Conclusione Eccezione preliminare unita al merito; Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA COLACRAI C. Italia (No 1)
( Richiesta no 63296/00)
SENTENZA
STRASBURGO
13 ottobre 2005
DEFINITIVO
13/01/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Colacrai c. Italia (no 1),
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen, il Sig.re N. Vajic,
S. Botoucharova, il Sig. V. Zagrebelsky, la Sig.ra E. Steiner,
Sigg. K. Hajiyev, giudici,
e del Sig. S. Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 settembre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 63296/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. R. C. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 11 maggio 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato dal Sig. L. C., avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dai suoi agenti successivi, rispettivamente Sigg. U Leanza ed I. M. Braguglia, dai suoi coagente successivi, rispettivamente Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, N. Lettieri.
3. Il richiedente adduceva in particolare un attentato ingiustificato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
4. La richiesta è stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell'ordinamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 § 1 della Convenzione, è stata costituita conformemente all'articolo 26 § 1 dell'ordinamento.
5. Con una decisione del 29 aprile 2004, la camera ha dichiarato la richiesta ammissibile.
6. Tanto il richiedente che il Governo hanno deposto delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell'ordinamento.
7. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla prima sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente è nato nel 1932 e è residente a Castelpagano (Benevento).
9. Il richiedente era proprietario di un terreno di 767 metri quadrati ubicati a Castelpagano e registrato al catasto, foglio 8, appezzamenti 55 e 56.
10. Con un'ordinanza del 15 marzo 1980, la municipalità di Castelpagano approvò il progetto di costruzione di una scuola da realizzare sul terreno del richiedente.
11. Con un'ordinanza del 16 marzo 1981, il sindaco di Castelpagano autorizzò l'occupazione di emergenza del terreno del richiedente, per un periodo massimale di tre anni a contare dall'adozione di questa ordinanza, in vista della sua espropriazione a causa di utilità pubblica, per procedere alla realizzazione della scuola.
12. Il 7 aprile 1981, ci fu occupazione materiale.
13. Con un atto notificato il 16 settembre 1995, il richiedente introdusse dinnanzi al tribunale civile di Benevento un ricorso in danno-interessi contro la città di Castelpagano.
14. Adduceva che l'occupazione del terreno era illegale e che i lavori di costruzione si erano conclusi senza che si fosse proceduto all'espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un'indennità. In più, faceva valere che solamente una parte del lavoro pubblico era stato costruita, che non era stata utilizzata e che la municipalità aveva deliberato il suo collocamento in vendita con un'ordinanza del 29 settembre 1994. Chiedeva in via principale la restituzione del terreno ed in via sussidiaria un risarcimento uguale al valore venale del terreno, abbinato ad interessi e rivalutazione.
15. Con un atto deposto alla cancelleria l’11 dicembre 1995, l'amministrazione convenuta si costituì nel procedimento, facendo valere che il diritto del richiedente all'ottenimento di un risarcimento doveva considerarsi come prescritto, dato che questo aveva introdotto l'azione in giustizia più di cinque anni dopo la realizzazione del lavoro pubblico e la fine del periodo di occupazione autorizzata.
16. Durante il processo, una perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, i lavori di costruzione di un primo lotto della scuola si erano conclusi il 15 novembre 1982 ed il periodo di occupazione autorizzata era finito il 15 marzo 1983. Il perito rilevò inoltre che il lavoro pubblico si trovava in uno stato di abbandono, avendo deciso la municipalità di non completare la costruzione della scuola dopo la realizzazione del primo lotto.
17. Il perito valutò a 828 360 ITL, o 1 080 ITL il metro quadrato, il valore venale del terreno al 15 marzo 1983 ed a 207 090 ITL l'importo dell'indennità di occupazione al 15 marzo 1983.
18. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 20 dicembre 2002, il tribunale di Benevento dichiarò che l'occupazione del terreno, inizialmente autorizzata, era diventata illegale a contare dal 15 marzo 1983. Constatò che il terreno era stato trasformato irreversibilmente dalla realizzazione del primo lotto del lavoro pubblico. Per questo fatto, conformemente al principio dell'espropriazione indiretta, occupazione acquisitiva, l'interessato era stato privato del suo bene per effetto della trasformazione irreversibile di questo e nel momento in cui l'occupazione aveva smesso di essere legale. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale deliberò che il richiedente non poteva ottenere la restituzione del terreno controverso, ma solamente un risarcimento. Tuttavia, dato che l'azione in giustizia era stata introdotta più di cinque anni dopo la fine del periodo di occupazione autorizzata ed il momento in cui il terreno era stato trasformato in modo irreversibile, il tribunale dichiarò prescritto il diritto del richiedente all'ottenimento di un tale risarcimento.
19. Con un atto notificato il 2 febbraio 2004, il richiedente interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Napoli. Faceva valere in particolare che l'occupazione del terreno doveva essere considerata come illegale ab initio, dato che solamente un primo lotto del lavoro era stato costruito e che questo versava in un stato di abbandono. Alla luce di queste considerazioni, il richiedente chiedeva la restituzione del terreno controverso e, in via sussidiaria, il versamento di un risarcimento uguale al valore venale di questo.
20. Risulta dalla pratica che il procedimento è sempre pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L'occupazione di emergenza di un terreno
21. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all'amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell'espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l'amministrazione può decretare l'occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l'occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
22. L'occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un'indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l'indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l'amministrazione proceda ad un'offerta di indennizzo.
b) Il principio dell'espropriazione indiretta ("occupazione acquisitiva" o "accessione invertita")
23. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell'occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l'interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
24. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un'occupazione illegale ab initio, o un'occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l'occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
25. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un'azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l'illegalità derivante dall'occupazione era permanente. L'amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l'azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l'indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
26. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l'amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
27. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L'interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
28. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell'espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un'espropriazione formale quando, dopo l'occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell'occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l'occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l'occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l'interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l'acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull'interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
29. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l'occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
30. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell'espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l'articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l'amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l'interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull'interesse dell'individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l'applicazione all'azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall'articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell'espropriazione indiretta
31. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell'amministrazione conosce delle eccezioni.
32. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c'è espropriazione indiretta quando le decisioni dell'amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
33. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l'amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l'interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L'illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
34. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c'è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell'espropriazione indiretta non si applica dunque. L'interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L'introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
35. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell'espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
36. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c'è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
37. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull'espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
38. Ai termini dell'articolo 3 di questa legge, "Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un'espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all'articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell'occupazione illegale."
39. Interpretando l'articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: "Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni - ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni - e l'interesse pubblico - concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate - ha dato la precedenza a questo ultimo interesse."
5. L'importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
40. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all'interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l'occupazione illegale.
41. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l'importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l'importo dell'indennità contemplata per il caso di un'espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
42. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l'indennizzo integrale non poteva essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l'indennizzo equivaleva all'importo dell'indennità contemplata nel caso di un'espropriazione formale, nell'ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
43. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un'indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l'occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
44. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell'espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
45. Alla vista della constatazione di violazione dell'articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell'espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
46. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell'espropriazione indiretta - ha detto che in materia dell'uniformità della giurisprudenza, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente "prevedibile" a contare del 1983. Per questo fatto, l'espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all'indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall'interessato, ed in particolare al valore del terreno, l'indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
47. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro "pubblico" poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come "realizzato" e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l'articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l'amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l'espropriazione indiretta non potrebbe costituire un'alternativa ("una mera alternativa") ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito "il Repertorio,
48. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell'espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all'insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
49. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell'autorità che l'ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L'autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L'autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULL'ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
50. Nelle sue osservazioni sul merito, il Governo ha sollevato un'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, per motivo che il procedimento interno è ancora pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
51. Il richiedente si oppone a questa eccezione, facendo valere che non è stato indennizzato ancora per la perdita del suo terreno.
52. Ad ogni modo, la Corte stima, alla luce dell'insieme degli argomenti delle parti, che l'eccezione proposta dal Governo è legata strettamente in fondo alla richiesta e decida di unirla al merito.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
53. Il richiedente sostiene essere stato privato del suo terreno per effetto dell'occupazione di questo e della costruzione del primo lotto di un lavoro pubblico, in mancanza di un decreto di espropriazione e di indennizzo. Secondo lui, questa situazione ha recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti all'articolo 1 del Protocollo no 1, così redatto,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Tesi difese dinnanzi alla Corte
1. Il richiedente
54. Il richiedente fa osservare che ha perso la disponibilità del suo terreno nel 1981, o a contare dal momento in cui il terreno è stato occupato materialmente, e questa situazione è diventata definitiva con la realizzazione del primo lotto del lavoro pubblico nel 1982. Il richiedente considera che, in queste circostanze, è stato in sostanza privato del suo bene e ha sottolineato l'illegalità di questa situazione, in mancanza di un decreto di espropriazione.
55. Inoltre, il richiedente fa osservare che solamente la prima parte del lavoro è stata costruita e che questa si trova in un stato di abbandono, avendo deciso la municipalità di non completare la costruzione della scuola e di procedere al suo collocamento in vendita. Segue che il criterio dell'utilità pubblica non sarebbe stato soddisfatto nello specifico.
56. In quanto al procedimento impegnato nel 1995 dinnanzi alle giurisdizioni civili, questo è sempre pendente. Non ha ottenuto così, ancora una decisione che delibera definitivamente sulla situazione denunciata e sul suo diritto a risarcimento. Secondo il richiedente, in mancanza di tale giudizio definitivo, questa situazione si analizza in una situazione di illegalità continua, sorgente di incertezza ed imprevedibilità. A questo riguardo, il richiedente fa valere che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non può essere considerato in quanto tale "previsto dalla legge." Quindi, l'illegalità commessa dall'amministrazione non costituisce solamente una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo, ma anche una violazione sostanziale del suo diritto di proprietà.
2. Il Governo
57. Il Governo eccepisce del no-esaurimento delle vie di ricorso interne, tenuto conto del fatto che il procedimento nazionale è pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli così che non c'è ancora giudizio interno definitivo. Sarebbe prematuro giudicare sulla situazione denunciata dunque, anche se il giudice nazionale chiamato a deliberare in materia prende solamente atto di una situazione che si è consolidata già e dichiara che c'è stata espropriazione indiretta. A questo riguardo, il Governo sostiene che una decisione nazionale definitiva ha per sola funzione di dare alle parti la sicurezza giuridica, ovvero la certezza che la privazione di proprietà ha avuto luogo quando le condizioni sono state assolte.
58. Inoltre, il Governo arguisce che, nel caso in cui la Corte anticipasse il giudizio delle giurisdizioni interne, il risultato sarebbe un conflitto potenziale di giudizi che riconoscono due somme al richiedente allo stesso titolo. Tale situazione costituirebbe una violazione del principio di sussidiarietà.
59. Sul merito, il Governo ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuno decreto di espropriazione è stato adottato ed il criterio dell'utilità pubblica non è soddisfatto, tenuto conto del fatto che la costruzione del lavoro non è stata finita e questo ultimo è stato messo in vendita dalla città di Castelpagano.
60. A difetto di un tale decreto di espropriazione e dell'utilità pubblica, il richiedente sarebbe stato ad ogni modo privato del suo bene per effetto della costruzione di una parte del lavoro pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che questa ultima ha provocato. Questa privazione del bene, secondo il Governo, è solamente la conseguenza del principio dell'espropriazione indiretta, che le giurisdizioni nazionali devono applicare.
61. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, fa valere che il giusto equilibrio sarebbe rispettato. In compenso delle irregolarità commesse dall'amministrazione ed in particolare della mancanza di utilità pubblica, il richiedente avrebbe diritto ad un'indennità che corrisponde al valore venale del terreno difatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia.
62. Il Governo ricorda che la Corte, nella sua sentenza Zubani c. Italia, sentenza del 7 agosto 1996, Raccolta 1996-IV, §§ 45-46, aveva esaminato una causa di espropriazione indiretta dal punto di vista del giusto equilibrio, stimando che, per ciò che riguardava la legge in quanto tale, "la scelta legislativa che mira a privilegiare l'interesse della collettività nel caso di espropriazioni o di occupazioni illegali di terreni è ragionevole: l'indennizzo integrale dei danni subiti dai proprietari riguardati costituisce un risarcimento sufficiente... ", sentenza Zubani c. Italia, precitato, § 49.
63. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che la situazione denunciata è compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Sull'osservazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1
64. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito l'eccezione del Governo derivata della non-esaurimento delle vie di ricorso interne e nota che il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne è sempre pendente in seconda istanza.
65. La Corte nota che le parti si accordano per dire che c'è stata "privazione di proprietà."
66. Per il richiedente vi è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione né indennizzo così che si ritorna in sostanza ad un'espropriazione da fatto.
67. Per il Governo, il richiedente deve considerarsi come privato del suo bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente o, in ogni caso, a partire dal momento considerato dal tribunale di Benevento come momento del trasferimento di proprietà.
68. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata privazione di beni al senso della seconda frase del primo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa di ricercare così suddetta situazione equivale ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
69. Ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
70. La Corte resta convinta che l'esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare al principio di legalità e stima utile di propendersi sulla questione della qualità della legge.
71. La Corte prende nota dell'evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'elaborazione del principio dell'espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie rilevate nella cronostoria della giurisprudenza, e nota anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i suddetti testi di legge scritta. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 47 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
72. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l'espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione di fatto che deriva delle illegalità commesse dall'amministrazione, tende a regolare le conseguenze per l'individuo e l'amministrazione, e permette a questa ultima di trarre utile dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l'articolo 43 del Repertorio, l'espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, al paragrafo 47 sopra.
73. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
74. La Corte constata che nello specifico il richiedente ha perso la disponibilità del terreno che è stato occupato nel 1981 e che è stato trasformato in modo irreversibile nel 1982. Secondo il tribunale di Benevento l'occupazione è diventata senza titolo a contare del 15 marzo 1983 ed da questa stessa data il richiedente è stato privato del suo bene. Il procedimento, pendente in appello, riguarda in particolare la questione di sapere se l'occupazione del terreno dovrebbe essere considerata come illegale ab initio, dato che solamente una prima parte del lavoro era stata costruita e che questa si trovava in un stato di abbandono, e se il diritto del richiedente al risarcimento può essere considerato come prescritto.
75. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà, ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che un tale trasferimento deve considerarsi come avendo avuto luogo (vedere Carbonara e Ventura c). Italia, no 24638/94, § 80, CEDH 2000-VI) e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in questione, combinata con l'impossibilità fino a qui di ovviare alla situazione incriminata ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un'espropriazione di fatto incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni (Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45) e non conforme al principio di preminenza del diritto.
76. In conclusione, l'eccezione derivata della non-esaurimento delle vie di ricorso interne unita al merito non potrebbe essere considerata e vi è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
77. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
78. Il richiedente sollecita la restituzione del terreno, il che costituirebbe la forma di risarcimento ideale secondo lui. A difetto di restituzione, il richiedente chiede il versamento di un'indennità di 360 000 EUR a titolo di danno materiale per la perdita del terreno.
79. Inoltre, il richiedente sollecita il versamento di un'indennità di 300 000 EUR a titolo di danno morale.
80. Infine, il richiedente chiede le somme di 44 111 EUR, a titolo di rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alla Corte, e di 42 832,98 EUR, a titolo di rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alle giurisdizioni nazionali.
81. In quanto al danno materiale, il Governo contesta le modalità di calcolo del danno materiale adoperato nelle sentenze Carbonara e Ventura c. Italia, Carbonara e Ventura c. Italia, precitata e Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, per il motivo che la rivalutazione del terreno non dovrebbe essere presa in conto per calcolare l'importo dell'indennizzo. Ad ogni modo, il Governo stima che la somma richiesta dal richiedente sarebbe eccessiva.
82. In quanto al danno morale, il Governo fa valere che simile danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il Governo sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale è subordinato all'esaurimento del rimedio Pinto. Ad ogni modo, il Governo stima che la somma richiesta dal richiedente sarebbe eccessiva.
83. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, il Governo sostiene che questi devono essere rimborsati nella cornice di questo ultimo procedimento e non di quello dinnanzi alla Corte.
84. In quanto agli oneri del procedimento a Strasburgo, il Governo sostiene che il richiedente ha quantificato questi in modo vago ed impreciso.
85. La Corte stima che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l'eccezione preliminare del Governo e la respingo;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 13 ottobre 2005 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Søren Nielsen Christos Rozakis
Cancelliere Presidente