SEZIONE PRIMA
CASO DI MOUSTAKIDIS contro la GRECIA
(Domanda n. 58999/13)
STOP
(Sfondo)
STRASBURGO
3 ottobre 2019
Tale sentenza diventa definitiva alle condizioni previste dall’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? essere soggetto a modifiche editoriali.
Nel caso di Moustakidis contro la Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), che si riunisce in una sezione composta da :
Ksenija Turkovi?, Presidente,
Krzysztof Wojtyczek,
Linos-Alexander Sicilianos,
Armen Harutyunyan,
Padre Pastore Vilanova,
Pauliine Koskelo,
Raffaele Sabato, giudici,
e Abel Campos, impiegato della sezione,
Dopo la delibera in Camera di Consiglio del 10 settembre 2019,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. La causa ha avuto origine da un ricorso (n. 58999/13) contro la Repubblica ellenica proposto alla Corte il 16 settembre 2013 da un cittadino di tale Stato, Dimitrios Moustakidis (“il ricorrente”), ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il ricorrente era rappresentato dal sig. G. Gesoulis, avvocato a Salonicco. Il Governo greco (“il Governo”) era rappresentato dalla delegata del suo agente, la signora A. Magrippi, un revisore dei conti presso il Consiglio giuridico dello Stato.
3. La ricorrente fa valere, in particolare, una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
4. Il 28 settembre 2018 le denunce ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, prese separatamente e in combinato disposto con l’articolo 13 della Convenzione, sono state comunicate al Governo e la domanda ? stata dichiarata irricevibile per il resto, ai sensi dell’articolo 54 ? 3 del Regolamento della Corte.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
5. La ricorrente ? nata nel 1956 e risiede a Salonicco.
6. Il richiedente era proprietario di un terreno di 4.180 m? nella zona di Derveni a Salonicco, su cui aveva costruito una fabbrica di saldatrici e un magazzino. Nel 1994 le autorit? hanno espropriato un’area di 1.054 metri quadrati in vista dell’ampliamento di una strada nazionale, di cui 756 metri quadrati non sono stati compensati come autocompensazione (?????????????????), in quanto si ? ritenuto che il richiedente abbia beneficiato dei lavori effettuati.
7. Il 21 agosto 1997 il Tribunale di primo grado di Salonicco ha fissato l’importo provvisorio dell’indennizzo per l’esproprio: 102 euro/m? per il terreno e altre somme per gli edifici. Il Tribunale ha dichiarato irricevibili le richieste del ricorrente di fissare: a) un indennizzo speciale per la diminuzione del valore della parte non espropriata della sua propriet?; b) un indennizzo per i 756 m? sopra menzionati.
8. Con sentenza n. 21507/1998, il Tribunale di primo grado ha riconosciuto la ricorrente come beneficiaria dell’indennit? di esproprio.
9. Il 6 febbraio 1998 la ricorrente ha chiesto alla Corte d’appello di Salonicco la fissazione di un indennizzo definitivo per l’esproprio. Il richiedente ha richiesto:
a) un indennizzo di 146 EUR al metro quadro per il terreno, 176 EUR al metro quadro per lo stabilimento e 76 EUR al metro quadro per il capannone di stoccaggio;
(b) un indennizzo speciale per la parte non espropriata della sua propriet? (al 40% del valore del terreno);
c) un importo di Euro 28.173 per la perdita di opportunit? e un importo di Euro 17.608 per i costi di trasferimento e di riavvio del ramo d’azienda;
d) che non era considerato un proprietario che beneficiava dell’ampliamento della strada perch? la parte non espropriata era stata ammortizzata.
10. Il 2 marzo 1999 la Corte d’Appello ha emesso una pronuncia pregiudiziale (n. 658/1999) dichiarando ammissibile la domanda relativa alla determinazione dell’indennizzo definitivo per la parte espropriata del terreno e la domanda relativa alla determinazione dell’indennizzo per la riduzione del valore della parte non espropriata a causa della divisione del terreno. Ha anche ordinato una perizia in questo senso.
11. Infine, ha dichiarato inammissibili, in quanto infondate, le pretese relative alla fissazione di un risarcimento speciale per i danni causati dall’esecuzione dei lavori, alle spese di trasferimento e di riavvio dell’attivit? e alla perdita di opportunit?, nonch? al risarcimento della parte autocompensata del terreno. A tale riguardo, basandosi sulla giurisprudenza della Corte di Cassazione di allora, ha sottolineato che, nel calcolo del valore dei beni espropriati, non si ? potuto tener conto di eventuali variazioni di valore dei beni avvenute successivamente e per effetto di tali variazioni. Le affermazioni del ricorrente erano pertanto infondate, in quanto alcuni dei presunti danni non erano direttamente connessi al valore dei suoi beni espropriati, n? rappresentavano un ulteriore aumento di tale valore che avrebbe dovuto essere risarcito. Alcuni altri danni sono stati causati dall’esproprio e dall’esecuzione dell’opera e, in quanto tali, non sono stati risarciti.
12. Con sentenza n. 2611/2000 del 17 ottobre 2000, la Corte d’Appello ha fissato l’indennizzo definitivo per l’esproprio come segue: 96 euro/m? per il terreno, 88 euro/m? per lo stabilimento e 58 euro/m? per il magazzino. Ha inoltre concesso un indennizzo per la diminuzione di valore della parte non espropriata del terreno (pari al 30% dell’importo concesso per il terreno) derivante dalla divisione della propriet? ma non dalla natura dell’opera.
13. Il 16 aprile 2002, il ricorrente ha nuovamente presentato un ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado di Salonicco chiedendo che si riconosca che non ha tratto alcun beneficio dall’esproprio e che lo Stato gli corrisponda un indennizzo di EUR 73 214,97 per la parte di 756 m? considerata autocompensata a causa del beneficio ottenuto dal ricorrente.
14. Il 31 ottobre 2003 il Tribunale di primo grado ha dichiarato che, dopo la sentenza Azas contro Grecia (n. 50824/99 del 19 settembre 2002), i giudici potevano concedere il risarcimento del danno richiesto dalla ricorrente. Tuttavia, si ? dichiarata incapace di decidere se il richiedente abbia o meno beneficiato dell’esproprio e ha ritenuto che il tribunale competente a farlo fosse la Corte d’appello di Salonicco. Ha poi deferito la questione alla Corte d’Appello e si ? riservata la questione della concessione del risarcimento richiesto dal richiedente in attesa della sentenza della Corte.
15. Il 19 settembre 2002 la Corte aveva pronunciato la sentenza nella causa Azas, sopra citata, e, per conformarsi a tale sentenza, la Corte di Cassazione, in seduta plenaria, ha ritenuto che tutte le questioni relative all’indennizzo per l’esproprio debbano essere considerate in un unico procedimento dinanzi alla Corte d’Appello (sentenze n. 10/2004 e n. 11/2004) e che, nel determinare l’indennizzo speciale, si debba tener conto anche dell’impatto dell’opera per la quale l’esproprio ? avvenuto sulla parte non espropriata del bene (sentenza n. 31/2005).
16. 16. A seguito delle citate sentenze della Corte di Cassazione, il 27 febbraio 2007 la ricorrente ha presentato ricorso alla Corte d’Appello di Salonicco. Lo invitava ad esaminare tutte le domande che la Corte d’appello aveva dichiarato inammissibili il 2 marzo 1999. In particolare, il denunciante ha chiesto a) che sia esaminata la questione del presunto beneficio derivante al richiedente dall’esecuzione dei lavori e che sia fissato un indennizzo per la parte considerata autocompensata; b) che si riconosca che, in conseguenza dell’esproprio e della natura dei lavori, i beni non espropriati sono stati svalutati del 90% e devono quindi essere risarciti; (c) che gli venga concessa (1) la somma di 150 000 EUR per i costi di trasferimento dell’azienda, (2) la somma di 120 000 EUR per la perdita di opportunit? a causa dell’interruzione dell’attivit? dell’azienda. In subordine, ha chiesto che le somme reclamate in merito a tali questioni gli siano riconosciute come giusta soddisfazione per la violazione degli articoli 1 del Protocollo n. 1 e 13 della Convenzione.
17. Con sentenza n. 1131/2009, la Corte d’Appello ha respinto il ricorso della ricorrente. Essa ha ritenuto che la sua precedente sentenza n. 2611/2000 fosse passata in giudicato e che le domande del ricorrente non potessero pi? essere esaminate con un unico procedimento. Ha inoltre ritenuto che i reclami del ricorrente ai sensi degli articoli 1 del protocollo n. 1 e 13 della Convenzione non potessero essere esaminati dalla Convenzione, ma solo dalla Corte europea o dai tribunali amministrativi.
18. Pi? in particolare, per quanto riguarda la questione dell’autocompensazione, la Corte d’Appello l’ha dichiarata inammissibile, in quanto tale ricorso avrebbe dovuto essere presentato prima al Tribunale di primo grado. Per quanto riguarda le denunce relative alla violazione degli articoli 1 del Protocollo n. 1 e 13 della Convenzione, ha ritenuto che queste dovessero essere oggetto di un ricorso alla Corte Europea. Inoltre, essa ha sostenuto che, anche se le pretese del ricorrente sono tali da costituire la base di un’azione di risarcimento danni ai sensi dell’articolo 105 della legge che accompagna il codice civile, tale azione dovrebbe essere promossa dinanzi ai tribunali amministrativi.
19. La Corte d’Appello ha inoltre dichiarato irricevibile: la questione della fissazione di un indennizzo speciale per la parte non espropriata dell’immobile per la riduzione del suo valore dovuta alla natura dell’opera, la questione del costo di cessione dell’azienda e quella relativa alla perdita di opportunit?. Essa ha ritenuto che le relative domande fossero state presentate dopo la fissazione dell’indennizzo definitivo per l’esproprio con la sentenza n. 2611/2000 e che, pertanto, fosse impossibile fissare l’indennizzo in un unico procedimento. Inoltre, quest’ultima sentenza aveva acquisito la forza di cosa giudicata.
20. La Corte d’Appello ha sottolineato che, anche laddove la Costituzione e una convenzione internazionale richiedessero il pagamento di un risarcimento a causa della natura dell’opera, il tribunale nazionale doveva respingere una richiesta del proprietario in tal senso, nel caso in cui una precedente e definitiva decisione giudiziaria avesse ritenuto la richiesta inammissibile senza esaminarla nel merito.
21. L’11 novembre 2009 la ricorrente ha presentato ricorso in Cassazione. Egli ha sostenuto che il rifiuto della Corte d’appello di esaminare i suoi reclami ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 violava tale articolo, nonch? gli articoli 6, 13, 14, 41 e 46 della Convenzione. L’articolo 13 della Convenzione imponeva l’obbligo di fornire un rimedio efficace nell’ordinamento giuridico interno per le denunce di una violazione della Convenzione. Tale obbligo non si applicava alla Corte europea, come erroneamente implicito nella sentenza della Corte d’appello, ma alla Grecia. Tale obbligo esisteva tanto pi? che la Grecia era stata giudicata colpevole dello stesso tipo di violazione nella citata sentenza Azas.
22. La ricorrente ha inoltre sostenuto che l’azione di risarcimento danni prevista dal citato art. 105 non costituisce un rimedio effettivo ai sensi dell’art. 13 della Convenzione: da un lato, essa presupponeva un atto illecito da parte dello Stato, che non poteva essere il caso di una decisione giudiziaria; dall’altro, il suo esercizio dinanzi ai tribunali amministrativi avrebbe reso privo di significato il principio di un procedimento unico di risarcimento per l’espropriazione.
23. Inoltre, la ricorrente ha sottolineato che la Corte d’Appello ha erroneamente ammesso che una decisione sui reclami relativi al costo del trasferimento dell’impresa, alla perdita di opportunit? e all’indennizzo per la natura dell’opera avrebbe pregiudicato il procedimento unico, in quanto l’indennizzo definitivo per l’esproprio era gi? stato fissato da una precedente sentenza della Corte d’Appello.
24. Con sentenza n. 446/2013 del 19 marzo 2013, la Corte di Cassazione, ribadendo ed avallando le ragioni della Corte d’Appello, ha respinto tutti i motivi in cassazione. Tra l’altro, la Corte di Cassazione ha sottolineato che i giudici greci non hanno potuto esaminare la richiesta del ricorrente di “giusta soddisfazione” corrispondente alle sue pretese, che era stata respinta con la sentenza n. 2611/2000 in violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
25. Il 29 aprile 2013, il ricorrente ha nuovamente presentato un ricorso alla Corte d’Appello di Salonicco chiedendo di essere riconosciuto come non derivante dal lavoro e di fissare un compenso per la parte considerata autocompensata.
26. Con sentenza n. 2228/2015, la Corte d’Appello ha riconosciuto che la parte non espropriata del terreno del ricorrente era sia avvantaggiata che svantaggiata e gli ha riconosciuto un indennizzo di 6.740,60 euro.
27. L’8 dicembre 2016 e il 16 marzo 2017, rispettivamente, il firmatario e lo Stato hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro questa sentenza.
II. LA LEGISLAZIONE E LA PRASSI NAZIONALE IN MATERIA
28. A seguito della sentenza Azas c. Grecia (n. 50824/99 del 19 settembre 2002), ? stato istituito un sistema unico ed esclusivo per la determinazione del risarcimento dovuto al proprietario espropriato dei suoi beni sulla base dell’articolo 17 ? 4 della Costituzione e dell’articolo 1 ? 1 della legge legislativa del 21 dicembre 2001 (ratificata dall’articolo 1 della legge n. 2990/2002).
29. Nella sentenza n. 10/2004, la Corte di Cassazione, riunita in seduta plenaria, ha stabilito che la procedura di determinazione del risarcimento deve riguardare la questione del risarcimento nella sua interezza, ossia la concessione di un risarcimento in relazione al valore dei beni espropriati, l’eventuale esistenza di un beneficio per il proprietario legato all’esproprio (e che potrebbe incidere sulle pretese del proprietario), ogni altra questione connessa all’esproprio e le spese legali. La limitazione della competenza della Corte d’Appello alla sola determinazione del risarcimento e del risarcimento speciale di cui all’articolo 13 ? 4 della legge n. 2882/2001, prevista dagli articoli 17 ? 1 del decreto legislativo n. 797/1971 e 18 ? 1 della legge n. 2882/2001, non ? conforme all’articolo 1 del protocollo n. 1. Di conseguenza, in caso di richiesta di determinazione definitiva del risarcimento per l’esproprio, la Corte d’Appello ? competente ad esaminare la questione nella sua interezza: (a) la concessione di un indennizzo in relazione al valore dei beni espropriati; (b) l’importo dell’indennizzo per l’ammortamento della parte di terreno non espropriata; (c) il riconoscimento dei beneficiari dell’indennizzo; (d) l’eventuale esistenza di un beneficio, legato all’esproprio, per il proprietario, la cui propriet? rimanente si trova ora sulla strada statale e il suo eventuale obbligo di contribuire alle spese dell’esproprio; (e) la richiesta di fissazione delle spese giudiziarie.
30. Inoltre, nella sentenza n. 31/2005, sempre in esecuzione della citata sentenza Azas, la Corte di Cassazione, in seduta plenaria, ha ritenuto che nel caso in cui, a seguito dell’espropriazione di parte dell’immobile, la parte non espropriata abbia subito una forte riduzione del suo valore o sia divenuta inadatta all’uso cui era destinata, il diritto al risarcimento ? stato pienamente rispettato quando il risarcimento ha coperto non solo i danni causati alla propriet? dalla mera divisione del bene, ma anche i danni causati dalla natura dell’opera per la quale ? avvenuto l’esproprio.
31. Questo approccio interpretativo alle disposizioni legislative pertinenti seguito in queste sentenze dalla Corte di cassazione, seduta plenaria, ? diventato una giurisprudenza costante: sentenze della Corte di cassazione nn. 851/2004, 52/2006, 152/2006, 1238/2006, 1060/2008, 1780/2008, 1781/2008, 174/2009, 383/2009, 739/2009, 912/2009, 985/2009, 1425/2009 e 1780/2009.
PER LEGGE
I. SULLA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1
32. Il ricorrente lamenta che, nonostante la sentenza Azas, sopra citata, e le sentenze della Corte di Cassazione emesse in esecuzione di tale sentenza che stabiliscono il principio di una procedura unica di risarcimento per l’esproprio, i tribunali nazionali si sono rifiutati di pronunciarsi su alcuni aspetti di tale risarcimento e lo hanno deferito alla Corte o ai tribunali amministrativi a tal fine. Egli lamenta una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 e dell’articolo 13 della Convenzione, che recita come segue:
Articolo 1 del protocollo n. 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha il diritto al rispetto della sua propriet?. Nessuno pu? essere privato dei suoi beni se non nell’interesse pubblico e nel rispetto della legge e dei principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni che precedono non pregiudicano il diritto degli Stati di emanare le leggi che ritengono necessarie per regolamentare l’uso dei beni in conformit? all’interesse pubblico o per assicurare il pagamento di tasse o altri contributi o multe. ?
Articolo 13 della Convenzione
“Ogni persona i cui diritti e le cui libert?, come stabilito nella (…) Convenzione, siano violati, deve avere un rimedio efficace dinanzi ad un’autorit? nazionale, nonostante la violazione sia stata commessa da persone che agiscono in veste ufficiale. ?
33. Per quanto riguarda la qualificazione giuridica dei fatti, la Corte ritiene che tali denunce debbano essere esaminate esclusivamente nel contesto dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (Radomilja e altri c. Croazia [GC], nn. 37685/10 e 22768/10, ? 124, 20 marzo 2018).
A. Ammissibilit?
1. Sulla non esaurimento dei rimedi domestici
34. In primo luogo, il Governo ha sostenuto che il ricorrente non aveva esaurito i mezzi di ricorso interni, in quanto non aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro la sentenza n. 2611/2000 della Corte amministrativa d’appello, che aveva respinto tutte le domande del ricorrente contenute nel suo ricorso del 6 febbraio 1998. Per contro, a cinque anni dalla citata sentenza Azas, la ricorrente ha scelto di proporre un nuovo ricorso per le medesime pretese dinanzi alla Corte Amministrativa d’Appello, che quest’ultima aveva respinto con la sentenza n. 1131/2009 in quanto inammissibile per l’autorit? della forza ritenuta creata con la sentenza n. 2611/2000. Non appellandosi alla Corte di Cassazione contro quest’ultima sentenza, il ricorrente non ha sollevato nell’ordinamento giuridico interno le contestazioni che ora sta sollevando dinanzi alla Corte e ha quindi consentito la creazione della forza di cosa giudicata in relazione alle sue pretese relative ai vari aspetti dell’indennizzo per l’esproprio.
35. Il ricorrente sostiene che il ricorso in Cassazione contro la sentenza n. 2611/2000 non costituiva all’epoca un rimedio efficace, in quanto il termine per la presentazione del ricorso era di sei mesi dalla suddetta sentenza (cio? nel corso del 2001) e la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto di un proprietario espropriato di essere risarcito solo per i crediti da lui presentati nel 2004 e nel 2005, nelle sentenze n. 10/2004, 11/2004 e 31/2005.
36. La Corte ricorda che la Convenzione richiede l’esaurimento dei mezzi di ricorso solo per le violazioni denunciate che sono disponibili e adeguate. Il semplice fatto di nutrire dubbi sulle prospettive di successo di un determinato rimedio, che non ? ovviamente destinato al fallimento, non costituisce un valido motivo per non utilizzare i rimedi nazionali. Laddove il Governo invoca la non esaurimento, deve dimostrare alla Corte che il rimedio era efficace e disponibile sia in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, vale a dire che era accessibile, era in grado di offrire al ricorrente un rimedio per i suoi reclami e offriva ragionevoli prospettive di successo (Scoppola c. Italia (n. 2) [GC], n. 10249/03, ?? 70-71, CEDU 2009).
37. Nel caso di specie, la Corte rileva che nelle sentenze n. 658/1999 e n. 2611/2000 la Corte d’appello ha respinto alcune delle domande del ricorrente, in quanto all’epoca non esisteva una base giuridica nel diritto greco per il loro esame. Al momento della decisione della Corte d’appello, cio? nel 1999 e nel 2000, la Corte non aveva ancora pronunciato la sentenza Azas, sopra citata, e la Corte di Cassazione non aveva ancora modificato la sua giurisprudenza di conseguenza (cfr. punti 15 e 31). Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza dell’epoca, il ricorso della ricorrente alla Corte di Cassazione contro queste sentenze della Corte d’appello era destinato a fallire. L’eccezione basata sulla non esaurimento dei rimedi nazionali deve pertanto essere respinta.
2. Sulla natura prematura della domanda
38. In secondo luogo, il Governo sostiene che l’istanza ? prematura perch? il procedimento iniziato il 29 aprile 2013 con il deferimento del ricorrente alla Corte d’Appello ? ancora pendente dinanzi alla Corte di Cassazione.
39. Il ricorrente ha risposto che tale procedimento non era stato efficace ai sensi dell’esaurimento dei mezzi di ricorso interni in quanto non aveva determinato un reale cambiamento della sua situazione: una piccola somma gli era stata concessa, ma non gli era stata versata dallo Stato perch? aveva contestato la legittimit? di tale somma.
40. La Corte rileva che il procedimento avviato dal ricorrente il 29 aprile 2013 era ancora pendente dinanzi alla Corte di Cassazione alla data di invio delle osservazioni delle parti. Tuttavia, tale procedimento riguardava solo una delle tre domande presentate dalla ricorrente il 27 febbraio 2007 dinanzi alla Corte d’appello di Salonicco, che non era stata esaminata sulla base del valore di res judicata delle sentenze precedenti (cfr. punti 17-18), vale a dire la domanda di risarcimento per la parte che era stata considerata autocompensata per il fatto che la ricorrente aveva beneficiato dell’opera. Anche supponendo che il procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione abbia avuto un esito favorevole per il ricorrente, esso riguarder? solo questa domanda e non le altre due che fanno anch’esse parte dell’oggetto della presente causa e che non sono state e non saranno esaminate dai giudici nazionali.
3. Conclusione
41. Ritenendo che la domanda non sia manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 3, lettera a), della Convenzione e che non sollevi altrimenti alcun altro motivo di irricevibilit?, la Corte la dichiara ricevibile.
B. I meriti
42. Il firmatario sostiene che le sentenze della Corte d’Appello e della Corte di Cassazione sono in chiara contraddizione con la giurisprudenza Azas e sono irragionevoli perch?, non essendo ancora cadute in prescrizione, non avrebbero dovuto essere sottoposte all’esame dei tribunali amministrativi o dei tribunali civili di primo grado senza violare il principio della procedura unica. Inoltre, il principio della res judicata non poteva essere applicato nel suo caso perch? non era stato esaminato il merito delle sue pretese. Nel 1999 e nel 2000, la Corte d’appello si era limitata a dichiarare inammissibili le sue pretese per il fatto che all’epoca non esisteva una base giuridica per esaminarle.
43. Il Governo sostiene che la Corte di Cassazione ha correttamente ritenuto che la Corte amministrativa d’appello abbia accettato che le affermazioni del ricorrente fossero contrarie all’autorit? della forza della sentenza n. 2611/2000. La Corte di Cassazione non ? mai stata chiamata a pronunciarsi su questioni simili a quelle della sentenza Azas. Inoltre, n? la Corte Amministrativa d’Appello n? la Corte di Cassazione hanno potuto concedere al ricorrente “giusta soddisfazione” a causa della presunta violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, in quanto tale questione esulava dalla competenza del giudice nazionale nella procedura di espropriazione unica e rapida.
44. La Corte rileva che la situazione di cui trattasi rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, primo comma, prima frase, del protocollo n. 1, che enuncia, in termini generali, il principio del rispetto della propriet?. Di conseguenza, la Corte deve cercare di accertare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della collettivit? e gli imperativi di tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. La preoccupazione di garantire tale equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del protocollo n. 1 nel suo complesso. In particolare, deve sussistere un ragionevole rapporto di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito da qualsiasi misura che priva una persona dei suoi beni (Bibi c. Grecia, n. 15643/10, ?? 63-64, 13 novembre 2014).
45. La Corte ricorda che nella citata sentenza Azas ha affermato che, in caso di esproprio di un bene individuale, deve esistere un procedimento che garantisca una valutazione complessiva delle conseguenze dell’esproprio, compresa la concessione di un indennizzo in relazione al valore del bene espropriato, la determinazione dei titolari del diritto all’indennizzo e qualsiasi altra questione relativa all’esproprio, comprese le spese processuali.
46. La Corte ha inoltre sottolineato, nella causa Bibi, citata, che il procedimento necessario per garantire, ai sensi della sentenza Azas, una valutazione complessiva delle conseguenze dell’esproprio non pu? limitarsi al riconoscimento dei titolari del diritto all’indennizzo, alla determinazione dell’indennizzo speciale, alla valutazione dell’esistenza di un vantaggio per il proprietario e alla fissazione delle spese legali. Deve riguardare anche altre questioni, come, ad esempio, quelle relative all’eventuale rivalutazione del risarcimento.
47. Nella presente causa, la Corte rileva che con sentenza n. 2611/2000 del 17 ottobre 2000, la Corte d’Appello ha riconosciuto al ricorrente un indennizzo per la parte espropriata del suo terreno e un indennizzo per la riduzione del valore della parte non espropriata risultante dalla divisione della propriet?. In precedenza, in una precedente sentenza del 2 marzo 1999, essa aveva dichiarato irricevibili, in quanto infondate, le pretese della ricorrente relative ad una parte di 756 m? del terreno considerato autocompensato, in quanto la ricorrente avrebbe approfittato della natura dell’opera, della perdita di opportunit? e dei costi di trasferimento e di riavvio dell’attivit? (cfr. supra, punti 10-11). A tale riguardo, essa ha ritenuto che la giurisprudenza dell’epoca non consentisse il risarcimento di ogni altro danno non direttamente connesso al valore dei beni espropriati (paragrafo 12).
48. Il 31 ottobre 2003, facendo riferimento alla sentenza Azas c. Grecia emessa nel settembre 2002, il Tribunale di primo grado, adito dal ricorrente, ha accettato che il ricorrente potesse ora chiedere il risarcimento dei suddetti 756 m? del suo terreno, ma ha ritenuto che il giudice competente a farlo fosse la Corte d’appello, alla quale ha rinviato la causa (punto 14).
49. A seguito della sentenza Azas, e per ottemperare ad essa, la Corte di Cassazione, in seduta plenaria, ha stabilito che tutte le questioni relative all’indennizzo per l’esproprio devono essere esaminate in un unico procedimento dinanzi alla Corte d’Appello (Sentenze n. 10/2004 e 11/2004) e che, nel fissare l’indennizzo speciale, si deve tener conto anche dell’impatto dei lavori per i quali l’esproprio ha avuto luogo sulla parte non espropriata del bene (Sentenza n. 31/2005) (punto 15). Questo approccio interpretativo alle disposizioni legislative pertinenti seguito in queste sentenze dalla Corte di cassazione, seduta in seduta plenaria, ? diventato una giurisprudenza consolidata (paragrafo 31).
50. A seguito delle citate sentenze della Corte di Cassazione, in data 27 febbraio 2007, la ricorrente ha presentato ricorso alla Corte d’Appello di Salonicco. Egli l’ha invitata ad esaminare tutte le domande che la Corte d’Appello aveva dichiarato irricevibili il 2 marzo 1999 (paragrafo 16). Tuttavia, la Corte non si ? pronunciata su tali domande per il fatto che la sentenza n. 2611/2000 ? passata in giudicato e che le suddette domande del ricorrente non possono pi? essere esaminate in un unico procedimento. La Corte d’appello ha inoltre precisato che i reclami del ricorrente ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 dovevano essere esaminati dalla Corte e che quelli dei reclami del ricorrente che potevano dar luogo ad un’azione di risarcimento danni dovevano essere presentati dinanzi ai tribunali amministrativi (si veda il precedente paragrafo 18). Anche la Corte di Cassazione ha confermato questo approccio.
51. Nel portare il caso dinanzi alla Corte d’appello, il ricorrente ha chiesto (a) che sia esaminata la questione del presunto beneficio derivato dal completamento dei lavori e che sia fissato un risarcimento per la parte considerata autocompensata; e (b) che la Corte di Cassazione esamini la questione del presunto beneficio derivato dal completamento dei lavori e che sia fissato un risarcimento per la parte considerata autocompensata; (b) che gli venga riconosciuto che, a causa dell’esproprio e della natura dell’opera, i beni non espropriati sono stati svalutati del 90% e devono quindi essere risarciti; (c) che gli venga riconosciuta (1) la somma di 150.000 euro per le spese di trasferimento dell’azienda, (2) la somma di 120.000 euro per la perdita di opportunit? a causa dell’interruzione dell’attivit? dell’azienda.
52. Tuttavia, tutte queste rivendicazioni erano questioni connesse all’esproprio e avrebbero dovuto essere esaminate dalla Corte di Cassazione, soprattutto a seguito della sentenza Azas e alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione successiva a tale sentenza (cfr. anche la sentenza Koutsokostas c. Grecia (n. 64732/12 del 13 giugno 2019).
53. La Corte ritiene pertanto che il rifiuto dei tribunali greci di esaminare le suddette richieste del ricorrente e il rinvio del ricorrente ad un altro grado di giudizio, o ai tribunali di primo grado, o infine alla Corte, abbiano alterato l’adeguatezza del risarcimento e quindi turbato il giusto equilibrio che deve esistere tra l’interesse generale e l’interesse individuale.
54. Si ? quindi verificata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
55. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se il Tribunale dichiara che vi ? stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente consente solo imperfettamente di eliminare le conseguenze di tale violazione, il Tribunale dar? giusta soddisfazione alla parte lesa, se del caso. ?
56. A titolo di danno materiale, il ricorrente chiede le somme corrispondenti alle sue pretese dichiarate irricevibili con la sentenza preliminare n. 658/1999 (punto 11) e che egli aveva reintrodotto dinanzi alla Corte d’appello il 27 febbraio 2007 (punto 16), vale a dire una somma complessiva di EUR 234 604. Come danno non pecuniario, egli chiede 10.000 euro per la frustrazione che ha provato a causa di un’espropriazione ingiusta e per aver partecipato a quattro diversi procedimenti legali per chiedere il suo risarcimento per l’espropriazione. Per quanto riguarda le spese e i costi, il ricorrente sostiene di aver avuto per tutti questi anni solo due fatture redatte nel corso del procedimento dinanzi ai tribunali greci, vale a dire una di 1 399 euro per quella dinanzi alla Corte di cassazione che ha dato luogo alla sentenza n. 446/2013, e una di 427 euro per quella dinanzi alla Corte d’appello che ha dato luogo alla sentenza n. 1131/2009. La ricorrente chiede inoltre EUR 2 000 per le spese e i costi sostenuti dinanzi al Tribunale.
57. Per quanto riguarda i danni materiali, il governo sottolinea che il Tribunale non dovrebbe funzionare come un tribunale civile di primo grado ed esaminare le questioni che il ricorrente avrebbe dovuto sottoporre prima ai tribunali greci. Inoltre, le somme richieste erano infondate. Per quanto riguarda il danno non pecuniario, la somma richiesta era eccessiva e ingiustificata, tenuto conto delle circostanze del caso e dell’attuale situazione finanziaria della Grecia. L’accertamento di una possibile infrazione costituirebbe una soddisfazione sufficiente. Infine, il governo sostiene che i costi dinanzi ai tribunali greci sarebbero stati comunque sostenuti nel procedimento di risarcimento nei casi di espropriazione. Quanto alle spese relative al procedimento dinanzi alla Corte, esse non avrebbero dovuto superare i 500 euro.
58. La Corte ritiene che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non sia pronta per essere esaminata. Di conseguenza, la Commissione si riserva di decidere la procedura successiva, tenendo conto della possibilit? che il Governo e il richiedente raggiungano un accordo (articolo 75 ? 1).
PER QUESTI MOTIVI IL TRIBUNALE ALL’UNANIMIT?
1. Dichiara la domanda ammissibile ;
2. 1. Trova che vi sia stata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1;
3. 2. ritiene che la questione dell’applicazione dell’art. 41 della Convenzione non sia corretta; di conseguenza
a) l’intera prenotazione ;
b) invitare il governo e il richiedente a presentare per iscritto, entro tre mesi, le loro osservazioni in merito e, in particolare, a informarlo di qualsiasi accordo raggiunto;
4. Si riserva la successiva procedura e delega al Presidente della Camera il compito di determinarla, se necessario.
Fatto in francese, comunicato per iscritto il 3 ottobre 2019, ai sensi dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del Regolamento del Tribunale.
Abel Campos Ksenija Turkovi?
Cancelliere Presidente