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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF PADALEVICIUS v. LITHUANIA

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06
Numero: 12278/03/2009
Stato: Lituania
Data: 2009-07-07 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Resto inammissibile; Violazione dell’ Art. 6-1; danno patrimoniale – rivendicazione respinta; danno Non-patrimoniale-assegnazione
SECONDA SEZIONE
CAUSA PADALEVIČIUS C. LITUANIA
(Richiesta n. 12278/03)
SENTENZA
STRASBOURG
7 luglio 2009
DEFINITIVO
07/10/2009
Questa sentenza può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Padalevičius c. Lituania,
La Corte europea dei Diritti umani (Seconda Sezione), riunendosi in una Camera, compota da:
Françoise Tulkens, Presidente, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici
e Françoise Elens-Passos, Cancelliere Aggiunto di Sezione,
Avendo deliberato in privato il 16 giugno 2009,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da in una richiesta (n. 12278/03) contro la Repubblica della Lituania depositata presso la Corte sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino lituano, J. P. (“il richiedente”), il 4 aprile 2003.
2. Il richiedente fu rappresentato dal Sig. L. B., un avvocato che pratica a Vilnius. Il Governo lituano (“il Governo”) fu rappresentato dal suo Agente, la Sig.ra E. Baltutytė.
3. L’ 11 maggio 2006 la Corte decise di dare avviso al Governo delle azioni di reclamo del richiedente sotto gli Articoli 6 § 1 della Convenzione e l’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. Decise anche di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità (Articolo 29 § 3).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
4. Il richiedente nacque nel 1943 e vive nella regione di Kaunas.
5. In una data non specificata nel 1991 i precedenti proprietari della terreno appartenente all’accordo di Noreikiškės, situata sul territorio dell’Accademia lituana dell’Agricoltura (“LAA”), introdussero rivendicazioni per la restituzione dei loro diritti di proprietà.
6. Il 13 marzo 1992 la giunta comunale dell’ accordo di Noreikiškės assegnò un’area di terreno per l’uso del richiedente e per la costruzione di un alloggio privato. Il 20 luglio 1992 il richiedente pagò 2,970 rubli russi (RUR) per l’uso di quell’area.
7. Il 13 ottobre 1992 ebbe luogo una riunione del Consiglio Regionale di Kaunas frequentata dal richiedente, agendo a favore della LAA, un rappresentante dei proprietari prima della nazionalizzazione che cercavano di far ripristinare i loro diritti di proprietà sul terreno assegnato al territorio del nuovo accordo LAA, e rappresentanti di varie istituzioni municipali e Statali. Fu deciso di organizzare un’altra riunione per discutere la possibilità di ripristinare i diritti di proprietà sul terreno nell’ accordo di Noreikiškės in natura e proporre al Governo di prevedere che 0.3 ettari venissero assegnato ai precedenti proprietari per la costruzione di alloggi privati.
8. Fra il 1992 ed il 1995 il Governo decretò molti decreti che permettevano alle persone nella posizione del richiedente di acquisire la proprietà del terreno che stavano usando.
9. L’ 11 aprile 1995 il richiedente ed il municipio di Kaunas firmarono un accordo per l’acquisto di terreno che specificava che il 20 luglio 1992 il richiedente aveva pagato 29.70 lita lituani (LTL) per l’area di terreno. Il 14 aprile 1995 l’area di terreno fu registrata presso la Cancelleria Fondiaria Statale a nome del richiedente e, in conformità con la legge lituana, il richiedente divenne il suo proprietario.
10. Il 5 giugno 1995, furono introdotti dei procedimenti civili da un gruppo di otto individui privati per l’annullamento degli accordi per l’acquisto di terreno, incluso quello del richiedente. I querelanti chiesero la restituzione dei loro diritti di proprietà sul terreno in oggetto che la LAA aveva assegnato alla costruzione di alloggi privati e che erano stati nazionalizzati dal potere sovietico occupante negli anni quaranta. La controversia coinvolgeva un totale di 129 co-imputati, incluso il richiedente.
11. Il 27 giugno 1995 la Corte distrettuale di Kaunas ordinò la confisca del terreno del richiedente. L’ordine fu sostenuto più tardi dalla Corte Regionale di Kaunas e dalla Corte Suprema, e specificò che sul terreno in questione il richiedente poteva solamente coltivare piante aventi una durata di vita di un – anno. Inoltre, al richiedente fu impedito di portare avanti una qualsiasi attività di costruzione sul terreno durante gli atti.
12. Il 28 ottobre 1996 la Corte distrettuale di Kaunas respinse l’azione come non comprovata.
13. Il 5 febbraio 1998 la Corte Regionale di Kaunas annullò la decisione, notando che la corte inferiore era andata a vuoto nell’ informare in modo appropriato dell’udienza imminente i 38 imputati nella causa. La causa fu ritornata per nuovo esame alla prima istanza.
14. Il 26 febbraio 1999 la Corte distrettuale di Kaunas respinse di nuovo l’azione.
15. In una data non specificata la causa fu trasferita alla Corte Regionale di Panevėžys che l’esaminò su ricorso.
16. Il 14 marzo 2000 la Corte Regionale di Panevėžys sospese i procedimenti, decidendo di presentare una questione in merito alla costituzionalità dei decreti Statali sulla base di cui il terreno era stato venduto al richiedente.
17. Il 6 marzo 2002 l’Ufficio del Governatore Provinciale di Kaunas informò il richiedente che nonostante la proibizione delle di perseguire qualsiasi attività sull’area di terreno, “ci sono attualmente piante perenni e c’è anche uno stagno.” Al richiedente fu richiesto di “cessare le azioni illegali.” Il 12 aprile 2002 il richiedente informò le autorità locali che “era solamente dalla Sua lettera che ho appreso della confisca della mia area di terreno. Lo stagno fu scavato, le piante furono piantate e altri lavori erano stati fatti nel 1993, 1994 e nella prima metà di 1995.”
18. Il 10 maggio 2002 la Corte Costituzionale adottò una direttiva, trovando che i decreti Statali in oggetto violavano i diritti dei precedenti proprietari del terreno che avevano diritto alla restituzione della loro proprietà. I decreti furono dichiarati incostituzionali come contraddicenti l’ Articolo 23 della Costituzione e, inter alia, l’Articolo 12 § 1 (15) della Legge sulla procedura e le condizioni che disciplinano la restituzione dei diritti di proprietà suia beni immobili esistenti (Įstatymas dėl piliečių nuosavybės teisių į išlikusį nekilnojamąjį turtą atstatymo tvarkos ir sąlygų) (“la Legge sulla Restituzione”). La noramtiva in parte si legge come segue :
“… benché la legislatura goda di una certa discrezione nello stabilire le condizioni e la procedura per la restituzione dei diritti di proprietà, nel fare così deve prendere conto del principio costituzionale di protezione del diritto di proprietà. Questo principio presuppone anche che, a meno che sia necessario per i bisogni della società, la terra illegalmente nazionalizzato dal governo occupante deve essere restituita ai suoi proprietari in natura sotto la procedura e le condizioni stabilite dalla legge…
… dato che il Decreto Statale n. 649 del 25 agosto 1993 ed il Decreto Statale n. 294 del 19 aprile 1994 ha stabilito che la terreno assegnato anche alla LAA includeva un’area designata per costruire alloggi di abitazione private, e che fu stabilito che veniva accordato lo status della terreno, soggetto ad essere comprato dallo Stato, perché questo terreno era sul territorio assegnato alla struttura scientifica e educativa, e dato anche che il Decreto Statale n. 350 del9 marzo 1995 permetteva alle persone fisiche permesse di acquisire una proprietà privata delle aree di terreno sul territorio attribuito alla base di produzione-educativa della LAA, il diritto dei proprietari per ripristinare i loro diritti di proprietà sul detto terreno è stato negato.”
19. Di conseguenza, il 28 giugno 2002 la Corte Regionale di Panevėžys invertì la decisione della Corte distrettuale di Kaunas del 26 febbraio 1999. Si notò che i decreti Statali sulla base dei quali il richiedente aveva firmato l’accordo dell’acquisto del terreno erano stati dichiarati incostituzionali. Di conseguenza, gli atti amministrativi con cui il terreno era stato venduto al richiedente furono dichiarati privi di valore legale. La corte osservò anche che in gran parte “gli imputati [uno di loro essendo il richiedente] non avevano avviato i lavori di costruzione. Non tutti gli imputati avevano comprato le aree di terreno che fu assegnata a loro per la costruzione degli alloggi privati e non tutti il [gli imputati] che firmarono gli accordi per l’acquisto del terreno li avevano fatti registrare.” La corte applicò l’Articolo 1.80 del Codice civile ed ordinò la restituzione, obbligando le autorità locali a restituire al richiedente la somma di LTL 29.70 che prima aveva pagato per l’area di terreno in questione. Siccome alcuni degli imputati avevano pagato per le loro aree di terreno nel 1992 con dei“voucher di investimento a singolo – uso” (vienkartinėmis išmokomis), la corte ordinò che quelle somme venissero rimborsate loro.
20. Gli imputati, incluso il richiedente depositarono un ricorso su questioni di diritto. Loro addussero, inter alia che la Corte Regionale di Panevėžys aveva esaminato la causa in assenza del loro avvocato. Gli imputati dibatterono inoltre che sarebbe stato impossibile eseguire la decisione della corte di appello poiché ordinava la restituzione in “voucher di investimento ad singolo uso” che non avevano più valore patrimoniale in Lituania. Infine, loro contesero che l’annullamento dei contratti di acquisto del terreno era contrario al diritto a protezione della proprietà privata e sarebbe corrisposto ad una re-privatizzazione.
21. Il 31 gennaio 2003 la Corte Suprema sostenne la decisione. Affermò che l’annullamento degli atti contestati era necessario per proteggere gli interessi legittimi dei proprietari prima della nazionalizzazione. La corte ammise che i “voucher di investimento a singolo – uso” avevano cessato nel frattempo di esistere come mezzo per pagamento. Comunque, la Corte Suprema notò che il soggetto dei procedimenti era l’annullamento dei contratti di acquisto del terreno e che la valutazione del possibile risarcimento per le ricevute di investimento non era stata il suo soggetto. Infine, la corte trovò che il 19 giugno 2002 l’avvocato del richiedente era stato debitamente notificato dell’udienza di corte di appello che era si teneva il 27 giugno 2002, e che aveva richiesto che l’udienza venisse posticipata, dato che doveva presenziare ad un’altra udienza di corte allo stesso tempo. Comunque, la Corte Suprema notò che l’avvocato del richiedente non era riuscito a fornire qualsiasi prova di quell’udienza . La corte decise che, prendendo in considerazione il bisogno di assicurare la rapidità dei procedimenti ed l’alto numero di partecipanti nella causa, la corte di appello aveva preso la decisione ragionevole di ascoltare la causa in assenza dell’avvocato.
22. Con una decisione del 14 marzo 2005 il Governatore Aggiunto della Contea di Kaunas ripristinò il titolo di proprietà dei precedenti proprietari sull’area di terreno sull’accordo di LAA da cui il richiedente aveva acquisito proprietà sotto l’accordo annullato dell’acquisto di terreno annullato del 11 aprile 1995.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE E PRATICA
23. La Costituzione della Repubblica della Lituania prevede:
Articolo 23
“La Proprietà sarà inviolabile. I diritti di proprietà saranno protetti dalla legge. La Proprietà può essere espropriata solamente per i bisogni della società e in conformità con la procedura stabilita dalla legge, e sarà compensata giustamente.”
24. La Legge sulla Restituzione, adottata il 18 giugno 1991 ed emendata in numerose occasioni, prevedeva che, nel ripristinare i diritti di proprietà, la priorità sarebbe stata data alla restituzione in natura. Lo Stato trattenne il diritto di comprare la proprietà dai precedenti proprietari se le condizioni sociali correnti e le relazioni lo avessero richiesto (atsižvelgiant į visuomeninius santykius). In particolare, l’Articolo 12 § 1 (15) della Legge prevedeva che lo Stato potesse comprare il terreno che era stato assegnato ad istituzioni scientifiche o educative per eseguire esperimenti o per altri fini scientifici.
25. Il 25 agosto 1993 il Governo adottò il decreto n. 649 sullo status del terreno usato dall’Accademia lituana dell’Agricoltura e l’ approvazione dello schema di zonizzazione per il suo uso. In un tentativo di creare condizioni migliori perché la LAA si rivolgesse ai problemi scientifici, educativi e sociali, fu deciso, che il terreno che veniva usato dalla LAA e che la gestione della LAA aveva marchiato per la costruzione di un alloggio privato, avrebbe potuto essere comprato dallo Stato.
26. Il 19 aprile 1994 il Governo adottò il decreto n. 294 ed emendò parzialmente il decreto n. 649, specificando che parte dell’area totale di terreno usato dalla LAA avrebbe dovuto essere accantonata per la costruzione di alloggi privati su un campus universitario. Il 9 marzo 1995 il Governo decretò il decreto n. 350 che permetteva alle persone fisiche il diritto di acquisire la proprietà privata delle aree di terreno che erano sul territorio della LAA e che erano state assegnate a loro dalla giunta comunale dell’accordo di Noreikiškės prima del 15 marzo 1992 per la costruzione di abitazioni private.
27. Il 27 maggio 1994 la Corte Costituzionale esaminò il problema della compatibilità con la Costituzione dei diritti nazionali sulla restituzione di diritti di proprietà. Nella sua decisione la Corte Costituzionale sostenne, inter alia che le proprietà che erano state nazionalizzate dalle autorità sovietiche dal 1940 avrebbero dovuto essere considerate come “proprietà sotto il controllo de facto dello Stato.” La Corte Costituzionale affermò anche che, se possibile, i diritti di proprietà avrebbero dovuto essere ripristinati in natura. Stabilì inoltre che comprare del terreno nella campagna al fine di costruire un alloggio privato non serviva un interesse pubblico, poiché dopo che simile terreno era stato comprata avrebbe potuto essere privatizzato, violando con ciò il diritto alla restituzione dei precedenti proprietari.
28. La Legge iniziale sulla privatizzazione di proprietà Statale (Valstybinio turto pirminio privatizavimo įstatymas), adottata il 28 febbraio 1991 ed emendata in numerose occasioni, prevedeva che ai cittadini lituani sarebbero state accordati “voucher di investimento a singolo – uso” (vienkartinës išmokos), per importi che variavano da RUR 2,000 a RUR 10,000, per la privatizzazione iniziale della proprietà Statale.
29. Il 16 settembre 1992 il Comitato di Litas adottò la decisione n. 2, facendo seguito secondo la quale il rublo come un’unità di valuta sarebbe stato ritirato dalle operazioni valutarie con effetto dal 1 ottobre 1992. Una nuova valuta provvisoria, il talonas sarebbe stata usata invece del rublo, essendo il cambio fra le due a 1:1.
30. Sotto la decisione del Comitato di Litas del 14 giugno 1993 i talona cessarono di esistere e furono sostituiti con una nuova valuta permanente, il litas lituano. Il cambio era 100 talonai a 1 litas.
31. Il Codice civile, in vigore fin da 1 luglio 2001, prevede pertanto come attinente come segue:
Articolo 1.80 La Nullità di un’operazione che non si attiene alle disposizioni legali obbligatorie
“1. Qualsiasi operazione che va a vuoto nell’ attenersi con le disposizioni legali ed obbligatorie sarà priva di valore legale.
2. Quando un’operazione è dichiarata priva di valore legale, ogni parte sarà costretta a ripristinare all’altra parte tutto ciò che ha ricevuto tramite questa operazione (restituzione). Dove è impossibile ripristinare in natura gli articoli ricevuti, le parti saranno costrette a compensare l’un l’altra in denaro, a meno che la legge preveda altre conseguenze come risultato della dichiarazione di nullità dell’operazione.
…”
Articolo 4.97 Pagamenti sulla restituzione degli articoli posseduti illegalmente
“1. Nel chiedere un articolo come convenuto dall’ Articolo 4.95 di questo Codice, il proprietario avrà diritto a richiedere: dalla persona che sapeva o avrebbe dovuto sapere che la sua proprietà era illegale (possessore in mala fede), che rimborsi od offra il risarcimento per ogni reddito che riceveva o avrebbero dovuto ricevere durante l’intero periodo della proprietà; da un possessore illegale in buon fede-ogni reddito che simile possessore riceveva o avrebbe dovuto ricevere fin dal tempo in cui ha scoperto o avrebbe dovuto scoprire che la proprietà era illegale o scoprire l’inizio di un procedimento civile riguardo alla restituzione dell’articolo riguardato.
2. Un possessore illegale in mala fede avrà il diritto a sua svolta di chiedere dal proprietario le spese necessarie riferite all’articolo riguardato dal momento in cui il proprietario riceve un reddito da questo.
3. Un possessore illegale in buon fede avrà diritto a chiedere il risarcimento dal proprietario per tutte le sue spese incorse in collegamento con l’articolo riguardato che non sono state coperto dal reddito ricevuto da questo.
4. Un possessore illegale in buon fede avrà diritto a tenere quelle parti che sono state aggiunte per migliorare l’articolo riguardato, purché questi possano essere rimossi senza provocare danno a questo. Se le parti aggiunte come miglioramento non possono essere rimosse o se l’articolo fosse migliorato in un modo diverso, il possessore illegale in buon fede avrà diritto a chiedere un risarcimento per le spese che sorgono da simile miglioramento, in un importo non più grande dell’aumento nel valore.”
Articolo i 6.145 Motivi per la restituzione
“1. La Restituzione avrà luogo dove una persona è costretta a restituire ad un’altra persona la proprietà che ha ricevuto illegalmente o per errore, o come risultato dell’operazione di cui la proprietà fu ricevuta da questo essendo nulla ab initio, o come risultato dell’obbligo che diviene impossibile compiere a causa di force majeure. …”
Articolo 6.146 Metodo di restituzione
“La Restituzione sarà fatta in natura, eccetto nei casi in cui questo è impossibile o provocherebbe serio disagio alle parti. Nel secondo caso,la restituzione sarà effettuata tramite un pagamento monetario equivalente.”
Articolo il 6.147 Preventivo dell’ equivalente monetario
“1. L’equivalente monetario sarà valutato sulla base dei prezzi validi al tempo in cui il debitore ricevette gli articoli che è costretto a ripristinare.”
Articolo 6.150 Rimborso per spese incorse in per la cura della proprietà
“Il rimborso delle spese per la cura e la custodia della proprietà soggette alla restituzione che sono state sostenute dalla persona che è costretta a restituire la proprietà sarà eseguito in conformità con le disposizioni del Libro IV di questo Codice, applicabile a riguardo di possessori in buon fede e di possessori in mala fede.”
Articolo 6.151 Restituzione di frutti e profitti
“1. I frutti e i profitti accumulati dalla proprietà oggetto della restituzione apparterranno alla persona costretta a fare la restituzione. Questa persona sopporterà tutte le spese sostenute per la produzione di quegli utili e redditi . …”
32. L’ Articolo 240 del Codice di Procedura Civile, in vigore sino al 1 gennaio 2003, prevedeva che una corte potesse sospendere i procedimenti in una causa, su richiesta dei partecipanti ai procedimenti o di sua propria iniziativa, quando presentava una richiesta alla Corte Costituzionale per chiarire una questione un merito alla costituzionalità dell’atto applicabile in quel particolare caso. Sotto l’Articolo 241 del Codice, i procedimenti venivano sospesi finché la Corte Costituzionale non aveva reso il suo giudizio.
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
33. Il richiedente presentò che la lunghezza dei procedimenti nella sua causa era stata incompatibile col “il termine ragionevole” requisito stabilito dall’ Articolo 6 § 1 della Convenzione che recita come segue:
“ Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi… ognuno è abilitato ad un’udienza corretta… all’interno di un termine ragionevole…da[un] tribunale …”
A. Ammissibilità
1. Gli argomenti delle parti
34. Il Governo contese che il richiedente avrebbe potuto presentare istanza alle corti nazionali, chiedendo compensazione sotto l’Articolo 6.272 del Codice civile per la lunghezza dei procedimenti civili. Appellandosi alla direttiva della Corte Costituzionale del 19 agosto 2006, il Governo dibatté anche che, presumendo anche che la specifica compensazione non fosse stata custodita in qualsiasi la legge, il richiedente avrebbe potuto chiedere la compensazione appellandosi direttamente alla Costituzione. Nella prospettiva dell’insuccesso del richiedente nel depositare tale rivendicazione nella presente causa, l’azione di reclamo della lunghezza dei procedimenti dovrebbe essere respinta per la non-esaurimento delle vie di ricorso nazionali, facendo seguito all’ Articolo 35 § 1 della Convenzione. Il Governo presentò inoltre che parte dei procedimenti civili contestati usciva dalla competenza di ratione temporis della Corte. Infine, il Governo presentò che l’azione di reclamo del richiedente era manifestamente mal-fondata.
35. Il richiedente contestò gli argomenti del Governo.
2. La valutazione della Corte
36. La Corte prima osserva che non ha nessuna competenza per esaminare gli eventi che accaddero prima del 20 giugno 1995, la data dell’entrata in vigore della Convenzione a riguardo della Lituania. Nella misura in cui parte dei procedimenti civili si verificarono prima di quella data, questa parte della richiesta dovrebbe essere respinta sotto l’Articolo 35 §§ 3 e 4 come essendo incompatibile ratione temporis con le disposizioni della Convenzione.
37. In merito alla dichiarazione del Governo riguardo all’esaurimento delle vie di ricorso nazionali, la Corte richiama la sua conclusione nella causa Četvertakas ed Altri c. Lituania (n. 16013/02, §§ 29-31 20 gennaio 2009), dove decise che una rivendicazione per danni sotto l’ Articolo 6.272 del Codice civile o la Costituzione non soddisfece la prova dell’ “efficacia” in contesti come il presente caso. La Corte non trova nessuna ragione per abbandonare la sua giurisprudenza esistente a questo riguardo . Rimane perciò non convinta che la possibilità di chiedere danni per la lunghezza eccessiva di procedimenti sotto l’Articolo 6.272 del Codice civile o la Costituzione avesse – al momento dell’introduzione della richiesta presente -già acquisito un grado sufficiente di certezza legale tale da richiedere il suo esaurimento ai fini dell’ Articolo 35 § 1 della Convenzione.
38. Essendo così, la dichiarazione del Governo dell’inammissibilità sulla base del non-esaurimento delle vie di ricorso nazionali deve essere respinta.
39. La Corte nota anche che questa azione di reclamo non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile per qualsiasi altro motivo. Deve essere dichiarata perciò ammissibile.
B. Meriti
1. Gli argomenti delle parti
40. Il Governo contese che i procedimenti erano stati protratti a causa della loro complessità, non come risultato di una qualsiasi omissione da parte dello Stato. In particolare, la causa coinvolgeva molti partecipanti che avevano presentato numerose rivendicazioni e contro rivendicazioni. Alcune delle parti alla causa durante i procedimenti civili erano state sostituite da altre persone. L’archivio della causa consisteva di sei volumi (1,852 pagine) e la causa era complicata dal punto di vista legale a causa del suo aspetto della restituzione. Dibatté anche che, prendendo in considerazione ciò che era in gioco per il richiedente, i procedimenti civili non gli avevano provocato pregiudizio in una misura tale da imporre sulle corti riguardate un dovere di trattare la sua causa come una questione di grande urgenza, come era vero per certi tipi di causa.
41. Il Governo attrasse anche l’attenzione della Corte sul fatto che parte dei procedimenti aveva avuto luogo di fronte alla Corte Costituzionale che ascoltò le cause in corpore ed era la sola istituzione che esercitava una revisione costituzionale. Poiché il suo ruolo come custode della Costituzione rendeva particolarmente necessario che la Corte Costituzionale prendesse in considerazione qualche volta altre considerazioni che non fossero di mero ordine cronologico nel decidere cause introdotte nel suo ruolo, come la natura della causa e la sua importanza in termini politici e sociali, la lunghezza dei procedimenti di fronte a quella corte era stata ragionevole. Infine, il Governo enfatizzò che in Lituania la Corte Costituzionale non apparteneva al sistema delle corti ordinarie e non aveva il titolo per fare una revisione delle loro decisioni. Poiché la Corte Costituzionale non poteva ascoltare cause civili o penali o non avrebbe potuto investigare azioni di reclamo individuali concernenti violazioni addotte di diritti costituzionali, la parte dei procedimenti condotti prima della Corte Costituzionale non dovrebbe essere presa in considerazione nel valutare la ragionevolezza della lunghezza di procedimenti in un giudizio civile.
42. Nella prospettiva di quanto sopra il Governo concluse che non c’era stata nessuna violazione del diritto ad un’udienza entro un “termine ragionevole”, stabilito dall’ Articolo 6 § 1 della Convenzione.
43. Il richiedente non era d’accordo, affermando che la complessità della causa non era sufficiente per assolvere lo Stato dal suo obbligo di rispettare il requisito del tempo ragionevole. Lui dibatté inoltre che prima che i procedimenti fossero stati iniziati aveva avviato preparazioni per costruire la sua casa sull’area di terreno in questione e che perciò il ritardo dei procedimenti gli aveva provocato considerevole incertezza finanziaria e stress.
2. La valutazione della Corte
(a) l’Applicabilità dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione
44. La Corte ha riguardo all’argomento del Governo che dal 14 marzo 2000 sino al10 maggio 2002 dei procedimenti nel giudizio civile erano stati sospesi finché la Corte Costituzionale non avesse reso il suo giudizio. In questo collegamento la Corte reitera, comunque, che procedimenti rientrano all’interno della sfera dell’ Articolo 6 § 1, anche se sono condotti di fronte ad una corte costituzionale, dove il loro risultato è decisivo per i diritti ed obblighi civili (vedere Pammel c. Germania, 1 luglio 1997, § 53 Relazioni delle Sentenze e Decisioni 1997-IV).
45. Nella presente causa la Corte sottolinea che il richiedente aveva comprato il terreno dallo Stato e che, più tardi, dei procedimenti civili furono avviati da un gruppo di persone nella prospettiva di far dichiarare nullo l’accordo di acquisto del terreno (vedere paragrafi 9 e 10 sopra). La controversia di fronte alle corti civili riguardava perciò il diritto del richiedente alla protezione della sua proprietà che certamente è un diritto civile all’interno del significato dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione.
46. Ad uno stadio più avanzato dei procedimenti la Corte Regionale di Panevėžys riferì la causa alla Corte Costituzionale per un giudizio sulla costituzionalità dei decreti Statali sulla base dei quali il richiedente aveva acquistato l’area di terreno (vedere paragrafo 16 sopra) e, agendo sulla base dell’Articolo 240 del Codice di Procedura Civile, sospese i procedimenti.
47. Nella presente causa i procedimenti presso la Corte Costituzionale erano collegati perciò da vicino a quelli presso le corti civili; non solo la precedente decisione era direttamente decisiva per il diritto civile del richiedente ma inoltre, siccome i procedimenti nacquero da una richiesta per un giudizio sulla costituzionalità, la Corte Regionale di Panevėžys doveva aspettare la decisione della Corte Costituzionale prima di poter rendere una decisione. Ne segue che l’Articolo 6 § 1 è anche applicabile alla parte dei procedimenti che ebbero luogo di fronte alla Corte Costituzionale.
(b) Ottemperanza con l’Articolo 6 § 1 della Convenzione
(i) Periodo da prendere in esame
48. La Corte nota all’inizio che benché i procedimenti civili fossero stati avviati il 6 giugno 1995, il periodo che rientra all’interno della giurisdizione della Corte cominciò solamente il 20 giugno 1995, quando la Convenzione entrò in vigore a riguardo della Lituania, e durò fino al 31 gennaio 2003, quando la Corte Suprema adottò una decisione definitivo nella causa. La lunghezza complessiva dei procedimenti era così di circa 7 anni e 8 mesi.
(ii) Criteri applicabili
49. La Corte ha sostenuto in numerose occasioni che l’Articolo 6 § 1 impone sugli Stati Contraenti il dovere di organizzare i loro sistemi giudiziali in modo tale che le loro corti possano soddisfare ognuno dei suoi requisiti, incluso l’obbligo di ascoltare cause all’interno di un termine ragionevole. Benché questo obbligo non possa essere costruito allo stesso modo per una corte costituzionale come per una corte ordinaria, spetta alla Corte di Strasburgo in ultima istanza verificare che ci si è attenuti con questo , avendo riguardo alle particolari circostanze di ogni causa ed ai criteri stabiliti nella sua giurisprudenza (vedere Klein c. Germania, n. 33379/96, § 42, 27 luglio 2000, e la giurisprudenza citata in essa).
50. La Corte reitera anche che la ragionevolezza della lunghezza dei procedimenti deve essere valutata alla luce delle circostanze della causa e con riferimento ai seguenti criteri: la complessità della causa, la condotta del richiedente e delle autorità attinenti e cosa era in gioco per il richiedente nella controversia (vedere, fra molte altre autorità, Frydlender c. Francia [GC], n. 30979/96, § 43 ECHR 2000-VII).
51. La Corte condivide la prospettiva del Governo per cui la causa del richiedente era davvero complessa, particolarmente a causa del numero di partecipanti, dei cambi legislativi in corso e dei suoi aspetti della restituzione e della costituzionalità. Comunque, ciò non può giustificare del tutto la lunghezza significativa dei procedimenti.
52. Sui fatti di questa causa la Corte non trova nessuna prova che dimostri che in qualsiasi stadio dei procedimenti il richiedente mantenne una condotta dilatoria o che danneggiò in qualsiasi altro modo la condotta corretta di quei procedimenti. Riguardo alla condotta delle autorità, comunque la Corte non può trascurare il fatto che, a causa dell’insuccesso della Corte distrettuale di Kaunas nel chiamare in causa in modo appropriato i 38 imputati, la causa le fu ritornata per nuovo esame il che prolungò i procedimenti civili di più di due anni (vedere paragrafi 12-14 sopra). In merito all’argomento del Governo riguardo al sovraccarico della Corte Costituzionale, dovrebbe essere indicato, che un sovraccarico di lavoro generale non è giustificazione per un ritardo irragionevole, e che altri fattori sociali a cui si è appellato il Governo hanno potuto avere solamente un ruolo secondario nella presente causa (vedere Pitra c. Croatia, n. 41075/02, § 23 del 16 giugno 2005). L’argomento del Governo a questo riguardo dovrebbe essere perciò respinto.
53. Alla luce di tutte le circostanze della causa, la Corte conclude, che il termine ragionevole richiesto dall’ Articolo 6 § 1 fu superato, e che c’è stata perciò una violazione di quella disposizione.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N.RO 1 ALLA CONVENZIONE
54. Il richiedente si lamentò dell’annullamento dell’accordo dell’ acquisto di terreno. Lui dibatté inoltre che il risarcimento accordatogli dalle corti per quel terreno era stato irrisorio. Il richiedente addusse una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 che recita come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
A. Gli argomenti delle parti
55. Il Governo presentò all’inizio che il richiedente non aveva avuto mai una “proprietà” riguardo all’area di terreno in questione, poiché concludendo l’accordo di acquisto di terreno annullato del 11 aprile 1995 lui non stava agendo in bona fide e perciò non poteva godere della protezione dell’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. In particolare, il 13 ottobre 1992 il richiedente, come il vice-rettore della LAA e per conto suo, presenziò anche alla riunione frequentata dai rappresentanti delle autorità locali e dai proprietari terrieri di pre-nazionalizzazione che si tenne per risolvere la questione dell’ulteriore sviluppo dell’accordo della LAA e chiarire la questione della restituzione del terreno (vedere paragrafo 7 sopra). Il richiedente era di conseguenza, ben consapevole che il terreno assegnato agli impiegati della LAA così che loro avrebbero potuto costruire alloggi privati su questo era l’oggetto della rivendicazione di restituzione. Dichiarando gli accordi di acquisto di terreno, incluso quello del richiedente, privi di valore legale le corti nazionali stavano sforzandosi di proteggere i diritti di quei precedenti proprietari a cui erano stati negati.
56. Riguardo alla valuta che il richiedente pagava per l’area di terreno, il Governo osservò che il 20 luglio 1992 il richiedente pagò per l’uso della terreno una somma 2,970 rubli russi che erano la valuta in circolazione in quel periodo. Dato che al tempo in cui l’accordo di acquisto del terreno dell’ 11 aprile 1995 fu firmato la litas lituana era la valuta ufficiale nella Repubblica questo accordo indicava che il richiedente aveva pagato una somma di 29.70 litas (per cambi legislativi riguardo alle regolamentazioni della valuta vedere paragrafi 29 e 30 sopra). Successivamente la Corte Regionale di Panevėžys annullò il titolo del richiedente sull’area di terreno ed ordinò che il detto importo di LTL 29.70 gli venisse rimborsato. Lasciando spazio anche al fatto che a causa del deprezzamento della valuta, l’inflazione e altri fattori economici, il potere d’acquisto di RUR 2,970 nel 1992 sarebbe stato, più alto di quello di LTL 29.70 nel 2002, il richiedente non aveva sofferto perdite sostanziali nella presente causa. Il Governo considerò di conseguenza che il carico sul richiedente in quanto costretto a restituire la proprietà non era stato eccessivo e che i mezzi utilizzati per proteggere il diritto alla proprietà dei precedenti proprietari non erano stati sproporzionati in relazione all’interesse pubblico.
57. Il Governo indicò che mentre l’ enorme maggioranza degli imputati nei procedimenti civili riguardo al terreno che avevano acquisito aveva pagato con “voucher di investimento a singolo – uso”, alcuni di loro, incluso il richiedente avevano pagato le loro aree in rubli. Nel ricorso su questioni di diritto gli imputati avevano affermato che sarebbe stato impossibile eseguire la decisione della corte d’appello, poiché il risarcimento dei voucher scaduti era stato valutato in una valuta non- esistente-“voucher di investimento a singolo – uso.” Nella sua decisione del 31 gennaio 2003 la Corte Suprema sostenne comunque, che la questione del risarcimento per i perduti “voucher di investimento a singolo – uso” non era l’argomento di quella causa. Riguardo agli altri imputati, incluso il richiedente che avevano pagato per le loro aree in rubli il Governo enfatizzò che non erano riusciti a rivendicare che il risarcimento che la corte aveva assegnato loro fosse stato inadeguato.
Appellandosi a quanto sopra il Governo concluse che questa parte della richiesta avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile e respinta sotto l’Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
58. Il richiedente non fu d’accordo col Governo ed affermò che quest’ultimo non poteva appellarsi ai difetti nella sua propria legislazione come base per spogliarlo dei suoi diritti di proprietà. Lui dibatté inoltre che di aver acquisito la proprietà in buona fede. Riguardo al danno che aveva presumibilmente subito, il richiedente contese che, dopo che le autorità locali gli avevano assegnato l’area di terreno, lui aveva avviato delle preparazioni per costruire un alloggio su questo e che l’annullamento dell’accordo di acquisto del terreno gli aveva provocato perdita di tempo, dei lavori e dei soldi che aveva investito in quel collegamento. Era ingiusto che il solo risarcimento che avrebbe potuto ottenere fosse il rimborso del prezzo che lui aveva pagato per il terreno nel 1992, quando il potere d’acquisto di 2,970 rubli in Lituania era ben più alto del suo equivalente di LTL 29.70 nel 2002. Il prezzo del terreno in Lituania era nel 1992 inoltre, significativamente più basso che al tempo presente.
B. Ammissibilità
1. Se c’era interferenza
59. La Corte nota che l’11 aprile 1995, cioè prima del 24 maggio 1996, la data in cui il Protocollo N.ro 1 alla Convenzione è entrato in vigore a riguardo della Lituania, il richiedente comprò l’area di terreno in oggetto e, benché accettando l’esistenza di certe restrizioni sulla proprietà a quel tempo, divenne il suo proprietario (vedere paragrafi 9 e 11 sopra). La Corte osserva inoltre che il richiedente fu privato della sua proprietà come conseguenza delle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte Suprema nelle loro rispettive decisioni del 10 maggio 2002 e del 31 gennaio 2003. In virtù di quelle decisioni il titolo di proprietà del richiedente sull’area di terreno in oggetto fu annullato.
60. La Corte trova, perciò, che c’era stata una privazione di proprietà all’interno del significato della seconda frase dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione. Simile privazione di proprietà deve essere legale, nell’interesse pubblico e deve prevedere un equilibrio equo fra le richieste dell’interesse generale della comunità ed i requisiti della protezione dei diritti essenziali dell’individuo (vedere Gashi c. Croatia, n. 32457/05, § 28 del 13 dicembre 2007).
2. Se l’interferenza era prevista dalla legge
61. Non si contesta che il richiedente fu privato della sua proprietà come conseguenza dell’adozione da parte del Parlamento e dall’applicazione da parte delle corti della Legge sulla Restituzione. In virtù di questa legge come interpretata ed applicata dalle corti, le autorità permisero l’annullamento del suo titolo di proprietà acquisito nel 1995 per soddisfare le rivendicazioni di restituzione di persone la cui proprietà era stata espropriata negli anni quaranta. Inoltre, la questione del risarcimento per questa proprietà fu deciso sotto il diritto civile lituano. La Corte si soddisfa così che l’annullamento del titolo di proprietà del richiedente era in conformità con il diritto nazionale.
3. Scopo legittimo e proporzionalità
62. La Corte deve determinare in seguito se un equilibrio equo fu previsto fra gli interessi generali della comunità ed i diritti essenziali dell’individuo (vedere Pressos Compania Naviera S.A. ed Altri c. Belgio, 20 novembre 1995, § 38 Serie A n. 332).
63. La Corte richiama che ha già trattato la questione dell’annullamento di contratti di vendita sotto i quali i richiedenti comprarono una proprietà che prima era stata nazionalizzata durante il regime comunista
(vedere Panikian c. Bulgaria, n. 29583/96, decisione di Commissione del 10 luglio 1997; Pincová e Pinc c. Repubblica ceca, n. 36548/97, ECHR 2002-VIII; Beèváø e Bečvářová c. Repubblica ceca, n. 58358/00, 14 dicembre 2004; Mohylová c. Repubblica ceca (dec.), n. 75115/01,
6 settembre 2005; e Velikovi ed Altri c. Bulgaria, N. 43278/98, 45437/99 48014/99, 48380/99 51362/99, 53367/99 60036/00, 73465/01 e 194/02 del 15 marzo 2007). In quelle cause la Corte e la Commissione furono chiamate a valutare situazioni difficili che riguardavano tutte la legislazione adottata allo scopo di correggere le ingiustizie che risalivano alle decadi precedenti ed ereditate dal regime comunista nei rispettivi Stati.
64. In questo collegamento la Corte reitera che, a causa della loro conoscenza diretta della loro società e delle sue necessità, le autorità nazionali sono in principio meglio collocate del giudice internazionale per valutare ciò che è “nell’interesse pubblico.” Sotto il sistema di protezione stabilito dalla Convenzione, spetta così alle autorità nazionali fare la valutazione iniziale dell’esistenza di un problema di preoccupazione pubblica che coinvolge misure che possono interferire con i diritti di proprietà. Dove la legislatura ha fatto una scelta decretando leggi che considera essere nell’interesse generale, la possibile esistenza di soluzioni alternative non annulla di per sé la giustificazione dietro alla legislazione contestata. Di conseguenza, gli Stati godono di un certo margine di valutazione in questa sfera (vedere, Malama c. Grecia, n. 43622/98, § 46 ECHR 2001-II). Non spetta alla Corte dire se la legislazione rappresentava la migliore soluzione, ammesso che le autorità siano rimaste all’interno dei confini di quel margine (vedere, mutatis mutandis, Mellacher ed Altri c. Austria, 19 dicembre 1989, § 53 Serie A n. 169).
65. La Corte accetta che l’obiettivo generale delle leggi sulla restituzione, vale a dire attenuare le conseguenze di certe violazioni di diritti di proprietà causate dal regime comunista è un scopo legittimo ed un mezzo per salvaguardare la legalità delle operazioni legali, proteggendo lo sviluppo socio-economico del paese (vedere Pincová e Pinc, citata sopra, § 58), o, come nella presente causa, garantendo i diritti di precedenti proprietari. In queste circostanze, ed avendo riguardo al margine di valutazione dello Stato, la Corte accetta, che la privazione di proprietà sperimentata dal richiedente non solo serviva gli interessi dei proprietari originali della terreno in oggetto, ma anche gli interessi generali della società nell’insieme (vedere Bečvář e Bečvářová, citata sopra, § 67).
66. Molte argomentazioni furono dedicate dalle parti all’importo del risarcimento che il richiedente ricevuto dopo che le corti annullarono il suo titolo sull’area di terreno. In questo collegamento la Corte reitera che una persona privata di proprietà debba in principio ottenere risarcimento che sia riferito ragionevolmente al suo valore, anche se gli obiettivi legittimi di interesse pubblico possono militare a favore di un rimborso inferiore al pieno valore di mercato (vedere Pressos Compania Naviera S.A. ed Altri, citata sopra, § 38, ed I Santi Monasteri c. Grecia, 9 dicembre 1994, §§ 70-71 Serie A n. 301-A). Così, l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 non garantisce un diritto al pieno risarcimento in tutte le circostanze (vedere Broniowski c. Polonia [GC], n. 31443/96, § 182 ECHR 2004-V).
67. Allo stesso tempo, accettando la legittimità dell’obiettivo generale della legge sulla restituzione, la Corte considera necessario assicurare che l’attenuazione delle ingiustizie passate non crei nuovi mali. A quel fine, la legislazione dovrebbe rendere possibile prendere in considerazione le particolari circostanze di ogni causa, così che alle persone che acquisirono una proprietà in buona fede non venga fatto sopportare un carico di responsabilità che è giustamente quella dello Stato che prima ha confiscato le proprietà contestate (vedere Pinc e Pincová, citata sopra, § 58).
68. Rivolgendosi alla presente causa la Corte prende nota dell’argomento del Governo per cui il richiedente aveva comprato l’area di terreno prima nazionalizzato sotto condizioni favorevoli e grazie alla sua posizione privilegiata come vice-rettore della LAA. Ammettendo che il richiedente avrebbe potuto essere consapevole di certi problemi a riguardo dell’area di terreno che lui si apprestava ad acquistare esistenti al tempo attinente (vedere paragrafo 7 sopra), la Corte non può seguire l’argomento del Governo secondo cui lui aveva acquistato quell’ area in mala fede. La Corte enfatizzerebbe la sua precedente giurisprudenza all’effetto che spetta alle corti nazionali stabilire, sulla base delle prove addotte dalle parti ai procedimenti civili, se c’è stato o meno un affare illegale in una particolare causa. Dove le corti nazionali non hanno fatto tale costatazione, il Governo rispondente non può portare di fronte alla Corte supposizioni in senso opposto. Tale approccio sarebbe contrario al principio della preminenza del diritto inerente nella Convenzione (vedere Velikovi ed Altri c. Bulgaria, N. 43278/98, 45437/99, 48014/99 48380/99, 51362/99 53367/99, 60036/00 73465/01 e 194/02, §§ 187-188 del 15 marzo 2007). Nella presente causa le corti nazionali stabilirono che non ci nessun simile abuso di posizione.
69. Sulla questione del carico sopportato dal richiedente nella presente causa, la Corte enfatizzerebbe, che non è costretta a decidere su quale base le corti nazionali avrebbero dovuto valutare l’importo del risarcimento pagabile; non può subentrare nel determinare l’anno che avrebbe dovuto essere preso nell’esame per la valutazione della terreno (vedere, mutatis mutandis, Malama citats sopra, § 51, e Pinc e Pincová, citats sopra, § 60). Invece, la Corte osserva che nel 2003 al richiedente fu rimborsato il prezzo di acquisto originale, fissato nel 1992. Non può esserci dubbio che col tempo la somma che lui aveva pagato avesse subito una svalutazione. E nemmeno che la Corte non sia riuscita a notare che il valore del terreno, come era nel 1992, non può essere ragionevolmente collegato undici anni più tardi al suo valore.
70. Comunque, la Corte indica che il richiedente firmò l’accordo di acquisto del terreno dell’ 11 aprile 1995 e tre giorni più tardi registrò il suo titolo su quella proprietà presso la Cancelleria Fondiaria Statale, divenendo con ciò il suo proprietario. La Corte non può trascurare il fatto che fin dal 5 giugno 1995 dei procedimenti civili erano stati avviati dai proprietari iniziali la cui proprietà era stata nazionalizzata durante l’era comunista. Ne segue che c’era solamente un periodo piuttosto breve in cui il richiedente avesse potuto considerarsi ragionevolmente come il proprietario incontrastato della terreno (vedere, per implicazione contraria, Panikian c. Bulgaria, citata sopra). In più, fin dal 27 giugno 1995 la Corte distrettuale di Kaunas ordinò la confisca della terreno del richiedente, concedendogli solamente di coltivare piante annuali ed allo stesso tempo proibendogli di intraprendere qualsiasi attività agricola a lungo termine o attività di costruzione su quel terreno mentre gli atti erano pendenti. In questa relazione la Corte nota che c’era un’attività sull’area-piante perenni furono piantate ed uno stagno fu scavato (vedere paragrafo 17 sopra). Non spetta alla Corte speculare in merito a se quelle azioni furono completate prima del tempo in cui la Corte distrettuale di Kaunas emise la sua ingiunzione, o dopo quella proibizione. La Corte può notare solamente che il titolo del richiedente sull’area di terreno fu annullato nel 2003 e che perciò durante quel periodo non gli fu impedito di avvalersi dell’area e dello stagno così come di godere dei frutti delle piante che, sotto l’Articolo 6.151 § 1 del Codice civile, lui non doveva restituire ai proprietari legali di quel terreno.
71. Nel passato la Corte ha già trattato cause riguardo all’ alloggio nel quale i richiedenti avevano vissuto per molte decadi e che questi ultimi sono stati obbligati a lasciare a causa della restituzione della proprietà. In seguito a decisioni di restituzione prese anni più tardi, quei richiedenti non erano in grado di acquistare un alloggio alternativo e di conseguenza furono lasciati in una situazione incerta e davvero difficile. Questo era uno degli argomenti che spinsero la Corte a trovare una violazione dell’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione (vedere Pinc e Pincová, citata sopra, §§ 61-64). Comunque, questo ragionamento non si applica alla presente causa, dove il processo di restituzione in particolare mirava a proteggere i diritti di precedenti proprietari (vedere paragrafo 18 sopra). Inoltre, il richiedente aveva un’altra abitazione, non aveva costruito un alloggio sull’area di terreno in questione e, inoltre, gli fu proibito esplicitamente di fare così dalle corti nazionali durante la controversia civile. Ne segue che riguardo alla possibilità di avere un tetto sopra il suo capo il richiedente non fu messo in una situazione particolarmente vulnerabile e non doveva perciò sopportare un carico eccessivo che avrebbe sconvolto l’equilibrio equo che dovrebbe essere sostenuto fra le richieste dell’interesse generale da una parte e quello della protezione del diritto alla protezione della proprietà dall’altra.
72. Infine, la Corte mette una particolare enfasi sul fatto che il richiedente non sollevò mai di fronte alle corti nazionali la questione dell’adeguatezza del risarcimento per l’area di terreno di cui lui è stato privato. Come notato dalla Corte Suprema nella sua decisione del 31 gennaio 2003, i procedimenti civili riguardavano soltanto l’annullamento dei contratti di acquisto del terreno (vedere paragrafo 21 sopra). È vero che alcuni degli imputati in quella causa si lamentarono di non aver avuto l’ uso dei “voucher di investimento a singolo – uso.” Comunque, come è chiaro dal materiale di fronte alla Corte, il richiedente acquistò il terreno in rubli, mentre le corti ordinarono restituzione in litas cioè la valuta lituana dopo il 1993. La Corte osserva inoltre che, sotto l’Articolo 4.97 §§ 3 e 4 del Codice civile, il richiedente avrebbe potuto chiedere il risarcimento dalle persone a cui veniva concessa la restituzione della terreno per le spese che lui aveva sostenuto per custodirlo o migliorarlo. Comunque, la Corte non ha nessuna informazioni che suggerisca che il richiedente non mai introdotto simili rivendicazioni.
73. Come affermato prima (vedere paragrafo 63 sopra) la Corte, attenta all’importanza degli scopi legittimi perseguiti dalla Legge sulla Restituzione e le particolari difficoltà coinvolte nel regolare la restituzione delle proprietà nazionalizzate dopo decadi di regime totalitario, non considererebbe come sproporzionato ogni squilibrio fra l’interesse pubblico attinente e gli effetti della Legge sulla Restituzione sul particolare individuo riguardato. Si deve oltrepassare una certa “soglia” di fatica perché la Corte trovi una violazione dei diritti del richiedente dell’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 (vedere Velikovi ed Altri, citata sopra, § 234).
74. Nelle circostanze globali della presente causa la Corte non considera che tale soglia di fatica sia stata raggiunta. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione e viene respinta facendo seguito all’ Articolo 35 § 4.
III. ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE DELLA CONVENZIONE
75. Il richiedente dibatté sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione che le corti avevano applicato erroneamente il sostanziale diritto nazionale e procedurale esaminando le sue rivendicazioni riguardo alla restituzione della terreno in oggetto. Il richiedente addusse inoltre che la corte di appello aveva esaminato la causa in assenza del suo avvocato.
76. Riguardo all’erronea applicazione addotta del diritto nazionale, la Corte considera che non è il suo ruolo comportarsi come una corte d’appello o, come qualche volta viene detto, come una corte di quarta istanza, contro decisioni prese dalle corti nazionali. È il ruolo delle corti nazionali interpretare ed applicare gli articoli attinenti della legge procedurale effettiva (vedere, fra molte autorità, Baumann c. Austria, n. 76809/01, § 49 7 ottobre 2004). Comunque, la Corte nota che nella presente causa le corti fecero un ragionamento particolareggiato, rivolgendosi ad ogni eccezione attinente sollevata dal richiedente e spiegando i loro giudizi riguardanti i fatti e l’interpretazione della legge.
77. La Corte non è nemmeno persuasa dell’argomento del richiedente per cui i suoi diritti di difesa sono stati violati perché il suo avvocato non ha potuto rappresentarlo all’istanza di appello. Deve essere tenuto presente che il 19 giugno 2002 l’avvocato del richiedente sapeva già che l’udienza della corte di appello avrebbe avuto luogo il 27 giugno 2002. Richiese alla Corte Regionale di Panevėžys di posticipare l’udienza perché aveva un’altra udienza di corte a quel tempo; comunque, come osservato dalla Corte Suprema, non riuscì a portare qualsiasi prova in quel collegamento (vedere paragrafo 21 sopra). La Corte non vede nessuna ragione di abbandonare i giudizi della Corte Suprema che furono basati sulla sua conoscenza diretta dei fatti della causa. Di conseguenza, le azioni di reclamo del richiedente per cui c’è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione non possono essere accolte e dovrebbero essere respinte a riguardo come manifestamente mal-fondate in conformità con l’Articolo 35 §§ 3 e 4.
IV. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
78. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno
79. Il richiedente chiese LTL 180,000 (approssimativamente 52,174 euro (EUR)) a riguardo del danno patrimoniale e LTL 100,000 (circa EUR 28,985) a riguardo del danno non-patrimoniale.
80. Il Governo contestò queste rivendicazioni come irragionevoli ed eccessive.
81. La Corte non discerne qualsiasi collegamento causale fra la violazione trovata ed il danno patrimoniale addotto; respinge perciò questa rivendicazione. Comunque, considera che il richiedente ha dovuto subire danno non-patrimoniale come risultato della violazione trovata. Decidendo su una base equa, gli assegna EUR 2,500 sotto questo capo.
B. Costi e spese
82. Il richiedente chiese anche LTL 3,000 (circa EUR 869) per i costi e le spese incorsi in di fronte alla Corte. Lui presentò alla Corte l’accordo col suo avvocato secondo il quale il detto importo sarebbe stato pagato in due rate: LTL 600 che già gli erano stati pagati per la preparazione delle osservazioni del richiedente e la parte rimanente di LTL 2,400 da pagare dopo che la Corte aveva adottato la sua decisione.
83. Il Governo contestò la rivendicazione come eccessiva.
84. Secondo la giurisprudenza della Corte, ad un richiedente viene concesso il rimborso dei costi e delle spese solamente se viene mostrato che questi davvero e necessariamente sono stati incorsi e sono stati ragionevoli in merito al quantum. Nella presente causa, avuto riguardo ai documenti in suo possesso ed ai criteri sopra, la Corte costata che la somma chiesta dovrebbe essere assegnata in pieno.
C. Interesse di mora
85. La Corte considera appropriato che l’interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a cui dovrebbero essere aggiunti tre punti percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara l’azione di reclamo del richiedente riguardo alla lunghezza eccessiva dei procedimenti ammissibile ed il resto della richiesta inammissibile;
2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente deve pagare il richiedente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione le seguenti somme, da convertire nella valuta nazionale di questo Stato al tasso applicabile in data dell’ accordo:
(i) EUR 2,500 (due mila cinquecento euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, a riguardo del danno non-patrimoniale
(ii) EUR 869 (ottocento e sessanta-nove euro), più qualsiasi tassa che può essere a carico del richiedente, per costi e spese;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’ interesse semplice sarà pagabile sull’importo sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;
4. Respinge il resto delle rivendicazioni del richiedente per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 7 luglio 2009, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 dell’Ordinamento di Corte.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Cancelliere Aggiunto Presidente

Testo Tradotto

Remainder inadmissible ; Violation of Art. 6-1 ; Pecuniary damage – claim dismissed ; Non-pecuniary damage – award
SECOND SECTION
CASE OF PADALEVIČIUS v. LITHUANIA
(Application no. 12278/03)
JUDGMENT
STRASBOURG
7 July 2009
FINAL
07/10/2009
This judgment may be subject to editorial revision.

In the case of Padalevičius v. Lithuania,
The European Court of Human Rights (Second Section), sitting as a Chamber composed of:
Françoise Tulkens, President,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, judges
and Françoise Elens-Passos, Deputy Section Registrar,
Having deliberated in private on 16 June 2009,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 12278/03) against the Republic of Lithuania lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by a Lithuanian national, J. P. (“the applicant”), on 4 April 2003.
2. The applicant was represented by Mr L. B., a lawyer practising in Vilnius. The Lithuanian Government (“the Government”) were represented by their Agent, Ms E. Baltutytė.
3. On 11 May 2006 the Court decided to give notice to the Government of the applicant’s complaints under Articles 6 § 1 of the Convention and Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. It also decided to examine the merits of the application at the same time as its admissibility (Article 29 § 3).
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
4. The applicant was born in 1943 and lives in the Kaunas region.
5. On an unspecified date in 1991 the former owners of the land belonging to the Noreikiškės settlement, situated on the territory of the Lithuanian Academy of Agriculture (“the LAA”), filed claims for restitution of their ownership rights.
6. On 13 March 1992 the Noreikiškės settlement local council assigned a plot of land for the applicant’s use and for construction of a private house. On 20 July 1992 the applicant paid 2,970 Russian roubles (RUR) for the use of that plot.
7. On 13 October 1992 a meeting of the Kaunas Regional Board took place attended by the applicant, acting on behalf of the LAA, a representative of the pre-nationalisation owners who sought to restore their property rights to the land assigned to the territory of the new LAA settlement, and representatives of various municipal and State institutions. It was decided to organise another meeting to discuss the possibility of restoring property rights to the land in Noreikiškės settlement in kind and to propose to the Government that plots of 0.3 hectares be allocated to the former owners for the construction of private houses.
8. Between 1992 and 1995 the Government enacted several decrees allowing persons in the applicant’s position to acquire ownership of the land they had been using.
9. On 11 April 1995 the applicant and the Kaunas municipality signed a land-purchase agreement which specified that on 20 July 1992 the applicant had paid 29.70 Lithuanian litas (LTL) for the plot of land. On 14 April 1995 the plot of land was registered in the State Land Registry in the applicant’s name and, in accordance with Lithuanian law, the applicant became its owner.
10. On 5 June 1995, civil proceedings were brought by a group of eight private individuals for annulment of the land-purchase agreements, including that of the applicant. The plaintiffs claimed restitution of their property rights to the land in question, which the LAA had allocated for the building of private houses and which had been nationalised by the Soviet occupying power in the 1940s. The dispute involved a total of 129 co-defendants, including the applicant.
11. On 27 June 1995 the Kaunas District Court ordered the seizure of the applicant’s land. The order was later upheld by the Kaunas Regional Court and the Supreme Court, and specified that the applicant could grow only plants with a one-year lifespan on the land at issue. Moreover, the applicant was forbidden from carrying out any construction activities on the land pending the court proceedings.
12. On 28 October 1996 the Kaunas District Court dismissed the action as unsubstantiated.
13. On 5 February 1998 the Kaunas Regional Court quashed the decision, noting that the lower court had failed to properly inform 38 defendants in the case about the forthcoming hearing. The case was returned for fresh examination at first instance.
14. On 26 February 1999 the Kaunas District Court again dismissed the action.
15. On an unspecified date the case was transferred to the Panevėžys Regional Court, which examined it on appeal.
16. On 14 March 2000 the Panevėžys Regional Court stayed the proceedings, deciding to submit a question as to the constitutionality of the Government decrees on the basis of which the land had been sold to the applicant.
17. On 6 March 2002 the Kaunas County Governor’s Office informed the applicant that despite the courts’ ban on pursuing any activities on the plot of land, “at present there are perennial plants and there is also a pond”. The applicant was requested to “bring the illegal actions to an end”. On 12 April 2002 the applicant informed the local authorities that “it was only from your letter that I learned about the seizure of my plot of land. The pond was dug, the plants were planted and other works were done in 1993, 1994 and the first half of 1995”.
18. On 10 May 2002 the Constitutional Court adopted a ruling, finding that the Government decrees in question violated the rights of the former owners of the land, who had the right to restitution of their property. The decrees were declared unconstitutional as contradicting Article 23 of the Constitution and, inter alia, Article 12 § 1 (15) of the Law on the procedure and conditions governing the restoration of rights of ownership to existing real property (Įstatymas dėl piliečių nuosavybės teisių į išlikusį nekilnojamąjį turtą atstatymo tvarkos ir sąlygų) (“the Restitution Law”). The ruling read in part as follows:
“… although the legislature enjoys a certain discretion in establishing the conditions and procedure for the restoration of rights of ownership, in doing so it must take account of the constitutional principle of protection of the right of ownership. This principle also presupposes that, unless it is necessary for the needs of society, land unlawfully nationalised by the occupying government must be returned to its owners in kind under the procedure and conditions established by law…
… given that Government Decree no. 649 of 25 August 1993 and Government Decree no. 294 of 19 April 1994 established that the land allocated to the LAA also included an area designated for building private dwelling houses, and that it was established that the status of the land, subject to being bought out by the State, was granted because that land was on territory allocated to the scientific and educational establishment, and given also that Government Decree no. 350 of 9 March 1995 permitted natural persons to acquire private ownership of the plots of land on the territory attributed to the educational-production base of the LAA, the right of the owners to restore their ownership rights over the said land has been denied”.
19. As a result, on 28 June 2002 the Panevėžys Regional Court reversed the decision of the Kaunas District Court of 26 February 1999. It was noted that the Government decrees on the basis of which the applicant had signed the land-purchase agreement had been declared unconstitutional. Consequently, the administrative acts whereby the land had been sold to the applicant were declared null and void. The court also observed that “the defendants [one of them being the applicant] have for the most part not started the construction works. Not all the defendants have bought out the plots of land which were assigned to them for construction of private houses and not all the [defendants] who signed land-purchase agreements have had them registered”. The court applied Article 1.80 of the Civil Code and ordered restitution, obliging the local authorities to return to the applicant the sum of LTL 29.70 which he had previously paid for the plot of land at issue. As some of the defendants had paid for their plots of land in 1992 with “single-use investment vouchers” (vienkartinėmis išmokomis), the court ordered that those sums be repaid to them.
20. The defendants, including the applicant, lodged an appeal on points of law. They alleged, inter alia, that the Panevėžys Regional Court had examined the case in the absence of their lawyer. The defendants further argued that it would be impossible to execute the appellate court’s decision since it ordered restitution in “single-use investment vouchers”, which no longer had any pecuniary value in Lithuania. Lastly, they contended that the annulment of the land-purchase contracts was contrary to the right to protection of private property and would amount to re-privatisation.
21. On 31 January 2003 the Supreme Court upheld the decision. It stated that the annulment of the impugned acts was necessary to protect the legitimate interests of the pre-nationalisation owners. The court acknowledged that the “single-use investment vouchers” had in the meantime ceased to exist as a means of payment. The Supreme Court noted, however, that the subject matter of the proceedings was the annulment of the land-purchase contracts and that the assessment of possible compensation for the investment vouchers had not been its subject matter. Finally, the court found that on 19 June 2002 the applicant’s lawyer had been duly notified of the appellate court hearing which was to take place on 27 June 2002, and that she had requested that the hearing be postponed, given that she had to attend another court hearing at the same time. The Supreme Court, however, noted that the applicant’s lawyer had failed to provide any proof of that hearing. The court ruled that, taking into account the need to ensure the speediness of the proceedings and the high number of participants in the case, the appellate court had taken a reasonable decision to hear the case in the lawyer’s absence.
22. By a decision of 14 March 2005 the Deputy Governor of Kaunas County restored the former owners’ title to the plot of land on the LAA settlement of which the applicant had acquired ownership under the annulled land-purchase agreement of 11 April 1995.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW AND PRACTICE
23. The Constitution of the Republic of Lithuania provides:
Article 23
“Property shall be inviolable. Rights of ownership shall be protected by law. Property may be expropriated only for the needs of society and in accordance with the procedure established by law, and shall be justly compensated.”
24. The Restitution Law, adopted on 18 June 1991 and amended on numerous occasions, provided that, in restoring property rights, priority was to be given to restitution in kind. The State retained the right to buy out the property from the previous owners if the current social conditions and relations so required (atsižvelgiant į visuomeninius santykius). In particular, Article 12 § 1 (15) of the Law provided that the State could buy out land which had been allocated to scientific or educational institutions for carrying out experiments or for other scientific purposes.
25. On 25 August 1993 the Government adopted decree no. 649 on the status of land used by the Lithuanian Academy of Agriculture and approval of the zoning scheme for its use. In an attempt to create better conditions for the LAA to address scientific, educational and social issues, it was decided that the land, which was used by the LAA and which the LAA’s management had earmarked for the construction of private housing, could be bought out by the State.
26. On 19 April 1994 the Government adopted decree no. 294 and partially amended decree no. 649, specifying that part of the total area of land used by the LAA was to be set aside for building private houses on campus. On 9 March 1995 the Government enacted decree no. 350, which granted natural persons the right to acquire private ownership of the plots of land which were on the territory of the LAA and which had been allocated to them by the Noreikiškės settlement local council prior to 15 March 1992 for the building of dwelling houses.
27. On 27 May 1994 the Constitutional Court examined the issue of compatibility with the Constitution of the domestic laws on the restitution of property rights. In its decision the Constitutional Court held, inter alia, that possessions which had been nationalised by the Soviet authorities since 1940 should be considered as “property under the de facto control of the State”. The Constitutional Court also stated that, if possible, the property rights should be restored in kind. It further ruled that buying out land in the countryside for the purpose of building private housing served no public interest, since after such land was bought out it could be privatised, thereby breaching the previous owners’ right to restitution.
28. The Law on the initial privatisation of State property (Valstybinio turto pirminio privatizavimo įstatymas), adopted on 28 February 1991 and amended on numerous occasions, provided that Lithuanian citizens would be granted “single-use investment vouchers” (vienkartinės išmokos), for amounts ranging from RUR 2,000 to RUR 10,000, for the initial privatisation of State property.
29. On 16 September 1992 the Litas Committee adopted decision no. 2, pursuant to which the rouble as a currency unit was to be withdrawn from monetary transactions with effect from 1 October 1992. A new temporary currency, the talonas, was to be used instead of the rouble, the exchange rate between the two being 1:1.
30. Under the Litas Committee’s decision of 14 June 1993 the talonas ceased to exist and was replaced by a new permanent currency, the Lithuanian litas. The exchange rate was 100 talonai to 1 litas.
31. The Civil Code, in force since 1 July 2001, provides insofar as relevant as follows:
Article 1.80 Nullity of a transaction that does not comply with the mandatory statutory provisions
“1. Any transaction that fails to comply with the mandatory statutory provisions shall be null and void.
2. When a transaction is declared null and void, each party shall be required to restore to the other party everything he or she has received by means of that transaction (restitution). Where it is impossible to restore in kind the items received, the parties shall be required to compensate each other in money, unless the law provides for other consequences as a result of the transaction’s being declared void.
…”
Article 4.97 Payments on the return of items illegally possessed
“1. In claiming an item as stipulated by Article 4.95 of this Code, the owner shall have the right to demand: from the person who knew or should have known that his possession was illegal (possessor in bad faith), that he or she reimburse or provide compensation for all income he or she received or should have received during the entire period of possession; from an illegal possessor in good faith – all income which such possessor received or should have received since the time when he or she found out or should have found out about the possession being illegal or found out about the commencement of a civil case concerning restitution of the item concerned.
2. An illegal possessor in bad faith shall have the right in his or her turn to claim from the owner necessary expenses related to the item concerned from the time the owner receives income from it.
3. An illegal possessor in good faith shall have the right to claim from the owner compensation for all his expenses incurred in connection with the item concerned that have not been covered by income received from it.
4. An illegal possessor in good faith shall have the right to keep those parts that have been added to improve the item concerned, provided these can be removed without causing damage to it. If the parts added as improvement cannot be removed or if the item was improved in a different manner, the illegal possessor in good faith shall have the right to claim a compensation for the expenses arising from such improvement, in an amount not greater than the increase in value.”
Article 6.145 Grounds for restitution
“1. Restitution shall take place where a person is required to return to another person the property he or she has received either unlawfully or by error, or as a result of the transaction whereby the property was received by him or her being annulled ab initio, or as a result of the obligation becoming impossible to perform because of force majeure. …”
Article 6.146 Manner of restitution
“Restitution shall be made in kind, except in cases where this is impossible or would cause serious inconvenience to the parties. In the latter case, restitution shall be effected by means of an equivalent monetary payment.”
Article 6.147 Estimation of monetary equivalent
“1. The monetary equivalent shall be estimated on the basis of the prices valid at the time when the debtor received the items he is required to restore.”
Article 6.150 Reimbursement for expenses incurred for the care of the property
“The repayment of expenses for the care and custody of the property subject to restitution which have been incurred by the person who is required to return the property shall be carried out in accordance with the provisions of Book IV of this Code, applicable in respect of possessors in good faith and possessors in bad faith.”
Article 6.151 Restoration of fruits and revenues
“1. The fruits and revenues accruing from the property subject to restitution shall belong to the person required to make restitution. This person shall bear all the expenses incurred in the production of those benefits and revenues. …”
32. Article 240 of the Code of Civil Procedure, in force until 1 January 2003, provided that a court could suspend proceedings in a case, at the request of the participants in the proceedings or of its own motion, when it submitted a request to the Constitutional Court to resolve a question as to the constitutionality of the act applicable in that particular case. Under Article 241 of the Code, the proceedings were suspended until the Constitutional Court had given its ruling.
THE LAW
I. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION
33. The applicant submitted that the length of the proceedings in his case had been incompatible with the “reasonable time” requirement laid down in Article 6 § 1 of the Convention, which reads as follows:
“In the determination of his civil rights and obligations …, everyone is entitled to a … hearing within a reasonable time by [a] … tribunal…”
A. Admissibility
1. The parties’ arguments
34. The Government contended that the applicant could have applied to the domestic courts, claiming redress under Article 6.272 of the Civil Code for the length of the civil proceedings. Relying on the ruling of the Constitutional Court of 19 August 2006, the Government also argued that, even assuming that specific redress had not been enshrined in any law, the applicant could have claimed redress by relying directly on the Constitution. In view of the applicant’s failure to lodge such a claim in the present case, the complaint about the length of the proceedings should be rejected for non-exhaustion of domestic remedies, pursuant to Article 35 § 1 of the Convention. The Government further submitted that part of the impugned civil proceedings fell outside the Court’s competence ratione temporis. Lastly, the Government submitted that the applicant’s complaint was manifestly ill-founded.
35. The applicant contested the Government’s arguments.
2. The Court’s assessment
36. The Court observes first that it has no competence to examine events which occurred prior to 20 June 1995, the date of the entry into force of the Convention with regard to Lithuania. In so far as part of the civil proceedings took place before that date, this part of the application should be rejected under Article 35 §§ 3 and 4 as being incompatible ratione temporis with the provisions of the Convention.
37. As to the Government’s plea concerning the exhaustion of domestic remedies, the Court recalls its conclusion in the case of Četvertakas and Others v. Lithuania (no. 16013/02, §§ 29-31, 20 January 2009), where it decided that a claim for damages under Article 6.272 of the Civil Code or the Constitution did not satisfy the test of “effectiveness” in contexts of the present kind. The Court finds no reason to depart from its existing case-law in this regard. It therefore remains unconvinced that the possibility of claiming damages for the excessive length of proceedings under Article 6.272 of the Civil Code or the Constitution had – at the moment of the introduction of the present application – already acquired a sufficient degree of legal certainty requiring its exhaustion for the purposes of Article 35 § 1 of the Convention.
38. That being so, the Government’s plea of inadmissibility on the ground of non-exhaustion of domestic remedies must be dismissed.
39. The Court also notes that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
1. The parties’ arguments
40. The Government contended that the proceedings had been protracted due to their complexity, not as a result of any omissions on the part of the State. In particular, the case involved many participants who had submitted numerous claims and counterclaims. Some of the parties to the case during the civil proceedings had been replaced by other persons. The case file consisted of six volumes (1,852 pages) and the case was complicated from the legal point of view due to its restitution aspect. They also argued that, taking into account what was at stake for the applicant, the civil proceedings had not caused him prejudice to such an extent as to impose on the courts concerned a duty to deal with his case as a matter of great urgency, as was true of certain types of litigation.
41. The Government also drew the Court’s attention to the fact that part of the proceedings had taken place before the Constitutional Court, which heard cases in corpore and was the only institution which exercised constitutional review. Since its role as guardian of the Constitution made it particularly necessary for the Constitutional Court to sometimes take into account other considerations than mere chronological order in deciding which cases were entered on its list, such as the nature of the case and its importance in political and social terms, the length of the proceedings before that court had been reasonable. Lastly, the Government emphasised that in Lithuania the Constitutional Court did not belong to the ordinary courts system and was not entitled to review their decisions. Since the Constitutional Court could not hear civil or criminal cases or investigate individual complaints concerning alleged violations of constitutional rights, the part of the proceedings conducted before the Constitutional Court should not be taken into account in assessing the reasonableness of length of proceedings in a civil case.
42. In view of the above the Government concluded that there had been no breach of the right to a hearing within a “reasonable time”, conferred by Article 6 § 1 of the Convention.
43. The applicant disagreed, stating that the complexity of the case was not sufficient to discharge the State of its obligation to respect the reasonable-time requirement. He further argued that before the proceedings had been initiated he had started preparations to build his home on the plot of land at issue and that therefore the delay in the proceedings had caused him considerable financial uncertainty and stress.
2. The Court’s assessment
(a) Applicability of Article 6 § 1 of the Convention
44. The Court has regard to the Government’s argument that from 14 March 2000 until 10 May 2002 proceedings in the civil case had been suspended until the Constitutional Court had given its ruling. In this connection the Court reiterates, however, that proceedings come within the scope of Article 6 § 1, even if they are conducted before a constitutional court, where their outcome is decisive for civil rights and obligations (see Pammel v. Germany, 1 July 1997, § 53, Reports of Judgments and Decisions 1997-IV).
45. In the present case the Court points out that the applicant had bought the land from the State and that, later, civil proceedings were instituted by a group of persons with a view to having the land-purchase agreement declared void (see paragraphs 9 and 10 above). The dispute before the civil courts therefore concerned the applicant’s right to protection of his property, which is certainly a civil right within the meaning of Article 6 § 1 of the Convention.
46. At a later stage in the proceedings the Panevėžys Regional Court referred the case to the Constitutional Court for a ruling on the constitutionality of the Government decrees on the basis of which the applicant had purchased the plot of land (see paragraph 16 above) and, acting on the basis of Article 240 of the Code of Civil Procedure, stayed the proceedings.
47. In the instant case the proceedings in the Constitutional Court were therefore closely linked to those in the civil courts; not only was the former’s decision directly decisive for the applicant’s civil right but in addition, as the proceedings arose from an application for a ruling on constitutionality, the Panevėžys Regional Court had to wait for the Constitutional Court’s decision before it could give a decision. It follows that Article 6 § 1 is also applicable to the part of the proceedings which took place before the Constitutional Court.
(b) Compliance with Article 6 § 1 of the Convention
(i) Period to be taken into consideration
48. The Court notes at the outset that although the civil proceedings were instituted on 6 June 1995, the period falling within the Court’s jurisdiction only began on 20 June 1995, when the Convention came into force with regard to Lithuania, and lasted until 31 January 2003, when the Supreme Court adopted a final decision in the case. The overall length of the proceedings was thus around 7 years and 8 months.
(ii) Applicable criteria
49. The Court has held on numerous occasions that Article 6 § 1 imposes on the Contracting States the duty to organise their judicial systems in such a way that their courts can meet each of its requirements, including the obligation to hear cases within a reasonable time. Although this obligation cannot be construed in the same way for a constitutional court as for an ordinary court, it is for the Strasbourg Court in the last instance to verify that it has been complied with, having regard to the particular circumstances of each case and the criteria laid down in its case-law
(see Klein v. Germany, no. 33379/96, § 42, 27 July 2000, and the case-law cited therein).
50. The Court also reiterates that the reasonableness of the length of proceedings must be assessed in the light of the circumstances of the case and with reference to the following criteria: the complexity of the case, the conduct of the applicant and the relevant authorities and what was at stake for the applicant in the dispute (see, among many other authorities, Frydlender v. France [GC], no. 30979/96, § 43, ECHR 2000-VII).
51. The Court shares the Government’s view that the applicant’s case was indeed complex, particularly due to the number of participants, ongoing legislative changes and its restitution and constitutionality aspects. That, however, cannot justify the total, significant length of the proceedings.
52. On the facts of this case the Court finds no evidence to demonstrate that at any stage of the proceedings the applicant displayed dilatory conduct or otherwise disrupted the proper conduct of those proceedings. As regards the conduct of the authorities, however, the Court cannot overlook the fact that, owing to the Kaunas District Court’s failure to properly summon 38 defendants, the case was returned to it for fresh examination, which prolonged the civil proceedings by more than two years (see paragraphs 12-14 above). As to the Government’s argument regarding the overburdening of the Constitutional Court, it should be pointed out that a general work overload is no justification for an unreasonable delay, and that the other social factors relied on by the Government can have played only a secondary role in the present case (see Pitra v. Croatia, no. 41075/02, § 23, 16 June 2005). The Government’s argument in this respect should therefore be rejected.
53. In the light of all the circumstances of the case, the Court concludes that the reasonable time required by Article 6 § 1 was exceeded, and that there has therefore been a breach of that provision.
II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL No. 1 TO THE CONVENTION
54. The applicant complained about the annulment of the land-purchase agreement. He further argued that the compensation granted to him by the courts for that land had been derisory. The applicant alleged a violation of Article 1 of Protocol No. 1, which states as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
A. The parties’ arguments
55. The Government submitted at the outset that the applicant had never had a “possession” as regards the plot of land at issue, since when concluding the annulled land-purchase agreement of 11 April 1995 he had not been acting bona fide and therefore could not enjoy the protection of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. In particular, on 13 October 1992 the applicant, as the vice-rector of the LAA and on its behalf, attended the meeting also attended by representatives of the local authorities and pre-nationalisation land owners, which was held in order to solve the question of the further development of the LAA settlement and to resolve the land restitution matter (see paragraph 7 above). Consequently, the applicant was well aware that the land allocated to LAA employees so that they could build private houses on it was the object of the restitution claim. By declaring the land-purchase agreements, including that of the applicant, null and void the domestic courts were striving to protect the rights of those former owners, which had been denied to them.
56. As regards the currency which the applicant used to pay for the plot of land, the Government observed that on 20 July 1992 the applicant paid for the use of the land a sum 2,970 Russian roubles, which was the currency in circulation at that period. Given that at the time the land-purchase agreement of 11 April 1995 was signed the Lithuanian litas was the official currency in the Republic, that agreement indicated that the applicant had paid a sum of 29.70 litas (for legislative changes regarding currency regulations see paragraphs 29 and 30 above). Subsequently the Panevėžys Regional Court annulled the applicant’s title to the plot of land and ordered that the said amount of LTL 29.70 be repaid to him. Even allowing for the fact that due to the depreciation of the currency, inflation and other economic factors, the purchasing power of RUR 2,970 in 1992 would have been higher than that of LTL 29.70 in 2002, the applicant had not suffered substantial losses in the present case. The Government accordingly considered that the burden on the applicant, who was required to return the property, had not been excessive and that the means employed to protect the former owners’ right to property had not been disproportionate in relation to the public interest.
57. The Government pointed out that while the vast majority of the defendants in the civil proceedings concerning the land they had acquired had paid with “single-use investment vouchers”, some of them, including the applicant, had paid for their plots in roubles. In the appeal on points of law the defendants had claimed that it would be impossible to execute the appellate court’s decision, since compensation for the expired vouchers had been estimated in a non-existent currency – “single-use investment vouchers”. However, in its decision of 31 January 2003 the Supreme Court held that the question of compensation for the lost “single-use investment vouchers” was not the subject matter of that case. As regards the other defendants, including the applicant, who had paid for their plots in roubles, the Government emphasised that they had failed to claim that the compensation the court awarded them had been inadequate.
Relying on the above the Government concluded that this part of the application should be declared inadmissible and rejected under Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
58. The applicant disagreed with the Government and claimed that the latter could not rely on defects in its own legislation as a basis for depriving him of his property rights. He further argued that he had acquired the property in good faith. Regarding the damage he had allegedly suffered, the applicant contended that, after the local authorities had assigned the plot of land to him, he had started preparations to build a house on it and the annulment of the land-purchase agreement had caused him loss of the time, labour and money he had invested in that connection. It was unfair that the only compensation he could secure was reimbursement of the price he had paid for the land in 1992, when the purchasing power of 2,970 roubles in Lithuania was far higher than its equivalent of LTL 29.70 in 2002. Moreover, the price of land in Lithuania back in 1992 had been significantly lower than at the present time.
B. Admissibility
1. Whether there was interference
59. The Court notes that on 11 April 1995, that is to say before 24 May 1996, the date on which Protocol No. 1 to the Convention entered into force with regard to Lithuania, the applicant bought the plot of land in question and, even while accepting the existence of certain restrictions on the property at that time, became its owner (see paragraphs 9 and 11 above). The Court observes further that the applicant was deprived of his property as a consequence of the findings of the Constitutional Court and the Supreme Court in their respective decisions of 10 May 2002 and 31 January 2003. By virtue of those decisions the applicant’s property title to the plot of land in question was nullified.
60. The Court finds, therefore, that there was a deprivation of property within the meaning of the second sentence of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention. Such deprivation of property must be lawful, in the public interest and must strike a fair balance between the demands of the general interest of the community and the requirements of the protection of the individual’s fundamental rights (see Gashi v. Croatia, no. 32457/05, § 28, 13 December 2007).
2. Whether the interference was provided for by law
61. It is not disputed that the applicant was deprived of his property as a consequence of the adoption by Parliament and application by the courts of the Restitution Law. By virtue of that law as interpreted and applied by the courts, the authorities allowed the nullification of his property title acquired in 1995, in order to satisfy the restitution claims of persons from whom that property had been expropriated in the 1940s. Moreover, the question of the compensation for that property was decided under Lithuanian civil law. The Court is thus satisfied that the nullification of the applicant’s property title was in accordance with domestic law.
3. Legitimate aim and proportionality
62. The Court must next determine whether a fair balance was struck between the general interests of the community and the individual’s fundamental rights (see Pressos Compania Naviera S.A. and Others v. Belgium, 20 November 1995, § 38, Series A no. 332).
63. The Court recalls that it has already dealt with the question of the annulment of contracts of sale under which applicants bought property that previously had been nationalised during the communist regime
(see Panikian v. Bulgaria, no. 29583/96, Commission decision of 10 July 1997; Pincová and Pinc v. the Czech Republic, no. 36548/97, ECHR 2002-VIII; Bečvář and Bečvářová v. the Czech Republic, no. 58358/00, 14 December 2004; Mohylová v. the Czech Republic (dec.), no. 75115/01,
6 September 2005; and Velikovi and Others v. Bulgaria, nos. 43278/98, 45437/99, 48014/99, 48380/99, 51362/99, 53367/99, 60036/00, 73465/01 and 194/02, 15 March 2007). In those cases the Court and the Commission were called upon to assess difficult situations, all of which concerned legislation adopted with the aim of making good injustices dating back decades and inherited from communist rule in the respective States.
64. In this connection the Court reiterates that, because of their direct knowledge of their society and its needs, the national authorities are in principle better placed than the international judge to appreciate what is “in the public interest”. Under the system of protection established by the Convention, it is thus for the national authorities to make the initial assessment of the existence of a problem of public concern warranting measures which may interfere with property rights. Where the legislature has made a choice by enacting laws which it considers to be in the general interest, the possible existence of alternative solutions does not in itself nullify the justification behind the contested legislation. Accordingly, States enjoy a certain margin of appreciation in this sphere (see, Malama v. Greece, no. 43622/98, § 46, ECHR 2001-II). It is not for the Court to say whether the legislation represented the best solution, provided that the authorities remain within the bounds of that margin (see, mutatis mutandis, Mellacher and Others v. Austria, 19 December 1989, § 53, Series A no. 169).
65. The Court accepts that the general objective of restitution laws, namely to attenuate the consequences of certain infringements of property rights caused by the communist regime, is a legitimate aim and a means of safeguarding the lawfulness of legal transactions, protecting the country’s socio-economic development (see Pincová and Pinc, cited above, § 58), or, as in present case, securing the rights of former owners. In these circumstances, and having regard to the State’s margin of appreciation, the Court accepts that the deprivation of property experienced by the applicant served not only the interests of the original owners of the land in question, but also the general interests of society as a whole (see Bečvář and Bečvářová, cited above, § 67).
66. Much argument was devoted by the parties to the amount of compensation the applicant received after the courts annulled his title to the plot of land. In this connection the Court reiterates that a person deprived of property must in principle obtain compensation which is reasonably related to its value, even though the legitimate objectives of public interest may call for the reimbursement of less than the full market value (see Pressos Compania Naviera S.A. and Others, cited above, § 38, and The Holy Monasteries v. Greece, 9 December 1994, §§ 70-71, Series A no. 301-A). Thus, Article 1 of Protocol No. 1 does not guarantee a right to full compensation in all circumstances (see Broniowski v. Poland [GC], no. 31443/96, § 182, ECHR 2004-V).
67. At the same time, whilst accepting the legitimacy of the general objective of restitution laws, the Court considers it necessary to ensure that the attenuation of past injustices does not create new wrongs. To that end, legislation should make it possible to take into account the particular circumstances of each case, so that persons who acquired possessions in good faith are not made to bear the burden of responsibility which is rightfully that of the State which previously confiscated the disputed possessions (see Pinc and Pincová, cited above, § 58).
68. Turning to the present case the Court takes notice of the Government’s argument that the applicant had bought the previously nationalised plot of land under favourable conditions and owing to his privileged position as a vice-rector of the LAA. While acknowledging that the applicant could have been aware that certain problems with regard to the plot of land he was about to acquire existed at the material time (see paragraph 7 above), the Court cannot follow the Government’s argument that he purchased that plot in bad faith. The Court would emphasise its previous case-law to the effect that it is for the domestic courts to establish, on the basis of evidence adduced by the parties to the civil proceedings, whether or not there has been unlawful profiteering in a particular case. Where the domestic courts have not made such a finding, the respondent Government cannot rely before the Court on suppositions in the opposite sense. Such an approach would run contrary to the principle of rule of law inherent in the Convention (see Velikovi and Others v. Bulgaria, nos. 43278/98, 45437/99, 48014/99, 48380/99, 51362/99, 53367/99, 60036/00, 73465/01 and 194/02, §§ 187-188, 15 March 2007). In the instant case the domestic courts established no such abuse of position.
69. On the question of the burden borne by the applicant in the instant case, the Court would emphasise that it is not required to decide on what basis the domestic courts should have assessed the amount of compensation payable; it cannot take the place of the Lithuanian authorities in determining the year that should have been taken into consideration for the valuation of the land (see, mutatis mutandis, Malama, cited above, § 51, and Pinc and Pincová, cited above, § 60). Instead, the Court observes that in 2003 the applicant was reimbursed the original purchase price, fixed in 1992. There can be no doubt that over time the sum he had paid suffered some devaluation. Neither can the Court fail to note that the value of the land, as it was in 1992, cannot reasonably be related to its value eleven years later.
70. The Court points out, however, that the applicant signed the land-purchase agreement on 11 April 1995 and three days later registered his title to that property in the State Land Registry, thereby becoming its owner. The Court cannot overlook the fact that as far back as 5 June 1995 civil proceedings had been instituted by the initial owners whose property had been nationalised during the communist era. It follows that there was only a rather short period when the applicant could have reasonably considered himself as being the undisputed owner of the land (see, by converse implication, Panikian v. Bulgaria, cited above). What is more, as early as 27 June 1995 the Kaunas District Court ordered the seizure of the applicant’s land, allowing him to grow only annual plants and at the same time prohibiting him from carrying out any long-term agricultural or construction activities on that land while the court proceedings were pending. In this relation the Court notes that there was some activity at the plot – perennial plants were planted and a pond was dug (see paragraph 17 above). It is not for the Court to speculate as to whether those actions were completed by the time the Kaunas District Court issued its injunction, or after that ban. The Court can only note that the applicant’s title to the plot of land was annulled in 2003 and that therefore during that period he was not prevented from making use of the plot and the pond as well as enjoying the fruits of the plants which, under Article 6.151 § 1 of the Civil Code, he did not have to return to the lawful owners of that land.
71. In the past the Court has already dealt with cases concerning housing in which the applicants lived for many decades and which the latter were obliged to leave because of restitution of property. Following restitution decisions taken years later, those applicants were unable to purchase alternative accommodation and consequently were left in an uncertain and indeed difficult situation. This was one of the arguments prompting the Court to find a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention (see Pinc and Pincová, cited above, §§ 61-64). That reasoning, however, does not apply to the present case, where the restitution process in particular aimed at protecting the rights of former owners (see paragraph 18 above). What is more, the applicant had another dwelling, had not built a house on the plot of land at issue and, in addition, was explicitly prohibited from doing so by the domestic courts pending the civil litigation. It follows that as regards the possibility to have a roof above his head the applicant was not placed in a particularly vulnerable situation and therefore did not have to bear an excessive burden which would have upset the fair balance that should be maintained between the demands of the general interest on the one hand and protection of the right to protection of property on the other.
72. Lastly, the Court places particular emphasis on the fact that the applicant never raised before the domestic courts the question of the adequacy of the compensation for the plot of land he was deprived of. As noted by the Supreme Court in its decision of 31 January 2003, the civil proceedings merely concerned the annulment of land-purchase contracts (see paragraph 21 above). It is true that some of the defendants in that case complained that they would have no use for “single-use investment vouchers”. However, as is clear from the material before the Court, the applicant purchased the land in roubles, whereas the courts ordered restitution in litas, which is the Lithuanian currency after 1993. The Court further observes that, under Article 4.97 §§ 3 and 4 of the Civil Code, the applicant could have claimed compensation from the persons entitled to restitution of the land for the expenses he had incurred in looking after or improving it. However, the Court has no information to suggest that the applicant ever brought such claims.
73. As stated earlier (see paragraph 63 above) the Court, mindful of the importance of the legitimate aims pursued by the Restitution Law and the particular difficulties involved in regulating the restitution of nationalised property after decades of totalitarian rule, would not regard as disproportionate every imbalance between the relevant public interest and the Restitution Law’s effects on the particular individual concerned. A certain “threshold” of hardship must have been crossed for the Court to find a breach of the applicant’s Article 1 Protocol No. 1 rights (see Velikovi and Others, cited above, § 234).
74. In the cumulative circumstances of the present case the Court does not consider that such a threshold of hardship has been reached. It follows that this part of the application is manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention and must be rejected pursuant to Article 35 § 4.
III. OTHER ALLEGED VIOLATIONS OF THE CONVENTION
75. The applicant argued under Article 6 § 1 of the Convention that the courts had incorrectly applied domestic procedural and substantive law when examining his claims regarding restitution of the land in question. The applicant further alleged that the appellate court had examined the case in the absence of his lawyer.
76. As regards the alleged misapplication of domestic law, the Court considers that it is not its place to act as a court of appeal or, as is sometimes said, as a court of fourth instance, against decisions taken by the domestic courts. It is the role of the domestic courts to interpret and apply the relevant rules of procedural and substantive law (see, among many authorities, Baumann v. Austria, no. 76809/01, § 49, 7 October 2004). The Court notes, however, that in the present case the courts did give detailed reasoning, addressing every relevant objection raised by the applicant and explaining their factual findings and the interpretation of the law.
77. Neither is the Court persuaded by the applicant’s argument that his defence rights were breached because his lawyer could not represent him at the appellate instance. It must be borne in mind that on 19 June 2002 the applicant’s lawyer already knew that the hearing of the appellate court would take place on 27 June 2002. She requested the Panevėžys Regional Court to postpone the hearing because she had another court hearing at that time; however, as observed by the Supreme Court, she failed to bring any proof in that connection (see paragraph 21 above). The Court sees no reason to depart from the Supreme Court’s findings, which were based on its direct knowledge of the facts of the case. Consequently, the applicant’s complaints that there has been a breach of Article 6 § 1 of the Convention cannot be entertained and should be dismissed as manifestly ill-founded in accordance with Article 35 §§ 3 and 4 thereof.
IV. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
78. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Damage
79. The applicant claimed LTL 180,000 (approximately 52,174 euros (EUR)) in respect of pecuniary damage and LTL 100,000 (approximately EUR 28,985) in respect of non-pecuniary damage.
80. The Government contested these claims as unreasonable and excessive.
81. The Court does not discern any causal link between the violation found and the pecuniary damage alleged; it therefore rejects this claim. However, it considers that the applicant must have sustained non-pecuniary damage as a result of the violation found. Ruling on an equitable basis, it awards him EUR 2,500 under that head.
B. Costs and expenses
82. The applicant also claimed LTL 3,000 (approximately EUR 869) for the costs and expenses incurred before the Court. He submitted to the Court the agreement with his lawyer according to which the said amount was to be paid in two instalments: LTL 600, which had already been paid, for preparation of the applicant’s observations and the remaining part of LTL 2,400 to be paid after the Court adopted its decision.
83. The Government contested the claim as excessive.
84. According to the Court’s case-law, an applicant is entitled to the reimbursement of costs and expenses only in so far as it has been shown that these have been actually and necessarily incurred and were reasonable as to quantum. In the present case, regard being had to the documents in its possession and the above criteria, the Court finds that the sum claimed should be awarded in full.
C. Default interest
85. The Court considers it appropriate that the default interest should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Declares the applicant’s complaint concerning the excessive length of proceedings admissible and the remainder of the application inadmissible;
2. Holds that there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention;
3. Holds
(a) that the respondent State is to pay the applicant, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, the following sums, to be converted into the national currency of that State at the rate applicable on the date of settlement:
(i) EUR 2,500 (two thousand five hundred euros), plus any tax that may be chargeable, in respect of non-pecuniary damage,
(ii) EUR 869 (eight hundred and sixty-nine euros), plus any tax that may be chargeable to the applicant, for costs and expenses;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amount at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;
4. Dismisses the remainder of the applicant’s claims for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 7 July 2009, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Deputy Registrar President

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