SECONDA SEZIONE
CAUSA BARBARO C. ITALIA
( Richiesta no 16436/02)
SENTENZA
STRASBURGO
16 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Barbaro c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 16436/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. F. B. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 26 marzo 2001 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. Il richiedente è rappresentato da S.F. F., avvocato a Marinò di Gioiosa. Il governo italiano ("il Governo") è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 16 novembre 2004, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall'articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull'ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1927 e risiede a Carinola.
5. Il 16 luglio 1993, tenuto conto della pericolosità del richiedente, il ministro della Giustizia prese un'ordinanza che gli imponeva, per un periodo di sei mesi, il regime di detenzione speciale previsto dall'articolo 41bis, capoverso 2, della legge penitenziaria (qui di seguito indicata anche come "legge no 354 del 1975"). Modificata dalla legge no 279 del 2002, questa disposizione permetteva la sospensione totale o parziale dell'applicazione del regime normale di detenzione quando delle ragioni di ordine e di sicurezza pubblica lo esigevano.
6. Questa ordinanza imponeva le seguenti restrizioni:
-limitazione delle visite dei membri della famiglia, al massimo una al mese per un’ora;
-interdizione di intrattenimenti con terzi;
-interdizione di utilizzare il telefono;
-interdizione di ricevere o di mandare delle somme di denaro al di là di un importo mensile determinato;
-interdizione di ricevere dell'esterno dei pacchi contenenti solo biancheria e, in ogni caso, non più di due pacchi al mese;
-interdizione di organizzare delle attività culturali, ricreative e sportive;
-interdizione di eleggere un rappresentante dei detenuti e di essere eletto come rappresentante;
-interdizione di esercitare delle attività artigianali;
-interdizione di acquistare degli alimenti che richiedono una cottura;
-interdizione di passeggiate superiori alle due ore.
7. L'applicazione del regime speciale fu prorogata a diciotto riprese per i periodi successivi di sei mesi fino al 12 febbraio 2002. Le restrizioni furono ammorbidite tuttavia dall'autorizzazione di una chiamata telefonica di un'ora al mese coi membri della famiglia in mancanza di incontro con questi e con la soppressione della limitazione del tempo della passeggiata così come dell'interdizione di acquistare degli alimenti che richiedono una cottura.
Ogni ordinanza aveva una durata limitata per i seguenti periodi:
16 luglio 1993-31 gennaio 1994, ordinanza no 1,
30 gennaio 1994-1 agosto 1994, ordinanza no 2,
1 agosto 1994-31 gennaio 1995, ordinanza no 3,
6 febbraio 1995-5 agosto 1995, ordinanza no 4,
5 agosto 1995-5 febbraio 1996, ordinanza no 5,
2 febbraio 1996-2 agosto 1996, ordinanza no 6,
31 luglio 1996-31 gennaio 1997, ordinanza no 7,
4 febbraio 1997-4 agosto 1997, ordinanza no 8,
31 luglio 1997-31 gennaio 1998, ordinanza no 9,
4 febbraio 1998-4 agosto 1998, ordinanza no 10,
30 luglio 1998-30 gennaio 1999, ordinanza no 11,
27 gennaio 1999-27 luglio 1999, ordinanza no 12,
22 luglio 1999-22 dicembre 1999, ordinanza no 13,
23 dicembre 1999-23 giugno 2000, ordinanza no 14,
22 giugno 2000-31 dicembre 2000, ordinanza no 15,
21 dicembre 2000-21 giugno 2001, ordinanza no 16,
18 giugno 2001-18 dicembre 2001, ordinanza no 17,
13 dicembre 2001-13 giugno 2002, ordinanza no 18,
8. Risulta dalla pratica che il 12 febbraio 2002 il regime è stato revocato con un'ordinanza del tribunale di applicazione delle pene di L'Aquila dello stesso giorno.
9. Il richiedente attaccò certe di queste ordinanze dinnanzi al tribunale dell'applicazione delle pene di L'Aquila.
a) (ordinanza no 1)
Il 9 novembre 1993, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 28 aprile 1994, depositata presso la cancelleria il 30 maggio 1994 e notificata al richiedente in una data non precisata, il tribunale dichiarò il ricorso inammissibile perché depositato tardivamente.
b) (ordinanze numeri 2-3)
Il 2 febbraio 1994 ed il 4 agosto 1994, il richiedente introdusse due ricorsi contro queste ordinanze. Con un'ordinanza del 1 dicembre 1994, depositata presso cancelleria il 14 dicembre 1994 e notificata al richiedente in una data non precisata, il tribunale dichiarò il primo ricorso inammissibile. Constatò difatti che il periodo di applicazione della prima ordinanza era scaduto il 31 luglio 1994 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame. In quanto al secondo ricorso, il tribunale dichiarò questo inammissibile, perché, sulla base di una giurisprudenza restrittiva seguita all'epoca, il tribunale non aveva competenza per esaminare la fondatezza delle limitazioni ordinate.
c) (ordinanza no4)
Il richiedente non ha informato la Corte della conclusione del suo ricorso.
d) (ordinanza no 5)
Il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 13 febbraio 1996, depositata presso la cancelleria il 15 febbraio 1996 e notificata al richiedente in una data non precisata, il tribunale dichiarò il ricorso inammissibile. Constatò difatti che il periodo di applicazione dell'ordinanza era scaduto il 5 febbraio 1996 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame.
e) (ordinanza no 6)
Il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 9 agosto 1996, depositata alla cancelleria lo stesso giorno e notificata al richiedente il 21 agosto 1996, il tribunale dichiarò il ricorso inammissibile. Constatò difatti che il periodo di applicazione dell'ordinanza era scaduto il 2 agosto 1996 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame.
f) (ordinanza no 7)
Il 6 agosto 1996, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 1 febbraio 1997, depositata presso la cancelleria lo stesso giorno e notificata al richiedente l’ 8 febbraio 1997, il tribunale dichiarò il ricorso inammissibile. Constatò difatti che il periodo di applicazione dell'ordinanza era scaduto il 31 gennaio 1997 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame.
g) (ordinanza no 8)
Il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 14 maggio 1997, depositata alla cancelleria il 19 maggio 1997 e notificata al richiedente il 24 maggio 1997, il tribunale, stimando che le limitazioni erano giustificate, respinse il ricorso.
h) (ordinanza no 9)
Il 7 agosto 1997, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 3 febbraio 1998, depositata presso la cancelleria lo stesso giorno e notificata al richiedente il 7 febbraio 1998, il tribunale dichiarò il ricorso inammissibile. Constatò difatti che il periodo di applicazione dell'ordinanza era scaduto il 31 gennaio 1998 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame.
i) (ordinanza no 10)
Il richiedente non ha informato la Corte della conclusione del suo ricorso.
j) (ordinanza no 11)
Il 4 agosto 1998, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 12 novembre 1998, depositata presso la cancelleria il 16 novembre 1998 e notificata al richiedente il 17 novembre 1998, il tribunale, pure confermando l'applicazione del regime speciale al richiedente, tolse la limitazione concernente l'interdizione di ricevere dell'esterno solo dei pacchi contenenti biancheria.
k) (ordinanza no 12)
Il richiedente non ha informato la Corte della conclusione del suo ricorso.
l) (ordinanza no 13)
Il 26 luglio 1999, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 7 dicembre 1999, depositata alla cancelleria il 9 febbraio 2000 e notificata al richiedente il 17 febbraio 2000, il tribunale, stimando che le limitazioni erano giustificate, respinse il ricorso.
m) (ordinanza no 14)
Il 30 dicembre 1999, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 21 marzo 2000, depositata presso la cancelleria il 20 aprile 2000 e notificata al richiedente il 10 maggio 2000, il tribunale, stimando che le limitazioni erano giustificate, respinse il ricorso. Il richiedente ricorse in cassazione contro l'ordinanza del tribunale dell'applicazione delle pene del 21 marzo 2000. Con un'ordinanza del 14 dicembre 2000, depositata presso la cancelleria il 23 gennaio 2001 e notificata al richiedente in una data non precisata, la Corte di cassazione dichiarò il ricorso inammissibile. Constatò difatti che il periodo di applicazione dell'ordinanza era scaduto il 23 giugno 2000 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame.
n) (ordinanza no 15)
Il 23 giugno 2000, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 14 novembre 2000, depositata presso la cancelleria il 6 dicembre 2000 e notificata al richiedente il 16 dicembre 2000, il tribunale, stimando che le limitazioni erano giustificate, respinse il ricorso.
o) (ordinanza no 16)
Il 28 dicembre 2000, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 13 febbraio 2001, depositata presso la cancelleria il 27 febbraio 2001 e notificata al richiedente il 3 marzo 2001, il tribunale, stimando che le limitazioni erano giustificate, respinse il ricorso. Il richiedente ricorse in cassazione. Con una sentenza del 6 dicembre 2001, la Corte di cassazione respinse il richiedente del suo ricorso.
p) (ordinanza no 17)
Il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 9 ottobre 2001, depositata presso la cancelleria il 12 ottobre 2001, il tribunale, stimando che le limitazioni erano giustificate, respinse il ricorso.
q) (ordinanza no 18)
Il 17 dicembre 2001, il richiedente introdusse un ricorso contro questa ordinanza. Con un'ordinanza del 12 febbraio 2002 depositata presso la cancelleria il 15 febbraio 2002 il tribunale, stimando che non c'era nessuna prova dell'attualità dei legami tra il richiedente e gli ambienti criminali che nessuna condanna per associazione di malviventi di tipo mafioso era stata pronunciata contro lui, e visto che l'interessato, di settantatre anni, era stato sottomesso a questo regime per quasi undici anni, revocò il regime in questione.
10. Il richiedente afferma che è ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale dell'applicazione delle pene. Ha sottoposto però, solamente la sentenza della Corte di cassazione del 14 dicembre 2000 concernente l'ordinanza no 14 (vedere m) sopra).
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. La Corte ha riassunto il diritto e le pratica interna pertinenti in quanto al regime speciale di detenzione applicata nello specifico ed in quanto al controllo della corrispondenza nella sua sentenza Enea c. Italia ([GC], no 74912/01, §§ 30-42, 17 settembre 2009). Ha fatto anche stato delle modifiche introdotte dalla legge no 279 del 23 dicembre 2002 e dalla legge no 95 del 8 aprile 2004, ibidem.
Tenuto conto di questa riforma e delle decisioni della Corte, la Corte di cassazione si è scostata della sua giurisprudenza e ha stimato che un detenuto ha interesse ad avere una decisione, anche se il periodo di validità dell'ordinanza attaccata è scaduto, e ciò in ragione degli effetti diretti della decisione sulle ordinanze posteriori all'ordinanza attaccata (Corte di cassazione, prima camera, sentenza del 26 gennaio 2004, depositatail 5 febbraio 2004, no 4599, Zara).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
12. Il richiedente si lamenta del ritardo della giurisdizione di applicazione delle pene e della Corte di cassazione nel deliberare sui ricorsi introdotti per contestare il regime speciale di detenzione. È in causa l'articolo 6 § 1 della Convenzione la cui parte pertinente è formulata così:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale chi deciderà , o delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile, o della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei ."
13. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull'ammissibilitÃ
14. Il richiedente sottolinea il ritardo sistematico con che si sarebbero pronunciate le giurisdizioni dell'applicazione delle pene.
15. Il Governo eccepisce del fatto che questa parte della richiesta è tardiva nella misura in cui è legata alle ordinanze rese dal febbraio 1993 al settembre 2000 ed afferma che la sola decisione che potrebbe essere oggetto di un esame è quella relativa all'ordinanza no 14.
16. Il richiedente contesta l'eccezione sollevata dal Governo.
17. In quanto alle decisioni di rigetto dei ricorsi introdotti contro le ordinanze numeri 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11 e 13, la Corte nota che, essendo stata introdotta la richiesta il 26 marzo 2001, questa parte del motivo di appello tratto dall'articolo 6 § 1 si rivela tardiva e deve essere dichiarata inammissibile in applicazione dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
18. In quanto alle ordinanze numeri 4, 10 e 12, la Corte nota che il richiedente non ha informato la Corte della conclusione dei suoi ricorsi. Questa parte del motivo di appello è, di conseguenza, manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
19. Per ciò che riguarda i ricorsi introdotti contro le ordinanze numeri 15, 16, 17 e 18, la Corte nota che nello specifico, nessuna prova dell'esistenza di un ritardo da parte delle autorità competenti è stata portata dal richiedente. Peraltro, risulta dalla pratica che i tribunali di applicazione delle pene investiti si sono pronunciati sui reclami del richiedente prima della scadenza del periodo di validità delle ordinanze controverse e che non c'è stata mancanza di decisione sul merito né ritardi sistematici del tribunale che hanno provocato una concatenazione di ordinanze prese dal ministro della Giustizia senza tenere conto delle decisioni giudiziali.
20. Ne segue che questa parte del motivo di appello è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
21. In quanto all'ordinanza no 14, la Corte stima che questa parte del motivo di appello derivata dal diritto ad un tribunale non è manifestamente mal fondata ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
22. Secondo il richiedente, la violazione dell'articolo 6 § 1 sarebbe la conseguenza della decisione di rigetto per perdita di interesse all'esame in ragione della scadenza del termine di validità dell'ordinanza ministeriale attaccata.
23. Il Governo afferma che il superamento del termine dei dieci giorni previsto dalla legge sull'amministrazione penitenziaria non potrebbe passare per un'omissione del dovere di controllo giurisdizionale. Il tribunale dell'applicazione delle pene avrebbe sempre deliberato in termini ragionevoli tenuto conto del tempo necessario per l'istruzione delle cause. Nello specifico, il ritardo controverso non avrebbe causato un diniego di accesso ad un tribunale. In più, il Governo afferma che il richiedente non ha indicato la data in cui il richiedente è ricorso in cassazione.
24. La Corte rileva da prima che un detenuto dispone di dieci giorni a contare dalla data della comunicazione dell'ordinanza per formare un reclamo senza effetto sospensivo dinnanzi al tribunale dell'applicazione delle pene che deve deliberare entro dieci giorni a sua volta.
25. Osserva poi che, il 30 dicembre 1999, il richiedente ha introdotto un ricorso contro l'ordinanza del 23 dicembre 1999. Con una decisione del 21 marzo 2000, il tribunale dell'applicazione delle pene ha respinto il ricorso. Il richiedente ricorse in cassazione. Con un'ordinanza del 14 dicembre 2000, depositata presso la cancelleria il 23 gennaio 2001, la Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha constatato difatti che il periodo di applicazione dell'ordinanza era scaduto il 23 giugno 2000 e che, per questo fatto, il richiedente aveva perso ogni interesse al suo esame.
26. Certo, il semplice superamento di un termine legale non costituisce un'incomprensione del diritto garantito. Però, il tempo necessario all'esame di un ricorso può ledere l'efficacia di questo ultimo. Nell'occorrenza, il tribunale ha deliberato sul ricorso del richiedente tre mesi dopo la sua introduzione e la Corte di cassazione, un anno dopo l'adozione dell'ordinanza ministeriale, ha dichiarato il ricorso inammissibile, essendo scaduto il periodo di validità di suddetto ordinanza. La Corte può, di conseguenza solo constatare che la mancanza di decisione sul merito ha svuotato della sua sostanza il controllo esercitato dal giudice su questa ordinanza del ministro della Giustizia (Enea, precitata, § 82).
27. Peraltro, se la legge applicabile contempla solamente un termine di decisione di dieci giorni, è in ragione, da una parte, della gravità degli effetti del regime speciale sui diritti del detenuto e, dall’altra parte, della validità limitata nel tempo della decisione attaccata (vedere, tra molte altre, Argenti c. Italia, no 56317/00, § 45, 10 novembre 2005, e Viola c. Italia, no 8316/02, § 55, 29 giugno 2006).
28. In conclusione, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
29. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
30. Il richiedente non ha fatto richiesta di soddisfazione equa. Pertanto, la Corte stima che non c'è luogo di concedergli alcuna somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara il motivo di appello tratto dall'articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto al diritto ad un tribunale durante il periodo di applicazione del regime speciale di detenzione ammissibile in quanto all'ordinanza no 14 del 23 dicembre 1999 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 febbraio 2010, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens Greffière collaboratrice Presidentessa