SECONDA SEZIONE
CAUSA CAGLIONI C. ITALIA
( Richiesta no 65082/01)
SENTENZA
STRASBURGO
8 luglio 2008
DEFINITIVO
08/10/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Caglioni c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici, Luigi Ferrari Bravo, giudice ad hoc,,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione.
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 giugno 2008,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 65082/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. M C. ("il richiedente"), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 1 aprile 1998 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da A. F., avvocato a Bergamo. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. In seguito all'astensione del Sig. V. Zagrebelsky, giudice eletto a titolo dell'Italia (articolo 28), il Governo ha designato il Sig. L. Ferrari Bravo come giudice ad hoc per riunirsi al suo posto (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell'ordinamento).
4. Il 15 marzo 2001, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1968 e ha risieduto a Brusaporto (Bergamo).
A. Il procedimento principale
6. Il 15 marzo 1984, il richiedente minorenne, rappresentato da suo padre, citò il Sig. A. ed il rappresentante dell'oratorio P. dinnanzi al tribunale di Bergamo, per ottenere risarcimento dei danni subiti all'epoca di un incidente sopraggiunto nell'oratorio.
7. Il collocamento in stato cominciò il 10 maggio 1984. Le cinque udienze fissate tra il 18 ottobre 1984 ed il 5 marzo 1986 furono consacrate al deposito di documenti ed all'ammissione di mezzi di prova. L'udienza del 26 giugno 1986 fu rinviata su richiesta del richiedente. Delle tre udienze fissate tra il 4 dicembre 1986 e il 18 aprile 1988, una fu consacrata all'ascolto del Sig. A., una all'ascolto di testimoni e l'ultima alla costituzione di un nuovo avvocato per la parte convenuta. All'udienza del 19 gennaio 1989, le parti chiesero la determinazione dell'udienza per la presentazione delle conclusioni. Questa udienza si tenne il 19 ottobre 1989. L'udienza delle arringhe fu fissata al 1 ottobre 1992.
8. Con un giudizio del 1 ottobre 1992 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 18 novembre 1992, il tribunale respinse l’istanza del richiedente.
9. Il 23 giugno 1993, il richiedente interpose appello dinnanzi alla corte di appello di Brescia.
10. Il collocamento in stato della causa cominciò il 27 ottobre 1993. All'udienza del 23 marzo 1993, il consigliere del collocamento in stato fissò l'udienza per la presentazione delle conclusioni al 14 ottobre 1994. L'udienza delle arringhe fu fissata al 8 ottobre 1997.
11. Con una sentenza dell’ 8 ottobre 1997 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 12 novembre 1997, la corte di appello respinse l'appello del richiedente.
B. Il procedimento "Pinto"
12. Il 17 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Venezia ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta "legge Pinto", per lamentarsi della durata del procedimento. Chiese alla corte di dire che c'era stata una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti.
13. Con una decisione del 14 febbraio 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 6 marzo 2002, la corte di appello considerò tutto il procedimento e constatò il superamento della durata ragionevole. Respinse la domanda relativa al danno materiale al motivo che il richiedente non aveva fornito nessuna prova, accordò 4 650 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 1 848 EUR per oneri e spese.
14. Il 12 settembre 2002, il richiedente si ricorse in cassazione. Con una sentenza del 23 settembre 2003 il cui testo fu depositato alla cancelleria l’ 8 aprile 2004, la Corte respinse il ricorso perché si stimò incompetente per valutare la proporzionalità della somma accordata in equità dalla corte di appello.
15. Con le lettere del 26 luglio e del 25 ottobre 2004, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e gli chiese di riprendere l'esame della sua richiesta.
16. Le somme accordate dalla corte di appello furono pagate il 1 agosto 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
17. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -...).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DLL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
18. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento civile. Dopo avere tentato il procedimento "Pinto", il richiedente considera che l'importo accordato dalla corte di appello a titolo di danno morale non è sufficiente per riparare il danno causato dalla violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
19. Il Governo si oppone a queste tesi.
20. L'articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulati così:
Articolo 6 § 1
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile "
A. Sull'ammissibilitÃ
1. Non-esaurimento delle vie di ricorso interne
21. Dopo l'entrata in vigore della legge Pinto, il Governo sollevò un'eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Il richiedente investì la corte di appello di Venezia e ricorse poi in cassazione.
22. Pertanto, la Corte stima che c'è luogo di respingere l'eccezione del Governo.
2. Requisito di "vittima"
23. Per sapere se un richiedente può definirsi "vittima" ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione, c'è luogo di esaminare se le autorità nazionali hanno riconosciuto e poi riparato in modo adeguato e sufficiente la violazione controversa (vedere, tra altre, Delle Cave c. Italia, precitata, §§ 25-31; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98).
24. La Corte, dopo avere esaminato l'insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente e che il richiedente può sempre definirsi "vittima" ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione.
3. Conclusione
25. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità .
B. Sul merito
26. La Corte ricorda di avere esaminato dei motivi di appello identici a quelli presentati dal richiedente e di avere concluso, da una parte, alla violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Delle Cave c. Italia, precitata, §§ 35-39).
27. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare è cominciato il 15 marzo 1984, con la citazione della parte convenuta dinnanzi al tribunale di Bergamo, per concludersi il 12 novembre 1997, data del deposito della sentenza della corte di appello di Brescia. È durato dunque tredici anni ed otto mesi per due istanze.
28. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l'esigenza del "termine ragionevole." Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
29. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno
30. Il richiedente valuta il danno morale almeno a 150 000 000 lire italiane (ITL) [77 468,53 EUR].
31. Per ciò che riguarda il danno morale, la Corte stima che avrebbe potuto accordare, in mancanza di vie di ricorso interne, la somma di 16 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Venezia abbia accordato al richiedente il 29% di questa somma arriva, secondo la Corte, ad un risultato irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso "Pinto" ed al fatto che, malgrado questo ricorso interno, sia giunta ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 139-142 e § 146, e deliberando in equità , assegna al richiedente 2 600 EUR così come 1 100 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel pagamento dei 4 650 EUR, alla fine versato il 1 agosto 2003, o quasi diciassette mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello di Venezia.
B. Oneri e spese
32. Il richiedente si rimette alla valutazione della Corte, chiedendole di basare la sua valutazione sulla sua pratica in cause similari.
33. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza stabilita, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell'articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà , la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
Nello specifico, la Corte stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati certamente sostenuti. Quindi, deliberando in equità , giudica ragionevole concedere 2 000 EUR a questo titolo al richiedente, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma (vedere, tra altre, Vehbi Ünal c. Turchia, no 48264/99, § 65, 9 novembre 2006).
C. Interessi moratori
34. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 3 700 EUR (tremila sette cento euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 8 luglio 2008 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa