Conclusione Derogazione dell'arte. 5-3 soddisfanno le esigenze dell'arte. 15; no-violazione dell'arte. 5-5; no-violazione dell'arte. 13
CORTE ( PLENARIA)
Causa BRANNIGAN E McBRIDE c. REGNO UNITO
(Richiesta no14553/89; 14554/89)
SENTENZA
STRASBURGO
26 maggio 1993
Nella causa Brannigan e McBride c. Regno Unito ,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, deliberando in seduta plenaria con applicazione dell'articolo 51 del suo ordinamento e composta dai giudici di cui segue il nome:
SIGG.. R. Ryssdal, presidente,
R. Bernhardt,
Thór Vilhjálmsson,
F. Gölcüklü,
F. Matscher,
L. - E. Pettiti,
B. Walsh,
R. Macdonald,
C. Russo,
A. Spielmann,
J. Di Meyer,
N. Valticos,
S.K. Martens,
La Sig.ra E. Palm,
SIGG.. I. Foighel,
R. Pekkanen,
A.N. Loizou,
J.M. Morenilla,
F. Bigi,
Sir John Freeland,
SIGG.. A.B. Baka,
M.A. Lopes Rocha,
L. Wildhaber,
G. Mifsud Bonnici,
J. Makarczyk,
D. Gotchev,
così come dei Sigg.. SIG. - A. Eissen, cancelliere, e H. Petzold, cancelliere aggiunto,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 novembre 1992 e 22 aprile 1993,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. La causa è stata deferita alla Corte dalla Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 21 febbraio 1992, nel termine di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47 (art. 32-1, art. 47) della Convenzione di salvacustodia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione"). Alla sua origine si trovano due richieste (numero 14553 e 14554/89) dirette contro il Regno Unito di Grande - Bretagna e di Irlanda del Nord e in cui dei cittadini irlandesi, Sigg.. P. B. e P. M., avevano investito la Commissione il 19 gennaio 1989 in virtù dell'articolo 25, art. 25. Il Sig. M. è deceduto nel 1992, paragrafo 11 sotto.
La domanda della Commissione rinvia agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48) così come alla dichiarazione britannica che riconosce la giurisdizione obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Ha per oggetto di ottenere una decisione sul punto di sapere se i fatti della causa rivelano una trasgressione del Regno Unito alle esigenze dell'articolo 5 paragrafi 3 e 5 (art. 5-3, art. 5-5) così come dell'articolo 13 (art. 13) avuto riguardo alla derogazione britannica a titolo dell'articolo 15 (art. 15).
2. In risposta all'invito contemplato all'articolo 33 paragrafo 3 d, dell'ordinamento, il Sig. B. e Sig.ra M. - madre e rappresentante personale di Sig. M. (paragrafo 11 sotto) - hanno espresso il desiderio di partecipare all'istanza e designato i loro consiglieri (articolo 30). Per più di comodità, il Sig. M. resterà menzionato nella presente sentenza come "il richiedente."
Il governo irlandese, avvisato dal cancelliere del suo diritto di intervenire nel procedimento (articoli 48, capoverso b,) della Convenzione e 33 paragrafo 3 b, dell'ordinamento, (art. 48-b) non ha manifestato l'intenzione di avvalersene.
3. La camera da costituire comprendeva di pieno dritto Sir John Freeland, giudice eletto di nazionalità britannica (articolo 43 della Convenzione) (art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal, presidente della Corte (articolo 21 paragrafo 3 b) dell'ordinamento). Il 27 febbraio 1992, questo ha estratto a sorte il nome dagli altri sette membri, ossia i Sigg.. R. Bernhardt, F. Gölcüklü, L. - E. Pettiti, B. Walsh, S.K. Martens, R. Pekkanen e L. Wildhaber, in presenza del cancelliere (articoli 43 in fine della Convenzione e 23 dell'ordinamento) (art. 43).
4. Avendo assunto la presidenza della camera (articolo 21 paragrafo 5 dell'ordinamento) il Sig. Ryssdal ha consultato tramite il cancelliere l'agente del governo del Regno Unito ("il Governo"), il delegato della Commissione ed i consiglieri dei richiedenti a proposito dell'organizzazione del procedimento (articoli 37 paragrafo 1 e 38.) Conformemente alle sue ordinanze e direttive, il cancelliere ha ricevuto l'esposto del Governo il 17 luglio 1992. I richiedenti hanno depositato il loro fuori termine, il 31 agosto 1992, ma la camera ha deciso, il 28 ottobre 1992, che c'era luogo di metterlo nella pratica (articolo 37 paragrafo 1 in fine). Prima, il segretario della Commissione aveva annunciato al cancelliere che il delegato si sarebbe espresso oralmente.
5. Il 27 marzo, il presidente aveva autorizzato la Commissione consultiva permanente dell'Irlanda del Nord per i Diritti dell'uomo (Northern Ireland Standing Advisory Commission on Human Rights) in virtù dell'articolo 37 paragrafo 2 dell'ordinamento, a presentare delle osservazioni scritte su degli aspetti precisi della causa. Il 27 maggio, aveva ammesso anche, sotto certe condizioni, Amnesty International e tre organizzazioni che avevano formulato una domanda congiunta (Liberty, Interights ed il Committee si the Administration of Justice). Le loro osservazioni rispettive sono arrivate il 22 giugno, 7 e 19 agosto 1992.
6. Il 28 ottobre 1992, la camera ha deciso, in virtù dell'articolo 51 dell'ordinamento, di sciogliersi con effetto immediato al profitto della Corte plenaria.
7. Così come aveva deciso il presidente, i dibattimenti si sono svolti in pubblico il 24 novembre 1992, al Palazzo dei Diritti dell'uomo a Strasburgo.
Sono comparsi:
- per il Governo
La Sig.ra A. Glover, consigliere giuridico,
ministero delle Cause estere e del Commonwealth, agente,
SIGG.. N. Bratza, Q.C,
R. Weatherup, consigliere,;
- per la Commissione
Il Sig. H. Danelius, delegato,;
- per i richiedenti
SIGG.. R. W., Q.C,
S. T., avvocato, consigliere,
P. Sig., procuratore legale.
La Corte ha sentito nelle loro dichiarazioni il Sig. Bratza per il Governo, il Sig. Danelius per la Commissione ed il Sig. W. per i richiedenti, così come nelle risposte alle domande di due dei suoi membri.
8. Prima dell'udienza, il presidente aveva autorizzato il Governo a depositare dei commenti su certi aspetti delle osservazioni degli amici curiae. I richiedenti hanno risposto per iscritto il 18 dicembre 1992. Le riflessioni del Governo sulle domande degli interessati a titolo dell'articolo 50 (art. 50) della Convenzione sono giunte il 17 gennaio 1993.
9. Il Sig. B. Repik che aveva assistito ai dibattimenti e partecipato alla deliberazione del 26 novembre 1992, non ha più potuto riunirsi nello specifico dopo il 31 dicembre 1992, essendo scaduto il suo mandato di giudice con lo scioglimento della Repubblica federativa ceca e slovacca (articoli 38 e 65 paragrafo 3 della Convenzione) (art. 38, art. 65-3).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
A. P. B.
10. Il primo richiedente, il Sig. P. B., è nato nel 1964. Operaio non specializzato, risiede a Downpatrick, in Irlanda del Nord.
Il 9 gennaio 1989 alle 6 h 30, dei poliziotti lo fermarono a casa sua in virtù dell'articolo 12 paragrafo 1 b) della legge di 1984 che ricade su delle disposizioni provvisorie sulla prevenzione del terrorismo (Prevention of Terrorism (Temporary Provisions) Act 1984, "la legge del 1984"). Lo si condusse al centro di interrogatorio della caserma di Gough, Armagh, dove gli si rilasciò la "Nota di informazione destinata alla persone sotto custodia cautelativa" ("Notice to Persons in Police Custody") che informo il detenuto sui suoi diritti (paragrafo 24 sotto). Il ministro degli Interni permise di prolungare la custodia cautelare di due giorni, il 10 gennaio alle 19 h 30, poi di tre due giorni dopo alle 21 h 32. L'interessato ricuperò la libertà il 15 alle 21 h. Rimase detenuto sei giorni, quattordici ore e trenta minuti al totale dunque.
Durante la sua custodia cautelativa, subisce quarantatre interrogatori; gli si rifiutarono libri, giornali e ciò con cui cosa scrivere, così come la radio e la televisione, e gli si vietò di incontrare altri detenuti.
L'accesso ad un procuratore legale fu da prima differito durante le quarantotto ore, stimando la polizia che tali contatti avrebbero disturbato l'inchiesta, ma il Sig. B. ricevette in seguito, l’l 11 gennaio 1989, la visita del suo uomo di legge. Un medico l'esaminò diciassette volte.
B. P. M.
11. Il secondo richiedente, il Sig. P. M., è nato nel 1951.
Il 5 gennaio 1989 alle 5 h 5, dei poliziotti lo fermarono a casa sua in virtù dell'articolo 12 paragrafo 1 b) della legge del 1984. Venne condotto al centro di interrogatorio di Castlereagh dove gli venne rilasciata la "Nota di informazione destinata alla persone sotto custodia cautelare." L'indomani alle 17 h 10, il ministro degli Interni permise di prolungare la custodia cautelativa di tre giorni. L'interessato ricuperò la libertà il lunedì 9 a 11 h 30. Restò detenuti quattro giorni, sei ore e venticinque minuti al totale dunque.
Durante la sua custodia cautelativa, subisce ventidue interrogatori e lo stesso regime del Sig. B.( paragrafo 10 sopra).
Ricevette due visite del suo procuratore legale, il 5 e 7 gennaio 1989, ed un medico l'esaminò otto volte.
Il Sig. M. è stato ucciso il 4 febbraio 1992 da un poliziotto diventato pazzo furioso e che aveva attaccato il quartiere generale del Sinn Fein a Belfast.
II. DIRITTO E PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Introduzione
12. La situazione critica che regnava in Irlanda del Nord all'inizio degli anni 1970, e l'ampiezza degli portate terroristiche di cui si accompagnava, si trovano all'origine della legge del 1974 che ricade sulle disposizioni provvisorie sulla prevenzione del terrorismo ("la legge del 1974"). Dal 1972 al 1992, si attribuì al terrorismo in Irlanda del Nord più di tre migliaia di morti. Nel mezzo degli anni 1980 si registrarono molto meno uccisi che all'inizio del decennio precedente, ma il terrorismo sistematico persistette.
Da quando imperversa, la campagna terroristica ha fatto 35 104 feriti in Irlanda del Nord tra cui molte persone mutilate o colpite da un'invalidità a vita. Durante lo stesso periodo, si sono censite 41 859 esplosioni o sparatorie terroristiche. Altre parti del Regno Unito hanno conosciuto anch’esse un’ondata terroristica di grande portata.
13. La legge del 1974 entrò in vigore il 29 novembre 1974. Proscriveva l'esercito repubblicano irlandese (Irish Republican Army, "l'I.R.A. "), vietata già in Irlanda del Nord, e reprimeva ogni sostegno aperto a questa organizzazione in Grande - Bretagna. Inoltre, dotava la polizia di poteri speciali in materia di arresto e di custodia cautelativa per permettergli di lottare più efficacemente contro la minaccia del terrorismo (paragrafi 16-17 sotto).
Doveva essere proscritta ogni sei mesi dal Parlamento affinché potesse controllare, tra altri, la necessità di mantenere i poteri di eccezione. Andò così fino in marzo 1976, data alla quale fu promulgata mediante certi emendamenti.
Secondo l'articolo 17 della legge del 1976, occorreva che il Parlamento confermasse i poteri speciali ogni i dodici mesi. Al suo turno, suddetta legge fu rinnovata ogni anno fino nel 1984, data alla quale fu ripromulgata sotto una forma modificata. La legge del 1984, entrata in vigore in marzo, proibì l'esercito nazionale irlandese di liberazione (Irish National Liberation Army) in aggiunta all'I.R.A. Proseguita ogni anno, è stata sostituita dalla legge del 1989, entrata in vigore il 27 marzo 1989 e nella quale l'articolo 14 rinchiude delle disposizioni analoghe a quelle dell'articolo 12 del suo precursore.
14. La legge del 1976 fu oggetto dei rapporti di Lord Shackleton e di Lord Jellicoe, pubblicati rispettivamente nel luglio 1978 e gennaio 1983. Dei rapporti annui su quella del 1984 furono presentati al Parlamento da Sir Cyril Philips, per il 1984 e il 1985, e dal visconte Colville, dal 1986-1991 che realizzò anche nel 1987 un studio di più grande ampiezza sul gioco della legge del 1984.
15. Queste diverse analisi furono chieste dal governo e furono comunicate al Parlamento per aiutare a determinare se la legislazione continuava a corrispondere ad un bisogno. I loro autori concludevano in particolare che avuto riguardo ai problemi inerenti alla prevenzione ed alla localizzazione del terrorismo, si rivelava indispensabile conservare i poteri di eccezione in materia di arresto e di custodia cautelativa. Allontanavano l'idea di affidare le decisioni che prolungano la custodia cautelativa ai tribunali, in particolare perché si basavano su delle informazioni molto delicate che non si potevano divulgare ai detenuti, né ai loro consiglieri. Per differenti ragioni, simile decisione dipendeva bene dal campo dell'esecutivo.
Nel suo rapporto del 1987 passante al vaglio le clausole dell'articolo 12, il visconte Colville stimava che esistevano delle buone ragioni di fare durare la detenzione, in certi casi, al di là delle quarantotto e fino a sette giorni. Rilevava la frequenza, in Irlanda del Nord, del seguente fenomeno, a questo argomento: la polizia possedeva delle informazioni che gli permettevano di stabilire un legame tra certe persone ed un atto di terrorismo, ma gli interessati, se si trovavano detenuti, mantenevano il silenzio ed i testimoni avevano paura di presentarsi, in ogni caso dinnanzi ad un tribunale. In queste condizioni, l'accusa si basava sempre più su degli elementi médico - legali ed il lavoro di inchiesta guadagnava in importanza. L'autore enumerava anche i motivi che, presi isolatamente o, spesso, combinati tra essi, giustificavano di prolungare i differenti periodi durante i quali, se no, le persone sospettate di condotte terroristiche avrebbero dovuto essere incolpate o rinviate in giudizio: controllo delle impronte digitali; esami médico - legali; confronto delle risposte del detenuto con gli indizi raccolti; nuove piste di inchiesta; dati forniti da uno o parecchi altri detenuti nella stessa causa; ricerca ed ascolto di altri testimoni (Command Paper 264, paragrafi 5.1.5 - 5.1.7, dicembre 1987).
B. Il potere di arresto senza mandato previsto dalla legge de1984 e da altre
16. Le clausole pertinenti dell'articolo 12 della legge del 1984, analoghe a quelle delle leggi del 1974 e 1976, sono le seguenti:
"12. (1) (...) un agente di polizia può arrestare senza mandato una persona di cui ha dei motivi plausibili di sospettare
(...)
b) di essere o essere stata implicata nel compimento, la preparazione o l'istigazione di atti di terrorismo ai quali si applica questo titolo della presente legge;
(...)
(3) gli atti di terrorismo ai quali si applica questo titolo della presente legge sono:
a) gli atti di terrorismo legati alla situazione in Irlanda del Nord;
(...)
(4) una persona arrestata in virtù del presente articolo non rimane in custodia cautelativa più di quarantotto ore dopo il suo arresto; il ministro può tuttavia prolungare questo termine di uno o parecchi periodi di cui precisa la durata.
(5) questo o questi periodi supplementari non superano cinque giorni al totale.
(6) le disposizioni qui di seguito (obbligo di tradurre l'incolpato in giustizia dopo il suo arresto) non si applicano alle persone così tenute sotto custodia cautelativa:
(...)
d) l'articolo 131 dell'ordinanza del 1981 sulla Corte dei Magistrati dell'Irlanda del Nord;
(...)
(8) il presente articolo non reca offesa ai poteri di arresto utilizzabile da lui."
17. L'articolo 14 paragrafo 1 della legge del 1984 definisce il terrorismo come "il ricorso alla violenza ai fini politici", ivi compreso il disegno "di ispirare paura alla popolazione o ad una porzione di questa." La Camera dei Lord ha giudicato formulata in "termini larghi" una definizione identica comparsa nella legge del 1978 sullo stato di emergenza in Irlanda del Nord (Northern Ireland, Emergency Provisions, Act 1978); si è rifiutata di dare alla parola "terroristica" un'interpretazione più stretta che il senso menzionato dal suo uso che decorre agli occhi di un membro della polizia o di un semplice cittadino( Lord Roskill nella causa McKee v. Chief Constable for Northern Ireland, All England Law Reports 1985, vol. 1, pp. 3-4).
C. La detenzione secondo il diritto penale ordinario
18. L'articolo 131 dell'ordinanza del 1981 delle Corti dei Magistrati dell'Irlanda del Nord, dichiarata inapplicabile con l'articolo 12 paragrafo 6 d) della legge del 1984 (paragrafo 16 qui – sopra) contemplava che una persona arrestata senza mandato e non rilasciata nelle ventiquattro ore doveva essere tradotta il più presto possibile dinnanzi ad un tale tribunale, in nessun caso più delle quarantotto dopo il suo arresto.
19. È stato abrogato dall'ordinanza del 1989 sulla polizia e le prove in materia penale in Irlanda del Nord, (Police and Criminal Evidence, Northern Ireland, Order 1989, Statutory Instrument 1989/1341, Northern Ireland, 12.) Secondo questa (omologo della legge del 1984 sullo stesso oggetto) applicabile in Inghilterra ed al Galles, una persona arrestata perché la si sospetta di essere coinvolta in una violazione, non può restare prima in custodia cautelativa più di ventiquattro ore senza imputazione (articolo 42 paragrafo 1). Un poliziotto del posto, perlomeno commissario (Superintendent) ,può decidere di prolungare la detenzione di una durata non superiore a trentasei ore, a contare dall'arresto o dall'arrivo al commissariato dopo questa, se ha
"(...) dei motivi plausibili di credere
a) che si impone di detenere l'interessato senza imputazione per procurarsi o preservare degli elementi di prova relativi ad una violazione per la quale si trova in stato di arresto, o di raccoglierne interrogandolo;
b) che una violazione per la quale si trova in stato di arresto è grave e giustifichi un arresto;
c) che l'inchiesta sia condotta con zelo e celerità." (articolo 43 paragrafo 1)
L'articolo 44 paragrafo 1 dell'ordinanza abilita una Corte dei Magistrati, su lamento scritto di un poliziotto, a prolungare la custodia cautelativa se constata l'esistenza di motivi plausibili di stimare legittima una tale misura. Questa si giustifica in simile caso solo mediante la riunione delle condizioni fissate ai capoversi da a) a c) sopra (articolo 44 paragrafo 4). La persona riguardata dal lamento deve riceverne una copia e deve comparire dinnanzi al tribunale affinché l’ ascolti( articolo 44 paragrafo 2); ha il diritto di essere rappresentata da un uomo di legge all'udienza, articolo 44 paragrafo 3. La detenzione supplementare autorizzata dal mandato non può superare trentasei ore (articolo 44 paragrafo 12). L'articolo 45 permette ad una Corte dei Magistrati, su lamento scritto di un poliziotto, di prolungare anche di molto tempo la custodia cautelativa che giudica buona avuto riguardo agli elementi di prova di cui dispone (articolo 45 paragrafi 1 e 2) ma questo nuovo prolungamento non può superare trentasei ore, né concludersi più di novantasei ore dopo l'arresto o l'arrivo al commissariato dopo questa (articolo 45 paragrafo 3).
D. Esercizio del potere di arresto contemplato all'articolo 12 paragrafo 1 b, della legge del 1984,
20. Per operare un arresto regolare in virtù dell'articolo 12 paragrafo 1 b, della legge del 1984, il poliziotto deve avere delle ragioni plausibili di sospettare la persona in questione di essere o essere stata implicata nel compimento, la preparazione o l'istigazione di atti di terrorismo. Inoltre, un arresto senza mandato ubbidisce alle regole di common law enunciate dalla Camera dei Lord nel causa Christie v. Leachinsky (Appeal Case 1947, pp. 587 e 600): l'interessato deve essere informato del motivo esatto del suo arresto, normalmente fin dal suo collocamento in custodia cautelativa o, se delle circostanze private lo giustificano, appena possibile in seguito. Non c'è bisogno di adoperare a questo fine un linguaggio tecnico o preciso; basta che l'individuo fermato sappia in sostanza perché.
La High Court dell'Irlanda del Nord ha esaminato l'articolo 12 paragrafo 1 b) nella causa Ex parta Lynch (Northern Ireland Reports 1980, p. 131) in cui la persona arrestata sollecitava un'ordinanza di habeas corpus. Il poliziotto che aveva fermato il richiedente gli aveva dichiarato appellarsi all'articolo 12 della legge del 1976 perché lo sospettava di essere implicato in attività terroristiche. La High Court ne ha dedotto che la legalità dell'arresto non si poteva contestare a questo riguardo si.
21. I sospetti del poliziotto che procede all'arresto devono essere ragionevoli nell'occorrenza; per giudicarne, il tribunale deve disporre di certe informazioni sulle loro sorgenti ed i loro motivi (decisione del giudice Higgins nella causa Van Hout v. Chief Constable of tè RUC and the Northern Ireland Office, decisione del High Court dell'Irlanda del Nord del 28 giugno 1984).
E. Scopo dell'arresto e della custodia cautelativa autorizzata con l'articolo 12 della legge del 1984
22. In diritto comune, non si potrebbe fermare e tenere sotto custodia cautelativa qualcuno al solo scopo di indagare a suo proposito. Un interrogatorio motivato dalle ragioni plausibili di sospettare l'interessato di avere commesso una violazione propria a giustificare un arresto costituisce una causa legittima di privazione di libertà senza mandato quando ha per scopo di dissipare o confermare questi sospetti, purché l'indiziato sia tradotto in giustizia appena possibile (R. v. Houghton, Criminal Appeal Rinvii 1979, vol. 68, p. 205, e Holgate-Mohammed v. Duke, All England Law Reports 1984, vol. 1, p. 1059).
In compenso, nella causa Ex parta Lynch (loc). cit., p. 131) le Lord Capo di Giustizia Lowry ga stimato che la regolarità di un arresto effettuato a titolo dell’articolo 12 par. 1b) della legge del 1984 non dipena dall’esistenza di sospetto di un determinato crimine o delitto. Ha aggiunto:
"(...) decide di notare inoltre che un arresto operato in virtù dell'articolo 12 paragrafo 1 giunge su una custodia cautelativa autorizzata senza imputazione. Si può anche non avere in fin dei conti nessuna imputazione; così, un arresto non rappresenta necessariamente la prima tappa di perseguimenti penali esercitati contro un indiziato sulla base di un rimprovero che deve dare adito ad esame giudiziale."
F. Prolungamento della custodia cautelativa
23. In Irlanda del Nord, le domande di prolungamento della custodia cautelativa al di là del termine iniziale delle quarantotto sono trattate al livello degli alti funzionari della polizia a Belfast, poi sottomesse al consenso del ministro per l'Irlanda del Nord o, in mancanza, di un segretario di stato.
La legge di 1984, come i suoi precursori non fissa condizioni da osservare in materia, ma dei criteri precisi si sono liberati dalla pratica; i rapporti e studi sopra menzionati (paragrafi 14-15 sopra) ne danno l'elenco.
Secondo le statistiche fornite da Governo, furono arrestate nel 1990, a titolo della legge riguardante le disposizioni provvisorie sulla prevenzione del terrorismo, 1549 persone sul totale delle quali 333 si videro incolpare alla fine. Sopportò una detenzione di due giorni al massimo 1140 di esse tra cui il 17% fu oggetto di un'imputazione, mentre la proporzione raggiunse il 39% per i 365 individui tenuti sotto custodia cautelativa più di due giorni e meno di cinque. Inoltre, il 67% delle 45 persone detenute più di cinque giorni furono incolpate di violazioni gravi come assassinio, tentativo di assassinio ed esplosioni; in ogni caso, le prove che fondano l'accusa furono portate o solamente rivelate allo stadio estremo della detenzione.
G. Diritti durante la detenzione
24. Una persona detenuta in virtù dell'articolo 12 della legge del 1984 (oggi, l'articolo 14 della legge del 1989) può, su sua richiesta, fare segnalare la sua detenzione ed il luogo di questa ad un amico, un genitore o un'altra persona e consultare un procuratore legale senza testimone; deve essere informata di questi diritti il più presto possibile. La richiesta deve ricevere appena possibile un seguito favorevole che può essere ritardato tuttavia di quaranta - otto ore, al massimo, in certe determinate circostanze (articoli 44 e 45 della legge del 1991 sullo stato di emergenza in Irlanda del Nord, Northern Ireland, Emergency Provisions, Act 1991, - anticamente, articoli 14 e 15 della legge del 1987).
La decisione di rifiutare l'accesso ad un procuratore legale nelle prime quarantotto ore è suscettibile di un controllo giudiziale. La giurisprudenza del High Court dell'Irlanda del Nord mostra che dopo l'articolo 45 della legge di 1991 sullo stato di emergenza in Irlanda del Nord, il funzionario competente non può allo stesso modo rifiutare simile accesso senza motivi ragionevoli di credere che l'esercizio del diritto in causa provocherebbe una o parecchi delle conseguenze enunciate al paragrafo 8 di questo articolo. Gli tocca di convincere il tribunale dell'esistenza di tali motivi; a difetto, il tribunale ordina di autorizzare immediatamente i contatti con un procuratore legale (decisioni del High Court dell'Irlanda del Nord sulle richieste in controllo giudiziale di Patrick Duffy, 20 settembre 1991, di Dermot e Deirdre McKenna, 10 febbraio 1992, così come di Francis Maher ed altri, 25 marzo 1992,).
Dal 1979, si ha costume di non interrogare un detenuto prima che un medico giurista non l'abbia esaminato. In seguito, le disposizioni stimate gli permettono di vedere un medico, in particolare il suo proprio. Una consultazione con un medico giurista ha luogo ogni giorno all'una fissata di anticipo.
I diritti precitati si trovano brevemente enunciati in una "Nota di informazione destinata alla persone in custodia cautelativa", che si rilascia durante la loro detenzione agli individui arrestati in virtù dell'articolo 12.
H. Ruolo della giustizia nelle inchieste sulle violazioni terroristiche
25. Ai termini del paragrafo 2 dell'allegato 7 alla legge di 1989 riguardanti le disposizioni provvisorie sulla prevenzione del terrorismo, un giudice di pace può, con mandato, abilitare un poliziotto incaricato di un'inchiesta in materia di terrorismo a perquisire dei locali ed a confiscare e conservare ogni oggetto che scoprirà e che avrà dei motivi ragionevoli di stimare, in particolare, di natura tale da favorire l'inchiesta. Il paragrafo 5, capoversi 1 e 4, dell’allegato 7 investe di un potere analogo i giudici di circoscrizione e i giudici delle corti di conta dell’Irlanda del Nord. Tuttavia, secondo il capoverso 2 del paragrafo 8, il ministro può assegnare a ogni poliziotto dell'Irlanda del Nord il potere di perquisizione mirata ai paragrafi 2 e 5 nei casi, tra altri, in cui la divulgazione di informazioni, che sarebbe necessaria per formulare una domanda a titolo di questi testi, gli sembra propria a disturbare i membri del Reale Ulster Constabulary nelle loro investigazioni o a nuocere in qualche modo alla sicurezza in Irlanda del Nord o a quella di persone che vi abitano.
I. VIE DI RICORSO
26. Le principali vie di ricorso aperte alle persone detenute in virtù della legge del 1984 consistono nel sollecitare un'ordinanza di habeas corpus ed ad intentare al civile un'azione in danno-interessi per detenzione illegale (false imprisonment).
1. Habeas corpus
27. La legge del 1984 permette di arestare qualcuno e di tenerlo cautelativa per sette giorni in tutto(articolo 12 paragrafi 4 e 5 - paragrafo 16 sopra). Il paragrafo 5 (2) del suo allegato 3 precisa che una tale persona è reputata trovarsi in custodia cautelativa legale" (in legal custody) ma non esclude il ricorso dell’ habeas corpus. Se l'arresto iniziale è illegale, ne va parimenti della detenzione ulteriore (decisione del giudice Higgins nella causa Van Hout, loc. cit., p. 18).
28. L’ habeas corpus è un procedimento con la quale una persona privata della sua libertà può chiedere di emergenza il suo rilascio adducendo l'illegalità della sua detenzione.
Il tribunale competente conosce solamente la regolarità, e non la fondatezza, di questa ultima. Il suo controllo – ola cui ampiezza non è affatto invariabile ma dipende dal contesto della causa e, all'occorrenza, dai termini della legge in virtù della quale si esercita il potere di detenzione - riguarda in particolare il rispetto delle esigenze formali di suddetta legge e può estendersi, per esempio, al carattere ragionevole dei sospetti sui quali fondano l'arresto (Ex parta Lynch, loc. cit., e Van Hout, loc. cit.). Una detenzione tecnicamente legale può dare anche adito ad esame al motivo che ci sarebbe stato abuso di potere perché le autorità avrebbero agito di malafede, alla leggera o in un scopo illecito (R. v. Governor of Brixton Prison, ex parta Sarno, King's Bench Reports 1916, vol. 2, p. 742, e R. v. Brixton Prigione (Governor), ex parta Soblen, All England Law Reports 1962, vol. 3, p. 641).
Il fardello della prova pesa sulle autorità convenute: devono giustificare la legalità della decisione di detenere, ammesso che il richiedente in habeas corpus abbia fornito un principio di prova (Khawaja v. Secretary of State, All England Law Reports 1983, vol. 1, p. 765).
2. Detenzione arbitraria
29. Chiunque si definisce illegalmente arrestato e detenuto può introdurre inoltre un'azione in danno-interessi a questo capo. Quando la legalità dell'arresto si trova subordinata all'esistenza di un motivo ragionevole di sospetto, incombe sull'autorità convenuta di dimostrare questa (Dallison v. Caffrey, Queen's Bench Reports 1965, vol. 1, p. 348, e Van Hout, loc. cit., p. 15.) Nella cornice di simile istanza, il carattere ragionevole di un arresto può essere verificato a partire dai principi ben stabiliti dal controllo giurisdizionale dell'esercizio del potere discrezionale dell'esecutivo (Holgate - Mohammed v. Duke, loc. cit.).
III. LA DEROGAZIONE DEL REGNO UNITO
30. Nel suo sentenza Brogan ed altri c. Regno Unito del 29 novembre 1988 (serie A no 145-B) la Corte ha esaminato delle domande simili a quelle che si pongono nello specifico. Ha constatato una violazione dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) della Convenzione nel capo di ciascuno dei richiedenti che avevano tutti subito una custodia cautelativa a titolo dell'articolo 12 della legge del 1984. Ha giudicato che anche la più breve delle quattro detenzioni controverse - quattro giorni e sei ore - aveva superato i limiti di tempo permesso dalla prima parte dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). Ha rilevato inoltre una violazione all'articolo 5 paragrafo 5 (art. 5-5) nel caso di ciascuno dei richiedenti (serie A no 145-B, pp. 30-35, paragrafi 55-62 e 66-67).
In seguito a questa sentenza, il ministro degli Interni ha fatto dinnanzi alla Camera dei comuni, il 22 dicembre 1988, una dichiarazione in cui spiegava le difficoltà di un controllo giudiziale della decisione di stabilire e detenere un terrorista presunto. Ha detto in particolare questo:
"Noi dobbiamo ben prendere in conto le terribili pressioni che si esercitano già sulle autorità giudiziali, specialmente in Irlanda del Nord dove bisogna esaminare la maggior parte delle cause. Abbiamo anche la preoccupazione che le informazioni su dei progetti terroristici che militano spesso per il mantenimento in detenzione, non si ritrovano in possesso di terroristi per gioco dei procedimenti giudiziali che, almeno secondo la tradizione giuridica del Regno Unito, obbligano in principio a dare all'imputato ed al suo consigliere cognizione dei carichi portati contro lui.
(...)
Nell'intervallo, le cose non possono restare nello stato. Ho precisato già alla Camera che faremo in modo che la polizia conservi i poteri necessari per bloccare il terrorismo, e continua ad averne bisogno per potere tenere sotto custodia cautelativa gli indiziati fino a sette giorni in certi casi. Per allontanare ogni dubbio sull'attitudine della polizia a trattare con efficacia tali casi, il governo si prepara a notificare un parere di derogazione in virtù dell'articolo 15 (art. 15) della Convenzione europea dei Diritti dell'uomo e dell'articolo 4 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Esiste un pericolo pubblico al senso di queste disposizioni, avute riguardo al terrorismo legato alla situazione dell'Irlanda del Nord nel Regno Unito",
31. Il 23 dicembre 1988, il Regno Unito ha informato il Segretario Generale del Consiglio dell'Europa che il suo governo si avvaleva del diritto di derogazione contemplata all'articolo 15 paragrafo 1 (art. 15-1) della Convenzione, nella misura in cui l'esercizio dei poteri definiti all'articolo 12 della legge del 1984 non quadrasse con l'articolo 5 paragrafo 3( art. 5-3) della Convenzione. Un passaggio di questa dichiarazione è formulato così:
"(...) In seguito a [la sentenza Brogan ed altri], il Segretario di Stato per gli Affari Interni ha informato il Parlamento, il 6 dicembre 1988 che nel contesto della campagna terroristica e visto la necessità assoluta di tradurre i terroristi in giustizia, il Governo non stimava che la durata massimale di custodia cautelativa doveva essere ridotta. Ha informato il Parlamento che il Governo esaminava la causa in vista di fornire una risposta alla sentenza. Il 22 dicembre 1988, il Segretario di Stato ha, di nuovo, informato il Parlamento che il Governo desiderava sempre, se ciò era possibile, trovare un procedimento giudiziale che avesse permesso un ricorso contro il prolungamento della custodia cautelativa e, all'occorrenza, l'autorizzazione di suddetto prolungamento da un giudice o un altro magistrato. Un nuovo periodo di riflessione e di consultazione era però necessario prima che il Governo potesse esprimere un'opinione ferma e definitiva. Dalla sentenza del 29 novembre 1988, come prima di questa data, il Governo ha stimato che era necessario perseguire, per ciò che riguardava il terrorismo legato alla situazione in Irlanda del Nord, l'esercizio dei poteri esposti sopra permettendo una nuova custodia cautelativa per i periodi che vanno fino a cinque giorni, alla discrezione del Segretario di Stato, nella misura rigorosamente richiesta dalle esigenze della situazione per permettere che le inchieste e le investigazioni necessarie siano condotte correttamente per decidere se è necessario impegnare dei perseguimenti penali. Per quanto l'esercizio di questi poteri non sia conforme agli obblighi imposti dalla Convenzione, il Governo si avvale del diritto di derogazione prevista dall'articolo 15 paragrafo 1 (art. 15-1) della Convenzione e continuerà a fare parimenti fino a nuova notificazione"
32. Il Governo ha studiato la possibilità di affidare alle giurisdizioni ordinarie il potere di prolungare la detenzione, ma ha concluso all'inopportunità di implicarle in simile decisione. Il ministro, il Sig. Davide Waddington, ne ha esposto le ragioni in una risposta scritta del 14 novembre 1989 ad una parlamentare:
"Le decisioni che autorizzano la detenzione di terroristi presunti per più di quarantotto ore possono prendersi, e si prendono spesso, sulla base di informazioni di cui non si può svelare la natura e la sorgente ad un indiziato o al suo consigliere senza rischiare seriamente di perdere l’aiuto di individui che aiutano la polizia, o la fortuna di procurarsi altre informazione preziose. Ogni nuovo procedimento che evita questi pericoli permettendo ad un tribunale di deliberare sulla base di elementi non divulgati al detenuto o al suo consigliere costituirebbe una grave strappo ai principi che regolano il procedimento giudiziale del nostro paese e potrebbe portare grandemente attentato alla fiducia dell'opinione pubblica nell'indipendenza del potere giudiziale. Il Governo inorridirebbe molto a proporre un nuovo procedimento che possa avere questo effetto." (Official Reports, 14 novembre 1989, collo. 210)
Con una nuova notificazione, del 12 dicembre 1989, il Regno Unito ha informato il Segretario Generale che non si aveva potuto mettere a punto nessuno procedimento soddisfacente di controllo della detenzione di terroristi presunti, con partecipazione dei tribunali, e che la derogazione sarebbe rimasta dunque in vigore finché le circostanze l'avrebbero esatto.
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
33. I richiedenti hanno investito la Commissione il 19 gennaio 1989 (richieste numero 14553/89 e 14554/89). Si lamentavano di non essere stati tradotti subito dinnanzi ad un giudice come avrebbe voluto l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). Pretendevano anche di non avere diritto a risarcimento, a dispetto dell'articolo 5 paragrafo 5 (art. 5-5) e, a disprezzo dell'articolo 13 (art. 13) non disporre di un ricorso effettivo in quanto a queste lagnanze.
Hanno sollevato ulteriormente altre lamentele che avevano formulato a titolo degli articoli 3, 5 paragrafi 1 e 4, 8, 9 e 10 (art. 3, art. 5-1, art. 5-4, art. 8, art. 9, art. 10).
34. Dopo avere ordinato la congiunzione delle richieste il 5 ottobre 1990, la Commissione le ha considerate il 28 febbraio 1991. Nel suo rapporto del 3 dicembre 1991 (articolo 31) (art. 31) conclude:
a) per otto voci contro cinque, al difetto di violazione dell'articolo 5 paragrafi 3 e 5 (art. 5-3, art. 5-5) in ragione della derogazione formulata dal Regno Unito il 23 dicembre 1988 in virtù dell'articolo 15 (art. 15);
b) all'unanimità, alla mancanza di ogni domanda distinta sul terreno dell'articolo 13 (art. 13).
Il testo integrale del suo parere, così come delle opinioni separate di cui si accompagna, figura qui accluso alla presente sentenza
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE DAL GOVERNO
35. Il Governo invita la Corte a dire che il Regno Unito non ha infranto l'articolo 5 paragrafi 3 e 5 (art. 5-3, art. 5-5) essendosi avvalso il 23 dicembre 1988 del suo diritto di derogazione a titolo dell'articolo 15 (art. 15) e che non ha mancato neanche alle esigenze dell'articolo 13 (art. 13) o, in ordine sussidiario che nessuna domanda distinta non si pone allo sguardo di questo testo.
IN DIRITTO
I. SU LE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL'ARTICOLO 5 (ART. 5)
36. I richiedenti, i Sigg.. B. e M., sono stati detenuti in virtù dell'articolo 12 paragrafo 1 b) della legge del 1984 all'inizio di gennaio 1989, alcuni giorni dopo il parere britannico di derogazione del 23 dicembre 1988 (articolo 15 della Convenzione) (art. 15) stesso posteriore di poco alla sentenza della Corte nella causa Brogan ed altri (29 novembre 1988, serie A no 145-B). Il primo lo restò per sei giorni, quattordici ore e trenta minuti, il secondo quattro giorni, sei ore e venticinque minuti (paragrafi 10-11 sopra). Invocano i paragrafi 3 e 5 dell'articolo 5 (art. 5-3, art. 5-5) della Convenzione del quale egli decide di citare qui di seguito i passaggi:
"1. Ogni persona ha diritto alla libertà ed alla sicurezza. Nessuno può essere privato della sua libertà, salvo nei seguenti casi e secondo le vie legali:
(...)
c) se è stato arrestato e è stato detenuto vista di essere condotto dinnanzi all'autorità giudiziale competente, quando ci sono delle ragioni plausibili di sospettare che ha commesso una violazione;
(...)
3. Ogni persona arrestata o detenuta, nelle condizioni contemplate al paragrafo 1 c) del presente articolo, (art. 5-1-c) deve essere tradotta subito dinnanzi ad un giudice o un altro magistrato abilitato dalla legge ad esercitare delle funzioni giudiziali
(...)
5. Ogni persona vittima di un arresto o di una detenzione nelle condizioni contrarie alle disposizioni di questo articolo,(art. 5) ha diritto a risarcimento."
37. Rilevando che la custodia cautelativa di ciascuno di essi durò molto più tempo del più breve periodo giudicato dalla Corte contrario all'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) nella causa Brogan ed altri, il Governo concede che la condizione di prontezza non è stata assolta nello specifico (paragrafo 30 sopra). Riconosce inoltre una trasgressione alle esigenze del paragrafo 5 dell'articolo 5 (art. 5-5) in mancanza di un diritto a risarcimento per la violazione del paragrafo 3 (art. 5-3).
Avuto riguardo alla sua sentenza Brogan ed altri, la Corte constata che c'è stata inosservanza dell'articolo 5 paragrafi 3 e 5 (art. 5-3, art. 5-5) (loc. cit., pp. 30-35, paragrafi 55-62 e 66-67).
38. Secondo il Governo, questa si trova tuttavia coperta con la notificazione che ha operato il 23 dicembre 1988 a titolo dell'articolo 15 (art. 15).
Quindi, la Corte deve esaminare la validità della derogazione alla luce di questo testo. Ricorda al primo colpo che nella sua sentenza Brogan ed altri, aveva lasciato esplicitamente aperta la domanda di sapere se una campagna terroristica in Irlanda del Nord permetteva nel Regno Unito di derogare, in virtù dell'articolo 15 (art. 15) agli obblighi che derivano per lui della Convenzione (loc). cit., pp. 27-28, paragrafo 48).
A. Validità della derogazione notificata dal Regno Unito a titolo dell'articolo 15, art. 15,
39. I richiedenti stimano suddetta derogazione non valida, tesi contestata dal Governo e la Commissione.
40. Ai termini dell'articolo 15 (art. 15)
"1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente può prendere delle misure che derogano agli obblighi previsti dal Convenzione, nella rigorosa misura in cui la situazione l'esiga ed alla condizione che queste misure non siano in contraddizione con gli altri obblighi che derivano del diritto internazionale.
2. La disposizione precedente non autorizza nessuna derogazione all'articolo 2 (art. 2) salvo per il caso di decesso risultante da atti leciti di guerra, ed agli articoli 3, 4, paragrafo 1, e 7,a(rt. 3, art. 4-1, art. 7).
3. Ogni Alta Parte Contraente che esercita questo diritto di derogazione tiene il Segretario Generale del Consiglio dell'Europa pienamente informato delle misure prese e dei motivi che le hanno ispirate. Deve informare anche il Segretario Generale del Consiglio dell'Europa della data alla quale queste misure hanno smesso di essere in vigore e le disposizioni della Convenzione ricevono di nuovo piena applicazione."
1. Passo della Corte
41. I richiedenti giudicano incompatibile con l'articolo 15 paragrafo 2 (art. 15-2) di assegnare alle autorità nazionali un ampio margine di valutazione quando si tratta di derogare alle garanzie riconosciute come indispensabili per proteggere dei diritti non suscettibili di derogazione, tali quelli degli articoli 2 e 3 (art. 2, art. 3). Ne andrebbe particolarmente così quando il pericolo riveste un carattere quasi permanente come in Irlanda del Nord. Simile atteggiamento non quadrerebbe di più con la sentenza Brogan ed altri, in cui la Corte ha considerato il controllo giudiziale come uno dei principi fondamentali di una società democratica e in cui avrebbe accreditato già il Governo di un margine di valutazione prendendo in conto (al paragrafo 58 (loc). cit., p. 32) il contesto del terrorismo in Irlanda del Nord.
42. Nelle sue osservazioni scritte, Amnesty International esprime l'opinione che la Corte deve esaminare molto da vicino le derogazioni alle garanzie di procedimento fondamentale, essenziali alla protezione dei detenuti in ogni momento ma specialmente in periodi di crisi. Liberty, Interights ed il Committee of the Administration of Justice ("Liberty ed altri") affermano, da parte loro, che il margine di valutazione degli Stati, se anche se ne accorda loro uno, deve essere tanto più stretto quanto il pericolo diventa permanente.
43. La Corte ricorda che incombe su ogni Stato contraente, responsabile di "la vita della[sua] nazione", di determinare se un "pericolo pubblico" la minaccia e, in caso affermativo, fin dove gli occorre andare per provare a dissiparlo. In contatto diretto e costante con le realtà pressanti del momento, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per pronunciarsi sulla presenza di simile pericolo come sulla natura e l’estensione delle derogazioni necessarie per scongiurarlo. Pertanto, si deve lasciare ad essi un largo margine di valutazione in materia (sentenza Irlanda c. Regno Unito del 18 gennaio 1978, serie A no 25, pp. 78-79, paragrafo 207).
Gli Stati non godono per tanto di un potere illimitato in questa tenuta. La Corte ha competenza per decidere, in particolare, se hanno superato la "rigorosa misura" delle esigenze della crisi. Il margine nazionale di valutazione si accompagna di un controllo europeo dunque (ibidem). Quando esercita questo, la Corte deve allo stesso tempo egare il peso che conviene ai fattori pertinenti come la natura dei diritti toccati dalla derogazione, la durata dello stato di emergenza e le circostanze che l'hanno creato.
2. Sull'esistenza di un pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione
44. I richiedenti non contestano che ci fosse un pericolo pubblico che "minacciava la vita della nazione", ma secondo essi incombe sul Governo di convincerne la Corte.
45. Liberty ed altri affermano in compenso, nelle loro osservazioni scritte che niente rivelava più allora una crisi di ampiezza eccezionale. Al loro parere, un riesame del problema non avrebbe potuto giustificare una nuova derogazione che se, dopo il ritiro della precedente nell'agosto 1984, si fosse assistito ad una degradazione dimostrabile della situazione. Secondo la Commissione consultiva permanente per i Diritti dell'uomo, al contrario, regnava in Irlanda del Nord un pericolo pubblico abbastanza grave per dare al Governo il diritto di derogare.
46. Avuto riguardo alle agitazioni che attraversava l'Irlanda del Nord, Governo e Commissione concludono all'esistenza di simile pericolo all'epoca.
47. Ricordando le sue sentenze Lawless c. Irlanda del 1 luglio 1961 (serie A no 3, p. 56, paragrafo 28, ed Irlanda c. Regno Unito precitata, serie A no 25, p. 78, paragrafo 205) e concedendosi alla sua propria valutazione alla luce dell'insieme degli elementi di cui dispone in quanto all'ampiezza ed agli effetti della violenza terroristica in Irlanda del Nord ed altrove nel Regno Unito (paragrafo 12 sopra) la Corte stima fuori dubbio che era bene così.
Non giudica necessario confrontare la situazione del 1984 a quella di dicembre 1988: la decisione di togliere una derogazione dipende in principio dal potere discrezionale dello stato e è chiaro che il Governo credeva la legislazione in causa realmente compatibile con la Convenzione (paragrafi 49-51 sotto).
3. Sul punto di sapere se le misure fossero rigorosamente esatte dalla situazione
a) Considerazioni generali
48. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, implica un controllo giudiziale degli attentati dell'esecutivo al diritto individuale alla libertà, garantito dall'articolo 5 (art. 5) (sentenza Brogan ed altri precitata, serie A no 145-B, p. 32, paragrafo 58). Decide di rilevare inoltre che il parere di derogazione invocata nello specifico ha seguito da vicino la sentenza Brogan ed altri nella quale il Governo aveva infranto l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) non traducendo "subito" i richiedenti dinnanzi ad un tribunale.
La Corte deve esaminare la derogazione sulla base di questi elementi e senza dimenticare che il potere di arresto e di detenzione in causa si trova in vigore dal 1974. Nota tuttavia che non si tratta qui, per l'essenziale, dell'esistenza del potere di mettere in custodia cautelativa dei presunti terroristi durante un periodo che può raggiungere sette giorni - i richiedenti hanno tolto la lagnanza che avevano presentato sul terreno dell'articolo 5 paragrafo 1 (art. 5-1,)(paragrafo 33 sopra)-, ma piuttosto del suo esercizio senza controllo giudiziale.
b) sul punto di sapere se la derogazione cercasse veramente di rimediare a uno stato d’emergenza
49. Secondo i richiedenti, la derogazione non costituiva una risposta necessaria ad un nuovo o modificato stato di cose, ma la reazione del Governo alla sentenza Brogan ed altri; cercava di eludere ne solamente le conseguenze.
50. Secondo il Governo e la Commissione questa sentenza ha provocato certo la derogazione, ma dal 1974 la situazione non aveva smesso di esigere i poteri di detenzione prolungata conferita dalla legislazione sulla prevenzione del terrorismo. I governi successivi avrebbero considerato tutti che questi poteri si conciliavano con l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) e che nessuna derogazione non si impone. Tuttavia, tanto le misure che la derogazione rappresenterebbero delle risposte dirette allo stato di emergenza al quale il Regno Unito era e rimaneva confrontato.
51. La Corte constata da prima che dal 1974 il Governo stima avere bisogno di suddetti poteri per combattere la minaccia del terrorismo. La sentenza Brogan ed altri l'hanno posto dinnanzi ad una scelta: introdurre un controllo giudiziale della decisione di detenere qualcuno in virtù dell'articolo 12 della legge del 1984, o notificare una derogazione agli obblighi che derivano in materia della Convenzione. Dal momento che giudicava impossibile di instaurare un controllo giudiziale compatibile con l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) in ragione delle difficoltà private inerenti all'istruzione ed alla repressione della criminalità terroristica, una derogazione diventava inevitabile. Pertanto, come il potere di detenzione prolungata senza controllo giudiziale ed il parere del 23 dicembre 1988 erano legati nettamente alla persistenza dello stato di emergenza, niente mostra che la derogazione fosse altra che una vera risposta a questa.
c) sul punto di sapere se la derogazione fosse prematura
52. Secondo i richiedenti, si trattava di una misura provvisoria, non contemplata dall'articolo 15 (art. 15): della dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio dell'Europa il 23 dicembre 1988, risulterebbe che il Governo non era arrivato ancora o ad una "opinione ferma definitiva" sulla necessità di derogare all'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) e chiedeva un termine supplementare di riflessione e di consultazione. Al termine di questo, il ministro degli Interni avrebbe confermato la derogazione in una risposta scritta del 14 novembre 1989 ad una parlamentare (paragrafo 32 sopra). Sempre secondo i richiedenti, l'articolo 15 (art. 15) non autorizzava fino là nessuna derogazione, ed anche a questa data il Governo non aveva ricercato in modo adeguato se un "magistrato abilitato dalla legge ad esercitare delle funzioni giudiziali" avesse potuto assolvere le condizioni dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3).
53. Agli occhi del Governo, il fatto che esaminava la possibilità di un controllo giudiziale della detenzione prolungata non inficia per niente la validità della derogazione: così come l'ha rilevato la Commissione, riconsiderare continuamente le misure di derogazione quadra con le esigenze dell'articolo 15 paragrafo 3 (art. 15-3).
54. La Corte non aderisce alla tesi del carattere prematuro della derogazione.
Certo, l'articolo 15 (art. 15) non menzionare l'ipotesi di una sospensione temporanea delle garanzie della Convenzione, applicabile fino al momento in cui si sa se una derogazione si impone. La notificazione del 23 dicembre 1988 indicava tuttavia chiaramente che "nel contesto della campagna terroristica e visto la necessità assoluta di tradurre i terroristi in giustizia, il Governo non stimava che la durata massimale di custodia cautelativa doveva essere ridotta." Tuttavia, desiderava "trovare un procedimento giudiziale che permettesse sempre un ricorso contro il prolungamento della custodia cautelativa e, all'occorrenza, l'autorizzazione di suddetto prolungamento da parte di un giudice o di un altro magistrato"( paragrafo 31 sopra).
Non si saprebbe contestare la validità della derogazione per la semplice ragione che il Governo aveva deciso di studiare la possibilità di immaginare, all'avvenire, un mezzo per conformarsi meglio agli obblighi che derivano della Convenzione. Di fatto, pari processo di riflessione continua si concilia non solo con l'articolo 15 paragrafo 3 (art. 15-3) che comandano un riesame costante della necessità di misure di eccezione, ma corrisponde ancora in modo implicito alla nozione stessa di proporzionalità.
d) sul punto di sapere se la mancanza di controllo giudiziale della custodia cautelativa prolungata si giustificava
55. I richiedenti stimano anche gratuita l'asserzione del Governo secondo la quale non si poteva incaricare un giudice, o un altro magistrato abilitato dalla legge ad esercitare delle funzioni giudiziali, di controllare una custodia cautelativa prolungata o egli occorreva un periodo di detenzione di sette giorni. Non ammettono che gli elementi da fornire ad un tribunale per convincerlo della legittimità di una tale custodia cautelativa possano essere più sensibili di quelli di cui si ha bisogno in un procedimento di habeas corpus. Con la Commissione consultiva permanente per i Diritti dell'uomo, segnalano inoltre che le giurisdizioni nord - irlandesi devono spesso conoscere argomenti fondati su delle informazioni confidenziali - per esempio nel caso di domande di collocamento in libertà sotto cauzione - e che esistono abbastanza garanzie, di procedimento e di prova, per proteggere il segreto. In certi tipi di istanze i giudici sarebbero parimenti, supposti agire sulla fede di elementi da non divulgare né al consigliere né al suo cliente. Ne andrebbe così, per esempio, quando l'esecutivo invoca l'immunità di un documento nell'interesse pubblico o che la polizia chiede di prolungare una custodia cautelativa in virtù dell’ "ordinanza del 1989 sulla polizia e le prove in materia penale in Irlanda del Nord" (paragrafo 19 sopra).
56. Secondo il Governo, nessuno di suddetti procedimenti non comprendono al tempo stesso la non-rivelazione di elementi al detenuto, o al suo consigliere, ed una decisione del tribunale. La sola eccezione figurerebbe all'allegato 7 alla legge di 1989 riguardante le disposizioni provvisorie sulla prevenzione del terrorismo che abilita il tribunale a rendere un'ordinanza relativa alla produzione e la ricerca di elementi speciali utili alle inchieste in materia di terrorismo. Il paragrafo 8 dello stesso allegato precisa quindi che là dove la divulgazione di informazioni al tribunale sarebbe troppo delicata o nuocerebbe all'inchiesta, l'adozione di simile ordinanza dipende dal ministro e non dal tribunale (paragrafo 25 sopra).
Il Governo sottolinea anche che gli è dispiaciuto di dovere constatare l'impossibilità di instaurare, nella cornice del sistema della common law, un regime compatibile con l'articolo 5 paragrafo 3, (art. 5-3) senza ridurre per tanto l'efficacia della risposta alla minaccia terroristica. La decisione di prolungare una custodia cautelativa si appellerebbe su delle informazione di cui non si potrebbe svelare la natura e l'origine all'indiziato, o al suo consigliere, senza compromettere la sicurezza di persone che aiutano la polizia o senza rischiare di alienarsi delle preziose sorgenti di informazioni. Inoltre, il potere giudiziale inseguirebbe un pericolo reale di perdere la sua indipendenza se lo si mischiasse alla concessione o all'approvazione dei prolungamenti di custodia cautelativa: non mancherebbe di passare per un ingranaggio del procedimento di inchiesta e di perseguimento.
Per di più, il Governo contesta la validità del paragone col habeas corpus: associare il potere giudiziale alla concessione o all'approvazione di suddette prolungamenti obbligherebbero a rivelare molte informazioni delicate supplementari, che non ci sarebbe bisogno di produrre in un procedimento di habeas corpus. In particolare, bisognerebbe fornire ad un tribunale delle precisazioni sull'oggetto e l'ampiezza delle investigazioni condotte dalla polizia dopo l'arresto, ivi compreso dei dettagli sui testimoni sentiti e degli elementi raccolti di un altro modo, così come delle informazioni relative allo svolgimento futuro dell'inchiesta.
Infine, Lord Shackleton, Lord Jellicoe ed il visconte Colville avrebbero concluso, nei loro rapporti rispettivi che arresto e custodia cautelativa prolungata costituivano delle armi indispensabili per combattere il terrorismo. Avrebbero rilevato anche che l'abitudine dei terroristi di rimanere muti durante gli interrogatori di polizia, disturbava e ritardava le inchieste sulle violazioni terroristiche, a partire da ciò la polizia doveva concedersi a numerosi controlli e ricerche, e dipendeva di più che l'ordinario da uno scrupoloso lavoro di investigazione e da esami médico-legali, (paragrafo 15 sopra).
57. Agli occhi della Commissione, il Governo non ha oltrepassato a questo riguardo il suo margine di valutazione.
58. La Corte nota che dopo i diversi rapporti consacrati al gioco della legislazione sulla prevenzione del terrorismo, le difficoltà inerenti alle inchieste e perseguimenti nel campo della criminalità terroristica comandano di estendere il periodo di custodia cautelativa sottratta ad ogni controllo giudiziale( paragrafo 15 sopra). Le ha del resto riconosciute nella sua sentenza Brogan ed altri precitata (serie A no 145-B, p. 33, paragrafo 61).
Constata inoltre che il Governo persiste a stimare essenziale di impedire di svelare al detenuto ed al suo consigliere certi dati che fondano le decisioni relative a simile prolungamento e che secondo lui, nel sistema accusatorio della common law, l'indipendenza del potere giudiziale si troverebbe compromesso se dei giudici o altri magistrati dovessero partecipare alle tali decisioni.
Egli decide di aggiungere che non basterebbe introdurre, nel procedimento applicabile in materia, un "giudice o altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare delle funzioni giudiziali", per creare nello stesso momento una situazione conforme all'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). Questo testo - come l'articolo 5 paragrafo 4 (art. 5-4) – si deve interpretare come esigente di un procedimento che rivesta un carattere giudiziale benché non debba essere necessariamente identico in ciascuno dei casi in cui l'intervento di un giudice si imponei (vedere, tra altri, le seguenti sentenze,: sull'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) Schiesser c. Svizzera del 4 dicembre 1979, serie A no 34, p. 13, paragrafo 30, e Huber c. Svizzera del 23 ottobre 1990, serie A no 188, p. 18, paragrafi 42-43; sull'articolo 5 paragrafo 4, art. 5-4, De Wilde, Ooms e Versyp c. Belgio del 18 giugno 1971, serie A no 12, p. 41, paragrafo 78, Sanchez-Reisse c. Svizzera del 21 ottobre 1986, serie A no 107, p. 19, paragrafo 51, e Lamy c. Belgio del 30 marzo 1989, serie A no 151, pp. 15-16, paragrafo 28).
59. In quanto alla natura dei mezzi più adeguati od opportuni di fare fronte alla crisi che imperversava allora, la Corte non deve sostituire la sua opinione a quella del Governo, direttamente responsabile dell'instaurazione di un equilibrio tra le adozioni di misure efficaci di lotta contro il terrorismo da una parte, ed il rispetto dei diritti individuali dell'altro (sentenza Irlanda c. Regno Unito precitato, serie A no 25, p. 82, paragrafo 214, e sentenza Klass ed altri c. Germania del 6 settembre 1978, serie A no 28, p. 23, paragrafo 49). Nel contesto dell'Irlanda del Nord, dove il corpo giudiziale è ridotto e vulnerabile agli attacchi terroristici, si comprende che il Governo associ un grande prezzo alla fiducia del pubblico nell'indipendenza dei magistrati.
60. Alla luce di queste considerazioni, si può dire chee il Governo abbia superato il suo margine di valutazione escludendo il controllo giudiziale nelle circostanze dell'epoca.
e) Sulle garanzie contro gli abusi,
61. Secondo i richiedenti, Amnesty International e Liberty ed altri, esistono solamente delle garanzie trascurabili contro gli abusi del potere di detenzione e gli interessati, completamente tagliati dal mondo esterno, si vedono rifiutare ogni accesso ai giornali, alla radio ed alla loro famiglia. Amnesty International, in particolare, sottolinea che le norme internazionali, come l'insieme di principi per la protezione delle persone sottoposte ad una forma qualsiasi di detenzione o di imprigionamento (risoluzione 43/173 dell'assemblea Generale delle Nazioni Unite, del 9 dicembre 1988) proscrivono la detenzione al segreto esigendo il diritto di comunicare coi suoi avvocati ed i membri della sua famiglia. Tradurre subito l'indiziato dinnanzi ad un'autorità giudiziale rivestirebbe tanto più importanza per il fatto che il procedimento di habeas corpus si sarebbe rivelato inefficace in Irlanda del Nord. L'articolo 5 paragrafo 4 (art. 5-4) dovrebbe essere considerato come non suscettibile di derogazione in caso di pericolo pubblico.
Inoltre, le decisioni che prolungano una custodia cautelativa non si presterebbero, in pratica, ad una domanda di habeas corpus o di controllo giudiziale perché si prenderebbero nel più grande mistero e sarebbero quasi sempre adottate. A prova: nessuno avrebbe tentato mai di attaccare ne una; si conterebbero tuttavia in migliaia.
62. Malgrado la tesi contraria dei richiedenti e di suddette organizzazioni, la Corte è convinta che le garanzie effettive assicurano ben bene una protezione apprezzabile contro i comportamenti arbitrari e le detenzioni al segreto.
63. Innanzitutto, il ricorso del habeas corpus permette un controllo della legalità dell'arresto e delle detenzione iniziali. Nessuno contesta che si offrisse alla scelta dei richiedenti e dei loro consiglieri, né che fornisse una garanzia apprezzabile contro una detenzione arbitraria (sentenza Brogan ed altri precitata, serie A no 145-B, pp. 34-35, paragrafi 63-65.) La Corte ricorda in questo contesto che gli interessati hanno tolto la loro lagnanza relativa all'articolo 5 paragrafo 4 (art. 5-4) (paragrafo 33 sopra).
64. Poi, i detenuti hanno il diritto assoluto, che possono rivendicare in giustizia, di consultare un procuratore legale quarantotto ore dopo il loro arresto. Del resto, ciascuno dei due richiedenti se ne è potuto avvalere dopo questo termine (paragrafi 10-11 sopra).
Fino là, l'esercizio di questo diritto può essere ritardato solamente per i motivi ragionevoli. La giurisprudenza del High Court dell'Irlanda del Nord mostra chiaramente che la decisione di differire l'accesso ad un procuratore legale può dare adito a controllo giudiziale e che incombe allora sulle autorità di provare l'esistenza dei tali motivi. Ne risulta anche che il controllo giudiziale costituisce un mezzo veloce ed efficace di impedire un rifiuto arbitrario di accesso ad un procuratore legale (paragrafo 24 sopra).
Nessuno nega neanche che la persone custodia cautelativa ha il diritto di informare un genitore o amico della loro detenzione e di farsi esaminare con un medico.
65. In aggiunta alle garanzie fondamentali sopra menzionate, delle personalità indipendenti si sono propese, ad intervalli regolari, sul gioco della legislazione in causa che fino al 1989 dovevano essere proseguiti periodicamente.
f)Conclusione,
66. Avuto riguardo alla natura della minaccia terroristica in Irlanda del Nord, all'ampiezza limitata della derogazione ed ai motivi invocati all'appoggio, tutto come alla presenza di garanzie fondamentali contro gli abusi, la Corte stima che il Governo non ha superato il suo margine di valutazione considerando che la derogazione soddisfaceva le rigorose esigenze della situazione.
4. Sugli altri obblighi che derivano del diritto internazionale
67. Ai termini dell'articolo 15 paragrafo 1( art. 15-1) le misure di derogazione prese da uno Stato non devono essere "in contraddizione con gli altri obblighi che derivano dal diritto internazionale" (paragrafo 40 sopra).
68. A questo riguardo, i richiedenti pretendono per la prima volta dinnanzi alla Corte che l'articolo 4 del Patto delle Nazioni Unite del 1966 relativo ai diritti civili e politici ("il Patto") del quale il Regno Unito fa parte, subordina la validità di una derogazione alla proclamazione del pericolo pubblico "con un atto ufficiale." Non avendo mai avuto luogo simile proclamazione, la derogazione non quadrerebbe con un altro obbligo assunto dal Regno Unito in virtù del diritto internazionale. Occorrerebbe una proclamazione formale difatti e non una semplice dichiarazione al Parlamento.
69. Secondo il Governo, si può discutere della necessità di una proclamazione ufficiale ai fini dell'articolo 4, dal momento che il pericolo regnava anche prima della ratifica del Patto da parte del Regno Unito e che sarebbe rimasto. La sua esistenza e la derogazione sarebbero state pubblicamente ed ufficialmente annunciate dal ministro degli Interni dinnanzi alla Camera dei comuni il 22 dicembre 1988. In più, il Comitato dei Diritti dell'uomo delle Nazioni Unite non avrebbe lasciato intendere mai che la derogazione non assolvesse le condizioni di forma dell'articolo 4.
70. Il delegato della Commissione giudica difendibile la tesi del Governo.
71. La parte pertinente dell'articolo 4 del Patto è formulata così:
"Nel caso in cui un pericolo pubblico eccezionale minacci l'esistenza della nazione e sia proclamato da un atto ufficiale"
72. Non entra nelle attribuzioni della Corte di provare a definire, per via di autorità, il senso delle parole "proclamate da un atto ufficiale." Non deve nemmeno ricercare se l'argomentazione dei richiedenti si fonda su una base plausibile.
73. Nella sua dichiarazione del 22 dicembre 1988 dinnanzi alla Camera dei comuni, il ministro degli Interni ha spiegato in dettaglio i motivi sottostanti alla decisione del Governo ed indicato che si preparava a notificare una derogazione in virtù tanto dell'articolo 15 (art. 15) della Convenzione europea che dell'articolo 4 del Patto. E di aggiungere che esisteva "un pericolo pubblico al senso di queste disposizioni, avuto riguardo al terrorismo legato alla situazione dell'Irlanda del Nord nel Regno Unito", (paragrafo 30 sopra).
La Corte stima che la dichiarazione di cui si tratta che rivestiva un carattere formale e divulgava le intenzioni del Governo in materia di derogazione, quadrava bene con la nozione di proclamazione ufficiale. Giudica priva di fondamento l'opinione dei richiedenti su questo punto dunque.
5. Riassunto
74. La Corte conclude, quindi, che il parere di derogazione del Regno Unito soddisfa le esigenze dell'articolo 15 (art. 15) e che, pertanto, i richiedenti non possono lamentarsi validamente di una violazione dell'articolo 5 paragrafo 3(art. 5-3). Segue che l'articolo 5 paragrafo 5 (art. 5-5) non obbligava per niente ad accordare loro un diritto a risarcimento.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 13 (ART. 13)
75. Dinnanzi alla Commissione, i richiedenti hanno denunciato la mancanza di un ricorso interno effettivo per le loro lagnanze a titolo dell'articolo 5 (art. 5). Mantengono questa affermazione dinnanzi alla Corte, ma non formulano nessuna osservazione per supportarla.
Ai termini dell'articolo 13( art. 13)
"Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se che la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali."
76. La Corte ricorda che gli interessati potevano contestare la legalità della loro detenzione per via del habeas corpus, ricorso che la sua sentenza Brogan ed altri del 29 novembre 1988 ha giudicato adeguato ai fini dell'articolo 5 paragrafo 4 (art. 5-4) della Convenzione (serie A no 145-B, pp. 34-35, paragrafi 63-65). Fissando l'articolo 13 (art. 13) delle condizioni meno rigorose che l'articolo 5 paragrafo 4 (art. 5-4 ) ,che deve essere considerato come lex specialis per le lamentele derivate dell'articolo 5 (art. 5) non c'è stata violazione (sentenza di Jong, Baljet e Van den Brink c. Paesi Bassi del 22 maggio 1984, serie A no 77, p. 27, paragrafo 60).
CON QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce (per ventidue voci contro quattro) che la derogazione del Regno Unito soddisfa le esigenze dell'articolo 15( art. 15) e che i richiedenti non possono lamentarsi dunque validamente di una violazione dell'articolo 5 paragrafo 3( art. 5-3);
2. Stabilisce (per ventidue voci contro quattro) che non c'è stata violazione dell'articolo 5 paragrafo 5 (art. 5-5,);
3. Stabilisce (per ventidue voci contro quattro, che non c'è stata violazione dell'articolo 13 (art. 13).
Fatto in francese ed in inglese, poi pronunciato in udienza pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a Strasburgo, il 26 maggio 1993.
Rolv RYSSDAL
Presidente
Marc-André EISSEN
Cancelliere
Alla presente sentenza si trovano unite una dichiarazione del Sig. Thór Vilhjálmsson e, conformemente agli articoli 51 paragrafo 2 (art. 51-2) della Convenzione e 53 paragrafo 2 dell'ordinamento, l'esposizione delle seguenti opinioni separate:
- opinione concordante del Sig. Matscher alla quale aderisce il Sig. Morenilla;
- opinione dissidente del Sig. Pettiti;
- opinione dissidente del Sig. Walsh;
- opinione concordante del Sig. Russo;
- opinione dissidente di M. Di Meyer;
- opinione concordante del Sig. Martens;
- opinione dissidente del Sig. Makarczyk.
R. R.
SIG. - A. E.
DICHIARAZIONE DEL GIUDICE THÓR VILHJÁLMSSON
(Traduzione)
Occorrerebbe secondo me annullare il secondo capoverso del paragrafo 37 della sentenza.
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE MATSCHER, ALLA QUALE ADERISCE IL GIUDICE MORENILLA
In definitiva, aderisco al risultato al quale è giunto la maggioranza della Corte, cioè che i richiedenti non possono lamentarsi validamente di una violazione dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) e che non c'è stata violazione degli articoli 5 paragrafo 5 e 13( art. 5-3, art. 13) della Convenzione.
Tuttavia - ed in particolare del punto di vista del metodo - tengo a sottolineare ciò che segue:
A giusto titolo - e per le ragioni che condivido interamente - la Corte ha constatato che la derogazione - in sostanza alla prima frase dell'articolo 5 paragrafo 3,(art. 5-3) - notificata dal Regno Unito in virtù dell'articolo 15 (art. 15) soddisfa le esigenze di questa norma. Durante il periodo durante il quale questa derogazione è quindi, valida, l'articolo 5 paragrafo 3( art. 5-3) è semplicemente inapplicabile nel Regno Unito, così che ogni sviluppo a proposito della domanda di sapere se è stato osservato è obsoleta (paragrafo 37 della sentenza). Aggiungo che l'inapplicabilità dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-) provoca necessariamente quella dell'articolo 5 paragrafo 5 e dell'articolo 13 (art. 5-5, art. 13) al riguardo del primo.
Difatti, secondo me una derogazione a titolo dell'articolo 15 (art. 15) può essere qualificata come "riserva temporanea", al senso dell'articolo 64, (art. 64) per ciò che riguarda i suoi effetti "al principale". La differenza tra le due istituzioni - riserva e derogazione - risiede in questo che, al riguardo della prima, il potere di controllo della Corte si limita agli aspetti formali della validità - al senso dell'articolo 64( art. 64) - della dichiarazione ivi relativa (vedere ll sentenza Belilos c. Svizzera del 29 aprile 1988, serie A no 132, pp. 24 e seguenti., paragrafi 50 e seguenti.), mentre per l'ultima la Corte deve verificare anche la presenza delle condizioni materiali della sua validità, e ciò non solo al momento della notificazione della dichiarazione di derogazione, ma anche ad ogni stadio ulteriore in cui è invocata dal governo, ma, come ho appena detto, gli effetti "al principale" di una riserva e di una dichiarazione di derogazione valida sono esattamente gli stessi: l'inapplicabilità pura e semplice di una disposizione privata della Convenzione.
Un discorso differente vale al riguardo dell'applicabilità dell'articolo 14 (art. 14) in combinazione con una disposizione esclusa della Convenzione,: mentre, nei confronti una disposizione esclusa dal gioco di una riserva l'articolo 14 (art. 14) non può essere invocato, questo resta applicabile al riguardo di una disposizione materiale della Convenzione, nonostante la sua esclusione in seguito ad una derogazione. Però, nello specifico, non è necessario approfondire questo aspetto che, del resto, ho sviluppato all'epoca del Quinto Simposio internazionale sulla Convenzione (Francoforte sul Meno 1980, p,. 156 della pubblicazione ivi relativa); vedere anche la mia opinione separata a proposito del sentenza Irlanda c. Regno Unito del 18 gennaio 1978, serie A no 25, pp. 140 e seguenti.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE PETTITI
Mi sono separato dalla maggioranza che ha votato la non-violazione dell'articolo 5 paragrafi 3 e 5 (art. 5-3, art. 5-5) così come dell'articolo 13( art. 13) considerando che la derogazione invocata dal governo del Regno Unito soddisfa alle esigenze dell'articolo 15 (art. 15) della Convenzione. Considero che queste esigenze non erano soddisfatte e che c'era, al fondo, violazione degli articoli 5 e 13 (art. 5, art. 13).
La Corte europea ha competenza per esercitare un controllo in materia di derogazioni alle garanzie riconosciute come essenziali per la protezione dei diritti di cui certi non sono anche suscettibili di derogazione, articoli 2, 3 e 7, (art. 2, art. 3, art. 7) ed anche per esaminare se la derogazione alle garanzie dell'articolo 5 (art. 5) dopo una sentenza della Corte europea che sanziona nelle condizioni vicine a quelle dello specifico la violazione di suddetto articolo (causa Brogan ed altri c. Regno Unito, 29 novembre 1988, serie A no 145-B) era ben conforme al rispetto dell'articolo 15 (art. 15) (sentenza Irlanda c. Regno Unito del 18 gennaio 1978, serie A no 25).
Anche se si riconosce agli Stati un margine di valutazione per determinare se un "pericolo pubblico" (al senso del sentenza Lawless c. Irlanda del 1 luglio 1961, serie A no 3) lo minaccia e, in caso affermativo, per decidere di ricorrere alla soluzione della derogazione, la situazione invocata richiama un esame da prte della Corte europea.
Il fatto del terrorismo e della sua gravità in Irlanda del Nord è incontestabile. Ha determinato l'accettazione di un prolungamento della custodia cautelativa con la legge del 1974, poi quelle di 1976 e 1984.
In seguito alla sentenza Brogan ed altri del 29 novembre 1988, il Regno Unito si è avvalso il 23 dicembre 1988 del diritto di derogazione.
Non appare, nello stato della pratica, che il fenomeno del terrorismo si sia aggravato in Irlanda del Nord tra i periodi di arresto del Sig. B. e degli altri tre richiedenti, poi il 29 novembre 1988 ed il 23 dicembre 1988, ciò che ha incitato i Sigg.. B. e M. a sostenere che la domanda di derogazione fosse una "parata" alle conseguenze della sentenza Brogan ed altri.
Ad ogni modo, la derogazione non può costituire una "carta biaca" accordata allo stato per una durata illimitata, senza che debba adottare le misure necessarie per assolvere i suoi obblighi a titolo della Convenzione.
Il Governo ha sostenuto che è apparso solamente da quando la Corte europea ebbe deliberato nella causa Brogan ed altri, che i poteri conferiti alla polizia con la legge del 1974 erano incompatibili con l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) (superamento del periodo di custodia cautelativa).
Il Governo ha sottoscritto al ragionamento della Commissione, seguendo il quale la derogazione, resta
"(...) conforme alla natura ed allo spirito dell'articolo 15 (art. 15,)in particolare al suo paragrafo 3 (art. 15-3). Ciò l'articolo 15 (art. 15) esige implicitamente, è il fatto che le misure di derogazione siano sottoposte ad un controllo permanente e modificate, se necessario, dal momento che devono essere prese nella rigorosa misura in cui lo esiga una situazione di emergenza suscettibile di dilungarsi o di evolversi in qualche altro modo. Come la Corte ha affermato bene nella causa Irlanda c. Regno Unito, interpretando l'articolo 15 (art. 15) bisogna lasciare posto agli adattamenti progressivi (serie A no 25, p. 83, paragrafo 220, ". , rapporto della Commissione, paragrafo 56)
Ma la necessità dei poteri sopra mirati - della derogazione - resta costantemente all'esame.
Lo stato ha il dovere di mettere in opera i meccanismi che rispettano le esigenze delal sentenza Brogan ed altri e che permettono di soddisfarla diversamente che con la derogazione.
Nella causa Irlanda c. Regno Unito, la Commissione aggiungeva a buon diritto:
"Deve di prima esserci un legame tra i fatti che caratterizzano il pericolo pubblico e le misure scelte per fare fronte ad esso. Gli obblighi che derivano della Convenzione non spariscono inoltre, totalmente; possono essere sospesi solamente o modificati nella rigorosa misura in cui lo esiga la situazione, secondo i termini dell'articolo 15 (art. 15) .Questa limitazione può, secondo le circostanze, esigere delle protezioni contro l'abuso o il ricorso eccessivo alle misure di eccezione. Nell'occorrenza, bisogna provare che il pericolo pubblico avesse ostacolato il funzionamento normale della collettività e la marcia della giustizia" (serie B, no 23-I, p. 119).
Il Governo ha sostenuto da una parte che l'introduzione di un elemento giudiziale nel procedimento di autorizzazione di prolungamento delle detenzioni non potrebbe rendere questa compatibile con le disposizioni dell'articolo 5 paragrafo 3( art. 5-3); dall’ altra parte che una tale riforma, anche se lo stato l'aveva ammessa nel suo principio, avrebbe necessitato un lungo termine di riflessione e di elaborazione dei nuovi testi.
Sul primo punto, il Governo precisava avere proceduto
"ad un riesame approfondito della domanda di sapere se fosse stato possibile introdurre un elemento giudiziale nel procedimento di autorizzazione di prolungamento delle detenzioni che sarebbe stato compatibile con le disposizioni dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) senza indebolire l'efficacia della risposta alla grave minaccia terroristica. Per le ragioni enunciate nella risposta scritta del ministro degli Interni del 14 novembre 1989 (vedere il paragrafo 2.58 delle osservazioni del Governo), il Governo ha concluso con esitazione che nessuno altro procedimento soddisfacente poteva essere definito. In particolare, ha emesso il parere che la partecipazione del potere giudiziale al procedimento che conduce alla decisione di accordare o di approvare dei prolungamenti di detenzione nelle cause di terrorismo farebbe nascere un rischio molto grave di scalzare la sua indipendenza. Nella lotta costante contro il terrorismo organizzato, il potere giudiziale assolve un compito essenziale e vitale. È al potere giudiziale che tocca di mantenere la supremazia del diritto e di badare affinché che le persone accusate di atti di terrorismo beneficino di un processo equo. Il potere giudiziale - ed in particolare quello dell'Irlanda del Nord - è tenuto da molto anni a compiere questa missione in circostanze estremamente difficili. Il potere giudiziale dell'Irlanda del Nord conta solamente di un effettivo riduce (esistono al momento 10 giudici del High Court, 13 giudici di corte di contea corti e 17 Magistrati Residenti per l'insieme della provincia, ma tocca a loro il pesante obbligo di giudicare le persone sospettate di terrorismo e, facendo ciò, senza il concorso di una giuria. Accanto agli attacchi terroristici, ivi compreso degli omicidi, che mirano dei membri del potere giudiziale e degli edifici occupati dai corsi e tribunali dal 1973, degli attacchi concertati sono stati organizzati contro le autorità giudiziali dalle organizzazioni terroristiche che si votano all'abolizione della supremazia del diritto.
Affinché il potere giudiziale continui a sostenere il suo ruolo capitale sotto un regime di common law per il mantenimento della supremazia del diritto, è non solo indispensabile che sia assolutamente indipendente dal potere esecutivo, ivi compreso la polizia e le autorità di perseguimento, ma che sia percepito anche come tale. Se il potere giudiziale doveva partecipare al procedimento che conduce alla decisione di accordare o di approvare dei prolungamenti di detenzione nelle cause di terrorismo, non potrebbe evitare di passare per un documento del meccanismo di inchiesta e di perseguimento. Passerebbe di tanto più per un documento di questo meccanismo se, il che sarebbe quasi inevitabilmente il caso, il magistrato (judicial officer), fosse tenuto di agire basandosi su degli elementi che non avrebbero potuto essere rivelati al detenuto o ai suoi consulenti legali. Così come il ministro degli Interni ha stabilito chiaramente nella sua risposta scritta, è, nel parere del Governo, un rischio che, nel contesto della minaccia terroristica reale, non può essere affatto corso.
È noto che questo parere non fa l'unanimità e che, secondo certi, il rischio di recare offesa alla fede pubblica nel sistema giudiziale meriti di essere corso. Mentre è sicuramente là un punto di vista legittimo" (paragrafo 2.34 dell'esposto del Governo),
Si può essere sorpresi di questa interpretazione quando si conosce la tradizione britannica che pone legittimamente il giudice al vertice del sistema delle garanzie in tutti i campi delle libertà.
È difficile credere che si sia recato offesa all'indipendenza del giudice per il fatto che partecipi al procedimento che permette di accordare o di approvare dei prolungamenti di detenzione.
Questo sistema funziona in Inghilterra ed nel Galles dove quindi gli atti di terrorismo sono perpetrati. Il seguente argomento secondo il quale il ricorso al giudice implicherebbe che "la domanda dovrebbe essere fatta ex parte, il giudice delibererebbe sulla domanda nella mancanza del detenuto o dei suoi rappresentanti basandosi su degli elementi che non potrebbero essere comunicati né ad uno né agli altri", non è convincente.
Difatti, gli Stati membri del Consiglio dell'Europa che hanno conosciuto dei periodi gravi di terrorismo, per esempio l'Italia, hanno affrontato il terrorismo pure mantenendo l'intervento dal giudice in materia di detenzione prolungata in custodia cautelativa. Sarebbe possibile trovare in diritto comparato ed in procedimento penale dei meccanismi giudiziali che preservano l'utilizzazione da parte d’”informatori” della polizia che devono a restare anonimi. Delle formule di porte chiuse possono essere contemplate. Il sistema britannico conosce anche il principio di immunità che permette al pubblico accusatore di riservare la comunicazione di certi documenti, "a carico". Si può evitare gli inconvenienti delle regole abituali del procedimento a questo stadio (dunque sentenza Edwards c,. Regno Unito del 16 dicembre 1992, serie A no 247-B). Non c'è, da parte della polizia, una volontà di mascherare al giudice certe delle sue pratiche?
I due membri dissidenti della Commissione Sigg.. Frowein e Loucaides al quale hanno aderito la Sig.ra Thune ed il Sig. Rozakis, osservano che il Governo non ha fornito nessuna indicazione, né presentato argomenti convincenti in quanto ai motivi per il quali non aveva scelto un'altra via che la derogazione, ossia l'istituzione del controllo giurisdizionale del prolungamento della detenzione di quattro a sette giorni.
I mezzi per proteggere le informazione relative alla sicurezza dello stato esistono anche tramite controllo giudiziale, all'occorrenza con un meccanismo di incomunicabilità temporanea. Si vede difficilmente la differenza di approccio che renderebbe in queste circostanze impotenti o meno indipendenti il giudice del controllo del prolungamento, il giudice del controllo giurisdizionale della decisione del ministro, rispetto al giudice del habeas corpus.
Se contrariamente ad altre vie e mezzi possono essere messi in opera, come suggerisce una parte della dottrina, appare che questi potevano intervenire tra il 29 novembre 1988 ed i 23 dicembre 1988; in modo che anche se la Corte si fosse messa, per deliberare, alla data di collocamento in derogazione o alla data di introduzione delle richieste dei Sigg.. B. e M., o il 19 gennaio 1989, e non alla data della sentenza nel 1993, avrebbe potuto concludere alla violazione, perché una tale riforma poteva intervenire, visto l'emergenza, in un termine abbastanza corto.
La derogazione motivata dal pericolo pubblico incorso dallo stato deve avere per contropartita la messa in opera da parte dello stato di mezzi che permettono di sormontare gli ostacoli, soprattutto quando una decisione della Corte europea ha sanzionato una violazione dell'articolo 5, (art. 5) e dunque di rivedere in tempo opportuno la realtà dell'emergenza e della persistenza del pericolo.
L'argomento del ricorso al habeas corpus non risulta convincente. L'esperienza degli anni 1974-1993 stabilisce che il ricorso al habeas corpus a titolo della proroga di detenzione è inoperante e non effettivo al senso della giurisprudenza della Corte europea. Anche se l'articolo 13, (art. 13) non esige l'incorporazione della Convenzione nel dirittointerno, esige una via di ricorso effettivo per garantire il rispetto di questa.
In questa ottica, le condizioni di collocamento al segreto erano contrarie all'articolo 5 (art. 5).
Al paragrafo 20 del suo esposto del 21 agosto 1992, Amnesty International fa osservare:
"L'esperienza mostra che la detenzione al segreto, qualunque ne sia la durata, può mettere i detenuti in pericolo. Questa esperienza non è solamente quella di Amnesty Internazionale come è stato detto, ma anche quella dell'ONU. Il delatore speciale sulla tortura della Commissione dei diritti dell'uomo, il Sig. Peter Kooijmans, professore di diritto internazionale all'università di Leyde, ha richiamato l'attenzione sul legame tra le detenzioni al segreto e la tortura in ciascuno dei rapporti annui che ha presentato alla Commissione. Dal 1988, invita ogni anno gli Stati a proclamare l'illegalità di questa pratica. Amnesty International sarebbe nella più estrema inquietudine se gli Stati fossero autorizzati ad imporre dei periodi di detenzione al segreto o a rifiutare il diritto a risarcimento in giustizia ed alle cure mediche, particolarmente negli stati di eccezione. Amnesty International chiede alla Corte di dichiarare, nel contesto della sua sentenza su questa causa che certe garanzie minimali sono inerenti ai diritti ai quali non si può derogare e che perciò non possono, in nessun caso, essere oggetto di una derogazione. Chiede anche insistentemente che ogni restrizione al diritto a risarcimento in giustizia sia esaminata con la più grande attenzione. Un largo margine di valutazione non conviene in tal caso."
Secondo il mio parere, le norme e regole di diritto internazionale esigono che non ci sia "detenzione al segreto" prolungata (principio 37 dell'insieme dei principi citati da Amnesty); di tanto più nei casi in cui "la persona detenuta non è tradotta dinnanzi ad un'autorità giudiziale il più presto possibile o altro previsto dalla legge."
Nel causa Brannigan e McBride, c'era, al mio senso, superamento da parete del Governo del margine di valutazione che la Corte può riconoscere. Il principio maggiore che deve dominare, e che è conforme alla tradizione britannica ed europea, è che una detenzione che può andare daquattro a sette giorni non possa essere mantenuta senza l'intervento del giudice che è il garante delle libertà individuali e dei diritti fondamentali.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE WALSH
(Traduzione)
1. Ai termini della derogazione, il governo del Regno - Unito pretende non dover più a rispondere, dinnanzi agli organi della Convenzione, dell'inosservanza dell'articolo 5 paragrafo 3,(art. 5-3) di questa in quanto all'arresto di persone, in un luogo qualsiasi del Regno Unito, in virtù della legge di 1984 sulla prevenzione del terrorismo ed in rapporto con la situazione in Irlanda del Nord.
2. Per giustificare questa misura, si appella alla formula dell'articolo 15 paragrafo 1 (art. 15-1) della Convenzione, ossia la presenza di un "caso di guerra o altro pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione." Nello specifico, per "nazione" bisogna intendere tutto il Regno Unito. Ora se esistono delle prove abbondanti di una violenza politica, in Irlanda del Nord, che si può qualificare come minacciosa per la vita di questa regione del Regno Unito, niente attesta che la vita del resto del Regno Unito,cioè l'isola della Gran Bretagna, è minacciata da "la guerra o un pericolo pubblico in Irlanda del Nord", che il mare separa dalla Gran Bretagna e di cui non fa parte.
3. In più, niente mostra che il funzionamento dei tribunali in Irlanda del Nord o in Gran Bretagna sia limitato o imbarazzato da"la guerra o il pericolo pubblico" in Irlanda del Nord. È il governo britannico che vuole restringere il ruolo dei tribunali non lasciando tradurre dinnanzi ad un giudice delle persone arrestate, come esigi l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) della Convenzione. Gli imperativi della situazione invocata da lui sono in realtà la sua propria ripugnanza a permettere ad un giudice di informarsi delle "ragioni plausibili" per le quali la polizia sospetta di violazione una persona arrestata (articolo 5 paragrafo 1 c,),(art. 5-1-c) ma non incolpata, e fermata da un poliziotto perché aveva "dei motivi plausibili di sospettare di essere o essere stata implicata in atti di terrorismo", cioè di "ricorso alla violenza ai fini politici" o per "ispirare la paura alla popolazione o ad una porzione di questa", purché gli atti in questione siano legati alla situazione in Irlanda del Nord, o ogni altro atto di "terrorismo", salvo se si riferisca unicamente alla situazione di una parte del Regno Unito differente dall'Irlanda del Nord. La legislazione in vigore non crea nessuna violazione di "terrorismo", estraneo del resto al diritto di ciascuna delle parti del Regno - Unito. Secondo la giurisprudenza relativa all'articolo 12 paragrafo 1 b) della legge del 1984, si può arrestare validamente qualcuno in virtù di questo testo senza per questo sospettarlo di una violazione precisa.
4. All'evidenza, non si potrebbe accusare l'interessato finché si non può sospettarlo ragionevolmente di una o parecchie violazioni determinate. L'articolo 5 paragrafo 2 (art. 5-2) della Convenzione non può essere osservato dunque per ciò che riguarda l'accusa. L'altro obbligo che impone non è da meno: informare ogni persona arrestata dei motivi del suo arresto. La derogazione non si dilunga a questo punto. Resta da chiedersi se l'esigenza della Convenzione può trovarsi assolta in un caso in cui non si sospetta l'interessato di nessuna violazione precisa.
5. Per spiegare la sua ripugnanza a tradurre "subito" una persona dinnanzi ad un giudice dopo il suo arresto, o anche più tardi, finché non c'è accusa, il Governo avanza che i giudici possono fare fatica a scoprire ciò che il poliziotto aveva in mente. In realtà, si tratta di non svelare delle sorgenti segrete di informazioni. Ora, la non-divulgazione delle sorgenti e del nome degli informatori è un problema che sorge in molti campi del perseguimento delle violazioni. Nel Regno Unito, capita solamente raramente, addirittura mai, ai tribunali di informarsi di simili sorgenti ed essi accolgono invariabilmente le domande di immunità che provengono della polizia. È interamente falso che il procedimento accusatorio del common law comanda simile rivelazione, in particolare all'epoca della prima comparizione in giustizia.
6. Uno dei ricorsi segnalati nello specifico come accessibile alle persone stabilite consisterebbe nella classica ordinanza di habeas corpus. Ora non si può ottenerne una che nell'ipotesi di una trasgressione accertata al diritto nazionale. Una violazione della Convenzione può fondare simile modo di correzione solo se c'è anche incomprensione del diritto nazionale. È spiacevole che la Corte si sia potuta fabbricare un'opinione contraria, come attesta la sezione della sentenza relativa all'articolo 13 (art. 13). Nell'occorrenza, il Governo dà però ad intendere che il procedimento di habeas corpus permette di verificare la sincerità delle "convinzioni ragionevoli", mi sembra tuttavia in dubbio che un tribunale qualsiasi esiga la rivelazione di sorgenti segrete, sebbene la derogazione non abbia cercato di escludere questo ricorso, conforme all'articolo 5 paragrafo 4 (art. 5-4) della Convenzione. Un'ordinanza di habeas corpus può, in teoria, essere sollecitata nel momento, o all’incirca che segue l'arresto, dunque bene nel termine che copre l'avverbio "subito", che figura all'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). Questo procedimento, se si può prevalersene potrebbe quindi comprendere per il segreto della polizia l'inconveniente che il governo convenuto si senta in diritto di evitare; tuttavia, non prova a spiegare questa incoerenza.
7. Una conclusione mi sembra imporsi: il Governo non vuole vedere tradurre dinnanzi ad un giudice una persona arrestata in questo modo finché non è in grado e desideroso di metterla in accusa. Il vero bersaglio potrebbe essere l'articolo 5 paragrafo 1 c, (art. 5-1-c.) L'arresto ha per scopo confessato di interrogare l'interessato, nella speranza o l'attesa che si incriminerà. Ora risulta nettamente dell'articolo 5,(art. 5) che un arresto non potrebbe giustificarsi allo sguardo della Convenzione se ha per sola motivazione il desiderio di interrogare la persona in causa. Se il poliziotto che procede ha dei "motivi plausibili" e, allo stesso tempo, sa o spera che non saranno mai svelati ad un giudice e che bisognerà rilasciare la persona arrestata nel caso in cui il non si raccogliesse nessuno elemento di prova affidabile, l'arresto non potrebbe passare per operato di buona fede ai fini dell'articolo 5 paragrafo 1 c, (art. 5-1-c) della Convenzione.
8. Le ragioni invocate dal Governo a titolo delle "esigenze della situazione" sono in verità dei mezzi di procedimento che si potrebbero perciò ben avanzare in ogni caso di presunzione di furto, furto con violenza o traffico di stupefacenti, quando la polizia possiede delle informazioni fornite dagli informatori segreti di cui non vuole divulgare o indicare l'esistenza. Così, il vecchio Procuratore Generale di Inghilterra e dell'Irlanda del Nord, Sir Michael Havers, più tardi ministro della Giustizia, ha segnalato alla Corte, nella causa Malone che nell'ipotesi in cui un ascolto telefonico da parte della polizia costituiva il solo elemento di prova che permetteva di stabilire un legame tra un individuo ed una violazione, si lasciava l'interessato in libertà piuttosto che di svelare l'esistenza di questa intercettazione (serie B no 67, p. 230).
9. L'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) della Convenzione rappresenta una garanzia essenziale contro un arresto o detenzione arbitraria da parte dell’esecutivo; la sua inosservanza potrebbe dare comodamente adito a lagnanze sul terreno dell'articolo 3 (art. 3) della Convenzione, non suscettibile di derogazione. Degli interrogatori intensivi che si dilungano per parecchi giorni, particolarmente senza intervento giudiziale, potrebbero molto bene in certi casi ricadere nella categoria dei trattamenti disumani o degradanti. Nello specifico, durante le sue cento cinquantotto ore di detenzione il richiedente B. ne subisce quaranta – in media tre, dunque ogni due ore e mezza, supponendo che gli si sia accordato il periodo regolamentare di otto ore senza interrogatorio ogni ventiquattro ore. Il richiedente M. fu interrogato parimenti, in media ogni tre ore durante la sua detenzione di novantasei ore. Si volevano raccogliere delle "confessioni sufficienti" per fondare una o delle accuse.
10. Il Governo si dichiara animato dal desiderio di salvaguardare la fiducia del pubblico nell'indipendenza del potere giudiziale; ciò spetta a dire che bisogna preservare od ottenere questa fiducia non autorizzando i giudici a sostenere un ruolo nella protezione della libertà personale degli individui stabiliti. Si penserebbe tuttavia che c'è precisamente là un ruolo che il pubblico si aspetta di vedere assolvere. Si noterà anche che né il Parlamento né il governo non sembrano avere esposto degli sforzi seri per riorganizzare il procedimento o la competenza giudiziale, malgrado i consigli delle personalità designate per riesaminare il sistema, per garantire l'osservazione dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) nei casi come quelli di cui si tratta. Ora incombe sulle autorità nazionali di dotarsi dei mezzi necessari per non cozzare contro le regole della Convenzione. Non è questa che bisogna riplasmare per adattarla ai procedimenti nazionali.
11. Secondo me, il Governo non dimostra in modo convincente, in una situazione in cui i tribunali funzionano normalmente, perché una persona stabilita non possa essere trattata nel rispetto dall'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). La circostanza che solo 30 delle 1 549 persone arrestate nel 1990 furono accusate in seguito, rivela una mancanza di prove piuttosto che un'insufficienza nel funzionamento del corpo giudiziale. Dinnanzi alle giurisdizioni britanniche, succede spesso agli incolpati di essere tradotti dinnanzi ad un giudice che l'accusa invita quasi ogni volta, nelle cause non sommarie, a rinviare i dibattimenti o a porre l'interessato in detenzione provvisoria per permettere alla polizia concedersi ad un complemento di inchiesta. In Irlanda del Nord, nei procedimenti che dipendono dalle leggi sulla prevenzione del terrorismo, si sa che le detenzioni provvisorie sono durate fino a due anni. In simile caso, nessuna prova di sorgenti segrete di informazioni o di testimonianze non è stata mai svelata . Un giudice che rinvia tali cause si libera da una funzione giudiziale e non di un compito amministrativo. Nelle cause in questione, una o delle accuse precise sono state portate. Nell'occorrenza, lo scopo ricercato consiste in sottrarre al controllo degli organi della Convenzione dei casi in cui non c'è stata accusa. Il Parlamento non dovrebbe essere nell'incapacità di legiferare in modo che una persona arrestata possa essere portata dinnanzi ad un giudice abilitato a consentire ad un rinvio che può andare fino a cinque o sette giorni; prima della scadenza di questo termine, suddetta persona dovrebbe essere o rilasciata, o posta in accusa nel caso in cui il poliziotto che l’ha fermata fosse pronto a giurare che ha delle ragioni plausibili di sospettarla di trovarsi implicata in "atti di terrorismo", al senso della legislazione applicabile. In questa ipotesi, non lo si obbligherebbe ad indicare a quali sorgenti si appella. È completamente erroneo credere che il sistema accusatorio crei l'obbligo di rivelarli.
12. Ai paragrafi 62 a 67 della sua sentenza, la Corte perde di vista le informazioni di cui dispone e secondo le quali le pretese garanzie sono, in pratica, illusorie perché durante le prime quarantotto ore di detenzione il loro gioco dipende dal solo buono volere della polizia. In definitiva, l'individuo arrestato si trova, durante questo periodo, detenuto al segreto e senza l'assistenza di un uomo di legge; se ne beneficia, può contare che la polizia ascolterà il colloquio, il che ignora manifestamente lo spirito della decisione della Corte nel causa S. c. Svizzera (sentenza del 28 novembre 1991, serie A no 220.) Anche il grande ricorso storico del habeas corpus, in teoria utilizzabile quasi immediatamente, può essere messo fuori dalla portata dell'interessato che, al centro di detenzione, non ha accesso al mondo esterno.
13. La detenzione di ciascuno dei richiedenti ha, secondo me, infranto l'articolo 5 paragrafo 3,(art. 5-3) della Convenzione.
14. L'articolo 13 (art. 13) della Convenzione esige che ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, abbia diritto ad un ricorso effettivo dinnanzi ad una "istanza" nazionale. La sua applicazione non dipende dall'instaurazione di una violazione. Ora nessuna "istanza" di questo genere non esiste né esisteva nel Regno Unito e la Convenzione non è integrata al diritto interno. Non è esatto che il habeas corpus assolvesse le condizioni dell'articolo 13 (art. 13): per esercitarlo, bisogna provare una trasgressione delle leggi nazionali; non si può prevalersene se si adduce l'irregolarità di una detenzione in ragione di una semplice trasgressione alle esigenze della Convenzione.
15. Secondo me, c'è stata anche violazione dell'articolo 13 (art. 13).
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE RUSSO
Stimo, con la maggioranza dei miei colleghi, che la derogazione notificata dal Regno Unito soddisfa le esigenze dell'articolo 15 (art. 15) e che i richiedenti non possono lamentarsi dunque validamente di una violazione dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3).
Come rileva il paragrafo 51 della sentenza, la derogazione del 23 dicembre 1988 è legata chiaramente alla persistenza dello stato di emergenza. Ciò notifica, ai miei occhi, che deve essere limitata rigorosamente al tempo necessario al Governo per trovare un mezzo di garantire una più grande conformità con gli obblighi che derivano della Convenzione (paragrafo 54, terzo capoverso, della sentenza,).
La constatazione di non-violazione si riferisce ai casi dello specifico dunque ed alla situazione che esisteva al momento dell'arresto dei richiedenti. Se la derogazione doveva prolungarsi nel tempo e doveva diventare quasi permanente, risulterebbe incompatibile con le garanzie con cui la Convenzione restringe la libertà personale e che rivestono un'importanza fondamentale in una società democratica. È dunque solamente "in principio" che "la decisione di togliere una derogazione dipende dal potere discrezionale" degli Stati contraenti (paragrafo 47) secondo capoverso, della sentenza,; non godono in materia di una completa libertà.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE DI MEYER
(Traduzione)
È certo che la situazione in rapporto col terrorismo legato al problema dell'Irlanda del Nord è, da molto, molto grave e che lo resta oggi. Si può comprendere dunque che, per questo motivo, il governo del Regno - Unito abbia a più riprese, dal 1957, giudicato buono di avvalersi del diritto di derogazione che gli riconosce l'articolo 15 (art. 15) della Convenzione.
Nel 1984, ha stimato che non era più necessario.
E’ stato spiegato che una delle ragioni che l'avevano portato a questa conclusione era che, secondo lui, il fatto di detenere fino a sette giorni una persona sospettata di terrorismo senza tradurla dinnanzi ad un giudice o un altro magistrato non erano incompatibile con gli obblighi che risultano dalla Convenzione
Nella nostra sentenza Brogan ed altri c. Regno Unito del 29 novembre 1988, abbiamo deciso che non ne era così e abbiamo sottolineato vigorosamente l'importanza del diritto fondamentale dell'uomo alla libertà così come la necessità di un controllo giudiziale delle ingerenze che potrebbe subire
Il governo britannico ha tentato di sottrarsi alle conseguenze di questa sentenza depositando un nuovo parere di derogazione in virtù dell'articolo 15 (art. 15) per mantenere la pratica di cui si tratta
Ciò è inammissibile ai miei occhi: il Governo non mi ha convinto che scostarsi da questo punto della regola del rispetto della libertà individuale avrebbe potuto, prima o dopo la fine del 1988, soddisfare le "rigorose esigenze della situazione".
Anche nelle circostanze difficili come quelle esistenti rispetto all'Irlanda del Nord da numerosi anni, non è accettabile che una persona sospettata di terrorismo possa essere tenuta sotto custodia cautelativa fino a sette giorni senza nessuna forma di controllo giudiziale.
È ciò del resto che avevamo detto già nella causa Brogan ed altri ed i non esisteva nessuna ragione valida di deciderne diversamente nello specifico.
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE MARTENS
(Traduzione)
1. La posizione che ho adottato nella causa Brogan ed altri (serie Ano 145-B) - e che mantengo - spiega perché ho votato per la constatazione che la derogazione britannica soddisfa le esigenze dell'articolo 15( art. 15) della Convenzione,: a questo riguardo, avvicinerei il paragrafo 12 della mia opinione dissidente nella causa Brogan ed altri ai paragrafi 60 a 67 della presente sentenza.
Aggiungo tuttavia che ho esitato molto a pronunciarmi così. Sono stato colpito dall'argomento di Amnesty Internazionale secondo il quale un controllo giudiziale periodico della custodia cautelativa prolungata è una garanzia essenziale per mettere il detenuto al riparo da un trattamento inaccettabile - rischio ancora più grande se esiste una possibilità di detenzione al segreto -, anche se il procedimento da seguire non assolve per intero le condizioni che implicano l'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). Voglio credere che nella cornice del processo di riflessione continua menzionata al paragrafo 54 della sentenza, il governo britannico esaminerà ancora una volta il consiglio della sua propria Commissione consultiva permanente per i Diritti dell'uomo che rileva la possibilità di introdurre una forma di controllo giudiziale della custodia cautelativa prolungata.
2. Segno il mio disaccordo con ciò che la Corte decide al paragrafo 43 della presente sentenza, di valutazione margina a sapere che si deve lasciare alle autorità nazionali dello stato che deroga un largo per dire se si trova in "tempo di guerra" o dinnanzi ad un "pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione" e se deroga "nella rigorosa misura n cui la situazione lo esige."
3. In quanto a me, gli argomenti di Amnesty Internazionale in senso contrario mi sono risultati persuasivi, in particolare quando sottolinea il modo in cui le norme e la pratica internazionale si sono evolute per rispondere agli abusi commessi in materia di diritti dell'uomo, su scala mondiale, sotto copertura di derogazioni ed insistano sull'importanza della presente sentenza per altre parti del mondo. Pertanto, mi dispiace che per confutare questi argomenti la Corte si limiti a rinviare ad un precedente vecchio di quindici anni.
Dal 1978, "le condizioni di oggi" sono cambiate molto. In aggiunta all'evoluzione menzionata da Amnesty, la situazione in seno al Consiglio dell'Europa si è modificata spettacolarmente. Non va dunque per niente da séi che delle norme forse accettabili nel 1978 lo rimangano oggi. Nel 1978, l'opinione della Corte in quanto al margine di valutazione nella tenuta dell'articolo 15 (art. 15) rifletteva probabilmente l'idea che si poteva vedere, nella maggioranza degli Stati membri del Consiglio dell'Europa all'epoca, delle società da molto democratiche - come ho detto nella mia opinione dissidente precitata - e, in quanto tali, pienamente coscienti del diritto dell'individuo alla libertà e dei pericoli inerenti alla concessione di un potere troppo largo di detenzione all'esecutivo. Dall'adesione di stati dell'Europa centrale ed orientale, questa ipotesi ha perso la sua pertinenza.
4. Comunque sia, Amnesty International e Liberty, Interights ed il Committee on the Administration of Justice ha criticato anche la vecchia formula come non soddisfacente in sé, riferendosi queste ultime organizzazioni alle direttive adottate nel Queensland, nel 1990, dall’Interantional Law Association. Aderisco a queste critiche. La formulazione della Corte è già inopportuna per il fatto che utilizza lo stesso criterio per due questioni di natura differente e che richiedono una risposta separata.
La prima consiste in sapere se esiste un motivo obiettivo di derogare che soddisfaccia le esigenze delle prime parole dell'articolo 15( art. 15). In questo contesto, non si può evitare di lasciare alle autorità nazionali un certo margine di valutazione. Niente giustifica tuttavia di predisporre loro un ampio margine di valutazione perché incombe sulla Corte, protettrice "in ultima istanza" dei diritti e libertà fondamentali garantite dalla Convenzione, di esaminare da vicino ogni derogazione di un Stato contraente ai suoi obblighi.
Seconda questione: "la rigorosa misura" delle esigenze della situazione. I termini sottolineati comandano chiaramente un controllo più scrupoloso di quello di "necessario in una società democratica", che figura al paragrafo 2 degli articoli 8 a 11 (art. 8-2, art. 9-2, art. 10-2, art. 11-2). Per questa seconda questione, non vi è dunque certamente posto - in ogni caso - per un largo margine di valutazione.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE MAKARCZYK
(Traduzione)
Mi dispiace di non potere seguire la maggioranza della Corte nello specifico. A ciò, tre ragioni essenziali,: le conseguenze generali della sentenza, la questione di un dato limite per la derogazione ed i motivi di questa come li espone il governo convenuto.
1. Il principio che vuole che una sentenza della Corte tratti una controversia determinata e decida un problema privato non si applica, secondo me, alle cause relative alla validità di una derogazione notificata da un Stato in virtù dell'articolo 15( art. 15) della Convenzione. La derogazione di un Stato ricade non solo sulla situazione di questo, ma ancora sull'integrità del sistema di protezione della Convenzione nel suo insieme. Importa per gli altri Stati membri - vecchi o nuovi - ed anche per quelli che, aspirano a diventare Parti, stiano adattando il loro sistema giuridico alle norme della Convenzione. Per i nuovi Stati contraenti, la loro ammissione, spesso preceduta da lunghi periodi di preparazione e di negoziati, notifica non solo che accettino gli obblighi della Convenzione, ma anche che la comunità degli Stati europei riconosca loro lo stesso posto in quanto al sistema democratico ed alla preminenza del diritto. In altri termini, ciò che le vecchie democrazie tengono per un stato di cose naturali, i nuovi arrivati lo percepiscono come un privilegio che non si può spazzar via alla leggera. Una derogazione che formulerebbe un nuovo Stato contraente dell'Europa centrale ed orientale getterebbe il dubbio su questa nuova legittimità e mi risulta abbastanza improbabile. Ogni decisione della Corte concernente l'articolo 15 (art. 15) deve incoraggiare e confermare questa filosofia. In ogni caso, non deve rinforzare l'opinione di quelli, nei nuovi Stati membri per q quali le norme europee cozzano contro gli interessi che hanno ereditato del passato. Ora, non ho il sentimento che il ragionamento della maggioranza soddisfaccia queste esigenze. A maggior ragione per il fatto che la derogazione riguarda una clausola della Convenzione che, secondo nessuno, non dovrebbe dare adito a nessuna derogazione.
2. Riconosco pienamente le difficoltà, addirittura l'impossibilità, per la Corte di fissare alla derogazione un limite di tempo preciso come condizione della sua validità allo sguardo dell'articolo 15 (art. 15). Al mio parere, la sentenza dovrebbe indicare tuttavia chiaramente e senza equivoco che la Corte non accetta la derogazione che come una misura rigorosamente temporanea. Dopo tutto, constata l'inosservanza dell'articolo 5 paragrafo 3( art. 5-3) della Convenzione (paragrafo 37 della sentenza) testo fondamentale di cui la derogazione impedisce i richiedenti di avvalersi. Giudica anche essenziale il fattore tempo quando parla della sua funzione di controllo per ciò che è del margine di valutazione (paragrafo 43 della sentenza). Certo, sottolinea che lo stato che deroga ha l'obbligo di rivedere periodicamente la situazione (paragrafo 54 della sentenza), ma questo obbligo deriva all'evidenza del paragrafo 3 dell'articolo 15 (art. 15-3); che lo Corte la rileva non contribuisce a dare l'assicurazione che adopera giuridicamente tutti i mezzi disponibili per permettere alla Convenzione di ritrovare la sua piena applicabilità il più presto possibile alla comunità internazionale. Al contrario, la formula della sentenza tende a perpetuare lo status quo ed apre allo stato riguardato la possibilità illimitata di avvalersi della detenzione amministrativa prolungata per un periodo di tempo indeterminato, a scapito dell'integrità del sistema della Convenzione e, ne ho la profonda convinzione, di questo Stato stesso.
3. Ecco che mi porto al terzo motivo del mio dissenso; lego un'importanza primordiale.
Il principale punto che il governo britannico dovrebbe, secondo me, provare a dimostrare alla Corte è che la detenzione amministrativa prolungata contribuisca in verità ad eliminare le ragioni che hanno necessitato le misure di eccezione, ossia la prevenzione e la repressione del terrorismo. Ora, mi sembra, il Governo si non si è sforzato né nel suo esposto ed i documenti annessi, né all'udienza dinnanzi alla Corte. Ha derivato al contrario, soprattutto argomento dagli effetti nefasti che avrebbe sul potere giudiziale, secondo lui, un controllo della detenzione prolungata esercitata da un giudice ma fuori il procedimento giudiziale normale.
Non mi dilungherò su questo ultimo argomento,avendolo i dissidenti sia della Commissione che della Corte contestato con competenza. Mi accontenterò di aggiungere che ogni forma di controllo giudiziale potrebbe essere benefica per gli interessati. Se il Governo avesse potuto mostrare, con argomenti validi, che la detenzione prolungata senza nessuno controllo giudiziale contribuisce bene alla repressione come alla prevenzione della criminalità terroristica, sarei pronto ad ammettere la legalità della derogazione, malgrado i miei primi due motivi di disaccordo.
Nota del cancelliere: la causa porta il n° 5/1992/350/423-424. Le prime due cifre ne indicano il posto nell'anno di introduzione, le ultime due il posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su quella delle richieste iniziali, alla Commissione, corrispondenti.
Nota del cancelliere: come ha modificato dall'articolo 11 del Protocollo n° 8 (P8-11), entrato in vigore il 1 gennaio 1990.
Nota del cancelliere: per ragioni di ordine pratico figurerà solamente nell'edizione stampata (volume 258-B della serie A delle pubblicazioni della Corte), ma si può procurare presso la cancelleria.
Paragrafo 50 della presente sentenza.
Serie A n° 145-B, p. 32, paragrafo 58.
Paragrafi 30 e 31 della presente sentenza.
Al p. 33, paragrafo 61.