Conclusione Eccezione preliminare respinta (decadenza); Violazione di P1-1; Nessuna domanda distinta allo sguardo dell'art. 6-1; soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA BINOTTI C. Italia (no 1)
( Richiesta no 63632/00)
SENTENZA
STRASBURGO
17 novembre 2005
DEFINITIVO
17/02/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Binotti c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
L. Loucaides, P. Lorenzen, la Sig.ra N. Vajic,
Sigg. V. Zagrebelsky, D. Spielmann, S.E. Jebens, giudici, e del Sig. S. Quesada, cancelliere aggiunyo di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 ottobre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 63632/00) diretta contro la Repubblica italiana e incui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra C. B. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 11 aprile 2000 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato dal Sig. C. P., avvocato a Genova. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dai suoi agenti successivi, rispettivamente i Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia ed il suo coagente il Sig. F. Crisafulli ed il suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduceva in particolare di essere stato privato del suo terreno in modo incompatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1 e di un ostacolo al suo diritto di accesso ad un tribunale.
4. La richiesta è stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 § 1 dell'ordinamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 § 1 della Convenzione, è stata costituita conformemente all'articolo 26 § 1 dell'ordinamento.
5. Con una decisione del 13 febbraio 2003 la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile. Con una decisione del 27 maggio 2004, la camera ha dichiarato il restante della richiesta ammissibile, articolo 54 § 3 dell'ordinamento.
6. Tanto il richiedente che il Governo hanno deposto delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell'ordinamento.
7. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell'ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla prima sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente è nato nel 1948 e ha risieduto a Rossiglione.
9. Il richiedente ha ereditato dei terreni ubicati a Rossiglione.
10. Con un'ordinanza del 22 maggio 1980, che valeva come dichiarazione di utilità pubblica, l'amministrazione di Rossiglione dispose l'occupazione di emergenza di 7 490 metri quadrati di terreno per un periodo massimale di due anni, in vista della sua espropriazione per la costruzione di un lavoro pubblico.
11. Il 31 maggio 1980, l'amministrazione di Rossiglione procedette all'occupazione materiale del terreno ed iniziò i lavori di costruzione. L'amministrazione prorogò il termine di occupazione del terreno con le ordinanze del 29 aprile 1982, 15 marzo 1984 e 6 aprile 1985.
12. Ad una data non precisata, l'amministrazione occupò 180 metri quadrati del terreno del de cujus del richiedente. Questa occupazione non era stata autorizzata prima.
13. Con un atto notificato il 15 maggio 1988, il de cujus del richiedente citò la città di Rossiglione a comparire dinnanzi al tribunale civile di Genova.
14. Adduceva che l'occupazione del terreno era illegale al motivo che questa si era protratta al di là del termine autorizzato senza che si fosse proceduto all'espropriazione. Il de cujus del richiedente adduceva che, sebbene i lavori di costruzione effettuati sul suo terreno abbiano trasformato questo, nessuno decreto di espropriazione e nessun indennizzo erano intervenuti. Riferendosi al principio dell'espropriazione indiretta fissata dalla Corte di cassazione nella sentenza no 1464 del 26 febbraio 1983, invitava il tribunale a dichiarare che la costruzione del lavoro pubblico aveva ad un tale punto trasformato il suo terreno che aveva provocato la perdita irreversibile del bene. Il de cujus richiedeva dei danno-interessi per la perdita del terreno a concorrenza del valore di questo, inoltre richiedeva il pagamento dell'indennità derivante dall'occupazione temporanea.
15. Il collocamento in stato della causa cominciò il 10 maggio 1988.
16. Con un giudizio del 10 maggio 1990, il tribunale di Genova dichiarò che in seguito all'occupazione del terreno, ed alla vista della costruzione del lavoro rispondente all'interesse pubblico, il diritto di proprietà del de cujus del richiedente era stato neutralizzato conformemente al principio dell'espropriazione indiretta. Dato che il trasferimento di proprietà aveva avuto luogo nella cornice di un'occupazione di terreno diventata senza titolo, il de cujus del richiedente aveva diritto ai danno-interessi. Di conseguenza il tribunale accordò al de cujus del richiedente una somma di 425 125 729 lire italiane (ITL, indicizzato a partire dal 17 maggio 1986,).
17. Il 19 luglio 1990, l'amministrazione di Rossiglione interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Genova. L'amministrazione eccepì del difetto di locus standi, essendo stato fatto il procedimento di espropriazione dall'ufficio delle abitazioni ad affitto moderato (I.A.C.P) ; Contestò anche l'importo del danno.
18. Con un giudizio non definitivo del 18 maggio 1993, la corte di appello respinse la prima lagnanza dell'amministrazione di Rossiglione ed ordinò la continuazione del processo per le lagnanze concernenti l'importo del risarcimento e gli oneri di procedimento.
19. Il 25 giugno 1998, la corte di appello ordinò una nuova stima per ricalcolare la somma da concedere in funzione della legge no662 del 1996, nel frattempo entrata in vigore.
20. Il 23 novembre 1998, il de cujus del richiedente decedette. Il 27 dicembre 1998 il richiedente si costituì in qualità di ereditiere nel procedimento dinnanzi alla corte di appello.
21. Il 25 novembre 1999, una perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo nel 1986 ed il richiedente era stato privato del suo bene da questa data. Il perito indicava che il valore venale del terreno nel 1986 ed indicizzata, era di 87 366,93 EUR.
22. Con una sentenza del 10 marzo 2004 il cui il testo è stato depositato alla cancelleria il 28 aprile 2004, la corte di appello di Genova, condannò la città di Rossiglione a pagare al richiedente una somma di 87 366,93 EUR da indicizzare a partire dal 17 maggio 1986, più un'indennità di occupazione di 47 426,17 EUR indicizzata a partire dal 17 maggio 1986.
23. Questa sentenza è diventata definitiva il 30 giugno 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L'occupazione di emergenza di un terreno
24. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all'amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell'espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l'amministrazione può decretare l'occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l'occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
25. L'occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un'indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l'indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l'amministrazione proceda ad un'offerta di indennizzo.
b) Il principio dell'espropriazione indiretta ("occupazione acquisitiva" o "accessione invertita")
26. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell'occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l'interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
27. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un'occupazione illegale ab initio, o un'occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l'occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
28. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un'azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l'illegalità derivante dall'occupazione era permanente. L'amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l'azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l'indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
29. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l'amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
30. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall'amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L'interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
31. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell'espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un'espropriazione formale quando, dopo l'occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell'occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l'occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l'occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l'interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l'acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull'interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
32. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l'occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
33. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell'espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l'articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l'amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l'interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull'interesse dell'individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l'applicazione all'azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall'articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell'espropriazione indiretta
34. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell'amministrazione conosce delle eccezioni.
35. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c'è espropriazione indiretta quando le decisioni dell'amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
36. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l'amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l'interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L'illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
37. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c'è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell'espropriazione indiretta non si applica dunque. L'interessato mantenedno la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L'introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
38. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell'espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
39. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c'è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
40. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull'espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
41. Ai termini dell'articolo 3 di questa legge, "Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un'espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all'articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell'occupazione illegale."
42. Interpretando l'articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: "Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni - ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni - e l'interesse pubblico - concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate - ha dato la precedenza a questo ultimo interesse."
5. L'importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
43. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all'interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l'occupazione illegale.
44. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l'importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l'importo dell'indennità contemplata per il caso di un'espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
45. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l'indennizzo integrale non poteva essere accordato per un'occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l'indennizzo equivaleva all'importo dell'indennità contemplata nel caso di un'espropriazione formale, nell'ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
46. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un'indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l'occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
47. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell'espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
48. Alla vista della constatazione di violazione dell'articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell'espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
49. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell'espropriazione indiretta - ha detto che in materia dell'uniformità della giurisprudenza, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente "prevedibile" a contare del 1983. Per questo fatto, l'espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all'indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall'interessato, ed in particolare al valore del terreno, l'indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo.
50. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro "pubblico" poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come "realizzato" e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l'articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l'amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l'espropriazione indiretta non potrebbe costituire un'alternativa ("una mera alternativa") ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito "il Repertorio,
51. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell'espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all'insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
52. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell'autorità che l'ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L'autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L'autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULL'ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
53. Il Governo eccepisce del superamento del termine di sei mesi a contare dal momento in cui l'occupazione del terreno è diventata senza titolo e/o il lavoro pubblico è stato realizzato. In particolare, il Governo contesta il ragionamento giuridico che la Corte ha utilizzato per respingere la stessa eccezione nella decisione di ammissibilità. Sostiene che la citazione della causa Iatidris c. Grecia [GC], no 31107/96 § 50, CEDH 1999,-II, non è pertinente al motivo che l'eccezione di tardività differisce rispetto a quella sollevata dal Governo italiano. In quanto alla sentenza Almeida Garret c. Portogallo n 3110796, il Governo nota che, in questa sentenza, la Corte ha affermato il carattere istantaneo della privazione di proprietà. A questo riguardo il Governo sostiene che la privazione di proprietà è un atto istantaneo, mentre il ritardo nella quantificazione e nel versamento degli indennizzi definitivi, può costituire una situazione continua.
54. Il Governo afferma inoltre che, sebbene il procedimento sia ancora pendente, la questione di sapere se il richiedente è stato privato del suo bene in virtù dell'espropriazione indiretta potrebbe essere considerata come decisa già dal pretore che ha dichiarato il de cujus del richiedente come privato del suo bene a contare dalla data in cui l'occupazione è diventata senza titolo. Secondo il Governo, su questo punto c'è re judicata, visto che il ricorso in appello riguarda la questione di sapere chi sia responsabile della situazione denunciata ed in quale misura i deve avere un "risarcimento." Da questo punto di vista, il termine di sei mesi comincerebbe a decorrere a partire dal deposito alla cancelleria del giudizio del tribunale.
55. Il richiedente chiede il rigetto dell'eccezione. In particolare fa valere che è stato privato della disponibilità del suo terreno dal 1980, situazione diventata definitiva col completamento dei lavori. Osserva che la corte di appello ha reso un giudizio il 28 aprile 2004. In queste condizioni il richiedente afferma che la privazione della sua proprietà costituisce una situazione continua.
56. La Corte nota che due eccezioni di tardività del Governo sono state respinte già all'epoca della decisione sull'ammissibilità del 27 maggio 2004 e che, nel suo ragionamento, ha stimato che gli effetti dell'occupazione del terreno del richiedente si analizzano in una situazione continua che, nel caso specifico, non si è ancora conclusa. In più, nota che la corte di appello ha reso una sentenza che è diventata definitiva.
57. Nella misura in cui l'eccezione preliminare potrebbe essere considerata come nuova, la Corte ricorda che ai termini dell'articolo 55 del suo ordinamento, "Se la Parte contraente convenuta intende sollevare un'eccezione di inammissibilità, deve farlo, per quanto la natura dell'eccezione e le circostanze lo permettano, nelle osservazioni scritte od orali sull'ammissibilità della richiesta ." Ora, risulta dalla pratica che questa condizione non si trova assolta nello specifico. C'è dunque decadenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
58. Il richiedente adduce essere stato privato del suo terreno per effetto dell'occupazione di questo ed in mancanza di un decreto di espropriazione e di indennizzo. Secondo lei, questa situazione ha recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti all'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Tesi difese dinnanzi alla Corte
1. Il richiedente
59. Il richiedente chiede alla Corte di dichiarare che l'espropriazione indiretta non è conforme al principio di legalità. Riferendosi alla sentenza Belvedere Alberghiera c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, il richiedente osserva che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità, il che non è ammissibile in un Stato di diritto.
60. Il richiedente denuncia poi una mancanza di chiarezza, di prevedibilità e di precisione dei principi e delle disposizioni applicati al suo caso.
61. Infine, in quanto all'indennizzo, il richiedente osserva che non c'è stato "risarcimento" del danno subito, ma unicamente un indennizzo largamente inferiore al valore del terreno al senso della legge no 662 del 1996 che ha plafonato l'importo dell'indennizzo.
62. Il richiedente afferma che il giusto equilibrio non è stato rispettato e non ha tenuto conto del fatto che non è stata indennizzata ancora dal 1980.
2. Il Governo
63. Il Governo fa osservare che, nel caso specifico, si tratta di un'occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Il Governo ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuno decreto di espropriazione è stato adottato.
64. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa con le giurisdizioni nazionali.
65. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall'espropriazione indiretta sarebbe "contemplata dalla legge." Secondo il Governo, il principio dell'espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
66. Il Governo ne conclude che a partire dal 1983, le regole dell'espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
B. Sull'osservazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1
1. Sull'esistenza di un'ingerenza
67. La Corte ricorda che, per determinare se c'è stata "privazione di beni", bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti "concreti ed effettivi", importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un'espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
68. La Corte rileva che, applicando il principio dell'espropriazione indiretta, la corte di appello di Genova ha considerato il richiedente come privato del suo bene a contare dal momento in cui l'occupazione del terreno ha smesso di essere legale. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l'elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della corte di appello di Genova ha avuto per effetto di privare il richiedente del suo bene al senso della seconda frase dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura, precitato, § 61; Brumarescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
69. Per essere compatibile con l'articolo 1 del Protocollo no 1 tale ingerenza deve essere operata "a causa di utilità pubblica" e "nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale." L'ingerenza deve predisporre un "giusto equilibrio" tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, p. 26, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la domanda del giusto equilibrio può farsi non "sentire solo quando si è rivelato che l'ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria" (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II; Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
70. Quindi, la Corte non stima opportuna fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore del richiedente non ha avuto luogo (Carbonara, precitata, § 62).
2. Sul rispetto del principio di legalità
71. L'articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un'ingerenza dell'autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all'insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis precitata, § 58,). Il principio di legalità notifica l'esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
72. Nella sentenza Belvedere Alberghiera srl e nella sentenza Carbonara e Ventura precitate, la Corte non aveva stimato utile giudicare in abstracto se il ruolo che un principio giurisprudenziale, come quello dell'espropriazione indiretta che occupa in un sistema di diritto continentale è assimilabile a quello occupato dalle disposizioni legislative, ciò che conta essendo -ad ogni modo-che la base legale risponda ai criteri di prevedibilità, accessibilità e precisione enunciato più sopra. La Corte è convinta sempre che l'esistenza in quanto tale di una base legale non basta a soddisfare il principio di legalità e stima utile propendersi sulla questione della qualità della legge.
73. La Corte prende nota dell'evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'elaborazione del principio dell'espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, la legge no 662 del 1996 e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie che hanno luogo nel cronostoria della giurisprudenza. Questo punto di vista è stato del resto adottato dal Consiglio di stato, paragrafo 50 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell'espropriazione indiretta non ha dato mai adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
74. La Corte rileva anche delle contraddizioni tra la giurisprudenza ed i suddetti testi di legge scritta. A titolo di esempio, la Corte nota che se è vero che la giurisprudenza ha escluso, a contare dal 1996-1997, che l'espropriazione indiretta possa applicarsi quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata, è anche vero che il Repertorio ha ultimamente contemplato che in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, ogni terreno può essere acquisito al patrimonio pubblico, se il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno occupato e trasformato dall'amministrazione.
75. In vista di questi elementi, la Corte non esclude che il rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati rimanga.
76. La Corte nota poi che il meccanismo dell'espropriazione indiretta permette in generale all'amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione, col rischio di un risultato imprevedibile o arbitrario per gli interessati, sia che si tratti di un'illegalità dall'inizio o di un'illegalità sopraggiunta in seguito. L'espropriazione indiretta tende difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione di fatto che deriva dalle illegalità commesse dall'amministrazione, a regolare le conseguenze per l'individuo e per l'amministrazione, a favore di questa. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l'articolo 43 del Repertorio, l'espropriazione indiretta non potrebbe costituire dunque un'alternativa ad un'espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, l'opinione del Consiglio di stato, al paragrafo 50 sopra).
77. A questo riguardo, la Corte nota che l'espropriazione indiretta permette all'amministrazione di occupare un terreno e di trasformarlo irreversibilmente, in modo tale che venga considerato come acquisizione al patrimonio pubblico, senza che in parallelo un atto formale dichiarante il trasferimento di proprietà sia adottato. In mancanza di un atto che formalizza l'espropriazione ed intervenendo al più tardi nel momento in cui il proprietario ha perso ogni disponibilità del bene, l'elemento che permetterà di trasferire al patrimonio pubblico il bene occupato e di raggiungere una sicurezza giuridica è la constatazione di illegalità da parte del giudice, che vale come dichiarazione di trasferimento di proprietà. Incombe sull'interessato - che continua di essere formalmente proprietario - di sollecitare il giudice competente una decisione che constata, all'occorrenza, l'illegalità abbinata alla realizzazione di un lavoro di interesse pubblico, condizioni necessarie affinché sia dichiarato in modo retroattivo privato del suo bene.
78. Alla vista di questi elementi, la Corte stima che il meccanismo dell'espropriazione indiretta non è atto a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica.
79. La Corte nota poi che l'espropriazione indiretta permette inoltre all'amministrazione di occupare un terreno e di trasformarlo senza per questo versare indennità allo stesso tempo. L'indennità deve essere richiesta dall'interessato e ciò entro prescrizione di cinque anni, cominciando a contare dalla data in cui il giudice stima che la trasformazione irreversibile del terreno ha avuto luogo. Questo può provocare delle conseguenze nefaste per l'interessato, e rendere vana ogni speranza di risarcimento (Carbonara e Ventura, precitato, § 71).
80. La Corte rileva infine che il meccanismo dell'espropriazione indiretta permette all'amministrazione di trarre vantaggio dal suo comportamento illegale, e che il prezzo da pagare è solamente del 10% più elevato che nel caso di un'espropriazione in buona e dovuta forma. Secondo la Corte, questa situazione non è di natura tale da favorire la buona amministrazione dei procedimenti di espropriazione ed a prevenire degli episodi di illegalità.
81. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
82. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell'espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato il richiedente privato del suo bene a contare dal momento in cui l'occupazione aveva smesso di essere autorizzata, essendo riunite le condizioni di illegalità dell'occupazione e dell’ interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come "prevedibile", poiché è solamente con la decisione definitiva -la sentenza della corte di appello di Genova che ha acquisito forza di cosa giudicata-che si può considerare il principio dell'espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l'acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Il richiedente ha avuto di conseguenza, la "sicurezza giuridica" concernente la privazione del terreno al più tardi il 30 giugno 2005, data in cui la sentenza della corte di appello di Genova è diventata definitiva.
83. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all'amministrazione di trarre vantaggio da un'occupazione illegale di terreno. In altri termini, l'amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che regolano l'espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un'indennità fosse messa in parallelo a disposizione degli interessati.
84. In quanto all'indennità, la Corte constata che l'applicazione retroattiva della legge di bilancio no 662 del 1996 al caso specifico ha avuto per effetto di privare il richiedente di un risarcimento integrale del danno subito.
85. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l'ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni del richiedente dunque.
86. Quindi, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
87. Il richiedente adduce che l'impossibilità di richiedere un'indennità per il non godimento del terreno durante il periodo iniziale di occupazione, ovvero quando il terreno era occupato legalmente, ha ostacolato il suo diritto di accesso ad un tribunale.
88. L'articolo 6 § 1 dispone:
"1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile ."
A. Sull'eccezione preliminare del Governo
89. Nelle sue osservazioni sul merito, il Governo ha sollevato un'eccezione derivata dal non rispetto del termine di sei mesi e sostiene che il richiedente avrebbe dovuto sollevare la lagnanza derivata da un attentato al suo diritto di accesso ad un tribunale entro sei mesi che cominciano a decorrere dalla fine dell'occupazione legale, ossia dal 1986 o al più tardi nel 1988 al momento dell'introduzione dell'azione in giustizia col de cujus del richiedente dinnanzi al tribunale di Genova.
90. Il richiedente chiede il rigetto dell'eccezione
91. La Corte nota in primo luogo che l'eccezione del Governo è stata respinta già nella sua decisione sull'ammissibilità del 27 maggio 2004. Rileva poi che nel 1988, il de cujus del richiedente ha investito le giurisdizioni di una domanda in indennizzo per il periodo di occupazione legale del terreno e che il procedimento si è concluso nell’ aprile 2004, dopo l'introduzione della presente richiesta.
92. La Corte considera che il Governo sciolga la sua eccezione su degli argomenti che non sono di natura tale da rimettere in causa la sua decisione sull'ammissibilità. Di conseguenza, l'eccezione deve essere respinta.
B. Sulla fondatezza della lagnanza
93. In queste osservazioni sull'ammissibilità, il Governo aveva sollevato un'eccezione di inammissibilità derivata dal non esaurimento delle vie di ricorso interne al motivo che il richiedente non aveva contestato dinnanzi al tribunale amministrativo tutti gli atti del procedimento di espropriazione, ivi compreso il decreto di occupazione di emergenza.
94. Sul merito, il Governo ammette che all'epoca dell'occupazione autorizzata del terreno controverso, e prima della sentenza della Corte costituzionale no 470 del 1990, paragrafo 25 sopra, non c'era accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l'indennità di occupazione. Il Governo fa osservare che il richiedente ha potuto investire in ogni caso un tribunale della sua domanda di indennizzo.
95. Nella sua decisione sull'ammissibilità, la Corte ha stimato che il problema dell'esaurimento delle vie di ricorso interne si confonde col merito della causa poiché la lagnanza derivata dall'articolo 6 della Convenzione riguarda precisamente l'ostacolo all'accesso ad un tribunale. Ha unito questa domanda al merito dunque.
96. Ora, la Corte considera che le lagnanze del richiedente sollevate sotto l'angolo del diritto di accesso ad un tribunale si confondono con quelle derivate dall'articolo 1 del Protocollo no 1, nella misura in cui il richiedente ha fatto valere a questo titolo l'impossibilità di proteggere i suoi interessi patrimoniali durante il periodo riguardato.
97. Avuto riguardo della conclusione formulata al paragrafo 86, non stima necessario esaminarli separatamente sotto l'angolo dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
98. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
99 . Il richiedente chiede innanzitutto la restituzione del terreno ed invita la Corte a nominare un perito che possa valutare il valore del terreno.
100. Sussidiariamente, per il caso in cui la Corte non condannasse l'Italia alla restituzione del terreno, il richiedente richiede 693 655,69 EUR a titolo di danno materiale per la perdita del terreno, somma che risulta dalla differenza tra il valore del terreno controverso rivalutato ed abbinato ad interessi e la somma, rivalutata ed abbinata ad interessi, che deve ancora percepire in esecuzione del giudizio della sentenza della corte di appello di Genova.
101. Inoltre, il richiedente chiede il versamento di un'indennità di 200 000,00 EUR a titolo di danno morale.
102. Il Governo afferma che la liquidazione del danno materiale non è legata al valore dei terreni espropriati.
103. Sussidiariamente il Governo chiede alla Corte di tenere in conto il fatto che se il procedimento di espropriazione fosse stato portato a termine, il richiedente avrebbe ricevuto un indennizzo inferiore a quello che ha appena ricevuto.
104. Il Governo osserva poi che il richiedente ha ottenuto al livello nazionale una decisione che gli accorda una somma importante. In questa situazione, la Corte non dovrebbe accordare una soddisfazione equa che provoca un arricchimento indebito del richiedente.
105In quanto al danno morale, il Governo afferma che la somma chiesta dal richiedente è manifestamente derogatoria. In più il Governo fa notare che il richiedente si è costituito nel procedimento solamente nel 1998 e perciò non ha subito l'intero danno morale derivante dall'occupazione e dall'espropriazione del terreno.
106. Il richiedente chiede inoltre alla Corte la somma di 9 592,29 EUR, a titolo di rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alla Corte e della parcella di avvocato.
107. In quanto al rimborso degli oneri sollecitati dal richiedente, il Governo stima che tale somma sia eccessiva e si rimette si alla saggezza della Corte.
108. La Corte stima che la questione dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Respinge le eccezioni preliminari del Governo;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no1 della Convenzione;
3. Stabilisce, che non si impone di esaminare la lagnanza del richiedente sul terreno dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 17 novembre 2005 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Santiago Quesada Christos Rozakis
Cancelliere aggiunto Presidente