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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF PAULET v. THE UNITED KINGDOM

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, P1-1
Numero: 6219/08/2014
Stato: Inghilterra
Data: 2014-05-13 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

Conclusioni :Violazione dell’ Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 – Protezione di proprietà (Articolo 1 par. 1 del Protocollo N.ro 1 – godimento Tranquillo della proprietà) danno Non-patrimoniale – assegnazione

QUARTA SEZIONE

CAUSA PAULET C. REGNO UNITO

(Richiesta n. 6219/08)

SENTENZA

STRASBOURG

13 maggio 2014

Questa sentenza diverrà definitivo nelle circostanze esposte fuori in Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetto a revisione editoriale.

Nella causa di Paulet c. il Regno Unito,
La Corte europea di Diritti umani (quarta Sezione), riunendosi che come una Camera, compose di:
Ineta Ziemele, Presidente
Giorgio Nicolaou,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Zdravka Kalaydjieva,
Paul Mahoney,
Krzysztof Wojtyczek, giudici
e Françoise Elens-Passos, Sezione Cancelliere
Avendo riguardo ad alla richiesta sopra depositata 4 febbraio 2008,
Avendo riguardo ad alle osservazioni presentate col Governo rispondente e le osservazioni in replica presentata col richiedente,
Avendo deliberato in privato 8 aprile 2104,
Consegna la sentenza seguente sulla quale fu adottata quel la data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da in una richiesta (n. 6219/08) contro il Regno Unito di Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord depositato presso la Corte sotto Articolo 34 della Convenzione per la Protezione di Diritti umani e le Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) con un cittadino ivoriano, OMISSIS (“il richiedente”), 4 febbraio 2008.
2. Il richiedente che era stato accordato patrocinio gratuito fu rappresentato da OMISSIS, un avvocato che pratica in Leeds. Il Regno Unito Governo (“il Governo”) fu rappresentato col loro Agente, il Sig.ra J. Neenan dell’Estero e Repubblica Ufficio.
3. 3 settembre 2010 la richiesta fu comunicata al Governo.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
4. Il richiedente nacque nel 1984 e vive in Leeds.
5. I fatti della causa possono essere riassunti siccome segue.
1. I procedimenti penali contro il richiedente
6. Il richiedente arrivò nel Regno Unito 26 gennaio 2001 e da allora in poi visse illegalmente ad un indirizzo in Bedford.
7. Mentre vivendo nel Regno Unito il richiedente fece domanda con successo per tre lavori usando un passaporto francese falso. Fra aprile 2003 e novembre 2004 lui ebbe un lavoro con un’agenzia di assunzione. Fra agosto 2004 e gennaio 2006 lui ebbe un lavoro in un affari di paga e porta via e fra gennaio 2006 e febbraio 2007 lui ebbe un lavoro come un conducente di autocarro.
8. Il richiedente aveva usato il passaporto falso per sostenere la sua asserzione che lui è stato concesso per lavorare nel Regno Unito. Tutti i suoi datori di lavoro affermarono successivamente che loro non l’avrebbero assunto aveva loro noto del suo vero status di immigrazione. Fra aprile 2003 e febbraio 2007 il richiedente guadagnò un salario lordo e totale di 73,293.17 libbre genuino (GBP) dal suo lavoro. Alla fine di questo periodo lui aveva risparmi totali di GBP 21,649.60.
9. A gennaio 2007 il richiedente fece domanda alla Guida ed AGENZIA dell’Autorizzazione del Veicolo per una patente di guida provvisoria. La richiesta fu accompagnata con gli stessi francesi falsi passaporto che il richiedente otteneva lavoro nel Regno Unito. Quando la falsità del passaporto fu scoperta, la polizia fu informata.
10. 4 giugno 2007 il richiedente si dichiarò colpevole davanti alla Corte della Corona a Luton a tre conti di ottenere disonestamente un vantaggio patrimoniale con falsità (conta uno, due e tre sull’accusa). Lui anche il pleaded colpevole ad uno conti di avere un documento di identità falso con intenzione (conti quattro), uno conta di guidare mentre squalificò (conti cinque) ed uno conta di guidare un veicolo a motore senza assicurazione (conti sei). 29 giugno 2007 il richiedente fu condannato insieme a termini concomitanti del reclusione di ‘ di quindici mesi per i primi quattro conti con una frase consecutiva del reclusione di ‘ di due mesi per il reato di guidare mentre squalificò. Nessuna frase separata fu imposta per guidare senza assicurazione. Il giudice del processo raccomandò anche il richiedente per la deportazione.
11. Oltre alla frase di custodia e la raccomandazione per la deportazione, l’accusa chiese un ordine di sequestro sotto sezione 6 degli Incassi di Atto 2002 Delittuoso in riguardo dei guadagni del richiedente (veda diritto nazionale attinente e pratichi sotto). Il giudice del processo accettò che il richiedente aveva pagato tutta la tassa ed assicurazione nazionale dovute sui suoi guadagni e che i soldi che lui aveva guadagnato dal suo lavoro veramente era stato guadagnato. Dopo avere dedotto tassa e pagamenti di assicurazione nazionali, fu calcolato, che il beneficio che il richiedente ha ricevuto dai suoi guadagni era GBP 50,000. Si concordò che del GBP 50,000 il richiedente ancora aveva beni di GBP 21,949.60. 29 giugno 2007 il giudice del processo impose un ordine di sequestro nella somma di GBP 21,949.60 sul richiedente su questa base, con una frase consecutiva del reclusione di ‘ di dodici mesi per essere notificato in contumacia di pagamento. Così, l’ordine di sequestro aveva l’effetto di spogliare il richiedente di tutti i risparmi che lui aveva accumulato durante i quattro anni di lavoro.
12. 8 aprile 2008 il richiedente chiese una proroga dei termini entro che fare appello alla Corte d’appello contro l’imposizione dell’ordine di sequestro. Nei suoi motivi di ricorso, lui contese, che la concessione dell’ordine di sequestro non aveva rispettato “legge europea.” Che la richiesta fu rifiutata 13 giugno 2008. Il Solo Giudice notò che il richiedente non era riuscito a stabilire la buon ragione per la proroga dei termini chiese e che lui non aveva nessuno motivi difendibili di ricorso perché lui aveva tratto profitto dall’uso del passaporto falso alla misura che l’aveva abilitato per lavorare e guadagnare soldi e non c’era stata nessuna violazione dei suoi diritti sotto la Convenzione.
13. Il richiedente rinnovò la sua richiesta di fronte alla Corte d’appello che, 14 novembre 2008, l’accordò una proroga dei termini e lascia fare appello. Capo del collegio di difesa fu nominato sul suo conto. Consigli inizialmente prima dibattuto; che i guadagni del richiedente non erano un beneficio attinente da condotta penale all’interno del significato degli Incassi di Atto 2002 Delittuoso; ed in secondo luogo, che la decisione dell’accusatore di chiedere un ordine di sequestro in questa causa costituì un abuso delle norme processuali.
14. La Corte d’appello ascoltò parte del ricorso 18 febbraio 2009. Comunque, decise di aggiornare il ricorso durante la pubblicazione col Settore di Accusa Pubblica (“il DPP”) di guida per accusatori sulle circostanze sotto i quali un ordine di sequestro potrebbe essere chiesto.
15. In un argomento scheletrico e supplementare 5 giugno 2008 datò, consigli per il richiedente accettato che in luce della decisione in R c. il Barrocciaio ed Altri [2006] EWCA Crim 416 (veda diritto nazionale attinente e pratichi sotto), la corte fu legata per respingere la prima base di ricorso, vale a dire che i guadagni del richiedente non erano un attinente “il beneficio.” Lui accettò perciò che il problema su ricorso era se era oppressivo e perciò un abuso delle norme processuali per la Corona chiedere e la corte imporre un ordine di sequestro per che che corrispose ai risparmi interi del richiedente durante il corso di quasi quattro anni di lavoro genuino. In questo riguardo a, consiglio presentò che ci sarebbe stato un abuso delle norme processuali dove, su una richiesta corretta della legge ai fatti, il risultante “il beneficio” cifra produsse un risultato sproporzionato od oppressivo. Lui notò inoltre che Parlamento ha inteso che gli Incassi di Atto 2002 Delittuoso siano fatti domanda in una maniera compatibile coi requisiti della Convenzione. Perciò, in luce di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 per rimanere proporzionato la richiesta del regime di sequestro doveva rimanere connesso razionalmente agli scopi di interesse pubblici perseguiti e va nessuno ulteriore che necessario realizzarli. Si presentò perciò che chiedere l’imposizione di un ordine di sequestro sulla base di una cifra di beneficio che lontano eccedè il valore dei crimini dell’imputato in modo appropriato potrebbe essere descritto come sproporzionato-o nel senso tradizionale usato in giorno della sentenza penale (“non adattamento la punizione al crimine”) o nella lingua della Convenzione-ed era perciò un esercizio abusivo di giurisdizione.
16. Il richiedente presentò inoltre che un ordine di sequestro potrebbe essere descritto come oppressivo dove non perseguì qualsiasi degli scopi legittimi dell’and/or di regime di sequestro l’intenzione Parlamentare di strappare imputati degli incassi di crimine non faceva inoltre. Lui reiterò che Parlamento aveva inteso la legislazione di essere compatibile con la Convenzione.
17. 28 luglio 2009, dopo che la guida di DPP era stata promulgata (veda diritto nazionale attinente e pratichi sotto), la Corte d’appello sostenne che la decisione di chiedere un ordine di sequestro contro il richiedente non costituì un abuso delle norme processuali. La corte respinse perciò il ricorso del richiedente contro l’ordine. Nel giungere a questa conclusione, la Corte d’appello disse, che la guida rappresentò un’analisi equa dell’effetto di Corte d’appello precedente e Casa di decisioni di Dio sul sequestro ordini regime.
18. La corte affermò:
“Possono accadere gli abusi dell’elaborazione di sequestro e, quando loro fanno, la via di ricorso appropriata sarà una sospensione di procedimenti normalmente. Comunque un abuso delle norme processuali non può essere fondato sulla base che le conseguenze della richiesta corretta della struttura legislativa possono produrre un ‘’ oppressivo risulti con cui il giudice può essere infelice. Benché la corte può, di suo proprio iniziale, invochi l’elaborazione di sequestro, la responsabilità per decidere se in modo appropriato chiedere un ordine di sequestro è efficacemente assegnato legalmente nella Corona. Quando fa così, le mancanze di corte qualsiasi la discrezione corrispondente per interferire con che decisione se è stato reso in conformità con lo statuto. Il risultato equo di questi procedimenti è il risultato prodotto con la richiesta corretta delle disposizioni legali siccome interpretato nella Casa di Dio ed in questa corte. Comunque concludere che procedimenti in modo appropriato presi in conformità con disposizioni legali costituiscono un abuso delle norme processuali è uguale ad asserendo un potere nella corte per dispensare con lo statuto.
Come una questione di principio che è inammissibile e questa corte ha detto così. Questo, in R c. Shabir [2009] 1 Macchina (S) 497, fu osservato:
‘che Questa giurisdizione deve essere esercitata con cautela considerevole, davvero scarsamente. Sé deve essere confinato a cause di vera oppressione. In particolare, non può essere esercitato semplicemente per motivi che il giudice non è d’accordo con la decisione della Corona a intraprenda il sequestro, o col modo porsi la sua causa che tema. ‘
Noi ripetiamo ciò che fu detto ad una più prima udienza che comporta Paulet.
‘La giurisdizione di abuso delle norme processuali è una che ha bisogno di essere esercitata con grande circospezione. La giurisdizione non può essere convertita su una causa con base di causa in un struttura che coinvolge, su analisi corretta qualche cosa come vendita all’ingrosso minando delle disposizioni legali. Non è facile concludere che è un abuso delle norme processuali per quelli responsabile per eseguire legislazione per vedere che è effettivamente in modo appropriato eseguì. ‘”
19. La Corte d’appello fondò che la causa di richiedente non poteva essere distinta dal suo decidere precedente in R v Barrocciaio ed Altri (veda diritto nazionale attinente e pratichi, divida in paragrafi 31 sotto). Concluse:
“La realtà è che in tutto il periodo del suo lavoro [il richiedente] stava appellandosi su una rappresentanza disonesta che continua a tre datori di lavoro diversi. Lui li ingannò in pensando che lui fu concesso per ottenere lavoro con loro. Quel era un elemento cruciale della sua criminosità. I suoi guadagni, chiaramente rifletterono il fatto che lui aveva fatto il lavoro necessario, siccome noi presumeremo, alla soddisfazione dei suoi vari datori di lavoro. Ma l’opportunità per lui di fare così, quel è il vantaggio patrimoniale, fu ottenuto illegalmente. Se l’impiegato lavorasse alla soddisfazione del suo datore di lavoro, e lui pagò la sua tassa e contributi di Assicurazione Nazionali sui suoi guadagni, e la sua falsità o mancò qualsiasi interesse di pubblico più ampio e significativo, o, forse a causa del passaggio di tempo, ma per ragione purchessia, aveva cessato avere qualsiasi effetto significativo sui suoi datori di lavoro la decisione di ‘ di continuare il suo lavoro, è probabile che la decisione del problema sia bene diversa. Come sé è era qui un interesse pubblico e più ampio là. L’appellante stava circonvenendo intenzionalmente la proibizione contro lui chiedendo lavoro rimunerativo in questo paese in qualsiasi la veste. Nessuna base per interferire con l’ordine rese nella Corona Corte è stato mostrato. Nella nostra sentenza il collegamento appropriato fra i guadagni dell’appellante ed i suoi reati penali, nel contesto dell’interesse pubblico e più ampio fu stabilito chiaramente. Il ricorso va a vuoto perciò.”
20. 27 ottobre 2009 la Corte d’appello rifiutò di certificare una questione di diritto di importanza pubblica e generale che dovrebbe essere considerata con la Corte Suprema.
21. Procedimenti di esecuzione sono stati istigati da allora contro il richiedente.
2. L’asilo e procedimenti di deportazione
22. 28 giugno 2007 il richiedente fece domanda per asilo nel Regno Unito, mentre adducendo che suo padre era stato ucciso in una controversia di terra fra il Dioula e la comunità di Bete e che lui sarebbe a rischio in Costa di Avorio a causa della sua etnia Dioula. 4 ottobre 2007 la sua richiesta fu rifiutata dal Ministro di Stato per il Casa Settore che non trovò nessuna prova obiettiva che i Dioula sono stati designati come bersaglio solamente su conto del loro etnia e che il ritardo nel chiedere asilo aveva colpito avversamente la credibilità del resto della rivendicazione del richiedente. Un ordine di espulsione reso col Ministro di Stato fu notificato sul richiedente 19 novembre 2007. 24 aprile 2008 il richiedente portò procedimenti di controllo giurisdizionale che impugnano il rifiuto di asilo e la decisione per fare un ordine di espulsione. Questa richiesta fu rifiutata con la Corte Alta in 16 maggio 2008 come la richiesta era stato depositato fuori termini ed in qualsiasi l’evento, il richiedente non era riuscito a giovarsi a dei suoi diritti di ricorso legali con facendo domanda al poi Asilo e Tribunale di Immigrazione. La sua richiesta rinnovata per controllo giurisdizionale fu respinta con la Corte Alta 27 giugno 2008. Comunque, sembra che 3 aprile 2008 il richiedente presentò una dichiarazione di appello all’Asilo e Tribunale di Immigrazione. Questo fu respinto come fuori termini col Tribunale 29 aprile 2008.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE E PRATICA
1. Gli Incassi di Atto 2002 Delittuoso
23. Procedimenti di sequestro ora sono governati con gli Incassi di Atto 2002 Delittuoso. Sezione 6(4) espone fuori l’approccio per essere seguito con la corte:
“(a) deve decidere se l’imputato ha un modo di vivere penale;
(b) se decide che lui ha un modo di vivere penale deve decidere se lui ha tratto profitto dalla sua condotta penale e generale;
(il c) se decide che lui non ha un modo di vivere penale deve decidere se lui ha tratto profitto dalla sua particolare condotta penale.”
24. Sezione 6(5) prevede che dove la corte decide che l’imputato ha tratto profitto dalla condotta assegnata a, deve decidere il “importo recuperabile” e fa un sequestro ordinare costringendolo a pagare quel l’importo.
25. Sotto sezione 7, il “importo recuperabile” è definito come un importo uguale al beneficio dell’imputato dalla condotta riguardata a meno che gli show di imputato che l’importo disponibile è meno che quel il beneficio. In che causa che l’importo recuperabile diviene l’importo disponibile.
26. Sezione 8 set fuori la prova per determinare il beneficio dell’imputato dalla sua attività penale. Legge siccome segue:
“(1) se la corte sta continuando sezione 6 sotto questa sezione fa domanda per il fine di—
(un) decidendo se l’imputato ha tratto profitto da condotta, e
(b) decidendo il suo beneficio dalla condotta.
(2)The corte deve—
(un) prenda conto di condotta che accade su al tempo sé prende la sua decisione;
(b) prenda conto di proprietà ottenuto su a che tempo.”
27. Sezione 9 definisce l’importo recuperabile siccome segue:
“(1) per i fini di decidere l’importo recuperabile, l’importo disponibile è l’aggravamento di—
(un) il totale dei valori (al tempo l’ordine di sequestro è reso) di tutta la proprietà gratis poi sostenuta col meno di imputato l’importo totale pagabile nell’adempimento di obblighi che poi hanno priorità, e
(b) il totale dei valori (a che tempo) di tutti i regali contaminati.
(2) un obbligo ha priorità se è un obbligo dell’imputato—
(un) pagare un importo dovuto in riguardo di un ordine eccellente o altro di una corte che fu imposta o rese sulla condanna di un reato ed a qualsiasi calcola di fronte al tempo l’ordine di sequestro è reso, o
(b) pagare una somma che sarebbe inclusa fra i debiti preferenziali se il fallimento dell’imputato avesse cominciato sulla data dell’ordine di sequestro o il suo serpeggiamento su era stato ordinato su che data.”
28. Sezione 76(3)–(7) definisce, inter alia, “la particolare condotta penale” (come usato in sezione 6(4)(c) sopra) e “il beneficio” siccome segue:
“(3) la particolare condotta penale dell’imputato è tutta la sua condotta penale che incorre all’interno dei paragrafi seguenti—
(un) condotta che costituisce il reato o reati riguardarono;
(b) condotta che costituisce reati dei quali lui fu dichiarato colpevole negli stessi procedimenti come quegli in che lui fu dichiarato colpevole del reato o reati riguardò;
(il c) condotta che costituisce reati che la corte prenderà nell’esame nel decidere la sua frase per il reato o reati riguardarono.
(4) una persona trae profitto da condotta se lui ottiene proprietà come un risultato di o nel collegamento con la condotta.
(5) se una persona ottiene un vantaggio patrimoniale come un risultato di o nel collegamento con condotta, lui sarà preso ottenere come un risultato di o nel collegamento con la condotta una somma di soldi uguale al valore del vantaggio patrimoniale.
(6) riferimenti a proprietà o un vantaggio patrimoniale ottenuti in collegamento con condotta includono riferimenti a proprietà o un vantaggio patrimoniale ottenuti sia in che il collegamento e dell’altro.
(7) se una persona trae profitto da condotta il suo beneficio è il valore della proprietà ottenuto.”
2. La Giustizia penale Atto 1998
29. Le disposizioni sopra degli Incassi di Atto Delittuoso sostituirono disposizioni simili contenute in sezione 71 della Giustizia penale Agiscono 1988. Diede la Corona Corte (e dove magistrati appropriati ‘ corteggia) il potere per fare ordini di sequestro. Sezione 71(2) purché:
“La Corona Corte può fare tale ordine contro un offensore dove—
(un) lui è trovato colpevole di qualsiasi reato al quale fa domanda questa Parte di questo Atto; e
(b) è soddisfatto—
(i) che lui ha tratto profitto da che reato o da che reato preso insieme con dell’altro reato del quale lui è dichiarato colpevole negli stessi procedimenti, o quale la corte prende nell’esame nel determinare la sua frase, ed una droga non sta trafficando quale reato…”
30. Sezione 71(4) e (5) purché:
“(4) per i fini di questa Parte di questo Atto una persona trae profitto da un reato se lui ottiene proprietà come un risultato di o nel collegamento col suo perpetrazione ed il suo beneficio è il valore della proprietà così ottenne.
(5) dove una persona deduce un vantaggio patrimoniale come un risultato di o nel collegamento col perpetrazione di un reato, lui sarà trattato per i fini di questa Parte di questo Atto come se lui avesse ottenuto come un risultato di o nel collegamento col perpetrazione del reato una somma di soldi uguale al valore del vantaggio patrimoniale.”
3. R c. il Barrocciaio [2006] EWCA Crim 416
31. In Barrocciaio gli imputati furono dichiarati colpevole di reati della disonestà e la falsità in collegamento con un affari che approvvigiona casuale operi comprendendo immigranti illegali e cercatori di asilo. Un imputato fu dichiarato colpevole di cospirazione per usare strumenti falsi, proprietà di schede di registrazione false proprietà dell’immigrazione di replica bolla e celando gli incassi di condotta penale, vale a dire soldi lavando. Due altri imputati che avevano ottenuto lavoro sulla base dei documenti falsi furono condannati per avere ottenuto un vantaggio patrimoniale con falsità ed i vari altri conti associò con la cospirazione.
32. Ordini di sequestro furono resi sotto sezione 71 della Giustizia penale Agisce in riguardo dei salarii gli imputati aveva guadagnato nel corso degli affari. Gli imputati dibatterono che i loro salari non costituirono beneficio per i fini della Giustizia penale Agisca 1988. In risposta la Corte d’appello affermò:
“Sembra a noi per essere ovvio che dove Lei ottiene un’opportunità di lavorare da un’offerta di lavoro che è reso a Lei, e l’offerta è stata incitata con una rappresentanza falsa che Lei è concesso per lavorare, la rappresentanza falsa continua da allora in poi per il beneficio dell’offensore che, permettendo la rappresentanza per continuare, è in grado trattenere lavoro.
Una volta rese continua ad avere effetto in tutto il lavoro che è stato preso su. A qualsiasi stadio avuto la rappresentanza stato corretto, è semplice il lavoro avrebbe cessato.”
33. La Corte d’appello considerò che, nel determinare se beneficio fu ottenuto all’interno del significato di sezione 71(4) della Giustizia penale Atto 1988, la questione era se la falsità era “una causa operativa” di ottenere il beneficio. Sui fatti in Barrocciaio che prova è stata incontrata. La corte affermò anche che, mentre il regime di ordine di sequestro era “draconiano”, si soddisfece che era proporzionato per i fini di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1.
4. R c. maggio [2008] UKHL 28
34. In maggio la Casa di Dio enfatizzata i principi larghi per essere seguita con quelli chiamò su per esercitare il potere per fare ordini di sequestro:
“(1) si intende che la legislazione spogli imputati del beneficio, loro hanno guadagnato da condotta penale ed attinente, se o non loro hanno trattenuto simile beneficio, all’interno dei limiti di loro disponibile vuole dire. Non prevede per il sequestro nel senso capito con bambini in età scolastica ed altri, ma né opera con modo di multa. Il beneficio guadagnato è il valore totale della proprietà o vantaggio ottenuto, non il profitto netto dell’imputato dopo deduzione di spese o qualsiasi gli importi pagabile a co-cospiratori.
(2) la corte dovrebbe procedere con facendo le tre questioni posate sopra di: (i) Ha l’imputato (D) trasse profitto da condotta penale ed attinente? (l’ii) in tal caso che che è il valore del beneficio D ha ottenuto così? (l’iii) Che somma è recuperabile di D? Dove emette di stile di vita penale sorga le questioni devono essere cambiate. Questi sono gridare di questioni separati per risposte separate, e le questioni e risposte non devono essere elided.
(3) nel rivolgere queste questioni la corte i fatti prima devono stabilire come migliore può sul materiale disponibile, mentre appellandosi come appropriato sulle assunzioni legali. In molto molte cause le sentenze che riguarda i fatti rese saranno decisive.
(4) nel rivolgere le questioni la corte dovrebbe concentrarsi molto da vicino sulla lingua della disposizione legale in oggetto nel contesto dello statuto e nella luce di qualsiasi definizione legale. La lingua usata non è arcana od oscura e qualsiasi la lucentezza giudiziale o l’esegesi dovrebbero essere viste con cautela. Guida dovrebbe essere chiesta nella lingua legale piuttosto che nel diritto giurisprudenziale che prolifera ordinariamente.
(5) nel determinare, sotto l’Atto del 2002 se D ha ottenuto proprietà o un vantaggio patrimoniale e, in tal caso, il valore di qualsiasi proprietà o vantaggio così ottenne, la corte deve (soggetto a qualsiasi definizione legale ed attinente) faccia domanda principi di legge comuni ed ordinari ai fatti come trovato. L’esercizio di questa giurisdizione non comporta partenza da articoli familiari diritto governante e proprietà. Mentre il rispondente della terza questione manda a chiamare indagine nelle risorse finanziarie di D alla data della determinazione, il rispondente delle prime due questioni manda a chiamare chiaramente un’indagine storica in operazioni passate.
(6) D ottiene proprietà ordinariamente se in legge lui lo possiede, se da solo o congiuntamente che connoterà un potere della disposizione ordinariamente o controllerà, come dove una persona dirige un pagamento o trasporto di proprietà a qualcuno altro. Lui ottiene un vantaggio patrimoniale ordinariamente se (fra le altre cose) lui evade una responsabilità alla quale lui è personalmente soggetto. Corrieri meri o custodi o gli altri sottoscrittori molto minori ad un reato, ricompensò con una specifica parcella e non avendo interesse nella proprietà o gli incassi di vendita, è improbabile per essere trovato avere ottenuto quel la proprietà. Può essere altrimenti con launderers” di soldi.
5. R c. Maometto Shabir [2008] EWCA Crim 1809
35. La causa di Shabir comportò un imputato i cui defalcations furono accettati per corrispondere a GBP 464 ma da chi la Corona chiese un ordine di sequestro di su GBP 400,000. Il richiedente dibattè, inter l’alia, che l’ordine di sequestro era and/or oppressivo una violazione dei suoi diritti sotto Articolo 1 di Protocollo 1 alla Convenzione.
36. Nel considerare questi argomenti, la Corte d’appello concluse,:
“La corte trattiene la giurisdizione per sospendere una richiesta per il sequestro come qualsiasi l’altra elaborazione penale, dove corrisponde ad un abuso dell’elaborazione della corte. Al giorno d’oggi contesto che il potere esiste dove sarebbe oppressivo per chiedere il sequestro, o fare così su una particolare base.
… … …
Questa giurisdizione deve essere esercitata con cautela considerevole, davvero scarsamente. Deve essere confinato a cause di vera oppressione. In particolare, non può essere esercitato semplicemente per motivi che il Giudice non è d’accordo con la decisione della Corona di intraprendere il sequestro, o col modo porsi la sua causa quel il tema. Un specifico esempio di che principio è che non è chiaramente sufficiente per stabilire oppressione, e così abuso delle norme processuali che l’effetto del sequestro sarà estrarre da un imputato una somma più grande del suo profitto netto dal suo crime(s). Quel è inerente nello schema legale.
… … …
Il regime di sequestro di questo paese è stato contenuto costantemente per essere una risposta proporzionata e legittima da incriminare e così non causare nessuna violazione del Protocollo: veda per esempio Phillips v Regno Unito (2001) 11 BHRC 280 e R v Rezvi [2003] 1 Corrente alternata 1099. Anche se sia accettato che il Protocollo può essere capace di essere infranto con un veramente oppressivo e così ordine individuale e sproporzionato per il sequestro (come a che noi non esprimiamo opinione), è chiaro che il potere della corte per sospendere per oppressione offre la via di ricorso.
… … …
La disparità enorme fra l’eccesso di Shabir ‘s gonfiò rivendicazioni (del poco centinaio di libbre) ed il sequestro ordina di più di £212,000 aumenti la vera probabilità che questo ordine sia oppressivo. Come sé sembra a noi, comunque tale disparità non vuole in ogni causa da sola stabilisca oppressione. Se è una causa nella quale il modo di vivere penale approvvigiona dell’Atto legittimamente può essere fatta domanda, e con loro la molta sezione 10 assunzioni come alla fonte dei beni, può essere bene perfettamente corretto per un ordine di sequestro per essere massicciamente più grande del guadagno dai reati dei quali è stato dichiarato colpevole l’imputato. Quel è il fine intero delle disposizioni di modo di vivere penali. Loro prolungano la portata del sequestro oltre i particolari reati dei quali è stato dichiarato colpevole” l’imputato.
6. R c. Waya [2012] UKSC 51
37. Il richiedente in questa causa aveva ottenuto un prestito di GBP 465,000 che lui combinò con GBP 310,000 di suoi propri soldi per acquistare una proprietà per GBP 775,000. L’ipoteca fu riscattata successivamente. Il richiedente fu dichiarato colpevole più tardi di false dichiarazioni di creazione nell’ottenere il GBP 465,000 prestito. Col tempo di procedimenti di sequestro nel 2008, il valore della proprietà era GBP 1,850,000. Al suggerimento della Corona, il giudice valutò, suo “il beneficio” come il valore della proprietà al tempo di processo, meno il suo contributo incorrotto ed originale di £310,000. Questo condusse ad un essere di ordine reso nella somma di GBP 1,540,000. La Corte d’appello ridusse l’ordine di sequestro a GBP 1,100,000, mentre essendo 60% del valore di mercato dell’appartamento, fin da 60% del prezzo di acquisto venne dall’ipoteca contaminata.
38. Su ricorso, la Corte Suprema considerò, inter l’alia, l’impatto dei Diritti umani Atto 1998 sugli Incassi di Atto 2002 Delittuoso. Contenne unanimamente che le disposizioni dell’Atto del 2002 erano capaci di funzionamento in una maniera che violò Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. L’Atto del 2002 doveva di conseguenza, essere dato effetto in un modo che era compatibile con la Convenzione. In pratica che ha voluto dire che un giudice deve, “se è confrontato con una richiesta per un ordine che sarebbe sproporzionato, rifiuti di farlo ma acconsentire solamente ad una richiesta per simile somma siccome sarebbe proporzionato.”
39. La Corte Suprema considerò le sentenze della Corte d’appello in un numero di cause, incluso che di Shabir. Notò quel:
“Mentre le conseguenze di quelle cause erano, siccome è concesso, corregga, la migliore analisi di simile situazioni è che ordini come quelli là considerati dovrebbero essere rifiutati col giudice per motivi che loro sarebbero completamente sproporzionati ed una violazione di [Articolo 1 di Protocollo No.1]. Non c’è nessun bisogno di invocare il concetto dell’abuso delle norme processuali.”
7. Guida per Accusatori sulla Discrezione per Istigare Procedimenti di Sequestro
40. La Guida sopra fu emessa col Servizio dell’Accusa della Corona in 28 maggio 2009. La Guida espone fuori quattro circostanze quando può essere improprio per accusatori per decidere di istigare procedimenti di sequestro. Il primo era dove la Corona concordato un precedente accordo per non procedere con sequestro. Il secondo era dove l’imputato aveva pagato volontariamente il pieno risarcimento alla vittima o vittime, o immediatamente era pronto, disposto ed in grado rimborsare tutte le vittime al pieno importo delle loro perdite, e non aveva tratto profitto altrimenti dal suo crimine. Il terzo era dove è probabile che una corte sia obbligata per trovare che proprietà legittimamente ottenne nella più parte con l’imputato, ed a che sarebbe stato concesso l’imputato ma per la sua condotta penale, deve essere trattato come “il beneficio.” L’esempio fu dato di una causa dove era l’imputato infatti concedè alla proprietà che lui aveva scelto invece di ottenere con falsità.
41. La Guida considerò che una quarta situazione sarebbe stata dove un imputato aveva ottenuto lavoro pagato con una rappresentanza falsa al suo datore di lavoro. La Guida affermò:
“I salarii dell’imputato possono essere il suo beneficio (R v Barrocciaio [2006] EWCA Crim 416), ma delle cause sorgeranno dove è troppo remoto il collegamento fra la criminosità e la ricevuta di pagamento da lavoro disonestamente ottenuto, per esempio, dove aveva la rappresentanza stato corretto, il lavoro avrebbe continuato, o dove dopo molti anni di lavoro altrimenti legale, un relativamente la condanna precedente e minore è scoperta.”
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DI PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE
42. Il richiedente si lamenta che l’ordine di sequestro era un’interferenza sproporzionata col suo diritto a godimento tranquillo delle sue proprietà all’interno del significato di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 che legge siccome segue:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
43. Il Governo contestò quell’argomento.
A. Ammissibilità
44. Il Governo contese che la richiesta dovrebbe essere respinta come inammissibile sulla base che il richiedente non era riuscito ad esaurire contrario di via di ricorso nazionale al requisito di Articolo 35 § 1 della Convenzione come la sua azione di reclamo principale-che l’ordine di sequestro interferì sproporzionatamente coi suoi diritti sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro 1-non fu articolato mai, o in forma o sostanza, di fronte alle corti nazionali. Sul contrario, le sue azioni di reclamo furono incorniciate solamente con riferimento ai principi stabiliti di diritto nazionale.
45. In particolare, il Governo presentò che il richiedente avesse potuto asserire direttamente di fronte alla Corona Corte e la Corte d’appello che i suoi diritti sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 sarebbe stato infranto con la concessione dell’ordine di sequestro nelle circostanze della sua causa. Nonostante essendo rappresentato con capo del collegio di difesa nei procedimenti di fronte alla Corte d’appello, questo argomento non fu articolato comunque. Come una conseguenza, le corti nazionali furono private dell’opportunità di rivolgere la particolare violazione di Convenzione addotta contro lo Stato rispondente.
46. Il richiedente presentò che la giurisdizione di abuso delle norme processuali era l’appropriato vuole dire con che impugnare un ordine di sequestro sulla base che era un’interferenza sproporzionata col diritto a godimento tranquillo di proprietà.
47. In qualsiasi la causa, il richiedente presentò che la sostanza della sua azione di reclamo-che l’ordine di sequestro era sproporzionato-fu sollevato chiaramente nel suo argomento scheletrico e davvero Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 fu citato espressamente.
48. I richiami di Corte che il fine di Articolo 35 § 1 è riconoscere gli Stati Contraenti l’opportunità di ostacolando o mettere diritto le violazioni addotta contro loro prima che quelle dichiarazioni sono presentate a sé (veda, inter l’alia, Civet c. la Francia [GC], n. 29340/95, § 41 ECHR 1999-VI). Mentre Articolo 35 § 1 della Convenzione deve essere fatto domanda con del grado della flessibilità e senza il formalismo eccessivo, non richiede soltanto, che le richieste dovrebbero essere rese alle corti nazionali ed appropriate e che dovrebbe essere avvalsosi di via di ricorso effettive progettò per impugnare decisioni già dato. Normalmente richiede anche che le azioni di reclamo intesero di essere portate successivamente di fronte alla Corte sarebbe dovuto essere reso a quelle stesse corti, almeno in sostanza ed in ottemperanza coi requisiti formali e tempo-limiti posati in giù in diritto nazionale (veda, fra le altre autorità, Cardot c. la Francia, 19 marzo 1991, § 34 la Serie Un n. 200, Elçi ed Altri c. la Turchia, N. 23145/93 e 25091/94, §§ 604 e 605, 13 novembre 2003, ed Azinas c. la Cipro [GC], n. 56679/00, § 38 ECHR 2004 III).
49. In Ahmet Sadk ıc. la Grecia, 15 novembre 1996, § 32 Relazioni di Sentenze e Decisioni 1996 V, nel decidere se o non un richiedente sollevò un’azione di reclamo di Convenzione in sostanza, la Corte chiese se o non lui si era appellato su argomenti di diritto nazionale “allo stesso o come effetto” come la sua azione di reclamo di Convenzione. In Castells c. la Spagna, 23 aprile 1992, § 30 la Serie Un n. 236 e Fressoz e Roire c. la Francia [GC], n. 29183/95, § 38 ECHR 1999 io la Corte fondò che dove i richiedenti si erano appellati su disposizioni equivalenti di diritto nazionale, loro avevano sollevato le loro azioni di reclamo di Convenzione in sostanza di fronte alle corti nazionali. Similmente, in Guzzardi c. l’Italia, 6 novembre 1980, § 72 la Serie Un n. 39 il richiedente fu trovato avere “derivò dalle dichiarazioni di legislazione italiane equivalente, nella prospettiva della Corte, ad una dichiarazione di una violazione del diritto garantita con Articolo 5” e, nel fare così, aveva “purché le corti nazionali, in particolare la Corte d’appello, con l’opportunità… di mettere diritto le violazioni addusse contro loro.”
50. È evidente dall’argomento di scheletro del richiedente che lui sollevò i due motivi distinti su ricorso di fronte alla Corte d’appello: che i suoi guadagni non corrisposero ad un beneficio per i fini dell’Atto del 2002; e che la creazione di un ordine di sequestro era and/or oppressivo un abuso delle norme processuali. Prima dell’udienza lui accettò che lui non potesse succedere sulla prima base in prospettiva della decisione della corte in R c. il Barrocciaio. In riguardo della seconda base, lui presentò, che in luce di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 per rimanere proporzionato la richiesta dello schema di sequestro doveva rimanere connesso razionalmente agli scopi di interesse pubblici perseguiti e va nessuno ulteriore che necessario realizzarli. Così, un ordine di sequestro sarebbe oppressivo o un abuso delle norme processuali nella conformità con diritto nazionale dove la cifra di beneficio eccedè lontano il valore dei crimini dell’imputato ed in modo appropriato potrebbe essere descritta come sproporzionato-o nel senso tradizionale usato in procedimenti penali o nella lingua della Convenzione (veda divide in paragrafi 13-16 sopra).
51. La Corte nota che era solamente nel 2012, mentre dà sentenza in R c. Waya (veda divide in paragrafi 37-39, sopra), che la Corte Suprema indicò che sarebbe preferibile sotto legge britannica per analizzare cause di sequestro in termini della proporzionalità sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 che per reclamanti per invocare il concetto dell’abuso delle norme processuali. Al tempo il richiedente portò perciò, la sua azione di reclamo di fronte alle corti nazionali, era appropriato per lui per dibattere la sua causa in termini di “l’oppressione” o “l’abuso delle norme processuali” (veda, per esempio, R c. Maometto Shabir nel quale dibattè l’appellante, inter alia, che l’ordine di sequestro era and/or oppressivo una violazione dei suoi diritti sotto Articolo 1 di Protocollo 1 alla Convenzione, e le corti nazionali considerarono primariamente se o non l’ordine era oppressivo). La Corte d’appello nella causa del richiedente stessa determinato che “possono accadere gli abusi dell’elaborazione di sequestro e, quando loro fanno, la via di ricorso appropriata sarà una sospensione di procedimenti normalmente” (veda paragrafo 18 sopra). Infatti, nel dibattere che un ordine di sequestro sarebbe oppressivo se fosse sproporzionato facendo seguito ad Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 il richiedente diede le corti nazionali un’opportunità di allineare, in sostanza il criterio per l’applicazione della legge nazionale con la prova affermata nella giurisprudenza di questa Corte per ottemperanza con la Convenzione (veda, per esempio, Hentrich c. la Francia, 22 settembre 1994, § 33 la Serie Un n. 296 Un). Comunque, le corti nazionali non seguirono questo approccio e la Corte non considera che il richiedente poteva -o deve-haver preso qualsiasi ulteriore passo per avanzare la sua azione di reclamo di Convenzione al livello nazionale.
52. Di conseguenza, la Corte non è persuasa che le azioni di reclamo del richiedente sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione dovrebbe essere dichiarato inammissibile per insuccesso per esaurire via di ricorso nazionali.
53. La Corte nota inoltre che la richiesta non è manifestamente mal fondato all’interno del significato di Articolo 35 § 3 (un) della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile su qualsiasi gli altri motivi. Deve essere dichiarato perciò ammissibile.
B. Meriti
1. Le osservazioni delle parti 54. Il richiedente non contestò che lo schema legale che prevede per il sequestro in cause appropriate era compatibile con Articolo 1 di Protocollo N.ro 1. Inoltre, lui accettò che fu giustificato con la lotta contro droga trafficando, soldi che lava ed il finanziamento del terrorismo. Comunque, lui presentò che l’ordine di sequestro rese nella causa presente non era proporzionato.
55. In particolare, lui presentò che la sua causa potrebbe essere distinta da causa come Phillips che riguardava reati di criminale seri come droga-trafficando e malavita, ed in che c’era chiaramente un bisogno irresistibile di impedire simile comportamento penale. Al giorno d’oggi la causa, il “interesse pubblico” si appellò su col Governo era che persone che avevano fatto domanda digitare il Regno Unito da estero si sarebbero sentite scusabilmente addolorate se quelli che avevano ignorato la coda potessero trattenere i risparmi guadagnati per lavoro illegale.
56. Il richiedente si appellò sulla causa di Ismayilov c. la Russia, n. 30352/03, 6 novembre 2008 come autorità per la proposta che dove era punitivo e non compensativo il fine di un ordine di sequestro, è probabile che posi un “carico individuale ed eccessivo” su un richiedente se lui già fosse stato punito per il reato fondamentale con un periodo di reclusione.
57. Il richiedente asserì inoltre che nessun danno o era stato causato ai suoi datori di lavoro o lo Stato; infatti, il giudice di giorno della sentenza indicò che lo Stato aveva guadagnato più in tasse dal lavoro del richiedente che lui lui aveva salvato.
58. Infine, il richiedente presentò che c’era una discrepanza fra il reato del quale lui è stato dichiarato colpevole (ingannando i suoi datori di lavoro) e la giustificazione allegato per l’ordine di sequestro (un deterrente generale a lavorando senza autorità).
59. Il Governo presentò che la creazione dell’ordine di sequestro contestato non corrispose ad un’interferenza sproporzionata col godimento tranquillo del richiedente delle sue proprietà. In particolare, loro presentarono che l’ordine era in conformità con la legge; rappresentò un controllo dell’uso di proprietà in conformità con un interesse pubblico e riconosciuto; ed era proporzionato allo scopo perseguito.
60. Il Governo presentò che nell’implementando ed eseguire un regime per confiscare gli incassi di crimine, chiese di combattere crimine serio ed offrire un deterrente contro il perpetrazione di ulteriori o altri reati e riduce i profitti disponibile per uso in attività penale e futura. Comunque, ricerca di simile scopi legittimi che droga-trafficò non fu restretta a cause riguardando o malavita. Al giorno d’oggi la causa, restrizioni sul diritto di persone come il richiedente per chiedere ed ottenere lavoro nel Regno Unito erano anche nel generale o interesse pubblico perché altrimenti persone che avevano fatto domanda digitare il Regno Unito per il sistema di visto sarebbero state addolorate che altri potevano “il salto la coda” e trattiene i benefici della loro condotta penale.
61. Con riguardo ad al problema della proporzionalità, il Governo presentò, che il regime nell’insieme era proporzionato perché il sequestro potrebbe essere ordinato solamente dove un individuo fu dichiarato colpevole di un reato penale; solamente attivi disponibili con un valore equivalente al beneficio di una persona da condotta penale la materia di un ordine di sequestro potrebbe essere; ed il criminale condannato potrebbe essere solamente responsabile per pagare che che potrebbe essere ottenuto dai beni di realisable. Inoltre, siccome riconosciuto con la Guida dal Servizio dell’Accusa della Corona-e confermò con la Casa di Dio in R. c. maggio-procedure erano disponibili alle corti nazionali per offrire una via di ricorso se un ordine sproporzionato fosse chiesto.
62. Infine, il Governo presentò che l’ordine rese nella causa presente era proporzionato perché fu reso seguente la conclusione di procedimenti equi; la somma confiscata era più basso che il beneficio ottenne dal crimine; ed il richiedente era in grado rendersi conto della somma confiscata dai beni nella sua proprietà.
2. La valutazione della Corte
63. Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 in garanzie di sostanza il diritto di proprietà (veda Marckx c. il Belgio, 13 giugno 1979, § 63 la Serie Un n. 31). Comprende “tre articoli distinti”: il primo articolo, esposto fuori nella prima frase del primo paragrafo è di una natura generale ed enuncia il principio del godimento tranquillo di proprietà; il secondo articolo, contenuto nella seconda frase del primo paragrafo copre privazione di proprietà e materie sé alle certe condizioni; il terzo articolo, determinato nel secondo paragrafo, riconosce che gli Stati Contraenti sono concessi, fra le altre cose, controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale (veda, inter alia, Sporrong e Lönnroth c. la Svezia, 23 settembre 1982, § 61 la Serie Un n. 52). Comunque, i tre articoli non sono “distinto” nel senso di essere distaccato: il secondo e terzi articoli concernono con le particolari istanze di interferenza col diritto a godimento tranquillo di proprietà e dovrebbero essere costruiti perciò nella luce del principio generale enunciata nel primo articolo (veda Lithgow ed Altri c. il Regno Unito, 8 luglio 1986, § 106 la Serie Un n. 102).
64. Non è in controversia che l’ordine di sequestro nella causa presente ha corrisposto ad un’interferenza col diritto del richiedente a godimento tranquillo delle sue proprietà come protegguta con la prima frase di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1. Inoltre, è chiaro di Phillips c. il Regno Unito, n. 41087/98, § 51 ECHR 2001 VII, che ordini di sequestro incorrono all’interno della sfera del secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 che, inter l’alia, permette agli Stati Contraenti di controllare l’uso di proprietà per garantire il pagamento di sanzioni penali. Comunque, questa disposizione deve essere costruita nella luce del principio generale esposta fuori nella prima frase del primo paragrafo e là deve essere dovuta, perciò, esista una relazione ragionevole della proporzionalità fra i mezzi assunti e lo scopo cercò di essere compreso (veda, fra molti esempi, Allan Jacobsson c. la Svezia (n. 1), sentenza di 25 ottobre 1989, Serie Un n. 163, p. 17, § 55).
65. Un’interferenza con Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 sarà sproporzionato dove il proprietà-proprietario riguardato ha dovuto nascere “un carico individuale ed eccessivo”, simile che “l’equilibrio equo che dovrebbe essere previsto fra la protezione del diritto di proprietà ed i requisiti dell’interesse generale” sia sconvolto (veda Sporrong e Lönnroth c. la Svezia, citato sopra, §73). L’impressionante di un equilibrio equo dipende da molti fattori (AGOSI c. il Regno Unito, 24 ottobre 1986, § 54 la Serie Un n. 108). Benché il secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 non contiene requisiti procedurali ed espliciti, la Corte deve considerare se i procedimenti nell’insieme riconobbe il richiedente un’opportunità ragionevole per mettere la sua causa alle autorità competenti con una prospettiva ad abilitandoli per stabilire un equilibrio equo fra gli interessi contraddittori in pericolo (AGOSI, citato sopra, § 55, e Jokela c. la Finlandia, n. 28856/95, § 55 ECHR 2002 IV).
66. La Corte già ha osservato che al tempo il richiedente portò la sua azione di reclamo di fronte alle corti nazionali, era appropriato per lui per dibattere la sua causa in termini di “l’oppressione” e “l’abuso delle norme processuali.” Benché il richiedente cercasse di dibattere che “l’oppressione” dovrebbe essere interpretato in linea con la prova di proporzionalità richiesta con Articolo 1 di Protocollo N.ro 1, tale analisi non fu adottata con la Corte d’appello (veda divide in paragrafi 17-19 sopra). Era solamente nel 2012, mentre dando sentenza in R c. Waya (veda divide in paragrafi 37-39, sopra), che la Corte Suprema indicò che sarebbe preferibile per analizzare cause di sequestro in termini della proporzionalità sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro 1.
67. È chiaro che nel valutare se o non l’ordine di sequestro nella causa presente era “oppressivo” e così un “l’abuso delle norme processuali”, la Corte d’appello chiese se o non l’ordine era nell’interesse pubblico. Comunque, avendo deciso che era, loro non passarono inoltre esercitando il loro potere di revisione così come determinare “se l’equilibrio richiesto fu sostenuto in una maniera conforme col diritto del richiedente a ‘il godimento tranquillo delle sue proprietà ‘, all’interno del significato della prima frase di Articolo 1” (veda Sporrong e Lönnroth c. la Svezia, citato sopra, § 69). Sul contrario, la Corte d’appello lo fece chiaro che la giurisdizione di abuso delle norme processuali doveva essere esercitata “scarsamente.” In particolare, notò quel
“la responsabilità per decidere se in modo appropriato chiedere un ordine di sequestro è efficacemente assegnato legalmente nella Corona. Quando fa così, le mancanze di corte qualsiasi la discrezione corrispondente per interferire con che decisione se è stato reso in conformità con lo statuto.”
68. Di conseguenza, la Corte non può ma conclude che al tempo il richiedente portò i procedimenti nazionali, la sfera della revisione eseguita con le corti nazionali era troppo stretta per soddisfare il requisito di chiedere il “equilibrio equo” inerente nel secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1.
69. Le considerazioni precedenti sono sufficienti per abilitare la Corte per concludere che nelle circostanze della causa del richiedente è stata una violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. La Corte non lo considera necessario raggiungere qualsiasi le ulteriori conclusioni in riguardo della proporzionalità dell’ordine di sequestro imposero sul richiedente.
II. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
70. Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno
71. Il richiedente chiese ventunmila novecento e sessanta tre sterline ed ottanta pence (21,963.80 GBP), più interesse a tale tasso come la Corte considerata appropriato, in riguardo di danno patrimoniale.
72. Il Governo accettò che questa era la somma che pagò il richiedente facendo seguito all’ordine di sequestro ma presentò che qualsiasi interesse dovrebbe correre solamente dalla data di pagamento.
73. La Corte richiama che la violazione trovata nella causa presente era procedurale in carattere, basato come sé era sulla mancanza di una revisione dell’ordine di sequestro capace di soddisfare i requisiti di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. Non può essere escluso che, aveva una revisione sufficientemente ampia stato condotto con le corti nazionali, questa Corte avrebbe trovato una conseguenza che comporta sequestro del richiedente sta rimanendo i beni, siccome accaduto nella causa presente, essere coerente con la Convenzione. La somma chiesta col richiedente in riguardo di danno patrimoniale come soddisfazione equa sotto Articolo 41 è nella regione dell’importo dell’ordine di sequestro resa contro lui (veda divide in paragrafi 11 e 71 sopra). Comunque, nell’assenza di un collegamento causale ed immediato fra la violazione procedurale trovata e perdita finanziaria subì col richiedente con ragione dell’ordine di sequestro, la Corte non può fare un’assegnazione al richiedente sotto questo capo. Ciononostante, la Corte riconosce che il richiedente ha dovuto soffrire di dell’angoscia e la frustrazione come un risultato dell’insuccesso delle corti nazionali per condurre una revisione Convenzione-conforme dell’ordine di sequestro. Gli assegnerebbe perciò EUR 2,000 in riguardo di pregiudizio così non-patrimoniale.
Costi di B. e spese
74. Il richiedente chiese anche GBP 13,353.50 per i costi e spese incorse in di fronte alla Corte.
75. Il Governo presentò che questa cifra era eccessiva.
76. Secondo la causa-legge della Corte, un richiedente è concesso solamente finora al rimborso di costi e spese in come sé è stato mostrato che questi davvero e necessariamente sono stati incorsi in e sono stati ragionevoli come a quantum. Al giorno d’oggi la causa, riguardo ad essere aveva ai documenti nella sua proprietà ed il criterio sopra, la Corte lo considera ragionevole assegnare 10,000 costi di copertura la somma di EUR per i procedimenti di fronte alla Corte.
Interesse di mora di C.
77. La Corte lo considera appropriato che il tasso di interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a che dovrebbe essere aggiunto tre punti di percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile;

2. Sostiene, per sei voti ad uno, che c’è stata una violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione;

3. Sostiene, per cinque voti a due,
(a) che lo Stato rispondente deve pagare il richiedente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione gli importi seguenti, da convertire in sterline al tasso applicabile in data dell’ accordo:
(i) EUR 2,000 (due mila euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, a riguardo del danno morale;
(ii) EUR 10,000 (dieci mila euro ), più qualsiasi tassa che può essere a carico del richiedente, a riguardo di costi e spese;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’interesse semplice sarà pagabile sull’importo ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;

4. Respinge, all’unanimità, il resto della rivendicazione del richiedente per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 13 maggio 2014, facendo seguito all’articolo 77 §§ 2 e 3 degli Articoli di Corte.
Françoise Elens-Passos Ineta Ziemele
Cancelliere Presidente
In conformità con Articolo 45 § 2 della Convenzione e Decide 74 § 2 degli Articoli di Corte, le opinioni separate e seguenti sono annesse a questa sentenza:
(a) opinione Separata di Giudice Kalaydjieva congiunta con Giudice Bianku riguardo all’Articolo 1 di Protocollo N.ro 1;
(b) opinione concordante di Giudice Mahoney;
( c) opinione dissidente di Giudice Wojtyczek.
I.Z.
F.E.P.

OPINIONE SEPARATA DEL GIUDICE KALAYDJIEVA E UNITA AL GIUDICE BIANKU RIGUARDO ALL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE
Le mie ragioni per trovare una violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 va inoltre che quelli della maggioranza. Nella mia comprensione, i problemi che questi aumenti di causa sono lontano da limitato alle deficienze nella protezione procedurale del diritto del richiedente a godimento tranquillo di proprietà che è stata riflessa nella sfera stretta della revisione eseguirono con le corti nazionali ed il loro insuccesso per chiedere e prevedere il “equilibrio equo” inerente nel secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 (veda paragrafo 68).
Io mi trovo incapace concordare con le conclusioni della maggioranza (veda paragrafo 64) che la causa presente è analoga alla giurisprudenza precedente di questa Corte sul sequestro degli incassi di crimine (veda Phillips c. il Regno Unito, n. 41087/98, e Bongiorno ed Altri c. l’Italia, n. 4514/07, 5 gennaio 2010).
La causa presente sembra abbandonare sostanzialmente da questa causa-legge su molti punti notevoli che sembrano essere determinative per l’analisi corretta delle circostanze. Nella causa di Phillips la Corte notò che “in riguardo di ogni articolo preso in considerazione il [il cittadino] giudice fu soddisfatto… che l’inferenza ovvia era che era venuto da una fonte illegittima.” Al giorno d’oggi la causa (quale concerne la richiesta di legislazione nazionale e diversa), non è stato contestato che, avendo digitato il territorio del Regno Unito con usando un passaporto falso, il richiedente l’usò per ottenere lavoro e così guadagnare il suo reddito. Diversamente da in Phillips, comunque non è stato presentato che simile lavoro si costituì un crimine da parte del richiedente, o che la regolamentazione del nazionale lavora mercato andò finora come a rendere qualsiasi ottenne irregolarmente lavoro penale o punibile in qualsiasi la maniera. Similmente, non si ha conteso che il lavoro del richiedente causò qualsiasi danno pubblico o privato piuttosto che contribuendo al welfare pubblico. Nonostante questa situazione, i risparmi sinceramente guadagnati del richiedente furono definiti, e confiscarono come il “incassi del crimine” di usare un passaporto falso-un atto per il quale il richiedente fu punito in procedimenti separati. La differenza fra l’assunzione ragionevole come all’origine penale della proprietà confiscata nella causa di Phillips ed il remoto o davvero collegamento non-esistente fra l’uso di un passaporto falso ed il guadagno genuino degli importi confiscati nella causa presente sembra piuttosto ovvio.
Questa differenza pone questioni come a se le circostanze della causa presente incorrono essere considerate sotto il primo o il secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1. È vero che il sequestro degli incassi di crimine è considerato una misura compatibile in principio con la Convenzione ed i suoi Protocolli sotto la causa-legge stabilita della Corte. Comunque, io mi trovo incapace concordare che nella causa presente gli importi confiscati potessero essere chiaramente e necessariamente definiti come gli incassi di crimine. Tale assunzione è adatta a riguardo a qualsiasi lavoro irregolare come penale, col risultato che di qualsiasi guadagni da simile lavoro sarebbero soggetto al sequestro nell’esercizio “il diritto di un Stato per eseguire simile leggi come sé ritiene necessario controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o garantire il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali” all’interno del significato del secondo paragrafo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. Nella mia comprensione, la Corte è riguardata fin qui il sequestro del “incassi di crimine” come compatibile con la Convenzione dove un collegamento diretto fra condotta penale e gli incassi potrebbe essere stabilito o ragionevolmente potrebbe essere presunto. Nell’assenza di tale collegamento diretto, io mi avventurerei esprimere dubbi come alla chiarezza della legge e la prevedibilità della misura imposta.
Dato che il lavoro del richiedente come simile non era di una natura penale e che l’origine penale dei guadagni confiscati non può essere stabilita o ragionevolmente finto, una questione sorge se le circostanze nella causa presente incorrono essere esaminate più propriamente sotto il primo paragrafo di questa disposizione che manda a chiamare scrutinio più vicino dell’interesse pubblico perseguì con la misura e della chiarezza e prevedibilità delle condizioni previste per con legge per i fini di simile sequestro. Nel valutare ottemperanza con Articolo 1 di Protocollo N.ro 1, la Corte fa un esame complessivo dei vari interessi in problema normalmente, mentre tenendo presente “pratico ed effettivo.” Deve guardare dietro a comparizioni e deve investigare le realtà della situazione si lamentarono di, incluso la condotta delle parti, i mezzi assunti con lo Stato e la loro attuazione (veda Broniowski c. la Polonia [GC], n. 31443/96, § 151).
Limitando la sfera della causa presente a solamente alcuni di suo “aspetti procedurali”, la maggioranza andò a vuoto ad esprimere qualsiasi le prospettive su se la legislazione applicabile era sufficientemente precisa come alle condizioni per la confisca, se le corti nazionali furono costrette ad analizzare il collegamento fra i beni propose per la confisca e lo specifico crimine, e se loro facevano così nella causa presente.
È probabile che sia vero che le sentenze della maggioranza con riguardo ad allo scrutinio giudiziale e limitato compiuto è sufficiente per abilitare la Corte per concludere che c’è stata una violazione di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 (veda paragrafo 69). Comunque, le sentenze limitate come al “natura procedurale” della violazione stabilita (veda paragrafo 73) né riconosca compensazione attinente in riguardo di Articolo 1 di Protocollo N.ro 1, né loro sembrano costringere una revisione nazionale e susseguente con una sfera sufficientemente ampio a soddisfare il requisito di chiedendo e prevedere un “equilibrio equo” richiese con la disposizione detta (veda paragrafo 68). In questo riguardo la prospettiva che non è necessario per raggiungere qualsiasi conclusioni in riguardo di (l’and/or di legalità) la proporzionalità dell’ordine di sequestro lascia i danni essenziali del richiedente senza indirizzi sia al livello nazionale e con la Corte.
Per queste ragioni io non sono d’accordo anche con la prospettiva della maggioranza come al “l’assenza di un collegamento causale ed immediato fra la violazione procedurale trovata e perdita finanziaria subì col richiedente con ragione dell’ordine di sequestro” (veda paragrafo 73). Nell’assenza di qualsiasi esame susseguente di questo and/or del collegamento causale la proporzionalità dell’interferenza incontestata, il richiedente sarebbe dovuto essere assegnato il risarcimento in danno patrimoniale, e non soltanto per danno morale.

OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE MAHONEY
Io ho votato con la maggioranza dei miei colleghi nel trovare una violazione di un carattere procedurale come riguardi l’interferenza col diritto del richiedente di proprietà che è il risultato dell’ordine di sequestro rese contro lui. Comunque, io avevo delle esitazioni in collegamento con la valutazione della sfera della revisione di equilibrio equo e la proporzionalità che le corti nazionali sono costrette ad eseguire sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro 1.
Come riguardi la valutazione di equilibrio equo e la proporzionalità, il criterio qualificativo per l’esercizio dello Stato del suo potere discrezionale per regolare il godimento del diritto di proprietà è affermato nel testo di Articolo 1 di Protocollo 1 per essere “l’interesse pubblico” (la seconda frase del primo paragrafo) o “l’interesse generale” (il secondo paragrafo, questo che è la disposizione attinente nella causa presente-veda paragrafo 64 della sentenza della Corte nella causa presente (“la sentenza presente”)). “L’interesse pubblico” e “l’interesse generale” sta ampio-variando nozioni che concedono le autorità nazionali un piuttosto area larga della discrezione. La prova di equo-equilibrio sotto Articolo 1 di Protocollo N.ro io, siccome la Corte l’espresse nella sentenza di pietra miliare di Sporrong e Lönnroth c. la Svezia (citata a paragrafo 65 della sentenza presente), richiede determinando se la persona che è la materia di una misura regolatore e contestata ha dovuto nascere “un carico individuale

Testo Tradotto

Conclusions:Violation of Article 1 of Protocol No. 1 – Protection of property (Article 1 para. 1 of Protocol No. 1 – Peaceful enjoyment of possessions) Non-pecuniary damage – award

FOURTH SECTION

CASE OF PAULET v. THE UNITED KINGDOM

(Application no. 6219/08)

JUDGMENT

STRASBOURG

13 May 2014

This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Paulet v. the United Kingdom,
The European Court of Human Rights (Fourth Section), sitting as a Chamber composed of:
Ineta Ziemele, President,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Nona Tsotsoria,
Zdravka Kalaydjieva,
Paul Mahoney,
Krzysztof Wojtyczek, judges,
and Françoise Elens-Passos, Section Registrar,
Having regard to the above application lodged on 4 February 2008,
Having regard to the observations submitted by the respondent Government and the observations in reply submitted by the applicant,
Having deliberated in private on 8 April 2104,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 6219/08) against the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by an Ivoirian national, OMISSIS (“the applicant”), on 4 February 2008.
2. The applicant, who had been granted legal aid, was represented by OMISSIS, a lawyer practising in Leeds. The United Kingdom Government (“the Government”) were represented by their Agent, Ms J. Neenan of the Foreign and Commonwealth Office.
3. On 3 September 2010 the application was communicated to the Government.
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
4. The applicant was born in 1984 and lives in Leeds.
5. The facts of the case may be summarised as follows.
1. The criminal proceedings against the applicant
6. The applicant arrived in the United Kingdom on 26 January 2001 and thereafter lived illegally at an address in Bedford.
7. Whilst living in the United Kingdom the applicant successfully applied for three jobs using a false French passport. Between April 2003 and November 2004 he was employed by a recruitment agency. Between August 2004 and January 2006 he was employed in a cash and carry business and between January 2006 and February 2007 he was employed as a forklift truck driver.
8. The applicant had used the false passport to support his assertion that he was entitled to work in the United Kingdom. All of his employers subsequently stated that they would not have employed him had they known of his true immigration status. Between April 2003 and February 2007 the applicant earned a total gross salary of 73,293.17 pounds sterling (GBP) from his employment. At the end of this period he had total savings of GBP 21,649.60.
9. In January 2007 the applicant applied to the Driving and Vehicle Licensing Agency for a provisional driving licence. The application was accompanied by the same false French passport that the applicant had used to obtain employment in the United Kingdom. When the falsity of the passport was discovered, the police were informed.
10. On 4 June 2007 the applicant pleaded guilty in the Crown Court at Luton to three counts of dishonestly obtaining a pecuniary advantage by deception (counts one, two and three on the indictment). He also pleaded guilty to one count of having a false identity document with intent (count four), one count of driving whilst disqualified (count five) and one count of driving a motor vehicle without insurance (count six). On 29 June 2007 the applicant was sentenced to concurrent terms of fifteen months’ imprisonment for the first four counts together with a consecutive sentence of two months’ imprisonment for the offence of driving whilst disqualified. No separate sentence was imposed for driving without insurance. The trial judge also recommended the applicant for deportation.
11. In addition to the custodial sentence and the recommendation for deportation, the prosecution sought a confiscation order under section 6 of the Proceeds of Crime Act 2002 in respect of the applicant’s earnings (see relevant domestic law and practice below). The trial judge accepted that the applicant had paid all the tax and national insurance due on his earnings and that the money he had made from his employment had been truly earned. After deducting tax and national insurance payments, it was calculated that the benefit the applicant received from his earnings was GBP 50,000. It was agreed that of the GBP 50,000 the applicant still had assets of GBP 21,949.60. On this basis, on 29 June 2007 the trial judge imposed a confiscation order in the sum of GBP 21,949.60 upon the applicant, with a consecutive sentence of twelve months’ imprisonment to be served in default of payment. Thus, the confiscation order had the effect of depriving the applicant of all of the savings that he had accumulated during the four years of employment.
12. On 8 April 2008 the applicant sought an extension of time within which to appeal to the Court of Appeal against the imposition of the confiscation order. In his grounds of appeal, he contended that the grant of the confiscation order had not respected “European law”. That application was refused on 13 June 2008. The Single Judge noted that the applicant had failed to establish good reason for the extension of time sought and that he had no arguable grounds of appeal because he had benefited from the use of the false passport to the extent that it had enabled him to work and earn money and there had been no breach of his rights under the Convention.
13. The applicant renewed his application before the Court of Appeal which, on 14 November 2008, granted him an extension of time and leave to appeal. Leading counsel was appointed on his behalf. Counsel initially argued first; that the applicant’s earnings were not a relevant benefit from criminal conduct within the meaning of the Proceeds of Crime Act 2002; and secondly, that the prosecutor’s decision to seek a confiscation order in this case constituted an abuse of process.
14. The Court of Appeal heard part of the appeal on 18 February 2009. However, it decided to adjourn the appeal pending the publication by the Department of Public Prosecution (“the DPP”) of guidance for prosecutors on the circumstances under which a confiscation order could be sought.
15. In a supplementary skeleton argument dated 5 June 2008, counsel for the applicant accepted that in light of the decision in R v. Carter and Others [2006] EWCA Crim 416 (see relevant domestic law and practice below), the court was bound to reject the first ground of appeal, namely that the applicant’s earnings were not a relevant “benefit”. He therefore accepted that the issue on appeal was whether it was oppressive and therefore an abuse of process for the Crown to seek and the court to impose a confiscation order for what amounted to the applicant’s entire savings over nearly four years of genuine work. In this regard, counsel submitted that there would be an abuse of process where, on a correct application of the law to the facts, the resulting “benefit” figure yielded a disproportionate or oppressive result. He further noted that Parliament has intended the Proceeds of Crime Act 2002 to be applied in a manner compatible with the requirements of the Convention. Therefore, in light of Article 1 of Protocol No. 1, in order to remain proportionate the application of the confiscation regime had to remain rationally connected to the public interest aims pursued and go no further than necessary to achieve them. It was therefore submitted that to seek the imposition of a confiscation order on the basis of a benefit figure which far exceeded the value of the defendant’s crimes could properly be described as disproportionate – either in the traditional sense used in criminal sentencing (“not fitting the punishment to the crime”) or in the language of the Convention – and was therefore an abusive exercise of jurisdiction.
16. The applicant further submitted that a confiscation order could be described as oppressive where it did not pursue any of the legitimate aims of the confiscation regime and/or did not further the Parliamentary intent of stripping defendants of the proceeds of crime. He reiterated that Parliament had intended the legislation to be compatible with the Convention.
17. On 28 July 2009, after the DPP guidance had been promulgated (see relevant domestic law and practice below), the Court of Appeal held that the decision to seek a confiscation order against the applicant did not constitute an abuse of process. The court therefore dismissed the applicant’s appeal against the order. In reaching this conclusion, the Court of Appeal said that the guidance represented a fair analysis of the effect of previous Court of Appeal and House of Lords decisions on the confiscation order regime.
18. The court stated:
“Abuses of the confiscation process may occur and, when they do, the appropriate remedy will normally be a stay of proceedings. However an abuse of process cannot be founded on the basis that the consequences of the proper application of the legislative structure may produce an ‘oppressive’ result with which the judge may be unhappy. Although the court may, of its own initiative, invoke the confiscation process, the responsibility for deciding whether properly to seek a confiscation order is effectively vested in the Crown. When it does so, the court lacks any corresponding discretion to interfere with that decision if it has been made in accordance with the statute. The just result of these proceedings is the result produced by the proper application of the statutory provisions as interpreted in the House of Lords and in this court. However to conclude that proceedings properly taken in accordance with statutory provisions constitute an abuse of process is tantamount to asserting a power in the court to dispense with the statute.
As a matter of principle, that is impermissible, and this court has said so. This, in R v. Shabir [2009] 1 CAR (S) 497, it was observed:
‘This jurisdiction must be exercised with considerable caution, indeed sparingly. It must be confined to cases of true oppression. In particular, it cannot be exercised simply on the grounds that the judge disagrees with the decision of the Crown to pursue confiscation, or with the way it puts its case on that topic.’
We repeat what was said at an earlier hearing involving Paulet.
‘The abuse of process jurisdiction is one which needs to be exercised with great circumspection. The jurisdiction cannot be converted on a case by case basis into a structure which involves, on proper analysis, something like wholesale undermining of the statutory provisions. It is not easy to conclude that it is an abuse of process for those responsible for enforcing legislation to see that it is indeed properly enforced.’”
19. The Court of Appeal found that applicant’s case could not be distinguished from its previous ruling in R v Carter and Others (see relevant domestic law and practice, paragraph 31 below). It concluded:
“The reality is that throughout the period of his employment [the applicant] was relying on a continuing dishonest representation to three different employers. He deceived them into thinking that he was entitled to obtain employment with them. That was a crucial element of his criminality. His earnings, of course, reflected the fact that he had done the necessary work, as we shall assume, to the satisfaction of his various employers. But the opportunity for him to do so, that is the pecuniary advantage, was unlawfully obtained. If the employee worked to his employer’s satisfaction, and he paid his tax and National Insurance contributions on his earnings, and his deception either lacked any significant wider public interest, or, perhaps because of the passage of time, but for whatever reason, had ceased to have any meaningful effect on his employers’ decision to continue his employment, the resolution of the issue might well be different. As it is there was here a wider public interest. The appellant was deliberately circumventing the prohibition against him seeking remunerative employment in this country in any capacity. No basis for interfering with the order made in the Crown Court has been shown. In our judgment the appropriate link between the appellant’s earnings and his criminal offences, in the context of the wider public interest, was plainly established. The appeal therefore fails.”
20. On 27 October 2009 the Court of Appeal refused to certify a point of law of general public importance which ought to be considered by the Supreme Court.
21. Enforcement proceedings have since been instigated against the applicant.
2. The asylum and deportation proceedings
22. On 28 June 2007 the applicant applied for asylum in the United Kingdom, alleging that his father had been killed in a land dispute between the Dioula and Bete community and that he would be at risk in Ivory Coast owing to his Dioula ethnicity. On 4 October 2007 his application was refused by the Secretary of State for the Home Department, who found no objective evidence that the Dioula were targeted solely on account of their ethnicity, and that the delay in claiming asylum had adversely affected the credibility of the rest of the applicant’s claim. A deportation order made by the Secretary of State was served on the applicant on 19 November 2007. On 24 April 2008 the applicant brought judicial review proceedings challenging the refusal of asylum and the decision to make a deportation order. This application was refused by the High Court on 16 May 2008 as the application had been lodged out of time and, in any event, the applicant had failed to avail himself of his statutory appeal rights by applying to the then Asylum and Immigration Tribunal. His renewed application for judicial review was rejected by the High Court on 27 June 2008. However, it appears that on 3 April 2008 the applicant submitted a notice of appeal to the Asylum and Immigration Tribunal. This was rejected by the Tribunal on 29 April 2008 as out of time.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW AND PRACTICE
1. The Proceeds of Crime Act 2002
23. Confiscation proceedings are now governed by the Proceeds of Crime Act 2002. Section 6(4) sets out the approach to be followed by the court:
“(a) it must decide whether the defendant has a criminal lifestyle;
(b) if it decides that he has a criminal lifestyle it must decide whether he has benefited from his general criminal conduct;
(c) if it decides that he does not have a criminal lifestyle it must decide whether he has benefited from his particular criminal conduct.”
24. Section 6(5) provides that where the court decides that the defendant has benefited from the conduct referred to, it must decide the “recoverable amount” and make a confiscation order requiring him to pay that amount.
25. Under section 7, the “recoverable amount” is defined as an amount equal to the defendant’s benefit from the conduct concerned unless the defendant shows that the available amount is less than that benefit. In that case the recoverable amount becomes the available amount.
26. Section 8 sets out the test for determining the defendant’s benefit from his criminal activity. It reads as follows:
“(1) If the court is proceeding under section 6 this section applies for the purpose of—
(a) deciding whether the defendant has benefited from conduct, and
(b) deciding his benefit from the conduct.
(2)The court must—
(a) take account of conduct occurring up to the time it makes its decision;
(b) take account of property obtained up to that time.”
27. Section 9 defines the recoverable amount as follows:
“(1) For the purposes of deciding the recoverable amount, the available amount is the aggregate of—
(a) the total of the values (at the time the confiscation order is made) of all the free property then held by the defendant minus the total amount payable in pursuance of obligations which then have priority, and
(b) the total of the values (at that time) of all tainted gifts.
(2) An obligation has priority if it is an obligation of the defendant—
(a) to pay an amount due in respect of a fine or other order of a court which was imposed or made on conviction of an offence and at any time before the time the confiscation order is made, or
(b) to pay a sum which would be included among the preferential debts if the defendant’s bankruptcy had commenced on the date of the confiscation order or his winding up had been ordered on that date.”
28. Section 76(3)–(7) defines, inter alia, “particular criminal conduct” (as used in section 6(4)(c) above) and “benefit” as follows:
“(3) Particular criminal conduct of the defendant is all his criminal conduct which falls within the following paragraphs—
(a) conduct which constitutes the offence or offences concerned;
(b) conduct which constitutes offences of which he was convicted in the same proceedings as those in which he was convicted of the offence or offences concerned;
(c) conduct which constitutes offences which the court will be taking into consideration in deciding his sentence for the offence or offences concerned.
(4) A person benefits from conduct if he obtains property as a result of or in connection with the conduct.
(5) If a person obtains a pecuniary advantage as a result of or in connection with conduct, he is to be taken to obtain as a result of or in connection with the conduct a sum of money equal to the value of the pecuniary advantage.
(6) References to property or a pecuniary advantage obtained in connection with conduct include references to property or a pecuniary advantage obtained both in that connection and some other.
(7) If a person benefits from conduct his benefit is the value of the property obtained.”
2. The Criminal Justice Act 1998
29. The above provisions of the Proceeds of Crime Act replaced similar provisions contained in section 71 of the Criminal Justice Act 1988. It gave the Crown Court (and where appropriate magistrates’ courts) the power to make confiscation orders. Section 71(2) provided:
“The Crown Court may make such an order against an offender where—
(a) he is found guilty of any offence to which this Part of this Act applies; and
(b) it is satisfied—
(i) that he has benefited from that offence or from that offence taken together with some other offence of which he is convicted in the same proceedings, or which the court takes into consideration in determining his sentence, and which is not a drug trafficking offence…”
30. Section 71(4) and (5) provided:
“(4) For the purposes of this Part of this Act a person benefits from an offence if he obtains property as a result of or in connection with its commission and his benefit is the value of the property so obtained.
(5) Where a person derives a pecuniary advantage as a result of or in connection with the commission of an offence, he is to be treated for the purposes of this Part of this Act as if he had obtained as a result of or in connection with the commission of the offence a sum of money equal to the value of the pecuniary advantage.”
3. R v. Carter [2006] EWCA Crim 416
31. In Carter the defendants were convicted of offences of dishonesty and deception in connection with a business supplying casual labour comprising illegal immigrants and asylum seekers. One defendant was convicted of conspiracy to use false instruments, possession of false registration cards, possession of replica immigration stamps and concealing the proceeds of criminal conduct, namely money laundering. Two other defendants, who had obtained work on the basis of the false documents, were convicted of obtaining a pecuniary advantage by deception and various other counts associated with the conspiracy.
32. Confiscation orders were made under section 71 of the Criminal Justice Act in respect of the wages the defendants had earned in the course of the business. The defendants argued that their wages did not constitute benefit for the purposes of the Criminal Justice Act 1988. In response the Court of Appeal stated:
“It seems to us to be obvious that where you obtain an opportunity to work from an offer of employment being made to you, and the offer has been induced by a false representation that you are entitled to work, the false representation continues thereafter for the benefit of the offender who, permitting the representation to continue, is able to retain employment.
Once made it continues to have effect throughout the employment which has been taken up. At any stage had the representation been corrected, it is plain the employment would have ceased.”
33. The Court of Appeal considered that, in determining whether benefit was obtained within the meaning of section 71(4) of the Criminal Justice Act 1988, the question was whether the deception was “an operative cause” of obtaining the benefit. On the facts in Carter, that test was met. The court also stated that, whilst the confiscation order regime was “draconian”, it was satisfied that it was proportionate for the purposes of Article 1 of Protocol No. 1.
4. R v. May [2008] UKHL 28
34. In May the House of Lords emphasised the broad principles to be followed by those called upon to exercise the power to make confiscation orders:
“(1) The legislation is intended to deprive defendants of the benefit they have gained from relevant criminal conduct, whether or not they have retained such benefit, within the limits of their available means. It does not provide for confiscation in the sense understood by schoolchildren and others, but nor does it operate by way of fine. The benefit gained is the total value of the property or advantage obtained, not the defendant’s net profit after deduction of expenses or any amounts payable to co-conspirators.
(2) The court should proceed by asking the three questions posed above: (i) Has the defendant (D) benefited from relevant criminal conduct? (ii) If so, what is the value of the benefit D has so obtained? (iii) What sum is recoverable from D? Where issues of criminal life style arise the questions must be modified. These are separate questions calling for separate answers, and the questions and answers must not be elided.
(3) In addressing these questions the court must first establish the facts as best it can on the material available, relying as appropriate on the statutory assumptions. In very many cases the factual findings made will be decisive.
(4) In addressing the questions the court should focus very closely on the language of the statutory provision in question in the context of the statute and in the light of any statutory definition. The language used is not arcane or obscure and any judicial gloss or exegesis should be viewed with caution. Guidance should ordinarily be sought in the statutory language rather than in the proliferating case law.
(5) In determining, under the 2002 Act, whether D has obtained property or a pecuniary advantage and, if so, the value of any property or advantage so obtained, the court should (subject to any relevant statutory definition) apply ordinary common law principles to the facts as found. The exercise of this jurisdiction involves no departure from familiar rules governing entitlement and ownership. While the answering of the third question calls for inquiry into the financial resources of D at the date of the determination, the answering of the first two questions plainly calls for a historical inquiry into past transactions.
(6) D ordinarily obtains property if in law he owns it, whether alone or jointly, which will ordinarily connote a power of disposition or control, as where a person directs a payment or conveyance of property to someone else. He ordinarily obtains a pecuniary advantage if (among other things) he evades a liability to which he is personally subject. Mere couriers or custodians or other very minor contributors to an offence, rewarded by a specific fee and having no interest in the property or the proceeds of sale, are unlikely to be found to have obtained that property. It may be otherwise with money launderers.”
5. R v. Mohammed Shabir [2008] EWCA Crim 1809
35. The case of Shabir involved a defendant whose defalcations were accepted to amount to GBP 464 but from whom the Crown sought a confiscation order of over GBP 400,000. The applicant argued, inter alia, that the confiscation order was oppressive and/or a breach of his rights under Article 1 of Protocol 1 to the Convention.
36. In considering these arguments, the Court of Appeal concluded:
“The court retains the jurisdiction to stay an application for confiscation, as any other criminal process, where it amounts to an abuse of the court’s process. In the present context, that power exists where it would be oppressive to seek confiscation, or to do so on a particular basis.
… … …
This jurisdiction must be exercised with considerable caution, indeed sparingly. It must be confined to cases of true oppression. In particular, it cannot be exercised simply on the grounds that the Judge disagrees with the decision of the Crown to pursue confiscation, or with the way it puts its case on that topic. A specific example of that principle is that it is clearly not sufficient to establish oppression, and thus abuse of process, that the effect of confiscation will be to extract from a defendant a sum greater than his net profit from his crime(s). That is inherent in the statutory scheme.
… … …
This country’s confiscation regime has consistently been held to be a proportionate and legitimate response to crime and thus to occasion no infringement of the Protocol: see for example Phillips v United Kingdom (2001) 11 BHRC 280 and R v Rezvi [2003] 1 AC 1099. Even if it be accepted that the Protocol may be capable of being infringed by a truly oppressive and thus disproportionate individual order for confiscation (as to which we express no opinion), it is clear that the court’s power to stay for oppression provides the remedy.
… … …
The enormous disparity between the excess of Shabir ‘s inflated claims (some few hundreds of pounds) and the confiscation order of over £212,000 raises the real likelihood that this order is oppressive. As it seems to us, however, such a disparity will not in every case by itself establish oppression. If it is a case in which the criminal lifestyle provisions of the Act can legitimately be applied, and with them the several section 10 assumptions as to the source of assets, it may well be perfectly proper for a confiscation order to be massively greater than the gain from the offences of which the defendant has been convicted. That is the whole purpose of the criminal lifestyle provisions. They extend the reach of confiscation beyond the particular offences of which the defendant has been convicted.”
6. R v. Waya [2012] UKSC 51
37. The applicant in this case had obtained a loan of GBP 465,000, which he combined with GBP 310,000 of his own money to purchase a property for GBP 775,000. The mortgage was subsequently redeemed. The applicant was later convicted of making false statements in obtaining the GBP 465,000 loan. By the time of confiscation proceedings in 2008, the value of the property was GBP 1,850,000. At the suggestion of the Crown, the judge assessed his “benefit” as the value of the property at the time of trial, less his original untainted contribution of £310,000. This led to an order being made in the sum of GBP 1,540,000. The Court of Appeal reduced the confiscation order to GBP 1,100,000, being 60% of the market value of the flat, since 60% of the purchase price came from the tainted mortgage.
38. On appeal, the Supreme Court considered, inter alia, the impact of the Human Rights Act 1998 on the Proceeds of Crime Act 2002. It held unanimously that the provisions of the 2002 Act were capable of operating in a manner which violated Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. Consequently, the 2002 Act had to be given effect in a way which was compatible with the Convention. In practice, that meant that a judge should, “if confronted with an application for an order which would be disproportionate, refuse to make it but accede only to an application for such sum as would be proportionate”.
39. The Supreme Court considered the Court of Appeal’s judgments in a number of cases, including that of Shabir. It noted that:
“Whilst the outcomes of those cases were, as is conceded, correct, the better analysis of such situations is that orders such as those there considered ought to be refused by the judge on the grounds that they would be wholly disproportionate and a breach of [Article 1 of Protocol No.1]. There is no need to invoke the concept of abuse of process.”
7. Guidance for Prosecutors on the Discretion to Instigate Confiscation Proceedings
40. The above Guidance was issued by the Crown Prosecution Service on 28 May 2009. The Guidance sets out four circumstances when it may be inappropriate for prosecutors to decide to instigate confiscation proceedings. The first was where the Crown has reneged on an earlier agreement not to proceed with confiscation. The second was where the defendant had voluntarily paid full compensation to the victim or victims, or was ready, willing and able immediately to repay all of the victims to the full amount of their losses, and had not otherwise profited from his crime. The third was where a court might be compelled to find that property obtained in the most part legitimately by the defendant, and to which the defendant would have been entitled but for his criminal conduct, must be treated as “benefit”. The example was given of a case where the defendant was in fact entitled to the property which he had instead chosen to obtain by deception.
41. The Guidance considered that a fourth situation would be where a defendant had obtained paid employment by a false representation to his employer. The Guidance stated:
“The defendant’s wages may be his benefit (R v Carter [2006] EWCA Crim 416), but some cases will arise where the link between the criminality and the receipt of payment from dishonestly obtained employment is too remote, for example, where had the representation been corrected, the employment would have continued, or where after many years of otherwise lawful employment, a relatively minor previous conviction is discovered.”
THE LAW
I. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL NO. 1 TO THE CONVENTION
42. The applicant complains that the confiscation order was a disproportionate interference with his right to peaceful enjoyment of his possessions within the meaning of Article 1 of Protocol No. 1, which reads as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
43. The Government contested that argument.
A. Admissibility
44. The Government contended that the application should be rejected as inadmissible on the ground that the applicant had failed to exhaust domestic remedies contrary to the requirement of Article 35 § 1 of the Convention as his principal complaint – that the confiscation order disproportionately interfered with his rights under Article 1 of Protocol No. 1 – was never articulated, either in form or substance, before the domestic courts. On the contrary, his complaints were framed only by reference to the established principles of domestic law.
45. In particular, the Government submitted that the applicant could have asserted directly before the Crown Court and the Court of Appeal that his rights under Article 1 of Protocol No. 1 would have been infringed by the grant of the confiscation order in the circumstances of his case. However, despite being represented by leading counsel in the proceedings before the Court of Appeal, this argument was not articulated. As a consequence, the domestic courts were deprived of the opportunity of addressing the particular Convention violation alleged against the respondent State.
46. The applicant submitted that the abuse of process jurisdiction was the appropriate means by which to challenge a confiscation order on the ground that it was a disproportionate interference with the right to peaceful enjoyment of possessions.
47. In any case, the applicant submitted that the substance of his complaint – that the confiscation order was disproportionate – was plainly raised in his skeleton argument and indeed Article 1 of Protocol No. 1 was expressly cited.
48. The Court recalls that the purpose of Article 35 § 1 is to afford the Contracting States the opportunity of preventing or putting right the violations alleged against them before those allegations are submitted to it (see, inter alia, Civet v. France [GC], no. 29340/95, § 41, ECHR 1999-VI). Whereas Article 35 § 1 of the Convention must be applied with some degree of flexibility and without excessive formalism, it does not require merely that applications should be made to the appropriate domestic courts and that use should be made of effective remedies designed to challenge decisions already given. It normally requires also that the complaints intended to be brought subsequently before the Court should have been made to those same courts, at least in substance and in compliance with the formal requirements and time-limits laid down in domestic law (see, among other authorities, Cardot v. France, 19 March 1991, § 34, Series A no. 200, Elçi and Others v. Turkey, nos. 23145/93 and 25091/94, §§ 604 and 605, 13 November 2003, and Azinas v. Cyprus [GC], no. 56679/00, § 38, ECHR 2004 III).
49. In Ahmet Sadık v. Greece, 15 November 1996, § 32, Reports of Judgments and Decisions 1996 V, in deciding whether or not an applicant raised a Convention complaint in substance, the Court asked whether or not he had relied on domestic law arguments “to the same or like effect” as his Convention complaint. In Castells v. Spain, 23 April 1992, § 30, Series A no. 236 and Fressoz and Roire v. France [GC], no. 29183/95, § 38, ECHR 1999 I the Court found that where the applicants had relied on equivalent provisions of domestic law, they had raised their Convention complaints in substance before the domestic courts. Likewise, in Guzzardi v. Italy, 6 November 1980, § 72, Series A no. 39 the applicant was found to have “derived from the Italian legislation pleas equivalent, in the Court’s view, to an allegation of a breach of the right guaranteed by Article 5” and, in so doing, had “provided the national courts, in particular the Court of Appeal, with the opportunity … of putting right the violations alleged against them”.
50. It is apparent from the applicant’s skeleton argument that he raised two distinct grounds on appeal before the Court of Appeal: that his earnings did not amount to a benefit for the purposes of the 2002 Act; and that the making of a confiscation order was oppressive and/or an abuse of process. Prior to the hearing he accepted that he could not succeed on the first ground in view of the court’s decision in R v. Carter. In respect of the second ground, he submitted that in light of Article 1 of Protocol No. 1, in order to remain proportionate the application of the confiscation scheme had to remain rationally connected to the public interest aims pursued and go no further than necessary to achieve them. Thus, a confiscation order would be oppressive or an abuse of process in accordance with domestic law where the benefit figure far exceeded the value of the defendant’s crimes and could properly be described as disproportionate – either in the traditional sense used in criminal proceedings or in the language of the Convention (see paragraphs 13 – 16 above).
51. The Court notes that it was only in 2012, while giving judgment in R v. Waya (see paragraphs 37 – 39, above), that the Supreme Court indicated that it would be preferable under British law to analyse confiscation cases in terms of proportionality under Article 1 of Protocol No. 1 than for complainants to invoke the concept of abuse of process. Therefore, at the time the applicant brought his complaint before the domestic courts, it was appropriate for him to argue his case in terms of “oppression” or “abuse of process” (see, for example, R v. Mohammed Shabir, in which the appellant argued, inter alia, that the confiscation order was oppressive and/or a breach of his rights under Article 1 of Protocol 1 to the Convention, and the domestic courts primarily considered whether or not the order was oppressive). The Court of Appeal in the applicant’s case itself stated that “abuses of the confiscation process may occur and, when they do, the appropriate remedy will normally be a stay of proceedings” (see paragraph 18 above). In fact, in arguing that a confiscation order would be oppressive if it was disproportionate pursuant to Article 1 of Protocol No. 1 the applicant gave the domestic courts an opportunity to align, in substance, the criteria for the application of the domestic-law test with the test stated in this Court’s case-law for compliance with the Convention (see, for example, Hentrich v. France, 22 September 1994, § 33, Series A no. 296 A). However, the domestic courts did not follow this approach and the Court does not consider that the applicant could – or should – have taken any further steps to advance his Convention complaint at the domestic level.
52. Consequently, the Court is not persuaded that the applicant’s complaints under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention should be declared inadmissible for failure to exhaust domestic remedies.
53. The Court further notes that the application is not manifestly ill founded within the meaning of Article 35 § 3 (a) of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
1. The parties’ submissions
54. The applicant did not dispute that the statutory scheme providing for confiscation in appropriate cases was compatible with Article 1 of Protocol No. 1. Moreover, he accepted that it was justified by the fight against drug trafficking, money laundering and the financing of terrorism. However, he submitted that the confiscation order made in the present case was not proportionate.
55. In particular, he submitted that his case could be distinguished from case such as Phillips which concerned serious criminal offences such as drug-trafficking and organised crime, and in which there was clearly a compelling need to deter such criminal behaviour. In the present case, the “public interest” relied upon by the Government was that persons who had applied to enter the United Kingdom from overseas would feel justifiably aggrieved if those who had skipped the queue could retain the savings earned through illegal employment.
56. The applicant relied on the case of Ismayilov v. Russia, no. 30352/03, 6 November 2008 as authority for the proposition that where the purpose of a confiscation order was punitive and not compensatory, it might pose an “individual and excessive burden” on an applicant if he had already been punished for the underlying offence by a period of imprisonment.
57. The applicant further averred that no harm had been caused either to his employers or the State; in fact, the sentencing judge indicated that the State had gained more in taxes from the applicant’s employment than he himself had saved.
58. Finally, the applicant submitted that there was a discrepancy between the offence that he was convicted of (deceiving his employers) and the alleged justification for the confiscation order (a general deterrent to working without authority).
59. The Government submitted that the making of the contested confiscation order did not amount to a disproportionate interference with the applicant’s peaceful enjoyment of his possessions. In particular, they submitted that the order was in accordance with the law; it represented a control of the use of property in accordance with a recognised public interest; and it was proportionate to the aim pursued.
60. The Government submitted that in implementing and enforcing a regime for confiscating the proceeds of crime, it sought to combat serious crime and provide a deterrent against the commission of further or other offences and reduce the profits available for use in future criminal activity. However, pursuit of such legitimate aims was not restricted to cases concerning drug-trafficking or organised crime. In the present case, restrictions on the entitlement of persons such as the applicant to seek and obtain work in the United Kingdom were also in the general or public interest because otherwise persons who had applied to enter the United Kingdom through the visa system would be aggrieved that others could “skip the queue” and retain the benefits of their criminal conduct.
61. With regard to the issue of proportionality, the Government submitted that the regime as a whole was proportionate because confiscation could only be ordered where an individual was convicted of a criminal offence; only available assets with a value equivalent to a person’s benefit from criminal conduct could be the subject of a confiscation order; and the convicted criminal could only be responsible for paying what could be obtained from the realisable assets. Moreover, as recognised by the Guidance from the Crown Prosecution Service – and confirmed by the House of Lords in R. v. May – procedures were available to the domestic courts to provide a remedy if a disproportionate order was sought.
62. Finally, the Government submitted that the order made in the present case was proportionate because it was made following the conclusion of fair proceedings; the sum confiscated was lower than the benefit obtained from the crime; and the applicant was able to realise the sum confiscated from assets in his possession.
2. The Court’s assessment
63. Article 1 of Protocol No. 1 in substance guarantees the right of property (see Marckx v. Belgium, 13 June 1979, § 63, Series A no. 31). It comprises “three distinct rules”: the first rule, set out in the first sentence of the first paragraph, is of a general nature and enunciates the principle of the peaceful enjoyment of property; the second rule, contained in the second sentence of the first paragraph, covers deprivation of possessions and subjects it to certain conditions; the third rule, stated in the second paragraph, recognises that the Contracting States are entitled, amongst other things, to control the use of property in accordance with the general interest (see, inter alia, Sporrong and Lönnroth v. Sweden, 23 September 1982, § 61, Series A no. 52). However, the three rules are not “distinct” in the sense of being unconnected: the second and third rules are concerned with particular instances of interference with the right to peaceful enjoyment of property and should therefore be construed in the light of the general principle enunciated in the first rule (see Lithgow and Others v. the United Kingdom, 8 July 1986, § 106, Series A no. 102).
64. It is not in dispute that the confiscation order in the present case amounted to an interference with the applicant’s right to peaceful enjoyment of his possessions as protected by the first sentence of Article 1 of Protocol No. 1. Moreover, it is clear from Phillips v. the United Kingdom, no. 41087/98, § 51, ECHR 2001 VII, that confiscation orders fall within the scope of the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1, which, inter alia, allows the Contracting States to control the use of property to secure the payment of penalties. However, this provision must be construed in the light of the general principle set out in the first sentence of the first paragraph and there must, therefore, exist a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim sought to be realised (see, among many examples, Allan Jacobsson v. Sweden (no. 1), judgment of 25 October 1989, Series A no. 163, p. 17, § 55).
65. An interference with Article 1 of Protocol No. 1 will be disproportionate where the property-owner concerned has had to bear “an individual and excessive burden”, such that “the fair balance which should be struck between the protection of the right of property and the requirements of the general interest” is upset (see Sporrong and Lönnroth v. Sweden, cited above, §73). The striking of a fair balance depends on many factors (AGOSI v. the United Kingdom, 24 October 1986, § 54, Series A no. 108). Although the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 contains no explicit procedural requirements, the Court must consider whether the proceedings as a whole afforded the applicant a reasonable opportunity for putting his case to the competent authorities with a view to enabling them to establish a fair balance between the conflicting interests at stake (AGOSI, cited above, § 55, and Jokela v. Finland, no. 28856/95, § 55, ECHR 2002 IV).
66. The Court has already observed that at the time the applicant brought his complaint before the domestic courts, it was appropriate for him to argue his case in terms of “oppression” and “abuse of process”. Although the applicant sought to argue that “oppression” should be interpreted in line with the proportionality test required by Article 1 of Protocol No. 1, such an analysis was not adopted by the Court of Appeal (see paragraphs 17 – 19 above). It was only in 2012, while giving judgment in R v. Waya (see paragraphs 37 – 39, above), that the Supreme Court indicated that it would be preferable to analyse confiscation cases in terms of proportionality under Article 1 of Protocol No. 1.
67. It is clear that in assessing whether or not the confiscation order in the present case was “oppressive” and thus an “abuse of process”, the Court of Appeal did ask whether or not the order was in the public interest. However, having decided that it was, they did not go further by exercising their power of review so as to determine “whether the requisite balance was maintained in a manner consonant with the applicant’s right to ‘the peaceful enjoyment of his possessions’, within the meaning of the first sentence of Article 1” (see Sporrong and Lönnroth v. Sweden, cited above, § 69). On the contrary, the Court of Appeal made it clear that the abuse of process jurisdiction had to be exercised “sparingly”. In particular, it noted that
“the responsibility for deciding whether properly to seek a confiscation order is effectively vested in the Crown. When it does so, the court lacks any corresponding discretion to interfere with that decision if it has been made in accordance with the statute”.
68. Consequently, the Court cannot but conclude that at the time the applicant brought the domestic proceedings, the scope of the review carried out by the domestic courts was too narrow to satisfy the requirement of seeking the “fair balance” inherent in the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1.
69. The foregoing considerations are sufficient to enable the Court to conclude that in the circumstances of the applicant’s case there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. The Court does not consider it necessary to reach any further conclusions in respect of the proportionality of the confiscation order imposed on the applicant.
II. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
70. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Damage
71. The applicant claimed twenty-one thousand nine hundred and sixty three pounds and eight pence (21,963.80 GBP), plus interest at such a rate as the Court considered appropriate, in respect of pecuniary damage.
72. The Government accepted that this was the sum which the applicant paid pursuant to the confiscation order but submitted that any interest should only run from the date of payment.
73. The Court recalls that the violation found in the present case was procedural in character, based as it was upon the lack of a review of the confiscation order capable of satisfying the requirements of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. It cannot be excluded that, had a sufficiently wide review been conducted by the domestic courts, this Court would have found an outcome involving confiscation of the applicant’s remaining assets, as occurred in the present case, to be consistent with the Convention. The sum claimed by the applicant in respect of pecuniary damage as just satisfaction under Article 41 is in the region of the amount of the confiscation order made against him (see paragraphs 11 and 71 above). However, in the absence of a proximate causal link between the procedural violation found and financial loss sustained by the applicant by reason of the confiscation order, the Court cannot make an award to the applicant under this head. Nevertheless, the Court recognises that the applicant must have suffered some anguish and frustration as a result of the failure of the domestic courts to conduct a Convention-compliant review of the confiscation order. It would therefore award him EUR 2,000 in respect of such non-pecuniary prejudice.
B. Costs and expenses
74. The applicant also claimed GBP 13,353.50 for the costs and expenses incurred before the Court.
75. The Government submitted that this figure was excessive.
76. According to the Court’s case-law, an applicant is entitled to the reimbursement of costs and expenses only in so far as it has been shown that these have been actually and necessarily incurred and are reasonable as to quantum. In the present case, regard being had to the documents in its possession and the above criteria, the Court considers it reasonable to award the sum of EUR 10,000 covering costs for the proceedings before the Court.
C. Default interest
77. The Court considers it appropriate that the default interest rate should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT
1. Declares, unanimously, the application admissible;

2. Holds, by six votes to one, that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention;

3. Holds, by five votes to two,
(a) that the respondent State is to pay the applicant, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, the following amounts, to be converted into pounds sterling at the rate applicable at the date of settlement:
(i) EUR 2,000 (two thousand euros), plus any tax that may be chargeable, in respect of non-pecuniary damage;
(ii) EUR 10,000 (ten thousand euros), plus any tax that may be chargeable to the applicant, in respect of costs and expenses;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amount at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;

4. Dismisses, unanimously, the remainder of the applicant’s claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 13 May 2014, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Françoise Elens-Passos Ineta Ziemele
Registrar President
In accordance with Article 45 § 2 of the Convention and Rule 74 § 2 of the Rules of Court, the following separate opinions are annexed to this judgment:
(a) Separate opinion of Judge Kalaydjieva joined by Judge Bianku as regards Article 1 of Protocol No. 1;
(b) Concurring opinion of Judge Mahoney;
(c) Dissenting opinion of Judge Wojtyczek.
I.Z.
F.E.P.

SEPARATE OPINION OF JUDGE KALAYDJIEVA JOINED BY JUDGE BIANKU AS REGARDS ARTICLE 1 OF PROTOCOL NO. 1 TO THE CONVENTION
My reasons for finding a violation of Article 1 of Protocol No. 1 go further than those of the majority. In my understanding, the issues which this case raises are far from limited to the deficiencies in the procedural protection of the applicant’s right to peaceful enjoyment of property that were reflected in the narrow scope of the review carried out by the domestic courts and their failure to seek and strike the “fair balance” inherent in the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 (see paragraph 68).
I find myself unable to agree with the majority’s conclusions (see paragraph 64) that the present case is analogous to previous case-law of this Court on the confiscation of the proceeds of crime (see Phillips v. the United Kingdom, no. 41087/98, and Bongiorno and Others v. Italy, no. 4514/07, 5 January 2010).
The present case appears to depart substantially from this case-law on several major points which seem to be determinative for the proper analysis of the circumstances. In the case of Phillips the Court noted that “in respect of every item taken into account the [national] judge was satisfied … that the obvious inference was that it had come from an illegitimate source”. In the present case (which concerns the application of different domestic legislation), it has not been contested that, having entered the territory of the United Kingdom by using a false passport, the applicant used it to obtain employment and thus earn his income. Unlike in Phillips, however, it has not been submitted that such employment constituted itself a crime on the part of the applicant, or that the regulation of the domestic labour market went so far as to make any irregularly obtained employment criminal or punishable in any manner. Likewise, it has not been contended that the applicant’s work caused any public or private harm rather than contributing to the public welfare. Notwithstanding this situation, the applicant’s genuinely earned savings were defined and confiscated as the “proceeds of the crime” of using a false passport – an act for which the applicant was punished in separate proceedings. The difference between the reasonable assumption as to the criminal origin of the confiscated property in the case of Phillips and the remote or indeed non-existent link between the use of a false passport and the genuine earning of the confiscated amounts in the present case appears quite obvious.
This difference raises questions as to whether the circumstances of the present case fall to be considered under the first or the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1. It is true that under the established case-law of the Court, the confiscation of the proceeds of crime is seen as a measure compatible in principle with the Convention and its Protocols. However, I find myself unable to agree that in the present case the confiscated amounts could be clearly and necessarily defined as the proceeds of crime. Such an assumption is apt to regard any irregular employment as criminal, with the result that any earnings from such employment would be subject to confiscation in the exercise of “the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties” within the meaning of the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. In my understanding, the Court has hitherto regarded the confiscation of the “proceeds of crime” as compatible with the Convention where a direct link between criminal conduct and the proceeds could be established or reasonably assumed. In the absence of such a direct link, I would venture to express doubts as to the clarity of the law and the foreseeability of the imposed measure.
Given that the applicant’s employment as such was not of a criminal nature and that the criminal origin of the confiscated earnings cannot be established or reasonably assumed, a question arises whether the circumstances in the present case fall more appropriately to be examined under the first paragraph of this provision, which calls for closer scrutiny of the public interest pursued by the measure and of the clarity and foreseeability of the conditions provided for by law for the purposes of such confiscation. In assessing compliance with Article 1 of Protocol No. 1, the Court normally makes an overall examination of the various interests in issue, bearing in mind that the Convention is intended to safeguard rights that are “practical and effective”. It must look behind appearances and investigate the realities of the situation complained of, including the conduct of the parties, the means employed by the State and their implementation (see Broniowski v. Poland [GC], no. 31443/96, § 151).
Limiting the scope of the present case to only some of its “procedural aspects”, the majority failed to express any views on whether the applicable legislation was sufficiently precise as to the conditions for forfeiture, whether the domestic courts were required to analyse the link between the assets proposed for forfeiture and the specific crime, and whether they did so in the present case.
It might be true that the findings of the majority with regard to the limited judicial scrutiny performed are sufficient to enable the Court to conclude that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 (see paragraph 69). However, the limited findings as to the “procedural nature” of the established violation (see paragraph 73) neither afford relevant redress in respect of Article 1 of Protocol No. 1, nor do they seem to require a subsequent domestic review with a scope sufficiently wide to satisfy the requirement of seeking and striking a “fair balance” required by the said provision (see paragraph 68). In this regard the view that it is not necessary to reach any conclusions in respect of (the lawfulness and/or) the proportionality of the confiscation order leaves the applicant’s essential grievances unaddressed both at the domestic level and by the Court.
For these reasons I also disagree with the majority’s view as to the “absence of a proximate causal link between the procedural violation found and financial loss sustained by the applicant by reason of the confiscation order” (see paragraph 73). In the absence of any subsequent examination of this causal link and/or the proportionality of the uncontested interference, the applicant should have been awarded compensation in pecuniary damage, and not merely for moral damage.

CONCURRING OPINION OF JUDGE MAHONEY
I have voted with the majority of my colleagues in finding a violation of a procedural character as regards the interference with the applicant’s right of property resulting from the confiscation order made against him. I did, however, have some hesitations in connection with the assessment of the scope of the review of fair balance and proportionality that the national courts are required to carry out under Article 1 of Protocol No. 1.
As regards the assessment of fair balance and proportionality, the qualifying criterion for the State’s exercise of its discretionary power to regulate the enjoyment of the right of property is stated in the text of Article 1 of Protocol 1 to be “the public interest” (the second sentence of the first paragraph) or “the general interest” (the second paragraph, this being the relevant provision in the present case – see paragraph 64 of the Court’s judgment in the present case (“the present judgment”)). “The public interest” and “the general interest” are wide-ranging notions that allow the national authorities a rather broad area of discretion. The fair-balance test under Article 1 of Protocol No. I, as the Court expressed it in the landmark judgment of Sporrong and Lönnroth v. Sweden (cited at paragraph 65 of the present judgment), requires determining whether the person who is the subject of a contested regulatory measure has had to bear “an individual and excessive burden”. Overall, what is involved is a far less constraining restriction on the State’s regulatory power than, for example, that of “necessity in a democratic society” in the pursuit of certain specified legitimate aims, as enunciated in Articles 8 to 11 of the Convention. The threshold of the restriction is lower. The intensity of the scrutiny that the national courts, and thereafter this Court, are called on to undertake in relation to the merits of fair balance and proportionality under Article 1 of Protocol 1 is, correspondingly, less than that under Articles 8 to 11. This is so whether the national courts effect their scrutiny in terms of domestic-law concepts (as in the present case) or in terms of the Convention and its case-law (as the British courts were henceforth enjoined to do in 2012 by the Supreme Court in the case of Waya – see paragraphs 37-39 of the present judgment).
It is true that, on this analysis, the level of protection afforded to the individual, notably as regards the substantive content of proportionality and the procedural requirement as to the intensity of any judicial scrutiny of proportionality to be carried out at national level, is lower under Article 1 of Protocol 1 than that under other Articles of the Convention, but that is the direct and inevitable consequence of the different and less constraining wording employed in Article 1 of Protocol 1 in order to define the content of the right guaranteed.
The hesitation I had was whether the reasoning employed in the present judgment does not involve too strict a standard for the scrutiny of fair balance and proportionality to be carried out by national courts in relation to measures that constitute the “control of the use of property”, within the meaning of the second paragraph of Article 1 of Protocol 1.
The reasoning of the Court of Appeal in Mr Paulet’s case (set out at paragraph 19 of the present judgment) was as follows:
“The reality is that throughout the period of his employment the appellant [Mr Paulet] was relying on a continuing dishonest representation to three different employers. He deceived them into thinking that he was entitled to obtain employment with them. That was a crucial element of his criminality. His earnings, of course, reflected the fact that he had done the necessary work, as we shall assume, to the satisfaction of his various employers. But the opportunity for him to do so, that is the pecuniary advantage, was unlawfully obtained. If the employee worked to his employer’s satisfaction, and he paid his tax and National Insurance contributions on his earnings, and his deception either lacked any significant wider public interest, or, perhaps because of the passage of time, but for whatever reason, had ceased to have any meaningful effect on his employers’ decision to continue his employment, the resolution of the issue might well be different. As it is, there was here a wider public interest. The appellant was deliberately circumventing the prohibition against him seeking remunerative employment in this country in any capacity. No basis for interfering with the order made in the Crown Court has been shown. In our judgment the appropriate link between the appellant’s earnings and his criminal offences, in the context of the wider public interest, was plainly established.”
It can be seen, as the present judgment concedes (at paragraph 67), that the Court of Appeal did verify that there existed a general interest prompting the confiscation order. The language used by the Cou

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La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 14/09/2024