Conclusione Violazione dell'art. 8 (rispetto della vita privata); Violazione dell'art. 13; parzialmente inammissibile; Danno morale - constatazione di violazione sufficiente; Danno materiale - domanda respinta; Rimborso parziale oneri e spese - procedimento della Convenzione
TERZA SEZIONE
CAUSA CALICCHIO ED URRIOLABEITIA C. ITALIA
( Richiesta no 17175/02)
SENTENZA
STRASBURGO
29 giugno 2006
DEFINITIVO
11/12/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Calicchio ed Urriolabeitia c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, L. Caflisch, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 giugno 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 17175/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. A. C. e la Sig.ra M. B. U. ("i richiedenti"), hanno investito la Corte il 12 gennaio 2002 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. I richiedenti che sono stati ammessi a favore dell'assistenza giudiziale, sono rappresentati dal Sig. S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 2 settembre 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze derivate dagli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1, 2 del Protocollo no 4 e 13 della Convenzione al Governo. Avvalendosi dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel1952 e 1953 e hanno risieduto a Benevento.
1. Il procedimento di fallimento
6. Con un giudizio depositato il 26 febbraio 1996, il tribunale di Benevento dichiarò il fallimento della società di fatto esistente tra i richiedenti così come i fallimenti personali di questi.
7. Il 15 marzo 1996, il curatore fece l'inventario dei beni dei richiedenti.
8. Tra il 5 giugno 1996 ed i l17 aprile 1998, sei domande di ammissione al passivo del fallimento furono deposte dinnanzi al tribunale.
9. Il 23 marzo 1998, il tribunale dichiarò nel frattempo, il passivo del fallimento esecutivo.
10. Il 18 ottobre 1998, il curatore chiese al giudice delegato ("il giudice") l'autorizzazione di vendere i beni facenti parte del passivo del fallimento con negoziato privato, vendita a trattativa privata.
11. Ad una data non precisata, i beni dei richiedenti furono venduti.
12. Il 13 maggio 2003, il curatore depositò il conto finale di gestione del fallimento e, il 28 maggio 2003, il giudice fissò un'udienza al 9 luglio 2003 per la presentazione delle osservazioni dei creditori ed dei richiedenti.
13. Con una decisione del 7 ottobre 2003, il tribunale decise di chiudere il procedimento per insufficienza dell'attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
14. Il 17 luglio 2003, i richiedenti introdussero separatamente un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge Pinto, lamentandosi della durata del procedimento così come del prolungamento delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento.
15. Con due decisioni depositate il 17 novembre 2003, la corte di appello rilevò che il procedimento era ancora pendente in ragione del fallimento dei tentativi di asta pubblica dei beni facenti parte dell'attivo del fallimento. Pertanto, respinse le domande dei richiedenti.
16. Il 23 febbraio e 10 marzo 2004, il Sig. C. e la Sig.ra U. deposero rispettivamente un ricorso in revoca di queste decisioni dinnanzi alla stessa corte di appello. Stimarono che, difatti, nessuno tentativo di asta pubblica dei beni facenti parte del fallimento aveva avuto luogo, avendo avuto luogo l'unica vendita con negoziato privato.
17. In quanto al ricorso introdotto dalla Sig.ra U., con una decisione depositata il 14 ottobre 2004, la corte di appello considerò che la decisione depositata il 17 novembre 2003 era basata su dei fatti inesistenti", ovvero il preteso fallimento dei tentativi di asta pubblica dei beni del fallimento. Difatti, constatò che nessuno tentativo di asta pubblica aveva avuto luogo e che i beni mobili facenti parte del fallimento erano stati venduti tramite negoziato privato. La corte di appello, stimando che il procedimento non era stato complesso, accolse la domanda della Sig.ra U. e le accordò 3 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento giuridico più gli oneri e spese.
18. Per ciò che riguarda il ricorso introdotto dal Sig. C., con una decisione depositata il 28 febbraio 2005, la corte di appello respinse questa domanda. Stimò che la decisione della corte di appello depositata il 17 novembre 2003 era fondata "non proprio sul fallimento delle aste pubbliche ma su delle valutazioni di carattere generale al di là della naturale logica giuridica (in quanto tale, non attaccabili dinnanzi a questa corte, (come tali non censurabili in questa sede.")
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 2 marzo 2006, Albanese c,). Italia, no 77924/01, §§ 23-26, 2 marzo 2006, e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
20. L'articolo 403 del codice di procedimento civile è formulato così:
"(...) Il giudizio che decide su un ricorso in revoca può essere attaccato con i mezzi di ricorso contemplate per attaccare il giudizio originario che è stato oggetto del ricorso in revoca"
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
21. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto della loro corrispondenza in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito è sottoposta al controllo del curatore. Invocando l'articolo 1 del Protocollo no 1, si lamentano che la dichiarazione di fallimento li abbia privati dei loro beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l'articolo 2 del Protocollo no 4, denunciano la limitazione della loro libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati così:
Articolo 8 della Convenzione
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
Articolo 1 del Protocollo no 1
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Articolo 2 del Protocollo no 4
"1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualunque paese, ivi compreso il suo.
3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell'ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
22. I richiedenti sostengono che le osservazioni del Governo sono state presentate tardivamente, contrariamente all'articolo 38 dell'ordinamento della Corte.
23. La Corte rileva di avere fissato al 25 novembre 2004 il termine per la presentazione delle osservazioni del Governo e che questo le ha mandate il 24 novembre 2004.
24. Il Governo fa valere che i richiedenti si sarebbero potuti lamentare delle incapacità prolungate derivanti dal loro collocamento in fallimento dinnanzi alla corte di appello competente conformemente alla legge Pinto. Si riferisce, tra l’altro, alla sentenza della Corte di cassazione no 362 del 2003.
25. I richiedenti osservano che il legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso efficace per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento. In ogni caso, fanno valere di avere esaurito non solo il rimedio previsto dalla legge Pinto ma anche che le decisioni sui ricorsi in revoca introdotte separatamente dai richiedenti e riguardanti gli stessi fatti ha prodotto dei risultati differenti. In più, i richiedenti sottolineano di non potere introdurre alcun ricorso in cassazione, essendo scaduti i termini contemplati a questo effetto.
26. La Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità che derivano dello statuto di fallito.
27. La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che deve essere esatto dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell'articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
28. La Corte osserva che i richiedenti hanno introdotto separatamente dei ricorsi conformemente alla legge Pinto dinnanzi alla corte di appello di Roma. Nota invece che avrebbero potuto ricorrere in cassazione contro le decisioni riguardanti i loro ricorsi in revoca conformemente all'articolo 403 del codice di procedimento civile. Avendo omesso i richiedenti di esaurire le vie di ricorso che erano loro aperte in dritto interno, questa parte della richiesta deve essere respinta conformemente all'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
29. Invocando l'articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto della vita privata nella misura in cui, in ragione dell'iscrizione del loro nome nel registro dei falliti, non possono esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denunciano il fatto che, secondo l'articolo 143 della legge sul fallimento, la loro riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, non può essere chiesta che cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. L'articolo 8 è formulato così:
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessario alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
A. Sull'ammissibilità
30. La Corte constata che la lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
31. La Corte considera che l'insieme delle incapacità che derivano dall'iscrizione del nome del fallito nel registro provoca in sé un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata dei richiedenti che, tenuto conto della natura automatica di suddetta iscrizione, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull'applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l'ottenimento della riabilitazione, non è "necessaria in una società democratica" al senso dell'articolo 8 § 2 della Convenzione.
La Corte stima dunque che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
32. Invocando l'articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali toccate durante tutto il procedimento di fallimento e fino all'ottenimento della loro riabilitazione. Questo articolo è formulato così:
"Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali. "
A. Sull'ammissibilità
33. In quanto alla parte della lagnanza concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni, articolo 1 del Protocollo no 1, della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione dei richiedenti, articolo 2 del Protocollo no 4, la Corte ricorda di avere concluso all'inammissibilità di queste lagnanze. Pertanto, stima che, non trattandosi di lagnanze "difendibili" allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente male fondata secondo l'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
34. In quanto alla parte della lagnanza che riguarda le incapacità derivanti dall'iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e perdurando fino all'ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
35. La Corte ha trattato già cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46, 17 luglio 2003).
36. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento che potesse condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
Pertanto, la Corte conclude che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione.
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
37. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
38. I richiedenti presentano una perizia che valuta a 88 068 euro (EUR) il danno materiale che avrebbero subito. Questa somma corrisponde al salario minimo (pensione sociale) che avrebbero ricevuto a partire dalla loro dichiarazione di fallimento. I richiedenti richiedono anche 300 000 EUR ciascuno per il danno morale che avrebbero subito.
39. Il Governo non ha fornito osservazioni.
40. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la domanda. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo di tutte le circostanze della causa, le constatazioni di violazioni che figurano nella presente sentenza forniscono per se stesse una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
41. I richiedenti chiedono anche 35 982,88 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte così come 1 813 EUR per oneri di perizia.
42. Il Governo non ha fornito osservazioni.
43. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese se non nella misura in cui vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR a titolo di oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l'accorda ai richiedenti.
C. Interessi moratori
44. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto alle lagnanze derivate dagli articoli 8 della Convenzione, per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata dei richiedenti, e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità derivanti dall'iscrizione del nome dello fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono per se stesse una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 29 giugno 2006 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupancic
Cancelliere Presidente