Conclusione Eccezione preliminare respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Violazione dell'art. 6-1; violazione di P1-1
PRIMA SEZIONE
CAUSA ANONYMOS TOURISTIKI ETAIRIA XENODOCHEIA KRITIS C. GRECIA
( Richiesta no 35332/05)
SENTENZA
STRASBURGO
21 febbraio 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta di:
Loukis Loucaides, presidente, Christos Rozakis, Nina Vajic, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, giudici,
e di Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 31 gennaio 2008,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 35332/05) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui una società greca che ha la sua sede a Agios Nikolaos Nikolaos in Creta, "A. T. E. X. K." ("la società richiedente"), ha investito la Corte il 13 settembre 2005 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. La società richiedente è rappresentata dal K. ed I. H., avvocati al foro di Tessalonico. Il governo greco ("il Governo") è rappresentato dai delegati del suo agente, il Sig. K. Georgiadis, assessore del Consulente legale dello stato e la Sig.ra Sig. Papida, ascoltatrice presso il Consulente legale dello stato.
3. La società richiedente si lamentava, sotto l'angolo dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, della durata del procedimento controverso e, sotto l'angolo dell'articolo 1 del Protocollo no 1, di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
4. Il 27 novembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
A. La genesi della causa
5. La società richiedente fu costituita nel 1972 con l'obiettivo di fornire dei servizi turistici di qualità in Grecia. Nel 1972, 1973 e successivamente 1974, acquisì una superficie di sedici ettari circa ubicata in Creta, nella penisola di Spinaloga e nella regione di Elounta, allo scopo di impiantare un complesso alberghiero.
6. Nel 1973, la società richiedente sottopose all'organismo Ellenico del Turismo (l' "EOT") un progetto di costruzione di un complesso alberghiero di una capacità di 606 posti letto sul terreno precitato. Il 12 novembre 1973, con un atto no 551898/1973, l'EOT approvò il progetto in causa.
B. L'adozione delle misure restrittive sulla costruzione del terreno in causa
7. Al momento dell'acquisizione del terreno, la costruzione di un complesso alberghiero non era vietata dalla legislazione pertinente. Le condizioni di costruzione sulla superficie in causa erano regolate dall'articolo 5 § 1 del decreto presidenziale del 23 ottobre 1928 "sulle condizioni di costruzione di edifici nelle regioni all'interno o fuori dalla zona urbana." Secondo suddetta disposizione, la costruzione di edifici su dei terreni situati fuori dalla zona urbana era permessa, purché la superficie del terreno superasse i 4 000 m2 e che l'edificio progettato non superasse il 10% della superficie del terreno. Nel 1970, in virtù di una decisione del ministro aggiunto della Presidenza del Governo, la regione di Elounta fu qualificata some "luogo di bellezza naturale particolare." Nel 1976, con decisione ministeriale, la penisola di Spinaloga fu qualificata come "sito archeologico." Nessuna restrizione specifica in quanto all'edificabilità dei terreni situati nella regione di Elounta fu portata in virtù delle decisioni precitate.
8. Nel 1976, la società richiedente sottopose al 14 comitato delle antichità classiche il progetto finale riguardante la costruzione di un complesso alberghiero di una capacità di 612 posti letto sul terreno in causa. Il 28 gennaio 1977, il ministero della Cultura fece seguito a questa domanda apportandovi tuttavia certe restrizioni: limitò la capacità dell’ hotel a 350 posti letto ed impose anche delle modifiche in quanto alla quota massimale della costruzione prevista. La società richiedente adduce che la modifica del progetto di costruzione, in particolare in quanto alla capacità dell’ hotel, sconvolse i dati finanziari dell'investimento ed impose di facto l'elaborazione di un nuovo progetto di costruzione.
9. Il 21 giugno 1984, il ministro della Cultura respinse la domanda della società richiedente che tendeva alla costruzione del complesso alberghiero, dopo avere considerato che il terreno da costruire si trovava in una regione qualificata come sito archeologico e di una bellezza naturale particolare. In particolare, il ministro della Cultura considerò che vicino al terreno in causa si trovava una basilica paleocristiana, qualificata come monumento storico che avrebbe sofferto dell'insediamento di un hotel (atto no 1153/21.6.1984).
10. Il 28 giugno 1984, il ministro della Cultura qualificò la regione come "zona A - di protezione assoluta", ossia una zona in cui ogni costruzione, qualunque sia la sua natura, è vietata totalmente (atto no 1213/28.6.1984).
11. Il 30 giugno 1986, il Servizio archeologico confermò l'interdizione di ogni costruzione sulla proprietà della società richiedente.
12. La società richiedente intraprese vanamente in seguito diversi passi presso delle autorità competenti ai fini di ottenere il rinnovo del permesso iniziale di costruzione di un complesso alberghiero di 350 posti letto.
C. Le domande di espropriazione ed il ricorso al Consiglio di stato
13. Il 2 marzo 1993, la società richiedente sollecitò presso il ministero della Cultura l'espropriazione della sua proprietà adducendo che il carico imposto dall'interdizione totale di costruire aveva reso di facto nullo il suo diritto di proprietà.
14. Il ministero della Cultura sollecitò il parere del 14° comitato delle antichità classiche e del 13° comitato delle antichità bizantine e post-bizantine che procederono ad una visita ai luoghi. I rapporti preparati dai servizi precitati stabilirono la mancanza di antichità sulla superficie del terreno così come l'esistenza di una chiesa paleocristiana a 200 metri dal limite più vicino al terreno. I rapporti proposero la non-espropriazione del terreno in causa.
15. Il 3 agosto 1998, la società richiedente indirizzò ai ministri della Cultura e delle Finanze una nuova richiesta di espropriazione. L'amministrazione non avendo risposto alla società richiedente nel termine prescritto, questa investe, il 28 novembre 1998, il Consiglio di stato di un ricorso in annullamento contro il rifiuto tacito dell'amministrazione di procedere all'espropriazione della sua proprietà. La società richiedente adduceva tra l’altro che il rifiuto dell'amministrazione di procedere all'espropriazione del terreno in causa recava offesa al suo diritto alla protezione dei suoi beni, come è consacrato dagli articoli 17 della Costituzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione. In particolare, la società richiedente affermava che il terreno in causa era edificabile secondo il diritto pertinente all'epoca della sua acquisizione. Aggiungeva che l'imposta progressiva di restrizioni essendo arrivata alla non edificabilità assoluta della sua proprietà si rivelava essere un carico derogatorio che provocava il deprezzamento totale della sua proprietà. Per la società richiedente, suddetto comportamento dell'amministrazione equivaleva ad un'espropriazione di facto in contraddizione diretta col diritto alla protezione della proprietà.
16. Il 30 agosto 2001, la società richiedente depositò un esposto che comprendeva dei mezzi supplementari di annullamento, possibilità prevista dal diritto interno pertinente.
17. Dopo parecchi rinvii a causa di cambiamenti del delatore e della sezione competente per esaminare la causa, il Consiglio di stato respinse il ricorso in annullamento il 30 marzo 2005. In particolare, l'alta giurisdizione amministrativa considerò che l'amministrazione si trovava nell'obbligo di espropriare un terreno unicamente nel caso in cui le restrizioni imposte su questo provocano l'impossibilità parziale o totale di sfruttarlo secondo la sua destinazione. Ora, nel caso di specifico, il Consiglio di stato notò che il terreno controverso si trovava fuori dalla zona urbana e che era, di conseguenza, destinato esclusivamente per sua natura ad un uso agricolo, avicolo, arboricolo o di svagoper il pubblico. Il Consiglio di stato conclude che nell'occorrenza nessuna restrizione parziale o assoluta aveva colpito la proprietà in causa e che la situazione controversa non equivaleva ad un'espropriazione (sentenza no 982/2005).
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. La Costituzione
18. Gli articoli pertinenti della Costituzione dispongono:
Articolo 17
"1. La proprietà è posta sotto la protezione dello stato. I diritti che ne derivano non possono essere esercitati tuttavia a scapito dell'interesse generale.
2. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nei casi e seguendo il procedimento determinato dalla legge e sempre mediante un'indennità preliminare completa. Questa deve corrispondere al valore che possiede la proprietà espropriata il giorno dell'udienza sulla causa concernente la determinazione provvisoria dell'indennità da parte del tribunale. Nel caso di una richiesta che mira alla determinazione immediata dell'indennità definitiva, è preso in considerazione il valore che la proprietà espropriata possiede al giorno dell'udienza del tribunale su questa richiesta.
(...) "
Articolo 24
1. La protezione dell'ambiente naturale e culturale costituisce un obbligo dello stato ed un diritto per ciascuno. Lo stato è obbligato a prendere delle misure speciali, preventive o repressive per proteggere l'ambiente conformemente al principio di durabilità. La legge regola in generale le materie relative alla protezione delle foreste e degli spazi forestali. La tenuta di un registro delle foreste costituisce un obbligo per lo stato. La modifica della destinazione delle foreste e degli spazi forestali è vietata, a meno che il loro sfruttamento agricolo o un altro uso imposto dall'interesse pubblico non siano prioritari per l'economia nazionale.
2. Il piano di sviluppo del territorio del paese, la formazione, lo sviluppo, l'urbanistica e l'estensione delle città e delle zone da urbanizzare dipende in generale della legislazione e dal controllo dello stato, per servire al carattere funzionale ed allo sviluppo delle agglomerazioni e garantire le migliori condizioni di vita possibile.
Le scelte tecniche e gli argomenti pertinenti sono diretti dalle regole della scienza. La tenuta di un catasto nazionale costituisce un obbligo per lo stato.
3. Per la riconoscenza di una regione come zona ad urbanizzare ed in vista della sua urbanistica operativa, le proprietà che sono incluse contribuiscono obbligatoriamente tanto alla disposizione, senza dritto ad un'indennità da parte dell'organismo implicato, dei terreni necessari per l'apertura delle vie e la creazione dei posti e di altri spazi di uso o di interesse pubblico in generale che alle spese per l'esecuzione dei lavori di infrastruttura urbana, così come è contemplato dalla legge.
4. La legge può contemplare la partecipazione dei proprietari di una regione caratterizzata come zona da urbanizzare al collocamento in valore ed alla pianificazione generale di questa regione seguendo un piano di urbanistica debitamente approvata; questi proprietari ricevono per contro-prestazione degli immobili o delle parti delle proprietà a livello di un valore uguale nei terreni alla fine destinati alla costruzione o negli edifici di questa zona.
5. Le disposizioni dei paragrafi precedenti sono già anche applicabili in caso del ripianificazione delle agglomerazioni urbane esistenti. I terreni liberati da questa ripianificazione sono destinati alla creazione di spazi di uso comune o sono messi in vendita per coprire le spese della ripianificazione urbanistica, così come contemplato dalla legge.
6. I monumenti ed i siti ed elementi tradizionali sono posti sotto la protezione dello stato. La legge determina le misure restrittive della proprietà che sono necessarie per la realizzazione di questa protezione, così come le modalità e la natura dell'indennizzo dei proprietari.
Dichiarazione interpretativa. Il termine foresta o ecosistema forestale designano l'insieme organico costituito dalle piante selvagge dal tronco legnoso su una vasta superficie di terra che, insieme con la flora e la fauna coesistenti là, costituiscono, con la loro reciproca interdipendenza e la loro interazione, una biocenosi particolare, biocenosi forestale, ed un ambiente naturale particolare, derivato dalla foresta. Un spazio forestale esiste quando la vegetazione legnosa selvaggia, che sia fustaia o arbustiva, è diradata.
19. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato, l'amministrazione è obbligata ad indennizzare il proprietario di un terreno, quando delle misure che mirano alla protezione dell'ambiente naturale o culturale restringono sostanzialmente, in modo parziale o assoluto, l'uso di questa proprietà secondo la sua destinazione, sentenze numero 2876/2004 e 3000/2005.
B. La legge di accompagnamento (??sa??????? ??µ??) del codice civile,
20. Gli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile si leggono come segue:
Articolo 105
"Lo stato è tenuto di riparare il danno causato dagli atti illegali od omissioni dei suoi organi all'epoca dell'esercizio del potere pubblico, salvo se l'atto o l'omissione hanno avuto luogo da incomprensione di una disposizione destinata a servire l'interesse pubblico. La persona colpevole è solidalmente responsabile con lo stato, sotto riserva delle disposizioni speciali sulla responsabilità dei ministri. "
Articolo 106
"Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche in materia di responsabilità delle collettività territoriali o di altre persone giuridiche di dritto pubblico per il danno causato dagli atti od omissioni dei loro organi. "
21. Questa disposizione stabilisce il concetto di atto dannoso speciale di dritto pubblico, creando una responsabilità extracontrattuale dello stato. Questa responsabilità risulta da atti od omissioni illegali. Gli atti riguardati possono essere, non solo degli atti giuridici, ma anche degli atti materiali dell'amministrazione, ivi compreso degli atti non esecutivi in principio (Kyriakopoulos, Commento del codice civile, articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile, no 23; Filios, Diritto dei contratti, parte speciale, volume 6, responsabilità delittuosa 1977, il paragrafo 48 B 112; E. Spiliotopoulos, Diritto amministrativo, terza edizione, paragrafo 217; sentenza no 535/1971 della Corte di cassazione; Nomiko Vima, 19 anno, p. 1414; sentenza no 492/1967 della Corte di cassazione; Nomiko Vima, 16 anno, p. 75). L'ammissibilità dell'azione in risarcimento è sottoposta ad una condizione: la natura illegale dell'atto o dell'omissione.
C. Il decreto presidenziale del 23 ottobre 1928 "sulle condizioni di costruzione di edifici nelle regioni all'interno o fuori il piano della città"
22. L'articolo 5 § 1 di suddetto decreto presidenziale dispone:
"La costruzione fuori le zone [urbane] è permessa unicamente su dei terreni di una superficie di 4 000 m2 come minimo ed alla condizione che l'immobile da costruire non occupi più del 10% della superficie totale del terreno "
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
23. La società richiedente si lamenta della durata del procedimento dinnanzi al Consiglio di stato che è arrivato alla sua sentenza no 982/2005. Invoca l'articolo 6 § 1 della Convenzione lei cui le parti pertinenti sono formulate così:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile ."
24. Il Governo si oppone a questa tesi. Arguisce in particolare che la causa era complicata e che i ritardi nel perseguimento del procedimento erano dovuti al cambiamento di delatori e di sezioni competenti in seno al Consiglio di stato. Avanza, per di più, che la società richiedente ha depositato un esposto che comprendeva dei nuovi mezzi di annullamento, il che ha provocato il rallentamento del procedimento.
25. La società richiedente afferma che la causa non presentava nessuna complessità particolare e che la durata del procedimento in causa è eccessiva ed in nessun modo giustificata.
A. Sull'ammissibilità
26. La Corte constata che questa lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non si scontracontro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Periodo da prendere in considerazione
27. Il procedimento controverso è cominciato il 28 novembre 1998, con l'immissione nel processo del Consiglio di stato da parte della società richiedente, e è finito il 30 marzo 2005, data della sentenza no 982/2005 di questa giurisdizione. Il periodo da considerare si estende dunque su sei anni e più di quattro mesi per un grado di giurisdizione.
2. Carattere ragionevole della durata del procedimento
28. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avendo riguardo dei criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento del richiedente e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
29. La Corte ha esaminato a più riprese delle cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato la violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Elmaliotis e Konstantinidis c. Grecia, no 28819/04, §§ 32-36, 25 gennaio 2007).
30. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento che possano condurre ad una conclusione differente nel caso presente. In particolare, la Corte riafferma, in primo luogo, che incombe sugli Stati contraenti di organizzare il loro sistema giudiziale in modo tale che le loro giurisdizioni possano garantire a ciascuno il diritto di ottenere una decisione definitiva sulle contestazioni relative ai suoi diritti ed obblighi di carattere civile in un termine ragionevole (vedere Comingersoll S.p.A. c. Portogallo [GC], no 35382/97, § 24, CEDH 2000-IV).
31. In secondo luogo, la Corte stima che la deposizione da parte della società richiedente di un esposto che comprendeva dei mezzi di annullamento supplementare, possibilità prevista dal diritto interno, non potrebbe essere imputabile come elemento contribuente al rallentamento del procedimento. Incombe piuttosto sul Governo di prendere in conto dei mezzi procedurali offerti al giudicabile durante ogni procedimento giudiziale, per determinare gli intervalli tra due atti procedurali e fare in modo che il procedimento in causa si concluda in un termine ragionevole. Alla vista di ciò che precede e per il fatto che il procedimento in causa non presentava una complessità particolare, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all'esigenza del "termine ragionevole."
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELLARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
32. La società richiedente si lamenta del blocco totale della sua proprietà in ragione della qualifica del terreno in causa come "zona A - di protezione assoluta." In particolare, fa notare che tanto il comportamento delle autorità amministrative che la sentenza no 982/2005 del Consiglio di stato hanno annientato il valore della sua proprietà senza per questo fosse contemplato il versamento di una qualsiasi indennità. Invoca l'articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
"Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. "
A. Argomenti delle parti
1. Il Governo
33. Il Governo sostiene, innanzitutto, l'inammissibilità di questa lagnanza, al motivo che la società richiedente non ha investito le giurisdizioni amministrative di un'azione in indennizzo fondata sull'articolo 24 § 6 della Costituzione così come sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile. In particolare, in quanto al ricorso fondato sull'articolo 24 § 6 della Costituzione, il Governo afferma che questa disposizione contempla l'indennizzo dell'interessato quando delle misure di protezione dell'ambiente portano attentato alla sua proprietà. Nota che, secondo la giurisprudenza recente del Consiglio di stato, l'obbligo di indennizzo deriva direttamente dalla disposizione costituzionale senza necessità di adottare la legge esecutiva alla quale l'articolo 24 § 6 della Costituzione fa riferimento. Secondo la stessa giurisprudenza, lo stato si trova nell'obbligo di indennizzare gli interessati nel caso in cui vi è attentato sostanziale all'uso della proprietà in causa secondo la sua destinazione. Inoltre, in quanto all'azione in indennizzo fondata sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile, il Governo afferma che queste disposizioni stabiliscono la responsabilità extracontrattuale dello stato risultante da atti o da omissioni illegali degli organi dello stato.
34. Sul merito, il Governo arguisce che non c'è stata nell'occorrenza ingerenza nel diritto della società richiedente rispetto i suoi beni. Per il Governo, il carico imposto alla proprietà in causa serviva uno scopo legittimo, quello della protezione dell'ambiente culturale. In più, il Governo afferma che il terreno in causa si trovava all'infuori della zona urbana ed era destinato così solamente ad uno sfruttamento agricolo, viticole, arboricolo o allo svago del pubblico.
2. La società richiedente
35. In quanto al'eccezione di inammissibilità sollevata dal Governo, la società richiedente ribatte che la sua lagnanza dinnanzi al Consiglio di stato riguardava gli stessi fatti ed argomenti che avrebbero potuto essere oggetto di azioni sia sulla base dell'articolo 24 § 6 della Costituzione, sia sul fondamento degli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile.
36. Sul merito, la società richiedente contesta la pertinenza del criterio applicato dal Consiglio di stato, nella misura in cui questo passa oltre il fatto che il terreno era edificabile al momento della sua acquisizione. Su questo punto, la società richiedente adduce che le restrizioni progressivamente imposte sul suo terreno hanno annientato praticamente il suo valore, ilche costituisce, in verità, un'espropriazione di facto.
A. Sull'ammissibilità
37. La Corte ricorda che il fondamento della regola dell'esaurimento delle vie di ricorso interne enunciata all'articolo35 § 1 della Convenzione consiste nel fatto che prima di investire la Corte, il richiedente debba dare allo stato responsabile la facoltà di ovviare alle violazioni addotte dai mezzi interni, utilizzando le risorse giudiziali offerte dalla legislazione nazionale, purché si rivelino efficaci e sufficienti (vedere, tra altre, la sentenza Fressoz e Roire c. Francia [GC], no 29183/95, § 37, CEDH 1999-I). Difatti, l'articolo 35 § 1 della Convenzione prescrive l'esaurimento solo dei ricorsi relativi al tempo stesso alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Devono esistere non solo ad un grado sufficiente di certezza in teoria ma anche in pratica, mancano loro altrimenti dell'effettività e dell'accessibilità voluta; incombe sullo stato convenuto di dimostrare che queste esigenze si trovano riunite (vedere, tra altrw, Dalia c. Francia, sentenza del 19 febbraio 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-I, p. 87, § 38.) Infine, quello che ha esercitato un ricorso di natura tale da ovviare direttamente alla situazione controversa -e non in modo indiretto -non è tenuto ad esaurirne altri nel caso in cui gli fossero stati aperti ma la cui efficacia sarebbe stata improbabile (Manoussakis ed altri c. Grecia, sentenza del 26 settembre 1996, Raccolta 1996-IV, § 33).
38. Nell'occorrenza, la Corte nota, innanzitutto, che la società richiedente si lamenta delle restrizioni imposte progressivamente al suo terreno, situazione che ha provocato la non edificabilità totale di questo e che è culminata col rigetto del suo ricorso in annullamento con la sentenza no 982/2005 del Consiglio di stato. In particolare, si lamenta del criterio adoperato dall'alta giurisdizione amministrativa, relativo alla destinazione dei terreni fuori dalla zona urbana che l'avrebbe condotta a respingere il suo ricorso. Ora, suddetta sentenza del Consiglio di stato era la decisione interna definitiva, nella cornice del procedimento controverso, non essendo contemplato nessun ricorso contro questo. Pertanto, non si supponeva che la società richiedente esaurisse alcun ricorso supplementare prima di investire la Corte della presente lagnanza.
39. Inoltre, la Corte nota che il ricorso in annullamento della società richiedente si dirigeva contro il rifiuto tacito dell'amministrazione di procedere all'espropriazione del terreno in causa in ragione del suo blocco totale. Tramite questo ricorso, la società richiedente ha sollevato esplicitamente dinnanzi al Consiglio di stato l'attentato presunto al diritto alla protezione dei suoi beni. Pertanto, ed ad ogni modo, non si potrebbe esigere da lei che utilizzi altre vie di ricorso.
40. Del resto, la Corte osserva che secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato (vedere, paragrafo 19 sopra,) l'articolo 24 § 6 della Costituzione può servire come fondamento di indennizzo a causa di blocco di una proprietà nel caso in cui vi sia attentato sostanziale all'uso della proprietà in causa secondo la sua destinazione. Ora, la società richiedente si lamenta precisamente del criterio applicato dal Consiglio di stato e riguardante la destinazione del terreno bloccato. Di conseguenza, un ricorso sulla base dell'articolo 24 § 6 della Costituzione non sarebbe stato efficace al senso dell'articolo 35 § 1 della Convenzione, poiché la giurisdizione investita avrebbe applicato il criterio di cui la società richiedente si lamenta dinnanzi alla Corte. In quanto alla domanda di risarcimento fondata sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile, la Corte nota che le giurisdizioni amministrative investite sarebbero legate nella determinazione dell'indennità eventuale dal criterio precedentemente applicato dall'alta giurisdizione amministrativa, ossia che il terreno bloccato era destinato ad ogni modo ad un sfruttamento agricolo, viticole, arboricolo o per lo svago del pubblico. Di conseguenza, non sarebbe conforme allo spirito dell'articolo 35 § 1 della Convenzione esigere che la società richiedente inizi un nuovo ciclo di procedimenti dinnanzi alle giurisdizioni interne che provocherebbe con certezza l'applicazione del criterio che è oggetto del presente procedimento.
41. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che la società richiesta ha fatto un uso normale delle vie di ricorso che aveva a sua disposizione in diritto greco. Conviene dunque respingere l'eccezione di non-esaurimento sollevata dal Governo. Inoltre, la Corte constata che questa lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
42. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l'articolo 1 del Protocollo no 1 che garantisce in sostanza il diritto di proprietà, contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l'uso dei beni conformemente all'interesse generale. La seconda e terza norma fanno riferimento ad esempi particolari di attentati al diritto di proprietà, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, tra altre, Anheuser-Busch Inc. c. Portogallo [GC], no 73049/01, § 62, CEDH 2007 -...).
43. Nell'occorrenza, la Corte non può accettare la posizione del Governo secondo la quale non c'è stata ingerenza nel diritto della società richiedente di disporre liberamente dei suoi beni. A questo riguardo, è da notare che al momento dell'acquisizione della proprietà in causa, il diritto interno riconosceva, sotto certe condizioni, la sua edificabilità (vedere, paragrafo 22 sopra,). Per di più, l'amministrazione ha, in seguito, esplicitamente riconosciuto alla società richiedente il diritto di fare costruire un complesso alberghiero: nel 1973, l'EOT ha autorizzato, in quanto autorità competente, il progetto di costruzione di un complesso alberghiero che gli era stato sottoposto dalla società richiesta. In più, nel 1977, il ministro della Cultura ha approvato lo stesso progetto, pure apportando alcune modifiche in quanto alla capacità dell’ hotel e la quota delle costruzioni.
44. Ora, lo sfruttamento del terreno in causa è stato bloccato ulteriormente da diversi atti amministrativi: il 21 giugno 1984, il ministro dell'ambiente ha respinto la domanda di permesso di costruire sul terreno in causa; il 28 giugno 1984, il ministro dell'ambiente ha qualificato la regione in cui si trovava il terreno controverso come "zona A-di protezione assoluta", ossia una zona in cui la costruzione e lo sfruttamento sono vietati totalmente. Il 30 giugno 1986, il Servizio archeologico ha confermato l'interdizione ad ogni tipo di costruzione sulla proprietà della società richiedente. In seguito alla conclusione consecutiva, con la sentenza no 982/2005, del procedimento dinnanzi al Consiglio di stato, procedimento cruciale per la valutazione della proporzionalità delle misure incriminate, la Corte deve esaminare se l'ingerenza nel diritto della società richiedente di disporre liberamente dei suoi beni fosse giustificata sotto l'angolo del secondo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere Housing Associazione of War Disabled e Victims of War of Attica ed altri c. Grecia, no 35859/02, § 36, 13 luglio 2006).
45. La Corte ricorda, da una parte che in un campo complesso e anche difficile come il piano di sviluppo del territorio, gli Stati contraenti godono di un grande margine di valutazione per condurre la loro politica urbanistica (vedere Housing Associazione of War Disabled e Victims of War of Attica ed altri c. Grecia, precitata, § 37; Elia S.r.l. c. Italia, no 37710/97, § 77, CEDH 2001-IX.) Stima dunque che l'ingerenza nel diritto della società richiedente al rispetto dei suoi beni soddisfaceva le esigenze dell'interesse generale. D’altra parte, lo scopo legittimo di proteggere il patrimonio naturale o culturale, pur importante che sia, non dispensa lo stato dal suo obbligo di indennizzare gli interessati nel caso in cui l'attentato al loro diritto di proprietà sia eccessivo. Appartiene così alla Corte di verificare, nel caso specifico, che l'equilibrio voluto è stato preservato in modo compatibile col diritto della società richiedente al rispetto dei suoi beni (vedere Saliba c. Malta, no 4251/02, § 45, 8 novembre 2005 e Housing Associazione of War Disabled e Victims of War of Attica ed altri c. Grecia, precitata, § 37).
46. Nell'occorrenza, la Corte nota che la questione della legalità delle restrizioni imposte alla proprietà controversa è stata esaminata dal Consiglio di stato nella cornice del procedimento amministrativo che prevede l'annullamento del rifiuto tacito dell'amministrazione di procedere all'espropriazione del terreno in causa. L'alta giurisdizione amministrativa ha considerato nella sua sentenza no 982/2005 che l'interdizione totale a costruire sul terreno controverso non recava offesa alla protezione dei beni, perché la proprietà in causa si trovava fuori dalla zona urbana. Secondo l'alta giurisdizione amministrativa, ogni sito fuori dalla zona urbana è destinato esclusivamente per sua natura ad un uso agricolo, avicolo, arboricolo o di svago del pubblico. In altri termini, il Consiglio di stato ha considerato che era impossibile che l'interdizione a costruire sul terreno controverso recasse offesa al diritto alla protezione della proprietà, dal momento che suddetto terreno era, comunque ed in ragione della sua natura, inedificabile.
47. La Corte considera che il motivo considerato dal Consiglio di stato per respingere il ricorso in annullamento della società richiedente si distingue per il suo rigore particolare: difatti, assimilare ogni terreno che si trova fuori dalla zona urbana ad un terreno destinato ad un uso agricolo, avicolo, arboricolo o di svago del pubblico introduce una presunzione irrefragabile che ignora le particolarità di ogni terreno non incluso nella zona urbana. In particolare, il riferimento alla "destinazione" di un terreno, termine per sé vago ed indefinito, non permette al giudice interno di tenere conto del diritto che, eventualmente, regolava in concreto il suo sfruttamento prima dell'imposizione della restrizione incriminata. Nei casi in cui la legislazione pertinente contempla solamente il suo sfruttamento agricolo, la "destinazione" del terreno è, difatti, solo l'agricoltura. Ora, nei casi in cui il diritto pertinente contempla espressamente l'edificabilità di un terreno, il giudice interno non potrebbe ignorare questo elemento facendo semplicemente appello alla "destinazione" di ogni terreno che si trova fuori dalla zona urbana.
48. Nel caso specifico, risulta dalla pratica che la destinazione della proprietà controversa non era unicamente lo sfruttamento agricolo. In particolare, l'interdizione a ogni costruzione sul terreno in causa ha tratto la sua origine da una regolamentazione derogatoria alle disposizioni di diritto comune sulle condizioni di costruzione dei terreni ubicati fuori dalla zona urbana. Decide su questo punto di rilevare una certa contraddizione nel comportamento delle autorità interne per garantire la protezione dell'ambiente culturale nel caso specifico. Difatti, se la proprietà in causa era ab initio inedificabile in ragione della sua destinazione allo sfruttamento agricolo, come suggerito nella sentenza no 982/2005 del Consiglio di stato, non sarebbe stato necessario che le autorità interne imponessero alla società richiedente la sua non edificabilità. Ora, nel caso specifico, l'interdizione a costruire è stata il risultato di una serie di atti amministrativi che rendono nullo suddetto dritto inizialmente riconosciuto dal diritto interno.
49. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che, nel caso specifico, il criterio adoperato dal Consiglio di stato nella sua sentenza no 982/2005 così come il comportamento susseguente delle autorità interne ha rotto il giusto l'equilibrio che deve regnare, in materia di regolamentazione dell'uso dei beni, tra l'interesse pubblico e gli interessi privati.
Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell'articolo 41 della Convenzione,
"Se la Corte dichiara che c'è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c'è luogo, una soddisfazione equa. "
51. La società richiedente richiede a titolo del danno materiale18 600 000 euro (EUR) sia 17 800 000 EUR per il deprezzamento della sua proprietà e la somma di 12 792 620 EUR per la privazione in quanto all'uso del terreno in causa. A titolo del danno morale sollecita la somma totale di 70 000 euro. Chiede, infine, la somma di 27 000 euro a titolo di oneri e spese.
52. Il Governo stima che le pretese della società richiedente siano infondate ed eccessive. Sostiene che, se e nella misura in cui la Corte dovesse constatare una violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1, la somma da assegnare a titolo del danno materiale non potrebbe superare 20 000 EUR. Inoltre, in quanto agli oneri e spese, il Governo afferma che la somma assegnata a questo titolo non potrebbe superare 2 000 EUR.
53. La Corte stima che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore tenuto conto della possibilità che il Governo e la società richiedente giungano ad un accordo, articolo 75 § 1 dell'ordinamento.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la domanda dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione non si trova in stato; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo e la società richiedente a sottoporle per iscritto, nei tre mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all'occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 21 febbraio 2008 in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Søren Nielsen Loukis Loucaides
Cancelliere Presidente