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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF WALDEMAR NOWAKOWSKI v. POLAND

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, P1-1
Numero: 55167/11/2012
Stato: Polonia
Data: 2012-07-24 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 – Protezione della proprietà (Articolo 1 par. 1 del Protocollo N.ro 1 – Privazione di proprietà)
Danno non-patrimoniale – assegnazione danno Patrimoniale – riservato (Articolo 41 – danno Patrimoniale)

QUARTA SEZIONE

CAUSA WALDEMAR NOWAKOWSKI C. POLONIA

(Richiesta n. 55167/11)

SENTENZA
(i meriti)

STRASBOURG

24 luglio 2012

Questa sentenza diverrà definitivo nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Waldemar Nowakowski c. Polonia,
La Corte europea di Diritti umani (quarta Sezione), riunendosi che come una Camera, composta da:
David Thór Björgvinsson, Presidente
Lech Garlicki,
Päivi Hirvelä,
Giorgio Nicolaou,
Ledi Bianku,
Zdravka Kalaydjieva,
Vincenzo A. De Gaetano, giudici e
Fatoş Aracı, Cancelliere di Sezione Aggiunto
Avendo deliberato in privato il 3 luglio 2012,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 55167/11) contro la Repubblica della Polonia depositata presso la Corte sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino polacco, OMISSIS (“il richiedente”), il 22 agosto 2011.
2. Il richiedente a cui era stato accordato il patrocinio gratuito fu rappresentato da OMISSIS, un avvocato che pratica a Varsavia. Il Governo polacco (“il Governo”) fu rappresentato dal suo Agente, il Sig. J. Wołąsiewicz del Ministero degli Affari Esteri.
3. Il richiedente si lamentò di una violazione addotta del suo diritto al godimento tranquillo delle sue proprietà garantito dall’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione.
4. Il 17 novembre 2011 la richiesta fu comunicata al Governo. Fu deciso anche di decidere sull’ammissibilità e i meriti della richiesta allo stesso tempo (Articolo 29 § 1).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
5. Il richiedente nacque nel 1933 e vive a Varsavia.
6. Il richiedente è un veterano della Resistenza polacca durante la Seconda Guerra Mondiale ed un ufficiale di professione dell’ ex Esercito polacco. Il suo status di veterano per motivi del suo coinvolgimento nel movimento di Esploratori sotterranei durante questa guerra fu riconosciuto con una decisione amministrativa data in una data non specificata dal Direttore dell’Ufficio dei Veterani.
7. Per gli ultimi cinquanta anni il richiedente collezionò armi antiche dal periodo della Seconda Guerra Mondiale ed antecedenti.
8. Il 7 e l’ 8 luglio 2008 la polizia perquisì la casa del richiedente e il cottage estivo. Loro confiscarono la raccolta del richiedente che a quel tempo contava 199 pezzi.
9. Il 16 luglio 2008 il Direttore del Museo dell’Insurrezione di Varsavia (“il Museo”) a Varsavia una dichiarazione emessa ai fini di un’indagine contro il richiedente che immediatamente era stata avviata dopo la perquisizione e il sequestro. Lui affermò che il richiedente stava co-operando col Museo come un specialista nel vecchio armamento e che in un numero di occasioni lui aveva prestato certi pezzi della sua raccolta al fine di essere esibiti al Museo. Lui affermò che l’expertise del richiedente era valutata estremamente dal Museo.
10. L’ 8 luglio e il 29 agosto 2008 le autorità che perseguono ordinarono che un’opinione competente sia preparata come a se i pezzi confiscati sarebbero considerati armi all’interno del significato della legislazione che governa l’autorizzazione di proprietà di armi.
11. Il 18 ottobre 2010 il Direttore dell’Ufficio dei Veterani ha spedito una lettera alla Corte distrettuale Wola di Varsavia. Lui affermò che l’integrità del richiedente ed il fatto che lui fosse un cittadino rispettoso della legge era nota. Lui era stato decorato su un numero di occasioni per il suo coinvolgimento nella Resistenza polacca durante la Seconda Guerra Mondiale. Accumulando una raccolta unica di armi storiche, uniformi ed attrezzatura militare lui aveva reso servizi insoluti nella disseminazione di conoscenza della storia della Polonia. Lui aveva finanziato questa raccolta lui, a sacrificio personale e considerevole. Il fatto che procedimenti penali erano stati avviati contro lui si era incontrato con incredulità generale. Era stato considerato universalmente fra persone interessate in storia militare che la sua raccolta non poteva essere riguardata possibilmente siccome posando qualsiasi minaccia ad ordine pubblico. Sul contrario, aveva avuto un ruolo significativo nell’insegnare le più giovani generazioni della storia della Polonia e della lotta per l’indipendenza del paese. I servizi del richiedente non solo meritarono riconoscimento ma dovrebbero essere presi anche nell’esame con la corte nella valutazione della sua colpa e qualsiasi frase per essere imposto su lui.
12. 16 luglio 2010 l’accusa ordinò che 24 pezzi della raccolta dovrebbero essere ritornati al richiedente, mentre appellandosi su un’opinione competente preparò per i fini dell’indagine. L’esperto concluse che questi articoli erano solamente parti di arma e perciò una licenza per possederli non era necessaria. 20 luglio 2010 un conto di accusa contro il richiedente su accuse di proprietà illegale di armi fu registrato dalla Corte distrettuale Corte distrettuale Wola Corte distrettuale.
13. 18 novembre 2010 la Corte distrettuale Varsavia Wola cessò i procedimenti penali contro il richiedente riguardo ad accuse di proprietà illegale di armi, contrari ad Articolo 263 § 2 del Codice Penale.
14. La corte elencò 171 pezzi della raccolta del richiedente prima, i più vecchi di loro produssero nel 1889.
15. La corte notò che il richiedente aveva spiegato che lui stava raccogliendo le vecchie armi, soprattutto risalenti alla Seconda Guerra Mondiale così come gli altri più vecchi pezzi, per pressoché cinquanta anni. Lui prima aveva su occasioni numerose fatto a prestito parti della sua raccolta disponibile ai vari musei. Lui stava collaborando come un esperto nel vecchio armamento col Varsavia Sollevazione Museo. La corte notò che il richiedente aveva spiegato che per impedire a terze parti non autorizzate dell’avere accesso alla raccolta lui l’aveva tenuto nel suo appartamento che fu garantito con tre serrature e dotò di un allarme. Lui aveva preso anche le misure tecniche e necessarie per farlo impossibile usare la maggior parte delle arma nella sua proprietà come armi. Lui dichiarò la sua buona volontà per prendere anche simile misure in riguardo dei pezzi rimanenti.
16. La corte ammise che nessuna intenzione penale per usare le armi a chiunque danno potrebbe essere attribuito ragionevolmente al richiedente. Comunque, lui ha dovuto sapere che la proprietà di armi senza una licenza era illegale. Lui non si era giovato a della possibilità di legalizzare la sua raccolta con avendo ricorso all’Atto sulla Legalizzazione delle Armi del 2005, specificamente concepito con una prospettiva di rendere possibile ai veterani della Seconda Guerra Mondiale e alle altre persone che hanno lottato per l’indipendenza della Polonia di rendere regolarle armi acquisite del passato e in collegamento col loro coinvolgimento nella Resistenza polacca.
17. La corte ammise che non c’era stata prova del fatto che il richiedente avesse mai usato le armi con qualsiasi intenzione criminale. Enfatizzò che il richiedente, a quel tempo, aveva 77 anni era un veterano di guerra che aveva lottato nell’Insurrezione di Varsavia e che era un ufficiale di professione e pensionato dell’Esercito polacco senza precedenti penali. Lui era un cittadino rispettoso della legge.
18. La corte osservò che le osservazioni del richiedente in merito alla parte della raccolta che era stata messa fuori di azione erano state confermate in parte dagli esperti. Gli esperti avevano trovato che era impossibile per usare la maggior parte dei pezzi come arma, ma che alcuni di loro potrebbero essere resi per lavorare di nuovo (“ze znacznej większości egzemplarzy broni nie było możliwe oddanie strzalu, niemniej jednak z części egzemplarzy broni możliwym było oddanie strzału, jak równie możliwym było przywrócenie cech użytkowych broni”).
19. La corte concluse che il reato era minore in natura e cessò i procedimenti penali contro il richiedente, mentre riferendosi ad Articolo 17 paragrafo 1 (3) del Codice Penale. Allo stesso tempo, la corte decise di fare domanda Articolo 100 del Codice Penale in concomitanza col suo Articolo 39 e confiscare 171 pezzi della raccolta.
20. La corte, spiegando perché decise di giovarsi a del suo potere discrezionale per confiscare la raccolta intera, determinato che dividendo sulla raccolta con ritornando al richiedente quelli pezzi che già erano stati fissati fuori di azione diminuirebbe il suo valore seriamente. Notò che la raccolta deve, a causa del suo interesse storico, sia dato su ad un’istituzione capace di garantire deposito appropriato e le condizioni di mostra per sé.
21. Il richiedente e l’accusa fecero ricorso. Il richiedente essenzialmente impugnò la misura di sequestro.
22. Con una decisione di 22 febbraio 2011 la Varsavia Corte Regionale sostenne la decisione di prima – istanza. Girò pienamente il ragionamento della corte più bassa. Notò inoltre che il sequestro della raccolta non dovrebbe condurre alla sua distruzione. Le autorità Statali dovrebbero essere bene consapevoli del valore storico della raccolta (“organy państwa winny zdawać sobie sprawę z… wartości historycznej zabezpieczonych przedmiotów”).
23. 16 marzo 2011 la Varsavia Wola Corte distrettuale invitò il Varsavia Sollevazione Museo ad indicare se loro sarebbero interessati nella raccolta del richiedente. 28 giugno 2011 il Direttore del Museo rispose, mentre indicando che il Museo desiderò prendere i certi pezzi selezionati con P.B., l’esperto del Museo. 16 settembre 2011 la corte autorizzò il trasferimento di questi pezzi al Museo e 17 ottobre 2011 che loro sono stati trasferiti.
24. 16 settembre 2011 la stessa corte richiese all’Ufficio per la Protezione di Monumenti a Varsavia, all’Amministratore Regionale per Monumenti (Urząd Ochrony Zabytków w Warszawie, Mazowiecki Wojewódzki Konserwator Zabytków), indicare il nome di un’istituzione culturale che accetterebbe il resto della raccolta. Un numero di istituzioni culturali espresse il loro interesse, incluso il Varsavia Sollevazione Museo. Il Varsavia Sollevazione Museo espresse anche interesse nel resto della raccolta coperto con la decisione di confisca. L’Amministratore Regionale per Monumenti diede un’opinione positiva in questo riguardo a. Questa parte della raccolta è trasferita attualmente al Museo.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE
25. Articolo 21 della Costituzione prevede:
“1. La Repubblica della Polonia proteggerà proprietà ed un diritto per ereditare.
2. All’espropriazione è concesso solamente nell’interesse pubblico e contro pagamento del risarcimento equo.”
26. Articolo 31of le letture di Costituzione:
“La libertà della persona sarà protegguta giuridicamente.
Ognuno rispetterà le libertà e diritti di altri. Nessuno sarà obbligato per fare qualsiasi cosa che non è richiesto con legge.
Con qualsiasi limitazione sull’esercizio delle libertà costituzionali e diritti può impose solamente con statuto, e solamente quando necessario in un stato democratico per la protezione della sua sicurezza od ordine pubblico, o proteggere il naturale ambiente, salute o morale pubblica, o le libertà e diritti di altre persone. Simile limitazioni non violeranno l’essenza delle libertà e diritti.”
27. Articolo che 79 § 1 della Costituzione offre siccome segue:
“Nella conformità con principi specificati con statuto, ognuno i cui le libertà costituzionali o diritti sono stati infranti avrà diritto a fare appello alla Corte Costituzionale per una sentenza sulla conformità con la Costituzione di un statuto o un altro atto normativo sulla base di che una corte o un’autorità amministrativa ha emesso una definitivo decisione sulle sue libertà o diritti o sui suoi obblighi specificati nella Costituzione.”
28. Sotto la sua causa-legge fissa, la Corte Costituzionale ha solamente giurisdizione per esaminare la compatibilità di disposizioni legali con la Costituzione e non è competente per esaminare il modo dove corti interpretarono disposizioni legali ed applicabili in cause individuali (e.g. SK 4/99, 19 ottobre 1999; Ts 9/98, 6 aprile 1998; Ts 56/99, 21 giugno 1999).
29. Articolo 17 paragrafo 1(3) del Codice di Diritto processuale penale prevede che procedimenti penali saranno cessati se la serietà di un reato penale è trascurabile.
30. Articolo 100 del Codice Penale prevede che dove è trascurabile la serietà di un reato penale, la corte può ordinare il sequestro, all’interno del significato di Articolo 39 di che Codice, di oggetti connessi col reato.
31. Articolo 263 paragrafo 2 del Codice Penale penalizza proprietà di arma o munizioni senza una licenza.
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N.RO 1 ALLA CONVENZIONE
32. Il richiedente si lamentò che il sequestro della sua raccolta aveva violato il suo diritto al godimento tranquillo delle sue proprietà all’interno del significato di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione che legge siccome segue:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
A. Ammissibilità
33. Il Governo presentò che il richiedente non era riuscito ad esaurire via di ricorso nazionali ed attinenti in riguardo della sua azione di reclamo. Lui avrebbe dovuto presentare un reclamo costituzionale con la Corte Costituzionale sotto Articolo 79 della Costituzione della Polonia.
34. Il richiedente non fu d’accordo e dibatté che lui aveva esaurito tutte le via di ricorso attinenti. Lui presentò che lui non aveva eccezioni come riguardi la compatibilità di Articoli 39 e 100 del Codice Penale come simile con la Costituzione, ma solamente la maniera nella quale loro era stato interpretato ed erano stati fatti domanda coi tribunali penale alle circostanze della sua causa.
35. La Corte considera che non si può dire che la violazione allegato del diritto del richiedente sia nata da dalla richiesta diretta di Articoli 39 o 100 del Codice Penale, nelle circostanze della causa presente. Piuttosto, la violazione allegato fu il risultato della maniera nella quale queste disposizioni furono interpretate e fecero domanda con le corti nella causa del richiedente. Comunque, la giurisprudenza stabilita della Corte Costituzionale indicò che azioni di reclamo costituzionali basarono solamente sul presumibilmente interpretazione sbagliata di una disposizione legale fu esclusa dalla sua giurisdizione. La Corte già ha esaminato su molte occasioni le eccezioni del Governo basate sull’insuccesso allegato per esaurire via di ricorso nazionali con modo di azioni di reclamo costituzionali e li ha respinti (vedere, fra molte altre autorità, Długołęcki c. la Polonia, n. 23806/03, § 25 24 febbraio 2009; e R.R. c. la Polonia, n. 27617/04, § 116 26 maggio 2011). Non vede motivi su che abbandonare da questo approccio nella causa presente.
36. Segue che la dichiarazione del Governo dell’inammissibilità sulla base della non-esaurimento di via di ricorso nazionali deve essere respinta.
37. La Corte nota che la richiesta non è mal-fondata manifestamente all’interno del significato di Articolo 35 § 3 (un) della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile su qualsiasi gli altri motivi. Deve essere dichiarato perciò ammissibile.
B. Meriti
1. Le osservazioni delle parti
38. Il richiedente presentò che le corti nazionali avevano trovato che lui non aveva commesso un crimine ed aveva cessato perciò i procedimenti penali. Nondimeno, loro avevano deciso di confiscare la sua raccolta nella sua interezza. Questa decisione non era in ottemperanza col principio di proporzionalità. Le corti erano andate a vuoto ad in modo appropriato esaminare se il sequestro era davvero necessario nell’interesse pubblico. In qualsiasi l’evento, la maggioranza enorme di pezzi che costituiscono la raccolta non potrebbe essere usata più come arma e le corti era bene consapevole di questo.
39. Il richiedente dibatté inoltre che non era stato aperto a lui per avere ricorso alle disposizioni del giugno 2005 Atto si riferito a con la corte nazionale con una prospettiva ad ottenendo una licenza per la sua raccolta. Questo Atto aveva reso soltanto possibile sé ottenere personalmente un’amnistia in riguardo di armi acquisì durante la Seconda Guerra Mondiale o dopo coi combattenti di resistenza in collegamento con o per i fini di lottare per l’indipendenza della Polonia. La procedura prevista sotto le disposizioni di che Atto non poteva essere usato ragionevolmente in riguardo di una raccolta di armi che consiste di 199 pezzi.
40. Il richiedente presentò inoltre che la raccolta rappresentò un valore patrimoniale e sostanziale. Inoltre, aveva valore sentimentale e considerevole per lui.
41. Il richiedente concluse che l’ordine di confisca rese in riguardo di una raccolta intera di armi storiche che potrebbero essere usate più come arma costituì un carico individuale ed eccessivo ed era in violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione.
42. Il Governo dibatté che sotto la Costituzione della Repubblica di Polonia ed Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla proprietà di Convenzione non era ius infinitum. Un Stato avuto diritto a decretare simile leggi come sé ritenne necessario controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale. La confisca delle armi sostenuta senza una licenza aveva corrisposto ad un’interferenza col diritto del richiedente al godimento tranquillo delle sue proprietà. Aveva notificato l’interesse pubblico come sé era stato ordinato per per salvaguardare la sicurezza pubblica e controllare la proprietà di armi con individui. Ogni Stati furono concessi per controllare accesso ad arma come un potere fondamentale assegnato legalmente in loro sulla forza della loro sovranità. Loro erano anche sotto un obbligo positivo per assicurare la sicurezza con modo di autorizzazione la proprietà di arma. Gli Stati goderono un margine della valutazione in questo riguardo a. Sotto la causa-legge della Corte la sfera di questo margine variata dipendendo dal problema riguardò in una causa. Il margine dello Stato della valutazione in problemi riguardo a controllo di armi era particolarmente ampio. Un requisito per ottenere una licenza per possedere pelle di arma all’interno del margine dello Stato della valutazione e non poteva essere considerato imponendo un carico individuale ed eccessivo sul richiedente. Il sistema di autorizzazione sarebbe illusorio se non fosse frequentato con sanzioni penali o con la possibilità di ordinare confisca di armi illegalmente possedute.
43. Il Governo sottolineò che nella causa presente le corti avevano deciso di non trovare il richiedente colpevole di un reato penale di proprietà illegale di armi. Loro avevano deciso di cessare i procedimenti contro lui, mentre trovando che il reato era minore in natura. Comunque, il fatto mero che il richiedente aveva posseduto arma senza una licenza corrisposta ad un reato penale. Le corti avevano avuto nessuna alternativa ma ordinare la confisca, sé che è il possibile modo solo di eliminare l’illegalità creato con la proprietà del richiedente di arma senza una licenza. Benché la maggior parte delle arma che costituiscono la raccolta non potrebbero essere sparate più, gli esperti commissionati con le autorità che perseguono avevano trovato che era tecnicamente possibile revocare quel.
2. La valutazione della Corte
44. Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione comprende tre articoli distinti. Il primo che è espresso nella prima frase del primo paragrafo e è di una natura generale, posa in giù il principio di godimento tranquillo di proprietà. Il secondo articolo, nella seconda frase dello stesso paragrafo copre privazione di proprietà e lo fa soggetto alle certe condizioni. Il terzo, contenuto nel secondo paragrafo riconosce che gli Stati Contraenti sono concessi, fra le altre cose, controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale. Il secondo e terzi articoli che concernono con le particolari istanze di interferenza col diritto a godimento tranquillo di proprietà devono essere costruiti nella luce del principio generale posata in giù nel primo articolo (vedere, fra molte autorità, Immobiliare Saffi c. l’Italia [GC], n. 22774/93, § 44 il 1999-V di ECHR; Barbara Wiśniewska c. la Polonia, n. 9072/02, § 93 29 novembre 2011).
45. Non è in controversia fra le parti che l’ordine di sequestro ha corrisposto ad un’interferenza col diritto del richiedente a godimento tranquillo delle sue proprietà. Rimane essere determinato se la misura fu coperta col primo o secondo paragrafo di quel disposizione di Convenzione.
46. La Corte ha sostenuto nella sua causa-legge che una misura di sequestro data nel contesto di procedimenti penali di solito, benché comporti privazione di proprietà, ciononostante costituisce un controllo di uso di proprietà all’interno del significato del secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 (vedere Riela ed Altri c. l’Italia (il dec.), n. 52439/99, 4 settembre 2001; Arcuri ed Altri c. l’Italia (il dec.), n. 52024/99, 5 luglio 2001; C.M. c. la Francia (il dec.), n. 28078/95, 26 giugno 2001; e Sole c. la Russia, n. 31004/02, § 25 5 febbraio 2009). Comunque, al giorno d’oggi la causa la corte cessò i procedimenti penali, mentre trovando che la serietà del reato allegato era trascurabile. La corte aveva riguardo ad al carattere del richiedente ed alla mancanza di intenzione penale da parte sua (vedere paragrafo 17 sopra). Le circostanze della causa erano perciò fondamentalmente diverse da cause dove ordini di sequestro furono resi nel contesto di procedimenti penali riguardo ad accuse di crimine serio od organizzato e dove c’era un sospetto forte o la certezza confermò con una decisione giudiziale che i beni confiscati erano gli incassi di un reato (vedere Phillips c. il Regno Unito, n. 41087/98, §§ 9-18 ECHR 2001-VII) che fu ritenuto per essere stato acquisito illegalmente (vedere Riela ed Arcuri, sia citò sopra, e Raimondo c. l’Italia, 22 febbraio 1994, § 29 la Serie A n. 281-un) o fu proporsi per uso in attività illegali (vedere Maggiordomo c. il Regno Unito (dec.), n. 41661/98, 27 giugno 2002). Inoltre, l’ordine di sequestro riguardava la raccolta intera, senza distinzione che è resa fra oggetti che ancora potrebbero essere qualificati come arma all’interno del significato delle armi controlli legislazione e quelli che, siccome ammise la corte, era stato disabilitato (vedere paragrafo 18 sopra). La Corte è della prospettiva che in queste circostanze la copertura di ordine di sequestro che la raccolta intera dovrebbe essere considerata una privazione di proprietà.
47. Siccome la Corte ha sostenuto su molte occasioni, interferenza con diritti di proprietà deve essere prescritta con legge e deve essere intrapresa uno o scopi più legittimi. In oltre, ci deve essere una relazione ragionevole della proporzionalità fra i mezzi assunti e gli scopi cercarono di essere compresi. Nelle altre parole, la Corte deve determinare, se un equilibrio equo fu previsto fra le richieste dell’interesse generale e l’interesse degli individui riguardate. L’equilibrio richiesto non si troverà se la persona o persone riguardate hanno dovuto sopportare un carico individuale ed eccessivo (vedere James ed Altri c. il Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 50 la Serie Un n. 98; Schirmer c. la Polonia, n. 68880/01, § 35 21 settembre 2004; Wieczorek c. la Polonia, n. 18176/05, § 59-60 8 dicembre 2009; compari e contrasto Ian Edgar (Liverpool) Limitato c. il Regno Unito (il dec.), n. 37683/97, 25 gennaio 2000).
48. In che il collegamento, la Corte nota che il sequestro della proprietà del richiedente fu ordinato facendo seguito ad Articolo 100 del Codice Penale in concomitanza col suo Articolo 39. Accetta perciò che questa interferenza era prescritta per legge.
49. Inoltre, presumendo che l’interferenza si lamentò di intraprese un scopo legittimo nell’interesse generale, all’interno del significato di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione, la Corte deve esaminare se un equilibrio corretto era stato previsto fra che scopo ed i diritti del richiedente.
50. In questo collegamento, la Corte reitera, che, dove proprietà sono confiscate, l’equilibrio equo dipende da molti fattori, incluso il comportamento del proprietario. Deve determinare perciò se le corti polacche avevano riguardo ad al grado del richiedente di colpa o cura (vedere AGOSI, citato sopra, § 54; Silickienė c. la Lituania, n. 20496/02, § 66 10 aprile 2012).
51. Rivolgendosi alle circostanze della causa presente, la Corte nota l’argomento del Governo che le autorità hanno deciso di cessare i procedimenti penali contro il richiedente, mentre avendo riguardo ad alla natura minore del reato. Comunque, non è la decisione di cessare i procedimenti, ma la decisione di ordinare confisca della raccolta del richiedente che è la materia dello scrutinio della Corte nella causa presente.
La Corte nota che Articolo 100 del Codice Penale non obbligò le corti ad ordinare la confisca della raccolta. Conferì solamente su loro un potere discrezionale per fare così quando cessando procedimenti penali. Le corti decisero di giovarsi a di quel il potere. Ordinare la confisca, è attinente per considerare nell’assenza di un obbligo legale, nel contesto dell’esame di se l’equilibrio equo è stato previsto nella causa presente, come le autorità esercitarono la loro discrezione. In questo collegamento, la Corte avrà, riguardo ad ai motivi sui quali si appellarono le autorità nazionali quando ordinando la confisca.
52. La corte di prima -istanza notò che il richiedente era un veterano di guerra di 77-anni , aveva lottato nella Sollevazione di Varsavia, era stato un ufficiale professionale e pensionato dell’Esercito polacco ed era stato un cittadino rispettoso della legge senza casellario giudiziale. Inoltre, non è stato mostrato o uguaglia dibattuto di fronte alla Corte che la sua proprietà della raccolta di armi è stata riguardata con le autorità nazionali siccome posando qualsiasi rischio di uso improprio da parte sua. Né fu dibattuto, affittò mostrato da solo, che lui aveva raggruppato le armi in qualsiasi l’altra veste che un raccoglitore dilettantistico (confronta con Silickienė c. Lituania, assegnata a sopra dove il richiedente aveva partecipato direttamente in pagamenti per beni contrabbandati e ha dovuto sapere che la proprietà confiscata sarebbe potuta essere acquistata solamente con gli incassi di crimine).
53. La Corte gli ulteriori stress che le corti nazionali erano consapevoli di queste circostanze (vedere divide in paragrafi 15-16 sopra). Loro ancora decisero comunque, di confiscare la raccolta. Le circostanze personali del richiedente non avevano perciò qualsiasi impatto pratico sull’ordine di sequestro. La Corte è perciò della prospettiva che le corti nazionali sono andate a vuoto a prendere in considerazione la situazione personale del richiedente e caratteristiche (vedere, Pincová e Pinc c. la Repubblica ceca, n. 36548/97, § 61, ECHR 2002-VIII mutatis mutandis).
54. Inoltre, la Corte non può ma nota che il richiedente avviò approssimativamente cinquanta anni fa la sua raccolta. La corte nazionale diede credito a questo fatto nella sua decisione. Le autorità non avevano preso mai qualsiasi interessa nella raccolta di fronte a luglio 2008 quando loro percorsero la casa del richiedente e cottage di estate. Inoltre, non era in controversia, o di fronte alle corti nazionali o di fronte alla Corte che c’era stata mai qualsiasi incidente che comporta uso improprio della raccolta con terze parti che potrebbero indicare che il richiedente non era riuscito a prendere misure appropriate per impedire a persone non autorizzate dell’avere accesso alla raccolta.
55. La Corte osserva inoltre che la corte nazionale era consapevole che non tutti i pezzi della raccolta ancora potrebbero essere usati come arma come il richiedente aveva preso misure per disabilitarli. La Corte nota che la corte andò a vuoto ad identificare i pezzi ancora nel lavorare ordine e quelli che erano stati disabilitati. Nondimeno, la corte decise di ordinare sequestro della raccolta nella sua interezza. Quando facendo così, la corte aveva riguardo ad al valore storico che la raccolta ha rappresentato. Era ulteriore della prospettiva che la divisione della raccolta con restituendo i certi pezzi al richiedente diminuirebbe il suo valore storico seriamente. Scelse perciò di essenzialmente confiscare la raccolta intera per mantenere il suo valore.
56. Nella prospettiva della Corte, può essere accettato ragionevolmente, che la raccolta di vecchie arma, accumulata con un specialista ammesso ha un valore patrimoniale e significativo. Comunque, nessun pensiero era stato dato con le corti a se il sequestro della raccolta nella sua interezza impose un carico eccessivo sul richiedente, o come riguardi il patrimoniale o valore sentimentale che la raccolta aveva per lui. Similmente, la corte andò a vuoto a considerare qualsiasi misure alternative che sarebbero potute essere prese per per alleviare il carico imposero sul richiedente, incluso con modo di chiedere registrazione della raccolta.
57. La Corte nota che successivamente la corte nazionale contattò un numero di istituzioni pubbliche che chiedono a loro se loro sarebbero interessati ad acquisire la raccolta. Di conseguenza, parte della raccolta del richiedente fu trasferita al Varsavia Sollevazione Museo ad ottobre 2011. Inoltre, che museo espresse interesse nell’ottenere il resto della raccolta. La Corte nota che le autorità giudiziali presero misure per fare la raccolta del richiedente disponibile al pubblico. Comunque, non può trascurare il fatto che il richiedente fu privato della sua proprietà e perduto una raccolta di considerevole storico e presumibilmente anche valore finanziario, mentre ultimamente un museo pubblico l’acquisì per libero.
58. Le considerazioni precedenti sono sufficienti per abilitare la Corte per concludere che c’è stata una violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione.
II. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
59. Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno
60. Il richiedente desiderò avere la sua raccolta ritornato a lui. Nell’alternativa, lui disse 300,000 zlotys polacchi (PLN) per danno patrimoniale. Lui presentò che lui non era capace di presentare una stima del valore della raccolta confiscata come sé era più nella sua proprietà. Lui disse inoltre PLN 50,000 in riguardo di danno non-patrimoniale subito come un risultato delle circostanze della causa.
61. Il Governo contestò questa rivendicazione.
62. La Corte nota che il richiedente desidera avere la raccolta ritornato a lui prima e primo e che il suo valore è contestato con le parti. In queste circostanze la Corte considera che la questione di danno patrimoniale non è ancora pronta per decisione. Dovrebbe essere riservato perciò per abilitare le parti per giungere ad un accordo (l’Articolo 75 §§ 1 e 4 degli Articoli di Corte). In questo collegamento, la Corte è della prospettiva che nelle circostanze della causa la forma più appropriata di compensazione della violazione trovata sarebbe la restituzione al richiedente di quegli elementi della raccolta che potrebbe essere ripristinata legalmente a lui.
63. Inoltre, la Corte accetta che il richiedente soffrì indubbiamente dell’angoscia e l’ansia (vedere Luczak c. la Polonia, n. 77782/01, § 64 27 novembre 2007). Gli assegna perciò EUR 4,000 in riguardo di danno non-patrimoniale.
B. Costi e spese
64. Il richiedente non presentò una rivendicazione a riguardo di costi e spese.
C. Interesse di mora
65. La Corte considera appropriato che il tasso di interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a che dovrebbe essere aggiunto tre punti di percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara la richiesta ammissibile;

2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione;

3. Sostiene che, riguardo al danno patrimoniale che è il risultato della violazione trovata, la questione della soddisfazione equa non è pronta per decisione e di conseguenza
(a) riserva questa questione;
(b) invita il Governo ed il richiedente a presentare, entro tre mesi dalla data di notifica di questa sentenza le loro osservazioni scritte su questa questione e, in particolare, notificare alla Corte qualsiasi accordo al quale possono giungere;
(c) riserve l’ulteriore procedimento e delega al Presidente della Camera il potere per fissarlo all’occorrenza;

4. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente deve pagare il richiedente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione EUR 4,000 (quattro mila euro) a riguardo del danno non-patrimoniale, più qualsiasi tassa che può essere a carico del richiedente, da convertire nella valuta dello Stato rispondente al tasso applicabile in data dell’ accordo;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’interesse semplice interesse sarà pagabile sull’importo sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;

5. Respinge il resto della rivendicazione del richiedente per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificò per iscritto 24 luglio 2012, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento di Corte.
Fatoş Aracı David Thór Björgvinsson Cancelliere aggiunto Presidente

In conformità con Articolo 45 § 2 della Convenzione e Decide 74 § 2 dell’Ordinamento di Corte, l’opinione separata del Giudice De Gaetano è annessa a questa sentenza.

D.T.B.
F.A.
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE DE GAETANO
1. Benché io concordo che in questa causa è stata una violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1, io non posso sottoscrivere pienamente ad alcuni del ragionamento ed argomenti che conducono a questa conclusione.

2. La violazione in questa causa dipende ad una misura apprezzabile dalla natura particolare di tre disposizioni di legge polacca-gli Articoli 17 paragrafo 1(3), 39 e 100 del Codice Penale (§§ 29 e 30, sopra)-quale, quando fece domanda in combinazione ai fatti della causa, crei un squilibrio manifesto fra l’interesse pubblico ed i diritti del richiedente. Essere sicuro, in principio là sembra non essere nulla deplorevole se una disposizione di legge prevede per il sequestro, o davvero, per l’allontanamento o la distruzione, di un oggetto l’esistenza o proprietà di che è in violazione di della disposizione di legge anche se la persona riguardata è assolta dell’accusa criminale di proprietà illegale di quel l’oggetto. Questo era l’approccio generale preso con la Corte in Saliba c. il Malta (n. 4251/02, 8 novembre 2005). Questo punto è solamente molto vagamente riflesso nella scorsa frase di § 62 della sentenza presente. Nella causa presente, comunque noi abbiamo né un’assoluzione né una condanna, ma un’interruzione dei procedimenti accoppiò con un riconoscimento giudiziale del quale il reato era un “trascurabile” natura in termini della serietà -minimis del de non curat praetor. Al giorno d’oggi causa che questo basta per una sentenza di disporporzioalità , e questo è dove il ragionamento della Corte deve, nella mia prospettiva, si è fermato. In molte giurisdizioni reati trascurabili sono dati con, sulla condanna, con un semplice rabbuffo o l’ammonizione; sul contrario in questa causa il richiedente aveva il beneficio di non essere trovato colpevole annichilì per tutti i fini pratici col sequestro di una raccolta inapprezzabile. Le prospettive della corte nazionale sul carattere del richiedente e su “la mancanza di intenzione penale da parte sua” (§§ 46 e 17) è irrilevante (separatamente dal fatto che non è chiaro se con intenzione penale che corte stava riferendosi ad una specifica intenzione o al motivo; come il Governo rispondente osservato esattamente, il richiedente, siccome un esercito pensionato commissionò ufficiale ed un esperto su arma, non poteva ma ha saputo che almeno alcune delle arma richiesero autorizzazione). Le ragioni contennero in §§ 52 a 57 sono irrilevanti ad una sentenza di una violazione della Convenzione sui fatti della causa presente.

3. Sul lato positivo, comunque la decisione nella causa presente chiaramente abbandona dalla causa-legge della Corte che, come un articolo, ha considerato-erroneamente nella mia prospettiva -il sequestro facendo seguito a procedimenti di una natura penale come una misura di controllo di uso di proprietà piuttosto che della privazione (§ 46, e le cause assegnarono là; vedere, più recentemente, Milosavljev c. Serbia, n. 15112/07, 12 giugno 2012 § 53). Mi è stato reso perplesso sempre
col ragionamento ellittico nelle ultime due frasi di § 51 di AGOSI c. il Regno Unito (n. 9118/80, 24 ottobre 1986) e con la mancanza di distinzione corretta fra lo stadio di sequestro e la disposizione inscena (come previsto per nel diritto nazionale attinente) in Riela et autres c. l’Italie (il dec.) n. 52439/99, 4 settembre 2001.

Testo Tradotto

Conclusions: Violation of Article 1 of Protocol No. 1 – Protection of property (Article 1 para. 1 of Protocol No. 1 – Deprivation of property)
Non-pecuniary damage – award Pecuniary damage – reserved (Article 41 – Pecuniary damage)

FOURTH SECTION

CASE OF WALDEMAR NOWAKOWSKI v. POLAND

(Application no. 55167/11)

JUDGMENT
(merits)

STRASBOURG

24 July 2012

This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Waldemar Nowakowski v. Poland,
The European Court of Human Rights (Fourth Section), sitting as a Chamber composed of:
David Thór Björgvinsson, President,
Lech Garlicki,
Päivi Hirvelä,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Zdravka Kalaydjieva,
Vincent A. De Gaetano, judges,
and Fatoş Aracı, Deputy Section Registrar,
Having deliberated in private on 3 July 2012,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 55167/11) against the Republic of Poland lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by a Polish national, OMISSIS (“the applicant”), on 22 August 2011.
2. The applicant, who had been granted legal aid, was represented by OMISSIS, a lawyer practising in Warszawa. The Polish Government (“the Government”) were represented by their Agent, Mr J. Wołąsiewicz of the Ministry of Foreign Affairs.
3. The applicant complained about an alleged breach of his right to the peaceful enjoyment of his possessions guaranteed by Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.
4. On 17 November 2011 the application was communicated to the Government. It was also decided to rule on the admissibility and merits of the application at the same time (Article 29 § 1).
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
5. The applicant was born in 1933 and lives in Warsaw.
6. The applicant is a veteran of the Polish Resistance during the Second World War and a former professional officer of the Polish Army. His veteran status on the grounds of his involvement in the underground Scouts movement during that war was recognised by an administrative decision given on an unspecified date by the Director of the Veterans’ Office.
7. For the last fifty years the applicant collected antique arms and weapons from the period of the Second World War and earlier.
8. On 7 and 8 July 2008 the police searched the applicant’s home and summer cottage. They confiscated the applicant’s collection which at that time numbered 199 pieces.
9. On 16 July 2008 the Director of the Warsaw Uprising Museum (“the Museum”) in Warsaw issued a statement for the purposes of an investigation against the applicant which had been instituted immediately after the search and seizure. He stated that the applicant had been co operating with the Museum as a specialist in old weaponry and that on a number of occasions he had lent certain pieces of his collection for the purposes of their being exhibited at the Museum. He stated that the applicant’s expertise was highly valued by the Museum.
10. On 8 July and 29 August 2008 the prosecuting authorities ordered that an expert opinion be prepared as to whether the confiscated pieces were to be regarded as arms within the meaning of the legislation governing the licensing of possession of arms.
11. On 18 October 2010 the Director of the Veterans’ Office sent a letter to the Warszawa Wola District Court. He stated that the applicant’s integrity and the fact that he was a law-abiding citizen were well known. He had been decorated on a number of occasions for his involvement in the Polish Resistance during the Second World War. By accumulating a unique collection of historical weapons, uniforms and military equipment he had rendered outstanding services in the dissemination of knowledge about the history of Poland. He had financed this collection himself, at considerable personal sacrifice. The fact that criminal proceedings had been instituted against him had met with general disbelief. It had been universally considered among persons interested in military history that his collection could not possibly be regarded as posing any threat to public order. On the contrary, it had played a significant role in teaching younger generations about the history of Poland and about the fight for the country’s independence. The applicant’s services not only merited recognition but should also be taken into consideration by the court in the assessment of his guilt and any sentence to be imposed on him.
12. On 16 July 2010 the prosecution ordered that 24 pieces of the collection should be returned to the applicant, relying on an expert opinion prepared for the purposes of the investigation. The expert concluded that these items were only parts of weapons and therefore a licence to possess them was not necessary. On 20 July 2010 a bill of indictment against the applicant on charges of illegal possession of arms was filed with the Warszawa Wola District Court.
13. On 18 November 2010 the Warszawa Wola District Court discontinued the criminal proceedings against the applicant concerning charges of illegal possession of arms, contrary to Article 263 § 2 of the Criminal Code.
14. The court first listed 171 pieces of the applicant’s collection, the oldest of them produced in 1889.
15. The court noted that the applicant had explained that he had been collecting old arms, mostly memorabilia of the Second World War as well as other older pieces, for almost fifty years. He had previously on numerous occasions made parts of his collection available on loan to various museums. He had been collaborating as an expert in old weaponry with the Warsaw Uprising Museum. The court noted that the applicant had explained that in order to prevent unauthorised third parties from having access to the collection he had kept it in his apartment which was secured with three locks and equipped with an alarm. He had also taken the necessary technical measures to make it impossible to use most of the weapons in his possession as arms. He declared his willingness to take such measures also in respect of the remaining pieces.
16. The court acknowledged that no criminal intent to use the arms to anyone’s detriment could reasonably be ascribed to the applicant. However, he must have known that the possession of arms without a permit was unlawful. He had not availed himself of the possibility of legalising his collection by having recourse to the 2005 Arms Legalisation Act, devised specifically with a view to making it possible for Second World War veterans and other persons having fought for the independence of Poland to regularise arms acquired in the past and in connection with their involvement in the Polish Resistance.
17. The court acknowledged that there had been no evidence whatsoever that the applicant had ever used the arms with any criminal intent. It emphasised that the applicant was, at that time, 77 years old, a war veteran who had fought in the Warsaw Uprising and who was a retired professional officer of the Polish Army with no criminal record. He was a law abiding citizen.
18. The court observed that the applicant’s submissions as to the part of the collection which had been put out of action had been partly confirmed by the experts. The experts had found that it was impossible to use most of the pieces as weapons, but that some of them could be made to work again (“ze znacznej większości egzemplarzy broni nie było możliwe oddanie strzalu, niemniej jednak z części egzemplarzy broni możliwym było oddanie strzału, jak również możliwym było przywrócenie cech użytkowych broni”).
19. The court concluded that the offence was minor in nature and discontinued the criminal proceedings against the applicant, referring to Article 17 paragraph 1 (3) of the Criminal Code. At the same time, the court decided to apply Article 100 of the Criminal Code in conjunction with its Article 39 and to confiscate 171 pieces of the collection.
20. The court, explaining why it decided to avail itself of its discretionary power to confiscate the entire collection, stated that dividing up the collection by returning to the applicant those pieces which had already been put out of action would seriously diminish its value. It noted that the collection should, because of its historical interest, be handed over to an institution capable of securing appropriate storage and display conditions for it.
21. The applicant and the prosecution appealed. The applicant essentially challenged the confiscation measure.
22. By a decision of 22 February 2011 the Warsaw Regional Court upheld the first-instance decision. It fully endorsed the reasoning of the lower court. It further noted that the confiscation of the collection should not lead to its destruction. The State authorities should be well aware of the historical value of the collection (“organy państwa winny zdawać sobie sprawę z … wartości historycznej zabezpieczonych przedmiotów”).
23. On 16 March 2011 the Warszawa Wola District Court invited the Warsaw Uprising Museum to indicate whether they would be interested in the applicant’s collection. On 28 June 2011 the Director of the Museum replied, indicating that the Museum wished to take certain pieces selected by P.B., the Museum’s expert. On 16 September 2011 the court authorised the transfer of these pieces to the Museum and on 17 October 2011 they were transferred.
24. On 16 September 2011 the same court requested the Office for the Protection of Monuments in Warsaw, the Regional Curator for Monuments (Urząd Ochrony Zabytków w Warszawie, Mazowiecki Wojewódzki Konserwator Zabytków), to indicate the name of a cultural institution which would accept the remainder of the collection. A number of cultural institutions expressed their interest, including the Warsaw Uprising Museum. The Warsaw Uprising Museum also expressed interest in the remainder of the collection covered by the forfeiture decision. The Regional Curator for Monuments gave a positive opinion in this regard. This part of the collection is currently being transferred to the Museum.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW
25. Article 21 of the Constitution provides:
“1. The Republic of Poland shall protect property and a right to inherit.
2. Expropriation is allowed only in the public interest and against payment of just compensation.”
26. Article 31of the Constitution reads:
“Freedom of the person shall be legally protected.
Everyone shall respect the freedoms and rights of others. No one shall be compelled to do anything which is not required by law.
Any limitation upon the exercise of constitutional freedoms and rights may by imposed only by statute, and only when necessary in a democratic state for the protection of its security or public order, or to protect the natural environment, health or public morals, or the freedoms and rights of other persons. Such limitations shall not violate the essence of freedoms and rights.”
27. Article 79 § 1 of the Constitution provides as follows:
“In accordance with principles specified by statute, everyone whose constitutional freedoms or rights have been infringed, shall have the right to appeal to the Constitutional Court for a judgment on the conformity with the Constitution of a statute or another normative act on the basis of which a court or an administrative authority has issued a final decision on his freedoms or rights or on his obligations specified in the Constitution.”
28. Under its settled case-law, the Constitutional Court has jurisdiction only to examine the compatibility of legal provisions with the Constitution and is not competent to examine the way in which courts interpreted applicable legal provisions in individual cases (e.g. SK 4/99, 19 October 1999; Ts 9/98, 6 April 1998; Ts 56/99, 21 June 1999).
29. Article 17 paragraph 1(3) of the Code of Criminal Procedure provides that criminal proceedings shall be discontinued if the seriousness of a criminal offence is negligible.
30. Article 100 of the Criminal Code provides that where the seriousness of a criminal offence is negligible, the court may order confiscation, within the meaning of Article 39 of that Code, of objects connected with the offence.
31. Article 263 paragraph 2 of the Criminal Code penalises possession of weapons or ammunition without a licence.
THE LAW
I. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL No. 1 TO THE CONVENTION
32. The applicant complained that the confiscation of his collection had breached his right to the peaceful enjoyment of his possessions within the meaning of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention, which reads as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
A. Admissibility
33. The Government submitted that the applicant had failed to exhaust relevant domestic remedies in respect of his complaint. He should have lodged a constitutional complaint with the Constitutional Court under Article 79 of the Constitution of Poland.
34. The applicant disagreed and argued that he had exhausted all relevant remedies. He submitted that he had no objections as regards the compatibility of Articles 39 and 100 of the Criminal Code as such with the Constitution, but solely the manner in which they had been interpreted and applied by the criminal courts to the circumstances of his case.
35. The Court considers that in the circumstances of the present case the alleged breach of the applicant’s right cannot be said to have originated from the direct application of Articles 39 or 100 of the Criminal Code. Rather, the alleged violation resulted from the manner in which these provisions were interpreted and applied by the courts in the applicant’s case. However, the established jurisprudence of the Constitutional Court indicated that constitutional complaints based solely on the allegedly wrongful interpretation of a legal provision were excluded from its jurisdiction. The Court has already examined on many occasions the Government’s objections based on the alleged failure to exhaust domestic remedies by way of constitutional complaints and rejected them (see, among many other authorities, Długołęcki v. Poland, no. 23806/03, § 25, 24 February 2009; and R.R. v. Poland, no. 27617/04, § 116, 26 May 2011). It sees no grounds on which to depart from this approach in the present case.
36. It follows that the Government’s plea of inadmissibility on the ground of non-exhaustion of domestic remedies must be dismissed.
37. The Court notes that the application is not manifestly ill founded within the meaning of Article 35 § 3 (a) of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
1. The parties’ submissions
38. The applicant submitted that the domestic courts had found that he had not committed a crime and had therefore discontinued the criminal proceedings. Nonetheless, they had decided to confiscate his collection in its entirety. This decision was not in compliance with the proportionality principle. The courts had failed to examine properly whether the confiscation was indeed necessary in the public interest. In any event, the vast majority of pieces constituting the collection could no longer be used as weapons and the courts were well aware of this.
39. The applicant further argued that it had not been open to him to have recourse to the provisions of the June 2005 Act referred to by the domestic court with a view to obtaining a licence for his collection. This Act had merely made it possible to obtain an amnesty in respect of arms personally acquired during the Second World War or afterwards by the resistance fighters in connection with or for the purposes of fighting for Poland’s independence. The procedure foreseen under the provisions of that Act could not reasonably be used in respect of an arms collection consisting of 199 pieces.
40. The applicant further submitted that the collection represented a substantial pecuniary value. Furthermore, it had considerable sentimental value for him.
41. The applicant concluded that the forfeiture order made in respect of an entire collection of historical arms which could no longer be used as weapons constituted an excessive individual burden and was in breach of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.
42. The Government argued that under the Constitution of the Republic of Poland and Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention ownership was not ius infinitum. A State had the right to enact such laws as it deemed necessary to control the use of property in accordance with the general interest. The forfeiture of the arms held without a licence had amounted to an interference with the applicant’s right to the peaceful enjoyment of his possessions. It had served the public interest as it had been ordered in order to safeguard public safety and to control the possession of arms by individuals. All States were entitled to control access to weapons as a fundamental power vested in them on the strength of their sovereignty. They were also under a positive obligation to ensure safety by way of licensing the possession of weapons. The States enjoyed a margin of appreciation in this regard. Under the Court’s case-law the scope of this margin varied depending on the issue concerned in a case. The State’s margin of appreciation in issues concerning arms control was particularly wide. A requirement to obtain a licence to possess weapons fell within the State’s margin of appreciation and could not be regarded as imposing an excessive individual burden on the applicant. The licensing system would be illusory if it was not attended by criminal sanctions or by the possibility to order forfeiture of illegally possessed arms.
43. The Government stressed that in the present case the courts had decided not to find the applicant guilty of a criminal offence of illegal possession of arms. They had decided to discontinue the proceedings against him, finding that the offence was minor in nature. However, the mere fact that the applicant had possessed weapons without a licence amounted to a criminal offence. The courts had had no choice but to order forfeiture, it being the only possible way to eliminate the unlawfulness created by the applicant’s possession of weapons without a licence. Although most of the weapons constituting the collection could no longer be fired, the experts commissioned by the prosecuting authorities had found that it was technically possible to reverse that.
2. The Court’s assessment
44. Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention comprises three distinct rules. The first, which is expressed in the first sentence of the first paragraph and is of a general nature, lays down the principle of peaceful enjoyment of property. The second rule, in the second sentence of the same paragraph, covers deprivation of possessions and makes it subject to certain conditions. The third, contained in the second paragraph, recognises that the Contracting States are entitled, among other things, to control the use of property in accordance with the general interest. The second and third rules, which are concerned with particular instances of interference with the right to peaceful enjoyment of property, must be construed in the light of the general principle laid down in the first rule (see, among many authorities, Immobiliare Saffi v. Italy [GC], no. 22774/93, § 44, ECHR 1999 V; Barbara Wiśniewska v. Poland, no. 9072/02, § 93, 29 November 2011).
45. It is not in dispute between the parties that the confiscation order amounted to an interference with the applicant’s right to peaceful enjoyment of his possessions. It remains to be determined whether the measure was covered by the first or second paragraph of that Convention provision.
46. The Court has usually held in its case-law that a confiscation measure given in the context of criminal proceedings, although it involves deprivation of possessions, nevertheless constitutes a control of use of property within the meaning of the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 (see Riela and Others v. Italy (dec.), no. 52439/99, 4 September 2001; Arcuri and Others v. Italy (dec.), no. 52024/99, 5 July 2001; C.M. v. France (dec.), no. 28078/95, 26 June 2001; and Sun v. Russia, no. 31004/02, § 25, 5 February 2009). However, in the present case the court discontinued the criminal proceedings, finding that the seriousness of the alleged offence was negligible. The court had regard to the applicant’s character and to the lack of criminal intent on his part (see paragraph 17 above). The circumstances of the case were therefore fundamentally different from cases where confiscation orders were made in the context of criminal proceedings concerning charges of serious or organised crime and where there was a strong suspicion or certainty confirmed by a judicial decision that the confiscated assets were the proceeds of an offence (see Phillips v. the United Kingdom, no. 41087/98, §§ 9-18, ECHR 2001-VII), which were deemed to have been unlawfully acquired (see Riela and Arcuri, both cited above, and Raimondo v. Italy, 22 February 1994, § 29, Series A no. 281-A) or were intended for use in illegal activities (see Butler v. the United Kingdom (dec.), no. 41661/98, 27 June 2002). Furthermore, the confiscation order concerned the entire collection, with no distinction being made between objects which could still be qualified as weapons within the meaning of the arms control legislation and those which, as the court acknowledged, had been disabled (see paragraph 18 above). The Court is of the view that in these circumstances the confiscation order covering the entire collection should be regarded as a deprivation of property.
47. As the Court has held on many occasions, interference with property rights must be prescribed by law and pursue one or more legitimate aims. In addition, there must be a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aims sought to be realised. In other words, the Court must determine whether a fair balance was struck between the demands of the general interest and the interest of the individuals concerned. The requisite balance will not be found if the person or persons concerned have had to bear an individual and excessive burden (see James and Others v. the United Kingdom, 21 February 1986, § 50, Series A no. 98; Schirmer v. Poland, no. 68880/01, § 35, 21 September 2004; Wieczorek v. Poland, no. 18176/05, § 59-60, 8 December 2009; compare and contrast Ian Edgar (Liverpool) Limited v. the United Kingdom (dec.), no. 37683/97, 25 January 2000).
48. In that connection, the Court notes that the confiscation of the applicant’s property was ordered pursuant to Article 100 of the Criminal Code in conjunction with its Article 39. It therefore accepts that that interference was prescribed by law.
49. Furthermore, assuming that the interference complained of pursued a legitimate aim in the general interest, within the meaning of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention, the Court has to examine whether a proper balance had been struck between that aim and the applicant’s rights.
50. In this connection, the Court reiterates that, where possessions are confiscated, the fair balance depends on many factors, including the owner’s behaviour. It must therefore determine whether the Polish courts had regard to the applicant’s degree of fault or care (see AGOSI, cited above, § 54; Silickienė v. Lithuania, no. 20496/02, § 66, 10 April 2012).
51. Turning to the circumstances of the present case, the Court notes the Government’s argument that the authorities decided to discontinue the criminal proceedings against the applicant, having regard to the minor nature of the offence. However, it is not the decision to discontinue the proceedings, but the decision to order forfeiture of the applicant’s collection which is the subject of the Court’s scrutiny in the present case.
The Court notes that Article 100 of the Criminal Code did not oblige the courts to order the forfeiture of the collection. It only conferred on them a discretionary power to do so when discontinuing criminal proceedings. The courts decided to avail themselves of that power. In the absence of a legal obligation to order the forfeiture, it is relevant to consider, in the context of the examination of whether the fair balance has been struck in the present case, how the authorities exercised their discretion. In this connection, the Court will have regard to the grounds on which the domestic authorities relied when ordering the forfeiture.
52. The first-instance court noted that the applicant was a 77 year old war veteran, had fought in the Warsaw Uprising, was a retired professional officer of the Polish Army and was a law-abiding citizen with no criminal record. Furthermore, it has not been shown or even argued before the Court that his possession of the collection of arms was regarded by the domestic authorities as posing any risk of inappropriate use on his part. Nor was it argued, let alone shown, that he had gathered the arms in any other capacity than an amateur collector (compare and contrast with Silickienė v. Lithuania, referred to above, where the applicant had directly participated in payments for smuggled goods and must have known that the confiscated property could only have been purchased with the proceeds of crime).
53. The Court further stresses that the domestic courts were aware of these circumstances (see paragraphs 15-16 above). However, they still decided to confiscate the collection. The applicant’s personal circumstances did not therefore have any practical impact on the confiscation order. The Court is therefore of the view that the domestic courts failed to take into account the applicant’s personal situation and characteristics (see, Pincová and Pinc v. the Czech Republic, no. 36548/97, § 61, ECHR 2002 VIII, mutatis mutandis).
54. Furthermore, the Court cannot but note that the applicant started his collection approximately fifty years ago. The domestic court acknowledged this fact in its decision. The authorities had never taken any interest in the collection before July 2008 when they searched the applicant’s home and summer cottage. Moreover, it was not in dispute, either before the domestic courts or before the Court, that there had ever been any incident involving improper use of the collection by third parties which could indicate that the applicant had failed to take appropriate measures in order to prevent unauthorised persons from having access to the collection.
55. The Court further observes that the domestic court was aware that not all the pieces of the collection could still be used as weapons as the applicant had taken measures to disable them. The Court notes that the court failed to identify the pieces still in working order and those which had been disabled. Nonetheless, the court decided to order confiscation of the collection in its entirety. When doing so, the court had regard to the historical value that the collection represented. It was further of the view that the division of the collection by returning certain pieces to the applicant would seriously diminish its historical value. It therefore chose to confiscate the entire collection essentially in order to maintain its value.
56. In the Court’s view, it can be reasonably accepted that the collection of old weapons, accumulated by an acknowledged specialist, has a significant pecuniary value. However, no thought had been given by the courts to whether the confiscation of the collection in its entirety imposed an excessive burden on the applicant, either as regards the pecuniary or sentimental value the collection had for him. Likewise, the court failed to consider any alternative measures which could have been taken in order to alleviate the burden imposed on the applicant, including by way of seeking registration of the collection.
57. The Court notes that subsequently the domestic court contacted a number of public institutions asking them whether they would be interested in acquiring the collection. As a result, part of the applicant’s collection was transferred to the Warsaw Uprising Museum in October 2011. Furthermore, that museum expressed interest in obtaining the remainder of the collection. The Court notes that the judicial authorities took measures in order to make the applicant’s collection available to the public. However, it cannot overlook the fact that the applicant was deprived of his property and lost a collection of considerable historical and presumably also financial value, while ultimately a public museum acquired it for free.
58. The foregoing considerations are sufficient to enable the Court to conclude that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.
II. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
59. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Damage
60. The applicant wished to have his collection returned to him. In the alternative, he claimed 300,000 Polish zlotys (PLN) for pecuniary damage. He submitted that he was unable to submit an estimate of the value of the confiscated collection as it was no longer in his possession. He further claimed PLN 50,000 in respect of non pecuniary damage suffered as a result of the circumstances of the case.
61. The Government contested this claim.
62. The Court notes that the applicant first and foremost wishes to have the collection returned to him and that its value is disputed by the parties. In these circumstances the Court considers that the question of pecuniary damage is not yet ready for decision. It should therefore be reserved to enable the parties to reach an agreement (Rule 75 §§ 1 and 4 of the Rules of Court). In this connection, the Court is of the view that in the circumstances of the case the most appropriate form of redress of the violation found would be the restitution to the applicant of those elements of the collection which could be lawfully restored to him.
63. Moreover, the Court accepts that the applicant undoubtedly suffered distress and anxiety (see Luczak v. Poland, no. 77782/01, § 64, 27 November 2007). It therefore awards him EUR 4,000 in respect of non pecuniary damage.
B. Costs and expenses
64. The applicant did not submit a claim in respect of costs and expenses.
C. Default interest
65. The Court considers it appropriate that the default interest rate should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Declares the application admissible;

2. Holds that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention;

3. Holds that, as regards pecuniary damage resulting from the violation found, the question of just satisfaction is not ready for decision and accordingly
(a) reserves this question;
(b) invites the Government and the applicant to submit, within three months from the date of notification of this judgment, their written observations on this question and, in particular, to notify the Court of any agreement that they may reach;
(c) reserves the further procedure and delegates to the President of the Chamber the power to fix it if need be;

4. Holds
(a) that the respondent State is to pay the applicant, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, EUR 4,000 (four thousand euros) in respect of non pecuniary damage, plus any tax that may be chargeable to the applicant, to be converted into the currency of the respondent State at the rate applicable at the date of settlement;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amount at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;

5. Dismisses the remainder of the applicant’s claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 24 July 2012, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Fatoş Aracı David Thór Björgvinsson Deputy Registrar President

In accordance with Article 45 § 2 of the Convention and Rule 74 § 2 of the Rules of Court, the separate opinion of Judge De Gaetano is annexed to this judgment.

D.T.B.
F.A.
CONCURRING OPINION OF JUDGE DE GAETANO
1. Although I agree that in this case there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1, I cannot fully subscribe to some of the reasoning and arguments leading up to this conclusion.

2. The violation in this case depends to an appreciable extent on the peculiar nature of three provisions of Polish law – Articles 17 paragraph 1(3), 39 and 100 of the Criminal Code (§§ 29 and 30, above) – which, when applied in combination to the facts of the case, create a manifest imbalance between the public interest and the rights of the applicant. To be sure, in principle there appears to be nothing objectionable if a provision of law provides for the confiscation, or indeed, for the removal or the destruction, of an object the existence or possession of which is in breach of some provision of law even if the person concerned is acquitted of the criminal charge of illegal possession of that object. This was the general approach taken by the Court in Saliba v. Malta (no. 4251/02, 8 November 2005). This point is only very vaguely reflected in the last sentence of § 62 of the present judgment. In the instant case, however, we have neither an acquittal nor a conviction, but a discontinuation of the proceedings coupled with a judicial acknowledgment that the offence was of a “negligible” nature in terms of seriousness – de minimis non curat praetor. In the present case this suffices for a finding of disproportionality, and this is where the Court’s reasoning should, in my view, have stopped. In many jurisdictions trifling offences are dealt with, upon conviction, by a simple reprimand or admonition; on the contrary in this case the applicant had the benefit of not being found guilty annihilated for all practical purposes by the confiscation of a priceless collection. The domestic court’s views on the character of the applicant and on “the lack of criminal intent on his part” (§§ 46 and 17) are irrelevant (apart from the fact that it is not clear whether by criminal intent that court was referring to a specific intent or to motive; as the respondent Government rightly observed, the applicant, as a retired army commissioned officer and an expert on weapons, could not but have known that at least some of the weapons required licensing). The reasons contained in §§ 52 to 57 are irrelevant to a finding of a breach of the Convention on the facts of the instant case.

3. On the positive side, however, the decision in the instant case clearly departs from the case-law of the Court which, as a rule, has considered – wrongly in my view – confiscation pursuant to proceedings of a criminal nature as a measure of control of use of property rather than of deprivation (§ 46, and the cases there referred to; see, more recently, Milosavljev v. Serbia, no. 15112/07, 12 June 2012, § 53). I have always been perplexed
by the elliptical reasoning in the last two sentences of § 51 of AGOSI v. the United Kingdom (no. 9118/80, 24 October 1986) and by the lack of proper distinction between the attachment stage and the disposal stage (as provided for in the relevant domestic law) in Riela et autres c. l’Italie (dec.) no. 52439/99, 4 September 2001.

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

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Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 11/12/2024