Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA CROCI ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 14828/02)
SENTENZA
STRASBURGO
21 settembre 2006
DEFINITIVO
21/12/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Croci ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, L. Caflisch, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 31 agosto 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 14828/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui cinque cittadini di questo Stato, la Sig.ra M. A. C., la Sig.ra G. C., il Sig. M. C., il Sig. R. C. ed il Sig. G. C. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte l’ 11 marzo 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. E. C., avvocato a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 24 maggio 2004, la Corte, prima sezione, ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1917, 1938, 1941, 1949 e 1936 e risiedono a Roma.
6. I richiedenti hanno ereditato la quota globale di un quarto di un terreno ubicato a Roma e che hanno registrato al catasto, foglio 798, appezzamenti 75, 77, 78 e 122,.
7. L’11 aprile 1951, la municipalità di Roma approvò un piano dettagliato di urbanistica (piano particolareggiato) che prevedeva la ripianificazione di una zona che comprendeva questo terreno. Questo piano restò in vigore fino al 31 dicembre 1972.
8. Con un'ordinanza del 15 gennaio 1966, la municipalità di Roma procedette all'espropriazione formale della prima parte del terreno; per quanto riguarda la parte restante di questo ("la seconda parte del terreno"), nessuno decreto di espropriazione non fu adottato.
9. Con un atto notificato il 24 maggio 1984, il di cujus dei richiedenti e gli altri tre comproprietari del terreno ("i terzi") citarono l'amministrazione dinnanzi al tribunale civile di Roma. Facevano valere che la seconda parte del terreno era stata occupata in modo illegale, al motivo che una tale occupazione non era stata autorizzata e che i lavori di costruzione di una strada e di una piazza si erano conclusi senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un'indennità. Sostenevano che la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo nel 1984, in seguito all'adozione da parte della municipalità di Roma delle ordinanze no 3717 del 19 dicembre 1984 e no 263 del 17 gennaio 1985, concernenti l'installazione di illuminazione sulla strada e sulla piazza.
10. La municipalità di Roma si costituì nel procedimento ed eccepì la prescrizione del diritto al risarcimento.
11. Ad una data non precisata, il di cujus del richiedente decedette. I richiedenti si costituirono nel procedimento in qualità di eredi.
12. Durante il processo, due perizie furono depositate alla cancelleria. Nella prima perizia, il perito dichiarò che la seconda parte del terreno aveva un'estensione di 11 855 metri quadrati e valutò a 5 000 ITL il metro quadrato il suo valore commerciale nel 1979. Nella seconda perizia, il perito dichiarò che la seconda parte del terreno aveva un'estensione di 4 192 metri quadrati e valutò a 10 000 ITL il metro quadrato il suo valore commerciale nel 1969.
13. Con un giudizio del 5 febbraio 1986, il tribunale di Roma dichiarò che la seconda parte del terreno doveva essere considerata come destinata ad un'utilizzazione pubblica (diritto di uso pubblico) e che non c'era stata di conseguenza espropriazione indiretta nel caso specifico.
14. Con un atto notificato il 25 settembre 1996, i richiedenti interposero appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Roma, facendo valere che erano stati privati della seconda parte del terreno in forza del principio dell'espropriazione indiretta e chiedendo di conseguenza un risarcimento.
15. I terzi e la municipalità si costituirono nel procedimento.
16. Con una sentenza del 15 novembre 1999, la corte di appello giudicò che gli interessati erano stati privati della seconda parte del terreno per effetto della trasformazione irreversibile di questa, conformemente al principio dell'espropriazione indiretta. Tuttavia, la corte di appello dichiarò che la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo prima del 31 dicembre 1972, data fino alla quale il piano dettagliato di urbanistica era restato in vigore, e che di conseguenza il diritto dei richiedenti e dei terzi al risarcimento era prescritto.
17. Con un ricorso notificato il 14 novembre 2000, i richiedenti ricorsero in cassazione, facendo valere in particolare che la corte di appello aveva determinato il momento in cui la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo appellandosi a delle presunzioni che non corrispondevano alla situazione reale.
18. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 14 dicembre 2001, la Corte di cassazione respinse i richiedenti dal loro ricorso, al motivo che la corte di appello aveva considerato correttamente come prescritto il loro diritto al risarcimento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
19. Il diritto interno pertinente si trova descrive nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
20. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno nelle circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed dei principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
21. Il Governo non solleva di eccezioni concernenti l'ammissibilità della presente richiesta.
22. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si urta con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
23. Il Governo fa valere che il terreno dei richiedenti dovrebbe essere considerato come destinato ad un'utilizzazione pubblica e come colpito di conseguenza da una servitù pubblica.
24. Segue che i richiedenti sarebbero sempre proprietari di questo terreno e che il principio dell'espropriazione indiretta non troverebbe applicazione nello specifico.
25. Conformemente al diritto ed alla giurisprudenza nazionale, nessuno risarcimento dovrebbe essere riconosciuto ai richiedenti nello specifico, dato che questi ultimi non si sarebbero opposti alla destinazione del loro terreno ad un'utilizzazione pubblica e che l'amministrazione avrebbe realizzato su questo dei lavori pubblici conformi a quelli che erano stati contemplati inizialmente.
b) I richiedenti,
26. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo, facendo valere che le conclusioni del tribunale di Roma che aveva respinto la domanda di risarcimento a motivo che il terreno era stato destinato ad un'utilizzazione pubblica e colpito di una servitù pubblica, sono state smentite dalla corte di appello e dalla Corte di cassazione che hanno dichiarato in seguito che la proprietà del terreno era stata trasferita all'amministrazione in virtù del principio dell'espropriazione indiretta.
27. I richiedenti osservano che il principio dell'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità, il che non è ammissibile in un Stato di diritto, e chiedono alla Corte di dichiarare che un tale principio non è conforme al principio di legalità.
28. Infine, in quanto all'indennizzo, i richiedenti osservano che non c'è stato "risarcimento" del danno subito in ragione dell'applicazione al loro caso del termine di prescrizione.
2. Valutazione della Corte
a) Sull'esistenza di un'ingerenza
29. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se questa situazione equivaleva ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
30. La Corte rileva che, applicando il principio dell'espropriazione indiretta, la corte di appello di Roma e la Corte di cassazione hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene a contare dalla sua trasformazione irreversibile. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della Corte di cassazione ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura, precitato, § 61, e Brumarescu c. Romania [GC], no 8342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
31. Per essere compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1 una tale ingerenza deve essere operata "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge e dei principi generali di diritto internazionale." L'ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth, precitato, p. 26, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non "sentire solamente quando si è rivelato che l'ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria" (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
32. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore dei richiedenti non abbia avuto luogo( Carbonara e Ventura, precitato, § 62).
B) Sul rispetto del principio di legalità
33. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l'espropriazione indiretta ignora il principio di legalità per il motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L'espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione di fatto che deriva dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa.
34. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell'espropriazione indiretta, la corte di appello di Roma e la Corte di cassazione ha considerato i richiedenti privati del loro bene a contare della sua trasformazione irreversibile, essendo riunite le condizioni di illegalità dell'occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, nella mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come "prevedibile", poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell'espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la "sicurezza giuridica" concernente la privazione del terreno che il 14 dicembre 2001, data alla quale la sentenza della Corte di cassazione è stata depositata alla cancelleria.
35. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all'amministrazione di derivare partito da un'occupazione illegale di terreno. In altri termini, l'amministrazione si è potuta appropriare di un terreno a disprezzo delle regole che regolano l'espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un'indennità fosse messa in parallelo a disposizione degli interessati.
36. Per quanto riguarda l'indennità, la Corte constata che l'applicazione al caso specifico del termine di prescrizione del risarcimento ha avuto per effetto di privare i richiedenti di ogni risarcimento del danno subito.
37. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l'ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dunque.
38. Quindi, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
40. A titolo di danno materiale, i richiedenti chiedono la somma di 790 453,68 EUR, uguale al valore commerciale reale della quota globale di un quarto del terreno controverso.
41. Per quanto riguarda il danno morale, i richiedenti sollecitano il versamento della somma di 75 000 EUR per persona.
42. Infine, chiedono il rimborso della somma di 14 344,59 EUR, che hanno dovuto versare alla municipalità di Roma a titolo di onere durante il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, ed essi valutano a 50 000 EUR gli oneri di procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne e gli oneri di procedimento dinnanzi alla Corte.
43. In quanto al danno materiale, il Governo fa valere che i richiedenti non si sarebbero opposti alla destinazione del loro terreno ad un'utilizzazione pubblica e che ad ogni modo le loro pretese a titolo del danno materiale sono sproporzionate e sono fondate su dei criteri non chiari.
44. Per quanto riguarda il danno morale, il Governo sostiene che un tale danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo è subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto che non ha avuto luogo nello specifico. Ad ogni modo, il Governo stima che la somma richiesta dai richiedenti è eccessiva.
45. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, il Governo sostiene che questi devono essere rimborsati nella cornice di questo ultimo procedimento e non di quella dinnanzi alla Corte.
46. Trattandosi degli oneri del procedimento a Strasburgo, il Governo sostiene che il richiedente ha quantificato questi in modo vago ed impreciso e che ad ogni modo la somma chiesta è eccessiva.
47. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà ulteriore procedimento, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 21 settembre 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupancic
Cancelliere Presidente