Conclusione Violazione dell'art. 6-1; violazione di P1-1; Violazione dell'art. 8; violazione di P4-2; Danno materiale - domanda respinta; Danno morale - risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese - procedimento della Convenzione
TERZA SEZIONE
CAUSA BASSANI C. ITALIA
(Richiesta no 47778/99)
SENTENZA
STRASBURGO
11 dicembre 2003
DEFINITIVO
11/03/2004
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Bassani c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell'uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. G. Ress, presidente,
I. Cabral Barreto, P. Kuris, B. Zupancic, J. Hedigan, K. Traja, giudici, L. Ferrari Bravo, giudice ad hoc, e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 20 novembre 2003,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 47778/99) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. B. ("il richiedente"), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 16 gennaio 1997 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da S. B., avvocato a Corridonia (Macerata). Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. Umberto Leanza ed Ivo Maria Braguglia e dai loro co-agenti successivi, Sigg. Vitaliano Esposito e Francesco Crisafulli. In seguito all'astensione del Sig. Vladimiro Zagrebelsky, giudice eletto a titolo dell'Italia (articolo 28), il Governo ha designato il Sig. Luigi Ferrari Bravo come giudice ad hoc per riunirsi al suo posto, articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell'ordinamento.
3. Il 4 luglio 2000 la Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile.
4. Il 10 aprile 2003, ha dichiarato inammissibile le lagnanze derivate dall'articolo 3 del Protocollo no 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1948 e ha risieduto a Montegiorgio, Ascoli Piceno.
6. Il 24 luglio 1976, il tribunale di Fermo, Ascoli Piceno, pronunciò, secondo il decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 e la legge no 1375 del 20 ottobre 1952, il fallimento della società costituita dal richiedente e la Sig.ra R. B. Dopo avere verificato il passivo del fallimento, verifica dello stato passivo, durante le udienze del 20 e 28 settembre 1976, il giudice commissario, giudice delegato, lo dichiarò "esecutivo" in questa ultima data, esecutività dello stato passivo. La decisione del fallimento, tra altri effetti, conferisci al curatore il diritto di prendere cognizione della corrispondenza del fallito e di conservare quella relativa agli interessi patrimoniali. Peraltro, il fallito non può, senza autorizzazione del giudice, cambiare la sua residenza.
7. Nel novembre 1976 e gennaio 1978, la vendita di certi beni mobili ed immobili del richiedente ebbe luogo.
8. Il 1 gennaio 1987, il curatore depose alla cancelleria del tribunale il giustificativo della vendita dei beni della società controversa.
9. Tuttavia, il procedimento di fallimento non poté essere chiuso perché fin dal 13 ottobre 1981 un contenzioso era stato aperto dal curatore contro l'amministrazione fiscale di Ascoli Piceno dinnanzi alla commissione incaricata di decidere le dispute in materia fiscale, Commissione Tributaria Centrale, per un preteso credito di IVA di suddetta amministrazione contro il fallito. Con una decisione del 19 novembre 1984, suddetta commissione accolse la domanda del curatore e respinse quella dell'amministrazione fiscale. Questa ultima interpose appello dinnanzi alla commissione centrale di secondo grado che, con una decisione del 24 ottobre 1986, riformò la prima decisione e confermò l'esistenza di suddetto credito in favore dell'amministrazione. Il curatore fece un ricorso dinnanzi alla commissione centrale a Roma. Il 13 luglio 1993, il curatore fece domanda che tendeva affinché la causa fosse messa in delibera. Con una decisione del 19 maggio 1997, la commissione centrale a Roma confermò la decisione. Informato nel gennaio 1999, il curatore depose i conti di gestione. Il 18 marzo 1999, il giudice commissario li convalidò ma non pronunciò la chiusura del procedimento di fallimento.
10. Inoltre, il richiedente fece nel 1988 e nel 1993 due proposte che miravano ad ottenere la chiusura del procedimento di fallimento col pagamento di una parte dei crediti così come della rimunerazione del curatore. Tuttavia, queste proposte furono rifiutate da questo ultimo ed dal giudice commissario.
11. Il 19 dicembre 2000, il giudice commissario pronunciò la chiusura del procedimento di fallimento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
12. Il diritto interno pertinente è descritto nella sentenza Luordo c. Italia (no 32190/96, §§ 57-61, 17 luglio 2003,).
IN DIRITTO
I. SULLE ECCEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO
13. Nelle sue osservazioni del 5 aprile 2002, il Governo considera che l'articolo 6 della Convenzione non è applicabile al procedimento di fallimento. Questo ultimo sarebbe " difatti un procedimento di natura amministrativa e non giudiziale." In più, nel caso di specifico, la durata del procedimento di fallimento risulterebbe in primo luogo da quella di un procedimento di natura fiscale, dunque pubblico, il che allontanerebbe l'applicazione dell'articolo 6.
14. La Corte stima che queste eccezioni, sollevate per la prima volta dopo la decisione sull'ammissibilità della richiesta, si scontrano con la decadenza e devono essere respinte dunque.
La Corte ricorda del resto che l'applicabilità dell'articolo 6 ad un procedimento di fallimento non suscita controversia. Difatti, al senso di questo articolo, suddetto procedimento riguarda senza dubbio dei diritti in una contestazione di carattere civile, come i diritti patrimoniali che sono oggetto di un fallimento. Del resto, la Corte ha molte volte applicato l'articolo 6 in cause simili (vedere, tra molti altri, Ceteroni c. Italia, sentenza del 15 novembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V).
In più, la Corte rileva che il procedimento fiscale iniziato dinnanzi alla commissione incaricata di decidere le dispute in materia fiscale presenta un carattere accessorio rispetto al procedimento di fallimento, oggetto della presente richiesta.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
15. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del "termine ragionevole" come previsto all'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato,:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole "
16. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Periodo da prendere in considerazione
17. Il periodo a considerare è cominciato il 24 luglio 1976 e si è concluso il 19 dicembre 2000. È durato circa ventiquattro anni e cinque mesi dunque.
B. Carattere ragionevole della durata del procedimento
18. La Corte ricorda avere constatato in numerose sentenze (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, § 22, CEDH 1999-V) l'esistenza in Italia di una pratica contraria alla Convenzione che risulta da un accumulo di trasgressioni all'esigenza del "termine ragionevole."
19. Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che la durata del procedimento controverso non risponda all'esigenza del "termine ragionevole" e che c'è ancora una manifestazione della pratica precitata.
20. Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 1 DEL PROTOCOLLO NO 1, 8 DELLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
21. Il richiedente si lamenta del fatto che la dichiarazione di fallimento l'ha privato di tutti i suoi beni che dopo la dichiarazione di fallimento tutta la corrispondenza che gli era indirizzata è stata rimessa al curatore e del fatto che la dichiarazione di fallimento gli ha impedito di allontanarsi dal suo luogo di residenza.
22. Invoca gli articoli 1 del Protocollo no 1, 8 della Convenzione e 2 del Protocollo no 4, così formulati,:
Articolo 1 del Protocollo no 1
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
Articolo 8 della Convenzione
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. "
Articolo 2 del Protocollo no 4
"1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L'esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell'ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in certe determinate zone, essere oggetto di restrizioni che, previste dalla legge, sono giustificate dall'interesse pubblico in una società democratica. "
23. La Corte ha trattato già di cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1, 8 della Convenzione e 2 del Protocollo no 4 (vedere in particolare §§ 70-97 la sentenza Luordo, precitata).
24. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento che possano condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Il procedimento di fallimento è durato circa ventiquattro anni e cinque mesi per un grado di giurisdizione, il che ha provocato la rottura del giusto equilibrio tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e gli interessi individuali del richiedente, ovvero il suo diritto al rispetto dei suoi beni, il suo diritto al rispetto della sua corrispondenza ed alla sua libertà di circolazione. Le ingerenze nei diritti e libertà del richiedente si sono rivelate sproporzionate all'obiettivo perseguito.
25. Di conseguenza, c'è stata violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1, 8 della Convenzione e 2 del Protocollo no 4.
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
26. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
A. Danno materiale
27. Il richiedente in primo luogo richiede il risarcimento di un danno materiale e la calcola in 300 000 000 lire italiane (ITL).
28. Il Governo contesta queste pretese.
29. Avendo omesso il richiedente di ventilare le sue pretese e di unire i giustificativi necessari, come esige l'articolo 60 dell'ordinamento, la Corte decide di non accordare niente sotto questo capo.
B. Danno morale
30. Il richiedente chiede 250 000 000 ITL per danno morale.
31. Il Governo contesta queste pretese.
32. La Corte stima che il richiedente ha subito un torto morale certo. Deliberando in equità, gli accorda 48 000 euro (EUR) a questo titolo.
C. Oneri e spese
33. Il richiedente chiede anche 22 917 700 ITL per oneri e spese esposti dinnanzi alla Commissione e la Corte, più la tassa sul valore aggiunto ed il contributo alla Cassa di previdenza degli avvocati.
34. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
35. Tenuto conto degli elementi in suo possesso e della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, ragionevole la somma di 2 500 EUR e l'accorda al richiedente.
D. Interessi moratori
36. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Respinge le eccezioni preliminari del Governo;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
5. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 2 del Protocollo no 4;
6. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i. 48 000 EUR (quarantottomila euro) per danno morale;
ii. 2 500 EUR (duemila cinque cento euro) per oneri e spese,;
iii. più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
7. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 11 dicembre 2003 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Vincent Pastore Georg Ress
Cancelliere Presidente