TERZA SEZIONE
CAUSA COLCERU C. ROMANIA
( Richiesta no 4321/03)
SENTENZA
STRASBURGO
28 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Colceru c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupan�i�, Alvina Gyulumyan, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 7 luglio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 4321/03) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra L. C. ("la richiedente"), ha investito la Corte l’ 11 dicembre 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il governo rumeno ("il Governo") é rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 12 febbraio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe proninciata sull'ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La richiedente è nato nel 1955 e risiede a Bucarest.
5. Con l'ordinanza di emergenza del governo no 2/2001, l'agenzia Nazionale per le Comunicazioni e l'informatica fu sciolta e sostituita dal ministero delle Comunicazioni e della Tecnologia dell'informazione ("il ministero").
Con un ordine del 3 gennaio 2001, la richiedente, giurista nella cornice di questa Agenzia, fu licenziata.
6. Con un giudizio del 25 aprile 2001, confermato in ultima istanza da una sentenza definitiva del 9 ottobre 2001 della Corte suprema di giustizia, la corte di appello di Bucarest fece diritto alla contestazione della richiedente e condannò il ministero a reintegrarla nella sua vecchia posizione, fare le menzioni nel suo libretto di lavoro ed a pagarle 14 800 000 vecchi lei rumeni (ROL) a titolo degli stipendi non percepiti per il periodo dal gennaio all'aprile 2001.
7. Il 10 gennaio 2002, il ministero saldò alla richiedente un importo di 16 546 400 ROL.
8. Il 7 marzo 2002, in seguito alle querele della richiedente contro il ministro delle Comunicazioni e della Tecnologia dell'informazione ("il ministro"), la procura presso la Corte suprema di giustizia l'informò che solamente la Camera dei Deputati, il Senato ed il Presidente della Romania avevano il diritto di chiedere l'impegno di perseguimenti penali contro i membri del Governo per i fatti commessi nell'esercizio delle loro rispettive funzioni. Ulteriormente, l'amministrazione Presidenziale la informò dell'inesistenza di indizi che una violazione sarebbe stata commessa, inoltre, dopo l'ammissione del ricorso per annullamento (vedere sotto), la sua querela fu archiviata.
Secondo la richiedente, la Camera dei Deputati ed il Senato non risposero alle sue querele.
Il 4 aprile 2003, la procura presso la Corte suprema di giustizia la informò del rifiuto di impegnare dei perseguimenti penali contro la direzione del ministero, in ragione della mancanza di carattere penale dei fatti investiti.
9. Con un giudizio del 17 aprile 2002, la corte di appello di Bucarest condannò il ministro a versare una penale per giorno di ritardo fino all'esecuzione del giudizio del 25 aprile 2001. Il 27 giugno 2002, la Corte suprema di giustizia annullò tuttavia, con rinvio questo giudizio. La richiedente non informò la Corte della conclusione di questo procedimento.
10. Con un ordine del 29 aprile 2002, il ministero dispose la reintegrazione della richiedente in un'altra direzione, quella degli archivi.
11. Con una sentenza definitiva del 18 ottobre 2002, la Corte suprema di giustizia annullò l'ordine del 29 aprile 2002, giudicando che la direzione giuridica non era stata sciolta.
12. Su ricorso per annullamento formato dal procuratore generale della Romania, con una sentenza del 4 novembre 2002, la Corte suprema di giustizia annullò i giudizi del 25 aprile e del 9 ottobre 2001 e respinse la querela del richiedente contro l'ordine del 3 gennaio 2001. Giudicò che la cessazione dell'attività dell'agenzia aveva provocato la cessazione dei rapporti di impiego, conformemente alla legge no 188/1999 sullo statuto dei funzionari pubblici.
13. Con una sentenza definitiva del 18 dicembre 2003, il tribunale di prima istanza di Bucarest accolse l'azione del ministero che prevedeva il recupero delle somme attualizzate pagate a titolo dei danni. Il tribunale condannò la richiedente a pagare 20 385 164 ROL, più gli oneri di giustizia.
14. Il 14 giugno 2005, la richiedente pagò 22 067 377 ROL.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
15. Le disposizioni legali pertinenti, in vigore all'epoca dei fatti, sono descritte nella sentenza SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03, § 22, 1 dicembre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULL'OGGETTO DELLA RICHIESTA
16. Nelle sue osservazioni del 18 luglio 2008, la richiedente si lamenta di una diffamazione pubblica a suo carico con l’intermediazione di un comunicato stampa del ministero del 2 luglio 2002, messo sul suo sito internet e legato alla situazione controversa tra il ministero e la richiedente.
17. La Corte ricorda che la presente richiesta è stata comunicata secondo il procedimento di esame congiunto dell'ammissibilità e del merito, permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione. Ricorda di avere anche già giudicato che non c'è luogo di deliberare su dei motivi di appello che sono stati sollevati solo dopo la comunicazione della causa al governo convenuto (vedere Vigovskyy c. Ucraina, no 42318/02, § 14, 20 dicembre 2005).
18. Siccome questo motivo di appello non è stato sollevato prima della comunicazione della presente causa, non farà parte dell'esame della Corte. Tuttavia, la richiedente ha la possibilità di investire la Corte di una nuova richiesta (vedere, mutatis mutandis, Dimitriu e Dumitrache c. Romania, no 35823/03, § 24, 20 gennaio 2009).
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
19. La richiedente adduce che l'annullamento della sentenza definitiva della Corte suprema di giustizia del 9 ottobre 2001 con l'ammissione del ricorso per annullamento introdotto dal procuratore generale ha portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici ed al suo diritto al rispetto dei beni. Invoca gli articoli 6 § 1 della Convenzione e, in sostanza, 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
Articolo 1 del Protocollo no 1
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilitÃ
20. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dichiararli ammissibili dunque.
B. Sul merito
21. Il Governo reitera i suoi argomenti invocati nelle cause simili concernenti i ricorsi per annullamento. In particolare, sottolinea che la Corte suprema di giustizia ha fatto un'interpretazione del diritto e non dei fatti della causa. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte per ciò che riguarda la fondatezza dei motivi di appello in causa.
22. La richiedente contesta la posizione del Governo.
23. La Corte ha trattato a più riprese di cause che sollevavano delle questioni simili a quella del presente caso in cui ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, in ragione della rimessa in causa della soluzione data in modo definitivo ad una controversia e della privazione dei richiedenti dei beni di cui beneficiavano alla conclusione del procedimento, consecutiva ad un ricorso per annullamento (vedere, tra altre, Brumărescu, precitata, §§ 61, 77 e 80, SC Maşinexportimport Industrial Group Suo, precitata, §§ 32 e 46-47, e Piata Bazar Dorobanti SRL c. Romania, no 37513/03, §§ 23 e 33, 4 ottobre 2007).
24. Avendo esaminato la presente causa, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. In particolare, rileva che la Corte suprema di giustizia, investita dal procuratore generale, ha riesaminato la causa e che, con un'interpretazione differente dei documenti versati alla pratica, ha annullato, il 4 novembre 2002, la sentenza resa in ultima istanza il 9 ottobre 2001 dalla Corte suprema di giustizia che aveva confermato la reintegrazione della richiedente nella sua posizione ed il pagamento degli stipendi non percepiti.
25. Alla vista di ciò che precede e degli elementi della pratica, la Corte conclude che l'annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della decisione definitiva precitata ha infranto il principio della sicurezza dei rapporti giuridici, recando offesa al diritto della richiedente ad un processo equo ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
26. Di conseguenza, c'è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
27. Sotto l'angolo dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, la richiedente si lamenta che le autorità hanno negato di iniziare dei perseguimenti penali per rifiuto dell’ esecuzione contro il ministro (paragrafo 8 sopra).
28. La Corte ricorda che l'articolo 6 § 1 non implica il diritto di fare perseguire o condannare un terzo al penale, né un obbligo di risultato che suppone che ogni perseguimento deve chiudersi con una condanna, addirittura con la pronunzia di una determinata pena (vedere, mutatis mutandis, Perez c. Francia [GC], no 47287/99, § 70, CEDH 2004-I.
29. Ne segue che questo motivo di appello è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell'articolo 35 § 3 e deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35 § 4.
30. La richiedente si lamenta anche dell'inadempienza del giudizio del 25 aprile 2001 confermato in ultima istanza dalla sentenza definitiva del 9 ottobre 2001.
31. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra al paragrafo 26, la Corte non giudica necessario esaminare separatamente questo motivo di appello.
32. La richiedente invoca anche la violazione dell'articolo 13 della Convenzione allo stesso titolo di quella dell'articolo 6.
33. Dato che il motivo di appello derivato dall'articolo 13 prevede in sostanza gli stessi aspetti di quelli già esaminato sopra sotto l'angolo dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte non stima necessario mettersi anche sul terreno dell'articolo 13; difatti le esigenze di questo ultimo sono meno rigorose di queste dell'articolo 6 § 1 ed assorte da quelle nello specifico (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 88, serie A no 52).
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
35. La richiedente richiede 162 680 euro (EUR) a titolo del danno materiale che avrebbe subito in ragione dell'inadempienza della sentenza definitiva del 9 ottobre 2001 e del giudizio del 17 aprile 2002 (damnum emergens) e della mancanza al guadagno (lucrum cessans). Chiede anche 100 000 EUR a titolo di danno morale che avrebbe subito.
36. Il Governo contesta queste pretese. Ammette che la richiedente ha un credito per ciò che riguarda l'importo di 22 067 377 vecchi lei rumeni (ROL) che ha pagato in seguito all'ammissione del ricorso per annullamento. Questa somma corretta in funzione del tasso dell'inflazione conformemente all'istituto nazionale di statistica, ammonta a 2 680,73 nuovi lei rumeni (Ron), o circa 740,53 EUR. Nota che la richiedente non aveva sollecitato i diritti salariali fino alla sua reintegrazione, ma solamente per un determinato periodo, e che non ha indicato nessuna base legale per il calcolo degli stipendi pretesi.
Concernente il danno morale, il Governo stima che non c'è nessun legame di causalità tra il danno giuridico addotto e la pretesa violazione della Convenzione. Rileva inoltre che la somma chiesta a questo titolo è eccessiva e che ad ogni modo, un’eventuale sentenza di condanna potrebbe costituire un risarcimento soddisfacente del danno morale presumibilmente subito dal richiedente.
37. La Corte constata che col giudizio del 25 aprile 2001 della corte di appello di Bucarest, la richiedente si è vista riconoscere un credito di 14 800 000 ROL, o circa 600 EUR, al tasso di cambio medio praticato nel 2001 dalla Banca Nazionale della Romania.
Tenuto conto delle informazione sottoposte dalle parti a proposito del valore del credito della richiedente corretto in funzione del tasso dell'inflazione, delle richieste di soddisfazione equa di questa ultima e dei commenti del Governo, la Corte stima che c'è luogo di assegnare alla richiedente, in equità , 800 EUR a titolo del danno materiale.
38. Trattandosi del risarcimento del danno morale, tenuto conto delle circostanze della causa e deliberando in equità come vuole l'articolo 41, la Corte decide di assegnare al richiedente 2 000 EUR a titolo di danno morale.
B. Oneri e spese
39. La richiedente non sollecita nessuna somma a questo titolo.
C. Interessi moratori
40. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dall'articolo 6 § 1 della Convenzione concernente la sicurezza dei rapporti giuridici e dell'articolo 1 del Protocollo no 1, ed inammissibile per il motivo di appello concernente il rifiuto addotto delle autorità di iniziare dei perseguimenti penali;
2. Stabilisce che c'è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c'è luogo di deliberare sugli altri motivi di appello;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell'ordinamento:
i. 800 EUR (otto cento euro) per danno materiale;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) per danno morale;
iii. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 28 luglio 2009, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente