Dopo `quattro altre udienze
di istruzione, il 7 giugno 1980, il giudice ordinò al perito di
comparire ^all'udienza del 4 luglio 1980 in vista di fornire delle
delucidazioni riguardanti in particolare la domanda dei danni
provocati ´dallo scorrimento delle acque piovane. In questa data, il perito,
domandò un termine ´di trenta giorni per presentare un
rapporto complementare.´
9. Essendo stato ´comunicato questo documento solo il 7 luglio 1981,
malgrado ´le sollecitazioni del giudice il 31 gennaio e l’8 maggio 1981,
cinque udienze, tra il 31 ottobre 1980 ed il 26 giugno 1981, dovettero
essere ^rinviate.´ Il 6 novembre 1981, il consigliere dei convenuti ´chiese
un rinvio per esaminare suddetto rapporto; il richiedente ´ non si oppose
ed il giudice rinviò i dibattimenti ´all’ 8 gennaio 1982. Le dieci udienze
seguenti, dal 15 gennaio 1982 all’ 11 marzo 1983, furono rinviate ´
su richiesta delle parti, due volte congiuntamente, sette volte da parte
del richiedente ed una volta dai convenuti. Il 13 gennaio 1984, dopo`
sei altre udienze, dei testimoni ´furono sentiti. L’8 febbraio 1985,
le parti presentarono le loro conclusioni, dopo avere ottenuto,
cinque nuovi rinvii. La causa fu messa in deliberazione il
25 febbraio ´1986.
10. L’ 11 marzo 1986, il tribunale di Domerà accolse le domande
del richiedente precisando che la domanda relativa all’importo dei
danno-interessi doveva essere oggetto di un nuovo procedimento.´ Il
testo del giudizio fu depositato ´alla cancelleria il 7 aprile 1986.
11. Il 24 maggio 1986, il Sig. V. e la Sig.ra L. interposero `appello ma
Trascurarono `l'iscrizione dell'atto al ruolo della corte di appello di
Potenza, il che provocò ^l'estinzione del procedimento.´ Su richiesta
del Sig. D. P., il cancelliere di questa giurisdizione certificò il
22 dicembre ´1987, che l'iscrizione non era stata fatta.
B. Il procedimento ´di esecuzione´
12. Il 10 febbraio ´1988, il richiedente fece in modo che il Sig. V. e la Sig.ra L.
ottemperassero il giudizio dell’ 11 marzo 1986, poi il 26 aprile 1988, egli,
chiese al giudice di istanza (pretore) di Domerà di fissare le modalità´
dell'esecuzione ´delle prestazioni dovute dai suoi vicini.
13. All'epoca della prima `udienza, il 2 luglio 1988, il Sig. D. P.,
ripeté la ´sua richiesta.^ Il 1 ottobre 1988, il giudice di istanza nominò uno
geometra `ed un'impresa di costruzione, affidando loro la direzione,
e l'esecuzione ´dei lavori indicati nella decisione del tribunale di
Domerà
14. Il 28 dicembre ´1988, il geometra `presentò ´al giudice di istanza
un rapporto che indicava che i lavori erano stati ´parzialmente
effettuati. Il richiedente ´confermò questo fatto dinnanzi al
Commissione europea ´il 23 gennaio 1995.
II. Il diritto interno pertinente
A. Il codice civile
15. L'articolo 2931 del codice civile è così formulato:´
"In caso di inadempienza ´di un obbligo di eseguire dei lavori, il,
creditore può chiedere che sia eseguito a spese del
debitore ´secondo le forme stabilite dal
codice di procedimento ´civile."
B. Il codice del procedimento ´civile
16. Due disposizioni del codice di procedimento ´civile entrano in fila
di conto:
Articolo 612
"Quello che vuole ottenere l'esecuzione ´costretta di un giudizio di
condanna per violazione di un obbligo di eseguire dei lavori
deve, con ricorso, chiedere al giudice di istanza che vengano
determinate ´le modalità dell'esecuzione.
Il giudice di istanza delibera sulla questione, dopo `avere,
sentito la parte toccata dall’obbligo.´ Nella sua ordinanza, nomina
l'ufficiale giudiziario di giustizia che deve procedere ´all'esecuzione ´ed le
persone che devono vegliare al compimento del lavoro
non effettuato"´
Articolo 613
"L'ufficiale giudiziario di giustizia può chiedere l'assistenza del
forza pubblica e deve chiedere al giudice di istanza di prendere
le misure necessarie per ´eliminare ogni difficoltà´
che può sopraggiungere durante l'esecuzione.´ Il giudice di istanza
delibera con una decisione ´[decreto].
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
17. Il Sig. D. P. ha investito la Commissione il 3 luglio 1989. Egli si
lamentava: 1) della durata ´di un procedimento civile seguito da un procedimento´
di esecuzione, ´articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione, (art. 6-1);
2) di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni causato dalla
lunghezza addotta ´della fase di esecuzione, articolo 1 del
Protocollo n° 1, (P1-1); 3) della violazione del principio dell'uguaglianza ´delle
armi a causa dell'obbligo di pagare una somma a titolo di anticipo ai
periti, articoli 14 e 6, combinati, della Convenzione, (art. 14+6).
18. Il 2 marzo 1995, la Commissione ha considerato la richiesta (^n° 15797/89)
in quanto alle prime due lagnanze e l'ha respinta ´per il surplus. In
il suo rapporto del 6 luglio 1995 (articolo 31) (art. 31) conclude
alla violazione dell'articolo 6 (art. 6) (ventitre voci contro sei) e
stima che non c’è luogo di ricercare se c'è stata violazione
dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) (venticinque voci contro quattro).
Il testo integrale ´del suo parere e delle tre opinioni separate di cui si
accompagna figurano qui acclusi alla presente ´sentenza ^(1).
_______________
Nota del cancelliere
1. Per le ragioni di ordine pratico vi figureranno solo
nell'edizione ´stampata (Raccolta delle sentenze ^e decisioni ´1996-IV), ma
ciascuno pu?ò procurarseli presso la cancelleria.
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IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEL'ARTICOLO 6 PARAGRAFO 1 DELLA
CONVENZIONE (ART. 6-1)
19. Il richiedente ´denuncia la durata del procedimento civile seguito
dai un procedimento ´di esecuzione ed invoca l'articolo 6 paragrafo 1 della
Convenzione (art. 6-1) così formulato:´
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita
(...) in un termine ´ragionevole, da un tribunale, che
deciderà´ delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi
di carattere `civile"
A. Sull'eccezione preliminare ´del Governo
20. Senza contestare l'applicabilità ´dell'articolo 6 (art. 6) al
procedimento ´di esecuzione, il Governo solleva, `come già dinnanzi alla
Commissione, un'eccezione di tardività in quanto ´alla richiesta ^che riguarda
la durata ´del procedimento al merito. Il giudizio dell’ 11 marzo 1986
( paragrafo 10 sopra) costituirebbe, al senso dell'articolo 26 in
fine della Convenzione (art. 26) la decisione ´interna definitiva.´ Il
procedimento ´di esecuzione non potrebbe passare per un seconda fase dunque
del procedimento ´controverso; sarebbe al contrario un'istanza
nuova ed indipendente.´ La tesi `del "prolungamento naturale" avanzato´
dalla Commissione ignorerebbe le particolarità ´del sistema `giuridico
italiano. Tre elementi ´distinguerebbero difatti i due tipi di
procedimento:´ da prima, il titolo esecutivo, preliminare all'esecuzione´, non
deriva ´ necessariamente da un processo `al merito come nel caso di
debiti (debiti pecuniari); poi, le parti interessate ´dal
procedimento ´di esecuzione non possono essere ^le stesse che al fondo; infine,
le due fasi si svolgono ´parallelamente `quando, per esempio, una
decisione ´giudiziale è esecutiva tramite provvedimento.
Pertanto, il termine ´di sei mesi previsto all'articolo 26 (art. 26) in,
fine sarebbe cominciato ´col deposito ^alla cancelleria, il 7 aprile 1986, del,
giudizio in questione, ed il richiedente non ´l'avrebbe rispettato
poiché ha introdotto la sua richiesta ^il 3 luglio 1989.
21. Su consiglio dell'interessato´, il delegato della Commissione mette
l'accento sul carattere `indissociabile dei due procedimenti ´controversi
e sul fatto che ogni ritardo imputabile al richiedente in quanto all'inizio´´
dell'esecuzione deve essere ´valutato sotto l'angolo del suo comportamento durante
il processo.`
22. La Corte considera `che non deve decidere la controversia
dottrinale relativa al problema `dell'autonomia del procedimento´
di esecuzione ´nel dritto italiano; è allo sguardo della Convenzione e non
del diritto nazionale che gli appartiene di valutare ´se e quando il diritto
rivendicato ´dal Sig. D. P. il 14 luglio 1978 (paragrafo 7 sopra)
ha trovato la ´sua realizzazione effettiva. E’ in quel momento che c'è
la determinazione ´di un diritto di carattere `civile, dunque decisione ´definitiva´
al senso dell'articolo 26 (art. 26) (vedere la sentenza ^Silva Puntatori
c. Portogallo del 23 marzo 1994, serie ´A n° 286-ha, p. 13, paragrafo 29).
23. Nel caso specifico, l’11 marzo 1986, il tribunale di Domerà
costringe i convenuti ´a `demolire ´una costruzione, strappare degli alberi,
e rimettere i luoghi in stato.´ Il seguente 24 maggio, il Sig. V. e la Sig.ra L.
attaccarono `questa decisione ´dinnanzi alla corte di appello di Potenza,
trascurando ´tuttavia l'iscrizione dell'atto al ruolo, ^il che provocò,^
l'estinzione del procedimento.´ Ora il Sig. D. P. - che aveva avuto
cognizione di questa circostanza il 22 dicembre ´1987 – fece in modo che nel
febbraio ´1988 i suoi vicini di casa ottemperassero il giudizio dell’11
marzo 1986, poi, il 26 aprile 1988, chiese al giudice di istanza di
Domerà di fissare le modalità ´dell'esecuzione delle prestazioni
controverse.
In un rapporto del 28 dicembre ´1988, il geometra `incaricato ´di
dirigere i lavori di rimessa in stato ´informò il giudice di istanza che
suddetti lavori erano stati ´effettuati parzialmente (paragrafi 10-14
sopra).
Dinnanzi all'inerzia del giudice dell'esecuzione´, il richiedente investì
il 3 luglio 1989 la Commissione europea ´dei Diritti dell'uomo di una
richiesta.^
24. La Corte stima che il procedimento ´di esecuzione deve passare per
la seconda fase di quella che era cominciata il 14 luglio 1978
(vedere, tra altre, la sentenza ^Silva Puntatori precitata, ´p. 14, paragrafo 33);
sottolinea che in `questo giorno, nessuna decisione ´interna definitiva, al senso,
dell'articolo 26 in fine della Convenzione (art. 26) non ´era stata resa.
Difatti, il fatto invocato ´dal Governo secondo il quale la causa
sarebbe ´stata classificata non risulta dalla pratica.
C'è luogo dunque di allontanare ´l'eccezione.
B. Sulla fondatezza ´della lagnanza
25. Resta da sapere se c'è stato superamento ´del termine ragionevole.
Commissione e richiedente ´rispondono affermativamente, il Governo,
in modo negativo.´
26. Il periodo ´da `prendere in considerazione ´è cominciato il
14 luglio 1978, con la citazione del Sig. V. e la Sig.ra L. dinnanzi al
tribunale di Domerà. Non si è concluso ancora (paragrafo 24
sopra).
27. Il carattere `ragionevole della durata ´di un procedimento si valuta´
seguendo le circostanze della causa ed avuto riguardo ´ai criteri`
consacrati ´dalla giurisprudenza della Corte, in particolare la complessità´
della causa, il comportamento del richiedente ´e quello delle autorità´
competenti, (vedere tra molti altri, mutatis mutandis,
la sentenza ^Ausiello c. Italia del 21 maggio 1996, Raccolta delle sentenze e
decisioni ´1996-III, p. 722, paragrafo 19).
28. Il Governo eccepisce del comportamento del richiedente:´ in quanto
al procedimento ´al merito, il Sig. D.P. sarebbe responsabile di oltre
venti rinvii di udienze, per averli ^solleciti lui stesso ´o per
non essersi opposto alle richieste dei convenuti; in quanto alla fase
dell'esecuzione´, l'unica da prendere in considerazione ´secondo il Governo,
si sarebbe conclusa con un'archiviazione. Comunque`, il richiedente´
avrebbe trascurato ´di rivolgersi al giudice dell'esecuzione affinché fissasse una
nuova udienza e sostituisse eventualmente ´l'impresa che aveva
realizzato parzialmente ´i lavori.
29. Secondo il Sig. D. P., non si potrebbe rimproverargli di avere talvolta
acconsentito a `dei rinvii dei dibattimenti ´perché il suo atteggiamento era dettato
dalla speranza di arrivare alla conclusione della causa in un clima di
"collaborazione reciproca."
30. Il delegato ´della Commissione stima che il comportamento del
Richiedente non può da solo spiegare la lunghezza del procedimento:´ per
ciò che riguarda la prima `fase (giudizio al merito), un anno è passato
prima del deposito ^alla cancelleria di un complemento ´di perizia ed un altro anno´
separò l'udienza per la presentazione delle conclusioni da quella delle
arringhe; quanto alla seconda, il Sig. D. P. aveva il diritto al
completamento `dei lavori.
31. La Corte osserva che le due sollecitazioni del giudice del collocamento
in stato ´al perito - la prima indirizzata del resto ´più di cinque mesi
dopo `la scadenza del termine ´di un mese accordato il 4 luglio 1980
(paragrafi 8 e 9 sopra) - non ottennero il risultato ´voluto e
che, di conseguenza´, la sostituzione di questo si sarebbe imposta.´ In
oltre, se è vero che il richiedente ´ha la responsabilità di una
parte dalla lunghezza di cui si lamenta oggi, la Corte non
non comprende la ragione per cui furono
necessarie tante udienze in particolare durante il procedimento al merito, per una causa,
che non rivestiva ^nessuna complessità ´particolare.`
Infine, l'argomento del Governo secondo il quale la causa sarebbe
stata ´classificata, non ^può essere considerato: si comprende male come un'archiviazione
fosse ^stata ´possibile mentre una parte dei lavori restava ancora` da
eseguire.´
32. Di conseguenza, non ´si potrebbe giudicare ragionevole un lasso di
tempo di più di diciotto anni che, per la maggior parte, pesa sulle
autorità ´investite della causa.
C'è stata dunque violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1
(P1-1)
33. Il Sig. D. P. si lamenta anche ´di un attentato al suo diritto al
rispetto dei suoi beni in ragione del non-completamento `dei lavori prescritti
dal tribunale di Domerà. Invoca l'articolo 1 del Protocollo n° 1
(P1-1) che dispone:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto di suoi
beni. Nessuno può essere ^privato ´della sua proprietà se non per causa
di utilità ´pubblica e nelle condizioni previste dalla legge
e dai principi generali ´del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti (´P1-1) non portano attentato
al diritto che possiedono `gli Stati di mettere in vigore le leggi
che giudicano necessarie ´per regolamentare l'uso dei beni
´ conformemente `all'interesse ^generale ´o per garantire il pagamento
delle imposte o di altri contributi o delle multe."
34. Il Governo non si pronuncia.
35. Come la Commissione, la Corte non giudica necessario,
tenuto conto delle circostanze della causa e della conclusione che figura
al paragrafo 32 sopra, di ricercare se c'è stata violazione
dell'articolo 1 del Protocollo n° 1 (P1-1) (vedere la sentenza ^Zanghi `c. Italia del
19 febbraio ´1991, serie A n° 194-C, p. 47, paragrafo 23).
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 50 DELLA CONVENZIONE (ART. 50)
36. Secondo `l'articolo 50 della Convenzione, art. 50,
"Se la decisione ´della Corte dichiara che una decisione preso o
una misura ordinata ´da un'autorità giudiziale o qualsiasi altra
autorità ´di una Parte Contraente si trova interamente `o
parzialmente in opposizione con gli obblighi derivanti dalla
Convenzione, e se il diritto interno di suddette Parti
permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze ´di
questa decisione ´o di questa misura, la decisione della Corte
accorda, se c'è luogo, alla `partire lesa ´una soddisfazione
equa."´
A. Danno
37. Denunciando ¸l'incapacità ´delle autorità italiane di fare
eseguire ´il giudizio dell’ 11 marzo 1986 e l'angoscia dovuta alla lunghezza
del procedimento, ´il richiedente richiede 1 000 000 000 di lire italiane,
( ITL) per danno ´morale e materiale.´ A questa somma si aggiungerebbe un
Importo di 375 904 000 ITL corrispondente in sostanza ai danni
provocati ´all'edificio ^ubicato sul suo terreno.
38. Secondo il Governo, la semplice constatazione di violazione del
Convenzione costituirebbe, all'occorrenza´, una soddisfazione equa´
sufficiente per il torto morale addotto.´´ In quanto al danno ´materiale,
l'interessato non ´avrebbe dimostrato l'esistenza.
39. Il delegato ´della Commissione si rimette alla saggezza della Corte,
che, deliberando in equità ´e tenuto conto degli elementi in suo possesso
e della sua giurisprudenza in materia`, decide ´di accordare al Sig. D. P.
15 000 000 ITL per danno.
B. Oneri e spese´
40. Il richiedente non ´chiede il rimborso degli oneri e
spese ´incorsi dinnanzi alle giurisdizioni interne e la Commissione.
In quanto a quelli del procedimento ´seguito dinnanzi alla Corte, ha richiesto e ha
ottenimento l'assistenza giudiziale per un totale di 9 392 franchi francesi.¸
C. Interessi ^moratori
41. Secondo le informazioni di cui dispone la Corte, il tasso legale,´
applicabile in Italia alla data di adozione della presente ´sentenza ^era ´del
10% l'anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Respinge (per otto voci contro una) l'eccezione preliminare ´del
Governo;
2. Stabilisce (per otto voci contro una) che c’è stata violazione
dell'articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione (art. 6-1);
3. Stabilisce (all'unanimità´) che non c'è luogo di esaminare anche
la causa sotto l'angolo dell'articolo 1 del Protocollo n° 1
(P1-1);
4. Stabilisce (per otto voci contro una) che lo stato convenuto ´deve
versare al richiedente´, entro tre mesi,
15 000 000 (quindici milioni) di lire italiane per danno,
somma da aumentare di un interesse ^non capitalizzabile del 10% l'anno
a `contare dalla scadenza di suddetto termine ´e fino al versamento;
5. Respinge (all'unanimità´) la domanda di soddisfazione equa´
per il surplus.
Fatto in francese ¸ed in inglese, pronunciato poi´ in udienza ¸
pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a `Strasburgo, il,
26 settembre 1996.
Firmato:´ Rudolf BERNHARDT
Presidente
Firma:to Hebert PETZOLD
Cancelliere
Alla presente ´sentenza si ^trova unita , conformemente agli
articoli 51 paragrafo 2 della Convenzione (art. 51-2) e 55 paragrafo 2
dell’ordinamento `B, l’esposizione dell'opinione dissidente del Sig. Morenilla.
Siglato:´ R. B.
Siglato:´ H. P.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE MORENILLA
1. Mi dispiace di non potere seguire l'opinione della maggioranza ´in
questa causa. Mi riferisco `a questo proposito alle mie opinioni dissidenti
nelle sentenze ^Silva Puntatori c. Portogallo e Zappia c. Italia.
_______________
1. Sentenza ^del 23 marzo 1994, serie ´A n° 286-a.
2. Sentenza ^del 26 settembre 1996, Raccolta delle sentenze e
decisioni ´1996-IV.
_______________
2. Per spiegare bene la mia posizione, insisto nel dire che, nella
presente ´causa, contrariamente `al passo ´seguito dalla
maggioranza´, bisogna "dissociare", ai fini degli articoli 26 e 6 paragrafo 1 della
Convenzione, art. 26 (art. 6-1) la fase declaratoria ´e
esecutiva ´del procedimento civile e considerarle come due tappe´
nettamente separate ´ed autonome. Sebbene il procedimento di esecuzione´
sia una conseguenza ´della decisione giudiziale resa al merito e che
in parecchi sistemi `giuridici, specialmente ´quelli derivanti dal diritto
romano, i giudici siano le autorità ´competenti per garantire
l'esecuzione ´delle loro decisioni al merito, si tratta di procedimenti´
successivi, ciascuno con una natura giuridica distinta. La parte
che ha ottenuto guadagno di causa è libera di scatenare ´o meno l'esecuzione,
di arrivare a un ordinamento amichevole della causa o di aspettare una
soluzione extragiudiziale secondo la sua convenienza. Inoltre, la natura
differente ´delle prestazioni per la realizzazione del diritto contestato, da'
luogo anche `a dei procedimenti ´di esecuzione giudiziale differenti.´ Nello
specifico`, si trattava di un obbligo di eseguire che richiedeva, per
la sua natura, l'assenso dell'esecutore ´che può chiedere al giudice
di fissare le modalità ´dell'esecuzione. La presente causa è dunque
un buono esempio della capacità ´di disposizione che ha il richiedente nel
processo `civile nelle sue due tappe ´procedurali.´
3. Per ciò che riguarda l'eccezione sollevata ´dal Governo
sulla tardività ´della richiesta (^articolo 26 della Convenzione) (art. 26) io
considero `che la lagnanza relativa alla durata ´eccessiva del procedimento al
merito sia escluso dalla competenza ´degli organi di Strasburgo perché
questo procedimento´, dal `carattere declaratorio´, era definitivamente´
finito ´dalla sentenza ^del tribunale di Domerà, deposta ´alla cancelleria il
7 aprile 1986 che accoglieva le richieste del richiedente.´ Questa sentenza^
diventa definitiva ´per difetto formale di appello; su richiesta del
Sig. D. P., il cancelliere di suddetta giurisdizione certificò che
l'iscrizione al ruolo ^dell'atto non ´era stata fatta (paragrafo 11
sopra). Il Sig. D. P. investì la Commissione il 3 luglio 1989, o
più di due anni e mezzo dopo `la scadenza ´del termine di sei mesi
dell'articolo 26 (art. 26) affinché la richiesta ^formata ´a riguardo ´dei difetti´
procedurali ´denunciati nella fase relativa alla fondatezza della domanda
potesse essere ^dichiarata ´ammissibile.
Invece la lagnanza della durata ´eccessiva del procedimento´
di esecuzione´, iniziato dal richiedente – così tardivamente - per ottenere
l'esecuzione ´del giudizio di condanna dei convenuti Sig. V. e la Sig.ra L.
era ´ammissibile al senso dell'articolo 26 della Convenzione (art. 26)
perché questo procedimento ´è ancora pendente. L'eccezione del
Governo deve essere respinte dunque ´solo parzialmente perché, a
mio parere, dovrebbe ^essere limitata ´alla fase declaratoria del
procedimento.´
4. Il 26 aprile 1988, il Sig. D. P. aveva chiesto ´al pretore di fissare
le modalità ´di esecuzione della condanna dei convenuti per `demolire´
una costruzione e strappare degli alberi e a `rimettere in stato ´i luoghi
controversi. Il giudice nominò in seguito un geometra `ed un'impresa
di costruzione. Nove mesi più tardi, i lavori erano stati´´
effettui parzialmente.´ Nella pratica non appare ^né la reazione ´da
parte del Sig. D. P. dinnanzi a questi lavori di cui aveva ricevuto¸, su sua
richiesta, una copia del rapporto il 2 ottobre 1989, né che si sia
rivolto all'ufficiale giudiziario di giustizia o al giudice per ottenere delle misure
che miravano ad "`eliminare ´ogni difficoltà che sarebbe potuta sopraggiungere durante
l'esecuzione" (´articolo 613 del codice di procedimento civile italiano).
Questa lunga passività ´procedurale dopo `la decisione ´del giudice
di esecuzione è ´stata decisiva per arrivare alla situazione di cui l'interessato´´
si lamenta. Il diritto italiano in materia di `esecuzione ´degli obblighi ad
eseguire, posto ´sotto il principio del dispositivo più rigoroso, richiede
all'esecutore ´di vegliare sul compimento dei termini della
condanna e di investire il giudice affinché prenda le misure
necessarie a `rimediare a ogni difficoltà che può ´sopraggiungere durante
l'esecuzione ´(articoli 612 e 613 del codice di procedimento civile,
paragrafo 16 della sentenza).^ "[La] speranza di arrivare alla conclusione
della causa in un clima di "collaborazione reciproca" che il consigliere i
del Sig. D. P. adduce (`paragrafo 29 della sentenza)^, pur comprensibile´
che sia, è incompatibile con la violazione di un diritto fondamentale
che, col suo carattere `assoluto, non permette eccezioni in ragione della
buona creanza delle ´vittime di presunti maneggi delle autorità di
lo stato.