SECONDA SEZIONE
CAUSA ANNUNZIATA C. ITALIA
( Richiesta no 24423/03)
SENTENZA
STRASBURGO
7 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Annunziata c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jo�ienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All'origine della causa si trova una richiesta (no 24423/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. E. A. ("il richiedente"), ha investito la Corte il 20 giugno 2003 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione").
2. C. D. D., avvocato a Parma. Il governo italiano ("il Governo") è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce in particolare che le sue condizioni di detenzione si analizzano in trattamenti disumani e degradanti e in violazioni dei suoi diritti al rispetto della sua vita familiare e della sua corrispondenza.
4. Il 26 settembre 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell'articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l'ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Al momento dell'introduzione della richiesta, il richiedente era detenuto presso la prigione di Parma, dove scontava una pena di detenzione per associazione di malviventi di tipo mafioso.
6. Il 23 novembre 1998, il ministro della Giustizia prese un'ordinanza che imponeva al richiedente - considerato molto pericoloso -, per un periodo di sei mesi, il regime di detenzione speciale previsto dall'articolo 41bis, capoverso 2, della legge sull'amministrazione penitenziaria - no 354 del 26 luglio 1975 ("la legge no 354/1975"). Modificata dalla legge no 356 del 7 agosto 1992, questa disposizione permetteva la sospensione totale o parziale dell'applicazione del regime normale di detenzione quando delle ragioni di ordine e di sicurezza pubblica lo esigevano. Inoltre, tutta la corrispondenza del richiedente doveva essere sottoposta a controllo su autorizzazione preliminare dell'autorità giudiziale.
Risulta dalla pratica che i documenti a contenuto giuridico sono stati controllati nel novembre 2002.
L'applicazione del regime speciale è stata prorogata in seguito per periodi successivi di sei mesi fino al dicembre 2002. Nelle sue osservazioni, il Governo ha indicato che il richiedente non era più sottomesso al regime 41 bis in seguito ad una decisione del tribunale di applicazione delle pene di Roma del 7 dicembre 2006.
Il richiedente non ha prodotto nessuno dei ricorsi che avrebbe intentato contro le ordinanze ministeriali, né le decisioni giudiziali ivi relative.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Nella sua sentenza Ospina Vargas, la Corte ha riassunto il diritto e la pratica interna pertinenti in quanto al regime di detenzione speciale applicato nello specifico ed in quanto al controllo della corrispondenza (Ospina Vargas c. Italia, no 40750/98, §§ 23-33, 14 ottobre 2004). Ha fatto anche stato delle modifiche introdotte dalla legge no 279 del 23 dicembre 2002 e dalla legge no 95 del 8 aprile 2004 (ibidem). L'entrata in vigore di questa ultima legge non permette tuttavia di risanare le violazioni che hanno avuto luogo anteriormente alla sua entrata in vigore.
8. Tenuto conto di questa riforma e delle decisioni della Corte (Ganci c. Italia, no 41576/98, §§ 19-31, CEDH 2003-XI) la Corte di cassazione si è scostata dalla sua giurisprudenza in materia di interesse a mantenere un ricorso diretto contro un'ordinanza ministeriale nel frattempo scaduta. Ha stimato che un detenuto ha interesse ad avere una decisione contro un'ordinanza, anche se il periodo di validità dell'ordinanza attaccata è scaduto, e ciò in ragione degli effetti diretti che la sua decisione avrebbe sulle ordinanze posteriori (Corte di cassazione, prima camera, sentenza del 26 gennaio 2004, depositata il 5 febbraio 2004, no4599, Zara).
IN DIRITTO
I. SULL'ECCEZIONE DEL GOVERNO
9. Il Governo eccepisce dell'inammissibilità della richiesta ai sensi dell'articolo 35 § 2 b, nella misura in cui il richiedente ha sottoposto i suoi motivi di appello al Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti disumani o degradanti (CPT, del Consiglio dell'Europa).
10. Il richiedente si oppone a questa tesi.
11. La Corte ricorda che ha già trattato e respinto questa eccezione in richieste simili (per esempio, Di Pace c. Italia, no 22728/03, §§ 22-29, 17 luglio 2008). Nello specifico, non vede nessuna ragione di scostarsi da questa conclusione.
12. C'è luogo quindi di respingere l'eccezione formulata dal Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
13. Il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza. Invoca l'articolo 8 della Convenzione, così formulato nella sua parte pertinente,:
"1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Può esserci ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio di questo diritto solo per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria, alla sicurezza pubblica, (...), alla difesa dell'ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, (...). "
14. Il Governo contesta questa tesi.
A. Sull'ammissibilitÃ
15. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità . Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
16. Il richiedente si lamenta del controllo della sua corrispondenza da parte delle autorità penitenziarie ed adduce che questo non si fondava su una base legale sufficiente.
17. Il Governo osserva che si tratta nello specifico di controllo di corrispondenza ordinata dal giudice sulla base dell'articolo 18 della legge sull'amministrazione penitenziaria, e risalente al periodo prima dell'entrata in vigore della legge no 95/2004. Pure prendendo atto della giurisprudenza della Corte, il Governo chiede alla Corte di riconsiderare la sua giurisprudenza e di affermare che nello specifico, suddetto controllo era "previsto dalla legge" e non ha infranto l'articolo 8.
18. La Corte constata che c'è stata "ingerenza di un'autorità pubblica" nell'esercizio del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza garantito dall'articolo 8 § 1 della Convenzione. Simile ingerenza ignora questa disposizione salvo se, "prevista dalla legge", insegue uno o degli scopi legittimi allo sguardo del paragrafo 2 e, in più, è "necessaria, in una società democratica" per raggiungerli (Calogero Diana c. Italia, 15 novembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, § 28; Domenichini c. Italia, 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V, § 28; Petra c. Romania, 23 settembre 1998, Raccolta 1998-VII, p. 2853, § 36; Labita c. Italia [GC], no 26772/95, § 179, CEDH 2000-IV; Musumeci c. Italia, no 33695/96, § 56, 11 gennaio 2005).
19. Prima del 15 aprile 2004, il controllo della corrispondenza del richiedente era effettuato conformemente all'articolo 18 della legge sull'amministrazione penitenziaria. La Corte ha giudicato già a più riprese che il controllo di corrispondenza fondato sull'articolo 18 ignorava l'articolo 8 della Convenzione perché non "era previsto dalla legge" nella misura in cui non regolamentava né la durata delle misure di controllo della corrispondenza dei detenuti, né i motivi che potevano giustificarli, e non indicava con abbastanza chiarezza la superficie e le modalità di esercizio del potere di valutazione delle autorità competenti nell’ambito considerato (vedere, tra altre, le sentenze Labita c. Italia, precitata, §§ 175-185, e Calogero Diana c. Italia, precitata, § 33, e, tutto ultimamente, Di Pace c. Italia, no 22728/03, § 56, 17 luglio 2008). Non vede nessuna ragione di scostarsi, nello specifico, da questa giurisprudenza.
20. Alla luce di ciò che precede, la Corte constata che il controllo della corrispondenza del richiedente che ha avuto luogo nel novembre 2002, non "era prevista dalla legge" ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione. Questa conclusione rende superfluo verificare, nello specifico, il rispetto delle altre esigenze del paragrafo 2 della stessa disposizione.
21. Pertanto, c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
22. Il richiedente si lamenta poi che l'applicazione del regime speciale di detenzione a suo carico l'ha sottoposto per molto tempo a trattamenti disumani e degradanti, contrari all'articolo 3 della Convenzione. Inoltre, invocando l'articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta delle restrizioni alla vita familiare derivanti dall'applicazione del regime 41bis. Sotto l'angolo degli articoli 6 e 13 della Convenzione, si lamenta infine di non avere avuto a disposizione dei ricorsi interni effettivi contro le decisioni di applicazione e proroga del regime speciale di detenzione. Peraltro, dopo la comunicazione della richiesta, l'avvocato del richiedente si è lamentato, sotto l'angolo dell'articolo 6 § 3 della Convenzione, delle difficoltà incontrate per raccogliere i documenti pertinenti.
23. Dopo esame della pratica, nella misura in cui le affermazioni sono state supportate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione di suddette disposizioni. Stima dunque che niente le permette di scostarsi dalle conclusioni derivate nelle cause Bastone c. Italia (, déc.), no 59638/00, CEDH 2005-II (brani)) o Zagaria c. Italia, no 58295/00, 27 novembre 2007, o ancora Di Pace (precitata, §§ 37, 49, 63).
24. Ne segue che questi motivi di appello sono manifestamente mal fondati e devono essere respinti conformemente all'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
25. Resta la questione dell'applicazione dell'articolo 41 della Convenzione. Il richiedente richiede 200 000 euro (EUR) a titolo del danno materiale e morale che avrebbe subito. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese dinnanzi alla Corte, chiede 20 105,89 EUR.
26. Il Governo contesta queste pretese.
27. La Corte ricorda che ha concluso unicamente alla violazione della Convenzione per ciò che riguarda il controllo della corrispondenza del richiedente. Non vede nessun legame di causalità tra questa violazione e qualsiasi danno materiale. In quanto al danno morale, stima che, nelle circostanze dello specifico, la constatazione di violazione basta a compensarlo.
28. In quanto agli oneri e alle spese per il procedimento dinnanzi alla Corte, la Corte stima ragionevole la somma a concorrenza di 1 000 EUR, abbinata ad interessi moratori ricalcati sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale, e l'accorda al richiedente.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dal controllo della corrispondenza ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c'è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che questa constatazione di violazione costituisce in sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
4. Stabilisce
) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 1 000 EUR (mille euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dal richiedente a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francesi, poi comunicato per iscritto il 7 luglio 2009, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 dell'ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Canceliera collaboratrice Presidentessa