QUINTA SEZIONE
CASO PAR E HYODO c. AZERBAIGIAN
(Domande n. 54563/11 e 22428/15 )
GIUDIZIO
Art 1 P1 ? Il pacifico godimento dei beni ? Illegittima detenzione da parte delle autorit? statali di somme non dichiarate di denaro sequestrate ai ricorrenti dalle autorit? doganali ? Sequestrato denaro trasferito al bilancio dello Stato apparentemente in cambio della chiusura del procedimento penale a carico dei ricorrenti e del loro permesso di lasciare l’Azerbaigian ? Atto arbitrario di sottrazione di denaro a un imputato
STRASBURGO
18 novembre 2021
Questa sentenza diverr? definitiva nelle circostanze previste dall’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? essere soggetto a revisione editoriale.
Nel caso Par e Hyodo c. Azerbaigian,
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Quinta Sezione), riunita in una Sezione composta da:
Siofra O’Leary, Presidente,
M?rti?? Mits,
St?phanie Mourou-Vikstr?m,
Latif Huseynov,
Jovan Ilievski,
Ivana Jelic,
Arnfinn B?rdsen, giudici,
e Martina Keller, vice cancelliere della sezione,
visto:
i ricorsi (nn. 54563/11 e 22428/15 ) contro la Repubblica dell’Azerbaigian presentati alla Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”) da una cittadina turca, la sig.ra Serpil Par (“il primo ricorrente”), e un cittadino giapponese, il sig. Katsunori Hyodo (“il secondo ricorrente”) (“i ricorrenti”), rispettivamente il 20 agosto 2011 e il 4 maggio 2015;
la decisione di notificare al governo dell’Azerbaigian (“il governo”) i ricorsi ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione e di dichiarare il resto dei ricorsi irricevibili;
la decisione del governo turco di non intervenire nella causa;
le osservazioni delle parti;
Avendo deliberato in forma riservata il 19 ottobre 2021,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
1. I ricorsi riguardano la ritenzione da parte delle autorit? statali di somme non dichiarate di denaro sequestrate ai ricorrenti dalle autorit? doganali e sollevano questioni principalmente ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
I FATTI
2. Il primo ricorrente ? nato nel 1960 e vive a Istanbul, Turchia. Il secondo ricorrente ? nato nel 1973 e vive a Yokohama, in Giappone. Sono stati rappresentati dinanzi alla Corte dal sig. M. Mustafayev, un avvocato con sede in Azerbaigian.
3. Il governo era rappresentato dal suo agente, il sig. ?. sg?rov.
4. I fatti di causa, cos? come presentati dalle parti, possono essere riassunti come segue.
I. IL PRIMO RICHIEDENTE
5. Il 25 maggio 2010 la prima ricorrente ha viaggiato da Istanbul a Baku. Secondo lei, lo scopo del viaggio era quello di ritirare il denaro che era stato trasferito sul suo conto bancario a Baku da una societ? operante in Cina e di portarlo in contanti in Turchia. Il giorno seguente la ricorrente ? arrivata all’aeroporto internazionale Heydar Aliyev di Baku per recarsi a Istanbul. Al controllo doganale ha dichiarato 39.900 euro (EUR), ma ha omesso di dichiarare la somma di 210.100 euro nel suo bagaglio a mano, che era trasportato dal suo collega A.A., anch’egli cittadino turco. Alla scoperta di quest’ultima somma, i doganieri hanno redatto un verbale e sequestrato il denaro (una copia del verbale non ? disponibile nel fascicolo).
6. ? stata ordinata una misura preventiva che vieta alla ricorrente di “lasciare il suo luogo di residenza”.
7. Il 9 agosto 2010 un investigatore del Dipartimento investigativo del Comitato doganale di Stato (“il CSC”) ha formalmente accusato la ricorrente di contrabbando da parte di un gruppo organizzato ai sensi dell’articolo 206.3.2 del codice penale (si veda il successivo paragrafo 31).
8. Secondo la ricorrente, i funzionari doganali le dissero informalmente che avrebbero chiuso il procedimento penale contro di lei e che avrebbe potuto tornare in Turchia se avesse accettato di trasferire l’importo sequestrato al bilancio statale dell’Azerbaigian.
9. Secondo la ricorrente, l’applicazione della suddetta misura preventiva e la situazione nel suo complesso hanno limitato le sue attivit? commerciali e hanno influito negativamente sulla sua salute. Di conseguenza, il 22 settembre 2010 ha firmato una dichiarazione scritta indirizzata agli “organi statali autorizzati”. Ha dichiarato di essere impegnata in attivit? commerciali in Turchia e in altri paesi. Ha negato di aver formato un gruppo con A.A., che non era a conoscenza del denaro nella borsa che aveva con s? e ha espresso il suo rammarico per non averlo dichiarato. La ricorrente ha indicato di aver “accettato” di trasferire l’importo sequestrato al bilancio statale dell’Azerbaigian, chiedendo al contempo alle autorit? di respingere le gravi accuse e di formulare accuse appropriate nei suoi confronti (veril?n a??r ittiham?n l??v edil?r?k d?zg?n ittiham ir?li s?r?lm?kl?). Questa richiesta ? stata approvata da un notaio nella stessa data.
10. Il 23 settembre 2010 l’avvocato della ricorrente ha chiesto al CP di archiviare il procedimento penale a suo carico, tenuto conto della sua franca confessione, della sua salute malata, del fatto che aveva commesso un reato meno grave come prima volta e del suo accordo di trasferire l’importo sequestrato al bilancio dello Stato.
11. La stessa data l’inquirente ha accusato la ricorrente del reato meno grave di contrabbando ai sensi dell’articolo 206.1 del codice penale (cfr. paragrafo 31 qui di seguito). Nel fare ci?, l’inquirente non ha fatto riferimento alla decisione del 9 agosto 2010 (si veda il precedente paragrafo 7), ma sembra che la nuova accusa abbia sostituito la precedente.
12. Il 24 settembre 2010 l’inquirente ha deciso di chiudere il procedimento penale contro il ricorrente a causa di un cambiamento delle circostanze (??raitin d?yi?m?si il? ba?l?), ai sensi dell’articolo 74 del codice penale (cfr. paragrafo 30 di seguito). La decisione affermava che il ricorrente, essendo impegnato in attivit? commerciali e avendo in precedenza viaggiato in Azerbaigian in numerose occasioni, aveva commesso il reato di contrabbando omettendo di dichiarare la somma di 210.100 euro. La decisione affermava inoltre che la ricorrente aveva confessato di aver commesso il suddetto reato penale, che aveva rinunciato al denaro in questione, oggetto del reato, a favore dello Stato e che nessun danno era stato inflitto agli interessi dei cittadini o dello Stato in conseguenza del reato.
13. In una data imprecisata la ricorrente lasci? l’Azerbaigian.
14. Il 5 gennaio e il 7 febbraio 2011 la ricorrente chiese all’inquirente di inviarle una copia della decisione che chiudeva il procedimento penale a suo carico e di restituirle la somma di 210.100 euro. Non avendo ricevuto risposta, il 18 aprile 2011 ha presentato una denuncia contro l’investigatore presso il tribunale distrettuale di Yasamal nell’ambito della procedura di controllo giudiziario prevista dall’articolo 449 del codice di procedura penale, (“il CCrP”) chiedendo che il suo operato, in particolare la mancata restituzione del suo denaro, fosse dichiarato illegittimo.
15. Il 17 maggio 2011 il tribunale distrettuale di Yasamal respinse il reclamo senza alcuna motivazione, limitandosi a constatare che non vi era stata alcuna illegittimit? nell’operato dell’investigatore.
16. La ricorrente ha presentato ricorso, sostenendo che il denaro in questione era stato portato in Azerbaigian legalmente dall’estero e che l? si trovava sul suo conto bancario. Basandosi sugli articoli 51 e 206.1 del codice penale e sull’articolo 132.0.4 della CCrP (cfr. paragrafi 28 e 31-32 qui di seguito), la ricorrente ha sostenuto che non c’era nulla nel fascicolo che dimostrasse che il denaro era stato acquisito con mezzi criminali, e che quindi non poteva essere confiscato. Ha inoltre sostenuto che il trasferimento al bilancio dello Stato del denaro in questione non poteva essere considerato come un “cambiamento di circostanze”.
17. Il 22 giugno 2011 la Corte d’appello di Baku ha confermato la decisione del giudice di primo grado. Essa ha ritenuto che la richiesta scritta del ricorrente fosse stata presentata volontariamente. La decisione della corte d’appello non ? stata impugnata.
II. IL SECONDO RICHIEDENTE
18. Il 27 marzo 2011 il secondo ricorrente ha viaggiato da Istanbul a Baku. Secondo il ricorrente, aveva portato con s? denaro contante che aveva prelevato dal suo conto bancario in Giappone ma che non aveva dichiarato al suo arrivo perch? nessuno gli aveva chiesto di farlo. Poich? voleva acquistare un bene immobile in Azerbaigian, ha convertito la maggior parte del suo denaro in manat azerbaigiani (AZN) in una banca di Baku. Il 30 marzo 2011 il ricorrente ? arrivato all’aeroporto internazionale Heydar Aliyev per recarsi a Istanbul. Al controllo doganale, i funzionari doganali hanno scoperto nella sua borsa la somma di 248.300 AZN, che non aveva dichiarato. Questa somma ? stata sequestrata dai funzionari. Quando gli ? stato chiesto se avesse altro da dichiarare, il ricorrente ha ammesso di avere diversi importi in diverse valute straniere (8.865,96 AZN in totale). Anche questi importi sono stati sequestrati dai funzionari, che hanno redatto un rapporto sulla questione (una copia del rapporto non ? disponibile nel fascicolo del caso).
19. Il 4 aprile 2011 il ricorrente ? stato formalmente accusato di contrabbando ai sensi dell’articolo 206.1 del codice penale.
20. Il 29 aprile 2011 l’avvocato del ricorrente chiese alla SCC di chiudere il procedimento penale a suo carico e di restituirgli il denaro. Egli ha sostenuto che il ricorrente desiderava acquistare beni immobili in Azerbaigian e aveva prelevato il denaro dal suo conto bancario in Giappone. L’avvocato ha presentato argomenti simili a quelli avanzati nel ricorso del primo ricorrente alla Corte d’appello di Baku (vedi paragrafo 16 sopra). A sostegno delle sue argomentazioni, ha anche fatto riferimento a una sentenza emessa dalla Corte d’appello il 6 febbraio 2007 in un procedimento penale intentato ai sensi dell’articolo 206.1 del codice penale contro un altro individuo (cfr. paragrafo 35 di seguito per i dettagli).
21. Il 21 maggio 2011 il ricorrente ha revocato la procura conferita al suo avvocato. Sembra che l’avvocato non sia stato informato della revoca.
22. Il 23 maggio 2011, apparentemente senza il coinvolgimento del suo avvocato, il ricorrente ha firmato una dichiarazione scritta in azerbaigiano e in giapponese indirizzata al capo dell’SCC, con la quale chiedeva la chiusura del procedimento penale contro di lui e l’assistenza per il suo ritorno in Giappone, esprimendo nel contempo la sua volont? di trasferire la somma di AZN 248.300 al bilancio dello Stato.
23. Il 23 giugno 2011 l’inquirente decise di chiudere il procedimento penale contro il ricorrente, facendo riferimento alla stessa disposizione del codice penale e a motivi simili a quelli addotti nel caso del primo ricorrente (cfr. paragrafo 12 supra). L’inquirente ha anche deciso di restituire al ricorrente il resto del denaro sequestrato (diversi importi in valuta estera – cfr. paragrafo 18 di cui sopra) perch? egli lo aveva dichiarato verbalmente.
24. In una data imprecisata il ricorrente lasci? l’Azerbaigian.
25. Due anni dopo, il 20 giugno 2013, il ricorrente present? al tribunale distrettuale di Yasamal, nell’ambito della procedura di controllo giudiziario, un reclamo contro il dipartimento investigativo dell’SCC, chiedendo l’archiviazione del procedimento penale a suo carico per vari motivi, in particolare perch? non vi era stato alcun reato, e la restituzione del denaro sequestrato. Oltre ai suoi precedenti argomenti (cfr. paragrafo 20 supra), il ricorrente lamentava il fatto che gli atti d’indagine erano stati compiuti in assenza del suo avvocato e che non vi era stata alcuna base giuridica per il trasferimento del suo denaro al bilancio dello Stato.
26. All’udienza, N.A., un traduttore che aveva accompagnato pi? volte il ricorrente presso l’SCC, ha dichiarato che, durante la loro precedente visita in loco, il ricorrente lo aveva informato che l’investigatore gli aveva ordinato di presentarsi senza avvocato o traduttore alla sua prossima visita.
27. Il 14 novembre 2013 il tribunale distrettuale di Yasamal ha respinto il reclamo, constatando sommariamente che la decisione dell’inquirente era stata legittima e che non vi era alcuna prova per quanto riguarda eventuali pressioni nei confronti del ricorrente. Il 3 ottobre 2014 la Corte d’appello di Baku ha confermato tale decisione senza affrontare gli argomenti del ricorrente. Una copia della decisione della corte d’appello ? stata notificata al ricorrente l’8 dicembre 2014.QUADRO GIURIDICO E PRATICA RILEVANTI
I. IL CODICE PENALE DEL 2000
28. L’articolo 51 del codice, in vigore all’epoca dei fatti, definiva la confisca come il prelievo obbligatorio da parte dello Stato, senza alcun indennizzo, di (i) strumenti e mezzi utilizzati per la commissione di un reato, (ii) oggetti di un reato e (iii) beni acquisiti con mezzi criminali. Poteva essere applicata solo quando era prevista da disposizioni specifiche del Codice.
29. L’articolo 62 prevedeva che il giudice potesse applicare una pena pi? clemente di quella prevista da disposizioni specifiche del codice a causa, tra l’altro, dell’esistenza di circostanze eccezionali relative allo scopo e al movente del reato, al ruolo dell’imputato nel commettere il reato e ad altre circostanze che riducono sostanzialmente il pericolo per il pubblico rappresentato dal reato.
30. L’articolo 74 del codice, nella versione in vigore all’epoca dei fatti, prevedeva che una persona che avesse commesso per la prima volta un reato minore o meno grave potesse essere esonerata dalla responsabilit? penale se veniva stabilito che il reato o la persona che lo aveva commesso non costituivano pi? un pericolo per il pubblico a causa di un cambiamento delle circostanze.
31. 31. Ai sensi dell’articolo 206.1, in vigore all’epoca dei fatti, il contrabbando, cio? il movimento di grandi quantit? di merci o altri oggetti attraverso il confine doganale della Repubblica dell’Azerbaigian, commesso nascondendo tali merci alla dogana o combinato con la mancata o inesatta dichiarazione di tali merci, comportava una pena penale fino a cinque anni di reclusione. L’articolo 206.3.2, in vigore all’epoca dei fatti, prevedeva una sanzione penale da cinque a otto anni di reclusione, con o senza confisca, per il contrabbando di un gruppo organizzato.
IL CODICE DI PROCEDURA PENALE DEL 2000
32. L’articolo 132.0.4 del codice di procedura penale, in vigore all’epoca dei fatti, prevedeva che il denaro o i valori acquisiti con mezzi criminali o oggetto di un reato dovevano essere destinati, sulla base di una sentenza giudiziaria, al risarcimento dei danni inflitti a seguito del reato, o trasferiti allo Stato se la vittima era sconosciuta.
33. L’articolo 449 del codice di procedura penale prevedeva che gli atti procedurali o le decisioni dell’autorit? che conduceva il procedimento penale, compreso, tra gli altri, l’investigatore, potessero essere impugnati davanti ai tribunali di sorveglianza.
LA LEGGE SULLA VALUTAZIONE DELLA VALUTA E LE NORME SULL’IMPORTAZIONE E L’ESPORTAZIONE DALLA REPUBBLICA DELL’AZERBAIGIAN DI ATTIVIT? IN VALUTA DA PARTE DI PERSONE FISICHE
34. L’articolo 11 della legge sulla valutazione della valuta del 21 ottobre 1994 (“la legge”) e l’articolo 3 delle norme sull’importazione nella Repubblica dell’Azerbaigian e l’esportazione dalla Repubblica dell’Azerbaigian di attivit? in valuta da parte di persone fisiche, approvate dalla Banca Nazionale dell’Azerbaigian il 18 marzo 2002, che erano in vigore all’epoca dei fatti, prevedeva che i non residenti potessero portare fuori dall’Azerbaigian una parte del denaro precedentemente portato in contanti o trasferito in Azerbaigian per un importo fino all’equivalente di 50.000 dollari USA (USD) in contanti, senza pagare alcun dazio, dichiarandolo alle autorit? doganali. Gli importi che superano l’equivalente di 50.000 dollari americani che erano stati precedentemente portati in Azerbaigian in contanti potevano essere trasferiti all’estero previa presentazione di un certificato ufficiale di una banca o altro istituto di credito del paese da cui il denaro era stato portato, che confermava che il denaro in questione era stato rilasciato in contanti alla persona. L’articolo 11 della legge prevedeva inoltre che i non residenti avessero il diritto di trasferire all’estero beni in valuta precedentemente trasferiti in Azerbaigian senza alcun ostacolo.
GIURISPRUDENZA NAZIONALE
35. In una sentenza del 6 febbraio 2007 (caso n. 2-182/2007), la Corte d’appello ha annullato la sentenza di un tribunale di primo grado che condannava O.C. ai sensi dell’articolo 206.1 del codice penale, condannandolo a un anno e mezzo di reclusione e ordinando la confisca del denaro non dichiarato (64.900 USD). La corte ha concluso che anche se O.C. non aveva dichiarato il denaro in questione, esso non era stato acquisito con mezzi criminali n? era oggetto di un reato. Ha quindi ordinato la restituzione del denaro e, applicando l’articolo 62 del codice penale, ha condannato O.C. a una multa di 2.000 AZN.
36. In una sentenza del 20 aprile 2010 (causa no. 1(102)-191/10), la Corte suprema ha confermato la sentenza di una corte d’appello che ordinava la restituzione a F.O. di una somma di denaro non dichiarata (160.000 USD) che gli era stata confiscata. La Corte Suprema ha trovato che l’origine del denaro non era stata contestata e che nessuna delle ipotesi elencate nell’articolo 51 del codice penale esisteva nel caso di F.O. Ha inoltre aggiunto che la confisca dei beni poteva essere ordinata solo in base a specifiche disposizioni del codice e che l’articolo 206.1 del codice non prevedeva tale confisca come pena.
37. Nelle sentenze dell’11 luglio 2017 (caso no. 1(003)-273/2017) e 3 ottobre 2017 (caso n. 1(003)-367/2017), il tribunale distrettuale di Khazar ha ordinato la restituzione del denaro non dichiarato sequestrato dalle autorit? doganali a A.G. (25.000 USD) e I.A. (68.000 EUR). Ha osservato, tra l’altro, che il denaro in questione non era stato acquisito con mezzi criminali e che l’articolo 206.1 del codice penale non prevedeva la confisca come pena. Applicando l’articolo 62 del codice penale, ha condannato A.G. e I.A. a multe di 1.000 e 2.000 AZN rispettivamente
LA LEGGE
RIUNIONE DELLE DOMANDE
38. Considerato l’analogo oggetto dei ricorsi, la Corte ritiene opportuno esaminarli congiuntamente in un’unica sentenza.
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 DELLA CONVENZIONE
39. I ricorrenti lamentavano che il loro denaro era stato di fatto confiscato illegalmente dalle autorit? nazionali, in violazione dell’articolo 6 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. La Corte ritiene che questo reclamo debba essere esaminato esclusivamente ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (confrontare Adzhigovich c. Russia, no. 23202/05, ? 17, 8 ottobre 2009), che recita come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al pacifico godimento dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato dei suoi beni se non nel pubblico interesse e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Tuttavia, le disposizioni precedenti non pregiudicano in alcun modo il diritto di uno Stato di applicare le leggi che ritiene necessarie per controllare l’uso dei beni in conformit? dell’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o sanzioni.”
Ammissibilit?
40. La Corte osserva che questo reclamo non ? manifestamente infondato n? inammissibile per altri motivi elencati all’articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
Merito
Gli argomenti delle parti
41. I ricorrenti hanno sostenuto di aver trasferito il loro denaro al bilancio dello Stato non volontariamente, ma sotto la pressione delle autorit? doganali, che avevano detto loro informalmente che il procedimento penale contro di loro si sarebbe concluso se lo avessero fatto. Essi sostenevano che il testo delle richieste da loro presentate dimostrava anche che il trasferimento era stato condizionato “all’archiviazione delle gravi accuse e alla presentazione di accuse adeguate” per quanto riguarda il primo ricorrente e “alla chiusura del procedimento penale” per quanto riguarda il secondo ricorrente.
42. I ricorrenti sostenevano inoltre che l’articolo 206.1 del codice penale non prevedeva la confisca di somme di denaro non dichiarate e che il diritto interno consentiva tale confisca solo se il denaro fosse stato oggetto o strumento di un reato, il che non era applicabile nei loro rispettivi casi. Hanno anche fatto riferimento a diverse decisioni di tribunali nazionali in cui i tribunali avevano ordinato la restituzione di somme non dichiarate ai loro proprietari in circostanze simili.
43. Il Governo sosteneva che i ricorrenti avevano trasferito volontariamente le somme in questione al bilancio dello Stato. Essi hanno sostenuto che la prima ricorrente aveva dichiarato 39.900 euro, che all’epoca dei fatti era l’equivalente di 50.000 dollari USA – la somma consentita per essere portata fuori dal paese dai non residenti. Questo fatto dimostrava che era a conoscenza dell’importo massimo di denaro che poteva portare fuori dal paese secondo il diritto nazionale. Essi sostenevano inoltre che la dichiarazione della prima ricorrente era stata debitamente approvata da un notaio, il che dimostrava che ella aveva pienamente compreso le sue azioni e non le aveva compiute sotto costrizione.
44. Per quanto riguarda il secondo ricorrente, il governo ha sostenuto che la sua dichiarazione che esprimeva la volont? di trasferire il denaro allo Stato era stata scritta sia in azerbaigiano che in giapponese ed era stata inviata alla SCC attraverso l’ambasciata del Giappone in Azerbaigian. Di conseguenza, qualsiasi affermazione che fosse stata scritta contro la sua volont? era falsa. Essi sostenevano inoltre che il fatto che il secondo ricorrente avesse presentato la sua denuncia al tribunale nazionale due anni dopo la data di conclusione del procedimento penale contro di lui (cfr. paragrafo 25 sopra) faceva dubitare della veridicit? delle sue affermazioni.
45. Il Governo ha sostenuto che, a differenza di Ismayilov c. Russia (no. 30352/03, 6 novembre 2008), cui fa riferimento la prima ricorrente nel suo ricorso, non c’era stata alcuna confisca, e quindi nessuna privazione dei beni, nei casi in questione.
La valutazione della Corte
46. La Corte ribadisce che l’articolo 1 del Protocollo n. 1 garantisce in sostanza il diritto di propriet? e comprende tre norme distinte. La prima, espressa nella prima frase del primo paragrafo e di carattere generale, stabilisce il principio del pacifico godimento del possesso. La seconda regola, nella seconda frase dello stesso paragrafo, riguarda la privazione del possesso e la subordina a certe condizioni. La terza, contenuta nel secondo paragrafo, riconosce che gli Stati contraenti hanno il diritto, tra l’altro, di controllare l’uso della propriet? secondo l’interesse generale. La seconda e la terza norma, che riguardano casi particolari di interferenza con il diritto al pacifico godimento della propriet?, devono essere interpretate alla luce del principio generale enunciato nella prima norma (si veda, ad esempio, Ismayilov, gi? citata, ? 28, e Karapetyan c. Georgia, n. 61233/12, ? 30, 15 ottobre 2020).
47. Non ? contestato che il denaro in questione costituisse il “possesso” dei ricorrenti. Appare altres? incontestato che le somme in questione, pur essendo state inizialmente sequestrate dai funzionari doganali, sono rimaste di propriet? dei ricorrenti fino al momento in cui sono state trasferite al bilancio dello Stato sulla base delle dichiarazioni dei ricorrenti, non in virt? di alcun atto giuridico formale emanato dalle autorit? (si vedano i paragrafi 9 e 22 di cui sopra). In questo contesto, le parti sono in disaccordo sull’esistenza di un’interferenza da parte delle autorit? statali. La Corte deve quindi innanzitutto determinare se nelle presenti cause vi sia stata un’interferenza delle autorit? statali nei diritti dei ricorrenti ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Nel fare ci?, essa ? costretta a guardare dietro le apparenze e ad indagare le realt? della situazione di cui ? investita.
48. La Corte nota innanzitutto che esisteva un chiaro legame tra le dichiarazioni asseritamente involontarie dei ricorrenti di trasferire le somme sequestrate al bilancio dello Stato e gli sviluppi del procedimento penale a loro carico. Alla prima ricorrente ? stato impedito di lasciare l’Azerbaigian in attesa del procedimento penale a suo carico e, pi? di due mesi dopo il sequestro del denaro non dichiarato, ? stata formalmente accusata di contrabbando da parte di un gruppo organizzato – un reato penale che comporta una pena da cinque a otto anni di reclusione (cfr. paragrafi 6-7 sopra). Proprio un giorno dopo aver presentato la richiesta con la quale “accettava” di trasferire il denaro sequestrato al bilancio dello Stato, ? stata accusata di un reato meno grave e, il giorno successivo, il procedimento penale contro di lei ? stato chiuso (cfr. paragrafi 11-12 sopra). La Corte osserva uno scenario simile nel caso della seconda ricorrente. Alcuni giorni dopo aver revocato la procura conferita al suo avvocato, il secondo ricorrente ha presentato una richiesta simile al CP esprimendo la sua volont? di trasferire l’importo sequestrato al bilancio dello Stato, dopo di che il procedimento penale contro di lui ? stato rapidamente chiuso (vedi paragrafi 21-23 sopra). Il testo delle richieste dei ricorrenti contenenti le loro dichiarazioni sul trasferimento del loro denaro al bilancio dello Stato mostrano chiaramente che essi hanno fatto tali dichiarazioni con la speranza di ottenere sviluppi favorevoli nel procedimento penale contro di loro – la prima ricorrente ha chiesto di avere le gravi accuse contro di lei respinte, mentre il secondo ricorrente ha cercato la chiusura del procedimento penale contro di lui, che avrebbe potuto portare fino a cinque anni di reclusione (vedi paragrafi 9 e 22 sopra). Inoltre, c’era anche un chiaro legame tra la fine del procedimento penale e la possibilit? per i ricorrenti di lasciare l’Azerbaigian (cfr. paragrafi 12-13 e 23-24 sopra).
49. La Corte osserva inoltre che le decisioni di chiusura del procedimento penale contro i ricorrenti hanno fatto riferimento a un cambiamento delle circostanze e hanno affermato che i ricorrenti non rappresentavano pi? un “pericolo per il pubblico”, un’affermazione che sembra essersi basata principalmente sulle richieste scritte dei ricorrenti di trasferire il loro denaro al bilancio dello Stato.
50. Tenuto conto dei fattori summenzionati, della sequenza degli eventi e, in particolare, della chiusura del procedimento penale contro i ricorrenti immediatamente dopo la presentazione delle loro richieste di trasferire il denaro al bilancio dello Stato, la Corte ritiene plausibili le affermazioni dei ricorrenti che hanno presentato tali richieste sotto pressione mentre affrontavano il rischio di una pena detentiva e un prolungato divieto di lasciare l’Azerbaigian. ? anche significativo che, come risulta dai fascicoli, nessuno dei ricorrenti era accompagnato da un avvocato mentre firmava le richieste. Per quanto riguarda gli argomenti del governo secondo cui l’approvazione della dichiarazione del primo ricorrente da parte di un notaio e la presentazione della richiesta del secondo ricorrente in una versione giapponese aggiuntiva dimostrano che non c’era stata alcuna pressione su di loro, la Corte ritiene che, alla luce degli elementi di cui sopra, ? altamente probabile che i ricorrenti abbiano compiuto tali passi sotto le istruzioni delle autorit? doganali e non di propria iniziativa. Pertanto, la Corte ? del parere che la situazione nei rispettivi casi dei ricorrenti in cui il loro denaro ? stato trasferito al bilancio dello Stato, apparentemente in cambio della chiusura del procedimento penale contro di loro e, di conseguenza, il loro permesso di lasciare l’Azerbaigian, ha rappresentato un’interferenza con il diritto dei ricorrenti al pacifico godimento dei loro beni ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1.
51. Le parti non hanno presentato osservazioni sulla questione della norma dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 in base alla quale il caso dovrebbe essere esaminato. La Corte ritiene che non sia necessario risolvere tale questione perch? i principi che regolano la questione della giustificazione sono sostanzialmente gli stessi, coinvolgendo come fanno la legittimit? dello scopo di qualsiasi interferenza, cos? come la sua proporzionalit? e la conservazione di un giusto equilibrio (confrontare Denisova e Moiseyeva c. Russia, no. 16903/03, ? 55, 1 aprile 2010, e Credit Europe Leasing Ifn S.A. c. Romania, no. 38072/11, ? 71, 21 luglio 2020).
52. La Corte ribadisce che il primo e pi? importante requisito dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 ? che ogni interferenza di un’autorit? pubblica nel pacifico godimento dei beni deve essere “legittima” (si veda Baklanov c. Russia, n. 68443/01, ? 39, 9 giugno 2005, e Rafig Aliyev c. Azerbaigian, no. 45875/06, ? 119, 6 dicembre 2011).
53. La Corte osserva che, dopo aver lasciato l’Azerbaigian, entrambi i ricorrenti hanno avviato procedimenti dinanzi ai tribunali nazionali in Azerbaigian chiedendo la restituzione del loro denaro, ma senza alcun risultato. I tribunali interni, senza alcun esame adeguato, hanno brevemente respinto le argomentazioni dei ricorrenti che erano stati costretti illegalmente a trasferire il loro denaro al bilancio dello Stato.
54. La Corte osserva che il patteggiamento o la procedura di composizione extragiudiziale nei procedimenti penali sono possibili in alcuni sistemi giuridici (si veda, per uno studio comparativo negli Stati membri del Consiglio d’Europa, Natsvlishvili e Togonidze c. Georgia, no. 9043/05, ?? 62-75, CEDU 2014 (estratti)). In base a questi meccanismi ? possibile modificare o far cadere le accuse contro la persona accusata raggiungendo un accordo che viene stipulato volontariamente ed ? conforme alle norme procedurali e sostanziali applicabili. Sembra che in Azerbaigian non esistano meccanismi equivalenti (ibidem, ? 62).
55. La Corte ammette che il suo potere di controllare il rispetto del diritto interno ? limitato, poich? spetta in primo luogo alle autorit? nazionali, in particolare ai tribunali, interpretare e applicare il diritto interno, anche in quei settori in cui la Convenzione “incorpora” le norme di tale diritto, poich? le autorit? nazionali sono, per natura delle cose, particolarmente qualificate per risolvere le questioni che sorgono a questo riguardo. A meno che l’interpretazione sia arbitraria o manifestamente irragionevole, il ruolo della Corte si limita a verificare se gli effetti di tale interpretazione siano compatibili con la Convenzione (cfr. Radomilja e altri c. Croazia [GC], nn. 37685/10 e 22768/12, ? 149, 20 marzo 2018, con ulteriori riferimenti). Tuttavia, la Corte osserva nelle presenti cause che, nel ritenere che i ricorrenti avessero trasferito volontariamente il loro denaro al bilancio dello Stato, i giudici nazionali non hanno fatto riferimento ad alcuna disposizione giuridica che avrebbe potuto servire da base giuridica per una simile procedura.
56. Allo stesso modo, il Governo non ha citato alcuna disposizione giuridica che avrebbe potuto servire come base per il trasferimento di somme cos? consistenti da parte dei ricorrenti al bilancio dello Stato.
57. Inoltre, i ricorrenti avevano presentato le loro richieste scritte in assenza di consultazione di un avvocato o di qualsiasi altra garanzia procedurale. In tal caso, la Corte non pu? che concludere che la situazione in questione equivaleva a un atto arbitrario di prelievo di denaro da un imputato.
58. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che l’ingerenza nei casi di specie nei diritti di propriet? dei ricorrenti non pu? essere considerata “legittima” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione. Questa constatazione rende superfluo esaminare se sia stato raggiunto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e quelle della tutela dei diritti fondamentali dei ricorrenti.
59. Vi ? stata pertanto una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
60. L’articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte constata una violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente interessata consente solo una riparazione parziale, la Corte accorda, se necessario, una giusta soddisfazione alla parte lesa.”
Danno
Danno pecuniario
61. La prima ricorrente ha chiesto 210.100 euro (EUR), che rappresentano l’importo sequestrato, e 142.686 euro, che rappresentano gli interessi maturati su tale importo per un periodo di otto anni, a titolo di danno patrimoniale. Il secondo ricorrente ha chiesto 248.300 manat azerbaigiani (AZN) (circa 127.500 euro al momento della presentazione della domanda), che rappresentano l’importo sequestrato, e 156.429 euro, che rappresentano gli interessi maturati su tale importo su un periodo di sette anni, a titolo di danno patrimoniale. In entrambi i casi, i calcoli facevano riferimento agli articoli 439.3 (adempimento delle obbligazioni pecuniarie) e 449.1 (responsabilit? per inadempimento delle obbligazioni pecuniarie) del codice civile e ai parametri di riferimento della Banca centrale.
62. Il Governo sosteneva che i relativi importi erano stati trasferiti volontariamente al bilancio dello Stato e che i ricorrenti non avevano quindi subito alcun danno patrimoniale. Ciononostante, se la Corte avesse riscontrato una violazione dei diritti dei ricorrenti ai sensi della Convenzione, essi avrebbero potuto reclamare solo gli importi che avevano trasferito al momento rilevante, esclusi gli interessi e le differenze nei tassi di cambio. Il governo sosteneva inoltre che i tassi di riferimento richiesti non erano supportati da alcun documento ufficiale e i calcoli sembravano essere errati e irragionevoli. Infine, essi sostenevano che il ricorso dei ricorrenti alle summenzionate disposizioni del codice civile era irrilevante, poich? esse riguardavano l’esecuzione di obblighi monetari.
63. La Corte ha constatato che le somme di 210.100 euro e di 248.300 AZN sono state prelevate rispettivamente alla prima ricorrente e alla seconda ricorrente, in violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Se ? vero che i ricorrenti, con ogni probabilit?, hanno commesso un reato omettendo di dichiarare tali importi alla dogana e se ? vero che ci poteva essere una base giuridica nel diritto azerbaigiano per ordinare ai ricorrenti di pagare multe da detrarre dai suddetti importi sequestrati dalla dogana, le autorit? non hanno perseguito tale possibilit? giuridica e quindi non vi ? alcuna base per la Corte per detrarre qualsiasi parte degli importi richiesti. Essa non ha quindi altra scelta che accogliere la domanda di danno patrimoniale in questa parte e concede alla prima ricorrente 210.100 euro e alla seconda ricorrente 127.500 euro.
64. Per quanto riguarda gli interessi maturati richiesti dai ricorrenti, la Corte osserva che tali richieste si basavano su disposizioni irrilevanti del codice civile che riguardavano l’esecuzione di obblighi monetari di diritto civile. In tali circostanze, e in assenza di documenti giustificativi di importi adeguatamente quantificati, la Corte respinge le richieste dei ricorrenti in questa parte.
Danni non pecuniari
65. Ogni ricorrente ha anche chiesto 50.000 euro per il danno non patrimoniale.
66. Il Governo ha sostenuto che tali richieste erano infondate ed eccessive.
67. La Corte ritiene che nelle circostanze dei casi in esame la constatazione di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione costituisca di per s? una sufficiente giusta soddisfazione (confrontare Boljevi? c. Croazia, no. 43492/11, ? 54, 31 gennaio 2017, e Sadocha c. Ucraina, no. 77508/11, ? 44, 11 luglio 2019).
Interessi di mora
68. La Corte ritiene opportuno che il tasso di interesse di mora sia basato sul tasso di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, al quale vanno aggiunti tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
Decide di unire le domande;
Dichiara i ricorsi ammissibili;
Dichiara che vi ? stata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione;
Dichiara che la constatazione di una violazione costituisce di per s? una soddisfazione sufficiente per i danni non pecuniari subiti dai ricorrenti;
Dichiara
(a) che lo Stato convenuto deve pagare ai ricorrenti, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva in conformit? con l’articolo 44 ? 2 della Convenzione, i seguenti importi, da convertire nella valuta dello Stato convenuto al tasso applicabile alla data del regolamento:
(i) 210.100 euro (duecentodiecimila e cento euro) al primo ricorrente, pi? le imposte eventualmente applicabili, a titolo di danno patrimoniale;
(ii) 127.500 euro (centoventisettemilacinquecento euro) alla seconda ricorrente, oltre alle imposte eventualmente applicabili, a titolo di danno patrimoniale;
(b) che, a decorrere dalla scadenza dei tre mesi summenzionati e fino al saldo, sugli importi summenzionati saranno dovuti interessi semplici ad un tasso pari al tasso di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante il periodo di mora, maggiorato di tre punti percentuali;
3) La domanda di equa soddisfazione delle ricorrenti ? respinta per il resto.
Fatto in inglese e notificato per iscritto il 18 novembre 2021, ai sensi dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del Regolamento del Tribunale.
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Martina Keller S?ofra O’Leary
Cancelliere aggiunto Presidente