Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
QUARTA SEZIONE
CAUSA CAPONE C. ITALIA
(Richiesta no 20236/02)
SENTENZA
STRASBURGO
6 dicembre 2005
DEFINITIVO
06/03/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Capone c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Sir Nicolas Bratza, presidente,
Sigg. G. Bonello, K. Traja, V. Zagrebelsky, L. Garlicki, J. Borrego Borrego, la Sig.ra L. Mijovic, giudici,
e del Sig. Sig. O'Boyle, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 novembre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 20236/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra C. C. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 21 ottobre 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato dal Sig. P. L., avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M.Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F.Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N.Lettieri.
3. Il 4 ottobre 2004, la quarta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero stati esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1925 e ha risieduto a Benevento. E’ il proprietario di un terreno ubicato a Benevento e registrato al catasto, foglio 6.
5. Il 29 marzo 1990, il Ministero dei lavori pubblici ("Ministero dei lavori pubblici") approvò il progetto di costruzione di una strada che doveva passare sul terreno del richiedente.
6. Con un'ordinanza del 19 agosto 1991, il Prefetto di Benevento autorizzò la società D. F. ad occupare di emergenza 8 801 metri quadrati del terreno, per un periodo massimale di cinque anni, in vista della sua espropriazione per la costruzione della strada.
7. L’ 11 ottobre 1991, ci fu occupazione materiale.
8. Con un'ordinanza del 18 novembre 1997, il Prefetto di Benevento decretò l'espropriazione del terreno.
1. Il primo procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
9. Il 3 ottobre 1991, il richiedente aveva introdotto nel frattempo, dinnanzi al tribunale amministrativo regionale ("TAR") della Campania un ricorso che mirava ad ottenere l'annullamento dell'ordinanza che autorizzava l'occupazione del terreno.
10. Con una decisione deposta alla cancelleria il 21 ottobre 1993, il TAR accolse il ricorso del richiedente. La società D.F. affronta questa decisione dinnanzi al Consiglio di stato.
11. Con una sentenza deposta alla cancelleria l’ 11 dicembre 1997, il Consiglio di stato accolse l'appello e deliberò che l'ordinanza in questione era stata adottata conformemente alla legge.
2. Il secondo procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
12. Il 23 dicembre 1997, il richiedente introdusse dinnanzi al TAR un ricorso che mirava ad ottenere l'annullamento del decreto di espropriazione del 18 novembre 1997. Faceva valere in particolare che la misura attaccata era stata adottata al di là del termine previsto dall'ordinanza prefettizia del 19 agosto 1991.
13. Con una decisione deposta alla cancelleria l’ 11 agosto 1998, il TAR accolse il ricorso ed annullò il decreto di espropriazione. Questa decisione non vanne attaccata dinnanzi al Consiglio di stato e, di conseguenza, diventò definitiva.
3. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni civili
14. Con un atto di citazione notificato il 31 maggio 1994, il richiedente aveva introdotto dinnanzi al tribunale di Napoli un'azione in danni interessi contro il Ministero dei lavori pubblici e dell'impresa nazionale dei Ponti e Carreggiate ("ANAS"). Adduceva che l'occupazione del terreno era senza titolo, e che benché i lavori di costruzione effettuati sul suo terreno avessero trasformato questo, nessuno decreto di espropriazione e nessuno indennizzo erano intervenuti. Riferendosi al principio dell'espropriazione indiretta fissato dalla Corte di cassazione nella sentenza no 1464 del 26 febbraio 1983, invitava il tribunale a dichiarare che la costruzione del lavoro pubblico aveva ad un tale punto trasformato il loro terreno che aveva provocato la perdita irreversibile del bene.
15. Il 21 settembre 1995, il tribunale ordinò una perizia. Nel luglio 1996, un rapporto di perizia fu depositato alla cancelleria. Questo rapporto faceva stato della natura edificabile del terreno e del fatto che la trasformazione irreversibile della parte del terreno che era stato occupato, ovvero 8 801 metri quadrati, aveva avuto luogo nel 1994. Il valore venale del terreno a questa data era di 67 000 ITL il metro quadrato, cioè 589 667 000 ITL in totale. Inoltre, il perito constatò che la parte restante del terreno non era stata danneggiata.
16. All'epoca di un'udienza il 23 novembre 1999, il richiedente depositò la decisione del TAR dell’ 11 agosto 1998 con la quale il decreto di espropriazione era stato annullato. Appellandosi a questa decisione, e tenuto conto della sentenza del Consiglio di stato dell’ 11 dicembre 1997, il richiedente modificò le conclusioni inizialmente presentati al tribunale. Chiese in particolare una somma corrispondente al valore venale del terreno, dato che il suo diritto di proprietà era stato neutralizzato in seguito al completamento dei lavori nel 1994. Inoltre sollecitò il versamento di un'indennità di occupazione.
17. Con un giudizio del 6 maggio 2003, il tribunale di Napoli dichiarò che l'occupazione del terreno era illegale poiché il procedimento di espropriazione non era stato condotto a termine. Prese atto del fatto che il terreno era stato trasformato irreversibilmente dalla costruzione della strada nel 1994, e del fatto che il periodo di occupazione autorizzata era scaduto il 10 ottobre 1996. Alla vista di questi elementi, conformemente al principio dell'espropriazione indiretta, occupazione acquisitiva, il tribunale dichiarò in modo retroattivo il richiedente privato del suo bene, stimando che la proprietà del terreno era passata l'amministrazione per effetto della trasformazione irreversibile del terreno. Il tribunale accordò un indennizzo a concorrenza di 483 650, 89 EUR, più indicizzazione ed interessi, somma che doveva essere messa a carico equamente sia del ministero dei lavori pubblici e sia dell'ANAS. In quanto agli oneri di procedimento, questi furono rimborsati ai richiedenti a concorrenza di 10 329, 14 EUR.
18. Ad una data non precisata, l'ANAS ed il ministero dei lavori pubblici interposero appello di questo giudizio.
19. Il procedimento è tuttora pendente dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L'occupazione di emergenza di un terreno
20. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all'amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell'espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l'amministrazione può decretare l'occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l'occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
21. L'occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un'indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l'indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l'amministrazione proceda ad un'offerta di indennizzo.
b) Il principio dell'espropriazione indiretta ("occupazione acquisitiva" o "accessione invertita")
22. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell'occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l'interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
23. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un'occupazione illegale ab initio, o un'occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l'occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
24. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un'azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l'illegalità derivante dall'occupazione era permanente. L'amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l'azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l'indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
25. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l'amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
26. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L'interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
27. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell'espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un'espropriazione formale quando, dopo l'occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell'occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l'occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l'occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l'interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l'acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull'interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
28. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l'occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
29. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell'espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l'articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l'amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l'interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull'interesse dell'individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l'applicazione all'azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall'articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c)Caso di mancata applicazione del principio dell'espropriazione indiretta
30. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell'amministrazione conosce delle eccezioni.
31. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c'è espropriazione indiretta quando le decisioni dell'amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
32. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l'amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l'interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L'illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
33. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c'è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell'espropriazione indiretta non si applica dunque. L'interessato mantenedno la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L'introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
34. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell'espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
35. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c'è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
36. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull'espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003. (vedere sotto §§ 47-48).
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
37. Ai termini dell'articolo 3 di questa legge, "Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un'espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all'articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell'occupazione illegale."
38. Interpretando l'articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: "Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni - ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni - e l'interesse pubblico - concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate - ha dato la precedenza a questo ultimo interesse."
5. L'importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
39. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all'interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l'occupazione illegale.
40. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l'importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l'importo dell'indennità contemplata per il caso di un'espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
41. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l'indennizzo integrale non poteva essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l'indennizzo equivaleva all'importo dell'indennità contemplata nel caso di un'espropriazione formale, nell'ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
42. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un'indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l'occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nei cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
43. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell'espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
44. Alla vista della constatazione di violazione dell'articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell'espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
45. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell'espropriazione indiretta - ha detto che in materia dell'uniformità della giurisprudenza, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente "prevedibile" a contare del 1983. Per questo fatto, l'espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all'indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall'interessato, ed in particolare al valore del terreno, l'indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
46. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro "pubblico" poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come "realizzato" e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l'articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l'amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l'espropriazione indiretta non potrebbe costituire un'alternativa ("una mera alternativa") ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui dopo "il Repertorio,
47. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell'espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all'insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
48. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell'autorità che l'ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L'autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L'autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
49. Il richiedente adduce essere stato privata nelle circostanze incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Sull'ammissibilità
50. Il Governo sostiene che la richiesta è inammissibile al motivo che l'attentato addotto al diritto al rispetto dei beni del richiedente sarebbe legato strettamente alla durata del procedimento nazionale e visto che la lagnanza concernente questa ultima sarebbe inammissibile.
51. Il richiedente si oppone a questa tesi ed osserva che, dinnanzi alla Corte, non ha sollevato lagnanze concernenti la durata del procedimento nazionale.
52. La Corte ricorda al primo colpo che, all'epoca della comunicazione della richiesta, al Governo convenuto è stato richiesto di rispondere unicamente alle questioni poste all'articolo 1 del Protocollo no 1. Ricorda poi che ha respinto delle eccezioni simili in parecchie cause (vedere, tra altri, Colacrai c. Italia (no 2), (déc.) no 63868/00, 29 aprile 2004).
53. Segue che l'eccezione del Governo non potrebbe essere considerata. La Corte constata inoltre che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
Il Governo
54. Il Governo osserva che, malgrado la mancanza di un decreto di espropriazione, il richiedente è stato in ogni caso privato del suo bene per effetto della costruzione del lavoro pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che questa ha provocato. A questo riguardo, il Governo sostiene che il giudice nazionale chiamato a deliberare in materia ha preso solamente atto di una situazione già consolidatasi e dichiara che c'è stata espropriazione indiretta. Per questo fatto, la decisione del giudice ha per sola funzione di dare alle parti la sicurezza giuridica, ossia la certezza che la privazione di proprietà abbia avuto luogo quando le condizioni si trovavano assolte.
55. Il Governo osserva che il tribunale di Benevento ha pronunciato un giudizio secondo il quale il richiedente è considerato come privato del suo bene in seguito alla trasformazione di questo nel 1994. Nello specifico, il procedimento di espropriazione si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica ma non è stata messa in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui l'occupazione del terreno è diventata senza titolo e che nessuno decreto di espropriazione è stato adottato. A difetto di tale decreto di espropriazione, il richiedente è stato privato del suo terreno in virtù del principio dell'espropriazione indiretta, che il tribunale di Benevento ha applicato.
56. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1.
57. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica.
58. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall'espropriazione indiretta sarebbe contemplata dalla legge. Secondo il Governo, a partire dal 1983, le regole dell'espropriazione indiretta erano perfettamente chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
59. in quanto alla qualità della legge, il Governo chiede alla Corte di far riferimento alla "giurisprudenza Zubani" e di considerare che il meccanismo dell'espropriazione indiretta che si basa su una dichiarazione di illegalità da parte del giudice, è conforme all'articolo 1 del Protocollo no 1. A questo proposito, il Governo fa osservare che la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che condiziona il trasferimento al patrimonio pubblico del bene illegalmente occupato.
60. Il Governo definisce l'espropriazione indiretta come il risultato di un'interpretazione sistematica di principi esistenti, che tende a garantire che l'interesse generale prevalga sull'interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all'utilità pubblica.
61. Infine, il giusto equilibrio sarebbe rispettato, e si riferisce su questo punto all'indennità fissata dal tribunale di Benevento.
62. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che la situazione denunciata è compatibile da tutti i punti di vista con l'articolo 1 del Protocollo no 1.
Il richiedente
63. Fa osservare che ha perso la disponibilità del suo terreno dal 1991, o a contare dal momento in cui il terreno è stato occupato materialmente. Questa situazione è diventata definitiva con la trasformazione irreversibile del terreno nel 1994. Il richiedente considera che, in queste circostanze, è stato in sostanza privato del suo bene e ha sottolineato l'illegalità di questa situazione, in mancanza di un decreto di espropriazione.
64. In quanto al procedimento impegnato nel 1994 dinnanzi alle giurisdizioni civili, questo è sempre pendente. Il richiedente non ha ottenuto così, ancora una decisione che delibera definitivamente sulla situazione denunciata e sul suo diritto al risarcimento. In mancanza di un tale giudizio definitivo, questa situazione si analizza in una situazione di illegalità continua, sorgente di incertezza ed imprevedibilità. A questo riguardo, il richiedente adduce che il principio dell'espropriazione indiretta non può essere considerato come "contemplato dalla legge." L'illegalità commessa dall'amministrazione non costituisce quindi, solamente una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo, ma anche una violazione sostanziale del suo diritto di proprietà.
65. Alla vista di questi elementi, il richiedente chiede alla Corte di concludere alla violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
Valutazione della Corte
66. La Corte nota che le parti si accordano per dire che c'è stata "privazione di proprietà."
67. Per il richiedente vi è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione né indennizzo così che si ritorna in sostanza ad un'espropriazione da fatto.
68. Per il Governo, il richiedente deve essere considerato come privato del suo bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente o, in ogni caso, a partire dal momento considerato dalle giurisdizioni nazionali come momento del trasferimento di proprietà.
69. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata privazione di beni al senso della seconda frase del primo capoverso dell'articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
70. Ricorda che l'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-ha, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
71. La Corte resta convinta che l'esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare il principio di legalità e stima utile di propendersi sulla questione della qualità della legge.
72. La Corte prende nota dell'evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'elaborazione del principio dell'espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie rilevate nella cronostoria della giurisprudenza, e nota anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i suddetti testi di legge scritta. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 46 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
73. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l'espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall'amministrazione ed a regolare le conseguenze per l'individuo e l'amministrazione, e permette a questa ultima di trarre utile dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l'articolo 43 del Repertorio, l'espropriazione indiretta non potrebbe dunque costituire un'alternativa ad un'espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, al paragrafo 46 sopra).
74. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo di cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
75. La Corte constata che nello specifico il richiedente ha perso la disponibilità del terreno che è stato occupato nel 1991 e che è stato trasformato in modo irreversibile nel 1994. Secondo il tribunale di Benevento, a questa stessa epoca i richiedenti sono stati privati del loro bene, visto che l'occupazione è diventata senza titolo in seguito. Il procedimento, pendente in appello, riguarda in particolare la domanda di sapere in quale misura l'ANAS ed il ministero dei lavori pubblici possono essere ritenuti per responsabili della situazione denunciata e devono pagare un'indennità.
76. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà, ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che un tale trasferimento deve considerarsi come avendo avuto luogo, Carbonara e Ventura c. Italia, precitato, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in questione, combinata con l'impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un'espropriazione di fatto incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni (sentenza Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45) e non conforme al principio di preminenza del diritto.
77. In conclusione, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
78. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
79. Il richiedente chiede alla Corte di ordinare una perizia per stabilire il valore reale del terreno. In ogni caso, richiede 559 727, 39 euro (EUR) a titolo del danno materiale e 250 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito. Il richiedente chiede anche 15 643, 36 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte.
80. Il Governo sostiene che la soddisfazione equa non dovrà corrispondere al risarcimento integrale del danno subito. Di conseguenza, il Governo arguisce che la Corte debba accordare solamente la somma che corrisponde all'indennità di espropriazione o, al massimo, la somma che corrisponde al valore del terreno controverso al momento dell'occupazione materiale. In quanto al danno morale, il Governo stima che la constatazione di violazione basta. In ogni caso, fa notare che la somma chiesta è derogatoria. Il governo arguisce infine che gli oneri incorsi nel procedimento nazionale non sono rimborsabili e stima che la somma richiesta per il procedimento a Strasburgo è eccessiva.
81. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva tenuto conto della possibilità di un accordo tra lo stato convenuto e le interessate, articolo 75 §§ 1 e 4 dell'ordinamento.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
3 Stabilisce che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darrle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 6 dicembre 2005 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Michael O'Boyle Nicolas Bratza
Cancelliere Presidente