A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF MOLNAR GABOR v. SERBIA

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 35, 06, P1-1
Numero: 22762/05/2009
Stato: Serbia
Data: 2009-12-08 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare congiunta ai meriti (ratione temporis); eccezione Preliminare respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso nazionali); Nessuna violazione dell’ Art. 6-1; nessuna violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA MOLNAR GABOR C. SERBIA
(Richiesta n. 22762/05)
SENTENZA
STRASBOURG
8 dicembre 2009
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Molnar Gabor c. Serbia,
La Corte europea dei Diritti umani (Seconda Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Françoise Tulkens, Presidente, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e Françoise Elens-Passos, Cancelliere di Sezione Aggiunto,
Avendo deliberato in privato il 17 novembre 2009,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 22762/05) contro l’Unione Statale della Serbia e del Montenegro depositata presso la Corte, sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”), da, a quel tempo, un cittadino dell’Unione Statale della Serbia e del Montenegro, il Sig. I. M. G. (“il richiedente”), il 15 giugno 2005.
2. Al 3 giugno 2006, in seguito la dichiarazione di indipendenza del Montenegro, la Serbia rimase la sola convenuta nei procedimenti di fronte alla Corte.
3. Il richiedente fu rappresentato dalla Sig.ra A. H., un avvocato che pratica a Subotica. Il Governo dell’Unione Statale della Serbia e del Montenegro e, successivamente, il Governo della Serbia (“il Governo”) fu rappresentato dal suo Agente, il Sig. S. Carić.
4. Il richiedente si lamentò del rifiuto continuo dello Stato rispondente a rilasciare tutti i suoi risparmi in valuta estera, ed in particolare la non-esecuzione della sentenza definitiva resa a suo favore.
5. Il 15 febbraio 2007 il Presidente della Seconda Sezione decise di dare avviso della richiesta al Governo. Applicando l’Articolo 29 § 3 della Convenzione, fu deciso anche di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
A. Background attinente alla causa del richiedente
6. In seguito alla crisi finanziaria nella precedente Repubblica Federale Socialista della Iugoslavia, così come al crollo del sistema tecnico bancario in Serbia negli anni novanta, nel 1998 e nel 2002 lo Stato rispondente adottò una specifica legislazione accettando la conversione dei depositi in valuta estera in certe banche, incluso la Vojvođanska banka, in un debito pubblico. La legislazione stabilì la i tempi (2016) e gli importi, incluso l’ interesse da pagare di nuovo ai precedenti clienti delle banche. Prevedeva anche esplicitamente, inter alia che qualsiasi procedimento giudiziale relativo alla valuta estera sarebbe stato cessato (per i dettagli riguardo al diritto nazionale attinente vedere paragrafi 20-27 sotto).
B. I fatti attinenti della causa del richiedente
7. Il richiedente nacque nel 1926 e vive a Subotica, Serbia. Lui è andato in pensione e riceve una pensione nell’importo netto di approssimativamente 250 Euro (“EUR”) ogni mese.
8. I fatti della causa, come presentati dalle parti, possono essere riassunti come segue.
9. In numerose occasioni distinte, il richiedente ha depositato un certo importo dei suoi risparmi in valuta estera presso la filiale di Subotica della Vojvođanska banka, una banca con sede a Novi Sad.
10. Nel 1991 la detta banca rifiutò di rilasciare i fondi del richiedente.
11. Il 21 luglio 1993 il richiedente introdusse una rivendicazione civile, chiedendo il saldo della sua valuta estera depositata con l’interesse convenuto.
12. Il 27 settembre 1993 la Corte Municipale di Subotica si pronunciò in parte a favore del richiedente ed ordinò alla banca di pagargli: (i) 15,584.41 Marchi tedeschi (“DEM”), per i suoi risparmi in valuta estera; (ii) 37,460,000,000 Dinar iugoslavi (“YUD”), per i sui costi1 legali; e (iii) l’interesse legale maturato a riguardo di quest’ultimo al 27 settembre 1993.
13. Il 20 marzo 1996 la Corte distrettuale a Subotica sostenne questa sentenza, aggiungendo che la banca rispondente avrebbe dovuto pagare anche interesse sulla somma di DEM 15,584.41 che era stata assegnata. In particolare, questo interesse sarebbe stato pagato al 1 gennaio 1993, basato tasso del deposito in DEM (kamata na štedne uloge po viđenju).
14. Il 2 ottobre 1996 la Corte Suprema respinse il ricorso del convenuto per questioni di diritto (revizija) e confermò la sentenza della Corte distrettuale.
15. Il 24 aprile 2001 e il 26 settembre 2001, il richiedente registrò, due richieste separate presso rispettivamente la Corte Municipale di Subotica, chiedendo l’ esecuzione della sentenza qui sopra tramite un trasferimento di conto bancario.
16. Il 2 aprile 2002 la Corte Municipale respinse quelle richieste, affermando che, sotto la legislazione nazionale attinente, tutti i procedimenti di esecuzione giudiziali tesi alla raccolta di depositi di valuta estera dovevano essere cessati.
17. Il 30 marzo 2004 la banca confermò che i risparmi in valuta estera del richiedente erano stati convertiti in un debito pubblico nell’importo di EUR 8,740.18.
18. Al 1 marzo 2007 al richiedente erano ancora dovuti EUR 6,652, essendo stato rimborsato nel frattempo, in molte rate e per vari motivi, di un totale di EUR 2,088.18.
19. Non ci sono informazioni nell’archivio della causa se il richiedente ricevette qualsiasi i pagamento da allora in poi.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE
A. Atto sulla risoluzione degli obblighi originati dai risparmi dei cittadini in valuta estera Zakon o izmirenju obaveza po osnovu devizne štednje građana; pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Federale della Iugoslavia – OG Fry – N. 59/98, 44/99 e 53/01)
20. Gli Articoli 1, 2 3 e 4 prevedevano che tutti i risparmi in valuta estera depositati presso “banche autorizzate” prima del 18 marzo 1995, inclusi i depositi tenuti esplicitamente dalla banca in questione nella presente causa dovessero divenire un debito pubblico.
21. Sotto l’Articolo 10, la responsabilità dello Stato a questo riguardo doveva essere onorata pienamente entro il 2012 per il pagamento degli importi specificati, più l’interesse, e secondo un certo schema temporale.
22. L’Articolo 22 prevedeva che, in data dell’entrata in vigore di questo Atto (12 dicembre 1998), “tutti i processi pendenti, inclusi i procedimenti di esecuzione giudiziali tesi alla riscossione della valuta estera coperta da questo Atto saranno cessati.”
B. Atto sul saldo del Debito Pubblico della Repubblica Federale della Iugoslavia che nasce dai Risparmi dei Cittadini in Valuta estera (Zakon o regulisanju javnog duga Savezne Republike Jugoslavije po osnovu devizne štednje građana; pubblicato in OG Fry n. 36/02)
23. Questo Atto abroga l’Atto descritto sopra. Nel fare così, comunque ammette esplicitamente come parte del debito pubblico tutti i depositi prima riconosciuti come tali (nell’importo totale di EUR 4.2 miliardi al 31 marzo 2002). Cambia la cornice temporale per onorare il debito in oggetto (dal 2012 al 2016) e specifica gli importi corretti, più interessi, da pagare annualmente.
24. Facendo seguito all’ Articolo 13, i clienti delle banche possono avvalersi dei loro depositi convertiti in obbligazioni statali per pagare le tasse o in realtà, sotto gli Articoli 12 e 14, in anticipo della detta cornice temporale, per un numero di fini come l’acquisto di proprietà Statali che rientrano nella privatizzazione di società Statali e banche, così come, sotto certe condizioni e fino ad un importo specificato, il pagamento di cure mediche, medicinali e costi funebri.
25. In conformità con gli Articoli 10 e 11, i precedenti clienti delle banche in oggetto possono vendere le dette obbligazioni nella Borsa Valori o ad altre banche o individui. Simile commercio è esente da ogni tassazione.
26. L’ Articolo 36 riafferma che “tutti i processi mirati alla raccolta dei risparmi in valuta estera coperti da questo Atto, inclusi i procedimenti di esecuzione giudiziali saranno cessati.”
27. Questo Atto è in vigore dal 4 luglio 2002. Fu corretto successivamente in due occasioni, ma questi emendamenti riguardavano problemi periferici non correlati allo status dei risparmiatori sopra descritti.
C. Atto delle Obbligazioni (Zakon o obligacionim odnosima;pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Federale Socialista della Iugoslavia – OG SFRY – N. 29/78, 39/85, 45/89, 57/89 ed OG Fry n. 31/93)
28. Gli Articoli 199 e 200 prevedono, inter alia che chiunque abbia sofferto di paura, di dolore fisico o di angoscia mentale come conseguenza di una violazione “dei diritti personali” (prava ličnosti), potrebbero, a seconda della sua durata e dell’intensità, citare in giudizio per ottenere un risarcimento finanziario di fronte alle corti civili e, inoltre, richiedere altre forme di compensazione “che sono in grado” di riconoscere una soddisfazione non-patrimoniale adeguata.
29. L’Articolo che 379 § 1 prevede, inter alia che tutte le rivendicazioni riconosciute con una decisione definitiva di corte cadranno in prescrizione entro dieci anni, incluso quelle rivendicazioni che sarebbero cadute altrimenti in prescrizione in un periodo più breve di tempo.
30. L’Articolo 360 § 3 prevede che le corti non prenderanno in considerazione una determinata rivendicazione se è caduta in prescrizione a meno che e fino a che non ci sia una specifica eccezione da parte del debitore a questo effetto.
D. Atto sull’ Interesse Legale (Zakon o visini stope zatezne kamate; pubblicato in OG Fry n. 9/01)
31. L’Articolo 1 prevede che un interesse legale sarà pagato dalla data di scadenza di una rivendicazione valutaria riconosciuta in YUD sino alla data del suo saldo (che include assegnazioni accordate con sentenze definitive di corte).
32. L’ Articolo 2 enuncia che simile interesse sarà calcolato sulla base dell’indice del prezzo al dettaglio ufficiale (meseèna stopa rasta cena na malo) più un altro 0.5% mensile (mesečna fiksna stopa).
LA LEGGE
VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1
33. Il richiedente si lamentò del rifiuto continuo dello Stato rispondente di rilasciare istantaneamente tutti i suoi risparmi in valuta estera, così come la non-esecuzione della sentenza definitiva resa a suo favore.
La Corte considera che queste azioni di reclamo devono essere esaminate sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione e l’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 che, nelle parti attinenti, recitano come segue:
Articolo 6 § 1
“ Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi… ognuno è abilitato ad un’udienza corretta… all’interno di un termine ragionevole…da[un] tribunale indipendente ed imparziale stabilito dalla legge.”
Articolo 1 di Protocollo N.ro 1
““Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
A. Ammissibilità
1. Compatibilità
34. Il Governo notò che la sentenza definitiva in oggetto, così come l’ attinente legislazione sulla valuta estera era stata adottata prima della ratifica serba della Convenzione e del Protocollo N.ro 1. Concluse, perciò, che le azioni di reclamo del richiedente erano incompatibili ratione temporis con le disposizioni in questione.
35. Il richiedente sostenne che la sua richiesta riguardava una situazione continua.
36. La Corte considera che il problema sollevato dal Governo è collegato da vicino ai meriti delle azioni di reclamo del richiedente, coinvolgendo questioni come la natura continua delle violazioni addotte e la proporzionalità degli effetti della legislazione che interviene. Di conseguenza, la Corte unisce il suo esame di questa questione alla sua valutazione dei meriti della richiesta.
2. L’esaurimento delle vie di ricorso nazionali
37. Il Governo presentò inoltre che, riguardo alla non-esecuzione, il richiedente non aveva esaurito le vie di ricorso nazionali del tutto effettive come richiesto dall’ Articolo 35 § 1 della Convenzione. In primo luogo, lui avrebbe dovuto chiedere l’esecuzione della sentenza in questione prima che l’ “Atto sulla valuta estera del 1998” entrasse in vigore (vedere paragrafi 15, 16 22 e 26 sopra). In secondo luogo, avendo richiesto l’esecuzione tramite un trasferimento di conto bancario, lui non era riuscito successivamente a proporre un mezzo di esecuzione alternativo. Infine, il richiedente non aveva introdotto un processo civile separato sotto gli Articoli 199 e 200 dell’Atto degli Obblighi (vedere paragrafo 28 sopra).
38. Il richiedente sostenne di essersi attenuto col “requisito di esaurimento”, aggiungendo che lui non era stato finanziariamente in grado di avviare prima alcun procedimento di esecuzione.
39. Riguardo all’osservazione del Governo per cui il richiedente avrebbe dovuto introdurre una rivendicazione civile separata, la Corte richiama che già ha sostenuto che questa particolare via di ricorso era inefficace all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Società ZIT c. Serbia, n. 37343/05, §§ 45-47 del 27 novembre 2007). Non vede nessuna ragione di abbandonare questa costatazione nella presente causa.
40. Riguardo alle rimanenti osservazioni del Governo, la Corte nota che al richiedente fu concesso di richiedere l’esecuzione della sentenza in oggetto in qualsiasi momento entro un periodo di dieci anni il che lui alla fine fece (vedere paragrafi 13-15, 29 e 30 sopra). Inoltre, al 1998 l’esecuzione della detta sentenza cadde giuridicamente in prescrizione, rendendo la questione dei mezzi di esecuzione proposti improvvisamente irrilevante. Nessuna di queste vie di ricorso può essere considerata perciò effettiva, come previsto nell’ Articolo 35 § 1.
41. Ne segue che l’eccezione del Governo deve essere respinta nella sua interezza.
3. Conclusione
42. La Corte considera che le azioni di reclamo del richiedente non sono manifestamente mal-fondate all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Considera inoltre che loro non sono inammissibili su qualsiasi altra base. Loro devono essere dichiarate perciò ammissibili.
B. Meriti
43. Il Governo sostenne che lo Stato fu messo di fronte a una crisi finanziaria di grande potenza, che minava le sue stesse fondamenta (vedere paragrafo 23 sopra), ed essenzialmente non aveva nessuna alternativa se non adottare una legislazione tesa a proteggere l’interesse pubblico. Comunque, questa legislazione non impone un carico eccessivo sul richiedente a cui è concesso, proprio come qualsiasi altro risparmiatore in valuta estera nella sua situazione, il ricupero graduale dei suoi finanziamenti.
44. Il richiedente riaffermò le sue azioni di reclamo.
45. La Corte nota che l’Articolo 6 § 1 garantisce ad ognuno il diritto di portare qualsiasi rivendicazione relativa ai suoi diritti civili ed obblighi di fronte ad una corte od un tribunale; in questo modo incarna il “diritto ad una corte” di cui il diritto di accesso di avviare procedimenti di fronte a corti in questioni civili ne costituisce un aspetto. Comunque, questo diritto sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico nazionale di un Stato Contraente concedesse che una decisione giudiziale definitiva ed esecutiva rimanesse non operante a danno di una parte. L’esecuzione di una sentenza resa da qualsiasi corte deve essere considerata perciò una parte integrante del “processo” ai fini dell’ Articolo 6 (vedere Hornsby c. Grecia, sentenza del 19 marzo 1997, Relazioni della Sentenze e Decisioni 1997-II, p. 510, § 40).
46. La Corte inoltre richiama che un richiedente può addurre una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 solamente nella misura in cui le sue azioni di reclamo si riferiscono a “proprietà” all’interno del significato di quella disposizione. “Le proprietà” possono essere “proprietà esistenti” o dei beni, incluso delle rivendicazioni a riguardo delle quali un richiedente può dibattere di avere almeno un’ “aspettativa legittima” (che deve essere di una natura più concreto di una mera speranza) che sarà realizzata, cioè da cui otterranno godimento effettivo di un diritto di proprietà (vedere, inter alia, Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca (dec.) [GC], n. 39794/98, ECHR 2002-VII § 69; Kopecký c. Slovacchia [GC], n. 44912/98, § 35 ECHR 2004-IX). Per contrasto, la speranza di riconoscimento di un diritto di proprietà che è stato impossibile esercitare efficacemente dopo l’entrata in vigore del Protocollo N.ro 1 a riguardo dello Stato riguardato non può essere considerato una “proprietà” all’interno del significato dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 (vedere Gaćeša c. Croatia (dec.), n. 43389/02, 1 aprile 2008).
47. Infine, si osserva che il secondo paragrafo dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 riserva agli Stati il diritto di decretare tali leggi, quando ritengono necessario controllare l’uso della proprietà in conformità con l’interesse generale. Per implementare delle politiche economiche le legislature devono avere un margine ampio di valutazione sia riguardo all’esistenza di un problema di preoccupazione pubblica che esige delle misure di controllo e sia alla scelta delle norme particolareggiate per l’attuazione di simili misure. La Corte rispetterà il giudizio della legislatura riguardo a ciò che è nell’interesse generale a meno che questo giudizio non sia manifestamente senza fondamento ragionevole (vedere, nel “contesto della valuta estera”, Trajkovski c. Precedente Repubblica iugoslava e della Macedonia (dec.), n. 53320/99, 7 marzo 2002, p. 12).
48. Rivolgendosi alla presente causa, avendo riguardo a questi principi, la Corte osserva, che fino al 3 marzo 2004 cioè quando la Serbia ratificò la Convenzione e il Protocollo N.ro 1, il richiedente chiaramente non ha avuto nessun titolo legale ed esecutivo tale da concedergli di chiedere l’esecuzione giudiziale dell’assegnazione di valuta estera resa a suo favore, né, per questa ragione, un’aspettativa legittima sotto il diritto nazionale di poter altrimenti ottenere istantaneamente tutti i suoi risparmi.
49. In particolare, le disposizioni degli Atti descritti ai paragrafi 22 e 26 sopra, letti in concomitanza, bloccano l’esecuzione della sentenza del richiedente al 12 dicembre 1998. Di conseguenza, la Corte considera che la detta legislazione estinse l’impatto della sentenza definitiva in oggetto ben prima della ratifica dello Stato rispondente. Ora non si può dire che il richiedente, perciò abbia un diritto continuo all’esecuzione richiesta.
50. La Corte sostiene inoltre che, data la realtà atroce dell’economia serba al tempo attinente (vedere paragrafo 12, nota in calce 1 e paragrafi 23 sopra) ed il margine ampio di valutazione riconosciuto agli Stati a riguardo di questioni che riguardano la politica economica, la legislazione contestata che prevedeva il rimborso graduale dei finanziamenti qui in questione (vedere paragrafi 23-27 sopra), prevedeva un equilibrio equo fra l’interesse generale della comunità ed la legittima rivendicazione persistente del richiedente dei suoi risparmi originali, così come i diritti di proprietà di tutti gli altri nella sua stessa situazione (vedere mutatis mutandis, Trajkovski c. Repubblica iugoslava e precedente del Macedonia, citata sopra, pp. 12-14).
51. In simile circostanze la Corte costata che non c’è stata nessuna violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione o dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE
1. Dichiara all’unanimità la richiesta ammissibile;
2. Sostiene per 4 voti a 3 che non c’è stata nessuna violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Sostiene per 4 voti a 3 che non c’è stata nessuna violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto l’8 dicembre 2009, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 dell’Ordinamento di Corte.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Cancelliere Aggiunto Presidente
In conformità con l’Articolo 45 § 2 della Convenzione e l’Articolo 74 § 2 dell’Ordinamento di Corte, l’opinione dissidente congiunta dei Giudici Tulkens, Popović e Karakaş è annessa a questa sentenza.
F.T.
F.E.P.

GIUNTURA DISSIDENTE OPINIONE DEI GIUDICI TULKENS, POPOVIĆ E KARAKAŞ
Con nostro proprio rammarico noi non potevamo seguire la maggioranza dei nostri colleghi in questa causa, nell’interesse delle seguenti ragioni.
Nella presente causa lo Stato rispondente è andato a vuoto nell’ eseguire una sentenza definitiva resa a favore del richiedente. Noi siamo dell’ opinione che la ragione invocata dallo Stato per tale interferenza coi diritti di un individuo non è accettabile. Non è aperto ad un’autorità Statale citare la mancanza di finanziamenti come scusa per non onorare un debito di sentenza. Noi ammettiamo che un ritardo nell’esecuzione di una sentenza può essere giustificato in particolari circostanze, ma il ritardo non può essere tale da danneggiare l’essenza del diritto protetto sotto l’Art. 6.1 della Convenzione (vedere Burdov c. Russia, ECHR 2002-III paragrafo 35, ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC] il 1999-V di ECHR paragrafo 74).
Gradiremmo sottolineare anche il fatto che la situazione del richiedente in questa causa è significativamente diversa dalla presunta maggioranza di altri risparmiatori i cui risparmi erano stati trasformati allo stesso modo in un debito pubblico, ma che non hanno mai una ottenuto sentenza definitiva che ordinava lo svincolo dei loro depositi. Ecco perché noi consideriamo che non era giustificato che le autorità intervenissero nell’esecuzione di una sentenza definitiva resa a livello nazionale, benché fosse fatto in un modo permesso dalla legislazione nazionale attinente. Per questa ragione noi concludiamo che il diritto di accesso ad un tribunale come protetto dall’ Art. 6. della Convenzione fu danneggiato (vedere Jeličić c. Bosnia e Herzegovina, ECHR 2006 – paragrafi 38-46).
La nostra conclusione è che l’impossibilità di ottenere l’esecuzione della sentenza definitiva in questione costituisce un’interferenza col diritto al godimento tranquillo di proprietà, come esposto nella prima frase del primo paragrafo dell’ Art. 1 del Primo Protocollo (vedere Burdov, paragrafi 40 e Jeličić, paragrafi 47-49).
Riguardo all’eccezione del Governo rispondente alla giurisdizione ratione temporis della Corte noi siamo dell’ opinione che tutti i fatti rientrano all’interno della giurisdizione della Corte se sono solamente delle proroghe di una situazione già esistente al momento della ratifica della Convenzione da parte di uno stato membro (vedere Yagci e Sargin c. Turchia, Sentenze e Decisioni 1995 A paragrafo 319 40; Almeida Garret, Mascarenhas Falcao ed Altri c. Portogallo, ECHR 2000-I paragrafi 43). Si noterà che il richiedente nella presente causa non è stato in grado di far eseguire giuridicamente la sua sentenza nel 1998 e questa situazione continua ad oggi.
Infine noi troviamo necessario sottolineare la ragione per il mantenimento della coesione della giurisprudenza della Corte. Noi consideriamo che la direttiva in Jeličić sia vincolante in questa causa come precedente principale. Benché la Corte possa abbandonare le sue precedenti direttive alla Corte è concessa di farlo solamente “se è persuasa che c’erano ragioni convincenti per fare così” (vedere Cossey c. Regno Unito, Sentenze e Decisioni 1990 A184 paragrafo 35; Chapman c. Regno Unito, ECHR 2001-I paragrafo 70; Christine Goodwin c. Regno Unito, ECHR 2002-I paragrafo 74; Mamatkulov ed Askarov c. Turchia, ECHR 2005 – paragrafo 121). Nella presente sentenza noi non possiamo trovare qualsiasi riferimento a ragioni convincenti da condurre i nostri colleghi ad abbandonare le precedenti decisioni della Corte in una causa che era identica alla presente.
1 al momento in questione la Serbia stava soffrendo di livelli record d’inflazione.

Testo Tradotto

Conclusion Preliminary objection joined to merits (ratione temporis) ; Preliminary objection dismissed (non-exhaustion of domestic remedies) ; No violation of Art. 6-1 ; No violation of P1-1
SECOND SECTION
CASE OF MOLNAR GABOR v. SERBIA
(Application no. 22762/05)
JUDGMENT
STRASBOURG
8 December 2009
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Molnar Gabor v. Serbia,
The European Court of Human Rights (Second Section), sitting as a Chamber composed of:
Françoise Tulkens, President,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, judges,
and Françoise Elens-Passos, Deputy Section Registrar,
Having deliberated in private on 17 November 2009,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 22762/05) against the State Union of Serbia and Montenegro lodged with the Court, under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”), by, at that time, a national of the State Union of Serbia and Montenegro, Mr I. M. G. (“the applicant”), on 15 June 2005.
2. As of 3 June 2006, following the Montenegrin declaration of independence, Serbia remained the sole respondent in the proceedings before the Court.
3. The applicant was represented by Ms A. H., a lawyer practising in Subotica. The Government of the State Union of Serbia and Montenegro and, subsequently, the Government of Serbia (“the Government”) were represented by their Agent, Mr S. Carić.
4. The applicant complained about the continuing refusal of the respondent State to release all of his foreign currency savings, and in particular the non-enforcement of the final judgment rendered in his favour.
5. On 15 February 2007 the President of the Second Section decided to give notice of the application to the Government. Applying Article 29 § 3 of the Convention, it was also decided to examine the merits of the application at the same time as its admissibility.
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
A. Relevant background to the applicant’s case
6. Following the financial crisis in the former Socialist Federal Republic of Yugoslavia, as well as the collapse of the banking system in Serbia in the 1990s, in 1998 and 2002 the respondent State adopted specific legislation accepting the conversion of foreign currency deposits in certain banks, including Vojvođanska banka, into a public debt. The legislation set the time-frame (2016) and the amounts, including interest, to be paid back to the banks’ former clients. It also explicitly provided, inter alia, that any foreign currency-related judicial proceedings were to be discontinued (for details concerning the relevant domestic law see paragraphs 20-27 below).
B. Relevant facts of the applicant’s case
7. The applicant was born in 1926 and lives in Subotica, Serbia. He is retired and receives a pension in the net amount of approximately 250 Euros (“EUR”) monthly.
8. The facts of the case, as submitted by the parties, may be summarised as follows.
9. On a number of separate occasions, the applicant deposited a certain amount of his foreign currency savings with the Subotica branch of Vojvođanska banka, a bank based in Novi Sad.
10. In 1991 the said bank refused to release the applicant’s funds.
11. On 21 July 1993 the applicant filed a civil claim, seeking the release of his foreign currency deposits with the interest stipulated.
12. On 27 September 1993 the Municipal Court in Subotica ruled partly in favour of the applicant and ordered the bank to pay him: (i) 15,584.41 German Marks (“DEM”), on account of his foreign currency savings; (ii) 37,460,000,000 Yugoslav Dinars (“YUD”), for his legal costs1; and (iii) the statutory interest due in respect of the latter as of 27 September 1993.
13. On 20 March 1996 the District Court in Subotica upheld this judgment, adding that the respondent bank should also pay interest on the sum of DEM 15,584.41 which had been awarded. In particular, this interest was to be paid as of 1 January 1993, based on the DEM sight deposit rate (kamata na štedne uloge po viđenju).
14. On 2 October 1996 the Supreme Court rejected the respondent’s appeal on points of law (revizija) and confirmed the District Court’s judgment.
15. On 24 April 2001 and 26 September 2001, respectively, the applicant filed two separate requests with the Municipal Court in Subotica, seeking enforcement of the above judgment by means of a bank account transfer.
16. On 2 April 2002 the Municipal Court rejected those requests, stating that, under the relevant domestic legislation, all judicial enforcement proceedings aimed at the collection of foreign currency deposits had to be discontinued.
17. On 30 March 2004 the bank confirmed that the applicant’s foreign currency savings had been converted into a public debt in the amount of EUR 8,740.18.
18. As of 1 March 2007 the applicant was still owed EUR 6,652, having in the meantime, in several instalments and on various grounds, been reimbursed a total of EUR 2,088.18.
19. There is no information in the case file whether the applicant received any payments thereafter.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW
A. Act on the Settlement of Obligations Arising from the Citizens’ Foreign Currency Savings (Zakon o izmirenju obaveza po osnovu devizne štednje građana; published in the Official Gazette of the Federal Republic of Yugoslavia – OG FRY – nos. 59/98, 44/99 and 53/01)
20. Articles 1, 2, 3 and 4 provided that all foreign currency savings deposited with “authorised banks” before 18 March 1995, including explicitly the deposits held by the bank at issue in the present case, were to become a public debt.
21. Under Article 10, the State’s responsibility in that respect was to be fully honoured by 2012 through the payment of specified amounts, plus interest, and according to a certain time-frame.
22. Article 22 provided that, as of the date of this Act’s entry into force (12 December 1998), “all pending lawsuits, including judicial enforcement proceedings, aimed at the collection of the foreign currency covered by this Act shall be discontinued.”
B. Act on the Settlement of the Public Debt of the Federal Republic of Yugoslavia Arising from the Citizens’ Foreign Currency Savings (Zakon o regulisanju javnog duga Savezne Republike Jugoslavije po osnovu devizne štednje građana; published in OG FRY no. 36/02)
23. This Act repeals the Act described above. In so doing, however, it explicitly acknowledges as part of the public debt all deposits previously recognised as such (in the total amount of EUR 4.2 billion as of 31 March 2002). It modifies the time-frame for honouring the debt in question (from 2012 to 2016) and specifies amended amounts, plus interest, to be paid annually.
24. Pursuant to Article 13, the banks’ clients can make use of their deposits converted into Government bonds in order to pay taxes or indeed, under Articles 12 and 14, in advance of the said time-frame, for a number of purposes such as buying State property, taking part in the privatisation of State-owned businesses and banks, as well as, under certain conditions and up to a specified amount, the payment of medical treatment, medication and funeral costs.
25. In accordance with Articles 10 and 11, former clients of the banks in question may sell the said bonds on the stock exchange or to other banks or individuals. Such trading is exempt from all taxation.
26. Article 36 reaffirms that “all lawsuits aimed at the collection of the foreign currency savings covered by this Act, including the judicial enforcement proceedings, shall be discontinued.”
27. This Act has been in force since 4 July 2002. It was subsequently amended on two occasions, but these amendments concerned peripheral issues unrelated to the savers above-described status.
C. Obligations Act (Zakon o obligacionim odnosima; published in the Official Gazette of the Socialist Federal Republic of Yugoslavia – OG SFRY – nos. 29/78, 39/85, 45/89, 57/89 and OG FRY no. 31/93)
28. Articles 199 and 200 provide, inter alia, that anyone who has suffered fear, physical pain or mental anguish as a consequence of a breach of “personal rights” (prava ličnosti) may, depending on its duration and intensity, sue for financial compensation before the civil courts and, in addition, request other forms of redress “which may be capable” of affording adequate non-pecuniary satisfaction.
29. Article 379 § 1 provides, inter alia, that all claims recognised by a final court decision shall become time-barred within ten years, including those claims which would otherwise have become time-barred within a shorter period of time.
30. Article 360 § 3 provides that courts shall not take into account whether a given claim is time-barred unless and until there is a specific objection by the debtor to this effect.
D. Statutory Interest Act (Zakon o visini stope zatezne kamate; published in OG FRY no. 9/01)
31. Article 1 provides that statutory interest shall be paid as of the date of maturity of a recognised monetary claim in YUD until the date of its settlement (which includes awards granted by final court judgments).
32. Article 2 states that such interest shall be calculated on the basis of the official retail price index (mesečna stopa rasta cena na malo) plus another 0.5% monthly (mesečna fiksna stopa).
THE LAW
ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION AND ARTICLE 1 OF PROTOCOL NO. 1
33. The applicant complained about the continuing refusal of the respondent State to release all of his foreign currency savings instantaneously, as well as the non-enforcement of the final judgment rendered in his favour.
The Court considers that these complaints fall to be examined under Article 6 § 1 of the Convention and Article 1 of Protocol No. 1, which, in so far as relevant, read as follows:
Article 6 § 1
“In the determination of his civil rights and obligations …, everyone is entitled to a fair and public hearing within a reasonable time by an independent and impartial tribunal established by law.”
Article 1 of Protocol No. 1
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
A. Admissibility
1. Compatibility
34. The Government noted that the final judgment in question, as well as the relevant foreign currency legislation had been adopted before the Serbian ratification of the Convention and Protocol No. 1 thereto. They concluded, therefore, that the applicant’s complaints were incompatible ratione temporis with the provisions at issue.
35. The applicant maintained that his application concerned a continuing situation.
36. The Court considers that the issue raised by the Government is closely linked to the merits of the applicant’s complaints, involving such questions as the continuing nature of the alleged violations and the proportionality of the effects of the intervening legislation. Consequently, the Court joins its examination of this question to its assessment of the merits of the application.
2. Exhaustion of domestic remedies
37. The Government further submitted that, as regards the non-enforcement, the applicant had not exhausted all effective domestic remedies as required by Article 35 § 1 of the Convention. In the first place, he should have sought execution of the judgment at issue before the “1998 foreign currency Act” had entered into force (see paragraphs 15, 16, 22 and 26 above). Secondly, having requested enforcement by means of a bank account transfer, he had subsequently failed to propose alternative means of execution. Finally, the applicant had not brought a separate civil lawsuit under Articles 199 and 200 of the Obligations Act (see paragraph 28 above).
38. The applicant maintained that he had complied with the “exhaustion requirement”, adding that he had been financially unable to institute the enforcement proceedings any earlier.
39. As regards the Government’s submission that the applicant should have filed a separate civil claim, the Court recalls that it has already held that this particular remedy was ineffective within the meaning of Article 35 § 1 of the Convention (see, mutatis mutandis, ZIT Company v. Serbia, no. 37343/05, §§ 45-47, 27 November 2007). It sees no reason to depart from this finding in the present case.
40. Concerning the Government’s remaining submissions, the Court notes that the applicant was entitled to request the enforcement of the judgment in question at any point within a period of ten years, which he ultimately did (see paragraphs 13-15, 29 and 30 above). Further, as of 1998 the execution of the said judgment was legally barred, rendering the issue of the proposed means of enforcement utterly irrelevant. Neither of these remedies can therefore be considered effective, as understood by Article 35 § 1.
41. It follows that the Government’s objection must be dismissed in its entirety.
3. Conclusion
42. The Court considers that the applicant’s complaints are not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further considers that they are not inadmissible on any other ground. They must therefore be declared admissible.
B. Merits
43. The Government maintained that the State was faced with a large-scale financial crisis, undermining its very foundations (see paragraph 23 above), and essentially had no choice but to adopt legislation aimed at protecting the public interest. This legislation, however, does not impose an excessive burden on the applicant who is entitled, just like any other foreign currency saver in his situation, to the gradual recovery of his funds.
44. The applicant reaffirmed his complaints.
45. The Court notes that Article 6 § 1 secures to everyone the right to have any claim relating to his civil rights and obligations brought before a court or tribunal; in this way it embodies the “right to a court”, of which the right of access, that is the right to institute proceedings before courts in civil matters, constitutes one aspect. However, that right would be illusory if a Contracting State’s domestic legal system allowed a final, enforceable judicial decision to remain inoperative to the detriment of one party. Execution of a judgment given by any court must therefore be regarded as an integral part of the “trial” for the purposes of Article 6 (see Hornsby v. Greece, judgment of 19 March 1997, Reports of Judgments and Decisions 1997-II, p. 510, § 40).
46. The Court further recalls that an applicant may allege a violation of Article 1 of Protocol No. 1 only in so far as his or her complaints relate to “possessions” within the meaning of that provision. “Possessions” can be “existing possessions” or assets, including claims, in respect of which an applicant can argue that he has at least a “legitimate expectation” (which must be of a nature more concrete than a mere hope) that they will be realised, that is that he or she will obtain effective enjoyment of a property right (see, inter alia, Gratzinger and Gratzingerova v. the Czech Republic (dec.) [GC], no. 39794/98, ECHR 2002-VII, § 69; Kopecký v. Slovakia [GC], no. 44912/98, § 35, ECHR 2004-IX). By way of contrast, the hope of recognition of a property right which it has been impossible to exercise effectively after the entry into force of Protocol No. 1 with regard to the State concerned cannot be considered a “possession” within the meaning of Article 1 of Protocol No. 1 (see Gaćeša v. Croatia (dec.), no. 43389/02, 1 April 2008).
47. Lastly, it is observed that the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 reserves to States the right to enact such laws, as they deem necessary to control the use of property in accordance with the general interest. In order to implement economic policies, legislatures must have a wide margin of appreciation both with regard to the existence of a problem of public concern warranting measures of control and as to the choice of the detailed rules for the implementation of such measures. The Court will respect the legislature’s judgment as to what is in the general interest unless that judgment is manifestly without reasonable foundation (see, in the “foreign currency context”, Trajkovski v. the former Yugoslav Republic of Macedonia (dec.), no. 53320/99, 7 March 2002, p. 12).
48. Turning to the present case, whilst having regard to these principles, the Court observes that as of 3 March 2004, which is when Serbia ratified the Convention and Protocol No. 1 thereto, the applicant has clearly had no enforceable legal title which would allow him to seek judicial execution of the foreign currency award rendered in his favour, nor, for that matter, a legitimate expectation under domestic law that he could otherwise obtain all of his savings instantaneously.
49. In particular, the provisions of the Acts described at paragraphs 22 and 26 above, read in conjunction, barred the enforcement of the applicant’s judgment as of 12 December 1998. Consequently, the Court considers that the said legislation extinguished the impact of the final judgment in question well before the respondent State’s ratification. The applicant, therefore, cannot now be said to have a continuing right to the enforcement sought.
50. The Court further holds that, given the dire reality of the Serbian economy at the relevant time (see paragraph 12, footnote 1, and paragraph 23 above) and the wide margin of appreciation afforded to States in respect of matters involving economic policy, the impugned legislation, providing for the gradual reimbursement of the funds here at issue (see paragraphs 23-27 above), struck a fair balance between the general interest of the community and the applicant’s persisting legitimate claim to his original savings, as well as the property rights of all others in the same situation as him (see mutatis mutandis, Trajkovski v. the former Yugoslav Republic of Macedonia, cited above, pp. 12-14).
51. In such circumstances the Court finds that there has been no violation of Article 6 § 1 of the Convention or of Article 1 of Protocol No. 1.
FOR THESE REASONS, THE COURT
1. Declares the application admissible unanimously;
2. Holds by 4 votes to 3 that there has been no violation of Article 6 § 1 of the Convention;
3. Holds by 4 votes to 3 that there has been no violation of Article 1 of Protocol No. 1.
Done in English, and notified in writing on 8 December 2009, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Deputy Registrar President
In accordance with Article 45 § 2 of the Convention and Rule 74 § 2 of the Rules of Court, the joint dissenting opinion of Judges Tulkens, Popović and Karakaş is annexed to this judgment.
F.T.
F.E.P.

JOINT DISSENTING OPINION OF JUDGES TULKENS, POPOVIĆ AND KARAKAŞ
Much to our regret we could not follow the majority of our colleagues in this case, for the sake of following reasons.
In the present case the respondent State failed to execute a final judgment given in the applicant’s favour. We are of opinion that the reason invoked by the State for such an interference with an individual’s rights is not acceptable. It is not open to a State authority to cite lack of funds as an excuse for not honouring a judgment debt. We do admit that a delay in the execution of a judgment may be justified in particular circumstances, but the delay may not be such as to impair the essence of the right protected under Art. 6.1 of the Convention (see Burdov v. Russia, ECHR 2002-III paragraph 35, and Immobiliare Saffi v. Italy [GC] ECHR 1999-V paragraph 74).
We would also like to underline the fact that the applicant’s situation in this case is significantly different from the presumed majority of other savers, whose savings had also been transformed into a public debt, but who have never obtained a final judgment ordering release of their deposits. That is why we consider that it was not justified for the authorities to intervene in the execution of a final judgment rendered at the domestic level, although it was done in a manner permitted by the relevant domestic legislation. For that reason we conclude that the right of access to court as protected by Art. 6. of the Convention was impaired (see Jeličić v. Bosnia and Herzegovina, ECHR 2006- paragraphs 38-46).
Our conclusion is that the impossibility of obtaining the execution of the final judgment at issue constitutes an interference with the right to the peaceful enjoyment of possessions, as set out in the first sentence of the first paragraph of Art. 1 First Protocol (see Burdov, paragraph 40 and Jeličić, paragraphs 47-49).
As to the respondent Government’s objection to the Court’s jurisdiction ratione temporis we are of opinion that all facts fall within the Court’s jurisdiction if they are only extensions of an already existing situation at the moment of the ratification of the Convention by a member state (see Yagci and Sargin v. Turkey, Judgments and Decisions 1995, A 319 paragraph 40; Almeida Garret, Mascarenhas Falcao and Others v. Portugal, ECHR 2000-I paragraph 43). It is to be noted that the applicant in the present case has been unable to have his judgment legally enforced as of 1998, which situation has continued to this date.
Last but not least we find it necessary to stress the reason for maintaining of the coherence of the Court’s case-law. We consider the ruling in Jeličić to be binding in this case as a leading precedent. Although the Court may depart from its previous rulings the Court is entitled to it only “if it is persuaded that there were cogent reasons for doing so” (see Cossey v. United Kingdom, Judgments and Decisions 1990, A 184 paragraph 35; Chapman v. United Kingdom, ECHR 2001-I paragraph 70; Christine Goodwin v. United Kingdom, ECHR 2002-I paragraph 74; Mamatkulov and Askarov v. Turkey, ECHR 2005- paragraph 121). In the present judgment we cannot find any reference to cogent reasons which led our colleagues to depart from the Court’s previous ruling in a case which was identical to the present one.
1 At the time in question Serbia had been suffering from record levels of inflation.

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 19/09/2024