SECONDA SEZIONE
CAUSA CICCOLELLA C. ITALIA
( Richiesta no 314/04)
SENTENZA
STRASBURGO
15 gennaio 2008
DEFINITIVO
15/04/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ciccolella c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Riza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Dragoljub Popović, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’11 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 314/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. S. C. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 5 dicembre 2003 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da M d. C., avvocato a Roma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 13 ottobre 2005, la Corte ha deciso di comunicare al Governo i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1940 e ha risieduto a Formia.
A. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 5 luglio 1990, il tribunale di Latina (qui di seguito: "il tribunale") dichiarò il fallimento del richiedente, che esercitava un'attività di costruzione di edifici, e fissò l'udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento al 7 novembre 1990.
6. Il 9 luglio 1990, il curatore procedette all'apposizione dei sigilli e, il 24 luglio 1990, stabilì l'inventario dei beni del richiedente.
7. Il 24 luglio 1990, il curatore, considerando che il richiedente fosse creditore della società G.P.A, chiese al giudice delegato di nominare un avvocato per iniziare i procedimenti necessari alla protezione del patrimonio del fallimento.
8. Il 2 ottobre 1990, il curatore chiese al giudice l'autorizzazione ad aprire un conto corrente del fallimento.
9. L’ 11 dicembre 1990, un perito chiese al giudice la rimunerazione che gli era dovuta per un rapporto di perizia che aveva redatto e, l’ 8 aprile 1991, il giudice fece diritto a questa domanda.
10. Il 6 marzo e il 15 giugno 1991, certi beni facenti parte dell'attivo del fallimento furono venduti alle aste.
11. Il 20 marzo 1991, il curatore depositò nel frattempo, un rapporto.
12. Un'udienza fu fissata al 10 ottobre 1991 e, a questa data, questa fu rinviata al 17 ottobre 1991.
13. Con un giudizio del 28 novembre 1991, il tribunale dichiarò il fallimento della moglie del richiedente in quanto socia di fatto di questo ultimo.
14. Il 22 luglio 1991, il curatore chiese al giudice di potere prelevare una somma dal conto corrente del fallimento.
15. Il 16 agosto 1996, il perito depositò un rapporto.
16. Informato dall'anno 1996, l'istituto bancario B.A.V. introdusse dinnanzi al tribunale un procedimento in opposizione allo stato passivo del fallimento.
17. Secondo le informazione fornite dal richiedente, il procedimento di fallimento era pendente al 1 ottobre 2007.
B. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
18. Il 7 giugno 2004, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Perugia conformemente alla legge Pinto, lamentandosi della durata del procedimento di fallimento e del prolungamento delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento.
19. Con una decisione depositata il 4 novembre 2005, la corte di appello accordò al richiedente 8 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento giuridico così come 750 EUR per oneri e spese.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
20. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006) ,Albanese c. Italia, (no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
21. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza e della sua libertà di espressione, del suo diritto al rispetto dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento.
22. La Corte stima al primo colpo che il motivo di appello derivato dalla limitazione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza deve analizzarsi unicamente sotto l'angolo dell'articolo 8 della Convenzione (vedere Collarile c. Italia, no 10644/02, § 17, 8 giugno 2006).
23. La Corte rileva che, nel caso specifico, il richiedente ha omesso di ricorrere in cassazione contro la decisione della corte di appello di Perugia depositata il 4 novembre 2005.
24. Stima pertanto che questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere Martellacci c. Italia, no 33447/02, §§ 39-40, 28 settembre 2006).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DDELL'ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
25. Invocando l'articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della limitazione dei suoi diritti elettorali in seguito al suo collocamento in fallimento.
26. La Corte nota che la perdita dei diritti elettorale in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, questo giudizio essendo stato depositato il 5 luglio 1990, il richiedente avrebbe dovuto introdurre al più tardi il suo motivo di appello il 5 gennaio 1996, tenuto conto anche del termine di sei mesi previsti dall'articolo 35 § 1 della Convenzione. La richiesta essendo stata introdotta il 5 dicembre 2003, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE,
27. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare nella misura in cui, in ragione dell'iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
A. Sull'ammissibilitÃ
28. In quanto alla parte di questo motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita familiare, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportare questo motivo di appello e decide di respingerlo per difetto manifesto di fondamento secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
29. In quanto al restante del motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
30. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell'iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, c'è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
31. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era "necessaria in una società democratica" ai sensi dell'articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
32. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che possa condurre ad una conclusione differente nel presente caso. La Corte stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
33. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che lo riguardano per tutto procedimento di fallimento.
A. Sull'ammissibilitÃ
34. La Corte nota al primo colpo che questo motivo di appello deve essere analizzato unicamente sotto l'angolo dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, del 17 luglio 2003).
35. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legato a quelle concernenti la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso sopra all'inammissibilità di questi motivi di appello. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello "difendibili" allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivato dall'articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
36. In quanto alla parte del motivo di appello riguardante la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all'ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
37. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
38. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente che possa condurre ad una conclusione differente nel presente caso.
39. Pertanto, la Corte conclude che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
V. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
40. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
41. Il richiedente richiede 96 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento materiale e 150 000 EUR a titolo di risarcimento morale per i danni che avrebbe subito.
42. Il Governo si oppone a queste pretese.
43. Non vedendo legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto, la Corte respinge la prima richiesta. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo all'insieme delle circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
44. Il richiedente chiede anche 15 000 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte senza presentare tuttavia dei documenti in appoggio.
45. Il Governo si oppone a queste pretese.
46. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte rileva che il richiedente non ha fornito documenti a sostegno della sua richiesta e respinge questa ultima.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 8 della Convenzione (rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 gennaio 2008 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa