Conclusione Eccezione preliminare respinta (decadenza); Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA DE PASCALE C. ITALIA
( Richiesta no 71175/01)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2005
DEFINITIVO
13/01/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa de Pasquale c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen, il Sig.re N. Vajic,
S. Botoucharova, il Sig. V. Zagrebelsky, la Sig.ra E. Steiner,
Sigg. K. Hajiyev, giudici,
del Sig. S. Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 settembre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 71175/01) diretta contro la Repubblica italiana e incui una cittadina di questo Stato, Sig.ra A. d. P. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 21 aprile 2001 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da A. B., avvocato ad Avellino. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dai suoi agenti successivi, rispettivamente Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia ed il suo coagente il Sig. F. Crisafulli ed il suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduceva in particolare di essere stato privato del suo terreno in modo incompatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
4. La richiesta è stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell'ordinamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 § 1 della Convenzione, è stata costituita conformemente all'articolo 26 § 1 dell'ordinamento.
5. Con una decisione del 15 maggio 2003, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile. Con una decisione del 27 maggio 2004, la camera ha dichiarato il restante della richiesta ammissibile.
6. Il richiedente non ha depositato osservazioni scritte sul merito della causa.
7. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla prima sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente risiede ad Avellino.
9. Il richiedente era co-proprietario di un terreno registrato al catasto, foglio no 7, appezzamenti 41 e 82.
10. Con un'ordinanza del 22 dicembre 1980, il sindaco di Casoria autorizzò la società cooperativa D. ad occupare di emergenza il terreno del richiedente per un periodo massimale di tre anni in vista della sua espropriazione per la costruzione di abitazioni ad affitto moderato.
11. Con un'ordinanza del 4 settembre 1981, il sindaco di Casoria dispose l'occupazione di emergenza di un'altra parte dell'appezzamento 82 per un periodo di cinque anni.
12. Il 25 novembre 1981, la società D. procedette all'occupazione materiale del terreno.
13. Con un atto notificato il 20 febbraio 1986, il richiedente ed le sue sorelle citarono la città di Casoria dinnanzi al tribunale civile di Napoli. Facevano valere che l'occupazione del terreno era illegale per il motivo che si era protratta al di là del termine autorizzato senza che si fosse proceduto all'espropriazione. Adducevano che, sebbene i lavori di costruzione effettuati sul loro terreno abbiano trasformato questo, nessuno decreto di espropriazione e nessuno indennizzo erano intervenuti. Riferendosi al principio dell'espropriazione indiretta fissato dalla Corte di cassazione nella sentenza no 1464 del 26 febbraio 1983, invitavano il tribunale a dichiarare che la costruzione del lavoro pubblico aveva ad un tale punto trasformato il loro terreno che aveva provocato la perdita irreversibile del bene. Richiedevano dei danni interessi per la perdita del terreno a concorrenza del valore di questo.
14. Il 27 luglio 1987, il sindaco di Casoria decretò nel frattempo, l'espropriazione del terreno del richiedente.
15. Con un secondo atto, notificato il 10 ottobre 1987, il richiedente e le sue sorelle citarono la città di Casoria dinnanzi al tribunale civile di Napoli.
16. Facevano valere che il decreto di espropriazione era inefficace poiché era intervenuto dopo la scadenza del termine di occupazione autorizzata.
17. Ad una data non precisata, i due procedimenti che erano pendenti dinnanzi al tribunale di Napoli, furono riuniti.
18. Nel 1993, una perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, il richiedente e le sue sorelle dovevano considerarsi come privati del loro terreno il 15 aprile 1987. Il valore venale del terreno nel 1987, indicizzato al giorno della perizia, era di 475 000 000 lire italiane (ITL) (245 317,03 EUR).
19. Con un'ordinanza del 16 novembre 1999, il tribunale dispose una nuova stima per ricalcolare la somma da concedere in funzione della legge no 662 del 1996 nel frattempo entrata in vigore.
20. Il 7 luglio 2000, il perito indicò con un complemento di perizia depositato che la somma da concedere al richiedente e alle sue sorelle ed indicizzata al giorno della perizia era di 326 097 810 ITL (168 415,46 EUR).
21. Con un giudizio del 18 marzo 2004, il tribunale di Napoli dichiarò che in seguito all'occupazione del terreno, ed in vista della costruzione del lavoro rispondente all'interesse pubblico, il diritto di proprietà del richiedente e delle sue sorelle era stato neutralizzato conformemente al principio dell'espropriazione indiretta. Dato che il trasferimento di proprietà aveva avuto luogo nella cornice di un'occupazione di terreno diventato senza titolo, il richiedente ed e le sue sorelle avevano diritto ai danno-interessi. Di conseguenza il tribunale accordò al richiedente ed alle sue sorelle una somma, calcolata in funzione della legge no 662 del 1996, di 154 987,10 EUR indicizzata a partire dal 25 novembre 1981.
22. Ad una data non precisata, la città di Casoria interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
23. Il procedimento attualmente è pendente in appello.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L'occupazione di emergenza di un terreno
24. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all'amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell'espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l'amministrazione può decretare l'occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l'occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
25. L'occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un'indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l'indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l'amministrazione proceda ad un'offerta di indennizzo.
b) Il principio dell'espropriazione indiretta ("occupazione acquisitiva" o "accessione invertita")
26. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell'occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l'interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
27. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un'occupazione illegale ab initio, o un'occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l'occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
28. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un'azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l'illegalità derivante dall'occupazione era permanente. L'amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l'azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l'indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
29. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l'amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
30. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L'interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
31. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell'espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un'espropriazione formale quando, dopo l'occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell'occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l'occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l'occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l'interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l'acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull'interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
32. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l'occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
33. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell'espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l'articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l'amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l'interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull'interesse dell'individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l'applicazione all'azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall'articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell'espropriazione indiretta
34. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell'amministrazione conosce delle eccezioni.
35. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c'è espropriazione indiretta quando le decisioni dell'amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
36. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l'amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l'interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L'illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
37. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c'è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell'espropriazione indiretta non si applica dunque. L'interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L'introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
38. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell'espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
39. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c'è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
40. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull'espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
41. Ai termini dell'articolo 3 di questa legge, "Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un'espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all'articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell'occupazione illegale."
42. Interpretando l'articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: "Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni - ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni - e l'interesse pubblico - concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate - ha dato la precedenza a questo ultimo interesse."
5. L'importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
43. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all'interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l'occupazione illegale.
44. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l'importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l'importo dell'indennità contemplata per il caso di un'espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
45. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l'indennizzo integrale non poteva essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l'indennizzo equivaleva all'importo dell'indennità contemplata nel caso di un'espropriazione formale, nell'ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
46. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un'indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l'occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
47. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell'espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
48. Alla vista della constatazione di violazione dell'articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell'espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
49. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell'espropriazione indiretta - ha detto che in materia dell'uniformità della giurisprudenza, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente "prevedibile" a contare del 1983. Per questo fatto, l'espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all'indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall'interessato, ed in particolare al valore del terreno, l'indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
50. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro "pubblico" poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come "realizzato" e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l'articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l'amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l'espropriazione indiretta non potrebbe costituire un'alternativa ("una mera alternativa") ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito "il Repertorio,
51. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell'espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all'insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
52. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell'autorità che l'ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L'autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L'autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 DELLA CONVENZIONE
53. Il richiedente sostiene essere stato privato del suo terreno in circostanze incompatibili con l'articolo 1 del protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Tesi difese dinnanzi alla Corte
1. Il richiedente
54. In seguito alla decisione di ammissibilità della presente richiesta il richiedente non ha sottomesso alla Corte osservazioni complementari sul merito.
2. Il Governo
55. Il Governo aveva eccepito il non-esaurimento delle vie di ricorso interne per il motivo che al momento dell'introduzione della richiesta, il procedimento nazionale era pendente dinnanzi al tribunale di Napoli così che non c'era ancora giudizio interno definitivo. Pure sostenendo che il giudice nazionale non farebbe altro che prendere atto di una situazione già consolidato e dichiarare che c'era stata espropriazione indiretta, il Governo sosteneva anche che avendo applicato effettivamente il principio dell'espropriazione indiretta in mancanza di una decisione nazionale definitiva, era prematuro deliberare sulla situazione denunciata. Difatti, sarebbe essenziale avere una decisione nazionale definitiva che dissipa una volta per tutte l'incertezza che caratterizza questo tipo di situazione, deliberando sul punto di sapere se il richiedente era o meno ancora proprietario del bene. Il Governo arguiva inoltre che, nel caso in cui la Corte anticipasse il giudizio delle giurisdizioni interne, il risultato potrebbe provocare un conflitto di giudizi che riconoscono al richiedente due somme allo stesso titolo. Una tale situazione costituirebbe una violazione del principio di sussidiarietà.
56. Nelle sue osservazioni sul merito, il Governo prende nota del fatto che il tribunale di Napoli ha pronunciato un giudizio e che il richiedente ha ottenuto un'indennità a livello nazionale.
57. Il Governo osserva che il richiedente è stato privato del suo bene in virtù dell'espropriazione indiretta, il che indica che il procedimento di espropriazione si basi su una dichiarazione di utilità pubblica ma non è stata messa in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui l'occupazione del terreno è diventata senza titolo e che nessuno decreto di espropriazione è stato adottato.
58. A difetto di tale decreto di espropriazione, il richiedente è stato ad ogni modo privato del suo bene per effetto della costruzione del lavoro di interesse pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che la costruzione ha provocato. Questa privazione di bene, secondo il Governo, è solamente la conseguenza del principio dell'espropriazione indiretta, che il tribunale di Napoli ha applicato.
59. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1.
60. Il Governo ricorda che la privazione del bene come risulta dall'espropriazione indiretta sarebbe contemplata dalla legge.
61. A questo riguardo, il Governo sostiene che il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione. Inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988. In più, nella sentenza no 5092 del 2003, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come essendo pienamente "prevedibile ed accessibile."
62. In conclusione, secondo il Governo, a partire dal 1983, le regole dell'espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
B. Sull'osservazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1
63. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito l'eccezione del Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e nota che il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne è sempre pendente in seconda istanza.
64. Le parti si accordano per dire che c'è stata "privazione di proprietà."
65. Per il richiedente vi è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione né indennizzo così che si ritorna in sostanza ad un'espropriazione da fatto.
66. Per il Governo, il richiedente deve considerarsi come privato del suo bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente o, in ogni caso, a partire dal momento considerato dal tribunale di Napoli come momento del trasferimento di proprietà.
67. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata privazione di beni al senso della seconda frase del primo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
68. Ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
69. La Corte resta convinta che l'esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare al principio di legalità e stima utile propendersi sulla questione della qualità della legge.
70. La Corte prende nota dell'evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'elaborazione del principio dell'espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie rilevate nella cronostoria della giurisprudenza, e nota anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i suddetti testi di legge scritta. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 50 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
71. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l'espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall'amministrazione. Pur mirando a regolare le conseguenze per l'individuo e l'amministrazione, permette a questa ultima di trarre utile dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l'articolo 43 del Repertorio, l'espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, al paragrafo 50 sopra).
72. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
73. La Corte constata che nello specifico il richiedente ha perso la disponibilità del terreno che è stato occupato nel 1981 e che è stato trasformato in modo irreversibile nel 1982. Secondo il tribunale di Napoli l'occupazione è diventata senza titolo a contare dal 15 aprile 1987 e, in questa stessa data, il richiedente è stato privato del suo bene. Il procedimento, pendente in appello, riguarda in particolare la questione di sapere se la città di Casoria può essere tenuta per responsabile della situazione denunciata.
74. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà, ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che tale trasferimento deve considerarsi come avendo avuto luogo, Carbonara e Ventura c. Italia, precitato, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in questione, combinata con l'impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un'espropriazione di fatto incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni, sentenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie Ha no 260-B, § 45, e non conforme al principio di preminenza del diritto.
81. In conclusione, l'eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne unita al merito non potrebbe essere considerata e vi è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
75. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
76. Il richiedente chiede la somma di 136 787,17 EUR che corrispondono alla differenza tra il valore del terreno controverso rivalutato ed abbinato ad interessi e la somma che otterrà alla conclusione del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali.
77. Il Governo contesta le modalità di calcolo del danno materiale adoperato nelle sentenze Carbonara e Ventura c. Italia e Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, tenuto conto del fatto che la rivalutazione del terreno non dovrebbe essere presa in conto per calcolare l'importo dell'indennizzo e che questa ultima può essere inferiore al danno subito dall'interessato, visto che l'espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo.
78. Il Governo osserva poi che il richiedente ha ottenuto a livello nazionale una decisione che gli accorda una somma importante. In questa situazione, la Corte non dovrebbe accordare una soddisfazione equa che provoca un arricchimento indebito del richiedente.
79. Il Governo afferma che il richiedente non ha chiesto nulla a titolo di danno morale, e che ad ogni modo questo dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il Governo sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale sia subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto.
80. Il richiedente chiede alla Corte di accordargli una somma a titolo di parcella di avvocati senza produrre i giustificativi necessari.
81. Il Governo non ha formulato osservazioni su questo punto.
82. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Respinge l'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne unita al merito;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato
perciò,
a) la riserva
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, nel termine di nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 13 ottobre 2005 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Søren Nielsen Christos Rozakis
Cancelliere Presidente