Conclusione Eccezione preliminare respinta (non-esaurimento); Violazione dell'art. 3; violazione dell'arte. 5-3; violazione dell'art. 13; non luogo a procedere ad esaminare l'art. 6-1; non-violazione dell'arte. 25-1; danno materiale - risarcimento pecuniario; Danno giuridico - risarcimento pecuniario; Rimborso oneri e spese
Nella causa Aksoy c. Turchia (1),
La Corte europea ́dei Diritti dell'uomo, costituita,
́ conformemente ̀all'articolo 43 (art. 43) della Convenzione di salvaguardia,
dei Diritti dell'uomo e delle Libertà ́fondamentali ("la Convenzione")
ed alle clausole pertinenti del suo ordinamento ̀A (2), in una camera
composta ́dei giudici di cui segue il nome:
SIGG. R. Ryssdal, presidente,́
Thor ́Vilhjalmsson,
F. Golcucklü,
L. - E. Pettiti,
J. Di Meyer,
J.M. Morenilla,
A.B. Baka,
J. Makarczyk,
U. Lohmus,
così come dei Sigg. H. Petzold, cancelliere, ed Allegati Mahoney, cancelliere,
collaboratore,
Dopo avere ̀deliberato ́in camera del consiglio il 27 aprile,
24 ottobre e 26 novembre 1996,
Rende la sentenza ̂che ha, adotta ́a ̀questa ultima data:
_______________
Note del cancelliere
1. La causa porta il n° 100/1995/606/694. Le prime due cifre
indicano il posto nell'anno ́di introduzione, le due ultime il
posto sull'elenco delle immissione nel processo della Corte dall'origine e su
quella delle richieste ̂iniziali, alla Commissione, corrispondenti.
2. L'ordinamento ̀ applicato a tutte le cause deferite ́alla Corte
prima dell'entrata in vigore ́del Protocollo n° 9 (P9) (1 ottobre 1994) e,
da questa, alle sole cause concernenti gli Stati non facenti parte di
suddetto Protocollo (P9). Corrisponde all'ordinamento ̀entrato in vigore ́il
1 gennaio 1983 ed emendato ́ da allora a parecchie ̀riprese.
_______________
PROCEDIMENTO
1. La causa è ́stata deferita alla Corte dal governo turco ("il
Governo") il 4 dicembre ́1995, poi dalla Commissione europeá
dei Diritti dell'uomo ("la Commissione") il 12 dicembre ́1995, nel,
termine ́di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47 del
Convenzione (art. 32-1, art. 47). Alla sua origine si trova una richiesta
(n° 21987/93) diretta ́contro la Repubblica turca e in cui un cittadino
di questo Stato, il Sig. Z. A., aveva investito la Commissione il 20 maggio 1993
in virtù dell'articolo 25 (art. 25).
La richiesta ̂del Governo rinvia all'articolo 48 ( art. 48)
la domanda della Commissione agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48)
così come alla dichiarazione ́turca che riconosce la giurisdizione
obbligatoria della Corte (articolo 46) (art. 46). Hanno per oggetto
di ottenere una decisione sul punto di ́sapere se i fatti della causa
rivelano ̀una trasgressione dello stato convenuto ́alle esigenze degli
articoli 3, 5 paragrafo 3, 6 paragrafo 1 e 13 della Convenzione (art. 3,
art. 5-3, art. 6-1, art. 13).
2. Il richiedente è ́stato ucciso il 16 aprile 1994, da una pallottola. Il
20 aprile 1994, i suoi rappresentanti ́hanno informato la Commissione che suo padre
desiderava inseguire il procedimento.́
3. In risposta ́all'invito contemplato ́all'articolo 33 paragrafo 3 d,
dell’ordinamento ̀A, il padre del richiedente (che sarà denominato anch’egli
richiedente" )nel seguito del testo) ha emesso il voto di partecipare
all'istanza e ha designato i ́suoi consiglieri.
Il 26 marzo 1996, il presidente ́ha, conformemente ̀all'articolo 30
paragrafo 1, autorizza la ́Sig.ra F. H., insegnante di conferenze ́in diritto
alll'università ́ dell’Essex, a ̀rappresentare ́il richiedente.́
4. La camera da ̀costituire comprendeva di pieno dritto
Il Sig. F. Golcucklü, giudice eletto ́di nazionalità turca ,articolo 43 del
Convenzione, (art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal, presidente ́della Corte
(articolo 21 paragrafo 4 b, dell'ordinamento ̀A). Il 5 dicembre ́1995, questo,
ha estratto a sorte, in presenza del cancelliere, il nome dei sette altri
membri, ossia i Sigg. L. - E. Pettiti, J. Di Meyer, J.M. Morenilla,
F. Bigi, A.B. Baka, J. Makarczyk ed U. Lohmus, articoli 43 in fine della
la Convenzione e 21 paragrafo 5 dell'ordinamento ̀A, (art. 43). In seguito al
decesso ̀del Sig. Bigi, il Sig. Thor ́Vilhjalmsson, primo supplente, è diventato
membro della camera.
5. Nella sua qualità ́di presidente della camera, articolo 21 paragrafo 6 del
ordinamento ̀A, il Sig. Ryssdal ha consultató, tramite l'intermediario del cancelliere,
l'agente del Governo, gli avvocati del richiedente ́ed il delegato della
Commissione a proposito dell'organizzazione del procedimento (́articoli 37,
paragrafo 1 e 38). In seguito all'ordinanza resa perciò ́il,
cancelliere ha ricevuto ̧l'esposto ́del richiedente il 7 marzo 1996, poi, il 15,
quello del Governo.
6. Così come aveva deciso ́il presidente, l'udienza ha avuto luogo il
26 aprile 1996, al Palazzo dei Diritti dell'uomo ha ̀Strasburgo. La Corte
aveva tenuto prima una riunione ́preparatoria.́
Sono comparsi:
- per il Governo
Il Sig. B. Caglaŗ, ministero ̀delle Cause estere, agente,
La Sig.ra D. Akcay̧,
Il Sig. T. Ozkarol̈,
Il Sig. A. Kurudal,
Il Sig. F. Erdogan,
Il Sig. O. Sever,
La Sig.ra Sig. Gulsen, ̈consigliere,;
- per la Commissione
Il Sig. H. Danelius, delegato,;́
- per il richiedenté
La Sig.ra F. H., università ́dell’ Essex,
Il Sig. K. B., avvocato, consigliere,
Il Sig. K. Y.,
Il Sig. T. F.,
La Sig.ra A. R., consigliere.
La Corte ha inteso nelle loro dichiarazioni il ́Sig. Danelius,
La Sig.ra H., il Sig. Caglar ̧e la Sig.ra Akcay.̧
IN FATTO
I. Le circostanze dello specificò
A. Il richiedenté
7. Cittadino turco nato nel 1963, il Sig. Z. A. viveva, all'epoca ́dei
fatti, a ̀Mardin, Kiziltepe, nel Sud-est della Turchia, dove era un
metallurgico.́ Fu ucciso ́tramite pallottola il 16 aprile 1994. Da allora,
suo padre ha ̀fatto sapere che desiderava inseguire il procedimentó
(paragrafo 3 sopra).
B. La situazione nel Sud-est della Turchia
8. Dal 1985 circa, dei gravi disordini infuriano nel
Sud-est della Turchia, tra le forze di sicurezza ́ed i membri del
PKK( Partito dai lavoratori del Kurdistan). Questo conflitto é, secondo ̀il
Governo, costato ́fino qui la vita, a ̀4 036 civili e 3 884 membri
delle forze di sicurezza.́́
9. All'epoca ́in cui ̀la Corte ha esaminato ́la causa, dieci delle
undici province del Sud-est della Turchia si trovavano sottoposte, dal
1987, al regime ́dello stato di emergenza.
C. La detenzione ́del richiedenté
10. I fatti dello specifico ̀sono controversi.́
11. Il richiedente ́sostiene che è stato arrestato il 24 novembre 1992,
tra le 23 e mezzanotte. Una ventina di poliziotti si sarebbe
recati presso il ̀suo domicilio, accompagnati ́da un detenuto di nome M. che l'aveva
́identifico falsamente come un membro del PKK. Il Sig. A. avrebbe dichiarató́
alla ̀la polizia di non conoscere ̂questa persona.
12. Secondo ̀il Governo, il richiedente è ́stato arrestato posto poí
in custodia cautelare il 26 novembre 1992 verso le 8 h 30, con tredici altri
persone. Era ́sospettato di aiutare e di sostenere i terroristi
del PKK, di essere ̂membro della sezione di Kiziltepe del PKK e di
distribuire dei volantini di questo partito.
13. Il richiedente ́afferma essere stato portato alla direzione della
sicurezza ́di Kiziltepe. Dopo ̀una notte, sarebbe ́stato trasferito alla
sezione antiterroristica della direzione della sicurezza ́di Mardin.
Sarebbe ́stato detenuto, con due altre persone, in una,
cella che misurava approssimativamente 1,5 x 3 metri ̀ed attrezzata ́con un letto
e una copertura, ma no con un guanciale. Avrebbe ricevuto ̧due pasti
al giorno.
14. Dopo ̀avergli domandato ́se conosceva M., l'uomo che
l'aveva identificato, ́sarebbe stato avvertito così: "Se non lo conosci,
la tortura ti rinfrescherà la memoria."́
Il secondo ̀giorno sarebbe stato svestito interamentê, sarebbe stato legato
con ́le mani sulla schiena e sarebbe stato sospeso per le braccia,
modo "̀impiccagione palestinese", poi la polizia gli avrebbe applicato
degli elettrodi ́sulle parti genitali e l'avrebbe annaffio di acqua
mentre lo fulminava.́ Avrebbe avuto gli occhi bandati durante
queste torture che sarebbero durate circa trentacinque minuti.
Durante i due seguente giorni, avrebbe ricevuto ̧delle serie ́di
colpi a intervalli di due ore o di mezz'ora, senza essere,̂
sospeso. Le torture sarebbero proseguite per quattro giorni
e sarebbero state molto ̀intensive nel corso dei primi due.
15. In seguito a queste sevizio, il richiedente avrebbe perso l'uso
delle sue braccia e delle sue mani. I suoi esaminatori gli avrebbero ordinato
di fare dei movimenti per ricuperare la padronanza delle sue mani.
Avrebbe domandato ́di ̀vedere un medicó, ma in vano.
16. ́Fu esaminato l’8 dicembre 1992, da un medico del servizio
medico ́della sotto-prefettura. Fu redatto un rapporto medico che
dichiaravá, in una frase sola, che l'interessato non portava alcune
tracce di colpi o di violenza. Secondo il ̀Sig. A., il medico ́chiese
da dove ̀provenivano le lesioni visibili sulle sue braccia. Un poliziotto gli
avrebbe risposto ́che si sarebbe trattato di un incidente. Il medico avrebbe allora
fatto osservare, in modo ̀sarcastico che tutte le persone che passano
per quel luogo sembravano avere un incidente.
17. Il Governo sostiene che dei dubbi molto ̀seri ́aleggiano
sulla questione di sapere se il richiedente è ́stato effettivamente vittima
dei cattivi trattamenti durante la sua custodia cautelare.
18. Il 10 dicembre ́1992, proprio prima della sua liberazione, il Sig. A. fu
condotto dinnanzi al procuratore di Mardin.
Secondo ̀il Governo, fu capace di firmare una
dichiarazione che ́negava ogni legame col PKK e non si lamentò di avere
stato ́tortura.́
Il richiedenté, in compenso, sostiene che si sottopose la sua
firma a una dichiarazione ́il cui contenuto era falso. Il procuratore
avrebbe insistito affinché ́firmasse, ma il Sig. A. gli avrebbe dichiarató́
che ne era ́incapace perché non poteva muovere le mani.
D. Avvenimenti ́posteriori al rilascio del richiedenté
19. Il Sig. A. fu liberato ́il 10 dicembre 1992. Il 15, fu ammesso
all ̀l'ospedale ̂universitario di Dicle, dove gli ̀si diagnosticò una
paralisi radiale bilaterale, ́cioè una paralisi delle due braccia,
causata ́dalle lesioni nervose nella parte superiore delle braccia.
Dichiarò ́al medico incaricato di curarlo che era stato detenuto e
appeso per le braccia, mani legate ́sulla schiena.
Rimase in ospedale fino al 31 dicembre ́1992, data alla
quale, secondo ̀il Governo, si eclissò senza avere compiuto le
formalità ́di uscita e portando con lui la sua cartella medica.́
20. Il 21 dicembre ́1992, il procuratore decise che niente giustificava
l'apertura di perseguimenti penali ́contro il richiedente.́ In compenso,
undici dei suoi compagni di detenzione ́furono accusati.
21. Nessuno procedimentó, né penale, né civile, fu impegnato dinnanzi
alle giurisdizioni turche in rapporto con le sevizie ́che il richiedenté
afferma avere subito.
E. Il decesso ̀del richiedenté
22. Il Sig. A. fu ucciso ́con pallottole il 16 aprile 1994.
Secondo i ̀suoi rappresentantí, era stato oggetto di minacce di
morte, l'ultima era stata proferita da telefono il 14 aprile 1994,
destinate ́a costringerlo a rinunciare ́alla sua richiesta ̂presso la Commissione,
ed il suo omicidio sarebbe la conseguenza ́diretta del mantenimento di questa.
Il Governo, in compenso, sostiene che si trattava di uno
ordinamento ̀di conti tra fazioni rivali del PKK.
Un indiziato, membro presunto ́del PKK, è stato accusato dell'omicidio.
F. L'instaurazione ́dei fatti da parte della Commissione
23. Dei delegati della Commissione ascoltarono dei testimoni a
Diyarbakir il 13 e 14 marzo 1995 e ad Ankara tra il 12 ed il
14 aprile 1995, in presenza ́dei rappresentanti delle due parti che
ebbero l'occasione di interrogare i testimoni.́ In più, la Commissione,
ascolta delle osservazioni orali sull'ammissibilità ́ed il merito della
richiesta all'epoca delle udienze tenute a ̀Strasburgo il 18 ottobre 1994 e
3 luglio 1995.
Dopo avere ̀valutato ́le prove orali e scritte prodotte
dinnanzi a lei, la Commissione è arrivata alle seguenti conclusioni a proposito
dei fatti:
a) non è possibile fare una constatazione precisa ́in quanto alla
data di arresto del Sig. A., anche se è chiaro che questa ha avuto
luogo al più tardi il 26 novembre 1992. Rilasciato il 10 dicembre 1992,
l'interessato è ́stato detenuto dunque durante almeno quattordici giorni.
b) Ricoverato il 15 dicembre 1992, gli si diagnosticò una
paralisi radiale bilaterale.́ Lasciò l'ospedale a suo proprio capo
il 31 dicembre ́1992, senza avere compiuto le formalità di uscita.
c) Niente prova che il Sig. A. abbia sofferto di un qualsiasi
handicap anteriore il suo arresto, né che abbia subito un incidente durante
il periodo ́di cinque giorni che separavano la fine della sua custodia cautelare dalla sua
ospedalizzazione.
d) risulta delle testimonianze ́mediche che le lesioni del
richiedente possono avere diverse cause tra le quali un
trauma subito da una persona che è stata appesa per braccia. In più
la paralisi radiale che colpisce le due braccia non è
apparentemente un fenomeno ricorrente, ma può in compenso
spiegarsi molto bene con la forma di sevizie ́conosciuta sotto il nome di
"impiccagione palestinese."
e) I delegati hanno ́sentito le testimonianze di uno dei
poliziotti che avevano interrogato il ́Sig. A. e del procuratore che l'aveva
visto prima della sua liberazioné; tutti e due hanno dichiarato che era inconcepibile
che ̂avesse subire delle sevizie ́qualunque fossero.̂ La Commissione ha giudicato
queste testimonianze ́poco convincenti al motivo che davano l'impressione
che i due agenti pubblici non erano ́disposti a ̀considerare la
possibilità ́che dei poliziotti si fossero resi colpevoli di cattivi
trattamenti.
f) Il Governo non ha offerto nessuna altra spiegazione per i
lesioni di M. A..
g) non ci sono sufficientemente prove per potere derivare
qualsiasi conclusione in quanto alle altre affermazioní
del richiedente ́secondo le quali sarebbe ́stato fulminato e battuto.
In compenso, risulta chiaro che è ́stato detenuto, con due altri
persone, in una piccola cella attrezzata solo da un letto e di una coperta,
e che è stato tenuto con gli occhi bandati durante i suoi
interrogatori.
II. Il diritto e le pratica interni pertinenti
A. Disposizioni penali che ́reprimono la tortura
24. Il codice penale ́turco reprime il fatto per un agente pubblico di
sottoporre qualcuno alla tortura o a dei cattivi trattamenti
(articoli 243 per la tortura e 245 per i cattivi trattamenti).
25. L'articolo 8 del decreto ́n° 430 del 16 dicembre 1990 è così
formulato:́
"Le decisioni ́ed atti presi nell'esercizio dei poteri che
conferisce loro ̀il presente ́decreto dal prefetto di una regioné
sottoposta allo ̀lo stato ́di emergenza o dal prefetto di una provincia di
simile regione non ́impegna le loro responsabilità penali,
finanziarie ̀o giuridiche. Queste non ̂possono essere ricercaté
dinnanzi a nessuna autorità ́giudiziale, senza pregiudizio per il diritto della
vittima di chiedere allo stato risarcimento ́dei danni a ̀lei
causati ́senza giustificazione."
26. I procuratori hanno il dovere di esaminare le affermazioní
delle violazioni gravi che vengono di cui vengono a conoscenza , anche ̂in
mancanza di querele. Tuttavia, nella regione ́sottoposta allo stató
di emergenza, le inchieste a proposito di ̂violazioni penali ́commesse dagli
agenti pubblici sono condotte ́dai consigli amministrativi locali
composti da funzionari. Questi consigli sono anche abilitati a
decidere ́dell'apertura o meno di perseguimenti, sotto riserva di un controllo,̂
giudiziale automatico dinnanzi alla Corte amministrativa suprema ̂nei
casi in cui essi decidono ́di non perseguire, decreto-legge n° 285.
B. Ricorso di diritto amministrativo
27. L'articolo 125 della Costituzione turca è così formulato:́
"Ogni atto o decisione ́dell'amministrazione è suscettibile
di un controllo giurisdizionale
L'amministrazione è tenuta di riparare ad ogni danno risultanté
dai suoi atti e misure."
In virtù di questa disposizione, lo stato è tenuto ad indennizzare
ogni persona che riesce a dimostrare ́di aver subito un danno nelle
circostanze in cui lo stato ha mancato ́al suo dovere di salvaguardia della vita
e della proprietà ́individuale.
C. Procedimento ́civile
28. Ogni atto illegale ́dannoso commesso da un funzionario,
all'eccezione del prefetto ́della regione sottoposta allo stato ́di emergenza e di
quelli delle province di suddetta regione, può dare luogo ad ̀un'azione in
risarcimento ́dinnanzi ai tribunali civili ordinari.
D. Il diritto relativo alla custodia cautelare
29. In virtù dell'articolo 128 del codice di procedimento ́penale, una,
persona arrestata ́e detenuta deve ̂essere tradotta dinnanzi ad un giudice conciliatore
entro le ́ventiquattro. Queste possono essere estese ́a
quattro giorni in caso di detenzione ́legata ad una violazione collettiva.
I periodi ́massimali di detenzione senza controlli ̂giudiziali
sono più lunghi quando si tratta di violazioni che dipendono dai
tribunali di sicurezza ́dello stato. In simile caso, è permesso deteneré
un indiziato per quarantotto in rapporto con una violazione
individuale e per quindici giorni in rapporto con una violazione
collettiva (articolo 30 della legge n° 3842 del 1 dicembre ́1992. che
riproduce l'articolo 11 del decreto-legge ́n° 285 del 10 luglio 1987).
Nella regione ́sottoposta allo stato ́di emergenza, tuttavia, una
persona arrestata ́nella cornice di un procedimento dinnanzi ad uno
tribunale di sicurezza ́dello stato può essere detenuta ́per quattro giorni in
caso di violazioni individuali e per trenta giorni in caso
di violazioni collettive prima di essere condotta dinnanzi ad un magistrato
(ibidem, che riproduce l'articolo 26 della legge n° 2935 del
25 ottobre 1983).
30. L'articolo 19 della Costituzione turca conferisce ̀ogni detenuto
il diritto di fare controllare ̂la legalità ́della sua detenzione per mezzo
di una domanda indirizzata ́alla giurisdizione competente ́affinché venga a conoscenza
della sua causa.
E. La derogazione ́turca all’articolo 5 della Convenzione
(art. 5)
31. In una lettera datata ́ 6 agosto ̂1990, il Rappresentante ́permanente,
della Turchia presso ̀il Consiglio dell'Europa informò il
Segretario ́generale dell'organizzazione dei seguenti elementi:
"La Repubblica ́della Turchia è esposta a delle minacce per la sua
sicurezza ́nazionale nel Sud-est dell'Anatolia
l'ampiezza e l'intensità delle quali sono ́andate crescendo durante gli
ultimi mesi al punto di rappresentare ́una minaccia per la vita
della nazione al senso dell'articolo 15 della Convenzione
,(art. 15).
Nel 1989, 136 civili e 153 membri delle forze di sicurezza ́sono
Stati uccisi a seguito di atti di terrorismo di cui gli autori
agivano a ̀partire talvolta da basi estere.́̀ Niente che
dall'inizio ́del 1990, il numero delle vittime ammonta ̀à
125 civili e 96 membri delle forze di sicurezza.́́
La sicurezza ́nazionale è minacciata principalmente nelle
province [ossia Elazig, Bingol, ̈Tunceli, Van, Diyarbakir,
Mardin, Siirt, Hakkari, ̂Batman, Sirnak] della
Anatolia del Sud-est e parzialmente anche nelle province
adiacenti.
In ragione dell'intensità ́e della diversità delle azioni
terroristiche, e per reprimerle, il Governo deve
non solo fare intervenire le sue forze di sicurezzá, ma
perciò prendere le misure adeguate ́per neutralizzare una
campagna di disinformazione ́tendenziosa presso ̀il pubblico,
lanciata ́a partire ́in particolare ̀da altre regioni ́del
Repubblica ́della Turchia o anche ̂dell'estero ́ed accompagnatá
da un'utilizzazione abusiva di diritti sindacali.
A questo fine, il Governo della Turchia, agendo,
́ conformemente ̀all'articolo 121 della Costituzione turca, ha
promulgato, il 10 maggio 1990, i decreti-legge numero 424 e 425.
Questi decreti ́potranno provocare ̂una derogazione ́agli obblighi
iscritti qui di seguito nelle disposizioni ̀della Convenzione
europea ́dei Diritti dell'uomo e delle Libertà fondamentali:
ossia negli articoli 5, 6, 8, 10, 11 e 13 ( art. 5)
art. 6, art. 8, art. 10, art. 11, art. 13. Una descrizione
sommaria delle nuove misure sono unite alla presente.́ La
domanda della loro compatibilità ́con la Costituzione turca è
attualmente in corso dinnanzi alla Corte costituzionale della
Turchia.
Quando le misure menzionate più ́sopra avranno cessato di esserê
in applicazione, il Governo della Turchia ne informerà il
Segretario ́Generale del Consiglio dell'Europa.
La presente ́notificazione è fatta conformemente alle
disposizioni dell'articolo 15 (art. 15) della Convenzione,
europea ́dei Diritti dell'uomo".
A questa lettera si trovava annessa ́una "descrizione sommaria
del contenuto dei decreti-leggi numero 424 e 425." L'unica misura relativa
all'articolo 5 della Convenzione (art. 5) che vi si trovava descritta ́erá
la seguente:
"Il Governatore della regione ́mirata dallo stato di emergenza potrà
ordinare alle persone che portano attentato in modo ̀continuo
alla sicurezza ́generale e all'ordine pubblico di stabilirsi ́in uno
luogo specificato ́dal ministro dell'interno e situato verso l'esterno
della regione ́mirata dallo stato di emergenza per un periodo che
non dovrà superare ́la durata dello stato di emergenza (...)
32. Con una lettera del 3 gennaio 1991, il Rappresentante ́permanente
della Turchia informò il Segretario ́generale dell'adozione del
decreto ́n° 430 che limitava i poteri anteriormente conferiti al
prefetto ́della regione che dipendeva dallo stato di emergenza dai
decreti numero 424 e 425.
33. Il 5 maggio 1992, il Rappresentante ́permanente scrisse al
Segretario ́generale una lettera che comprendeva il seguente passaggio:
"Siccome la maggior parte delle misure enunciate ́nei
decreti-leggi i ́nostri 425 e 430 che potrebbero provocare una
derogazione ́ai diritti garantiti dagli articoli 5, 6, 8, 10,
11 e 13 della Convenzione ( art. 5, art. 6, art. 8, art. 10,
art. 11, art. 13) non sono più applicati, vi informo con
la presente ́che la Repubblica della Turchia limita, per l'avvenire,
la portata ́della sua notificazione di derogazione al solo articolo 5
della Convenzione (art. 5). La derogazione ́relativa ai
articoli 6, 8, 10, 11 e 13 della Convenzione (art. 6, art. 8,
art. 10, art. 11, art. 13) non è più in vigore; di
conseguenza, il riferimento relativo a questi articoli ( art. 6,
art. 8, art. 10, art. 11, art. 13) è, con la presente,
annullato da suddetta notificazione di derogazione."
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
34. Nella sua richiesta del 20 maggio 1993 (n° 21987/93) alla Commissione,
Il Sig. A. si lamentava di avere subito dei trattamenti contrari
all'articolo 3 della Convenzione (art. 3) durante la sua custodia cautelare nel
novembre/dicembre 1992, di non essere, a disprezzo dell'articolo 5,
paragrafo 3 (art. 5-3) stato ́tradotto, durante la sua detenzione, dinnanzi ad un giudice,
o un altro magistrato abilitato ́dalla legge ad ̀esercitare delle funzioni
giudiziali, e di non avere avuto, contrariamente ̀a ciò che esigono gli
articoli 6 paragrafo 1 e 13 (art. 6-1, art. 13) la possibilità ́di intentare
un'azione contro i responsabili delle sue sevizie.́
In seguito al decesso ̀del Sig. A. il 16 aprile 1994, i suoi,
rappresentanti hanno ́addotto che il suo omicidio era la conseguenza diretta
della sua richiesta ̂alla Commissione e costituiva un attentato ha il suo diritto
di ricorso individuale al senso dell'articolo 25 della Convenzione
(art. 25).
35. La Commissione ha dichiarato ́la richiesta ̂ammissibile il
19 ottobre 1994. Nel suo rapporto del 23 ottobre 1995 (articolo 31)
( art. 31) formula il parere (per quindici voci contro una) che vi é
stata violazione dell'articolo 3 (art. 3) e che vi è stata violazione
dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) per tredici voci contro tre, che vi è stata
violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) e che nessuna domanda
distinta non si posa sotto l'angolo dell'articolo 13 (art. 13) e,
all'unanimità ́che nessuna misura si impone quanto all'ingerenza ́addottá́
nell'esercizio effettivo del diritto di ricorso individuale garantito
dall'articolo 25 (art. 25).
Il testo integrale ́del parere della Commissione e delle
due opinioni separate ́di cui si accompagna figura qui accluso alla
presente ́sentenza ̂(1).
_______________
Nota del cancelliere
1. Per ragioni di ordine pratico figurerà solo
nell'edizione ́stampata (Raccolta delle sentenze ̂e decisioni ́1996-VI), ma
ciascuno può procurarselo presso la cancelleria.
_______________
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE
36. All'udienza, il Governo ha invitato ́la Corte ha ̀respingere la
richiesta ̂per difetto ́di esaurimento delle vie di ricorso interne
disponibili o, sussidiariamente, a ̀constatare che non c'è stata
violazione della Convenzione.
37. Il richiedente ́da parte sua chiede alla Corte di constatare delle
violazioni degli articoli 3, 5, 6, 13 e 25 della Convenzione (art. 3,
art. 5, art. 6, art. 13, art. 25) e di dichiarare ́che queste violazioni
si trovavano aggravate ́dal fatto che le misure incriminaté
corrispondevano a ̀una pratica amministrativa. Ha ́richiesto ̀anché́́
una soddisfazione equa a titolo dell'articolo ́50 della Convenzione
(art. 50).
IN DIRITTO
I. VALUTAZIONE DEI FATTI DA PARTE DELLA CORTE
38. La Corte ricorda la sua giurisprudenza costante secondo ̀ la quale
il sistema ̀della Convenzione confida alla Commissione in primo luogo
l'instaurazione ́e la verifica dei fatti ,articoli 28 paragrafo 1 e 31,
(art. 28-1, art. 31). Se la Corte non è legata ́dalle constatazioni
del rapporto e rimane libera di valutare ́i fatti lei stessa ̂alla
luce ̀di tutti gli elementi ́che possiedè, non si avvale dei suoi propri
poteri in materia ̀che nelle circostanze eccezionali
( sentenza ̂Akdivar ed altri c. Turchia del 16 settembre 1996, Raccolta delle
sentenze ̂e decisioni ́1996-IV, p. 1214, paragrafo 78).
39. Nello specificò, decide ́di ricordare che la Commissione ha formulato
le sue constatazioni di fatto dopo che ̀una delegazione ebbe ́sentito dei
testimoni ́in Turchia a ̀due riprese, in aggiunta alle udienze tenute a
Strasburgo (paragrafo 23 sopra). In queste condizioni, la Corte,
stima che gli occorre accettare i fatti stabiliti ́dalla Commissione
(vedere, mutatis mutandis, la sentenza ̂Akdivar ed altri precitatia, p. 1214,
paragrafo 81).
40. È in rapporto dunque a ̀questo (paragrafo 23 sopra)
che si deve esaminare l'eccezione preliminare ́del Governo ed le
lagnanze formulate ́dal richiedente sul terreno della Convenzione.
II. SULL'ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
A. Tesi difese dalle parti a confronto dinnanzi alla Corte
41. Il Governo invita la Corte a ̀respingere la lagnanza enunciata ́dal
richiedente ́sotto l'angolo dell'articolo 3 della Convenzione (art. 3) al
motivo che, a contrariamente ̀ a ciò che esige l'articolo 26 della Convenzione
( art. 26) l'interessato avrebbe ́omesso di esaurire le vie di ricorso
interne che gli si offrivano . L'articolo 26 (art. 26) è così
formulato:́
"La Commissione non ̂può essere investita che dopo ̀l'esaurimento ́delle
vie di ricorso interne, come è inteso secondo i
principi di diritto internazionale generalmente ́riconosciuto ed nel
termine ́di sei mesi, a ̀partire dalla data della decisioné
interna definitiva."́
Il richiedente ́(paragrafo 3 sopra) al parere del quale la
Commissione aderisce, sostiene che ha fatto tutto ciò che ci si poteva
aspettare da lui per esaurire ́le vie di ricorso interne.
42. Secondo ̀il Governo, la regola relativa all'esaurimento ́delle
vie di ricorso interne è stabilita chiaramente ́nel diritto internazionale
e nella giurisprudenza degli organi della Convenzione. Imponeva
al richiedente ́di esercitare tutti i ricorsi interni a ̀meno che essi non gli
avessero offerto nessuna fortuna di successo.̀ In fatto, il Sig. A. avrebbe potuto
esercitare tre tipi differenti ́di ricorso interno: una querela al
penalé, un'azione al civile e/o un ricorso amministrativo
( paragrafi 24-28 sopra).
43. Per ciò che riguarda la prima ̀di queste opzioni, il Governo,
sostiene che il richiedente si ́sarebbe potuto lamentare, presso ̀il procuratore
che l'aveva visto il 10 dicembre ́1992, dei cattivi trattamenti,
pretesi di aver subito da lui (paragrafo 18 sopra). Ora il Sig. A.
non avrebbe indicató, né in questa occasione né mai in seguito,
che aveva patito ́delle sevizie durante la sua custodia cautelare.
Gli articoli 243 e 245 del codice penale ́che si applicavano
all'insieme del territorio turco, reprimevano ́l'utilizzazione della tortura
e dei cattivi trattamenti per estorcere delle confessioni (paragrafo 24
sopra). Il decreto-legge ́n° 285 relativo alla ̀ regione ́sottoposta allo stató
di emergenza trasferiva ́dai procuratori ai consigli amministrativi il
potere di condurre delle inchieste a proposito di ̂violazioni penali ́imputaté
a ̀degli agenti pubblici (paragrafo 26 sopra). Tuttavia, le
decisioni ́di archiviazione senza seguito dei consigli amministrativi
erano sempre oggetto di un controllo ̂da parte della
Corte amministrativa suprema.̂ A questo riguardó, il Governo sottopone una
serie ́di sentenze che ̂annullano delle ordinanze pronunciate ́dai
consigli amministrativi nella regione ́sottoposta allo stato ́di emergenza e
che prescrivono l'impegno di perseguimenti penali ́contro i membri
della gendarmeria e della polizia di sicurezza ́in rapporto con le
affermazioni ́dei cattivi trattamenti a ̀detenuti, così come di altri
decisioni ́relative alle pene da ̀applicare per le forme analoghe
di atti illegittimi.́
44. Tuttavia, ́il Governo ammette che il deposito ̂di una querela al
penale non ́era forse ̂il ricorso più adeguato in una
causa di questo tipo, in ragione dell'accento posto ́sui diritti
dell’accusati ́in rapporto a ̀quelli del querelante. Perciò attira
l'attenzione della Corte sull'esistenza di un ricorso amministrativo,
contemplato ́all'articolo 125 della Costituzione turca (paragrafo 27 sopra).
Per ottenere risarcimento a titolo di ́questa disposizione,
bastava a ̀un individuo di dimostrare ́l'esistenza di un legame di
causalità ́tra gli atti commessi dall'amministrazione ed il dannó
subito da lui; non vi era ́bisogno di provare che un agente pubblico aveva
commesso degli atti illegittimi ́gravi. A questo riguardo, il Governo,
sottopone degli esempi di decisioni ́amministrative in cui ̀risarcimento è ́stató́
accordato ́nei casi di decesso ̀dovuto a delle torture inflitte ́durante una
custodia cautelare .
45. Il Governo sostiene inoltre che M. A. avrebbe potuto
intentare, al civile, un'azione in danno-interessi.̂ Là ancorà,
rinvia a ̀una serie ́di decisioni che provengono da giurisdizioni interne tra cui
una sentenza resa dalla Corte di cassazione in una causa che riguarda una
domanda di danno-interessi ̂per tortura, in cui ̀l'alta giurisdizione
ritiene che le violazioni commesse dai membri delle forze di
sicurezza erano regolate dal codice degli obblighi e che, in virtù
dell'articolo 53 di questo, un'assoluzione pronunciata per mancanza di
prove alla conclusione di un procedimento ́al penale non legava le
giurisdizioni civili.
46. Pure non negando che i ricorsi citati ́dal Governo
facciano formalmente parte del sistema ̀giudiziale turco, il,
richiedente ́afferma che nella regione sottoposta allo stato ́di emergenza essi
sono illusori, inadeguati ́ed non effettivi, corrispondendo la tortura e la privazione
di ricorsi effettivi a una pratica amministrativa.
In particolare, dei rapporti che provengono ́da un certo numero
di organi internazionali e che mostrano che le torture al detenutó
continuano ad essere ̂sistematiche ́e molto ̀diffuse ́in Turchia
solleverebbero ̀delle domande a proposito della volontà ́dello stato di mettere
fine a ̀questa pratica. A questo riguardó, il richiedente rinvia alla
Dichiarazione ́pubblica relativa alla Turchia adottata ́il 15 dicembre 1992
dal Comitato ́europeo per la prevenzione della tortura, al riassunto dei
risultati ́del procedimento concernente l'inchiesta ̂sulla Turchia pubblicato
il 9 novembre 1993 dal Comitato ́delle Nazioni unite contro la tortura,
ed al rapporto stabilito ́nel 1995 dal Delatore speciale dei
Nazioni unite sulla tortura (E/CN.4/1995/34).
47. Ci sarebbe, da parte delle autorità ́dello stato, una politica,
consistente nel ̀negare che le torture abbiano mai avuto luogo l che renderebbe
̂estremamente difficile il compito alle vittime che cercano di ̀ottenere risarcimentó
e di ̀vedere i responsabili tradotti in giustizia. Per esempio, sarebbe
attualmente impossibile agli individui che affermano avere subito delle torture
di ottenere dei rapporti medici che ́provano l’entità delle loro lesioni,
perché il servizio di medicina ́legale sarebbe stato riorganizzato ed i medicí
che rilasciavano ́prima simili rapporti sarebbero stati o
minacciati o ́trasferiti in un'altra regione.́ I procuratori che esercitano̧
le loro funzioni nella regione ́sottoposta allo stato ́di emergenza ometterebbero
regolarmente ̀di aprire delle investigazioni a proposito di affermazioni ́di
violazioni dei diritti dell'uomo e rifiuterebbero anche ̂frequentemente ́di
ricevere le querele. Le inchieste ̂che sarebbero condotte ́sarebbero
inficiate ́di parzialità ed inadeguate.́ Per di più gli avvocati e le
altre persone che agiscono a nome delle vittime sarebbero oggetto di
minacce, di intimidazione e di perseguimenti abusivi, e la rappresagliá
frequentemente ́esercitata a carico dei querelanti dissuaderebbe i
privati dall’ esercitare le vie di ricorso interne.
In queste condizioni, il richiedente ́sostiene che si non dovrebbe
Attribuirgli la lagnanza di non avere esaurito ́le vie di ricorso interne
prima di depositare ́una richiesta ̂a ̀Strasburgo.
48. Ad ogni modó, il richiedente afferma che aveva informato
il procuratore il 10 dicembre ́1992 delle torture subite da lui
( paragrafo 18 sopra) e che, se egli stesso non l'avesse fatto, il,
magistrato si sarebbe potuto rendere facilmente conto che non aveva
l'uso normale delle sue mani.
L'omissione del procuratore di impegnare dei perseguimenti penalí
aveva reso estremamente ̂difficile l'esercizio del richiedente ́di un
qualsiasi ricorso interno. Non gli era ́possibile
di intraprendere dei passi ́per assicurarsi che un procedimento era stató́
impegnato ́al penale, per esempio attaccando dinnanzi ai
tribunali amministrativi una decisione ́di non perseguire
( paragrafo 26 sopra) perché la mancanza di inchiesta ̂implicava quella
di una decisione ́formale di archiviazione senza seguito. Per di più, suddetta
omissione riduceva le ́sue probabilità di prevalere al termine di un procedimentó
civile o amministrativo, perché・nell’uno come nell’altro avrebbe
dovuto provare che era stato ́vittima di torture e, in pratica, gli sarebbe occorsa una decisione di
un giudice repressivo che stabiliva questo fatto.
49. Infine, l'interessato ́ricorda alla Corte che nessuno ricorso erá
disponibile, anche ̂in teoriá, per ciò che è della sua lagnanza relativa alla
durata ́della sua detenzione senza controllo ̂giudiziale, poiché questa erá
perfettamente legale ́allo sguardo della legislazione interna (paragrafo 29
sopra).
50. La Commissione stima che il richiedente abbia ́subito delle lesioní
durante la sua custodia cautelare (paragrafo 23 sopra). Ne risulterebbé
che, a ̀difetto ́di potere stabilire esattamente ciò che si è prodotto all’epoca
del colloquio del richiedente ́col procuratore il 10 dicembre 1992, devono esserci stati
senza dubbio ci degli elementi ́che avrebbero portato questo
ultimo ad ̀aprire un'inchiesta ̂o, almeno, a provare ad ottenere
i più ampie informazione concernenti lo stato ́di salute del richiedente e
il trattamento al quale era ́stato sottoposto. Il Sig. A. avrebbe fatto tutto
ciò che ci si poteva aspettare da lui nelle circostanze dello specificò,
avuto ́in particolare riguardo al fatto che doveva sentirsi vulnerabile ́dopò
la sua detenzione ́e le sue sevizie, e che soffriva di problemi ̀di saluté
che aveva necessitato la ́sua ospedalizzazione dopo il ̀suo rilascio.́ Le
minacce che diceva avere ricevuto ̧dopo avere ̀deposto ̂ la ́sua richiestầ
presso la Commissione ed il suo decesso ̀nelle circostanze sulle quali
non ̀è potuta essere ̂fatta ancora piena luce sarebbero degli elementí́
supplementari ́che danno da pensare che l'esercizio delle vie di ricorso
interne avrebbe potuto comprendere dei rischi.
Avuto riguardo ́alla sua conclusione secondo la quale il richiedente ha ́fatto
tutto ciò che ci si poteva aspettare di lui per esaurire ́le vie di ricorso
interne, la Commissione ha deciso ́che non si imponeva di determinaré
se fosse esistita, da parte delle autorità ́turche, una pratica,
amministrativa che tollerava le violazioni dei diritti dell'uomo.
B. La valutazione ́della Corte
51. La Corte ricorda che la regola ̀dell'esaurimento ́delle vie di
ricorso interne enunciata al'articolo 26 della Convenzione( art. 26)
impone alle persone desiderose ́di intentare contro lo stato un'azione
dinnanzi ad un organo giudiziale o arbitrale internazionale l'obbligo
di utilizzare prima i ricorsi offerti dal sistema ̀giuridico del loro
paese. Gli Stati non devono rispondere dunque ́dei loro atti dinnanzi ad uno
organismo internazionale prima di avere avuto la possibilità ́di risanare
la situazione nel loro ordine giuridico interno. Questa regola si ̀basa
sull'ipotesì, oggetto dell'articolo 13 della Convenzione (art. 13) -
con il quale presenta ́delle strette affinità -, che l'ordine interno
offra un ricorso effettivo per la violazione addottá, a prescinderé
dell'incorporazione o meno nell'ordine interno delle disposizioni della
Convenzione. I questo modo, costituisce un aspetto importante del
principio che vuole che il meccanismo ́di salvaguardia instaurato dalla
Convenzione rivesta un carattere ̀sussidiario rispetto ai sistemì
nazionali di garanzia dei diritti dell'uomo (sentenza ̂Akdivar ed altri
citata ́ al paragrafo 38, p. 1210, paragrafo 65 Sopra).
52. Nella cornice dell'articolo 26 (art. 26) un richiedente ́deve si
prevalere ́normalmente dei ricorsi disponibili e sufficienti per
permettergli di ottenere risarcimento ́delle violazioni che adduce.̀ Questi
ricorsi devono esistere a ̀un grado ́sufficiente di certezza, in pratica,
come in teoriá, altrimenti mancano dell’effettività e
dell'accessibilità ́voluta.
Però niente impone di avvalersi di ricorso che non siano né
adeguati ́né effettivi. In più, secondo i "principi di diritto,
internazionale generalmente ́riconosciuti", certe circostanze
private possono ̀dispensare il richiedente ́dall'obbligo di esauriré
le vie di ricorso interne che si offrono ad egli. Questa regola non
si applica neanche quando è provata ́una pratica amministrativa
che consiste nella ripetizione ́di atti vietati dalla Convenzione e
la tolleranza ́ufficiale dello stato, così che ogni procedimento sarebbe
vano o non effettivo (sentenza ̂Akdivar ed altri precitata, p. 1210,
paragrafi 66 e 67).
53. La Corte sottolinea che deve applicare questa regola ̀tenendo
debitamente ̂conto del contesto: il meccanismo ́di salvaguardia dei diritti
dell'uomo che le Parti contraenti sono convenute di instaurare. Lei
ha riconosciuto così che l'articolo 26 (art. 26) deve applicarsi da una
certa flessibilità e senza formalismo eccessivo. Ha di più ammesso
che la regola ̀dell'esaurimento ́delle vie di ricorso interne non
non si adatta ad un'applicazione automatica e non riveste un
carattere ̀assoluto; controllando ̂il rispetto, bisogna avere riguardo ́alle
circostanze della causa. Ciò notifica in particolare che la Corte deve
tenere non solo conto in modo ̀realista ́dei ricorsi contemplati in
teoria ́nel sistema ̀giuridico della Parte contraente riguardatá,
ma anche ́del contesto giuridico e politico nel quale essi si
situano così come della situazione personale del richiedenté
(sentenza ̂Akdivar ed altri precitata, p. 1211, paragrafo 69).
54. La Corte nota che il diritto turco contempla ́dei ricorsi penali,
civili ed amministrativi contro i cattivi trattamenti inflitti ́a ̀dei
detenuti ́dagli agenti dello stato e ha studiato con interesse ̂i
riassunti ́delle decisioni di giustizia che trattano di questioni analoghe fornite
dal Governo (paragrafi 43-45 sopra). Tuttavia, così
come l'ha rilevato ́sopra (paragrafo 53), non gli importa
solamente, nello specificò, di sapere se i ricorsi interni disponibili
eranó, in modo ̀generalé, effettivi o adeguati; gli occorre
anche ́ricercare se, tenuto conto dell'insieme delle circostanze
dello specificò, il richiedente ha ́fatto tutto ciò che ci si poteva ragionevolmente
aspettare da lui per esaurire ́le vie di ricorso interne.
55. Ai fini di questo esame, la Corte ricorda che ha decisó́
di accettare le constatazioni di fatto enunciate ́dalla Commissione
nello specifico ̀(paragrafi 39-40 sopra). Questa ha stimato
( paragrafo 50 sopra) che il richiedente ́soffriva di una paralisi
radiale bilaterale ́all'epoca ́del suo colloquio col procuratore.
56. La Corte considera ̀che, ammettendo anche ̂che il richiedente ́non si
sia lamentato presso ̀il procuratore dei cattivi trattamenti subiti al
corso della sua custodia cautelare, le lesioni che questi avevano provocató
dovevano essere perfettamente visibili all'epoca del colloquio. Ora il
procuratore sceglie di non informarsi ́della natura, dell’entità e
della causa di queste lesioni, mentre in dritto turco aveva
l'obbligo di indagare (paragrafo 26 sopra).
Decide ́di ricordare che questa omissione da parte del procuratore
ha avuto luogo dopo che il ̀Sig. A. fu messo in custodia cautelare per almeno
quattordici giorni senza avere accesso ̀ad un'assistenza o ad un sostegno
di ordine giuridico o medico.́ Durante questo lasso di tempo, aveva subito
alcune lesioni ́gravi che necessitavano un trattamento in ambiente ospedaliero
( paragrafo 23 sopra). Queste circostanze bastavano, da sole,
a ispirargli un sentimento a vulnerabilità́, di impotenza e
di apprensione ́di fronte ai rappresentanti dello stato. Si concepisce ̧che avendo
visto che il procuratore si ́era reso conto delle sue lesioni ma si erá
astenuto da agire a ̀questo riguardó, il richiedente abbia creduto che egli non
avrebbe potuto sperare di ́suscitare l'interesse ̂ed ottenere soddisfazione per mezzo
delle vie di diritto interne.
57. La Corte conclude quindi che c'erano delle circostanze
speciali ́che liberavano il Sig. A. dal suo obbligo di esaurire le vie di
ricorso interne. Essendo giunta a ̀questa conclusione, non giudica
necessario ́di propendersi sulla lagnanza del richiedente secondo la quale
esisterebbe, a disprezzo ́della Convenzione, una pratica amministrativa,
di ostruzione ai ricorsi.
III. SU IL MERITO
A. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA ́DELL'ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
,(ART. 3)
58. Il richiedente ́afferma che è stato sottoposto a ̀dei trattamenti
contrari all'articolo 3 della Convenzione (art. 3) ai termini del quale
"Nessuno può essere sottoposto alla tortura né a delle pene o
trattamenti disumani o degradanti."́
Il Governo giudica le affermazioni ́dei cattivi trattamenti
prive di fondamento. La Commissione, in compenso, conclude che il
richiedente è ́stato torturato.́
59. Il Governo formula diverse obiezioni concernenti il
modo ̀in cui la Commissione ha valutato ́le prove. Attira
l'attenzione su una serie ́di elementi che, secondo luì, avrebbero dovuto
suscitare ́ dei dubbi seri relativamente alla questione di sapere se
Il Sig. A. aveva, come pretende, ́subito dei cattivi trattamenti.
Per esempio, si chiede perché il richiedente non ́si sia
lamentato presso ̀il procuratore di essere stato ́torturato (paragrafo 18
sopra) e comprende difficilmente perché, se l'interessato ́é
stato ́sottoposto effettivamente alla tortura, non ha fatto confessioni. Egli
trova anche ́sospetto che l'interessato abbia aspettato cinque giorni dopo
la sua uscita dalla custodia cautelare per mettersi in rapporto con l'ospedalê
( paragrafo 19 sopra) e fa osservare che il non si può presumeré
che niente di spiacevole è avenuto nell'intervallo. Infine
solleva ̀una serie ́di punti relativi alle prove mediche, e
in particolare i fatti che il richiedente ́portò con lui la sua cartella
medica ́alla sua uscita dell'ospedale ̂e che non ci sono prove
mediche ́di bruciature ̂o di altri segni che avrebbero lasciato ́le
scariche elettriche.́
60. Il richiedente si ́lamenta di avere subito diverse sevizie.́ Lo si sarebbe
Tenuto con gli occhi bandati durante i suoi interrogatori, il che
avrebbe colpito il ́suo senso dell'orientamento; sarebbe stato sospeso per
le braccia, con mani legate ́sulla schiena ("impiccagione palestinese"); gli sarebbero state
somministrate delle scariche elettriche il cui effetto sarebbe stató́
inasprito ́dal getto di acqua sul suo corpo; infine, sarebbe stató́
picchiato, schiaffeggiato ́ed ingiuriato.́ Si riferisce ̀alle prove mediche che ́provengonó
dalla facoltà ́di medicina dell'università di Dicle e secondo le
quali soffriva di lesioni ́ai plessi brachiali all'epoca ́
della sua ammissione all'ospedale, (paragrafo 19 sopra). Ora l'impiccagione
palestinese era ́suscettibile di provocare simili lesioni.́
Secondo ̀l'interessató, il trattamento incriminato è sufficientemente
grave per portare la qualifica di tortura; gli sarebbe stató́
inflitto ́ai fini di incitarlo ad ammettere che conosceva l'uomo che
l'aveva identificato.́
Per di più, le condizioni nelle quali è ́stato detenutó
(paragrafo 13 sopra) ed il timore di essere ̂torturato ́provato da lui
continuamente durante la sua custodia cautelare si analizzerebbero in un trattamento
disumano.
61. Avendo deciso ́di accettare le constatazioni di fatto enunciate dalla
Commissione (paragrafi 39-40 sopra) la Corte considera ̀che
quando un individuo è posto ́custodia cautelare mentre si trova in
buona salute ́e che si constata che è ferito al momento della sua
liberazioné, spetta allo stato di fornire una spiegazione plausibile
per l'origine delle lesioni, a ̀difetto ́della qual cosa l'articolo 3 del
Convenzione (art. 3) trova ad ̀applicarsi manifestamente (sentenze ̂Tomasi
c. Francia del 27 agosto ̂1992, serie ́A n° 241-ha, pp. 40-41, paragrafi 108-111,
e Ribitsch c. Austria del 4 dicembre ́1995, serie A n° 336, p. 26,
paragrafo 34).
62. L'articolo 3, (art. 3) la Corte l'ha detto a ̀molte riprese,
consacra una dei valori fondamentali delle società ́democratiche.́
Anche nelle circostanze i più difficili, come la lotta contro
il terrorismo ed il crimine organizzató, la Convenzione proibisce in termini
assoluti la tortura e le pene o trattamenti disumani o
degradanti.́ L'articolo 3 (art. 3) non contempla ́ restrizioni, nella
qual cosa contrasta con la maggioranza ́delle clausole normative della
Convenzione e dei Protocolli numero 1 e 4 (P1, P4), e secondo
l'articolo 15 paragrafo 2 ( art. 15-2) non soffre di nessuna derogazioné, anchê
in caso di pericolo pubblico che minaccia ̧la vita della nazione (sentenze ̂Irlanda,
c. Regno Unito del 18 gennaio 1978, serie ́A n° 25, p. 65, paragrafo 163,
Soering c. Regno Unito del 7 luglio 1989, serie ́A n° 161, p. 34,
paragrafo 88, e Chahal c. Regno Unito del 15 novembre 1996, Raccolta 1996-V,
p. 1855, paragrafo 79).
63. Per determinare ́se c'è luogo di qualificare come tortura una forma
privata ̀dei cattivi trattamenti, la Corte deve avere riguardo ́alla
distinzione che comprende l'articolo 3 (art. 3) tra questa nozione e
quella di trattamenti disumani o degradanti.́ Così come lei ha rilevató
precedentemente, ́questa distinzione sembrava essere stata consacrata dalla
Convenzione per segnare di una speciale ́infamia dei trattamenti
disumani deliberati ́che provocano sofferenze molto gravi e crudeli
( sentenza ̂Irlanda c. Regno Unito precitata, ́p. 66, paragrafo 167).
64. La Corte ricorda che la Commissione ha constatató, tra altri,
che il richiedente era ́stato sottoposto all’ "impiccagione palestinese", il che
significa che si gli erano stati tolti ́tutti i suoi vestiti ̂ed gli erano state legate le
sulla schiena, poi che lo si nera sospeso per le braccia (paragrafo 23
sopra).
Secondo ̀la Corte, questo trattamento può essere stato inflitto solo
deliberatamenté; difatti, la sua realizzazione esigeva una dose di preparazioné
e di allenamento.̂ Appare essere stato ́amministrato allo scopo
di ottenere del richiedente ́delle confessioni o delle informazione. A parte le
gravi sofferenze che ha dovuto causare ́all'interessato ́all'epocá,
le prove mediche ́mostrano che ha condotto a una paralisi dei
due braccia che impiegò un certo tempo prima di sparire (̂paragrafo 23
sopra). La Corte stima che questo trattamento era ́di una natura
talmente grave e crudele che non si può non qualificarlo come
tortura.
Avuto riguardo ́alla gravità la ́di questa constatazione, non si imponei per
la Corte di esaminare le lamentele ́del richiedente che riguardano altri
forme di sevizie.́
In conclusione, c'è stata violazione dell'articolo 3 del
Convenzione (art. 3).
B. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA ́DELL'ARTICOLO 5 PARAGRAFO 3 DEL
CONVENZIONE (ART. 5-3)
65. Il richiedenté, al parere del quale la Commissione aderisce, adduce,̀
che la sua detenzione ́ha violato l'articolo 5 paragrafo 3 della Convenzione
(art. 5-3). La parte pertinente dell'articolo 5 (art. 5) è così
formulata:́
"1. Ogni persona ha diritto alla libertà ́e alla sicurezza.̂́ Nessuno
può essere ̂privato ́dalla sua libertà, salvo nei seguenti casi,
e secondo le vie legali:́
(...)
c) se è ́stato arrestato e è stato detenuto in vista di essere ̂condotto
dinnanzi all'autorità ́giudiziale competente, quando ci sono delle
ragioni plausibili di sospettare ̧che ha commesso una violazione
(...)
(...)
3. Ogni persona arrestata ́o detenuta, nelle condizioni,
contemplate ́al paragrafo 1 c) del presente articolo (art. 5-1-c)
deve essere tradotta subito dinnanzi ad un giudice o un altro
magistrato abilitato ́dalla legge ad ̀esercitare delle funzioni
giudiziali"
66. La Corte ricorda cị che ha deciso ́nella causa
Brogan ed altri c. Regno Unito (sentenza ̂del 29 novembre 1988, serie ́A
n° 145-B, p. 33, paragrafo 62,: un periodo ́di custodia cautelare di quattro giorni
e sei ore senza controllo ̂giudiziale va al di là dei ̀rigorosi limiti
di tempo permessi dall'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3). Ne risultá
chiaramente che il periodo ́di quattordici giorni o più durante il quale
Il Sig. A. è stato detenuto senza essere ̂tradotto dinnanzi ad un giudice o un altro
magistrato non assolveva l'esigenza di prontezza.
67. Tuttavia, ́il Governo afferma che, nonostante questi
considerazioní, non c'è stata violazione dell'articolo 5 paragrafo 3
( art. 5-3) avuto riguardo ́alla derogazione ́notificata dalla Turchia
́ conformemente ̀all'articolo 15 della Convenzione (art. 15) ai termini
del quale,
"1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico
Che minaccia la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente,
può prendere delle misure che derogano ́agli obblighi contemplati dalla
Convenzione, nella rigorosa misura in cui ̀la situazione,
lo esiga e a condizione che queste misure non siano in
contraddizione con gli altri obblighi che derivano ́dal
diritto internazionale.
2. La disposizione precedente ́(art. 15-1) non autorizza nessuna
derogazione ́all'articolo 2 (art. 2) salvo per il caso di decessó̀
che risulta ́da atti leciti di guerra, ed agli articoli 3,
4 (paragrafo 1, e 7) (art. 3, art. 4-1, art. 7).
3. Ogni Alta Parte Contraente che esercita questo diritto di
derogazione ́tiene il Segretario Generale del Consiglio dell'Europa
pienamente informato ́delle misure prese e dei motivi che le hanno
ispirate.́ Deve ́informare anche il Segretario Generalé́
del Consiglio dell'Europa della data alla ̀quale queste misure hanno
smesso ́di essere in vigore ̂e le disposizioni della Convenzione
ricevono di nuovo ̧piena applicazione."
Il richiedente ́ricorda alla Corte che la Turchia ha derogato ́agli
obblighi che derivano ́per lei dall'articolo 5 della Convenzione
( art. 5) il 5 maggio 1992 (paragrafo 33 sopra).
1. Passo ́della Corte
68. La Corte ricorda che spetta ad ̀ogni Stato contraente,
responsabile di "la vita della[sua] nazione", di determinare ́se uno
"pericolo pubblico" la minaccia e, in caso affermativo, fino dove ̀gli occorre
andare per provare a dissiparla. In contatto diretto e costante con
le realtà ́pressanti del momento, le autorità nazionali si trovano
in principio meglio collocate ́che il giudice internazionale per pronunciarsi
sulla presenza ́di simile pericolo come sulla natura e l’entità delle
derogazioni ́necessarie per scongiurarlo. Pertanto, si deve
lasciare loro in materia ̀un ampio margine di valutazione.́
Gli Stati non godono però di un potere illimitató
in questo campo. La Corte ha competenza ́per decidere, in particolare, se hanno
superato ́la "rigorosa misura" delle esigenze della crisi. Il margine
nazionale di valutazione è accompagnato dunque da un controllo europeo.
Quando esercita questo, la Corte deve allo stesso tempo dare il
peso che conviene a ̀dei fattori pertinenti come la natura dei
diritti toccati dalla derogazione, la durata dello stato di emergenza ed le
circostanze che l'hanno creato ́(sentenza ̂Brannigan e McBride c. Regno Unito
del 26 maggio 1993, serie ́A n° 258-B, pp. 49-50, paragrafo 43.)
2. Sull'esistenza di un pericolo pubblico che minaccia la vita del
nazione
69. Il Governo, al quale si unisce la Commissione su questo punto,
sostiene che c'era, nel Sud-est della Turchia, un pericolo pubblico,
"che minacciava la vita della nazione." Il richiedente non ́contesta questa
valutazioné, egli stesso ̂ afferma che per l'essenziale si tratta il ̀di una
questione che appartiene agli organi della Convenzione di troncare.
70. La Corte considerà, alla luce dell'insieme degli elementi ́di cui
dispone, che l'ampiezza e gli effetti privati dell'attività
terroristica del PKK nel Sud-est della Turchia hanno senza dubbio
creato, nella regione riguardata, un "pericolo pubblico che minacciava ̧la vita
della nazione" (vedere, mutatis mutandis, le sentenze ̂Lawless c. Irlanda del
1 luglio 1961, serie ́A n° 3, p. 56, paragrafo 28, Irlanda c. Regno Unito
precitata, p. 78, paragrafo 205, e Brannigan e McBride precitata, p. 50,
paragrafo 47).
3. Sul punto di sapere se le misure fossero ́rigorosamente
esatte ́dalla situazione
a) La durata ́della detenzione fuori controllô
71. Secondo ̀il Governo, il richiedente è ́stato arrestato il
26 novembre 1992, con tredici altre persone, al motivo che lo si
sospettava di aiutare e di sostenere i terroristi del PKK, di essere,̂
membro della sezione di Kiziltepe del PKK e di distribuire dei volantini
di questo partito (paragrafo 12 sopra). È ́stato detenuto per
quattordici giorni, in conformità ́col diritto turco che permetteva, nella
regione ́sottoposta allo stato ́di emergenza, la detenzione per un periodó
massimale di trenta giorni di una persona sospettata ́di avere partecipato
ad ̀una violazione collettiva (paragrafo 29 sopra).
72. Il Governo spiega che il luogo in cui il richiedente ́fu
Arrestato e detenuto faceva parte della zona coperta dalla derogazioné
turca, (paragrafi 31-33 sopra). Questa sarebbe stata necessaria ́e
giustificata, avuto riguardo dell’entità e della gravità dell'attività́
terroristica del PKK in Turchia, specialmente ́nel Sud-est del paese.
Le inchieste a proposito di violazioni terroristiche porrebbero le
autorità ́a confrontarsi coi problemi ̀particolari, così come la Corte ha
riconosciuto nel passato, dal momento che i membri delle organizzazioni
terroristiche sarebbero diventati maestri nell'arte di resistere ́agli
interrogatori, disporrebbero di reti ́di sostegno segrete e
avrebbero accesso ̀a delle risorse considerevoli.́ La raccolta ed la
verifica ́delle prove in una vasta regione alle prese con una
organizzazione terroristica che beneficia ́di un sostegno strategico e
tecnico di paesi vicini necessiterebbe molto ́tempo e molti
sforzi. Queste difficoltà ́renderebbero impossibile l'organizzazione di uno
controllo ̂giudiziale durante la custodia cautelare degli indiziati.
73. Il richiedente ́afferma che fu posto in detenzione il
24 novembre 1992, per essere ̂rilasciato ́il 10 dicembre 1992. Secondo luì,
la pratica che consiste nel ̀postdatare gli arresti sarebbe moneta
corrente nella regione ́sottoposta allo stato ́di emergenza.
74. Pure non presentando ́ argomenti dettagliati contro la
validità ́della derogazione turca nel suo insieme, l'interessato mette in
dubbio la necessità, ́nel Sud-est della Turchia, di mantenere dei,
sospettati in detenzione ́per quattordici giorni o più senza controllo
giudiziale. Secondo luì, i giudici nel Sud-est della Turchia non
correrebbero nessuno rischio se avessero la facoltà ́e l'obbligo di
controllare ̂la legalità ́delle detenzioni a degli intervalli più ravvicinati.́
75. La Commissione non avendo potuto stabilire ́con certezza se il richiedenté
è stato ́posto in detenzione il 24 novembre 1992, come afferma, o
il 26 novembre 1992, come adduce il Governo, ha preso per
punto di partenza ́del suo ragionamento che l'interessato era stato detenutó
per almeno quattordici giorni senza essere tradotto dinnanzi ad un giudice o uno
altro magistrato abilitato ́dalla legge ad ̀esercitare delle funzioni
giudiziali.
76. La Corte sottolinea l'importanza dell'articolo 5 (art. 5) nel,
sistema ̀della Convenzione: consacra un diritto fondamentale dell'uomo,
la protezione dell'individuo contro gli attentati arbitrari dello stato
alla sua libertà.́ Il controllo ̂giudiziale di simile ingerenza ́
dell'esecutivo ́costituisce un elemento essenziale della garanzia
dell'articolo 5 paragrafo 3 (art. 5-3) concepita ̧per ridurre ́al minimo il rischio
di arbitrarietà e garantire la preminenza ́del diritto (sentenza ̂Brogan ed altri
precitata, p. 32, paragrafo 58.) Per di più un pronto intervento
giudiziale può condurre alla localizzazione ́e alla prevenzione ́di sevizié
gravi che, la Corte l'ha detto sopra (paragrafo 62), sono proibite
dalla Convenzione in termini assoluti, non suscettibili di derogazione.́
77. Nella sentenza ̂Brannigan e McBride (citata al paragrafo 68
Sopra) la Corte ha giudicato ́che il governo britannico non aveva
superato il ́suo margine di valutazione derogando agli obblighi che derivavanó
per lui dall'articolo 5 della Convenzione( art. 5) tramite le disposizioni,
che autorizzavano la detenzione ́senza controllo giudiziale, per un periodo,́
massimale di sette giorni, di persone sospettate ́di crimini
terroristici.
Nello specificò, il richiedente è ́stato detenuto per almeno
quattordici giorni senza essere ̂tradotto dinnanzi ad un giudice o un altro magistrato.
Il Governo cerca di giustificare questa misura con le esigenze
particolari ̀delle inchieste ̂di polizia in una vasta regione ́alle prese
con un'organizzazione terroristica che riceve un sostegno dall'esternó
(paragrafo 72 sopra).
78. Se la Corte stima - l'ha detto a parecchie ̀riprese nel
passato ́(vedere, per esempio, la sentenza ̂Brogan ed altri precitata) - ́che le
inchieste a proposito di crimini terroristici mettano senza dubbio
le autorità ́di fronte a dei problemi particolari non potrebbe ammettere
che sia necessario ́detenere un indiziato per quattordici giorni senza
intervento giudiziale. Questo periodo ́eccezionalmente lungo ha
lasciato ́il richiedente non solo ̀alla mercé di attentati arbitrari
al suo diritto alla libertà́, ma anche della tortura (paragrafo 64
sopra). Per di più, ̂il Governo non ha enunciato ́dinnanzi alla Corte
ragioni dettagliate che ́spiegano perché la lotta contro il terrorismo
nel Sud-est della Turchia renderebbe impraticabile ogni intervento
giudiziale.
b) Sulle garanzie,
79. Il Governo sottolinea che tanto la derogazione ́che il
sistema ̀giuridico turco fornivano delle garanzie sufficienti per
proteggere ́i diritti dell'uomo. Così, la derogazione i stessa ̂erá
limitata ́al rigoroso minimo richiesto dalla lotta contro il terrorismo; la
legge contemplava ́una durata massimale di custodia cautelare, ed il consenso
di un procuratore era ́necessario se la polizia avesse desiderato porre un
sospettato in detenzione ́provvisoria al di là di ̀questa durata.́ La tortura
era ́vietata dall'articolo 243 del codice penale (paragrafo 24
sopra) e l'articolo 135 a) contemplava ́che ogni dichiarazione fatta
sotto la tortura o sotto ogni altra forma di cattivi trattamenti
non avrebbe avuto nessuno valore probante.
80. Il richiedente ́fa osservare che i lunghi periodi di detenzioné
Senza controllo, abbinati alla mancanza di garanzie per la protezione
dei detenutí, facilitano la pratica della tortura. Così sarebbe
stato ́torturato in modo ̀intenso il terzo e quarto giorno della sua
custodia cautelare, poi lo si sarebbe mantenuto in detenzione ́per permettere la
cicatrizzazione delle sue lesioni; durante tutto questo periodó, non poté
vedere né un avvocato né un medico.́ Per di più, avrebbe ̂avuto gli occhi bandati
durante i suoi interrogatori, il che gli avrebbe impedito ́di identificare i suoi,
torturatori. I rapporti di Amnesty International
("Turchia: politica di diniego", ́febbraio 1995, del Comitato europeo,́
per la prevenzione ́della tortura e del Comitato delle Nazioni unite contro
la tortura, citato ́ al paragrafo 46sopra) mostrerebbero che le
garanzie - già ̀in sé inadeguate - ́contenute nel codice penale turco
erano ́ignorate correntemente nella regione sottoposta allo stato ́di emergenza.
81. La Commissione considera ̀che il sistema turco offre ai detenutí
delle garanzie insufficienti. Non contemplá, per esempio, né ricorso
veloce di habeas corpus né diritto sanzionabile in giustizia di accesso ̀ad uno
avvocato, ad un medicó, ad ̀un amico o ad un genitore. In queste condizioni,
nonostante la gravità ́della minaccia terroristica nel Sud-est del
Turchia, la misura che ha permesso la detenzione ́del richiedente per
almeno quattordici giorni senza che fosse tradotto dinnanzi ad un giudice o un altro
magistrato abilitato ́dalla legge ad ̀esercitare delle funzioni giudiziali
superava ́il margine di valutazione del Governo e non sarebbe potuto passare
per avere rispettato ́la rigorosa misura richiesta dalla situazione.
82. Nella sua sentenza ̂Brannigan e McBride precitata (́paragrafo 68),
la Corte si ́era detta convinta che le garanzie effettive garantivano
bello e bene, in Irlanda del Nord, una protezione apprezzabile ́contro i
comportamenti arbitrari e le detenzioni ́al segreto. Così il
ricorso del habeas corpus permetteva un controllo ̂della legalità ́
del l'arresto e delle detenzione ́iniziali, ed i detenuti avevano il
diritto assoluto, che potevano rivendicare in giustizia, di consultare un
procuratore legale quarantotto ore dopo il ̀loro arresto, allo stesso modo di quello
di informare un genitore o amico della loro detenzione ́e di farsi esaminare
da un medico (́op). cit., pp. 55-56, paragrafi 62-63).
83. Per contrasto, la Corte stima che nello specifico ̀il richiedente ́che
è ́stato detenuto per un lungo periodo, non ha goduto di garanzie
sufficienti. In particolare, la privazione dell'accesso ̀a un avvocato, un
medicó, un genitore o un amico, e la mancanza di ogni possibilità́
realistica ́di essere ̂tradotto dinnanzi ad un tribunale ai fini di controllo del
legalità ́della sua detenzione, notificavano che il richiedente erá
̀ completamente alla mercé dei suoi custodi.
84. La Corte prende in conto la gravito ́manifesta del problemà
terroristico nel Sud-est della Turchia e le difficoltà provaté́
dallo stato per prendere delle misure efficaci per combatterlo.
Tuttavia, non è convinta che la situazione esigesse la
detenzione ́al segreto del richiedente, sospettato di avere partecipato, a dei
crimini terroristici, per quattordici giorni o più senza
possibilità ́per lui di vedere un giudice o un altro magistrato.
4. Sulla questione di sapere se la derogazione ́turca assolve
le esigenze formali dell'articolo 15 paragrafo 3 (art. 15-3)
85. Nessuno delle parti a confronto ha contestato che la notificazione di
derogazione ́della Repubblica turca (paragrafo 33 sopra) assolva
le condizioni formali dell'articolo 15 paragrafo 3 (art. 15-3) ossia
tenere il Segretario ́generale del Consiglio dell'Europa pienamente informato
su alcune misure prese in derogazione ́alla Convenzione e delle ragioni che le
giustificano.
86. La Corte ha competenza ́per propendersi di ufficio su questo
questione (sentenze ̂Lawless precitate, ́p. 55, paragrafo 22, ed Irlanda
c. Regno Unito precitata, ́p. 84, paragrafo 223) e specialmente sul punto
di sapere se la notificazione turca di derogazione ́contiene sufficienti
informazione a proposito della misura controversa che ha permesso la
detenzione ́del richiedente per almeno quattordici giorni senza controllo
giudiziale, per assolvere le esigenze dell'articolo 15 paragrafo 3
(art. 15-3). Tuttavia, avuto riguardo ́alla ̀sua conclusione secondo la quale la
misura incriminata non ́era rigorosamente richiesta dalle esigenze della
situazione (paragrafo 84 sopra) giudica non doversi
pronunciare su questa questione.
5. Conclusione
87. In conclusione, la Corte stima che c'è stata violazione
dell'articolo 5 paragrafo 3 della Convenzione (art. 5-3).
C. Sulla mancanza addotta ́di ricorsi
88. Il richiedente si ́lamenta di essersi visto rifiutare ́ l'accesso ̀a un
tribunale, in violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione
( art. 6-1) di cui la parte pertinente nello specifico è ̀formulata cośì:
"Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita
equamenté, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da
un tribunale indipendente ́ed imparziale, stabilito dalla legge che
deciderà́ delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi
di carattere ̀civile"
Afferma per di più non ̂avere disposto ́di nessuno ricorso interno
effettivo, a disprezzo ́dell'articolo 13 della Convenzione (art. 13) che
enuncia:́
"Ogni persona i cui diritti e libertà ́riconosciuti nella
(...) Convenzione sono stati ́violati, ha diritto alla concessione di uno
ricorso effettivo dinnanzi ad un'istanza nazionale, anche se
la violazione fosse ́stata commessa dalle persone che agiscono
nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali."
89. Il Governo ribatte ́che l'interessato che non avendo mai o almeno
tentato di impegnare un procedimento, non può lamentarsi
di essere stato ́privato dell'accesso ̀a un tribunale. Come ha fatto nella
cornice della sua eccezione preliminare ́(paragrafi 41-45 sopra,)egli
sostiene inoltre che una serie ́di ricorsi effettivi eráno
disponibili.
90. Secondo ̀il richiedenté, la decisione del procuratore di non aprire
un’ inchiesta l'ha ̂privato ́in realtà di ogni possibilità di ottenere in
giustizia il riconoscimento del suo diritto civile al ̀risarcimento (́paragrafo 48
sopra). In dritto turco, un procedimento ́al civile potrebbe esserê
considerato ́solo una volta stabiliti i fatti ed identificati i loro autori
nella cornice di perseguimenti penali.́ A difettó, uguale azione sarebbe
consacrata ́al fallimento.́ Per di più, la possibilità ́di richiedere un'indennità́
per gli atti di tortura rappresenterebbe solamente ́ una parte delle
misure necessarie ́ai fini di risarcimento; sarebbe inaccettabile
che un Stato possa pretendere di avere ́soddisfatto il ̀suo obbligo versando
semplicemente un'indennità́, perché ritornerebbe in realtà a ̀permettere
agli Stati di pagare per il diritto di torturare. Per il Sig. A., i,
ricorsi necessari ́per rispondere alle sue lagnanze fondate sulla Convenzione
erano ́ inesistenti o non effettivi in pratica tanto in teoria che in pratica
( paragrafi 46-47 sopra).
91. La Commissione ha constatato ́una violazione dell'articolo 6 paragrafo 1
( art. 6-1) per le stesse ̂ragioni di quelle che l'avevano portata ́a,̀
concludere in favore dell'interessato ́sul terreno dell'articolo 26 della
Convenzione (art. 26) (paragrafo 50 sopra). Perciò, lei
non ha giudicato ́necessario esaminare la lagnanza sotto l'angolo
dell'articolo 13 (art. 13).
1. Articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione ( art. 6-1)
92. La Corte ricorda che l'articolo 6 paragrafo 1 ( art. 6-1) consacra il
"diritto a ̀un tribunale" il cui diritto di accesso, ossia il diritto di
investire il tribunale in materia ̀civile, costituisce solamente un aspetto
(vedere, per esempio, la sentenza ̂I santi monasteri ̀c. Grecia del
9 dicembre ́1994, serie A n° 301-ha, pp. 36-37, paragrafo 80). Non fa
nessuno dubbio che l'articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) si applichi ad un'azione
civile in risarcimento ́per i cattivi trattamenti presunti commessi
dagli agenti dello stato (vedere, per esempio, la sentenza ̂Tomasi citata ́al
paragrafo 61 sopra, p. 43, paragrafi 121-122).
93. La Corte rileva ̀che il richiedente non ́contesta che avrebbe
potuto, in teoriá, intentare al civile un'azione in danno-interessi ̂per
le sevizie ́subite da lui. L'interessato sostiene in compenso che
l'omissione del procuratore di aprire un'inchiesta ̂penale l'ha ́privato, in
pratica, di ogni fortuna di prevalere al termine di un tale procedimentó
(paragrafo 90 sopra). La Corte ricorda tuttavia che in ragione delle
circostanze particolari che ̀cingono il suo caso (paragrafo 57
sopra) il Sig. A. non ha ̂cercato ́di ̀portare neanche una domanda dinnanzi
alle giurisdizioni civili. In queste condizioni, non gli é
possibile di determinare ́se queste avrebbero o meno potuto conoscere ̂della
domanda dell'interessato ́se le avesse investite.
Ad ogni modo, ́la Corte osserva che l'essenza della lagnanza
del richiedente ́riguarda l'omissione del procuratore di aprire una
inchiesta ̂penale (paragrafo 90 sopra). Prende inoltre nota
dell'argomento dell'interessato ́secondo il quale la possibilità di richiedere una
indennizzo per gli atti di tortura rappresenta solamente ́una parte
solamente delle misure necessarie ́ai fini di risarcimento (paragrafo 90
sopra).
94. Avuto riguardo ́a ciò che precede, la Corte stima più indicato
di esaminare questa lagnanza sotto l'angolo dell'obbligo più generalé, che
l'articolo 13 (art. 13) fa pesare sugli Stati, di offrire un ricorso,
effettivo che permetta di lamentarsi di violazioni della Convenzione.
2. Articolo 13 della Convenzione, art. 13,
95. La Corte fa osservare che l'articolo 13 (art. 13) garantisce
l'esistenza in dritto interno di un ricorso che permette di prevalersi
dei diritti e libertà ́della Convenzione, come vi si possono
trovare consacrati.́ Questa disposizione ha per conseguenza ́di esigere dunque
un ricorso interno che abiliti l'istanza nazionale competente ́à
conoscere ̂del contenuto della lagnanza basata ́sulla Convenzione e ad ̀offrire la
correzione adeguata, anche se gli Stati contraenti godono di una
certo margine di valutazione ́quanto al modo di conformarsi agli
obblighi che fa loro questa disposizione (sentenza ̂Chahal citata ́al
paragrafo 62 sopra, pp. 1869-1870, paragrafo 145). La portata ́
dell'obbligo che deriva ́dell'articolo 13 (art. 13) varia in funzione
della natura della lagnanza che il richiedente ́basa sulla Convenzione
(sentenza ̂Chahal precitata, ́pp. 1870-1871, paragrafi 150-151). Tuttavia, il
ricorso esatto dall'articolo 13 (art. 13) deve essere "̂effettivo" in
pratica come in diritto, nel senso particolare che il suo esercizio
non debba essere ̂ostacolato in modo ̀ingiustificato ́dagli atti o dalle
omissioni delle autorità ́dello stato convenuto.́
96. La Corte sottolinea innanzitutto che la sua constatazione (paragrafo 57
Sopra) secondo la quale sarebbero esistite delle circostanze specialí
Che liberavano il richiedente dal suo obbligo di esaurire le vie di ricorso
interne non deve essere presa come se significasse che i ricorsi siano
non effettivi nel Sud-est della Turchia (vedere, mutatis mutandis,
la sentenza ̂Akdivar ed altri citata ́sopra al paragrafo 38,
pp. 1213-1214, paragrafo 77).
97. Poi, la Corte, come la Commissione, prende nota del fatto che
le affermazioni ́di torture subite durante una custodia cautelare sono
estremamente ̂difficili da ̀supportare ́per la vittima se è stata isolatá
dal mondo esterno ́e privata della possibilità di vedere medici,
avvocati, genitori o amici, suscettibili di fornirgli un sostegno e
di stabilire ́le prove necessarie.́ Per di più, se un individuo ha subito
tali sevizié, la sua capacità o la sua volontà di lamentarsi si trovano spesso
indebolite.
98. La natura del diritto garantito dall'articolo 3 della Convenzione
( art. 3) ha delle implicazioni per l'articolo 13( art. 13). Avuto riguardo ́
all'importanza fondamentale del divieto della tortura
( paragrafo 62 sopra) e alla situazione particolarmente vulnerabilé
delle vittime di torture, l'articolo 13 (art. 13) impone agli Stati, senza
pregiudizio ad ogni altro ricorso disponibile in dritto interno, un
obbligo di condurre un'inchiesta approfondita ed effettiva a proposito dei
casi di tortura.
Periciò quando un individuo formula un'affermazioné
difendibile ́di torture subite per mano di agenti dello stato, la nozione,
di "ricorso effettivo", al senso dell'articolo 13 (art. 13) implica,
oltre il versamento di un'indennità ́là dove decidé, delle investigazioni
approfondite ed effettive proprie a ̀condurre all'identificazione e alla
punizione dei responsabile e che comprendono un accesso ̀effettivo del
querelante al procedimento ́di inchiesta.̂ Certo, la Convenzione non contiene
nessuna disposizione espressa del tipo di quella consacrata ́all'articolo 12
della Convenzione (art. 12) contro la tortura o altre pene o
trattamenti crudeli, disumani o degradanti ́adottata nel 1984 dalle
Nazioni unite che impongono un obbligo di procedere ́ "immediatamentè
ad un'inchiesta imparziale" ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli
di credere che un atto di tortura sia ́stato commesso. La Corte stima tuttavia
che simile esigenza deriva ́implicitamente dalla nozione di
"ricorso effettivo", al senso dell'articolo 13 (art. 13)
(vedere, mutatis mutandis, la sentenza ̂Soering citata al paragrafo 62
pp. 34-35, paragrafo 88 sopra,).
99. Di fatto, in dritto turco, il procuratore aveva l'obbligo di
condurre un'inchiesta.̂ Tuttavia, sia che il Sig. A. si sia o meno lamentato
esplicitamente presso ̀di lui, il magistrato ignorò i segni visibili
che l'interessato era ́stato tortura (paragrafo 56 sopra) ed non vi è stata
inchiesta.̂ Nessuna altra prova è ́stata prodotta dinnanzi alla Corte
che mostrerebbe che qualsiasi altra misure sia ́stata presa,
quando il procuratore si sarebbe reso conto delle lesioni del richiedente.́
Per di più, la Corte stima che avuto riguardo ́alle circostanze
riguardanti la causa del Sig. A., simile atteggiamento di un agente dello stato
che ha l'obbligo di indagare a proposito di ̂violazioni penali ha ́ridottó
a nulla ́l'effettività di ogni altro ricorso che poteva esistere.
100. Perciò, tenuto conto particolarmente ̀della mancanza di
ogni investigazione, la Corte considera ̀che il richiedente è ́stato privató
di un ricorso effettivo per le sue affermazioni ́di tortura.
In conclusione, c'è stata violazione dell'articolo 13 della
Convenzione ( art. 13).
D. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA ́DELL'ARTICOLO 25 PARAGRAFO 1 DEL
CONVENZIONE (ART. 25-1)
101. Il richiedente ́denuncia un attentato al suo diritto di ricorso
individuale consacrato ́all'articolo 25 paragrafo 1 della Convenzione (art. 25-1)
cośì formulato:́
"La Commissione può essere investita di una richiesta indirizzata ́al
Segretario ́Generale del Consiglio dell'Europa da ogni persona
fisica, ogni organizzazione non governativa o ogni gruppo
di individui che si definiscono ́vittime di una violazione da parte di
una delle Alte Parti Contraenti dei diritti riconosciuti
nella presente ́Convenzione, nel caso in cui ̀l'Alta Partire
Contraente posta in causa abbia dichiarato ́riconoscere ̂la competenzá
della Commissione in questa materia.̀ Le Alte Parti
Contraenti che hanno sottoscritto una tale dichiarazione si ́impegnano
a non ̀ostacolare con nessuna misura l'esercizio efficace di questo
diritto."
102. Bisogna ricordare che il Sig. A. è stato ́ucciso il 16 aprile 1994;
secondo i ̀suoi rappresentantí, il suo decesso ̀sarebbe la conseguenza ́diretta della
sua persistenza a perseguire il procedimento ́dinnanzi alla Commissione.
L'interessato sarebbe ́stato minacciato di morte affinché togliesse la richiestâ
deposta ́ da lui ̀presso questo organo, l'ultima minaccia é statá́
formulata ́per telefono il 14 aprile 1994 (paragrafo 22 sopra).
103. Il Governo, da parte sua, nega ogni attentato al diritto di
ricorso individuale. Secondo luì, il Sig. A. è stato ́ucciso in un regolamento
di conti tra fazioni rivali del PKK, ed un indiziato sarebbe stató́
accusato ́dell'omicidio (paragrafo 22 sopra).
104. La Commissione si è profondamente ́commossa del decesso ̀del Sig. A. e
dell'affermazione ́secondo la quale sarebbe legata alla richiesta ̂di cui egli
l'aveva investita. Non disponeva tuttavia di nessuna prova sulla
quale fondare una conclusione a proposito della veracità ́di questo
asserzione o della responsabilità ́dell'omicidio.
105. La Corte ricorda che, affinché il meccanismo ́di ricorso
individuale instaurato ́all'articolo 25 della Convenzione (art. 25) sia
efficace, risulta della più alta importanza che i richiedentí,
dichiarati ́o potenziali, siano liberi di comunicare con la
Commissione, senza che le autorità facciano pressione in nessun caso ̀per
togliere o modificare le loro lagnanze (sentenza ̂Akdivar ed altri citata ́al
paragrafo 38 sopra, p. 1219, paragrafo 105).
106. Essendo così, la Commissione non è stata in grado, nello specifico,̀
di trovare la minima prova che attesta che il decesso ̀del Sig. A. erá
legato alla sua richiesta ̂o che le autorità ́dello stato erano responsabili
di un attentato, sotto forma di minacce o di intimidazione, ai diritti,
garantiti all'interessato ́dall'articolo 25 paragrafo 1( art. 25-1) e nessuna
prova nuova non ́è stata prodotta dinnanzi alla Corte a ̀questo riguardo.́
Perciò ́la Corte non può concludere alla violazione
dell'articolo 25 paragrafo 1 della Convenzione (art. 25-1).
E. Sulla pratica amministrativa addotta ́di violazione della
Convenzione
107. Il richiedente ́invita inoltre la Corte ha ̀dichiarare ́che gli
articoli 3, 5 paragrafo 3, 6 paragrafo 1, 13 e 25 paragrafo 1 (art. 3, art. 5-3,
art. 6-1, art. 13, art. 25-1) sono stati ́violati da una pratica nel
Sud-est della Turchia che beneficerebbé, a ̀un livello elevato, ́di una,
tolleranza ́ufficiale. La Corte dovrebbe, per questo fatto, constatare delle
violazioni aggravate ́della Convenzione.
108. Riferendosi ́ai rapporti degli organi internazionali precitatí́
(paragrafo 46), l'interessato ́sostiene che le torture subite per mano
della polizia sono moneta corrente in Turchia, e questo da
numerosi anni.́ Le autorità ́dello stato sarebbero coscienti del
problema ̀ma avrebbero scelto di non mettere in opera le garanzie
raccomandate.́
Per di più, le vittime di torture e di altre violazioni
di diritti dell'uomo sarebbero ́privati frequentemente del diritto di accesso ̀a
dei ricorsi giudiziali, in violazione degli articoli 6 paragrafo 1 e 13
della Convenzione (art. 6-1, art. 13) e sarebbero, a disprezzo ́
dell'articolo 25 paragrafo 1( art. 25-1) assillate, minacciate e sottoposte alla
violenza in caso di tentativo di immissione nel processo degli organi della Convenzione.
Infine, siccome il diritto interno autorizza la detenzione ́di indiziati
per lunghi periodí, in violazione dell'articolo 5 paragrafo 3
(art. 5-3) sarebbe ̀una prova di una pratica amministrativa
Che viola questa disposizione.
109. La Corte stima che le prove stabilite ́ dalla Commissione
non bastano per autorizzare a ̀formularle una conclusione a proposito
dell'esistenza di una pratica amministrativa di violazione degli articoli
precitati della Convenzione (art. 3, art. 5-3, art. 6-1, art. 13,
art. 25-1).
IV. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 50 DELLA CONVENZIONE (ART. 50)
110. Ai termini dell'articolo 50 della Convenzione, art. 50,
"Se la decisione ́della Corte dichiara che una decisione presa o
una misura ordinata ́da un'autorità giudiziale o ogni altro
autorità ́di una Parte Contraente si trova interamente ̀o
parzialmente in opposizione con gli obblighi che derivano ́dalla
Convenzione, e se il diritto interno di suddetti Parti
permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze ́di questa
decisione ́o di questa misura, la decisione della Corte accorda,
se c'è luogo, alla ̀parte lesa ́una soddisfazione equa."
111. Nel suo esposto, ́il richiedente richiede risarcimento del danno,
materiale che ́risulta dalla detenzione e dalle torture subite da lui. Questo
danno consisterebbe negli oneri medicí, valutati à
16 635 000 lire turche (TRL), ed in una mancanza a ̀guadagnare, stimata ́à
40 sterlina (GBP).
Sollecita per di più una somma di 25 000 GBP per torto
morale, che converrebbe, secondo luì, di aumentare di 25 000 GBP nel caso
in cui ̀la Corte constatasse una violazione aggravata ́della Convenzione in
ragione dell'esistenza di una pratica amministrativa.
L'interessato ́rivendica anche il rimborso dei suoi oneri
e spese ́giudiziali che ammonterebbero ̀al totale a 20 710 GBP.
112. Il Governo non formula ́nessuna osservazione, né nella sua
memoria ́né all'udienza dinnanzi alla Corte, a proposito di queste pretese.́
A. Danni
113. Avuto riguardo ́all'estrema ̂gravità ́delle violazioni della Convenzione
di cui è stato ́vittima il Sig. Z. A. e all'ansietà ́e allo sconfortó
che hanno, non vi è dubbio, causato ́a ̀suo padre che ha ripreso
l'istanza dopo ̀il decesso dell'interessato ́(paragrafo 3 sopra) la
Corte accorda per intero il risarcimento ́chiesto a titolo dei danni
materiali ́e morali, o al totale 4 283 450 000, quattro miliardi,
due cento ottantatre milioni quattro cento cinquantamila,
lire turche, sulla base del tasso di cambio applicabile alla data
di adozione della presente ́sentenza.̂
B. Oneri e spesé
114. La Corte giudica ragionevole l'importo richiesto ́dal richiedenté
a titolo degli oneri e spese ́e glielo accorda in totalità, meno la somma
già versata dal Consiglio dell'Europa nella cornice
dell'assistenza giudiziale e non presa in conto nella domanda.
C. Interessi ̂moratori
115. Per ciò che riguarda la somma accordata ́in lire turche, degli
interessi ̂moratori saranno pagabili al tasso del 30% l'anno che, dopò
le informazione di cui la Corte dispone, è il tasso legale ́applicabile in
Turchia alla data di adozione della presente ́sentenza.̂
Gli oneri e spese ́che devono essere ̂rimborsati ́in sterline,
la Corte giudica adeguato ́di contemplare il versamento su questa somma
di interessi ̂moratori al tasso del 8% l'anno che, secondo ̀le
informazione di cui dispone, è il tasso legale ́applicabile in
Inghilterra e Galles alla data di adozione della presente ́sentenza.̂
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Respinge, per otto voci contro una, l'eccezione preliminare ́di
non-esaurimento ́delle vie di ricorso interne;
2. Stabilisce, per otto voci contro una, che c’é stata violazione
dell'articolo 3 della Convenzione (art. 3);
3. Stabilisce, per otto voci contro una, che c’è stata violazione
dell'articolo 5 paragrafo 3 della Convenzione (art. 5-3);
4. Stabilisce, per otto voci contro una, che non si impone di esaminare
la lagnanza formulata ́dal richiedente sul terreno dell'articolo 6
paragrafo 1 della Convenzione (art. 6-1);
5. Stabilisce, per otto voci contro una, che c’è stata violazione
dell'articolo 13 della Convenzione (art. 13);
6. Stabilisce, all'unanimità ́che nessuna violazione dell'articolo 25 paragrafo 1
della Convenzione (art. 25-1) non ́è stata stabilita;
7. Stabilisce, per otto voci contro una,
a) che lo stato convenuto deve ́versare al richiedente, nei,
tre mesi, per danni materiale ́e morale,
4 283 450 000, quattro miliardi due cento,
ottantatre milioni quattro cento cinquantamila,
lire turche;
b) che lo stato convenuto deve ́versare al richiedente, nei,
tre mesi, per oneri e spese,́
20 710 (ventimila sette cento dieci) sterline, meno,
12 515 (dodicimila cinque cento quindici) franchi francesi ̧da
convertire in sterline al tasso applicabile alla data del
pronuncia ́della presente sentenza;̂
c) che questi importi saranno da ̀aumentare, a contare della scadenza
di suddetto termine ́e fino al versamento, di interessi ̂semplici ai tassi,
annui segue:
i. il 30% per la somma assegnata ́in lire turche;
ii. l’ 8% per la somma assegnata ́in sterline.
Fatto in francese ̧ed in inglese, pronunciato poi in udienza pubblica al Palazzo dei Diritti dell'uomo, a ̀Strasburgo, il,
18 dicembre ́1996.
Segno:́ Rolv RYSSDAL
Presidenté
Segno:́ Herbert PETZOLD
Cancelliere
Alla presente ́sentenza si ̂trova unita, conformemente agli ́articoli 51
paragrafo 2 della Convenzione (art. 51-2, e 53 paragrafo 2 dell'ordinamento ̀A)
l’esposto ́delle seguenti opinioni separate:
- opinione parzialmente dissidente di M. Di Meyer;
- opinione dissidente del Sig. Golcuklu.̈̈̈
Sigla:́ R. R.
Sigla:́ H. P.
OPINIONE PARZIALMENTE DISSIDENTE DEL GIUDICE DI MEYER
Pure sottoscrivendo al restante della sentenzâ, disapprovo ́il
ragionamento seguito dalla maggioranza ́sotto l'angolo degli articoli 6 paragrafo 1
e 13, (art. 6-1, art. 13).
Nella presente ́causa, la Corte ha dovuto deliberare ́prima ̀su
un'eccezione preliminare che ́adduceva il non-esaurimento delle vie di
ricorso interne.
Il ragionamento evoluto ́a ̀questo motivo nei paragrafi dal 51
al ̀57 della sentenza ̂dimostrata ́precisamente che, nella situazione del
richiedente, queste vie di ricorso avevano solamente un carattere ̀teoricó,
il che implica già ̀la constatazione di una violazione dell'articolo 13
( art. 13) chiarito ́poi, in altri termini, ai paragrafi dal 95
Al 100 della sentenza.̂ La presente ́causa fa risultare cośì molto ̀bene
il legame che annette l'articolo 13 all'articolo 26 (art. 13, art. 26) (1).
_______________
1. Vedere a ̀questo motivo il paragrafo 51 della sentenza.̂
_______________
Ma questo ragionamento implica allostesso tempo e ha fortiori che
l'interessato non ́ha potuto godere infatti del diritto di accesso ̀a un
tribunale (2).
_______________
2. Vedere a ̀questo motivo i paragrafi 54 e 56 della sentenza.̂
_______________
Ne risulta ́che, nella linea di ciò che abbiamo decisó́
a proposito dell'eccezione preliminaré, avremmo dovuto, per via di
conseguenza ́logica, constatare sia la violazione dell'articolo 6,
paragrafo 1 (art. 6-1) che la violazione dell'articolo 13 (art. 13.)
Bastava notare che le considerazioni ́sviluppate ai
paragrafi dal 51 al 57 della sentenza ̂dimostravano ́che, nelle circostanze
della causa, il richiedente non ́disponeva di ricorsi interni
effettivi e non era ́particolarmente in grado di potere esercitare
realmente il ́suo diritto di accesso ̀a un tribunale.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE GOLCUKLÜ̈̈
1. Per ciò che riguarda il carattere ̀sussidiario del sistema di
protezione stabilito ́dalla Convenzione europea dei Diritti dell'uomo
ed il suo corollario diretto dell'esaurimento ́delle vie di ricorso interne,
mi riferisco ̀alla mia opinione dissidente nel causa Akdivar ed altri
c. Turchia (sentenza del 16 settembre 1996, Raccolta delle sentenze e
decisioni ́1996-IV).
2. Tengo a ̀notare che l'articolo 17 della Costituzione turca è
la traduzione letterale ́dell'articolo 3 (art. 3) della Convenzione,
europea ́dei Diritti dell'uomo e che la tortura o i cattivi
trattamenti sono ̀puniti severamente dal codice penale ́turco (articoli 243)
e 245( (via penale).́
3. In quanto reato ́civile (atto illecito), la tortura o i,
cattivi trattamenti aprono la via a ̀un'azione in risarcimento ́del
danno ́subito per danni morali o materiali, azione civile o
contenzioso amministrativo secondo la qualità ́dell'autore.
4. Il perseguimento penale sarà ́messo in marcia d’ ufficio dal
ministero ̀pubblico o su querela, obbligatoriamente quando ci sono degli
indizi sufficienti per i quali una violazione è ́stata commessa.
5. Dunque, in dritto turco, per colui che si definisce ́vittima di
torture o di cattivi trattamenti, queste tre vie di ricorso esistono
ugualmente in ogni parte del paese.
6. Per ciò che riguarda l'efficacia ́ed il carattere ̀adeguato ́delle
Vie di suddettí ricorsi, non c'è l'ombra di dubbio a ̀mio
parere. A questo motivo, mi riferisco ̀alla mia opinione dissidente nella causa
Akdivar ed altri c. Turchia (vedere la suddetta sentenza ̂della Corte) ́e
il governo convenutó, sia nell'occasione della
causa Akdivar ed altri che nella causa presenté, ha sottoposto
all'esame e alla valutazione ́della Commissione da prima e della
Corte europea ́poi - sia nel suo esposto scritto che
all'udienza pubblica - delle decine di giudizi o di sentenze ̂dei
tribunali di prima ̀istanza o dei Corsi supremi ̂come la
Corte di cassazione o il Consiglio di stato.
7. La grande maggioranza ́di questi giudizi o sentenze ̂riguardavano dei
casi sopraggiunti nella parte Sud-est del paese, dove ̀degli atti di terrorismo
hanno luogo ed dove ̀la presente ́causa si è svolta.́́ Ecco alcuni
esempi con un breve esposto delle decisioni:
- Seconda ̀camera del Consiglio di stato - sentenza ̂del 23 marzo 1994
Il Consiglio di stato, effettuando il suo controllo ̂legale ́ex officio
della decisione ́di non luogo a procedere presa dal consiglio amministrativo
dipartimentale ́di Malatya, ha concluso che i perseguimenti giudiziali sulla
base dell'articolo 245 del codice penali, ́cattivi trattamenti, impiego della
violenza tramite funzionario che detiene ́il potere di ricorrere alla
forza ́ conformemente ̀alla legge, si imponevano a carico degli imputatí,
a quattro poliziotti della direzione della sicurezza ́di Malatya che avrebbero
picchiato un imputato all'epoca del ́suo interrogatorio.
Un'altra sentenza ̂nello stesso senso del Consiglio di stato, sentenza del
7 ottobre 1993, riguardava il dipartimento ́Adiyaman. Questi
due dipartimenti, ́Malatya ed Adiyaman, si trovano nel
parte Sud-est del paese.
- Ottava ̀camera criminale della Corte di cassazione - sentenzâ
del 16 dicembre ́1987
Li accusati sono ́stati condannati a ̀quattro anni, cinque mesi e
dieci giorni per avere causato ́la morte di una persona a ̀il seguito di atti
di tortura (articoli 452/1, 243/1-2 del codice penale).́
La Corte di cassazione ha confermato ́questa condanna pronunciatá
dalla prima ̀camera della corte d’assise di Mardin, una città
nella regione ́Sud-est del paese.
- Ottava ̀camera criminale della Corte di cassazione - sentenzâ
del 25 settembre 1991
L'ottava ̀camera della corte d’assise di Ankara ha pronunciató,
a ̀ carico degli accusati, per inflizione di cattivi trattamenti
allo scopo di estorcere delle confessioni, una pena alla reclusione ́criminale di
quattro anni e due mesi, così come l'interdizione alla funzione
pubblica per due mesi e quindici giorni.
La Corte di cassazione ha deliberato ́che nello stato della pratica i
rapporti di perizia erano ́sufficienti per il giudizio. Peṛ,
invalidato il giudizio per errore materiale, avendo il giudice
indicato ́che aveva applicato la pena minimale pure avendo fatto suoi
calcoli sulla pena minimale.
- Ottava ̀camera criminale della Corte di cassazione - sentenzâ
del 21 febbraio ́1990
Li accusati sono ́stati condannati a ̀quattro anni, cinque mesi e
dieci giorni di reclusione ́criminale per avere causato la morte dell'imputato.́
Questa condanna pronunciata ́dalla sesta ̀camera del
corte d’assise di Istanbul era ́basata sulle accuse di colpi e
lesioni che avevano provocato ́la morte senza intenzione di darla
(articolo 452/1 del codice penale).́
La Corte di cassazione ha confermato ́il giudizio di condanna
pure considerando ́che nel caso presente bisognava applicare
l'articolo 243 concernente il decesso ̀a il seguito di un atto di tortura.
8. Malgrado ́l'esistenza delle tre vie di ricorso che ho menzionató́
sopra, il richiedente non ́si è girato verso nessuna di esse e non ha
fatto nulla di attivo che lamentarsi dinnanzi alla Commissione, via Londra,
senza ̂sporgere anche querela dinnanzi alle autorità ́responsabili, la prima cosa
che ogni individuo deve fare consapevolmente quando egli si
pretende ́vittima di qualunque cosa sia.
9. Non posso aderire, in nessuno modo̧, all'opinione del
maggioranza ́che, basandosi su delle semplici asserzioni del
richiedente secondo le quali i tribunali turchi di questa regioné
non offrirebbero nessuna protezione quando gli atti controversi sono il
fatto dei membri delle forze di sicurezza, ha ́concluso che l'efficacia delle
vie di ricorso interne era ́dubbia. Stimo che "in caso di
dubbio", soprattutto in caso di dubbio, le vie di ricorso interne devono
essere ̂esaurité, come lo esige la Commissione (decisione del 14 marzo 1985,
Garcia c. Svizzera, richiesta ̂n° 10148/82, Decisioni ́e rapporti 42,
p. 98.) Ed il richiedente ́ non ha fatto niente.
10. Come il giudice Gotchev l'ha nota ́a giusti titolo, nella sua,
opinione dissidente nella suddetta causa Akdivar ed altri, al
motivo della regola ̀dell'esaurimento ́delle vie di ricorso interne, per
giungere a ̀una tale conclusione, dopo che il governo convenutó
ha dimostrato ́l'esistenza di vie di ricorso interne, occorrerebbe, di
nuovo, fare pesare il carico della prova sul richiedente ́che
doveva provare che le istanze in funzione in questa regione ́del paese
l'hanno respinto ́dei suoi tentativi di scatenare i procedimenti adeguati.́
Ora il richiedente non ́ha fornito nessuna prova in questo senso.
11. Tanto più che in questa causa certi punti dei fatti
erano ́controversie tra le parti: il richiedente pretendeva che egli
aveva fatto stato ́dinnanzi al ministero ̀pubblico, durante il suo ascolto, del
fatto che aveva subito delle sevizie mentre ́era in custodia cautelare;
mentre il governo convenutó, con gli argomenti in supporto di ciò,
contestava questo fatto. La Corte, partendo da questo fatto non chiarito,
dunque, di una pretesa ́inattività del ministero ̀pubblico per il collocamento in
marcia dell'azione penalé, ha concluso che la via penale erá
inefficace.
12. Oltre al fatto che esistono nel procedimento ́penale turco delle vie di
ricorso per obbligare il ministero ̀pubblico ha perseguire chi altro se non
le istanze nazionali potrebbero chiarire ́questo fatto decisivo per la
sorte della causa presente?́ Se non altro per questa ragione, le lagnanze del
richiedente dovrebbe ́essere ̂portate ́da prima dinnanzi alle istanze del paese
affinché si possa giudicare del carattere ̀efficace o meno delle vie di
ricorso interne.
13. Così l'esigenza dell'articolo 26 della Convenzione (art. 26)
non ́essendo assolta, la Corte avrebbe dovuto accettare le obiezioni
preliminari ́del governo convenuto per il non-esaurimento delle
vie di ricorso interne.
14. Le considerazioni ́precedenti mi dispensano dall’ esaminare il merito
della causa.